Catechesi 79-2005 15481

Mercoledì, 15 aprile 1981: Il corpo umano “tema” dell’opera d’arte

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L’udienza odierna cade nel corso della Settimana Santa, la settimana "grande" dell’anno liturgico, perché ci fa rivivere da vicino il mistero pasquale, in cui "la rivelazione dell’amore misericordioso di Dio raggiunge il suo culmine" (cf. Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia
DM 8).

Mentre invito ciascuno a partecipare con fervore alle celebrazioni liturgiche di questi giorni, formo l’auspicio che tutti riconoscano con esultanza e gratitudine il dono irripetibile di essere stati salvati dalla passione e dalla morte di Cristo. Tutta la storia dell’umanità è illuminata e guidata da questo evento incomparabile: Dio, infinita bontà, l’ha effusa con indicibile amore per mezzo del supremo sacrificio di Cristo. Mentre, pertanto, ci prepariamo ad elevare a Cristo, vincitore della morte, il nostro inno di gloria, dobbiamo eliminare dalle nostre anime tutto ciò che possa contrastare con l’incontro con Lui. Per vederlo attraverso la fede è necessario, infatti, essere purificati dal sacramento del perdono e sostenuti dall’impegno perseverante di un profondo rinnovamento dello spirito e di quella interiore conversione che è avvio in se stessi della "nuova creazione" (2Co 5,17), di cui il Cristo risorto è la primizia e il pegno sicuro.

Allora la Pasqua rappresenterà per ciascuno di noi un incontro con Cristo.

È quanto auguro di cuore a tutti.

1. Nelle nostre precedenti riflessioni – sia nell’ambito delle parole di Cristo, in cui Egli fa riferimento al "principio", sia nell’ambito del Discorso della Montagna, cioè quando Egli si richiama al "cuore" umano – abbiamo cercato, in modo sistematico, di far vedere come la dimensione della soggettività personale dell’uomo sia elemento indispensabile presente nell’ermeneutica teologica, che dobbiamo scoprire e presupporre alle basi del problema del corpo umano. Quindi non soltanto la realtà oggettiva del corpo, ma ancor molto di più, come sembra, la coscienza soggettiva e anche l’"esperienza" soggettiva del corpo entrano, ad ogni passo, nella struttura dei testi biblici, e perciò richiedono di essere presi in considerazione e di trovare il loro riflesso nella teologia. Di conseguenza l’ermeneutica teologica deve tener sempre conto di tali due aspetti. Non possiamo considerare il corpo come una realtà oggettiva al di fuori della soggettività personale dell’uomo, degli esseri umani: maschi e femmine. Quasi tutti i problemi dell’"ethos del corpo" sono legati contemporaneamente alla sua identificazione ontologica quale corpo della persona, e al contenuto e qualità dell’esperienza soggettiva, cioè al tempo stesso del "vivere" sia del proprio corpo sia nelle relazioni interumane, e in particolare in questa perenne relazione "uomo-donna". Anche le parole della prima Lettera ai Tessalonicesi, in cui l’Autore esorta a "mantenere il proprio corpo con santità e rispetto" (cioè tutto il problema della "purezza di cuore") indicano, senza alcun dubbio, queste due dimensioni.

