Catechesi 2005-2013 30107

Mercoledì, 3 gennaio 2007: Mistero del Natale

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Cari fratelli e sorelle,

grazie per il vostro affetto. Auguro un Buon Anno a tutti voi! Questa prima Udienza generale del nuovo anno si svolge ancora nel clima natalizio, in una atmosfera che ci invita alla gioia per la nascita del Redentore. Venendo nel mondo, Gesù ha sparso con abbondanza tra gli uomini doni di bontà, di misericordia e di amore. Quasi interpretando i sentimenti degli uomini di ogni tempo, l’apostolo Giovanni osserva: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio” (
1Jn 3,1). Chi si ferma a meditare davanti al Figlio di Dio che giace inerme nel presepe non può non sentirsi sorpreso da quest’evento umanamente incredibile; non può non condividere lo stupore e l’umile abbandono della Vergine Maria, che Dio ha scelto come Madre del Redentore proprio per la sua umiltà. Nel Bambino di Betlemme ogni uomo scopre di essere gratuitamente amato da Dio; nella luce del Natale si manifesta a ciascuno di noi l’infinita bontà di Dio. In Gesù il Padre celeste ha inaugurato una nuova relazione con noi; ci ha resi “figli nello stesso Figlio”. E’ proprio su questa realtà che, durante questi giorni, san Giovanni ci invita a meditare con la ricchezza e la profondità della sua parola, della quale abbiamo sentito un brano.

L’Apostolo prediletto del Signore sottolinea che figli noi “lo siamo realmente” (1Jn 3,1): non siamo soltanto creature, ma siamo figli; in questo modo Dio è vicino a noi; in questo modo ci attira a sé nel momento della sua incarnazione, nel suo farsi uno di noi. Quindi apparteniamo veramente alla famiglia che ha Dio come Padre, perché Gesù, il Figlio Unigenito, è venuto a porre la sua tenda in mezzo a noi, la tenda della sua carne, per radunare tutte le genti in un’unica famiglia, famiglia di Dio, appartenente realmente all’Essere divino, uniti in un solo popolo, una sola famiglia. E’ venuto per rivelarci il vero volto del Padre. E se adesso noi usiamo la parola Dio, non si tratta più di una realtà conosciuta soltanto da lontano. Noi conosciamo il volto di Dio: è quello del Figlio, venuto per rendere più vicine a noi, alla terra, le realtà celesti. Nota san Giovanni: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi” (1Jn 4,10). Nel Natale risuona nel mondo intero l’annuncio semplice e sconvolgente: “Dio ci ama”. “Noi amiamo – dice san Giovanni - perché egli ci ha amati per primo” (1Jn 4,19). Questo mistero è ormai affidato alle nostre mani perché, sperimentando l’amore divino, viviamo protesi verso le realtà del cielo. E questo, diciamo, è anche l’esercizio di questi giorni: vivere realmente protesi verso Dio, cercando anzitutto il Regno e la sua giustizia, certi che il resto, tutto il resto ci sarà dato in sovrappiù (cfr Mt 6,33). A crescere in questa consapevolezza ci aiuta il clima spirituale del tempo natalizio.

La gioia del Natale non ci fa però dimenticare il mistero del male (mysterium iniquitatis), il potere delle tenebre che tenta di oscurare lo splendore della luce divina: e, purtroppo, sperimentiamo ogni giorno questo potere delle tenebre. Nel prologo del suo Vangelo, più volte proclamato in questi giorni, l’evangelista Giovanni scrive: “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” (1,5). E’ il dramma del rifiuto di Cristo, che, come in passato, si manifesta e si esprime, purtroppo, anche oggi in tanti modi diversi. Forse persino più subdole e pericolose sono le forme del rifiuto di Dio nell’era contemporanea: dal netto rigetto all’indifferenza, dall’ateismo scientista alla presentazione di un Gesù cosiddetto modernizzato o postmodernizzato. Un Gesù uomo, ridotto in modo diverso ad un semplice uomo del suo tempo, privato della sua divinità; oppure un Gesù talmente idealizzato da sembrare talora il personaggio di una fiaba.

