Catechesi 2005-2013 7070

Mercoledì, 7 luglio 2010 - Giovanni Duns Scoto

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Cari fratelli e sorelle,

questa mattina voglio presentarvi un’altra figura importante nella storia della teologia: si tratta del beato Giovanni Duns Scoto, vissuto alla fine del secolo XIII. Un’antica iscrizione sulla sua tomba riassume le coordinate geografiche della sua biografia: “l’Inghilterra lo accolse; la Francia lo istruì; Colonia, in Germania, ne conserva i resti; in Scozia egli nacque”. Non possiamo trascurare queste informazioni, anche perché possediamo ben poche notizie sulla vita di Duns Scoto. Egli nacque probabilmente nel 1266 in un villaggio, che si chiamava proprio Duns, nei pressi di Edimburgo. Attratto dal carisma di san Francesco d’Assisi, entrò nella Famiglia dei Frati minori, e nel 1291, fu ordinato sacerdote. Dotato di un’intelligenza brillante e portata alla speculazione - quell’intelligenza che gli meritò dalla tradizione il titolo di Doctor subtilis, “Dottore sottile”- Duns Scoto fu indirizzato agli studi di filosofia e di teologia presso le celebri Università di Oxford e di Parigi. Conclusa con successo la formazione, intraprese l’insegnamento della teologia nelle Università di Oxford e di Cambridge, e poi di Parigi, iniziando a commentare, come tutti i Maestri del tempo, le Sentenze di Pietro Lombardo. Le opere principali di Duns Scoto rappresentano appunto il frutto maturo di queste lezioni, e prendono il titolo dai luoghi in cui egli insegnò: Ordinatio (in passato denominata Opus Oxoniense – Oxford), Reportatio Cantabrigiensis (Cambridge), Reportata Parisiensia (Parigi). A queste sono da aggiungere almeno i Quodlibeta (o Quaestiones quodlibetales), opera assai importante formata da 21 questioni su vari temi teologici. Da Parigi si allontanò quando, scoppiato un grave conflitto tra il re Filippo IV il Bello e il Papa Bonifacio VIII, Duns Scoto preferì l’esilio volontario, piuttosto che firmare un documento ostile al Sommo Pontefice, come il re aveva imposto a tutti i religiosi. Così – per amore alla Sede di Pietro –, insieme ai Frati francescani, abbandonò il Paese.

Cari fratelli e sorelle, questo fatto ci invita a ricordare quante volte, nella storia della Chiesa, i credenti hanno incontrato ostilità e subito perfino persecuzioni a causa della loro fedeltà e della loro devozione a Cristo, alla Chiesa e al Papa. Noi tutti guardiamo con ammirazione a questi cristiani, che ci insegnano a custodire come un bene prezioso la fede in Cristo e la comunione con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale.

Tuttavia, i rapporti fra il re di Francia e il successore di Bonifacio VIII ritornarono ben presto amichevoli, e nel 1305 Duns Scoto poté rientrare a Parigi per insegnarvi la teologia con il titolo di Magister regens. Successivamente, i Superiori lo inviarono a Colonia come professore dello Studio teologico francescano, ma egli morì l’8 novembre del 1308, a soli 43 anni di età, lasciando, comunque, un numero rilevante di opere.

A motivo della fama di santità di cui godeva, il suo culto si diffuse ben presto nell’Ordine francescano e il Venerabile Giovanni Paolo II volle confermarlo solennemente beato il 20 Marzo 1993, definendolo “cantore del Verbo incarnato e difensore dell’Immacolata Concezione”. In tale espressione è sintetizzato il grande contributo che Duns Scoto ha offerto alla storia della teologia.

