Catechesi 2005-2013 60612

Mercoledì, 6 Giugno 2012: Visita pastorale a Milano - VII Incontro Mondiale delle Famiglie

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Cari fratelli e sorelle,

«La famiglia, il lavoro e la festa»: è stato questo il tema del Settimo Incontro Mondiale delle Famiglie, che si è svolto nei giorni scorsi a Milano. Porto ancora negli occhi e nel cuore le immagini e le emozioni di questo indimenticabile e meraviglioso evento, che ha trasformato Milano in una città delle famiglie: nuclei familiari provenienti da tutto il mondo, uniti dalla gioia di credere in Gesù Cristo. Sono profondamente grato a Dio che mi ha concesso di vivere questo appuntamento «con» le famiglie e «per» la famiglia. In quanti mi hanno ascoltato in questi giorni ho trovato una sincera disponibilità ad accogliere e testimoniare il «Vangelo della famiglia». Sì, perché non c’è futuro dell’umanità senza la famiglia; in particolare i giovani, per apprendere i valori che danno senso all’esistenza, hanno bisogno di nascere e di crescere in quella comunità di vita e di amore che Dio stesso ha voluto per l’uomo e per la donna.

L’incontro con le numerose famiglie provenienti dai diversi Continenti mi ha offerto la felice occasione di visitare per la prima volta come Successore di Pietro l’Arcidiocesi di Milano. Mi hanno accolto con grande calore - di cui sono profondamente grato - il Cardinale Angelo Scola, i presbiteri e i fedeli tutti, come pure il Sindaco e le altre Autorità. Ho così potuto sperimentare da vicino la fede della popolazione ambrosiana, ricca di storia, di cultura, di umanità e di operosa carità. Nella piazza del Duomo, simbolo e cuore della Città, c’è stato il primo appuntamento di questa intensa visita pastorale di tre giorni. Non posso dimenticare l’abbraccio caloroso della folla dei milanesi e dei partecipanti al VII Incontro Mondiale delle Famiglie, che mi ha accompagnato poi lungo tutto il percorso della mia Visita, con le strade gremite di gente. Una distesa di famiglie in festa, che con sentimenti di profonda partecipazione si è unita in particolare al pensiero affettuoso e solidale che ho voluto da subito rivolgere a quanti hanno bisogno di aiuto e di conforto, e sono afflitti da varie preoccupazioni, specialmente alle famiglie più colpite dalla crisi economica e alle care popolazioni terremotate. In questo primo incontro con la Città ho voluto anzitutto parlare al cuore dei fedeli ambrosiani, esortandoli a vivere la fede nella loro esperienza personale e comunitaria, privata e pubblica, così da favorire un autentico «ben-essere», a partire dalla famiglia, che va riscoperta quale patrimonio principale dell’umanità. Dall’alto del Duomo, la statua della Madonna con le braccia spalancate sembrava accogliere con tenerezza materna tutte le famiglie di Milano e del mondo intero!

Milano mi ha riservato poi un singolare e nobile saluto in uno dei luoghi più suggestivi e significativi della Città, il Teatro alla Scala dove sono state scritte pagine importanti della storia del Paese, sotto l’impulso di grandi valori spirituali e ideali. In questo tempio della musica, le note della Nona Sinfonia di Ludwing van Beethoven hanno dato voce a quell’istanza di universalità e di fraternità, che la Chiesa ripropone instancabilmente, annunciando il Vangelo. E proprio al contrasto tra questo ideale e i drammi della storia, e all’esigenza di un Dio vicino, che condivida le nostre sofferenze, ho fatto riferimento alla fine del concerto, dedicandolo ai tanti fratelli e sorelle provati dal terremoto. Ho sottolineato che in Gesù di Nazaret Dio si fa vicino e porta con noi la nostra sofferenza. Al termine di quell’intenso momento artistico e spirituale, ho voluto fare riferimento alla famiglia del terzo millennio, ricordando che è in famiglia che si sperimenta per la prima volta come la persona umana non sia creata per vivere chiusa in se stessa, ma in relazione con gli altri; ed è in famiglia che si inizia ad accendere nel cuore la luce della pace perché illumini questo nostro mondo.

All’indomani, nel Duomo gremito di sacerdoti, religiosi e religiose, e seminaristi, alla presenza di molti Cardinali e di Vescovi che hanno raggiunto Milano da vari Paesi del mondo, ho celebrato l’Ora Terza secondo la liturgia ambrosiana. Là ho voluto ribadire il valore del celibato e della verginità consacrata, tanto cara al grande sant’Ambrogio. Celibato e verginità nella Chiesa sono un segno luminoso dell’amore per Dio e per i fratelli, che parte da un rapporto sempre più intimo con Cristo nella preghiera e si esprime nel dono totale di se stessi.

Un momento carico di grande entusiasmo è stato poi l’appuntamento allo stadio «Meazza», dove ho sperimentato l’abbraccio di una moltitudine gioiosa di ragazzi e ragazze che quest’anno hanno ricevuto o stanno per ricevere il Sacramento della Cresima. L’accurata preparazione della manifestazione, con significativi testi e preghiere, come pure coreografie, ha reso ancora più stimolante l’incontro. Ai ragazzi ambrosiani ho rivolto l’appello a dire un «sì» libero e consapevole al Vangelo di Gesù, accogliendo i doni dello Spirito Santo che permettono di formarsi come cristiani, di vivere il Vangelo e di essere membri attivi della comunità. Li ho incoraggiati ad essere impegnati, in particolare nello studio e nel servizio generoso al prossimo.

