Catechesi 79-2005 18381

Mercoledì, 18 marzo 1981: Dottrina paolina della purezza come “vita secondo lo spirito”

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Alcune migliaia di giovani provenienti da diverse diocesi italiane accolgono il Papa nella Basilica di S. Pietro per la prima parte dell’udienza generale:

Carissimi giovani,


1. Sono molto lieto di incontrarvi stamane nella Basilica Vaticana, in questa udienza riservata solo per voi, che con la vostra vivacità e la vostra gioia portate il dono della speranza e della fiducia.

Perciò con grande affetto tutti vi saluto: i ragazzi e le fanciulle delle scuole elementari e delle medie, i giovani e le giovani dei corsi superiori; rivolgo poi il mio saluto ai presidi e ai direttori, agli insegnanti, ai professori, ai genitori, agli accompagnatori.

Vi esprimo il mio cordiale ringraziamento per questa vostra visita, ispirata da sentimenti di fede, e desidero assicurarvi del mio affetto e del mio ricordo nella preghiera.

Siete venuti a Roma da tante parti d’Italia, e vorrei che questo pellegrinaggio si imprimesse nella vostra memoria, in modo da esservi di aiuto e di ispirazione per tutta la vostra vita specialmente nei momenti di difficoltà.

2. Il periodo della Quaresima, che stiamo trascorrendo per prepararci degnamente alla commemorazione della Pasqua, mi suggerisce due pensieri che vi lascio come ricordo e come programma.

Voi sapete che Gesù, prima di iniziare la vita pubblica, si ritiro in preghiera per quaranta giorni nel deserto. Ebbene, carissimi giovani, cercate di fare anche voi un po’ di silenzio nella vostra vita, per poter pensare, riflettere, pregare con maggior fervore e fare propositi con maggior decisione. È difficile oggi creare delle "zone di deserto e di silenzio", perché si è continuamente travolti dall’ingranaggio delle occupazioni, dal frastuono degli avvenimenti, dell’attrattiva dei mezzi di comunicazione, in modo che viene compromessa la pace interiore e vengono ostacolati i pensieri supremi che devono qualificare l’esistenza dell’uomo. È difficile, ma è possibile ed importante saperlo fare.

Santa Teresa di Gesù Bambino racconta nella sua autobiografia che da bambina ogni tanto si rendeva irreperibile, nascondendosi per pregare. "Che cosa pensi?" le chiedevano i familiari; ed essa, con innocente semplicità rispondeva: "Penso al buon Dio, alla vita, all’Eternità" (cf. cap. IV). Riservate anche voi un po’ di tempo, specialmente alla sera, per pregare, per meditare, per leggere una pagina del Vangelo o un episodio della biografia di qualche santo; createvi una zona di deserto e di silenzio, così necessario per la vita spirituale. E se vi e possibile, partecipate anche ai ritiri e ai corsi di esercizi spirituali, organizzati nelle vostre diocesi e parrocchie.

3. Insieme con la validità del raccoglimento, Gesù inculca anche la necessità dell’impegno per vincere il male. Dal racconto degli Evangelisti sappiamo che Gesù stesso volle sottostare alla tentazione. Egli lo fece per sottolinearne la realtà e per insegnare la strategia del combattimento e della vittoria. Anche voi, nella vostra fanciullezza e nella vostra giovinezza, avete le vostre tentazioni: essere cristiani significa accettare la realtà della vita ed ingaggiare la lotta necessaria contro il male, secondo il metodo insegnato dal Divin Maestro. Vi esorto ad essere ora e sempre coraggiosi, senza stupirvi delle difficoltà, confidando sempre in Colui che è vostro Amico e vostro Redentore, e vegliando e pregando, per mantenere salda la vostra fede, viva la vostra "grazia".

Vi protegga la Vergine Maria e vi accompagni la mia benedizione.
***


Catechesi del Santo Padre:


1. Nel nostro incontro di alcune settimane fa, abbiamo concentrato l’attenzione sul passo della prima Lettera ai Corinzi, in cui san Paolo chiama il corpo umano "tempio dello Spirito Santo". Egli scrive: "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo" (
1Co 6,19-20). "Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?" (1Co 6,15). L’Apostolo indica il mistero della "redenzione del corpo", compiuta da Cristo, come una sorgente di un particolare dovere morale, che impegna i cristiani alla purezza, a quella che lo stesso Paolo definisce altrove l’esigenza di "mantenere il proprio corpo con santità e rispetto" (1Th 4,4).

