Teresa A, Mansioni


Breve profilo biografico di S. Teresa d'Avila

S. Teresa di Gesù , la santa di Avila , la Riformatrice del Carmelo, la Madre dei Carmelitani Scalzi, nacque ad Avila (Spagna) il 28 marzo 1515 da nobile e religiosa famiglia. A 21 anni divenne Carmelitana del Monastero dell'Incarnazione di Avila. Attraverso gravi e frequenti malattie, numerose prove spirituali e la generosa risposta alle sollecitazioni dell'Amore divino, giunse a quel grado di perfezione in cui l'anima è pronta a un particolare servizio.

E poiché intanto la Riforma Protestante feriva il cuore della Chiesa, proprio nel cuore della Chiesa ella voleva operare, in una azione veramente carmelitana di abnegazione e di amore, qualcosa che si opponesse a quella riforma. Concepi cosi, e condusse a termine attraverso infinite peripezie e contrasti e sofferenze, quella Riforma del proprio Ordine che da lei prese il nome e diede origine ai Carmelitani Scalzi. Il 24 agosto 1562 fondava in Avila il suo primo monastero, dedicato a S. Giuseppe, ove le monache cominciarono a vivere, in spirito di amore e di abnegazione, una vita il più possibile vicina a quella degli antichi monaci del Monte Carmelo e secondo quelle norme che in seguito Teresa di Gesù doveva codificare nelle sue sagge Costituzioni.

Le fondazioni dei monasteri di Carmelitane Scalze si susseguirono numerose fino alle 1582; nel 1568 la Riforma Teresiana si estendeva ai Padri, dopo l'incontro della Santa con S. Giovanni della Croce, e si fondava a Durvelo il primo convento di Carmelitani Scalzi.

L'intensità della vita spirituale, la grande opera realizzata, la gravità delle malattie e delle sofferenze d'ogni genere, non impedirono a S. Teresa di scrivere quelle stupende opere in cui ci consegna la sua esperienza mistica e la sua dottrina.

Attraverso l'Autobiografia, le Relazioni, il Cammino di Perfezione, il Castello Interiore, le Fondazioni, gli Avvisi, i Pensieri, le Esclamazioni, le Poesie, le Lettere, S. Teresa di Gesù svolge ancora, nel Carmelo e nel mondo, l'ardente attività della sua anima apostolica ed è sempre, a tutti, Maestra e Madre di vita spirituale. Mori nel fulgore di un'estasi, ad Alba de Tormes, il 4 ottobre 1582.



PROLOGO



I.H.S.







2 - Credo che poco sapro aggiungere di nuovo a quanto mi fu già imposto di scrivere. Temo anzi di non far quasi che ripetermi, perché io sono in tutto come quegli uccelli a cui s'insegna a parlare, e che non sapendo più in là di quanto hanno appreso o sentito, non fan altro che ripetere le stesse cose. Se il Signore mi vorrà far dire qualche cosa di nuovo, si degnerà d'illuminarmi, o, per lo meno, di richiamarmi alla mente cio che ho scritto altre volte. Mi contenterei anche di questo. Data l'infedeltà della mia memoria, mi terrei fortunata di poter ripescare certe cose che, a quanto si diceva, erano ben dette, e cio nel caso che fossero perdute. Ma se il Signore non vorrà concedermi neppur questo, mi sarà di guadagno lo stancarmi e l'accrescermi il mal di testa per obbedienza, quand'anche da cio che fossi per dire non si ricavasse alcun vantaggio.



3 - Incomincio dunque quest'obbedienza oggi, festa della SS. Trinità dell'anno 1577, a Toledo, in questo monastero di S. Giuseppe del Carmine, ove attualmente mi trovo. Mi sottometto al giudizio delle dottissime persone che mi hanno imposto di scrivere. Si abbia intanto per certo che se mi sfuggirà qualche cosa di non conforme a quanto insegna la S. Chiesa Cattolica Romana, cio non sarà per malizia, ma per pura ignoranza, poiché, grazie a Dio, sono stata, sono e saro sempre ad essa soggetta. - Sia Egli benedetto e glorificato in eterno! Amen.



PRIME MANSIONI


Capitolo 1



Bellezza e dignità dell'anima umana - Paragone per meglio intendersi - Vantaggi che si acquistano nel conoscersi e nell'intendere le grazie che si ricevono da Dio - La porta di questo castello è l'orazione.






2 - Che confusione e pietà non potere, per nostra colpa, intendere noi stessi e conoscere chi siamo! Non sarebbe grande ignoranza, figliuole mie, se uno, interrogato chi fosse, non sapesse rispondere, né dare indicazioni di suo padre, di sua madre, né del suo paese di origine? Se cio è indizio di grande ottusità, assai più grande è senza dubbio la nostra se non procuriamo di sapere chi siamo, per fermarci solo ai nostri corpi. Si, sappiamo di avere un'anima, perché l'abbiamo sentito e perché ce l'insegna la fede, ma cosi all'ingrosso, tanto vero che ben poche volte pensiamo alle ricchezze che sono in lei, alla sua grande eccellenza e a Colui che in essa abita. E cio spiega la nostra grande negligenza nel procurare di conservarne la bellezza. Le nostre preoccupazioni si fermano tutte alla rozzezza del castone, alle mura del castello, ossia a questi nostri corpi.