L’incontro con le rappresentanze delle autorità istituzionali, degli imprenditori e dei lavoratori, del mondo della cultura e dell’educazione della società milanese e lombarda, mi ha permesso di evidenziare l’importanza che la legislazione e l’opera delle istituzioni statali siano a servizio e a tutela della persona nei suoi molteplici aspetti, a cominciare dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione, e dal riconoscimento dell’identità propria della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.

Dopo questo ultimo appuntamento dedicato alla realtà diocesana e cittadina, mi sono recato alla grande area del Parco Nord, in territorio di Bresso, dove ho preso parte alla coinvolgente Festa delle Testimonianze dal titolo «One world, family, love». Qui ho avuto la gioia di incontrare migliaia di persone, un arcobaleno di famiglie italiane e di tutto il mondo, già riunite dal primo pomeriggio in un’atmosfera di festa e di calore autenticamente familiare. Rispondendo alle domande di alcune famiglie, domande scaturite dalla loro vita e dalle loro esperienze, ho voluto dare un segno del dialogo aperto che esiste tra le famiglie e la Chiesa, tra il mondo e la Chiesa. Sono stato molto colpito dalle testimonianze toccanti di coniugi e figli di diversi Continenti, sui temi scottanti dei nostri tempi: la crisi economica, la difficoltà di conciliare i tempi del lavoro con quelli della famiglia, il diffondersi di separazioni e divorzi, come anche interrogativi esistenziali che toccano adulti, giovani e bambini. Qui vorrei ricordare quanto ho ribadito a difesa del tempo della famiglia, minacciato da una sorta di «prepotenza» degli impegni lavorativi: la domenica è il giorno del Signore e dell’uomo, un giorno in cui tutti devono poter essere liberi, liberi per la famiglia e liberi per Dio. Difendendo la domenica, difendiamo la libertà dell’uomo!

La Santa Messa di domenica 3 giugno, conclusiva del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, ha visto la partecipazione di una immensa assemblea orante, che ha riempito completamente l’area dell’aeroporto di Bresso, diventata quasi una grande cattedrale a cielo aperto, anche grazie alla riproduzione delle stupende vetrate policrome del Duomo che spiccavano sul palco. Davanti a quella miriade di fedeli, provenienti da diverse Nazioni e profondamente partecipi della liturgia molto ben curata, ho lanciato un appello a edificare comunità ecclesiali che siano sempre più famiglia, capaci di riflettere la bellezza della Santissima Trinità e di evangelizzare non solo con la parola, ma per irradiazione, con la forza dell’amore vissuto, perché l’amore è l’unica forza che può trasformare il mondo. Inoltre, ho sottolineato l’importanza della «triade» famiglia, lavoro e festa. Sono tre doni di Dio, tre dimensioni della nostra esistenza che devono trovare un armonico equilibrio per costruire società dal volto umano.

Sento profonda gratitudine per queste magnifiche giornate milanesi. Grazie al Cardinale Ennio Antonelli e al Pontificio Consiglio per la Famiglia, a tutte le Autorità, per la loro presenza e collaborazione all’evento; grazie anche al Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana per aver partecipato alla Santa Messa di Domenica. E rinnovo un «grazie» cordiale alle varie istituzioni che hanno generosamente cooperato con la Santa Sede e con l’Arcidiocesi di Milano per l’organizzazione dell’Incontro, che ha avuto grande successo pastorale ed ecclesiale, come pure vasta eco in tutto il mondo. Esso, infatti, ha richiamato a Milano oltre un milione di persone, che per diversi giorni hanno pacificamente invaso le strade, testimoniando la bellezza della famiglia, speranza per l’umanità.

L’Incontro mondiale di Milano è risultato così un’eloquente «epifania» della famiglia, che si è mostrata nella varietà delle sue espressioni, ma anche nell’unicità della sua identità sostanziale: quella di una comunione d’amore, fondata sul matrimonio e chiamata ad essere santuario della vita, piccola Chiesa, cellula della società. Da Milano è stato lanciato a tutto il mondo un messaggio di speranza, sostanziato di esperienze vissute: è possibile e gioioso, anche se impegnativo, vivere l’amore fedele, «per sempre», aperto alla vita; è possibile partecipare come famiglie alla missione della Chiesa ed alla costruzione della società. Grazie all’aiuto di Dio e alla speciale protezione di Maria Santissima, Regina della Famiglia, l'esperienza vissuta a Milano sia apportatrice di frutti abbondanti al cammino della Chiesa, e sia auspicio di una accresciuta attenzione alla causa della famiglia, che è la causa stessa dell’uomo e della civiltà. Grazie.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Carissimi, insieme a voi ringrazio Dio per la straordinaria festa della famiglia che abbiamo vissuto a Milano. Prego, affinché l’amore coniugale, la paternità e la maternità siano per tutte le famiglie dei percorsi verso la santità. Dio vi benedica!