Anzitutto, egli ha meditato sul Mistero dell’Incarnazione e, a differenza di molti pensatori cristiani del tempo, ha sostenuto che il Figlio di Dio si sarebbe fatto uomo anche se l’umanità non avesse peccato. “Pensare che Dio avrebbe rinunciato a tale opera se Adamo non avesse peccato, - scrive Duns Scoto - sarebbe del tutto irragionevole! Dico dunque che la caduta non è stata la causa della predestinazione di Cristo, e che - anche se nessuno fosse caduto, né l’angelo né l’uomo - in questa ipotesi Cristo sarebbe stato ancora predestinato nella stessa maniera” (Reportata Parisiensia, in III Sent., d. 7, 4). Questo pensiero nasce perché per Duns Scoto l’Incarnazione del Figlio di Dio, progettata sin dall’eternità da parte di Dio Padre nel suo piano di amore, è il compimento della creazione, e rende possibile ad ogni creatura, in Cristo e per mezzo di Lui, di essere colmata di grazia, e dare lode e gloria a Dio nell’eternità. Duns Scoto, pur consapevole che, in realtà, a causa del peccato originale, Cristo ci ha redenti con la sua Passione, Morte e Risurrezione, ribadisce che l’Incarnazione è l’opera più grande e più bella di tutta la storia della salvezza, e che essa non è condizionata da nessun fatto contingente.

Fedele discepolo di san Francesco, Duns Scoto amava contemplare e predicare il Mistero della Passione salvifica di Cristo, espressione della volontà di amore, dell’amore immenso di Dio, il Quale comunica con grandissima generosità al di fuori di sé i raggi della Sua bontà e del suo amore (cfr Tractatus de primo principio, c. 4). Questo amore non si rivela solo sul Calvario, ma anche nella Santissima Eucaristia, della quale Duns Scoto era devotissimo e che vedeva come il Sacramento della presenza reale di Gesù e come il Sacramento dell’unità e della comunione che induce ad amarci gli uni gli altri e ad amare Dio come il Sommo Bene comune (cfr Reportata Parisiensia, in IV Sent., d. 8, q. 1, n. 3). “E come quest’amore, questa carità – scrivevo nella Lettera in occasione del Congresso Internazionale a Colonia per il VII Centenario della morte del beato Duns Scoto, riportando il pensiero del nostro autore – fu all’inizio di tutto, così anche nell’amore e nella carità soltanto sarà la nostra beatitudine: «il volere oppure la volontà amorevole è semplicemente la vita eterna, beata e perfetta»” (AAS 101 [2009], 5).

Cari fratelli e sorelle, questa visione teologica, fortemente “cristocentrica”, ci apre alla contemplazione, allo stupore e alla gratitudine: Cristo è il centro della storia e del cosmo, è Colui che dà senso, dignità e valore alla nostra vita! Come a Manila il Papa Paolo VI, anch’io oggi vorrei gridare al mondo: “[Cristo] è il rivelatore di Dio invisibile, è il primogenito di ogni creatura, è il fondamento di ogni cosa; Egli è il Maestro dell’umanità, è il Redentore; Egli è nato, è morto, è risorto per noi; Egli è il centro della storia e del mondo; Egli è Colui che ci conosce e che ci ama; Egli è il compagno e l’amico della nostra vita... Io non finirei più di parlare di Lui” (Omelia, 29 novembre 1970).

Non solo il ruolo di Cristo nella storia della salvezza, ma anche quello di Maria è oggetto della riflessione del Doctor subtilis. Ai tempi di Duns Scoto la maggior parte dei teologi opponeva un’obiezione, che sembrava insormontabile, alla dottrina secondo cui Maria Santissima fu esente dal peccato originale sin dal primo istante del suo concepimento: di fatto, l’universalità della Redenzione operata da Cristo – evento assolutamente centrale nella storia della salvezza – a prima vista poteva apparire compromessa da una simile affermazione. Duns Scoto espose allora un argomento, che verrà poi adottato anche dal beato Papa Pio IX nel 1854, quando definì solennemente il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. Questo argomento è quello della “Redenzione preventiva”, secondo cui l’Immacolata Concezione rappresenta il capolavoro della Redenzione operata da Cristo, perché proprio la potenza del suo amore e della sua mediazione ha ottenuto che la Madre fosse preservata dal peccato originale. I Francescani accolsero e diffusero con entusiasmo questa dottrina, e altri teologi – spesso con solenne giuramento – si impegnarono a difenderla e a perfezionarla.