3 - Come ho detto, questo castello risulta di molte stanze, alcune poste in alto, altre in basso ed altre ai lati. A1 centro, in mezzo a tutte, vi è la stanza principale, quella dove si svolgono le cose di grande segretezza tra Dio e l'anima. Considerate bene questo paragone di cui forse Dio si compiacerà di servirsi per farvi intendere qualche cosa delle grazie che Egli si degna di accordare alle anime e la differenza che le distingue. Cio, naturalmente, fin dove ho inteso che sia possibile, perché, data la loro moltitudine nessuno è in grado di conoscerle tutte: tanto meno io che sono cosi misera. Ma se il Signore ve l'accorderà, vi sarà di grande conforto sapere che lo puo fare, mentre quelle che non ne sono favorite ne prenderanno l'occasione per lodare la sua infinita bontà. Percio, come non ci è di pregiudizio la considerazione della gloria del cielo e di quanto vi godono i beati, ma serve a rallegrarci e a spingerci per meritare anche noi quel che essi già godono, cosi non ci sarà di danno comprendere come sia possibile che un Dio tanto grande si comunichi fin da questo esilio con vermiciattoli cosi ripugnanti come siamo noi, ma ci muoverà ad amare una bontà cosi buona e una cosi infinita misericordia. Chi si scandalizza nell'apprendere che Dio puo far tante grazie fin da questo esilio, tengo per certo che sia senza umiltà e senza amore del prossimo. Se non fosse cosi, perché non dovrebbe compiacersi nel vedere Iddio far tali grazie a un suo fratello, quando cio non vieta che le possa accordare anche a lui? Perché non godere che Sua Maestà mostri la sua grandezza con chi meglio gli piace, poiché Egli alle volte non agisce che per questo, come disse del cieco a cui dette la vista, quando gli apostoli lo interrogarono se quella cecità era per i suoi peccati o per quelli dei suoi genitori? Risulta da cio che se Egli dà a qualcuno le sue grazie, non è perché questi sia più santo degli altri a cui non ne dà, ma perché si manifesti in lui la sua grandezza, come già in S. Paolo e nella Maddalena, e perché noi lo lodiamo nelle sue creature.



4 - Si potrà dire che sembrano cose impossibili e che è bene non scandalizzare i deboli. Ma è minor male permettere che alcuni non le credano, piuttosto che privare chi ne è favorito del profitto che ne deve ritrarre. Questi infatti ne avrà piacere, e si ecciterà a più amare Colui che nella sua infinita potenza e maestà gli usa cosi grandi misericordie. D'altra parte, so di parlare ad anime per le quali questo pericolo non esiste, perché conoscono e credono che Dio puo discendere a manifestazioni di amore ben più sublimi. Chi non lo crede, sono sicura che non ne farà mai l'esperienza, perché Dio ama che non si ponga limite alle sue opere. Parlando a coloro che Dio non conduce per questa strada, 1i scongiuro che non sia di essi cosi.



5 - Tornando al nostro incantevole e splendido castello, dobbiamo ora vedere il modo di potervi entrare. Sembra che dica uno sproposito, perché se il castello è la stessa anima, non si ha certo bisogno di entrarvi, perché si è già dentro. Non è forse una sciocchezza dire a uno di entrare in una stanza quando già vi sia? Pero dovete sapere che vi è una grande differenza tra un modo di essere e un altro, perché molte anime stanno soltanto nei dintorni, là dove sostano le guardie, senza curarsi di andare più innanzi, né sapere cosa si racchiuda in quella splendida dimora, né chi l'abiti, né quali appartamenti contenga. Se avete letto in qualche libro di orazione consigliare l'anima ad entrare in se stessa, è proprio quello che intendo io.



6 - Mi diceva ultimamente un gran teologo che le anime senza orazione sono come un corpo storpiato o paralitico che ha mani e piedi, ma non li puo muovere. Ve ne sono di cosi ammalate e talmente avvezze a vivere fra le cose esteriori, da esser refrattarie a qualsiasi cura, quasi impotenti a rientrare in se stesse. Abituate a un continuo contatto con i rettili e gli animali che stanno intorno al castello, si sono fatte quasi come quelli, e non sanno più vincersi, nonostante la nobiltà della loro natura e la possibilità che hanno di trattare nientemeno che con Dio. Se queste anime non cercano d'intendere la loro immensa miseria e non vi pongono rimedio, avverrà che per non volger lo sguardo a se stesse, si trasformeranno in altrettante statue di sale, come avvenne alla moglie di Lot per essersi voltata indietro.



7 - Per quanto io ne capisca, la porta per entrare in questo castello è l'orazione e la meditazione. Non sto più per la mentale che per la vocale, perché dove si ha orazione occorre che vi sia pure meditazione. Non chiamo infatti orazione quella di colui che non considera con chi parla, chi è che parla, cosa domanda e a chi domanda, benché muova molto le labbra. Alle volte sarà buona orazione anche questa, quantunque non accompagnata da tali riflessioni, purché queste si siano fatte altre volte. Ma se alcuno ha l'abitudine di parlare con la maestà di Dio come con uno schiavo, senza pensare se dice bene o male, contento di quello che gli viene in bocca o ha imparato a memoria per averlo recitato altre volte... non tengo cio per orazione, né piaccia a Dio che vi siano cristiani che cosi facciano. Quanto a voi, sorelle, spero nella bontà di Dio che questo non vi accada, grazie all'abitudine che avete di trattare spesso di cose interiori: cosa assai utile per preservarvi da simili stupidaggini.