2. Tuttavia, non scopriremmo sino in fondo la ricchezza del pensiero contenuto nei testi paolini, se non notassimo che il mistero della redenzione fruttifica nell’uomo anche in modo carismatico. Lo Spirito Santo che, secondo le parole dell’Apostolo, entra nel corpo umano come nel proprio "tempio", vi abita ed opera insieme ai suoi doni spirituali. Fra questi doni, noti alla storia della spiritualità come i sette doni dello Spirito Santo (cf. Is 11,2), il più congeniale alla virtù della purezza sembra essere il dono della "pietà" (eusébeia; donum pietatis) (1). Se la purezza dispone l’uomo a "mantenere il proprio corpo con santità e rispetto", come leggiamo nella prima Lettera ai Tessalonicesi (1Th 4,3-5), la pietà, che è dono dello Spirito Santo, sembra servire in modo particolare la purezza, sensibilizzando il soggetto umano a quella dignità, che è propria del corpo umano in virtù del mistero della creazione e della redenzione. Grazie al dono della pietà, le parole di Paolo: "Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi... e che non appartenete a voi stessi" (1Co 6,19), acquistano l’eloquenza di un’esperienza e divengono viva e vissuta verità nelle azioni. Esse aprono pure l’accesso più pieno all’esperienza del significato sponsale del corpo e della libertà del dono collegata con esso, nella quale si svela il volto profondo della purezza e il suo organico legame con l’amore.

3. Sebbene il mantenimento del proprio corpo "con santità e rispetto" si formi mediante l’astensione dalla "impudicizia" – e tale via è indispensabile – tuttavia fruttifica sempre nell’esperienza più profonda di quell’amore, che è stato iscritto dal "principio", secondo l’immagine e somiglianza di Dio stesso, in tutto l’essere umano e quindi anche nel suo corpo. Perciò san Paolo termina la sua argomentazione della prima Lettera ai Corinzi nel capitolo 6 con una significativa esortazione: "Glorificate dunque Dio nel vostro corpo" (1Co 6,20). La purezza, quale virtù ossia capacità di "mantenere il proprio corpo con santità e rispetto", alleata con il dono della pietà, quale frutto della dimora dello Spirito Santo nel "tempio" del corpo, attua in esso una tale pienezza di dignità nei rapporti interpersonali, che Dio stesso vi è glorificato. La purezza è gloria del corpo umano davanti a Dio. È la gloria di Dio nel corpo umano attraverso il quale si manifestano la mascolinità e la femminilità. Dalla purezza scaturisce quella singolare bellezza, che permea ogni sfera della reciproca convivenza degli uomini e consente di esprimervi la semplicità e la profondità, la cordialità e l’autenticità irripetibile dell’affidamento personale (forse si darà più tardi un’altra occasione per trattare più ampiamente questo tema. Il legame della purezza con l’amore e anche il legame della stessa purezza nell’amore con quel dono dello Spirito Santo che è la pietà, costituisce una trama poco conosciuta della teologia del corpo, che tuttavia merita un approfondimento particolare. Ciò potrà essere realizzato nel corso delle analisi riguardanti la sacramentalità del matrimonio).

4. Ed ora un breve riferimento all’Antico Testamento. La dottrina paolina circa la purezza, intesa come "vita secondo lo Spirito", sembra indicare una certa continuità nei confronti dei Libri "sapienziali" dell’Antico Testamento.Vi riscontriamo, ad esempio, la seguente preghiera per ottenere la purezza nei pensieri, parole ed opere: "Signore, padre e Dio della mia vita... Sensualità e libidine non s’impadroniscano di me, a desideri vergognosi non mi abbandonare" (Si 23,4-6). La purezza è infatti condizione per trovare la sapienza e per seguirla, come leggiamo nello stesso Libro: "A lei (cioè alla sapienza) rivolsi il mio desiderio, e la trovai nella purezza" (Si 51,20). Inoltre, si potrebbe anche in qualche modo prendere in considerazione il testo del Libro della Sapienza (Sg 8,21) conosciuto dalla liturgia nella versione della volgata: "Scrivi quoniam aliter non possum esse continens, nisi Deus det; et hoc ipsum erat sapientiae, scire, cuius esset hoc donum" (Questa versione della volgata, conservata dalla Neo-Volgata e dalla liturgia, citata parecchie volte da Agostino [De sacra virginitate, par. 43; Confessiones, VI, 11; X, 29; Sermo CLX, 7], cambia tuttavia il senso dell’originale greco, che si traduce così: "Sapendo che non l’avrei altrimenti ottenuta [= la Sapienza], se Dio non me l’avesse concessa...".

Secondo un tale concetto, non tanto la purezza è condizione della sapienza quanto la sapienza sarebbe condizione della purezza, come di un dono particolare di Dio.Sembra che già nei sopracitati testi sapienziali si delinei il duplice significato della purezza: come virtù e come dono. La virtù è a servizio della sapienza, e la sapienza predispone ad accogliere il dono che proviene da Dio. Questo dono fortifica la virtù e consente di godere, nella sapienza, i frutti di una condotta e di una vita che siano pure.