A questo riguardo, vorrei mettere in evidenza un dato, che mi pare importante. Teologi di valore, come Duns Scoto circa la dottrina sull’Immacolata Concezione, hanno arricchito con il loro specifico contributo di pensiero ciò che il popolo di Dio credeva già spontaneamente sulla Beata Vergine, e manifestava negli atti di pietà, nelle espressioni dell’arte e, in genere, nel vissuto cristiano. Tutto questo grazie a quel soprannaturale sensus fidei, cioè a quella capacità infusa dallo Spirito Santo, che abilita ad abbracciare le realtà della fede, con l’umiltà del cuore e della mente. Possano sempre i teologi mettersi in ascolto di questa sorgente e conservare l’umiltà e la semplicità dei piccoli! Lo ricordavo qualche mese fa: “Ci sono grandi dotti, grandi specialisti, grandi teologi, maestri della fede, che ci hanno insegnato molte cose. Sono penetrati nei dettagli della Sacra Scrittura, della storia della salvezza, ma non hanno potuto vedere il mistero stesso, il vero nucleo... L’essenziale è rimasto nascosto! Invece, ci sono anche nel nostro tempo i piccoli che hanno conosciuto tale mistero. Pensiamo a santa Bernardette Soubirous; a santa Teresa di Lisieux, con la sua nuova lettura della Bibbia ‘non scientifica’, ma che entra nel cuore della Sacra Scrittura” (Omelia. S. Messa con i membri della Commissione Teologica Internazionale, 1 dicembre 2009).

Infine, Duns Scoto ha sviluppato un punto a cui la modernità è molto sensibile. Si tratta del tema della libertà e del suo rapporto con la volontà e con l’intelletto. Il nostro autore sottolinea la libertà come qualità fondamentale della volontà, iniziando una impostazione che valorizza maggiormente quest'ultima. Purtroppo, in autori successivi al nostro, tale linea di pensiero si sviluppò in un volontarismo in contrasto con il cosiddetto intellettualismo agostiniano e tomista. Per san Tommaso d’Aquino la libertà non può considerarsi una qualità innata della volontà, ma il frutto della collaborazione della volontà e dell’intelletto. Un’idea della libertà innata e assoluta – come si evolse, appunto, successivamente a Duns Scoto – collocata nella volontà che precede l’intelletto, sia in Dio che nell’uomo, rischia, infatti, di condurre all’idea di un Dio che non è legato neppure alla verità e al bene. Il desiderio di salvare l’assoluta trascendenza e diversità di Dio con un’accentuazione così radicale e impenetrabile della sua volontà, non tiene conto che il Dio che si è rivelato in Cristo è il Dio “logos”, che ha agito e agisce pieno di amore verso di noi. Certamente l’amore supera la conoscenza ed è capace di percepire sempre di più del pensiero, ma è sempre l’amore del Dio “logos” (cfr Benedetto XVI, Discorso a Regensburg, Insegnamenti di Benedetto XVI, II [2006], p. 261). Anche nell’uomo l’idea di libertà assoluta, collocata nella volontà, dimenticando il nesso con la verità, ignora che la stessa libertà deve essere liberata dei limiti che le vengono dal peccato. Comunque, la visione scotista non cade in questi estremismi: per Duns Scoto un atto libero risulta dal concorso di intelletto e volontà e se egli parla di un “primato” della volontà, lo argomenta proprio perché la volontà segue sempre l’intelletto.

Parlando ai seminaristi romani, ricordavo che “la libertà in tutti i tempi è stata il grande sogno dell'umanità, sin dagli inizi, ma particolarmente nell'epoca moderna” (Discorso al Pontificio Seminario Romano Maggiore, 20 febbraio 2009). Però, proprio la storia moderna, oltre alla nostra esperienza quotidiana, ci insegna che la libertà è autentica, e aiuta alla costruzione di una civiltà veramente umana, solo quando è riconciliata con la verità. Se è sganciata dalla verità, la libertà diventa tragicamente principio di distruzione dell’armonia interiore della persona umana, fonte di prevaricazione dei più forti e dei violenti, e causa di sofferenze e di lutti. La libertà, come tutte le facoltà di cui l’uomo è dotato, cresce e si perfeziona, afferma Duns Scoto, quando l’uomo si apre a Dio, valorizzando la disposizione all’ascolto della Sua voce: quando noi ci mettiamo in ascolto della Rivelazione divina, della Parola di Dio, per accoglierla, allora siamo raggiunti da un messaggio che riempie di luce e di speranza la nostra vita e siamo veramente liberi.