8 - Non parliamo dunque di queste anime paralitiche, alle quali, se il Signore non comanderà di alzarsi come al paralitico che stava da trent'anni alla piscina, toccherà serio pericolo e sventura assai grave. Parliamo, invece di quelle che poi finiscono con entrare nel castello. Benché ingolfate nel mondo, non mancano di buoni desideri: di tanto in tanto si raccomandano a Dio, e, sia pure in fretta, rientrano in se stesse con qualche considerazione. Pregano qualche volta al mese, benché distrattamente, dato che il loro pensiero è quasi sempre tra gli affari, a cui sono molto attaccate, secondo il detto: Dov'è il tuo tesoro ivi è il tuo cuore. Pero, di tanto in tanto decidono di liberarsene perché, grazie al proprio conoscimento - che è sempre una gran cosa - riconoscono che la strada per cui camminano non è quella che conduce al castello. Finalmente entrano nelle prime stanze del pianterreno, ma vi portano con sé un'infinità di animaletti, i quali non solo impediscono di veder le bellezze del castello, ma neppur permettono di rimanervi in pace. Tuttavia hanno già fatto molto con l'entrarvi.



9 - Vi parrà forse, figliuole, che tutto cio non sia a proposito, perché voi, grazie a Dio, non siete di questo numero. Ma abbiate pazienza, perché altrimenti non saprei come farvi intendere, nel modo che le intendo io, certe cose interiori riguardanti l'orazione. Piaccia a Dio che riesca a dirvene qualche cosa, perché si tratta di un argomento assai difficile, specialmente per chi non ne ha esperienza. Ma se voi l'avrete, capirete che certe cose si devono toccare per forza. Piaccia a Dio nella sua infinita misericordia che esse non accadano a noi!

Capitolo 2



Deformità di un'anima in peccato mortale - Il Signore ne fa vedere qualcosa a una certa persona - Qualche pensiero sul proprio conoscimento - Capitolo assai utile per certi punti che meritano attenzione - Come intendere queste mansioni.





2 - So di una persona (Parla di se stessa, Ndr) a cui il Signore volle far vedere lo stato di un'anima in peccato mortale.

Secondo lei, sarebbe impossibile, comprendendolo bene, che alcuno potesse ancora peccare, anche se per fuggirne le occasioni dovesse soffrire i maggiori tormenti immaginabili. Da cio le venne un ardentissimo desiderio che tutti se ne persuadessero. E io ora vi scongiuro, figliuole, di pregar molto il Signore per coloro che si trovano in questo stato, trasformati in una stessa tenebra con le loro opere. Come da una fonte limpidissima non sgorgano che limpidi ruscelli, cosi di un'anima in grazia: le sue opere riescono assai grate agli occhi di Dio e degli uomini, perché procedenti da quella fonte di vita nella quale essa è piantata come un albero, e fuor dalla quale non avrebbe né freschezza né fecondità. Quell'acqua la conserva, impedisce che inaridisca e le ottiene frutti saporosi, ma se l'anima l'abbandona di sua colpa per mettersi in un'altra dalle acque sudicie e fetenti, non sgorgherebbe da lei che la stessa abominevole sporcizia.



3 - Si deve intanto considerare che la fonte, o, a meglio dire, il Sole splendente che sta nel centro dell'anima, non perde per questo il suo splendore né la sua bellezza. Continua a star nell'anima, e non vi è nulla che lo possa scolorire. Supponete un cristallo esposto ai raggi del sole, ravvolto in un panno molto nero: il sole dardeggerà sulla stoffa, ma il cristallo non ne verrà illuminato.



4 - Anime redente dal sangue di Gesù Cristo, aprite gli occhi e abbiate pietà di voi stesse! Com'è possibile che, persuase di questa verità, non procuriate di togliere la pece che copre il vostro cristallo? Se la morte vi sorprende in questo stato, quella luce non la godrete mai più!... O Gesù! ... Che orrore vedere un'anima priva di questo lume! Come rimangono le povere stanze del castello! Che turbamento s'impossessa dei sensi che ne sono gli abitati! In che stato di accecamento e mal governo cadono, le potenze che ne sono le guardie, i maggiordomi e gli scalchi! Ma siccome l'albero è piantato nella stessa terra del demonio, che altro ne puo venire?



5 - Udii una volta una persona spirituale meravigliarsi non tanto di cio che faccia un'anima in peccato mortale, quanto di cio che non faccia. Ci liberi Iddio, nella sua misericordia, da male cosi funesto, il solo che quaggiù possa meritare questo nome, degno di castighi che non avranno mai fine. In cio, figliuole mie, dobbiamo esser sempre timorose, né mai desistere dal pregare Iddio di liberarcene, perché se Egli non custodisce la città, invano lavoriamo noi, che siamo il nulla medesimo. Quella persona inoltre diceva di aver ricavato due vantaggi dalla grazia di cui Dio l'aveva favorita: anzitutto, un timore grandissimo di offenderlo, per cui alla vista di cosi gravi danni continuava a pregarlo di non lasciarla cadere; e, in secondo luogo, uno specchio di umiltà, nel quale vedeva che il principio del bene che facciamo non procede da noi, ma dal fonte nel quale l'albero dell'anima è piantato, e dal Sole che feconda le nostre buone opere. Questa verità, aggiungeva, le era apparsa cosi chiara, che quando faceva o vedeva qualche opera buona, pensava subito a Colui che ne era il principio, persuasa che senza il suo aiuto non si possa proprio far nulla. Indi si levava a dar grazie al Signore, scordando quasi sempre se stessa quando le avveniva di far qualche cosa di buono.



6 - Non sarebbe perduto, sorelle, il tempo trascorso, io a vergare questo scritto e voi a leggerlo, se pur noi vi ricavassimo questi due vantaggi. E se il Signore permette che simili paragoni giungano a nostra cognizione, puo essere perché siano d'aiuto non tanto per i dotti e gli esperti che già sanno ogni cosa, ma piuttosto per noi donne, che nella nostra ignoranza abbiamo bisogno di tutto. Ci conceda Iddio nella sua bontà di cavarne profitto!