Ma Gesù, il vero Gesù della storia, è vero Dio e vero Uomo e non si stanca di proporre il suo Vangelo a tutti, sapendo di essere “segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori”, come ebbe a profetizzare il vecchio Simeone (cfr Lc 2, 32–33). In realtà, solo il Bambino che giace nel presepe possiede il vero segreto della vita. Per questo chiede di accoglierlo, di fargli spazio in noi, nei nostri cuori, nelle nostre case, nelle nostre città e nelle nostre società. Risuonano nella mente e nel cuore le parole del prologo di Giovanni: “A quanti lo hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (1,12). Cerchiamo di essere tra quelli che lo accolgono. Dinanzi a Lui non si può restare indifferenti. Anche noi, cari amici, dobbiamo continuamente prendere posizione. Quale sarà dunque la nostra risposta? Con quale atteggiamento lo accogliamo? Ci viene in aiuto la semplicità dei pastori e la ricerca dei Magi che, attraverso la stella, scrutano i segni di Dio; ci è di esempio la docilità di Maria e la sapiente prudenza di Giuseppe. Gli oltre duemila anni di storia cristiana sono pieni di esempi di uomini e donne, di giovani e adulti, di bambini ed anziani che hanno creduto al mistero del Natale, hanno aperto le braccia all’Emmanuele divenendo con la loro vita fari di luce e di speranza. L’amore che Gesù, nascendo a Betlemme, ha recato nel mondo, lega a sé quanti lo accolgono in un duraturo rapporto di amicizia e di fraternità. Afferma san Giovanni della Croce: “Dio dandoci tutto, cioè suo Figlio, ha detto ormai in Lui tutto. Fissa gli occhi su Lui solo … e vi troverai anche più di quanto chiedi e desideri” (Salita del monte Carmelo, Libro I, Ep. 22, 4-5).

Cari fratelli e sorelle, all’inizio di questo nuovo anno ravviviamo in noi l’impegno di aprire a Cristo la mente ed il cuore, manifestandogli sinceramente la volontà di vivere da veri amici suoi. Diventeremo così collaboratori del suo progetto di salvezza e testimoni di quella gioia che Egli ci dona perché la diffondiamo in abbondanza attorno a noi. Ci aiuti Maria ad aprire il cuore all’Emmanuele, che ha assunto la nostra povera e fragile carne per condividere insieme a noi il faticoso cammino della vita terrena. In compagnia di Gesù, tuttavia, questo cammino faticoso diventa un cammino di gioia. Andiamo insieme con Gesù, camminiamo con Lui, e così l’anno nuovo sarà un anno felice e buono.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Nella gioiosa atmosfera di Natale, saluto cordialmente tutti i Polacchi qui presenti. Con la mia preghiera abbraccio il Nuovo Anno, chiedendo a Dio che sia un tempo di salvezza per la Chiesa e per il mondo. Che Maria, Madre di Dio, ci insegni ad aprire i cuori a Gesù, ad unirci sempre di più con Lui e ad amarLo ogni giorno sempre di più. In occasione del Nuovo Anno, benedico di cuore voi e tutti i vostri cari.

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini di Brno e di tutta la Moravia! Possa il Salvatore, nato per noi a Betlemme, infondere nei vostri cuori i doni della pace e dell’amore. Con questi voti volentieri vi benedico! Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Di cuore saluto i pellegrini croati qui presenti! Il Signore Gesù, che con la sua nascita ci ha riempiti della gioia della vicinanza di Dio e della speranza della salvezza, vi accompagni con la sua benedizione e la sua pace in tutti i giorni dell’Anno Nuovo! Siano lodati Gesù e Maria!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Capitolari dell’Unione Santa Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola, che celebrano in questi giorni il loro capitolo generale. Care sorelle, il mistero dell’Incarnazione, che meditiamo in questo tempo liturgico, vi conduca ad una sempre più solida fedeltà alla vostra missione nella Chiesa.

Saluto, inoltre, i fedeli della parrocchia di Maria Santissima Immacolata in Scauri, che ricordano il 75° anniversario di erezione canonica della loro comunità parrocchiale. Cari amici, vi esorto a perseverare nell’impegno di generosa testimonianza cristiana.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. A voi, cari giovani, auguro di saper considerare ogni giorno come un prezioso dono di Dio. Il nuovo anno porti a voi, cari malati, conforto e sollievo nel corpo e nello spirito. E voi, cari sposi novelli, imitando la Santa Famiglia di Nazareth, sforzatevi di costruire ogni giorno un’autentica comunione di amore.




Aula Paolo VI

Mercoledì, 10 gennaio 2007: Stefano il Protomartire

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Cari fratelli e sorelle,

dopo il tempo delle feste ritorniamo alle nostre catechesi. Avevo meditato con voi le figure dei dodici Apostoli e di san Paolo. Poi abbiamo cominciato a riflettere sulle altre figure della Chiesa nascente e così oggi vogliamo soffermarci sulla persona di santo Stefano, festeggiato dalla Chiesa il giorno dopo Natale. Santo Stefano è il più rappresentativo di un gruppo di sette compagni. La tradizione vede in questo gruppo il germe del futuro ministero dei ‘diaconi’, anche se bisogna rilevare che questa denominazione è assente nel Libro degli Atti. L’importanza di Stefano risulta in ogni caso dal fatto che Luca, in questo suo importante libro, gli dedica due interi capitoli.