Cari fratelli e sorelle, il beato Duns Scoto ci insegna che nella nostra vita l’essenziale è credere che Dio ci è vicino e ci ama in Cristo Gesù, e coltivare, quindi, un profondo amore a Lui e alla sua Chiesa. Di questo amore noi siamo i testimoni su questa terra. Maria Santissima ci aiuti a ricevere questo infinito amore di Dio di cui godremo pienamente in eterno nel Cielo, quando finalmente la nostra anima sarà unita per sempre a Dio, nella comunione dei santi.

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Con gioia saluto e benedico tutti i pellegrini Croati. Il vostro pellegrinaggio all’Urbe e la visita alle tombe degli Apostoli rafforzi la vostra fede, affinché con entusiasmo possiate testimoniare la speranza cristiana e amare gli altri. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Cari pellegrini polacchi! A voi qui presenti oggi e ai vostri connazionali esprimo il mio cordiale ringraziamento perché durante tutto l’anno così numerosi giungete a Roma alle tombe dei Santi Apostoli e a quella del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Confermati dalla fede dei santi conservate la memoria delle radici della vostra vita. Vi saluto di cuore, vi benedico e chiedo la vostra preghiera nei giorni del mio soggiorno a Castel Gandolfo.

Saluto in lingua slovacca:

Saluto con affetto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti da Dlhé Pole, Soblahov e Mníchova Lehota.
Fratelli e sorelle, l’altro ieri la Slovacchia ha celebrato la festa dei Santi fratelli Cirillo e Metodio. Essi sono per voi modello di fedeltà a Cristo e alla Sede Apostolica. Siate fedeli a questo sublime esempio. Volentieri benedico voi e le vostre famiglie.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Saluto con affetto i fedeli di lingua ungherese, specialmente i Membri dei gruppi di Gyor e di Trgu Mures. Auguro a tutti voi delle buone vacanze.
Vi accompagni la mia Benedizione.
Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Sono lieto di accogliere i Figli dell’Immacolata Concezione, che si accingono a celebrare il Capitolo Generale. Cari fratelli, il tema della vostra assemblea capitolare è una parola forte di Dio rivolta al suo popolo: “Scegli la vita” (
Dt 30,19). Vi incoraggio ad operare, sulle orme del Beato Luigi Monti, scelte sagge e generose al servizio della vita. Vorrei estendere questo augurio anche al Capitolo Generale delle Piccole Apostole della Redenzione, che saluto con affetto.

Saluto cordialmente i pellegrini di lingua italiana, in particolare la Delegazione della Provincia Monza Brianza, istituita un anno fa, con l’auspicio di una proficua attività a vantaggio del bene comune. Un augurio speciale rivolgo anche alla Federazione Italiana Sport Disabilità Intellettiva.

Infine il mio pensiero va ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Ieri ricorreva la memoria liturgica di santa Maria Goretti, vergine e martire: una ragazza che, seppure giovanissima, seppe dimostrare forza e coraggio contro il male. La invoco per voi, cari giovani, perché vi aiuti a scegliere sempre il bene, anche quando costa; per voi, cari malati, perché vi sostenga nel sopportare le sofferenze quotidiane; e per voi, cari sposi novelli, affinché il vostro amore sia sempre fedele e colmo di rispetto reciproco.





Piazza San Pietro

Mercoledì, 4 agosto 2010: San Tarcisio

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Cari fratelli e sorelle,

desidero manifestare la mia gioia di essere qui oggi in mezzo a voi, in questa Piazza, dove vi siete radunati festosi per quest’Udienza Generale, che vede la presenza così significativa del grande Pellegrinaggio europeo dei Ministranti! Cari ragazzi, ragazze e giovani, siate i benvenuti! Poiché la grande maggioranza dei ministranti presenti in Piazza sono di lingua tedesca, mi rivolgerò anzitutto a loro nella mia lingua materna.