Saluto in lingua ceca:

Saluto cordialmente i pellegrini della Repubblica Ceca, in particolare i fedeli della parrocchia di Sant’Anna di Havírov, di Nemcicky, Horní Bojanovice a Velké Pavlovice. Il vostro pellegrinaggio alle Tombe degli Apostoli nel contesto della Solennità della Santissima Trinità che abbiamo appena celebrato rafforzi la vostra appartenenza alla famiglia di Dio che è la Chiesa. A tutti voi la mia benedizione!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare a quelli della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno con il Vescovo Mons. Giuseppe Giudice. Accolgo con gioia i sacerdoti novelli della Diocesi di Bergamo, i fedeli del Progetto Caritas “Famiglie Solidali” di Melfi con il Vescovo Mons. Gianfranco Todisco e il gruppo di atleti del Comitato Pellegrinaggio Macerata-Loreto, con i Vescovi Mons. Claudio Giuliodori e Mons. Giancarlo Vecerrica qui convenuti per l’accensione della Fiaccola della Pace.Saluto anche le scolaresche della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, nel bicentenario della nascita del fondatore Mons. Francesco Petagna, e la delegazione della Centrale Ortofrutticola di Bisceglie accompagnata dal Vescovo Mons. Giovanni Ricchiuti.

Un pensiero va ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Cari giovani, l’amore fedele di Dio sia il modello del vostro rapporto con i fratelli; cari ammalati, non siete mai soli nella vostra sofferenza, ma tutta la Chiesa prega per voi e con voi; infine, cari sposi novelli, la comunione di amore che Dio vive in Se stesso sia sempre alla base della vostra relazione coniugale e familiare.

Infine, vorrei ricordare che domani, festa del Corpus Domini, come ogni anno celebreremo alle ore 19 la Santa Messa a San Giovanni in Laterano. Al termine, seguirà la solenne processione che, percorrendo Via Merulana, si concluderà a Santa Maria Maggiore. Invito i fedeli di Roma e i pellegrini ad unirsi in questo atto di profonda fede verso l’Eucaristia, che costituisce il più prezioso tesoro della Chiesa e dell'umanità.





Aula Paolo VI

Mercoledì, 13 Giugno 2012: La contemplazione e la forza della preghiera

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2Co 12,1-10)

Cari fratelli e sorelle,

l’incontro quotidiano con il Signore e la frequenza ai Sacramenti permettono di aprire la nostra mente e il nostro cuore alla sua presenza, alle sue parole, alla sua azione. La preghiera non è solamente il respiro dell’anima, ma, per usare un’immagine, è anche l’oasi di pace in cui possiamo attingere l’acqua che alimenta la nostra vita spirituale e trasforma la nostra esistenza. E Dio ci attira verso di sé, ci fa salire il monte della santità, perché siamo sempre più vicini a Lui, offrendoci lungo il cammino luci e consolazioni. Questa è l’esperienza personale a cui san Paolo fa riferimento nel capitolo 12 della Seconda Lettera ai Corinzi, sul quale desidero soffermarmi oggi. Di fronte a chi contestava la legittimità del suo apostolato, egli non elenca tanto le comunità che ha fondato, i chilometri che ha percorso; non si limita a ricordare le difficoltà e le opposizioni che ha affrontato per annunciare il Vangelo, ma indica il suo rapporto con il Signore, un rapporto così intenso da essere caratterizzato anche da momenti di estasi, di contemplazione profonda (cfr 2Co 12,1); quindi non si vanta di ciò che ha fatto lui, della sua forza, delle sua attività e successi, ma si vanta dell’azione che ha fatto Dio in lui e tramite lui. Con grande pudore egli racconta, infatti, il momento in cui visse l’esperienza particolare di essere rapito sino al cielo di Dio. Egli ricorda che quattordici anni prima dall’invio della Lettera «fu rapito - così dice - fino al terzo cielo» (v. 2). Con il linguaggio e i modi di chi racconta ciò che non si può raccontare, san Paolo parla di quel fatto addirittura in terza persona; afferma che un uomo fu rapito nel «giardino» di Dio, in paradiso. La contemplazione è così profonda e intensa che l’Apostolo non ricorda neppure i contenuti della rivelazione ricevuta, ma ha ben presenti la data e le circostanze in cui il Signore lo ha afferrato in modo così totale, lo ha attirato a sé, come aveva fatto sulla strada di Damasco al momento della sua conversione (cfr Fil Ph 3,12).

San Paolo continua dicendo che proprio per non montare in superbia per la grandezza delle rivelazioni ricevute, egli porta in sé una «spina» (2Co 12,7), una sofferenza, e supplica con forza il Risorto di essere liberato dall’inviato del Maligno, da questa spina dolorosa nella carne. Per tre volte – riferisce – ha pregato insistentemente il Signore di allontanare questa prova. Ed è in questa situazione che, nella contemplazione profonda di Dio, durante la quale «udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare» (v. 4), riceve risposta alla sua supplica. Il Risorto gli rivolge una parola chiara e rassicurante: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (v. 9).

Il commento di Paolo a queste parole può lasciare stupiti, ma rivela come egli abbia compreso che cosa significa essere veramente apostolo del Vangelo. Esclama, infatti così: «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte» (vv. 9b-10), cioè non si vanta delle sue azioni, ma dell'attività di Cristo che agisce proprio nella sua debolezza. Soffermiamoci ancora un momento su questo fatto avvenuto durante gli anni in cui san Paolo visse in silenzio e in contemplazione, prima di iniziare a percorrere l’Occidente per annunciare Cristo, perché questo atteggiamento di profonda umiltà e fiducia di fronte al manifestarsi di Dio è fondamentale anche per la nostra preghiera e per la nostra vita, per la nostra relazione a Dio e alle nostre debolezze.