7 - Queste cose interiori sono di cosi difficile intelligenza che una persona ignorante come me, prima di dirne una parola giusta, ne deve dire, necessariamente, molte di inutili e d'inopportune. Ci vorrà pazienza per leggermi, come ne occorre a me per scriver di cio che ignoro. Alle volte mi avviene di prender in mano la penna come un idiota, senza sapere cosa dire, né da dove cominciare. Tuttavia, faro del mio meglio per spiegarvi certe cose interiori, che credo vi saranno utili.

Benché ci parlino spesso dell'eccellenza dell'orazione che le nostre Costituzioni ci impongono per varie ore, pero non ci spiegano quello che vi possiamo fare, e poco ci dicono dei fatti soprannaturali che Dio opera nell'anima, mentre parlandone e spiegandoli in diverse maniere, se ne avrebbe del gran conforto, grazie alla considerazione di questo celeste ed interiore edificio che i mortali conoscono cosi poco, benché molti vi si trovino. In altri libri da me scritti, il Signore ne ha già dato qualche lume, ma certe cose, specialmente più difficili, io non le ho mai intese cosi bene come ora. I1 male è che per giungere a spiegarle, dovro ripeterne una quantità di conosciute: con una intelligenza cosi rozza come la mia, non se ne puo proprio fare a meno.



8 - Ritorniamo dunque al nostro castello e alle sue molte mansioni. Non dovete figurarvi queste mansioni le une dopo le altre, come una fuga di stanze. Portate il vostro sguardo al centro, dove è situato l'appartamento o il palazzo del Re. Egli vi abita come in una palmista, (palma tipica dell'Andalusia, Ndr) di cui non si puo prendere il buono se non togliendo le molte foglie che lo coprono. Cosi qui: intorno e al di sopra della stanza centrale, ve ne sono molte altre, illuminate in ogni parte dal Sole che risiede nel mezzo. Le cose dell'anima si devono sempre considerare con ampiezza, estensione e magnificenza, senza paura di esagerare, perché la capacità dell'anima sorpassa ogni umana immaginazione. Importa molto che un'anima di orazione, a qualunque grado sia giunta, sia lasciata libera di circolare come vuole, in alto, in basso, e ai lati, senza incantucciarla e restringerla in una sola stanza. Poiché Dio l'ha fatta cosi grande, non obblighiamola a rimaner a lungo nello stesso posto, sia pure nel proprio conoscimento. Oh, il proprio conoscimento! Intendetemi bene figliuole! Esso è tanto necessario che le stesse anime ammesse da Dio nel suo medesimo appartamento non devono mai trascurarlo, nonostante siano giunte tanto in alto. Del resto, non potrebbero trascurarlo neppure volendolo, perché è proprio dell'umiltà fabbricare, come ape nell'alveare, quel miele, senza del quale tutto è perduto. Ma come l'ape non lascia di uscire a succhiare i fiori, cosi l'anima, la quale, pur addestrandosi nel proprio conoscimento, deve di tanto in tanto innalzarsi a considerare la grandezza e la maestà di Dio. In cio scoprirà la propria miseria meglio che rimanendo in se stessa, e sarà meno infastidita dagli animaletti immondi che entrano nelle prime stanze, dove ci si esercita nel proprio conoscimento. Tuttavia, è sempre una grande grazia di Dio saperci in esso esercitare, benché, come suol dirsi, vi si possa mancare per eccesso o per difetto. Insomma credetemi: lavoreremo assai più virtuosamente con l'aiuto di Dio, che non col rimanere attaccate alla nostra miseria.



9 - Non so se mi spiego bene. E tanto importante conoscerci, che in cio non vorrei vi rilassaste, neppure se foste già arrivate ai più alti cieli, perché mentre siamo sulla terra, non c'è cosa più necessaria dell'umiltà. Torno dunque a ripetere che è assai utile, - anzi, utile in modo assoluto - che prima di volare alle altre mansioni, si entri in quelle del proprio conoscimento, che sono le vie per andare a quelle. Ora, se possiamo camminare sopra un terreno piano e sicuro, perché voler ali per volare? Facciamo piuttosto del nostro meglio per approfondirci in questa nostra conoscenza. Ma credo che non arriveremo mai a conoscerci, se insieme non procureremo di conoscere Dio. Contemplando la sua grandezza, scopriremo la nostra miseria; considerando la sua purezza riconosceremo la nostra sozzura; e innanzi alla sua umiltà vedremo quanto ne siamo lontani.



10 - Vi sono in cio due vantaggi: primo, perché una cosa bianca messa vicina a una nera appare più bianca, come una nera messa vicino a una bianca; e in secondo luogo, perché la nostra intelligenza e volontà, portate ora su Dio e ora su di noi, si rendono più nobili e più disposte al bene. Se dal fango della nostra miseria non ci sollevassimo mai, ne risulterebbero molti inconvenienti. Di coloro che sono in peccato mortale abbiamo detto che nero ed immondo è tutto quello che da essi proviene. Cosi nel caso nostro, quantunque - Dio ce ne liberi! - non nel medesimo modo, non trattandosi in fondo che di un semplice paragone. E un fatto, pero, che mantenendoci di continuo nella ignominia della nostra terra, le nostre correnti possono intorbidirsi a contatto con il fango del timore, della pusillanimità, della codardia e dei pensieri come questi: " Mi guardano o non mi guardano? Che mi avverrà camminando per questa via? Sarà per superbia se ardiro cominciare quest'opera? E bene che una miserabile come me si eserciti in cose cosi sublimi come l'orazione? Non mi riterranno forse migliore, se non cammino per la strada comune? E dato che le esagerazioni non sono mai buone, neppure in fatto di virtù, non verro forse io, povera peccatrice, a cadere da più grande altezza, senza più coraggio di muovere un passo? Non saro forse di danno ai buoni? Oh, no, una persona come me, non è fatta per le singolarità! " .