Cari e care ministranti e amici, cari pellegrini di lingua tedesca, benvenuti qui a Roma! Vi saluto tutti cordialmente. Con voi saluto il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone; si chiama Tarcisio come il vostro Patrono. Avete avuto la cortesia di invitarlo e lui, che porta il nome di san Tarcisio, è contento di poter essere qui tra i Ministranti del mondo e tra i Ministranti tedeschi. Saluto i cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, e i Diaconi, che hanno voluto prendere parte a quest’Udienza. Ringrazio di cuore il Vescovo ausiliare di Basilea, Mons. Martin Gächter, Presidente del “Coetus Internationalis Ministrantium”, per le parole di saluto che mi ha rivolto, per il grande dono della statua di san Tarcisio e per il foulard che mi ha consegnato. Tutto ciò mi ricorda il tempo in cui anch’io ero un ministrante. Lo ringrazio, a nome vostro, anche per il grande lavoro che compie in mezzo a voi, insieme ai collaboratori e a quanti hanno reso possibile questo gioioso incontro. Il mio ringraziamento va anche ai promotori svizzeri e a quanti hanno lavorato in vari modi per la realizzazione della statua di san Tarcisio.

Siete numerosi! Già ho sorvolato Piazza San Pietro con l’elicottero e ho visto tutti i colori e la gioia, che è presente in questa Piazza! Così voi non solo create un ambiente di festa nella Piazza, ma rendete ancora più gioioso il mio cuore! Grazie! La statua di san Tarcisio è giunta fino a noi dopo un lungo pellegrinaggio. Nel settembre 2008 è stata presentata in Svizzera, alla presenza di 8000 ministranti: certamente alcuni di voi erano presenti. Dalla Svizzera è passata per il Lussemburgo fino all’Ungheria. Noi oggi l’accogliamo festosi, lieti di poter conoscere meglio questa figura dei primi secoli della Chiesa. Poi la statua – come già ha detto Mons. Gächter – verrà collocata presso le catacombe di san Callisto, dove san Tarcisio venne sepolto. L’augurio che rivolgo a tutti è che quel luogo, cioè le catacombe di san Callisto e questa statua, possa diventare un punto di riferimento per i ministranti e per coloro che desiderano seguire Gesù più da vicino attraverso la vita sacerdotale, religiosa e missionaria. Tutti possano guardare a questo giovane coraggioso e forte e rinnovare l’impegno di amicizia con il Signore stesso per imparare a vivere sempre con Lui, seguendo il cammino che ci indica con la Sua Parola e la testimonianza di tanti santi e martiri, dei quali, per mezzo del Battesimo, siamo diventati fratelli e sorelle.

Chi era san Tarcisio? Non abbiamo molte notizie Siamo nei primi secoli della storia della Chiesa, più precisamente nel terzo secolo; si narra che fosse un giovane che frequentava le Catacombe di san Callisto qui a Roma ed era molto fedele ai suoi impegni cristiani. Amava molto l’Eucaristia e, da vari elementi, concludiamo che, presumibilmente, fosse un accolito, cioè un ministrante. Erano anni in cui l’imperatore Valeriano perseguitava duramente i cristiani, che erano costretti a riunirsi di nascosto nelle case private o, a volte, anche nelle Catacombe, per ascoltare la Parola di Dio, pregare e celebrare la Santa Messa. Anche la consuetudine di portare l’Eucaristia ai carcerati e agli ammalati diventava sempre più pericolosa. Un giorno, quando il sacerdote domandò, come faceva di solito, chi fosse disposto a portare l’Eucaristia agli altri fratelli e sorelle che l’attendevano, si alzò il giovane Tarcisio e disse: “Manda me”. Quel ragazzo sembrava troppo giovane per un servizio così impegnativo! “La mia giovinezza – disse Tarcisio – sarà il miglior riparo per l’Eucaristia”. Il sacerdote, convinto, gli affidò quel Pane prezioso dicendogli: “Tarcisio, ricordati che un tesoro celeste è affidato alle tue deboli cure. Evita le vie frequentate e non dimenticare che le cose sante non devono essere gettate ai cani né le gemme ai porci. Custodirai con fedeltà e sicurezza i Sacri Misteri?”. “Morirò – rispose deciso Tarcisio – piuttosto di cederli”. Lungo il cammino incontrò per la strada alcuni amici, che nell’avvicinarlo gli chiesero di unirsi a loro. Alla sua risposta negativa essi – che erano pagani – si fecero sospettosi e insistenti e si accorsero che egli stringeva qualcosa nel petto e che pareva difendere. Tentarono di strapparglielo ma invano; la lotta si fece sempre più furiosa, soprattutto quando vennero a sapere che Tarcisio era cristiano; lo presero a calci, gli tirarono pietre, ma egli non cedette. Morente, venne portato al sacerdote da un ufficiale pretoriano di nome Quadrato, diventato anch’egli, di nascosto, cristiano. Vi giunse privo di vita, ma stretto al petto teneva ancora un piccolo lino con l’Eucarestia. Venne sepolto da subito nelle Catacombe di san Callisto. Il Papa Damaso fece un’iscrizione per la tomba di san Tarcisio, secondo la quale il giovane morì nel 257. Il Martirologio Romano ne fissa la data al 15 agosto e nello stesso Martirologio si riporta anche una bella tradizione orale, secondo la quale sul corpo di san Tarcisio non venne trovato il Santissimo Sacramento, né nelle mani, né tra le vesti. Si spiegò che la particola consacrata, difesa con la vita dal piccolo martire, era diventata carne della sua carne, formando così con lo stesso suo corpo, un’unica ostia immacolata offerta a Dio.