5. Come Cristo nella sua beatitudine del Discorso della montagna, la quale si riferisce ai "puri di cuore", pone in risalto la "visione di Dio", frutto della purezza e in prospettiva escatologica, così Paolo a sua volta mette in luce la sua irradiazione nelle dimensioni della temporalità, quando scrive: "Tutto è puro per i puri; ma per i contaminati e gli infedeli nulla è puro; sono contaminate la loro mente e la loro coscienza. Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti..." (Tt 1,15). Queste parole possono riferirsi anche alla purezza in senso tanto generale quanto specifico, come alla nota caratteristica di ogni bene morale. Per la concezione paolina della purezza, nel senso di cui parlano la prima Lettera ai Tessalonicesi (1Th 4,3-5) e la prima Lettera ai Corinzi (1Co 6,13-20), cioè nel senso della "vita secondo lo Spirito", sembra essere fondamentale – come risulta dall’insieme di queste nostre considerazioni – l’antropologia della rinascita nello Spirito Santo (cfr Jn 3,5). Essa cresce dalle radici messe nella realtà della redenzione del corpo, operata da Cristo: redenzione, la cui espressione ultima è la risurrezione. Vi sono profonde ragioni per collegare l’intera tematica della purezza alle parole del Vangelo nelle quali Cristo si richiama alla risurrezione (e ciò costituirà il tema della ulteriore tappa delle nostre considerazioni). Qui l’abbiamo soprattutto posta in rapporto con l’ethos della redenzione del corpo.

6. Il modo di intendere e di presentare la purezza – ereditata dalla tradizione dell’Antico Testamento e caratteristico dei Libri "sapienziali" – era certamente una indiretta, ma nondimeno reale preparazione alla dottrina paolina circa la purezza intesa come "vita secondo lo Spirito". Senza dubbio quel modo facilitava pure a molti ascoltatori del Discorso della montagna la comprensione delle parole di Cristo, quando egli, spiegando il comandamento "Non commettere adulterio", si richiamava al "cuore" umano. L’insieme delle nostre riflessioni ha potuto in questo modo dimostrare, almeno in una certa misura, con quale ricchezza e con quale profondità si distingue la dottrina sulla purezza nelle sue stesse fonti bibliche ed evangeliche.

Saluti:

Ad un pellegrinaggio proveniente dalla Repubblica Federale di Germania

Ad un gruppo di diaconi del Seminario di Venegono


Con particolare soddisfazione accolgo e saluto i trenta Diaconi del Seminario di Venegono, guidati dal loro Arcivescovo, Monsignor Caro Maria Martini, ed esprimo il mio affettuoso benvenuto ai dieci sacerdoti della Diocesi di Piacenza e agli otto Religiosi della Congregazione dei Chierici Regolari di S. Paolo, i quali celebrano rispettivamente il 40° ed il 25° del loro sacerdozio. A voi, carissimi giovani che attendete il mese di giugno fissato per la vostra Ordinazione, rivolgo la mia paterna esortazione: pregustate l’ineffabile gaudio della vostra vocazione di essere luce del mondo, lievito di vita, annunciatori della Parola di Dio, amministratori di grazia e di perdono.

Ed a voi, carissimi fratelli sacerdoti, che siete venuti a Roma per una sosta salutare di preghiera e di comunione, rivolgo l’invito a perseverare con fiducia nella vostra fervorosa testimonianza. Siete infatti diventati partecipi di Cristo e del suo ministero di salvezza " a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che avete avuto da principio ".Invoco sui vostri tre gruppi una rinnovata effusione di doni celesti e di cuore vi benedico.

Al pellegrinaggio degli "Esercenti Macellerie di Bologna"

Un saluto particolare va ora al folto gruppo degli " Esercenti Macellerie di Bologna ", i quali hanno voluto prendere parte a questa Udienza per dare espressione ala loro fede cristiana e al loro attaccamento verso il Papa.

So che avete come celeste Patrona della vostra fiorente Associazione la Madonna del Borgo S. Pietro, e che vi rinite in quel Santuario non solo per le celebrazioni liturgiche, ma anche per organizzare le vostre opere di beneficenza. Vi esprimo il mio vivo compiacimento per tutto questo e prego il Signore perché, mediante l’intercessione della Vergine del Borgo, vi assista sempre nella vostra attività e vi accordi abbondanti ricompense celesti per quanto fate in favore dei fratelli più bisognosi.

Ai partecipanti al Congresso Nazionale del Patronato per l’Assistenza Spirituale alle Forze Armate

Sono presenti in quest’Aula anche le partecipanti al Congresso Nazionale del Patronato per l’Assistenza Spirituale alle Forze Armate, guidate dalla Presidente Signora Livia Andresti. Carissime sorelle, mi compiaccio con voi per l’importante attività che svolgete in un settore così delicato, come è quello dell’assistenza ed accoglienza dei militari nelle comunità ecclesiali locali. Sappiate trarre stimolo dal vostro incontro qui a Roma centro della Cristianità, per rinsaldare la vostra fede e rendere sempre più operante la vostra carità. In questo modo darete una testimonianza veramente evangelica alle persone tra le quali svolgete la vostra opera meritoria. Con la mia Benedizione Apostolica.

A numerosi pellegrinaggi di parrocchie italiane

Ancora altri due gruppi spiccano davanti al mio sguardo. Essi sono formati dai fedeli della Parrocchia di Santa Maria della Pietà in Prato e da quelli delle Parrocchie di Ronciglio, in Diocesi di Sutri.