Il racconto lucano parte dalla constatazione di una suddivisione invalsa all’interno della primitiva Chiesa di Gerusalemme: questa era, sì, interamente composta da cristiani di origine ebraica, ma di questi alcuni erano originari della terra d'Israele ed erano detti «ebrei», mentre altri di fede ebraica veterotestamentaria provenivano dalla diaspora di lingua greca ed erano detti «ellenisti». Ecco il problema che si stava profilando: i più bisognosi tra gli ellenisti, specialmente le vedove sprovviste di ogni appoggio sociale, correvano il rischio di essere trascurati nell'assistenza per il sostentamento quotidiano. Per ovviare a questa difficoltà gli Apostoli, riservando a se stessi la preghiera e il ministero della Parola come loro centrale compito decisero di incaricare «sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza» perché espletassero l'incarico dell’assistenza (
Ac 6,2-4), vale a dire del servizio sociale caritativo. A questo scopo, come scrive Luca, su invito degli Apostoli i discepoli elessero sette uomini. Ne abbiamo anche i nomi. Essi sono: «Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola. Li presentarono agli Apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani» (Ac 6,5-6).

Il gesto dell’imposizione delle mani può avere vari significati. Nell’Antico Testamento il gesto ha soprattutto il significato di trasmettere un incarico importante, come fece Mosè con Giosuè (cfr NM 27,18-23), designando così il suo successore. In questa linea anche la Chiesa di Antiochia utilizzerà questo gesto per inviare Paolo e Barnaba in missione ai popoli del mondo (cfr Ac 13,3). Ad una analoga imposizione delle mani su Timoteo, per trasmettergli un incarico ufficiale, fanno riferimento le due Lettere paoline a lui indirizzate (cfr 1Tm 4,14 2Tm 1,6). Che si trattasse di un’azione importante, da compiere dopo discernimento, si desume da quanto si legge nella Prima Lettera a Timoteo: «Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno, per non farti complice dei peccati altrui» (5,22). Quindi vediamo che il gesto dell’imposizione delle mani si sviluppa nella linea di un segno sacramentale. Nel caso di Stefano e compagni si tratta certamente della trasmissione ufficiale, da parte degli Apostoli, di un incarico e insieme dell’implorazione di una grazia per esercitarlo.

La cosa più importante da notare è che, oltre ai servizi caritativi, Stefano svolge pure un compito di evangelizzazione nei confronti dei connazionali, dei cosiddetti “ellenisti”, Luca infatti insiste sul fatto che egli, «pieno di grazia e di fortezza» (Ac 6,8), presenta nel nome di Gesù una nuova interpretazione di Mosè e della stessa Legge di Dio, rilegge l’Antico Testamento nella luce dell’annuncio della morte e della risurrezione di Gesù. Questa rilettura dell’Antico Testamento, rilettura cristologica, provoca le reazioni dei Giudei che percepiscono le sue parole come una bestemmia (cfr Ac 6,11-14). Per questa ragione egli viene condannato alla lapidazione. E san Luca ci trasmette l'ultimo discorso del santo, una sintesi della sua predicazione. Come Gesù aveva mostrato ai discepoli di Emmaus che tutto l'Antico Testamento parla di lui, della sua croce e della sua risurrezione, così santo Stefano, seguendo l'insegnamento di Gesù, legge tutto l'Antico Testamento in chiave cristologica. Dimostra che il mistero della Croce sta al centro della storia della salvezza raccontata nell'Antico Testamento, mostra che realmente Gesù, il crocifisso e il risorto, è il punto di arrivo di tutta questa storia. E dimostra quindi anche che il culto del tempio è finito e che Gesù, il risorto, è il nuovo e vero “tempio”. Proprio questo “no” al tempio e al suo culto provoca la condanna di santo Stefano, il quale, in questo momento — ci dice san Luca— fissando gli occhi al cielo vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra. E vedendo il cielo, Dio e Gesù, santo Stefano disse: «Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio» (Ac 7,56). Segue il suo martirio, che di fatto è modellato sulla passione di Gesù stesso, in quanto egli consegna al “Signore Gesù” il proprio spirito e prega perché il peccato dei suoi uccisori non sia loro imputato (cfr Ac 7,59-60).