Anzitutto, di quali debolezze parla l’Apostolo? Che cosa è questa «spina» nella carne? Non lo sappiamo e non lo dice, ma il suo atteggiamento fa comprendere che ogni difficoltà nella sequela di Cristo e nella testimonianza del suo Vangelo può essere superata aprendosi con fiducia all’azione del Signore. San Paolo è ben consapevole di essere un «servo inutile» (Lc 17,10) - non è lui che ha fatto le cose grandi, è il Signore - , un «vaso di creta» (2Co 4,7), in cui Dio pone la ricchezza e la potenza della sua Grazia. In questo momento di intensa preghiera contemplativa, san Paolo comprende con chiarezza come affrontare e vivere ogni evento, soprattutto la sofferenza, la difficoltà, la persecuzione: nel momento in cui si sperimenta la propria debolezza, si manifesta la potenza di Dio, che non abbandona, non lascia soli, ma diventa sostegno e forza. Certo, Paolo avrebbe preferito essere liberato da questa «spina», da questa sofferenza; ma Dio dice: «No, questo è necessario per te. Avrai sufficiente grazia per resistere e per fare quanto deve essere fatto. Questo vale anche per noi. Il Signore non ci libera dai mali, ma ci aiuta a maturare nelle sofferenze, nelle difficoltà, nelle persecuzioni. La fede, quindi, ci dice che, se rimaniamo in Dio, «se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, ci sono tante difficoltà, quello interiore invece si rinnova, matura di giorno in giorno proprio nelle prove» (cfr v. 16). L’Apostolo comunica ai cristiani di Corinto e anche a noi che «il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria» (v. 17) In realtà, umanamente parlando, non era leggero il peso delle difficoltà, era gravissimo; ma in confronto con l'amore di Dio, con la grandezza dell'essere amato da Dio, appare leggero, sapendo che la quantità della gloria sarà smisurata. Quindi, nella misura in cui cresce la nostra unione con il Signore e si fa intensa la nostra preghiera, anche noi andiamo all’essenziale e comprendiamo che non è la potenza dei nostri mezzi, delle nostre virtù, delle nostre capacità che realizza il Regno di Dio, ma è Dio che opera meraviglie proprio attraverso la nostra debolezza, la nostra inadeguatezza all'incarico. Dobbiamo, quindi, avere l’umiltà di non confidare semplicemente in noi stessi, ma di lavorare, con l'aiuto del Signore, nella vigna del Signore, affidandoci a Lui come fragili «vasi di creta».

San Paolo riferisce di due particolari rivelazioni che hanno cambiato radicalmente la sua vita. La prima - lo sappiamo - è la domanda sconvolgente sulla strada di Damasco: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (Ac 9,4), domanda che lo ha portato a scoprire e incontrare Cristo vivo e presente, e a sentire la sua chiamata ad essere apostolo del Vangelo. La seconda sono le parole che il Signore gli ha rivolto nell’esperienza di preghiera contemplativa su cui stiamo riflettendo: «Ti basta la mia grazia: la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Solo la fede, il confidare nell’azione di Dio, nella bontà di Dio che non ci abbandona, è la garanzia di non lavorare invano. Così la Grazia del Signore è stata la forza che ha accompagnato san Paolo nelle immani fatiche per diffondere il Vangelo e il suo cuore è entrato nel cuore di Cristo, diventando capace di condurre gli altri verso Colui che è morto ed è risorto per noi.

Nella preghiera noi apriamo, quindi, il nostro animo al Signore affinché Egli venga ad abitare la nostra debolezza, trasformandola in forza per il Vangelo. Ed è ricco di significato anche il verbo greco con cui Paolo descrive questo dimorare del Signore nella sua fragile umanità; usa episkenoo, che potremmo rendere con «porre la propria tenda». Il Signore continua a porre la sua tenda in noi, in mezzo a noi: è il Mistero dell’Incarnazione. Lo stesso Verbo divino, che è venuto a dimorare nella nostra umanità, vuole abitare in noi, piantare in noi la sua tenda, per illuminare e trasformare la nostra vita e il mondo.

L’intensa contemplazione di Dio sperimentata da san Paolo richiama quella dei discepoli sul monte Tabor, quando, vedendo Gesù trasfigurarsi e risplendere di luce, Pietro gli disse: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mc 9,5). «Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati» aggiunge san Marco (v. 6). Contemplare il Signore è, allo stesso tempo, affascinante e tremendo: affascinante perché Egli ci attira a sé e rapisce il nostro cuore verso l’alto, portandolo alla sua altezza dove sperimentiamo la pace, la bellezza del suo amore; tremendo perché mette a nudo la nostra debolezza umana, la nostra inadeguatezza, la fatica di vincere il Maligno che insidia la nostra vita, quella spina conficcata anche nella nostra carne. Nella preghiera, nella contemplazione quotidiana del Signore, noi riceviamo la forza dell’amore di Dio e sentiamo che sono vere le parole di san Paolo ai cristiani di Roma, dove ha scritto: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli, né principati, né presente né avvenire,né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39).