Vi dirò soltanto una parola ed è questa: amate le vostre Parrocchie! In esse voi troverete solidarietà, simpatia e unità nella stessa preghiera; in esse vi sentirete più fratelli e troverete la forza per fare della famiglia un nido d’amore, di fedeltà e di pietà; per rendere la vostra comunità il vero popolo di Dio. Vivete così la vostra vita parrocchiale e il Signore non mancherà di benedire voi e ogni vostro sforzo.

Agli ammalati

Quali parole rivolgo ora a voi, cari ammalati? Anzitutto abbiate il mio saluto cordialissimo: siate qui i benvenuti; se Gesù ci fa sapere il Vangelo, il suo Vicario, il Papa, non può non essere tanto vicino a voi ed alle vostre tribolazioni.

Vorrei, poi, aggiungere: siamo nel sacro periodo della Quaresima, che si svolge tutta, per tutti, sotto l’insegna predominante della croce del Signore. Il Signor, la sua croce, l’ha voluta; poteva tenerla lontano da sé, ma l’ha voluta, e l’ha voluta per amore, per nostre amore, per darci i doni della grazia e della salvezza, del coraggio e della serenità. Carissimi, nelle vostre ore tristi, guardando Gesù, sappiate, con amore, unire la vostra croce alla sua! Ne avrà grande consolazione la vostra anima, accumulerà incalcolabili meriti la vostra vita; e anche voi, pur nel nascondimento, potrete essere, con la vostra fede ed il vostro amore, missionari, apostoli, sacerdoti. Abbiatele, queste generose intenzioni, che molto piacciono al nostro divin Redentore. Col mio paterno affetto giunga a voi la mia Benedizione.

Alle coppie di sposi novelli

E ora una parola affettuosa per gli sposi novelli, che vedo in quest’Aula pieni di gioia. A voi non solo un cordiale saluto, ma anche l’augurio di una vita serena, piena di reciproca e generosa comprensione, forte di un amore immutabile, allietata dal dono dei figli. Su voi, sulla vostra nuova famiglia il Papa invoca abbondante la grazia del Signore; ed implora in modo speciale l’aiuto della Sacra Famiglia, della quale domani ricordiamo il primo responsabile, San Giuseppe, e ne celebriamo la festa. Che famiglia esemplare, quella, nelle sue virtù! e come unita al Signore e nel Signore! Dobbiamo tutti contemplare, imparare, imitare, supplicare Giuseppe, Maria e Gesù; ma soprattutto su voi, carissimi sposi, scenda la luce ed il favore della Santa Famiglia. A voi tutti imparto la mia speciale Benedizione, assicurandovi la mia preghiera.

(1) L’eusébeia o pietas nel periodo ellenistico-romano si riferiva generalmente alla venerazione degli Dei (come "devozione"), ma conserva ancora il senso primitivo più largo del rispetto verso le strutture vitali. L’eusébeia definiva il comportamento reciproco dei consanguinei, i rapporti tra i coniugi, e anche l’atteggiamento dovuto dalle legioni verso Cesare o degli schiavi verso i padroni. Nel Nuovo Testamento, soltanto gli scritti più tardivi applicano l’eusébeia ai cristiani; negli scritti più antichi tale termine caratterizza i "buoni pagani" (Ac 10,2 Ac 10,7 Ac 17,23). E così l’eusébeia ellenica, come pure il "donum pietatis", pur riferendosi indubbiamente alla venerazione divina, hanno una larga base nella connotazione dei rapporti interumani (cfr W. Forester, art Eusébeia, in Theological Dichionary of the New Testament, ed. G. Kittel-G. Bromiley, vol. VII, Grand Rapids 1971, Eedermans, PP 177-182).



Mercoledì, 25 marzo 1981: L’Annunciazione del Signore mistero fondamentale dell’Incarnazione

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Alcune migliaia di giovani provenienti da diverse diocesi italiane accolgono il Papa nella Basilica di S. Pietro per la prima parte dell’udienza generale:

Carissimi studenti e studentesse delle varie scuole di Roma e d’Italia!

1. Porgo a tutti il mio affettuoso benvenuto, ed insieme con voi saluto le autorità scolastiche e gli insegnanti che vi hanno accompagnato in questo incontro.

Una menzione speciale desidero riservare al gruppo più numeroso, quello dell’Istituto del Sacro Cuore di Firenze, diretto dalle Suore della Delegazione speciale della Società del Sacro Cuore: alle religiose, al corpo docente, agli alunni ed alle alunne, ed alle rispettive famiglie vadano il mio cordiale saluto e l’espressione del mio apprezzamento per il serio impegno formativo, sia culturale sia cristiano, che distingue tale centro scolastico.