11 - Ahimè, figliole mie, quante anime il demonio deve rovinare per questa strada, facendo loro credere che tutto cio sia per sentimento di umiltà! E quante altre cose potrei dire, provenienti dall'insistere troppo sul proprio conoscimento! Finisce col far deviare, e io non mi stupisco. Se non usciamo mai da noi stesse, ne puo venire questo e peggio ancora. Percio, figliuole, fissiamo gli occhi in Cristo nostro bene e nei suoi santi, e vi impareremo la vera umiltà. Allora la nostra intelligenza si renderà più esperta, e la conoscenza di noi stessi cesserà dal renderci imbelli e codardi. Questa mansione, benché sia la prima, è cosi eccellente e preziosa che se l'anima sa sottrarsi agli animali che l'ingombrano, non lascerà di andare innanzi. L'esperienza che ho di queste prime mansioni mi permette di descriverle, e so che terribili ed astute sono le insidie del demonio per impedire che le anime conoscano se stesse e la strada per cui camminano.



12 - Non si deve dunque pensare che gli appartamenti siano pochi: ve ne sono a milioni. Le anime vi entrano in molti modi, e tutte con buona intenzione. Ma siccome il demonio è maligno, deve aver appostato in ogni stanza legioni di suoi pari, per impedire che passino da una mansione all'altra, e cosi le poverette, che ne sono ignare, si trovano impigliate in mille lacci: cio non avviene tanto facilmente a quelle che sono più vicine all'appartamento reale. Queste, invece, essendo ancora fra le cose del mondo, ingolfate nei suoi piaceri e perdute dietro agli onori e alle ambizioni, si lasciano vincere facilmente, perché i loro vassalli, che sono i sensi e le potenze, si trovano destituiti di quella forza che in origine avevano da Dio ricevuta. Cio nonostante desiderano di non offendere il Signore, e fanno qualche opera buona. Coloro che si trovano in questo stato devono far di tutto per ricorrere spesso al Signore, e non avendo vassalli capaci di difenderli, prendere per intercessori la benedetta Madre di Dio e i suoi santi, perché combattano per loro. Del resto, non c'è stato in cui non si abbia bisogno dell'aiuto di Dio. Ed Egli si degni di accordarcelo per la sua infinita misericordia! Amen.



13 - Com'è miserabile questa vita!...Avendovi già parlato altrove e lungamente del danno di non ben conoscere cio che riguarda l'umiltà e il proprio conoscimento, non m'indugio di più, benché l'argomento sia molto importante. Piaccia a Dio che vi abbia detto qualche cosa di utile!



14 - Quanto alla luce che si diffonde dal palazzo reale, dovete avvertire che le prime mansioni ne ricevono assai poca.

Benché non siano nere e tenebrose come quando l'anima è in peccato, tuttavia sono alquanto in penombra, e non possono essere vedute neppure da coloro che le abitano, non per difetto dell'appartamento, ma per ragione delle molte cose nocive, serpenti, vipere e animali velenosi che, essendosi introdotti con l'anima, le impediscono di avvertire la luce.

Non so come spiegarmi, ma è come se uno entra in una stanza inondata di sole con gli occhi cosi impiastricciati di fango da non poterli quasi dischiudere. La sala è illuminata, ma egli non ne gode la chiarezza a causa di quel suo impedimento o, nel caso nostro, per le bestie e i serpenti che l'accecano in tal modo da non permettergli di vedere altro che loro. Cosi mi pare che debba essere dell'anima, la quale, benché non sia in cattivo stato, tuttavia è cosi immersa nelle cose del mondo, cosi ingolfata negli affari, nei traffici e negli onori, da sentirsi impedita di considerare se stessa e di godere come vorrebbe della sua propria bellezza, sembrandole, per di più, che da tanti impedimenti non sappia liberarsi. Eppure per entrare nelle seconde mansioni bisogna che si disbrighi da tutte le cure ed affari che non siano indispensabili, sia pure in conformità al suo stato. Cio è di tanta importanza che se non comincia subito a farlo, non solo non arriverà alla mansione principale, ma sarà pure impossibile che, senza grande pericolo, rimanga nella mansione che occupa, benché già nel castello: fra tante bestie velenose è impossibile che una volta o l'altra non ne venga morsicata.



15 - Noi infelici, figliuole, se dopo esserci affrancate da questi ostacoli, e avanzate di molto verso le mansioni più segrete, dovessimo uscirne per nostra colpa e gettarci ancora nella confusione! E per i nostri peccati se molte anime, dopo aver ricevuto tante grazie, le lasciano miseramente perire per loro colpa. Esteriormente noi siamo libere. Piaccia a Dio che lo siamo pure interiormente! Altrimenti, ci liberi Lui! Figliole mie, non immischiatevi mai negli affari altrui. Pensate che poche sono le mansioni del castello in cui non vi sia da combattere con il demonio. E vero che in alcune le potenze, che, come ho detto, ne sono le guardie, hanno forza sufficiente per resistere, ma dobbiamo star molto attente per scoprire le insidie del demonio ed evitare che ci inganni col trasformarsi in angelo di luce, perché ci puo danneggiare in moltissime maniere, insinuandosi a poco a poco, in modo da non lasciarci accorgere del male se non dopo avercelo fatto. 16 - Altre volte vi ho detto che il demonio è come una lima sorda che bisogna sorprendere fin dal principio, e per farvelo meglio conoscere voglio ora aggiungere qualche altra cosa. Ispira egli a una sorella desideri cosi violenti di penitenza, da farle credere di non aver riposo se non allora che si sta martoriando. Fin qui nulla di male. Ma ecco che la Priora le ordina di non fare penitenza senza suo permesso. Il demonio allora le fa credere che in cosa tanto buona puo prendersi qualche libertà! Ed ella si macera in segreto fino a rovinarsi la salute e a non poter più seguire la Regola. Ecco dove va a finire quel fervore!... Ispira a un'altra sentimenti di zelo per una più alta perfezione. Anche qui nulla di meglio. Ma ne puo venire che costei scorga gravi mancanze in ogni minimo difetto delle consorelle, e si ponga ad osservare se ne commettono per poi avvisarne la Priora. Puo intanto avvenire che per meglio zelare l'osservanza religiosa, non si accorga delle sue trasgressioni, per cui le altre, che non sanno nulla delle sue intenzioni, vedendo la cura che si prende per cio che non la riguarda, possono aversela a male.