In un mondo in cui rischiamo di confidare solamente sull’efficienza e la potenza dei mezzi umani, in questo mondo siamo chiamati a riscoprire e testimoniare la potenza di Dio che si comunica nella preghiera, con la quale cresciamo ogni giorno nel conformare la nostra vita a quella di Cristo, il quale - come afferma Paolo - «fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio. E anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per la potenza di Dio a vostro vantaggio» (2Co 13,4).

Cari amici, nel secolo scorso, Albert Schweitzer, teologo protestante e premio Nobel per la pace, affermava che «Paolo è un mistico e nient’altro che un mistico», cioè un uomo veramente innamorato di Cristo e così unito a Lui, da poter dire: Cristo vive in me. La mistica di san Paolo non si fonda soltanto sugli eventi eccezionali da lui vissuti, ma anche sul quotidiano e intenso rapporto con il Signore che lo ha sempre sostenuto con la sua Grazia. La mistica non lo ha allontanato dalla realtà, al contrario gli ha dato la forza di vivere ogni giorno per Cristo e di costruire la Chiesa fino alla fine del mondo di quel tempo. L'unione con Dio non allontana dal mondo, ma ci dà la forza di rimanere realmente nel modo, di fare quanto si deve fare nel mondo. Anche nella nostra vita di preghiera possiamo, quindi, avere momenti di particolare intensità, forse, in cui sentiamo più viva la presenza del Signore, ma è importante la costanza, la fedeltà del rapporto con Dio, soprattutto nelle situazioni di aridità, di difficoltà, di sofferenza, di apparente assenza di Dio. Soltanto se siamo afferrati dall’amore di Cristo, saremo in grado di affrontare ogni avversità come Paolo, convinti che tutto possiamo in Colui che ci dà la forza (cfr Ph 4,13). Quindi, quanto più diamo spazio alla preghiera, tanto più vedremo che la nostra vita si trasformerà e sarà animata dalla forza concreta dell’amore di Dio. Così avvenne, ad esempio, per la beata Madre Teresa di Calcutta, che nella contemplazione di Gesù e proprio anche in tempi di lunga aridità trovava la ragione ultima e la forza incredibile per riconoscerlo nei poveri e negli abbandonati, nonostante la sua fragile figura. La contemplazione di Cristo nella nostra vita non ci estranea - come ho già detto - dalla realtà, bensì ci rende ancora più partecipi delle vicende umane, perché il Signore, attirandoci a sé nella preghiera, ci permette di farci presenti e prossimi ad ogni fratello nel suo amore. Grazie.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Do il mio caloroso benvenuto ai pellegrini polacchi presenti a quest’udienza. L’odierna liturgia celebra San Antonio di Padova, dottore della Chiesa. Fu insigne predicatore, teologo, confessore, protettore dei poveri e dei sofferenti. Con la sua vita e specialmente con il suo fecondo apostolato ci insegna lo zelo evangelico. Alla sua intercessione affido le vostre intenzioni e il vostro pellegrinaggio alle tombe degli apostoli. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua ceca:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini della Repubblica Ceca. Questo vostro pellegrinaggio e l’incontro con il Successore di Pietro vi siano di incoraggiamento affinché progrediate sempre di più nella letizia spirituale e nella fedeltà agli insegnamenti di Cristo. Vi accompagni la mia Benedizione!

Saluto in lingua slovacca:

Di cuore do il benvenuto ai pellegrini slovacchi, particolarmente ad un gruppo di sacerdoti che celebrano il venticinquesimo anniversario della loro Ordinazione sacerdotale, guidati dall’Arcivescovo Mons. Cyril Vasil e dal Vescovo Mons. Peter Rusnák.
Fratelli, ringraziate il Signore per il grande dono del sacerdozio e siate ministri zelanti secondo il Cuore di Gesù. Con affetto benedico voi ed il popolo di Dio a voi affidato.
Sia lodato Gesù Cristo!

APPELLO


Rivolgo ora il mio affettuoso pensiero e il mio benedicente saluto alla Chiesa in Irlanda, dove a Dublino, alla presenza del Cardinale Marc Oullet, mio Legato, si svolge il 50° Congresso Eucaristico Internazionale sul tema: «L’Eucaristia: Comunione con Cristo e tra di noi». Numerosi Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici provenienti dai diversi Continenti prendono parte a questo importante evento ecclesiale.

E’ una preziosa occasione per riaffermare la centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa. Gesù, realmente presente nel Sacramento dell’Altare con il supremo Sacrificio di amore della Croce si dona a noi, si fa nostro cibo per assimilarci a Lui, per farci entrare in comunione con Lui. E attraverso questa comunione siamo uniti anche tra di noi, diventiamo una cosa sola in Lui, membra gli uni degli altri.

Vorrei invitarvi ad unirvi spiritualmente ai cristiani di Irlanda e del mondo, pregando per i lavori del Congresso, perché l’Eucaristia sia sempre il cuore pulsante della vita di tutta la Chiesa.