Il luogo del martirio di Stefano a Gerusalemme è tradizionalmente collocato poco fuori della Porta di Damasco, a nord, dove ora sorge appunto la chiesa di Saint-Étienne accanto alla nota École Biblique dei Domenicani. L'uccisione di Stefano, primo martire di Cristo, fu seguita da una persecuzione locale contro i discepoli di Gesù (cfr Ac 8,1), la prima verificatasi nella storia della Chiesa. Essa costituì l'occasione concreta che spinse il gruppo dei cristiani giudeo-ellenisti a fuggire da Gerusalemme e a disperdersi. Cacciati da Gerusalemme, essi si trasformarono in missionari itineranti: «Quelli che erano stati dispersi andavano per il paese e diffondevano la Parola di Dio» (Ac 8,4). La persecuzione e la conseguente dispersione diventano missione. Il Vangelo si propagò così nella Samaria, nella Fenicia e nella Siria fino alla grande città di Antiochia, dove secondo Luca esso fu annunciato per la prima volta anche ai pagani (cfr Ac 11,19-20) e dove pure risuonò per la prima volta il nome di «cristiani» (Ac 11,26).

In particolare, Luca annota che i lapidatori di Stefano «deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo» (Ac 7,58), lo stesso che da persecutore diventerà apostolo insigne del Vangelo. Ciò significa che il giovane Saulo doveva aver sentito la predicazione di Stefano, ed essere perciò a conoscenza dei contenuti principali. E san Paolo era probabilmente tra quelli che, seguendo e sentendo questo discorso, «fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui» (Ac 7,54). E a questo punto possiamo vedere le meraviglie della Provvidenza divina. Saulo, avversario accanito della visione di Stefano, dopo l’incontro col Cristo risorto sulla via di Damasco, riprende la lettura cristologica dell'Antico Testamento fatta dal Protomartire, l'approfondisce e la completa, e così diventa l'«Apostolo delle Genti». La Legge è adempiuta, così egli insegna, nella croce di Cristo. E la fede in Cristo, la comunione con l'amore di Cristo è il vero adempimento di tutta la Legge. Questo è il contenuto della predicazione di Paolo. Egli dimostra così che il Dio di Abramo diventa il Dio di tutti. E tutti i credenti in Gesù Cristo, come figli di Abramo, diventano partecipi delle promesse. Nella missione di san Paolo si compie la visione di Stefano.

La storia di Stefano dice a noi molte cose. Per esempio, ci insegna che non bisogna mai disgiungere l'impegno sociale della carità dall'annuncio coraggioso della fede. Era uno dei sette incaricato soprattutto della carità. Ma non era possibile disgiungere carità e annuncio. Così, con la carità, annuncia Cristo crocifisso, fino al punto di accettare anche il martirio. Questa è la prima lezione che possiamo imparare dalla figura di santo Stefano: carità e annuncio vanno sempre insieme. Soprattutto, santo Stefano ci parla di Cristo, del Cristo crocifisso e risorto come centro della storia e della nostra vita. Possiamo comprendere che la Croce rimane sempre centrale nella vita della Chiesa e anche nella nostra vita personale. Nella storia della Chiesa non mancherà mai la passione, la persecuzione. E proprio la persecuzione diventa, secondo la celebre frase di Tertulliano, fonte di missione per i nuovi cristiani. Cito le sue parole: «Noi ci moltiplichiamo ogni volta che da voi siamo mietuti: è un seme il sangue dei cristiani» (Apologetico 50,13: Plures efficimur quoties metimur a vobis: semen est sanguis christianorum). Ma anche nella nostra vita la croce, che non mancherà mai, diventa benedizione. E accettando la croce, sapendo che essa diventa ed è benedizione, impariamo la gioia del cristiano anche nei momenti di difficoltà. Il valore della testimonianza è insostituibile, poiché ad essa conduce il Vangelo e di essa si nutre la Chiesa. Santo Stefano ci insegni a fare tesoro di queste lezioni, ci insegni ad amare la Croce, perché essa è la strada sulla quale Cristo arriva sempre di nuovo in mezzo a noi.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini provenienti dalla Polonia. Santo Stefano, diacono e primo martire della Chiesa, dà l’esempio della fede, del pieno d’amore servizio ai fratelli, dell’evangelica saggezza e del coraggio nel testimoniare di Cristo. La fede, l’amore e la saggezza uniscano tutti i credenti di Polonia. Dio vi benedica.

Saluto in lingua croata:

Di cuore saluto tutti i pellegrini croati, particolarmente le alunne del liceo classico femminile delle Suore della Misericordia e gli altri gruppi di fedeli di Zagabria! Seguendo l’esempio delle grandi figure della fede del vostro popolo, siate fedeli al vostro patto battesimale. Siano lodati Gesù e Maria!