17 - Cio che qui il demonio pretende non è certo da poco. Suo scopo è di raffreddare la carità e l'amore vicendevole, il che è assai grave. Persuadiamoci, figliuole mie, che la vera perfezione consiste nell'amore di Dio e del prossimo. Quanto più esattamente osserveremo questi due precetti; tanto più saremo perfette: le nostre Regole e Costituzioni non sono infine che il mezzo per meglio osservarli. Lasciamo da parte questi zeli indiscreti che ci possono essere assai dannosi, e ognuna attenda a se stessa. Siccome di questo argomento ho già parlato a lungo in altro luogo, non voglio oltre dilungarmi.



18 - E tanta l'importanza dell'amore vicendevole che non dovreste mai dimenticarvene. L'andare osservando certe piccolezze - che alle volte non sono neppure imperfezioni, ma che la nostra ignoranza ci fa vedere assai gravi - nuoce alla pace dell'anima e inquieta le sorelle. Sarebbe una perfezione che costa assai caro! Il demonio potrebbe far nascere questa tentazione anche in riguardo alla Priora, e sarebbe più pericolosa. Tuttavia bisogna agire con prudenza, perché se si tratta di cose contro la Regola e le Costituzioni, non si deve sempre passar sopra, ma avvisarla, e se non si corregge, darne conto al Superiore. E questa è carità. Altrettanto si dica delle sorelle in cose di qualche importanza. Lasciarle passare per paura che sia tentazione, sarebbe la stessa tentazione. Pero, dovete star bene in guardia a non lasciarvi ingannare dal demonio con parlare di queste cose le une con le altre. Il maligno ne potrebbe molto guadagnare, introducendo l'abitudine alla mormorazione. Se ne parli soltanto con chi puo mettervi rimedio. Qui, grazie a Dio, il pericolo non è tanto da temersi, per il silenzio quasi continuo che si osserva. E bene pero che si stia sempre sull'attenti!...


SECONDE MANSIONI



Capitolo unico


Per giungere alle ultime mansioni occorre perseveranza. - Guerra accanita da parte del demonio, e quanto convenga non sbagliare strada fin dal principio. - Mezzo che le fu molto utile.





2 - Parlo dunque di coloro che hanno già cominciato a far orazione e hanno inteso quanto importi non rimanere nelle prime mansioni, benché non sappiano ancora uscirne definitivamente. Cio dipende dal non fuggire le occasioni, cosa assai pericolosa. Tuttavia, non mancano alle volte, per grande misericordia di Dio, di sottrarsi ai serpenti e alle altre cose velenose, persuasi che cio sia bene. Sotto un certo aspetto, costoro soffrono di più che non quelli delle prime mansioni, ma siccome ne conoscono i pericoli, si espongono di meno, e cio fa sperare che andranno avanti. Dico che soffrono più dei primi, perché questi sono come quei muti che, per essere anche sordi, sopportano più facilmente la pena di non poter parlare. Benché sia più grande quella di sentire e non parlare, non è certo più desiderabile la condizione di chi non sente, essendo sempre una gran cosa sentire cio che si dice. Cosi delle persone di cui parlo. Essendosi avvicinate all'appartamento di Sua Maestà, ne sentono gli inviti e capiscono di aver in Lui un buon vicinante, grande in bontà e misericordia. Siamo ancora ingolfati negli affari, nei passatempi, nei piaceri e nelle distrazioni mondane; e siccome fra bestie tanto velenose, pericolose e insidiose, fa quasi meraviglia non inciampare e cadere, cadiamo ancora nei peccati e poi ci rialziamo. Eppure questo nostro Signore vede tanto volentieri che noi l'amiamo e ne cerchiamo la compagnia, che non lascia di quando in quando di chiamarci perché andiamo a Lui. Ed è cosi dolce la sua voce che la povera anima, vedendo di non saper far subito quello che le dice, si sente tutta distruggere! Ecco perché ho detto che è più penoso udire che non udire.



3 - Queste voci ed inviti si odono non già come quelli di cui parlero più avanti, ma nelle parole di certe buone persone, nelle prediche, nelle buone letture e in tutti quegli altri modi di cui Dio si serve per far sentire le sue chiamate: prove, malattie e certe verità che Egli fa conoscere nei momenti che si consacrano all'orazione, sia pure svogliatamente, ma da Lui molto stimati. Quanto a questa prima grazia, guardatevi bene dal non farne il conto che si merita, né desolatevi per non sapergli subito rispondere, perché Sua Maestà sa aspettare anche per molti giorni ed anni, specialmente quando vede perseveranza e buoni desideri. Questa disposizione è assolutamente necessaria, e con essa si guadagna molto. Qui la lotta dei demoni è molto varia e terribile, e l'anima ne ha una pena assai più grande che non nelle mansioni precedenti. In quelle era come una povera sordomuta, o, se non altro, sentiva poco e meno resisteva, a guisa di persona che avesse quasi perduta la speranza di vincere. Ma qui l'intelligenza è più viva, le potenze più abili, i colpi delle artiglierie nemiche più violenti, ed è impossibile non sentirli. I demoni mettono innanzi tutti i beni e i piaceri del mondo, che sono le serpi di cui parlo; li fanno apparire quasi eterni; mostrano la stima in cui sono tenuti; suggeriscono il ricordo dei parenti e degli amici; e siccome in questa mansione si desidera di far un po' di penitenza, la mostrano come contraria alla salute, e mille altre difficoltà.