* * *


Rivolgo ora il mio saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana; in particolare, ai sacerdoti della Diocesi di Treviso, come pure a quelli della diocesi di Tortona che festeggiano il 40° anniversario di Ordinazione presbiterale e, mentre assicuro un particolare ricordo nella preghiera, auspico per ciascuno una rinnovata effusione di favori celesti, perché siano rafforzati i loro generosi propositi di fedeltà alla chiamata del Signore. Saluto i Legionari di Cristo che si apprestano a trascorrere un periodo di esperienza pastorale, ed incoraggio ciascuno a vivere questa tappa del cammino formativo come momento di grazia e di generosa disponibilità.

Saluto, infine, i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Cari giovani, per molti vostri coetanei sono già iniziate le vacanze, mentre per altri questo è tempo di esami. Vi aiuti il Signore a vivere questo periodo con serenità, sperimentando la sua costante protezione. Invito voi, cari ammalati, a trovare conforto nel Signore, che continua la sua opera di redenzione grazie anche alla vostra sofferenza. E voi, cari sposi novelli, possiate scoprire il mistero di Dio che si dona per la salvezza di tutti, affinché il vostro amore sia sempre più vero, duraturo ed accogliente.



Aula Paolo VI

Mercoledì, 20 Giugno 2012: La benedizione divina per il disegno di Dio Padre

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Ep 1,3-14)

Cari fratelli e sorelle,

la nostra preghiera molto spesso è richiesta di aiuto nelle necessità. Ed è anche normale per l'uomo, perché abbiamo bisogno di aiuto, abbiamo bisogno degli altri, abbiamo bisogno di Dio. Così per noi è normale richiedere da Dio qualcosa, cercare aiuto da Lui; e dobbiamo tenere presente che la preghiera che il Signore ci ha insegnato, il «Padre nostro», è una preghiera di richiesta, e con questa preghiera il Signore ci insegna le priorità della nostra preghiera, pulisce e purifica i nostri desideri e così pulisce e purifica il nostro cuore. Quindi se di per sé è normale che nella preghiera richiediamo qualcosa, non dovrebbe essere esclusivamente così. C'è anche motivo di ringraziamento, e se siamo un po' attenti vediamo che da Dio riceviamo tante cose buone: è così buono con noi che conviene, è necessario, dire grazie. E deve essere anche preghiera di lode: se il nostro cuore è aperto, vediamo nonostante tutti i problemi anche la bellezza della sua creazione, la bontà che si mostra nella sua creazione. Quindi, dobbiamo non solo richiedere, ma anche lodare e ringraziare: solo così la nostra preghiera è completa.

Nelle sue Lettere, san Paolo non solo parla della preghiera, ma riporta preghiere certamente anche di richiesta, ma anche preghiere di lode e di benedizione per quanto Dio ha operato e continua a realizzare nella storia dell’umanità.

E oggi vorrei soffermarmi sul primo capitolo della Lettera agli Efesini, che inizia proprio con una preghiera, che è un inno di benedizione, un'espressione di ringraziamento, di gioia. San Paolo benedice Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, perché in Lui ci ha fatto «conoscere il mistero della sua volontà» (Ep 1,9). Realmente c'è motivo di ringraziare se Dio ci fa conoscere quanto è nascosto: la sua volontà con noi, per noi; «il mistero della sua volontà». «Mysterion», «Mistero»: un termine che ritorna spesso nella Sacra Scrittura e nella Liturgia. Non vorrei adesso entrare nella filologia, ma nel linguaggio comune indica quanto non si può conoscere, una realtà che non possiamo afferrare con la nostra propria intelligenza. L’inno che apre la Lettera agli Efesini ci conduce per mano verso un significato più profondo di questo termine e della realtà che ci indica. Per i credenti «mistero» non è tanto l’ignoto, ma piuttosto la volontà misericordiosa di Dio, il suo disegno di amore che in Gesù Cristo si è rivelato pienamente e ci offre la possibilità di «comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo» (Ep 3,18-19). Il «mistero ignoto» di Dio è rivelato ed è che Dio ci ama, e ci ama dall'inizio, dall'eternità.

Soffermiamoci quindi un po' su questa solenne e profonda preghiera. «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Ep 1,3). San Paolo usa il verbo «euloghein», che generalmente traduce il termine ebraico «barak»: è il lodare, glorificare, ringraziare Dio Padre come la sorgente dei beni della salvezza, come Colui che «ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo».

L’Apostolo ringrazia e loda, ma riflette anche sui motivi che spingono l’uomo a questa lode, a questo ringraziamento, presentando gli elementi fondamentali del piano divino e le sue tappe. Anzitutto dobbiamo benedire Dio Padre perché così scrive san Paolo - Egli «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (v. 4). Ciò che ci fa santi e immacolati è la carità. Dio ci ha chiamati all’esistenza, alla santità. E questa scelta precede persino la creazione del mondo. Da sempre siamo nel suo disegno, nel suo pensiero. Con il profeta Geremia possiamo affermare anche noi che prima di formarci nel grembo della nostra madre Lui ci ha già conosciuti (cfr Jr 1,5); e conoscendoci ci ha amati. La vocazione alla santità, cioè alla comunione con Dio appartiene al disegno eterno di questo Dio, un disegno che si estende nella storia e comprende tutti gli uomini e le donne del mondo, perché è una chiamata universale. Dio non esclude nessuno, il suo progetto è solo di amore. San Giovanni Crisostomo afferma: «Dio stesso ci ha resi santi, ma noi siamo chiamati a rimanere santi. Santo è colui che vive nella fede» (Omelie sulla Lettera agli Efesini, 1,1,4).