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Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i rappresentanti dell’Opera Romana Pellegrinaggi e i fedeli della Comunità montana Serinese-Solofrana. Cari amici, vi esorto ad attingere ogni giorno vigore spirituale all’inesauribile amore di Cristo, mediante la preghiera, per testimoniare nei vostri ambienti il suo Vangelo di salvezza.

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La festa del Battesimo del Signore, che abbiamo celebrato domenica scorsa, ridesti in tutti la grazia ed il ricordo del nostro Battesimo. Esso costituisca per voi, cari giovani, uno stimolo a testimoniare sempre la gioia dell'adesione a Cristo. Sia per voi, cari malati, motivo di conforto, al pensiero che mediante tale Sacramento siete uniti all'Agnello di Dio che, con la sua passione e morte, salva il mondo. Sostenga voi, cari sposi novelli, nel fare della vostra famiglia un autentico focolare di fede e di amore.




Aula Paolo VI

Mercoledì, 17 gennaio 2007: Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani

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Cari fratelli e sorelle!

Ha inizio domani la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che concluderò personalmente nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il prossimo 25 gennaio, con la celebrazione dei Vespri, a cui sono invitati anche i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali di Roma. I giorni dal 18 al 25 gennaio, e in altre parti del mondo, la settimana attorno alla Pentecoste - sono un tempo forte di impegno e di preghiera da parte di tutti i cristiani, i quali possono avvalersi dei sussidi elaborati congiuntamente dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e dalla Commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Ho potuto avvertire quanto sia sentito il desiderio dell’unità negli incontri che ho avuto con vari rappresentanti di Chiese e Comunità ecclesiali lungo questi anni e, in modo molto commovente, nella recente visita al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, ad Istanbul in Turchia. Su queste ed altre esperienze, che hanno dilatato il mio cuore alla speranza, tornerò più lungamente mercoledì prossimo. Il cammino dell’unità resta certamente lungo e non facile; occorre tuttavia non scoraggiarsi e continuare a percorrerlo contando in primo luogo sul sicuro sostegno di Colui che, prima di partire per il cielo, ha promesso ai suoi: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (
Mt 28,20). L’unità è dono di Dio e frutto dell’azione del suo Spirito. Per questo è importante pregare. Più ci avviciniamo a Cristo convertendoci al suo amore, più ci avviciniamo anche gli uni agli altri.

In alcuni Paesi, tra cui l’Italia, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani viene fatta precedere dalla Giornata di riflessione ebraico-cristiana, che si celebra proprio quest’oggi, 17 gennaio. Da ormai quasi due decenni la Conferenza Episcopale italiana dedica questa Giornata all’ebraismo con lo scopo di promuoverne la conoscenza e la stima e per incrementare il rapporto di reciproca amicizia tra la comunità cristiana e quella ebraica, rapporto che si è sviluppato positivamente dopo il Concilio Vaticano II e dopo la storica visita del Servo di Dio Giovanni Paolo II alla Sinagoga Maggiore di Roma. Anche l’amicizia ebraico-cristiana, per crescere ed essere fruttuosa, deve fondarsi sulla preghiera. Invito pertanto tutti a rivolgere quest’oggi un’insistente invocazione al Signore perché ebrei e cristiani si rispettino, si stimino e collaborino insieme per la giustizia e la pace nel mondo.

Quest’anno il tema biblico proposto alla comune riflessione e preghiera in questa “Settimana” è: “Fa sentire i sordi e fa parlare i muti” (Mc 7,31-37). Sono parole tratte dal Vangelo di Marco e si riferiscono alla guarigione di un sordomuto da parte di Gesù. In questa breve pericope, l’evangelista narra che il Signore, dopo aver posto le dita negli orecchi e dopo aver toccato con la saliva la lingua del sordomuto, operò il miracolo dicendo: “Effatà” che significa “Apriti!”. Riacquistato l’udito e riavuto il dono della parola, quell’uomo suscitò l’ammirazione degli altri raccontando quanto gli era capitato. Ogni cristiano, spiritualmente sordo e muto a causa del peccato originale, con il Battesimo riceve il dono del Signore che mette le sue dita sulla sua faccia, e così, tramite la grazie del Battesimo, diventa capace di ascoltare la parola di Dio e di proclamarla ai fratelli. Anzi, a partire da quel momento è suo compito maturare nella conoscenza e nell’amore di Cristo così da poter annunziare e testimoniare efficacemente il Vangelo.