4 - O Gesù!... Che scompiglio fan qui i demoni, e che afflizioni per l'anima! ... Non sa se andare avanti o tornare alle mansioni prime, perché mentre la ragione le fa presente la follia di mettere in confronto i beni della terra con quelli che spera, la fede le insegna quello che meglio le conviene, e la memoria le ricorda dove vanno a finire tutti i beni del mondo, rimettendole sotto gli occhi la morte di molte persone che ne godettero in abbondanza. Di alcune la morte avvenne improvvisamente, e furono da tutti dimenticate. Molti di quelli che ha veduti in prosperità, ora sono calpestati sotto terra: sul loro sepolcro è passata anch'essa varie volte, considerando la moltitudine dei vermi che andavano brulicando nel loro corpo... e molte altre cose che la memoria le mette innanzi. Intanto la volontà s'inclina ad amare il Signore per le innumerevoli attrattive di cui lo scopre fornito. E avendo ricevuto da Lui tante dimostrazioni di amore, desidera di ripagarlo almeno in qualche cosa. Soprattutto la colpisce il pensiero che questo vero Amante non solo non l'abbandona, ma le resta sempre vicino per darle l'essere e la vita. L'intelletto le fa capire che un amico migliore non si potrà mai trovare, neppure in molti anni di vita; che il mondo è pieno di falsità; che i piaceri del demonio apportano inquietudine, contraddizioni e travagli; che fuori del castello non vi è sicurezza né pace, e che non bisogna frequentare le case altrui, perché, volendolo, si puo godere in casa propria ogni abbondanza di beni. E chi è che preferisca imitare il figliuol prodigo, pascendosi con il cibo dei porci, quando in casa sua ha tutto quello che gli occorre, quando soprattutto ha un Ospite cosi grande che lo mette in possesso di ogni sorta di beni, solo che lo voglia? Buone ragioni sono queste per poter vincere il demonio.



5 - Eppure, Signore e Dio mio, l'abitudine di correr dietro alla vanità e l'esempio di un mondo che non sa far altro che questo, distruggono ogni cosa. La fede in noi è cosi debole che crediamo più facilmente a quanto ci cade sotto gli occhi, che non alle verità che essa ci insegna. E cosi la miseria di chi insegue queste cose sensibili, non è che troppo evidente: danno causato da quei rettili velenosi con i quali siamo in contatto. Se uno viene morsicato da una vipera, ne rimane avvelenato, e il corpo si gonfia. Cosi anche di noi, se non stiamo in guardia. Allora per guarire ci vorranno molte medicazioni. Anzi, sarà per una grande grazia di Dio se non si finirà col soccombere. Qui l'anima va soggetta a gravi pene, specialmente se il demonio, riconoscendo le sue attitudini e qualità, la vede capace di andar molto innanzi, perché allora raduna tutto l'inferno per costringerla ad uscire dal castello.



6 - Ah, Signor mio! Qui il vostro aiuto è assolutamente necessario: senza di voi non si puo proprio far nulla. Deh! non permettete mai, per la vostra misericordia, che quest'anima si lasci ingannare, abbandonando la strada incominciata! Datele luce sufficiente per riconoscere che ogni suo bene dipende dal perseverare e dal fuggire le compagnie cattive. Le sarà invece assai utile trattare con coloro che si occupano di tali cose, avvicinandosi non solo a quelli che si trovano nelle sue medesime mansioni, ma anche a coloro che vedrà molto innanzi. Questo le potrà molto giovare, essendo possibile che, trattando con loro, finisca con introdursi nelle loro stesse mansioni. Ma stia bene in guardia per non lasciarsi vincere dal demonio. Se il maligno la vedrà fermamente risoluta a perdere la vita, il riposo e tutto cio che le presenta piuttosto di ritornare alla prima stanza, lascerà presto di combatterla. Ma occorre che sia di animo virile, e non già di coloro che andando alla guerra, non mi ricordo bene con chi, si gettarono a bere bocconi. Si risolva coraggiosamente, immaginandosi di andare a combattere contro tutti i demoni, per vincere i quali non vi sono armi migliori della croce.



7 - Ecco un'osservazione che ho già fatto altre volte e che per la sua grande importanza ripeto anche qui. Per non intraprendere la fabbrica di questo grande e prezioso edificio in maniera troppo volgare, colui che comincia non deve neppur pensare alle consolazioni, perché se inizia il lavoro sulla sabbia, esso finirà col cadere, ed egli non potrà sottrarsi ai disgusti e alle tentazioni. Non è in queste mansioni che la manna viene dal cielo, ma più innanzi, là dove l'anima ha tutto quello che vuole, perché non vuole se non quello che Iddio vuole. Che pretese le nostre! Ci dibattiamo ancora fra mille inciampi e imperfezioni, con virtù novelline, ancora incapaci di muoversi perché nate da poco - e piaccia a Dio che siano almeno nate! - eppure osiamo lamentarci delle aridità e voler dolcezze nell'orazione! ... Guardatevene assolutamente, sorelle! Abbracciate la croce che il vostro Sposo porto sulle spalle, convincendovi di non dover fare che questo. Colei che per suo amore saprà patire di più, patisca, e sarà la più felice. Quanto al resto, ritenetelo per accessorio. E se il Signore ve lo darà, ringraziatelo senza fine.