Care e cari ministranti, la testimonianza di san Tarcisio e questa bella tradizione ci insegnano il profondo amore e la grande venerazione che dobbiamo avere verso l’Eucaristia: è un bene prezioso, un tesoro il cui valore non si può misurare, è il Pane della vita, è Gesù stesso che si fa cibo, sostegno e forza per il nostro cammino di ogni giorno e strada aperta verso la vita eterna; è il dono più grande che Gesù ci ha lasciato.

Mi rivolgo a voi qui presenti e, per mezzo vostro, a tutti i ministranti del mondo! Servite con generosità Gesù presente nell’Eucaristia. E’ un compito importante, che vi permette di essere particolarmente vicini al Signore e di crescere in un’amicizia vera e profonda con Lui. Custodite gelosamente questa amicizia nel vostro cuore come san Tarcisio, pronti ad impegnarvi, a lottare e a dare la vita perché Gesù giunga a tutti gli uomini. Anche voi comunicate ai vostri coetanei il dono di questa amicizia, con gioia, con entusiasmo, senza paura, affinché possano sentire che voi conoscete questo Mistero, che è vero e che lo amate! Ogni volta che vi accostate all’altare, avete la fortuna di assistere al grande gesto di amore di Dio, che continua a volersi donare a ciascuno di noi, ad esserci vicino, ad aiutarci, a darci forza per vivere bene. Con la consacrazione – voi lo sapete – quel piccolo pezzo di pane diventa Corpo di Cristo, quel vino diventa Sangue di Cristo. Siete fortunati a poter vivere da vicino questo indicibile mistero! Svolgete con amore, con devozione e con fedeltà il vostro compito di ministranti; non entrate in chiesa per la Celebrazione con superficialità, ma preparatevi interiormente alla Santa Messa! Aiutando i vostri sacerdoti nel servizio all’altare contribuite a rendere Gesù più vicino, in modo che le persone possano sentire e rendersi conto maggiormente: Lui è qui; voi collaborate affinché Egli possa essere più presente nel mondo, nella vita di ogni giorno, nella Chiesa e in ogni luogo. Cari amici! Voi prestate a Gesù le vostre mani, i vostri pensieri, il vostro tempo. Egli non mancherà di ricompensarvi, donandovi la gioia vera e facendovi sentire dove è la felicità più piena. San Tarcisio ci ha mostrato che l’amore ci può portare perfino al dono della vita per un bene autentico, per il vero bene, per il Signore.

A noi probabilmente non è richiesto il martirio, ma Gesù ci domanda la fedeltà nelle piccole cose, il raccoglimento interiore, la partecipazione interiore, la nostra fede e lo sforzo di mantenere presente questo tesoro nella vita di ogni giorno. Ci chiede la fedeltà nei compiti quotidiani, la testimonianza del Suo amore, frequentando la Chiesa per convinzione interiore e per la gioia della Sua presenza. Così possiamo far conoscere anche ai nostri amici che Gesù vive. In questo impegno, ci aiuti l’intercessione di san Giovanni Maria Vianney, del quale oggi ricorre la memoria liturgica, di questo umile Parroco della Francia, che ha cambiato una piccola comunità e così ha donato al mondo una nuova luce. L’esempio dei santi Tarcisio e Giovanni Maria Vianney ci spinga ogni giorno ad amare Gesù e a compiere la Sua volontà, come ha fatto la Vergine Maria, fedele al Suo Figlio fino alla fine. Grazie ancora a tutti! Che Dio vi benedica in questi giorni e buon ritorno ai vostri Paesi!