Questo tema, mettendo in luce due aspetti della missione di ogni comunità cristiana - l’annuncio del Vangelo e la testimonianza della carità – sottolinea anche quanto sia importante tradurre il messaggio di Cristo in concrete iniziative di solidarietà. Ciò favorisce il cammino dell’unità, perché si può dire che ogni sollievo, pur piccolo, che i cristiani recano insieme alla sofferenza del prossimo, contribuisce a rendere più visibile anche la loro comunione e la loro fedeltà al comando del Signore. La preghiera per l’unità dei cristiani non può tuttavia limitarsi a una settimana all’anno. L’invocazione corale al Signore perché sia Egli a realizzare, nei tempi e nei modi a Lui solo noti, la piena unità di tutti i suoi discepoli deve estendersi ad ogni giorno dell’anno. Inoltre l’armonia di intenti nella diaconia per alleviare le sofferenze dell’uomo, la ricerca della verità del messaggio di Cristo, la conversione e la penitenza, sono tappe obbligate attraverso le quali ogni cristiano degno di questo nome deve unirsi al fratello per implorare il dono dell’unità e della comunione. Vi esorto, dunque, a trascorrere questi giorni in un clima di orante ascolto dello Spirito di Dio, perché si compiano significativi passi sulla via della comunione piena e perfetta fra tutti i discepoli di Cristo. Ce l’ottenga la Vergine Maria, che invochiamo come Madre della Chiesa e sostegno di tutti i cristiani, sostegno del nostro cammino verso Cristo.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Oggi incoraggio tutti ad una particolare preghiera per l’unità dei Cristiani. Lo Spirito Santo faccia sì che, rafforzati con il dono del Suo amore, intraprendiamo opere che conducano alla piena riconciliazione. Maria, Madre della Chiesa sostenga i nostri desideri. A voi tutti qui presenti e ai vostri cari giunga la mia benedizione.

Saluto in lingua croata:

Saluto i pellegrini croati, particolarmente gli appartenenti all’Ordinariato Militare, la delegazione statale, guidata dal Signor Presidente del Governo, e le associazioni, venuti in occasione della ricorrenza del 15° anniversario del riconoscimento internazionale della Repubblica della Croazia. La fedeltà a Dio e la cura per il bene comune, siano l’espressione della vostra riconoscenza per la realizzazione delle legittime aspirazioni secolari alla libertà e all’indipendenza della vostra cara Patria, sulla quale invoco la benedizione di Dio. Siano lodati Gesù e Maria!

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto con affetto i Vescovi della Conferenza Episcopale Campana, venuti a Roma per la Visita ad limina Apostolorum. Saluto, inoltre, i rappresentanti delle Polizie Locali, assicurando un orante ricordo per ciascuno di loro, chiamato a servire generosamente le rispettive comunità cittadine.

Il mio deferente saluto va poi ai Funzionari del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica Italiana, accompagnati dal Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri. Cari amici, vi ringrazio per la vostra presenza e vi esorto a proseguire con rinnovato spirito di servizio il vostro delicato compito, che vi pone a contatto con eminenti personalità di tutto il mondo. Desidero manifestare a ciascuno la mia viva riconoscenza per la costante e cordiale collaborazione con i competenti Organismi della Santa Sede. Penso, con speciale gratitudine, al generoso e solerte impegno da voi profuso in occasione dei funerali del compianto Papa Giovanni Paolo II, come anche nel contesto dell'inizio del mio Ministero in questa Sede Apostolica. Su tutti voi invoco copiosi doni e ricompense celesti.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Oggi celebriamo la memoria liturgica di sant'Antonio Abate, insigne padre del monachesimo, maestro di vita spirituale e modello sublime di vita cristiana. Il suo esempio aiuti voi, cari giovani, a seguire Cristo senza compromessi; sostenga voi, cari malati, nei momenti di sconforto e di prova; e stimoli voi, sposi novelli, a non trascurare la preghiera nella vita di ogni giorno.




Aula Paolo VI

Mercoledì, 24 gennaio 2007: Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani

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Cari fratelli e sorelle,

si chiude domani la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che quest’anno ha come tema le parole del Vangelo di Marco: “Fa udire i sordi e parlare i muti!” (cfr Mc 7,31–37). Potremmo anche noi ripetere queste parole che esprimono l’ammirazione della gente dinanzi alla guarigione di un sordomuto operata da Gesù, vedendo la meravigliosa fioritura dell’impegno per la ricomposizione dell’unità dei cristiani. Ripercorrendo il cammino degli ultimi quarant’anni, sorprende come il Signore ci abbia risvegliato dal torpore dell’autosufficienza e dell’indifferenza; come ci renda sempre più capaci di “ascoltarci” e non soltanto di “sentirci”; come abbia sciolto la nostra lingua, cosicché la preghiera, che eleviamo a Lui, abbia più forza di convinzione per il mondo. Sì, è vero, il Signore ci ha concesso molte grazie e la luce del suo Spirito ha illuminato tanti testimoni. Essi hanno dimostrato che tutto si può ottenere pregando, quando sappiamo obbedire con fiducia e umiltà al comandamento divino dell’amore e aderire all’anelito di Cristo per l’unità di tutti i suoi discepoli.