2. Il nostro incontro assume particolare significato per la solennità liturgica in cui avviene. Oggi la Chiesa celebra l’Annunciazione del Signore fatta a Maria santissima dall’Arcangelo Gabriele. Si tratta della realizzazione di quell’ineffabile mistero d’amore, che è lo scambio tra la divinità di Dio e la nostra umanità. Per misericordioso decreto di Dio, l’umanità, prevaricatrice col peccato originale, non fu abbandonata a se stessa: un salvatore, membro del genere umano, quindi "nato da donna" (
Ga 4,4), nella "progenie di Davide" (Rm 1,3) doveva riportare la vittoria nello scontro con Satana (Gn 3,15). E ciò è avvenuto per mezzo della Vergine santissima, alla quale l’Arcangelo del Signore dopo averla salutata piena di grazia, oggetto del divino favore, rivolge l’invito all’esultanza, perché il Figlio che nascerà da lei, per virtù dello Spirito Santo, sarà chiamato Figlio di Dio: a Lei, pertanto, e per mezzo di Lei all’umanità, il Verbo ha domandato una natura umana, e Maria, nella sua piena disponibilità al divino volere, gliel’ha offerta: "Ecco l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola" (Lc 1,38).

3. Carissimi giovani! Da una meditazione attenta e serena della risposta di Maria, deriva un invito ad una fede profonda e ad una grande generosità. La società di oggi è talora soffocata dai condizionamenti di una visione agnostica e materialistica e dalla tentazione di una autonomia umana, chiusa alla trascendenza. È necessario che voi rechiate una larga visione di fede, che affermiate un’apertura verso orizzonti amplissimi: quelli dell’Assoluto, per poter cogliere il senso definitivo dell’esistenza umana e comunicarlo ai vostri coetanei. È solo da questa fede dell’Amore che salva, che le giovani generazioni potranno ritrovare la forza per un’affermazione costruttiva della dignità dell’uomo, in sintonia con la sua vocazione di figlio di Dio. Solo da questa sempre rinnovata ricerca del Signore, deriva per voi la forza di una generosa dedizione. A voi è affidata la costruzione di una nuova "civitas", entro le cui mura siano cancellate le discriminazioni, le ingiustizie, gli squilibri e le lotte. Per questo è necessaria una azione preservante e generosa, suggerita ed alimentata dall’amore, che trova appunto la sua sorgente in quella grazia divina meritoria del "sì" di Maria. Coraggio, carissimi giovani, gli orizzonti sono vastissimi, le proposte molteplici. Occorre operare con creatività illuminata ed invincibile perseveranza. Non sottraetevi a nessun impegno, a nessuna fatica richiesta dalla consapevolezza di dover collaborare alla costruzione di un mondo più giusto, più sano. Vi sostenga la mia benedizione apostolica, che imparto a voi ed ai vostri familiari e docenti.
***


1. Eccomi, io vengo, o Dio, per compiere la tua volontà (cfr Ps 40,8 He 10,7).

Eccomi, sono la serva del Signore (Lc 1,38).

Sono le parole del Verbo che entra nel mondo, e quelle di Maria che ne accoglie l’annuncio. Con queste parole vi saluto, carissimi fratelli e sorelle, in questo giorno solennissimo dedicato dalla liturgia all’Annunciazione del Signore. Il cuore cristiano batte di emozione e di amore al pensiero dell’istante ineffabile, nel quale il Verbo è diventato uno di noi: "et Verbum caro factum est". Fin dai primi secoli il cuore della Chiesa si è rivolto con tutta la sua devozione al fatto che ricordiamo oggi; ricordo le più antiche formule del Credo, risalenti almeno al II secolo, solennemente confermate dai Concili di Nicea, del 325, e di Costantinopoli, del 381; ricordo l’affresco delle Catacombe di Priscilla, del II secolo, prima commovente testimonianza di quel tributo, che l’arte cristiana ha dedicato senza sosta all’Annunciazione del Signore con le pagine più smaglianti della sua storia; ricordo la grande basilica, costruita nel IV secolo a Nazaret per iniziativa dell’imperatrice Sant’Elena. Anche la solennità odierna è molto antica, e sebbene le sue origini non siano determinate con certezza cronologica dagli studiosi, essa, già alla fine del VII secolo (pur con inizi certamente anteriori), era stata definitivamente fissata al 25 marzo, perché anticamente si credeva che in quel giorno fosse avvenuta la creazione del mondo e la morte del Redentore: talché la data della festa dell’Annunciazione contribuì a far fissare quella del Natale (cf. F. Cabrol, Fête de l’Annonciation, in DACL, I, 2, Paris 1924, Col 2247). La solennità odierna ha perciò un grande significato sia mariano che cristologico.