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Saluto con affetto i Ministranti provenienti dalla Croazia. Sull'esempio di san Tarcisio, servite con generosità Gesù, presente nell'Eucaristia.

Saluto in lingua lituana:

Saluto con affetto i ministranti provenienti dalla Lituania. Sull’esempio di san Tarcisio, servite con generosità Gesù, presente nell’Eucaristia.

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini venuti dalla Polonia. In modo particolare saluto i chierichetti. So che in Polonia tanti ragazzi svolgono un servizio liturgico accanto l’altare, servendo con dedizione Dio e la Chiesa. Saluto le Suore di Santa Elisabetta, partecipanti all’incontro romano di rinnovamento spirituale e anche un gruppo folkloristico „Gorzkowianie”. Affido voi tutti nella preghiera a Dio e vi benedico di cuore.

Saluto in lingua romena:

Saluto con affetto i ministranti provenienti dalla Romania. Sull'esempio di san Tarcisio, servite con generosità Gesù, presente nell'Eucaristia.

Saluto in lingua serba:

Saluto con affetto i ministranti provenienti dalla Serbia. Sull'esempio di san Tarcisio, servite con generosità Gesù, presente nell'Eucaristia.

Saluto in lingua slovacca:

Saluto con affetto i ministranti provenienti dalla Repubblica Slovacca. Sull'esempio di san Tarcisio, servite con generosità Gesù, presente nell'Eucaristia.

Saluto in lingua ucraina:

Saluto con affetto i ministranti provenienti dall’Ucraina. Sull'esempio di san Tarcisio, servite con generosità Gesù, presente nell'Eucaristia.

Saluto in lingua ungherese:

Cari ministranti di lingua ungherese! Vi saluto cordialmente.
Nel servizio dell'altare avvicinatevi sempre di più a Cristo!
Trovate la vostra vocazione nella vita.
San Tarcisio, Patrono dei ministranti, prega per noi!
Con la mia benedizione. Sia lodato Gesù Cristo!

APPELLO


Il mio pensiero va alle popolazioni colpite, in questo periodo, da gravi calamità naturali, che hanno causato perdite di vite umane, feriti e danni, lasciando numerose persone senza tetto. In modo particolare, penso ai vasti incendi nella Federazione Russa e alle devastanti alluvioni in Pakistan e in Afghanistan. Prego il Signore per le vittime e sono vicino spiritualmente a quanto sono provati da tali avversità. Per essi chiedo a Dio il sollievo nella sofferenza e il sostegno nelle difficoltà. Auspico, inoltre, che non venga a mancare la solidarietà di tutti.

* * *


Saluto cordialmente i pellegrini di lingua italiana, tra i quali sono lieto di accogliere le Suore di Santa Elisabetta. Mi rivolgo ora, in modo particolare, ai numerosi ministranti. Cari amici, sull’esempio di san Tarcisio, servite con generosità Gesù, presente nell’Eucaristia.

Un saluto speciale, infine, ai malati e agli sposi novelli. L'amore di Cristo sia sempre per voi, cari malati, fonte di conforto e di pace; e aiuti voi, cari sposi novelli, a rendere ogni giorno più salda e profonda la vostra unione.




Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo

Mercoledì, 11 agosto 2010: Il martirio

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Cari fratelli e sorelle,

oggi, nella Liturgia ricordiamo santa Chiara d’Assisi, fondatrice delle Clarisse, luminosa figura della quale parlerò in una delle prossime Catechesi. Ma in questa settimana - come avevo già accennato nell’Angelus di domenica scorsa - facciamo memoria anche di alcuni Santi martiri, sia dei primi secoli della Chiesa, come san Lorenzo, Diacono, san Ponziano, Papa, e san Ippolito, Sacerdote; sia di un tempo a noi più vicino, come santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, patrona d’Europa, e san Massimiliano Maria Kolbe. Vorrei allora soffermarmi brevemente sul martirio, forma di amore totale a Dio.