“La cura di ristabilire l’unione – afferma il Concilio Vaticano II – riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e tocca ognuno secondo le proprie possibilità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici” (Unitatis redintegratio
UR 5). Il primo comune dovere è quello della preghiera. Pregando, e pregando insieme, i cristiani diventano più consapevoli del loro stato di fratelli, anche se ancora divisi; e, pregando impariamo meglio ad ascoltare il Signore, perché solo ascoltando il Signore e seguendo la sua voce possiamo trovare la strada dell’unità.

L’ecumenismo, certamente, è un processo lento, a volte forse anche scoraggiante quando si cede alla tentazione di “sentire” e non “ascoltare”, di parlare a mezza bocca, invece di proclamare con coraggio. Non è facile abbandonare una “comoda sordità”, come se il Vangelo immutato non avesse la capacità di rifiorire, riaffermandosi quale provvidenziale lievito di conversione e di rinnovamento spirituale per ognuno di noi. L’ecumenismo – ho detto – è un processo lento, è una strada lenta e in salita, come ogni strada di pentimento. Un cammino però che, dopo le iniziali difficoltà e proprio in esse, presenta anche ampi spazi di gioia, soste rinfrescanti, e permette di tanto in tanto di respirare a pieni polmoni l’aria purissima della piena comunione.

L’esperienza di questi ultimi decenni, dopo il Concilio Vaticano II, dimostra che la ricerca dell’unità tra i cristiani si compie a svariati livelli e in innumerevoli circostanze: nelle parrocchie, negli ospedali, nei contatti tra la gente, nella collaborazione tra le comunità locali in ogni parte del mondo, e specialmente nelle regioni dove compiere un gesto di buona volontà nei confronti del fratello richiede un grande sforzo ed anche una purificazione della memoria. In questo contesto di speranza, costellato di concreti passi verso la piena comunione dei cristiani, si collocano anche gli incontri e gli eventi che segnano costantemente il mio ministero, il ministero del Vescovo di Roma, Pastore della Chiesa universale. Vorrei ora ripercorrere i più significativi eventi che si sono registrati nel 2006, e che sono stati motivo di gioia e di gratitudine verso il Signore.

L’anno è iniziato con la visita ufficiale dell’Alleanza Mondiale delle Chiese Riformate. La commissione internazionale cattolica–riformata ha affidato alla considerazione delle rispettive autorità un documento che conclude un processo di dialogo avviato nel 1970, quindi protrattosi per ben 36 anni; e questo documento porta il titolo: “La Chiesa come Comunità di Testimonianza comune al Regno di Dio”. Il 25 gennaio 2006 – un anno fa quindi – alla solenne conclusione della “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani” hanno preso parte, nella Basilica di San Paolo fuori le mura, i delegati per l’ecumenismo d’Europa, convocati congiuntamente dal Consiglio delle Conferenze Episcopali dell’Europa e dalla Conferenza delle Chiese Europee per la prima tappa di avvicinamento alla terza Assemblea Ecumenica Europea, che si terrà in terra ortodossa, a Sibiu, nel settembre di quest’anno 2007. In occasione delle udienze del mercoledì, ho potuto ricevere le delegazioni dell’Alleanza Battista Mondiale e dell’Evangelical Lutheran Church in America, che resta fedele alle sue visite periodiche a Roma. Mi è stato dato modo inoltre di incontrare i gerarchi della Chiesa ortodossa di Georgia, che seguo con affetto, continuando quel legame amichevole che univa Sua Santità Ilia II al venerato mio Predecessore il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II.

Continuando in questa cronistoria degli incontri ecumenici dello scorso anno, arrivo al “Vertice dei Capi Religiosi”, tenutosi a Mosca nel luglio 2006, il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II, ha sollecitato, con uno speciale messaggio, l’adesione della Santa Sede. Utile è stata poi la visita del Metropolita Kirill del Patriarcato di Mosca, che ha fatto emergere l’intento di pervenire ad una più esplicita normalizzazione delle nostre relazioni bilaterali. Ugualmente gradita quella dei sacerdoti e degli studenti del Collegio della Diakonia Apostolica del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia. Mi piace anche ricordare che alla sua Assemblea Generale a Porto Alegre il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha riservato ampio spazio alla partecipazione cattolica. In quella circostanza ho inviato un particolare messaggio. Un mio messaggio ho voluto far giungere pure al raduno generale della Conferenza Mondiale Metodista a Seoul. Ricordo, inoltre, con piacere la cordiale visita dei Segretari delle Christian World Communions, organizzazione di reciproca informazione e contatto tra le varie Confessioni.