2. Maria dà il suo assenso, all’Angelo annunziante. La pagina di Luca, pur nella sua scarna concisione, è ricchissima di contenuti biblici anticotestamentari, e dell’inaudita novità della rivelazione cristiana: ne è protagonista una donna, la Donna per eccellenza (cfr Jn 2,4 Jn 19,26), scelta da tutta l’eternità per essere la prima indispensabile collaboratrice del piano divino di salvezza. È la ‘almah profetizzata da Isaia (cfr Is 7,14), la fanciulla di stirpe regale che risponde al nome di Miriam, di Maria di Nazaret, umilissima e nascosta borgata di Galilea (cfr Jn 1,46); l’autentica novitas cristiana, che ha posto la donna in un’altissima incomparabile dignità, inconcepibile alla mentalità ebraica del tempo come nella civiltà greco-romana, comincia da questo annuncio rivolto a Maria da Gabriele, nel nome stesso di Dio. Essa è salutata con parole tanto alte, che la intimoriscono: "Kaire, Ave, rallegrati"! La gioia messianica risuona per la prima volta sulla terra. "Kekaritoméne, gratia plena, piena di grazia"! L’Immacolata è qui, scolpita nella sua pienezza misteriosa di elezione divina, di predestinazione eterna, di chiarità luminosa. "Dominus tecum, il Signore e con te"! Dio è con Maria, membro eletto dell’umana famiglia per essere la madre dell’Emmanuele, di Colui che è "Dio-con-noi": Dio sarà d’ora in avanti, sempre, senza pentimenti e senza ritrattazioni, insieme con l’umanità, fatto uno con essa per salvarla e donarle il Figlio suo, il Redentore: e Maria è la garanzia vivente, concreta di questa presenza salvifica di Dio.

3. Dal colloquio tra la creatura eletta e l’Angelo di Dio continuano a fluire per noi altre Verità fondamentali: "Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre... Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato figlio di Dio" (Lc 1,31 Lc 1,35). Viene Colui che dalla linea di Adamo entra nelle genealogie di Abramo e di Davide (cfr Mt 1,1-17 Lc 3,23-38): Egli è nella linea delle promesse divine, ma viene nel mondo senza aver bisogno della traiettoria della paternità umana, anzi la oltrepassa nella linea della fede immacolata. Tutta la Trinità è impegnata in quest’opera, come l’Angelo annuncia: Gesù, il Salvatore, è il "Figlio dell’Altissimo", è il "Figlio di Dio"; è presente il Padre a stendere la sua ombra su Maria, è presente lo Spirito Santo a scendere su di Lei per fecondarne il grembo intatto con la sua potenza. Come ha finemente commentato Sant’Ambrogio, nella sua esposizione a questo passo del Vangelo di Luca, si è udita in quel giorno per la prima volta la rivelazione dello Spirito Santo, ed è subito creduta: "et auditur et creditur" (Sant’Ambrogio, Exp. Ev. sec. Lucam, II, 15; ed. M. Adriaen, CCL, XIV, Turnholti 1957, p. 38).

L’Angelo chiede l’assenso di Maria per l’ingresso del Verbo nel mondo. L’attesa dei secoli passati è concentrata su questo punto; ne dipende la salvezza dell’uomo. San Bernardo, nel commentare l’Annunciazione, esprime stupendamente questo momento unico, quando dice, rivolgendosi alla Madonna: "Tutto il mondo aspetta, prostrato ai tuoi piedi; né senza ragione, perché dalla tua bocca dipende la consolazione degli afflitti, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza, infine, di tutti i figli di Adamo, l’intera tua stirpe. Affrettati, Vergine, a rispondere" (San Bernardo, In laudibus Virginis Matris, Homilia IV, 8; in "Sermones", 1, edd. J. Leclercq et H. Rochais, S. Bernardi Opera Omnia, IV, Romae 1966, PP 53-54).

E l’assenso di Maria è un assenso di fede. Si trova sulla linea della fede. Giustamente, pertanto, il Concilio Vaticano II, nel riflettere su Maria come prototipo e modello della Chiesa, ne ha proposto l’esempio di fede attiva proprio nel momento del suo Fiat: "Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma... coopero alla salvezza dell’uomo con libera fede e obbedienza" (Lumen Gentium LG 56).

A battere le stesse orme della fede operosa di Maria ci invita perciò l’odierna solennità: una fede generosa, che si apre alla Parola di Dio, che accoglie la volontà di Dio, qualunque essa sia e comunque si manifesti; una fede forte, che supera tutte le difficoltà, le incomprensioni, le crisi; una fede operosa, alimentata come viva fiamma di amore, che vuol collaborare fortemente col disegno di Dio su di noi. "Eccomi, sono la serva del Signore": ciascuno di noi, come invita il Concilio, dev’essere pronto a rispondere così, come Lei, nella fede e nell’obbedienza, per cooperare, ciascuno nella propria sfera di responsabilità, alla edificazione del Regno di Dio.


4. La risposta di Maria è stata l’eco perfetta della risposta del Verbo al Padre. L’Eccomi di Lei è possibile, in quanto l’ha preceduto e sostenuto l’Eccomi del Figlio di Dio, il quale, nel momento del consenso di Maria, diventa il Figlio dell’Uomo. Oggi celebriamo il mistero fondamentale dell’Incarnazione del Verbo. La lettera agli Ebrei ci fa come penetrare negli abissi insondabili di questo abbassamento del Verbo, di questo suo umiliarsi per amore degli uomini fino alla morte di croce: "Entrando nel mondo, Cristo dice: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per compiere, o Dio, la tua volontà"" (He 10,5).