Dove si fonda il martirio? La risposta è semplice: sulla morte di Gesù, sul suo sacrificio supremo d’amore, consumato sulla Croce affinché noi potessimo avere la vita (cfr
Jn 10,10). Cristo è il servo sofferente di cui parla il profeta Isaia (cfr Is 52,13-15), che ha donato se stesso in riscatto per molti (cfr Mt 20,28). Egli esorta i suoi discepoli, ciascuno di noi, a prendere ogni giorno la propria croce e seguirlo sulla via dell’amore totale a Dio Padre e all’umanità: “chi non prende la propria croce e non mi segue – ci dice, – non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 10,38-39). E’ la logica del chicco di grano che muore per germogliare e portare vita (cfr Jn 12,24). Gesù stesso “è il chicco di grano venuto da Dio, il chicco di grano divino, che si lascia cadere sulla terra, che si lascia spezzare, rompere nella morte e, proprio attraverso questo, si apre e può così portare frutto nella vastità del mondo” (Benedetto XVI, Visita alla Chiesa luterana di Roma [14 marzo 2010]). Il martire segue il Signore fino in fondo, accettando liberamente di morire per la salvezza del mondo, in una prova suprema di fede e di amore (cfr Lumen Gentium LG 42).

Ancora una volta, da dove nasce la forza per affrontare il martirio? Dalla profonda e intima unione con Cristo, perché il martirio e la vocazione al martirio non sono il risultato di uno sforzo umano, ma sono la risposta ad un’iniziativa e ad una chiamata di Dio, sono un dono della Sua grazia, che rende capaci di offrire la propria vita per amore a Cristo e alla Chiesa, e così al mondo. Se leggiamo le vite dei martiri rimaniamo stupiti per la serenità e il coraggio nell’affrontare la sofferenza e la morte: la potenza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza, nella povertà di chi si affida a Lui e ripone solo in Lui la propria speranza (cfr 2Co 12,9). Ma è importante sottolineare che la grazia di Dio non sopprime o soffoca la libertà di chi affronta il martirio, ma al contrario la arricchisce e la esalta: il martire è una persona sommamente libera, libera nei confronti del potere, del mondo; una persona libera, che in un unico atto definitivo dona a Dio tutta la sua vita, e in un supremo atto di fede, di speranza e di carità, si abbandona nelle mani del suo Creatore e Redentore; sacrifica la propria vita per essere associato in modo totale al Sacrificio di Cristo sulla Croce. In una parola, il martirio è un grande atto di amore in risposta all’immenso amore di Dio.

Cari fratelli e sorelle, come dicevo mercoledì scorso, probabilmente noi non siamo chiamati al martirio, ma nessuno di noi è escluso dalla chiamata divina alla santità, a vivere in misura alta l’esistenza cristiana e questo implica prendere la croce di ogni giorno su di sé. Tutti, soprattutto nel nostro tempo in cui sembrano prevalere egoismo e individualismo, dobbiamo assumerci come primo e fondamentale impegno quello di crescere ogni giorno in un amore più grande a Dio e ai fratelli per trasformare la nostra vita e trasformare così anche il nostro mondo. Per intercessione dei Santi e dei Martiri chiediamo al Signore di infiammare il nostro cuore per essere capaci di amare come Lui ha amato ciascuno di noi.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Un cordiale saluto rivolgo ai Polacchi. Mi unisco spiritualmente a coloro che negli ultimi giorni hanno sofferto a causa delle alluvioni. Chiedo a Dio che dia loro le forze per sopportare le avversità e stimoli i cuori degli uomini di buona volontà al generoso ed efficace aiuto. Dio vi benedica!

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini slovacchi, particolarmente a quelli provenienti da Cermany, Hrubonovo e Bánovce nad Bebravou. Fratelli e sorelle, domenica prossima celebreremo la festa dell’Assunzione della Vergine Maria. La Madonna vi accompagni maternamente sulla via verso la nostra patria celeste. Volentieri benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti al ciclo pellegrinaggio Monza-Roma. Nel ringraziarvi per la vostra presenza, sono lieto di invocare su ciascuno l’abbondanza dei doni dello Spirito per un rinnovato fervore spirituale e apostolico.

E adesso cantiamo insieme il Pater noster in latino.




Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo

Mercoledì, 18 agosto 2010: San Pio X


Catechesi 2005-2013 7070