Ed arriviamo, andando avanti nella cronistoria dell’anno 2006, alla visita ufficiale dell’Arcivescovo di Canterbury e Primate della Comunione Anglicana dello scorso novembre. Nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico ho condiviso con lui e il suo seguito un significativo momento di preghiera. Quanto poi all’indimenticabile viaggio apostolico in Turchia e all’incontro con Sua Santità Bartolomeo I, desidero ricordare i tanti gesti più eloquenti delle parole. Colgo l’occasione per salutare ancora una volta Sua Santità Bartolomeo I e ringraziarlo della lettera che mi ha scritto al mio ritorno a Roma; lo assicuro della mia preghiera e del mio impegno ad agire affinché si traggano le conseguenze di quell’abbraccio di pace, che ci siamo dati durante la Divina Liturgia nella chiesa di San Giorgio al Fanar. L’anno si è concluso con la visita ufficiale a Roma dell’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Sua Beatitudine Christodoulos, con il quale ci siamo scambiati dei doni esigenti: le icone della Panaghia, la Tutta Santa , e quella dei Santi Pietro e Paolo abbracciati.

Non sono questi momenti di alto valore spirituale, momenti di gioia, di respiro in questa lenta salita all’unità, della quale ho parlato? Questi momenti pongono in luce l’impegno - spesso silenzioso, ma forte - che ci accomuna nel ricercare l’unità. Essi ci incoraggiano a fare ogni sforzo per proseguire in questa salita lenta mam importante. Ci affidiamo alla costante intercessione della Madre di Dio e dei nostri Santi protettori, perché ci sostengano e ci aiutino a non recedere dai buoni propositi; perché ci incoraggino a intensificare ogni sforzo, pregando e lavorando con fiducia, certi che lo Spirito Santo farà tutto il resto. Ci donerà l’unità completa come e quando a Lui piacerà. E, forti di questa fiducia, andiamo avanti sulla strada della fede, della speranza e della carità. Il Signore ci guida.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:


Do il benvenuto ai polacchi qui presenti. Nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ci ricordiamo l’appello del Signore Gesù: ut unum sint – che siano una cosa sola. La preghiera per il dono dell’unità è contemporaneamente un invito all’apertura alle convinzioni degli altri, al dialogo e alla comune ricerca della verità, alla cura dell’amore fraterno. Trasmettete il mio saluto ai vostri cari. Dio vi benedica.

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Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli delle Diocesi dell'Emilia Romagna, che accompagnano quest'oggi i loro Vescovi nella Visita ad Limina Apostolorum. Cari amici, cogliete ogni opportuna occasione per annunciare il Vangelo senza mai scoraggiarvi e sempre lieti di proclamare la verità che illumina e salva. Soprattutto date prioritaria importanza alla preghiera ai fini dell'evangelizzazione e della perseveranza nella fede. Siate pronti a discernere ogni mezzo apostolico utile per favorire nelle comunità cristiane lo zelo missionario. L'esperienza dimostra che una diocesi, una parrocchia che prega e vibra di spirito missionario, è una comunità fervorosa e dinamica.

Rivolgo infine un saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Oggi, celebriamo la memoria liturgica di San Francesco di Sales, che indicò la via della santità come una chiamata rivolta ad ogni stato di vita ed ha sottolineato che non solo in monastero, in clausura o nella vita religiosa si può arrivare al cammino verso la santità; ma in ogni stato di vita, secondo il modo di questo stato si vita. Accogliete questo invito voi, cari giovani, e rispondete nelle vostre situazioni generosamente a Cristo che vi chiama a fare oggi nella vostra vita del Vangelo la vostra regola di vita. Il Signore offre a voi, cari ammalati, una via certamente dura ma in un certo senso anche privilegiata per camminare in conformità alla sua volontà; lui ha sofferto per noi e con noi: sappiate cogliere tutte le occasioni di grazia della vostra particolare condizione. E voi, cari sposi novelli, seguendo gli insegnamenti di San Francesco di Sales, impegnatevi a costruire ogni giorno la vostra adesione al Vangelo in un reciproco amore.

Il Signore vi benedica tutti nelle vostre situazioni, nel vostro cammino verso la santità.


Aula Paolo VI

Mercoledì, 31 gennaio 2007: Barnaba, Silvano e Apollo


Catechesi 2005-2013 30107