Un corpo mi hai preparato: l’odierna celebrazione ci rapporta senz’altro alla data del Natale, tra nove mesi; ma essa, con pensiero misticamente profondo che, come ho detto, fu ben afferrato dai nostri fratelli e sorelle della Chiesa dei primi secoli, ci rapporta soprattutto alla prossima Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. Il fatto che l’Annunciazione del Signore cada entro e verso il periodo quaresimale, ci fa comprendere il significato redentivo di essa: l’Incarnazione è strettamente collegata con la Redenzione, che Gesù ha operato versando il suo sangue per noi sulla Croce.

Eccomi, io vengo, o Dio, per compiere la tua volontà. Perché questa obbedienza, perché questo abbassamento, perché questa sofferenza? Ci risponde il Credo: "Propter nos homines et propter nostram salutem: per noi uomini e per la nostra salvezza". Gesù è disceso dal cielo per farvi risalire lassù a pieno diritto l’uomo, e, rendendolo figlio nel Figlio, per restituirlo alla dignità perduta col peccato. È venuto per portare a compimento il piano originario dell’Alleanza. L’Incarnazione conferisce per sempre all’uomo la sua straordinaria, unica, ineffabile dignità. E di qui prende origine la via che percorre la Chiesa. Come ho scritto nella mia prima enciclica: "Cristo Signore ha indicato questa via soprattutto quando – come insegna il Concilio – "con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo" (Gaudium et Spes GS 22). La Chiesa ravvisa, dunque, il suo compito fondamentale nel far sì che una tale unione possa continuamente attuarsi e rinnovarsi. La Chiesa desidera servire quest’unico fine: che ogni uomo possa ritrovare Cristo, perché Cristo possa, con ciascuno, percorrere la strada della vita, con la potenza di quella Verità sull’uomo e sul mondo, contenuta nel mistero dell’Incarnazione e della Redenzione" (Redemptor Hominis RH 13).

5. La Chiesa non dimentica – e come potrebbe? – che il Verbo, in questo evento che oggi ricordiamo, si offre al Padre per la salvezza dell’uomo, per la dignità dell’uomo. In quell’atto di offerta di se stesso è contenuto già tutto il valore salvifico della sua missione messianica; tutto è già racchiuso "in nuce" qui, in questo misterioso ingresso del "Sole di giustizia" (cfc Mt 4,2) nelle tenebre di questo mondo, che non l’hanno accolto (cfr Jn 1,5). Eppure, ci attesta l’evangelista Giovanni, "a quanti però l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali... da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità" (Jn 1,12).

Sì, fratelli e sorelle carissimi, abbiamo veduto la sua gloria. La liturgia oggi ce l’ha dipinta davanti agli occhi nella sua misteriosa e ineffabile grandezza, che ci sopraffà con la sua magnificenza e ci sostiene con la sua umiltà: "il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi".

Accogliamolo.

Diciamogli anche noi: Eccomi, io vengo a compiere la tua volontà. Siamo disponibili all’azione del Verbo, che vuole salvare il mondo anche mediante la collaborazione di quanti abbiano creduto in Lui. Accogliamo Lui. E, con Lui, accogliamo ogni uomo. Le tenebre sembrano ancor sempre voler prevalere: la ricchezza iniqua, l’egoismo indifferente alle sofferenze degli altri, la reciproca diffidenza, le inimicizie tra i popoli, l’edonismo che ottenebra la ragione e perverte la dignità umana, tutti i peccati che offendono Dio e vanno contro l’amore del prossimo. Dobbiamo dare, pur in mezzo a tante contro-testimonianze, la testimonianza della fedeltà, dobbiamo essere, pur fra tanti non-valori, il valore del bene che vince il male con la sua forza intrinseca. La Croce di Cristo ce ne dà la forza, l’obbedienza di Maria ce ne da l’esempio. Non tiriamoci indietro. Non vergogniamoci della nostra fede. Siamo astri che splendono nel mondo, luce che attrae, calore che persuade.

Con la mia benedizione apostolica.
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Preghiera per la Polonia


Voglio rivolgere oggi ai miei connazionali qui presenti, proporzionalmente pochi, e anche ai milioni non presenti, qui, che vivono soprattutto in Polonia, i miei pensieri e il mio cuore pieno di amore, pieno di speranza e pieno di preoccupazione. Con molta attenzione ho letto le parole scritte dal Primate nel suo comunicato di domenica rivolto alla Chiesa e a tutta la società e mi unisco in questo spirito di preoccupazione e di speranza con tutti i miei connazionali, con tutta la mia Patria. Che ancora una volta vinca il senso di responsabilità per il bene comune, per questo grande bene comune, che porta il nome di Polonia. Così, come ho detto durante la mia visita, il mio pellegrinaggio in Patria, quasi due anni or sono.