San Paolo continua: Dio ci ha predestinati, ci ha eletti ad essere «figli adottivi, mediante Gesù Cristo», ad essere incorporati nel suo Figlio Unigenito. L’Apostolo sottolinea la gratuità di questo meraviglioso disegno di Dio sull’umanità. Dio ci sceglie non perché siamo buoni noi, ma perché è buono Lui. E l'antichità aveva sulla bontà una parola: bonum est diffusivum sui; il bene si comunica, fa parte dell'essenza del bene che si comunichi, si estenda. E così poiché Dio è la bontà, è comunicazione di bontà, vuole comunicare; Egli crea perché vuole comunicare la sua bontà a noi e farci buoni e santi.

Al centro della preghiera di benedizione, l’Apostolo illustra il modo in cui si realizza il piano di salvezza del Padre in Cristo, nel suo Figlio amato. Scrive: «mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia» (Ep 1,7). Il sacrificio della croce di Cristo è l’evento unico e irripetibile con cui il Padre ha mostrato in modo luminoso il suo amore per noi, non soltanto a parole, ma in modo concreto. Dio è così concreto e il suo amore è così concreto che entra nella storia, si fa uomo per sentire che cosa è, come è vivere in questo mondo creato, e accetta il cammino di sofferenza della passione, subendo anche la morte. Così concreto è l'amore di Dio, che partecipa non solo al nostro essere, ma al nostro soffrire e morire. Il Sacrificio della croce fa sì che noi diventiamo «proprietà di Dio», perché il sangue di Cristo ci ha riscattati dalla colpa, ci lava dal male, ci sottrae alla schiavitù del peccato e della morte. San Paolo invita a considerare quanto è profondo l’amore di Dio che trasforma la storia, che ha trasformato la sua stessa vita da persecutore dei cristiani ad Apostolo instancabile del Vangelo. Riecheggiano ancora una volta le parole rassicuranti della Lettera ai Romani: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?... Io sono infatti persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura, potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,31-32 Rm 8,38-39). Questa certezza - Dio è per noi, e nessuna creatura può separarci da Lui, perché il suo amore è più forte - dobbiamo inserirla nel nostro essere, nella nostra coscienza di cristiani.

Infine, la benedizione divina si chiude con l’accenno allo Spirito Santo che è stato effuso nei nostri cuori; il Paraclito che abbiamo ricevuto come sigillo promesso: «Egli - dice Paolo - è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria» (Ep 1,14). La redenzione non è ancora conclusa - lo sentiamo -, ma avrà il suo pieno compimento quando coloro che Dio si è acquistato saranno totalmente salvati. Noi siamo ancora nel cammino della redenzione, la cui realtà essenziale è data con la morte e la resurrezione di Gesù. Siamo in cammino verso la redenzione definitiva, verso la piena liberazione dei figli di Dio. E lo Spirito Santo è la certezza che Dio porterà a compimento il suo disegno di salvezza, quando ricondurrà «al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ep 1,10). San Giovanni Crisostomo commenta su questo punto: «Dio ci ha eletti per la fede ed ha impresso in noi il sigillo per l’eredità della gloria futura» (Omelie sulla Lettera agli Ep 2,11-14). Dobbiamo accettare che il cammino della redenzione è anche un cammino nostro, perché Dio vuole creature libere, che dicano liberamente sì; ma è soprattutto e prima un cammino Suo. Siamo nelle Sue mani e adesso è nostra libertà andare sulla strada aperta da Lui. Andiamo su questa strada della redenzione, insieme con Cristo e sentiamo che la redenzione si realizza.

La visione che ci presenta san Paolo in questa grande preghiera di benedizione ci ha condotto a contemplare l’azione delle tre Persone della Santissima Trinità: il Padre, che ci ha scelti prima della creazione del mondo, ci ha pensato e creato; il Figlio che ci ha redenti mediante il suo sangue e lo Spirito Santo caparra della nostra redenzione e della gloria futura. Nella preghiera costante, nel rapporto quotidiano con Dio, impariamo anche noi, come san Paolo, a scorgere in modo sempre più chiaro i segni di questo disegno e di questa azione: nella bellezza del Creatore che emerge dalle sue creature (cfr Ep 3,9), come canta san Francesco d’Assisi: «Laudato sie mi’ Signore, cum tutte le Tue creature» (FF 263). Importante è essere attenti proprio adesso, anche nel periodo delle vacanze, alla bellezza della creazione e vedere trasparire in questa bellezza il volto di Dio. Nella loro vita i Santi mostrano in modo luminoso che cosa può fare la potenza di Dio nella debolezza dell’uomo. E può farlo anche con noi. In tutta la storia della salvezza, in cui Dio si è fatto vicino a noi e attende con pazienza i nostri tempi, comprende le nostre infedeltà, incoraggia il nostro impegno e ci guida.

Nella preghiera impariamo a vedere i segni di questo disegno misericordioso nel cammino della Chiesa. Così cresciamo nell’amore di Dio, aprendo la porta affinché la Santissima Trinità venga ad abitare in noi, illumini, riscaldi, guidi la nostra esistenza. «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Jn 14,23), dice Gesù promettendo ai discepoli il dono dello Spirito Santo, che insegnerà ogni cosa. Sant'Ireneo ha detto una volta che nell'Incarnazione lo Spirito Santo si è abituato a essere nell'uomo. Nella preghiera dobbiamo noi abituarci a essere con Dio. Questo è molto importante, che impariamo a essere con Dio, e così vediamo come è bello essere con Lui, che è la redenzione.