8 - In fatto di sofferenze esterne, vi parrà d'essere pronte a sopportarle, purché Dio vi consoli interiormente. Ma il Signore sa meglio di noi quello che ci conviene, e non ha certo bisogno che lo consigliamo noi. Alle nostre richieste potrebbe rispondere, e a ragione: Non sapete quello che domandate! L'unica brama di chi vuol darsi all'orazione - non dimenticatelo mai, perché è importantissimo - dev'essere di fare di tutto per risolversi e meglio disporsi a conformare la sua volontà a quella di Dio. In questo, come appresso diro, sta la più grande perfezione che si possa bramare. Più questa conformità sarà perfetta, maggiori grazie si riceveranno da Dio, e maggiore sarà pure il progresso nel cammino. Non crediate che si tratti di qualche nuova astruseria o di cose mai conosciute ed intese: il nostro bene sta tutto qui. Se sbagliamo fin da principio, volendo che il Signore faccia la nostra volontà e ci conduca per dove vogliamo noi, che saldezza potrà avere l'edificio? Procuriamo invece, per quanto è da noi, di evitare qualsiasi contatto con le bestie velenose, perché spesso il Signore permetterà che le aridità e i pensieri cattivi ci perseguitino ed affliggano senza che sappiamo allontanarli. Altre volte poi permetterà che ne rimaniamo morsicati per insegnarci a star più attenti e vedere se ci dispiace di averlo offeso.



9 - Percio, se qualche volta cadete, non dovete cosi avvilirvi da lasciare d'andare innanzi. Da quella caduta il Signore saprà cavare del bene, come il venditore di triaca, che per far prova della sua efficacia beve prima il veleno. Quando non vi fosse altro mezzo per misurare la nostra miseria e vedere il danno che ci proviene dalle dissipazioni, vi sarebbe sempre la lotta che dobbiamo sostenere per tornare a raccoglierci. Dov’è male più grande che non poterci ritrovare in casa nostra? E se in casa nostra non ci sentiamo soddisfatti, forse che possiamo sperare di sentirci tali in casa altrui, quando pare che ci muovano guerra fin gli stessi amici e parenti più stretti, con i quali, di buona o mala voglia, dobbiamo pur vivere, come sono le nostre potenze, che con cio sembrano vendicarsi di quanto hanno dovuto subire da parte dei nostri vizi? Pace, pace, sorelle mie! Questa è la parola del Signore, da lui tante volte ripetuta ai suoi apostoli. Se non abbiamo e non procuriamo di trovar pace in casa nostra, tanto meno - credetemi - la troveremo in casa altrui. Per il sangue che Cristo sparse per noi, finisca ormai questa guerra! Lo chiedo a chi non ha ancora cominciato a rientrare in se stesso, mentre a chi ha cominciato, chiedo che la prospettiva della lotta non lo faccia tornare indietro. Pensi che la ricaduta sarebbe peggiore della caduta; ne intraveda la rovina, confidi, non in se stesso, ma nella misericordia di Dio; e il Signore lo condurrà da una mansione all'altra, sino a dove le bestie non solo non lo potranno più toccare né molestare, ma dove egli le terrà soggette e le burlerà, godendo, fin da questa vita, tale abbondanza di beni da superare qualsiasi desiderio.



10 - Come ho detto in principio, ho già parlato altrove del modo con cui dovete comportarvi nelle inquietudini suscitate dal demonio, e come per cominciare a raccogliersi e perseverare nel raccoglimento si deve agire non a forza di braccia, ma soavemente e con dolcezza. Qui non voglio aggiungere che questo: cioè, che secondo il mio parere, giova molto trattare di queste cose con persone sperimentate, acciocché non si creda di pregiudizio al raccoglimento anche il disbrigo delle occupazioni necessarie. Purché non abbandoniamo l'orazione, il Signore volge tutto in nostro bene, anche se nessuno ce ne dica il modo. Ma se commettiamo questo sbaglio, non c'è altro rimedio che tornare a riprenderla, sotto pena d'indebolirci sempre più. E piaccia a Dio che ce n'accorgiamo!



11 - Ma - potrebbe qualcuno pensare - se tornare indietro è tanto pericoloso, è meglio neppur cominciare, ma star fuori del castello. Vi ho già detto in principio - ed è parola di Dio che chi ama il pericolo in esso perisce, e che la porta del castello è l'orazione. Ora, pretendere di entrare nel cielo senza prima entrare in noi stessi per meglio conoscerci e considerare la nostra miseria, per vedere il molto che dobbiamo a Dio e il bisogno che abbiamo della sua misericordia, è una vera follia. Il Signore dice: Nessuno va al Padre se non per me. (Non so se dica proprio cosi; a me pare di si). E ancora: Chi vede me, vede il Padre mio. Ora, se noi non lo guardiamo mai, né mai consideriamo quello che gli dobbiamo, né la morte che ha subito per noi, non so come possiamo conoscerlo e servirlo. E senza queste opere di suo servizio, che valore avrà la nostra fede? E che valore avranno le nostre opere separate che siano dai meriti inestimabili di Gesù Cristo nostro Bene? E allora, chi ci indurrà ad amare il Signore? Piaccia a Sua Maestà di farci intendere quanto gli siamo costati, quanto non convenga che il servo sia da più del padrone, che per salire alla gloria occorre lavorare e che bisogna pregare per non andare sempre in tentazione.


Teresa A, Mansioni