Benedico con il cuore tutti i presenti, e tutti coloro che vivono in Polonia, e anche tutti i nostri fratelli che si trovano all’estero, e che si uniscono con noi durante questi incontri del mercoledì.

Saluti:

Ad un gruppo di pellegrini provenienti da Londra


Ad un gruppo di religiose francescane della diocesi di Münster

Ad un pellegrinaggio spagnolo


Ai partecipanti all’"International Training Course on Orbital and Palpebral Plastic Surgery"


Saluto i partecipanti all’"International Training Course on Orbital and Palpebral Plastic Surgery", che si tiene qui a Roma, e con la mia benedizione, auguro loro un sempre maggiore approfondimento dei loro problemi professionali in vista di un servizio ognor più efficace alle necessità dell’uomo.

A novelli sacerdoti della Compagnia di Maria

Rivolgo un particolare saluto ai sei Novelli Presbiteri, religiosi della Compagnia di Maria o Monfortani, ed al gruppo dei loro parenti ed amici. La vostra nuova vita di servizio al Signore ed alla sua Chiesa esige certamente molto da voi. Ma la vostra gioia e la vostra forza dovrà pervenire dalla vostra totale donazione a Gesù Cristo, oltre che dalla materna protezione di Maria santissima. E vi accompagni anche la mia cordiale benedizione.

A quaranta gruppi parrocchiali europei

Desidero anche salutare i rappresentanti dei gruppi parrocchiali europei qui presenti, animati dalla spiritualità del Movimento dei Focolari. So che studiate in questi giorni il tema: "II sì dell’uomo a Dio". Ebbene, il mio augurio è che voi possiate sempre dire "sì" al Signore, come lo disse Maria al momento della Annunciazione, e diventare così nelle sue mani strumenti fecondi di salvezza per i fratelli. Con questi voti vi benedico di cuore.

Agli ammalati

Saluto ora gli ammalati presenti a questa udienza, unitamente al gruppo di persone anziane ed inferme, ospitate ed assistite dalle benemerite "Piccole Sorelle dei Poveri" nella loro Casa di Piazza San Pietro in Vincoli, in Roma. Carissimi, in questo tempo di Quaresima, in cui i cristiani ricordano, anche mediante il pio esercizio della Via Crucis, il Salvatore del mondo, che a causa dei nostri peccati ha sudato sangue, è stato flagellato e coronato di spine, anche voi nel vostro itinerario di dolore, accompagnate Cristo nel suo cammino verso la Croce. Così non sarete più soli, non verserete lacrime invano, perché, uniti a Lui, il vostro patire è redento, anzi diventa sorgente di redenzione per voi e per tutti gli uomini. Se saprete abbracciare così i vostri disagi e le vostre tribolazioni, meriterete di essere chiamati ad essere realmente collaboratori del Cristo nell’opera di santificazione delle anime. Vi sia di conforto in questo vostro impegno cristiano la mia speciale benedizione.

Ai novelli sposi

Sono lieto di salutare, infine, e di esprimere auguri e felicitazioni ai novelli sposi, che hanno da poco contratto il sacramento del Matrimonio. Cari sposi, vi dirò con le parole di un antico scrittore ecclesiastico: "Chi mai sarà all’altezza di descrivere la felicità di un matrimonio che la Chiesa consacra, l’Eucaristia conferma, la benedizione sigilla, gli angeli acclamano e il Padre approva?... Gli sposi infatti insieme pregano, insieme si mortificano, insieme digiunano; si istruiscono a vicenda, a vicenda si esortano e si sostengono. Insieme nella Chiesa di Dio, insieme alla mensa del Signore, insieme nelle difficoltà e nelle persecuzioni ed insieme anche nel sollievo" (Tertulliano, Ad Uxorem, lib. II, cap. IX: PL 1302-1303). Vivete con questo spirito e con questo entusiasmo la vostra unione e il Signore non vi farà mancare la sua continua protezione. A conferma di lieti voti, vi imparto la propiziatrice benedizione apostolica.

Ricordo dell’Arcivescovo di San Salvador Oscar Romero

Rivolgo, poi, uno speciale pensiero alla cara nazione del Salvador, tuttora provata da così gravi tensioni e da violenze, che accrescono di giorno in giorno la già troppo numerosa schiera di vittime innocenti. È trascorso un anno dalla tragica morte dell’Arcivescovo Monsignor Romero, lo zelante pastore, ucciso il 24 marzo 1980 mentre celebrava la Santa Messa. Egli coronava col sangue il suo ministero, particolarmente sollecito dei più poveri e dei più emarginati. Era una suprema testimonianza, rimasta simbolo del tormento di un popolo; ma anche motivo di speranza per un avvenire migliore.


Vi invito a pregare per l’anima di questo servitore della Chiesa e ad invocare che il suo sacrificio non resti vano, ma operi nell’intera comunità del Salvador quale potente richiamo alla riconciliazione, suscitando in tutti un vigoroso impegno per la concordia e per la pace, da cui soltanto si può sviluppare una vera rinascita del Paese.






Catechesi 79-2005 18381