Cari amici, quando la preghiera alimenta la nostra vita spirituale noi diventiamo capaci di conservare quello che san Paolo chiama «il mistero della fede» in una coscienza pura (cfr 1Tm 3,9). La preghiera come modo dell’«abituarsi» all’essere insieme con Dio, genera uomini e donne animati non dall’egoismo, dal desiderio di possedere, dalla sete di potere, ma dalla gratuità, dal desiderio di amare, dalla sete di servire, animati cioè da Dio; e solo così si può portare luce nel buio del mondo.

Vorrei concludere questa Catechesi con l’epilogo della Lettera ai Romani. Con san Paolo, anche noi rendiamo gloria a Dio perché ci ha detto tutto di sé in Gesù Cristo e ci ha donato il Consolatore, lo Spirito di verità. Scrive san Paolo alla fine della della Lettera ai Romani: «A colui che ha il potere di confermarvi nel mio Vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le Scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti, perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen» (16,25-27). Grazie.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Do il mio caloroso benvenuto ai polacchi qui presenti. Ricordiamo oggi che Dio “nella Sua carità ci ha predestinato a essere per lui figli adottivi, mediante Gesù Cristo” (cfr. Ef Ep 1,5). È Lui che ci ha creati, chiamati alla santità, al servizio nella comunità della Chiesa e ci conduce lungo la vita. Conoscendo il Cristo e il Suo Vangelo cresciamo nella fede, per divenire in essa sempre più maturi. Il nostro comportamento e le nostre opere siano testimonianza della nostra vicinanza a Dio. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua croata:

Con gioia saluto tutti i pellegrini croati, particolarmente i fedeli della parrocchia di Santa Teresa di Gesù Bambino a Rijeka e della parrocchia di Sant’Antonio di Sesvetska Sela. Cari amici, desidero lasciarvi nel cuore la necessità di pregare, nelle vostre famiglie e comunità parrocchiali, per le nuove vocazioni al Sacerdozio ed alla Vita Consacrata nel vostro popolo. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini provenienti da varie Parrocchie della Repubblica Ceca. Questo vostro pellegrinaggio nella Città degli Apostoli Pietro e Paolo vi sia d’aiuto, affinché anche voi possiate amare fedelmente il Cristo e seguire la Sua strada. Vi accompagni la mia benedizione!

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto saluto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti da Cierny Balog-Dobroc e Rohožník.
Fratelli e sorelle, pregate per i vostri sacerdoti novelli, ordinati in questo mese, affinché nel loro ministero siano segno di Cristo Buon Pastore.
Volentieri benedico voi, i vostri cari e tutti i sacerdoti novelli.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Un affettuoso saluto ai fedeli di lingua ungherese, specialmente ai membri dei gruppi arrivati da Úrkút e da Szentgál. Il tempo delle vacanze favorisca la riscoperta delle bellezze della natura e dell’arte umana, aiuti ad arrivare alla contemplazione di Dio. Volentieri vi imparto la mia Benedizione.
Sia lodato Gesù Cristo!

APPELLO


Seguo con profonda preoccupazione le notizie che provengono dalla Nigeria, dove continuano gli attentati terroristici diretti soprattutto contro i fedeli cristiani. Mentre elevo la preghiera per le vittime e per quanti soffrono, faccio appello ai responsabili delle violenze, affinché cessi immediatamente lo spargimento di sangue di tanti innocenti. Auspico, inoltre, la piena collaborazione di tutte le componenti sociali della Nigeria, perché non si persegua la via della vendetta, ma tutti i cittadini cooperino all’edificazione di una società pacifica e riconciliata, in cui sia pienamente tutelato il diritto di professare liberamente la propria fede.

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto i fedeli della Diocesi di Saluzzo, con il Vescovo Mons. Giuseppe Guerrini, venuti alla Sede di Pietro per i 500 anni di quella Chiesa particolare. Accolgo con gioia la comunità del diaconato, i seminaristi dell’Istituto del Verbo Incarnato e i bambini della Prima Comunione della Diocesi di Castellaneta ai quali auguro di nutrirsi della Parola di Dio e del Pane eucaristico per sentire cum Ecclesia. Un saluto ai membri della Famiglia ecumenica di Taddeide che mi offrono in dono una nuova campana; ai gruppi parrocchiali di Banzano e di Alviano, qui convenuti rispettivamente per iniziare l’anno dedicato a San Rocco e per l’ottavo centenario del miracolo delle rondini di San Francesco.

Un pensiero infine per i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Il mese di giugno richiama la nostra devozione al Sacro Cuore di Gesù: cari giovani, imparate ad amare alla scuola di quel cuore divino; cari ammalati, unite il vostro cuore nella sofferenza a quello del Figlio di Dio; e voi, cari sposi novelli, attingete alle sorgenti dell’amore mentre iniziate a costruire la vostra vita in comune. Grazie.



Aula Paolo VI

Mercoledì, 27 Giugno 2012


Catechesi 2005-2013 60612