2. Sono dimensioni che riguardano direttamente gli uomini concreti, vivi, i loro atteggiamenti e comportamenti. Le opere della cultura, specialmente dell’arte, fanno sì che quelle dimensioni di "essere corpo" e di "sperimentare il corpo", si estendano, in certo senso, al di fuori di questi uomini vivi. L’uomo si incontra con la "realtà del corpo" e "sperimenta il corpo" anche quando esso diventa un tema dell’attività creativa, un’opera d’arte, un contenuto della cultura. Sebbene, in linea di massima, bisogna riconoscere che questo contatto avviene sul piano dell’esperienza estetica, in cui si tratta di prendere visione dell’opera d’arte (in greco aisthánomai: guardo, osservo) – e quindi che, nel determinato caso, si tratta del corpo oggettivizzato, al di fuori della sua identità ontologica, in modo diverso e secondo i criteri propri dell’attività artistica – tuttavia l’uomo che viene ammesso a prendere questa visione è a priori troppo profondamente legato al significato del prototipo, ovvero modello, che in questo caso è lui stesso: – l’uomo vivo e il vivo corpo umano – perché egli possa distaccare e separare completamente quell’atto, sostanzialmente estetico, dell’opera in sé e della sua contemplazione da quei dinamismi o reazioni di comportamento e dalle valutazioni, che dirigono quella prima esperienza e quel primo modo di vivere. Questo guardare, per la sua natura, "estetico" non può, nella coscienza soggettiva dell’uomo, essere totalmente isolato da quel "guardare" di cui parla Cristo nel Discorso della Montagna: mettendo in guardia contro la concupiscenza.

3. Così, dunque, l’intera sfera delle esperienze estetiche si trova, ad un tempo, nell’ambito dell’ethos del corpo. Giustamente quindi bisogna pensare anche qui alla necessità di creare un clima favorevole alla purezza: questo clima può infatti essere minacciato non soltanto nel modo stesso in cui si svolgono i rapporti e la convivenza degli uomini vivi, ma anche nell’ambito delle oggettivazioni proprie delle opere di cultura, nell’ambito delle comunicazioni sociali: quando si tratta della parola viva o scritta; nell’ambito dell’immagine, cioè della rappresentazione e della visione, sia nel significato tradizionale di questo termine sia in quello contemporaneo. In questo modo raggiungiamo i diversi campi e prodotti della cultura artistica, plastica, di spettacolo, anche quella che si basa sulle tecniche audiovisive contemporanee. In quest’area, vasta e assai differenziata, occorre che ci poniamo una domanda alla luce dell’ethos del corpo, delineato nelle analisi finora condotte, sul corpo umano quale oggetto di cultura.

4. Prima di tutto va costatato che il corpo umano è perenne oggetto di cultura, nel più ampio significato del termine, per la semplice ragione che l’uomo stesso è soggetto di cultura, e nella sua attività culturale e creativa egli impegna la sua umanità includendo perciò in questa attività anche il suo corpo. Nelle presenti riflessioni dobbiamo però restringere il concetto di "oggetto di cultura", limitandoci al concetto inteso quale "tema" delle opere di cultura e in particolare delle opere d’arte. Si tratta insomma della tematizzazione, ossia della "oggettivazione" del corpo in tali opere. Tuttavia occorre qui far subito alcune distinzioni, sia pure a modo di esempio. Una cosa è il corpo vivo umano: dell’uomo e della donna, che di per sé crea l’oggetto d’arte e l’opera d’arte (come ad es. nel teatro, nel balletto e, fino a un certo punto, anche nel corso di un concerto), e altra cosa è il corpo come modello dell’opera d’arte, come nelle arti plastiche, scultura o pittura. È possibile porre sullo stesso rango anche il film o l’arte fotografica in senso ampio? Sembra di sì, sebbene dal punto di vista del corpo quale oggetto-tema si verifichi in questo caso una differenza abbastanza essenziale. Nella pittura o scultura l’uomo-corpo resta sempre un modello, sottoposto alla specifica elaborazione da parte dell’artista. Nel film, e ancor più nell’arte fotografica, non il modello viene trasfigurato, ma viene riprodotto l’uomo vivo: e in tal caso l’uomo, il corpo umano, non è modello per l’opera d’arte, ma oggetto di una riproduzione ottenuta mediante tecniche appropriate.

5. Bisogna segnalare già fin d’adesso, che la suddetta distinzione è importante dal punto di vista dell’ethos del corpo, nelle opere di cultura. E va anche subito aggiunto che la riproduzione artistica, quando diviene contenuto della rappresentazione e della trasmissione (televisiva o cinematografica), perde, in un certo senso, il suo contatto fondamentale coll’uomo-corpo, di cui è riproduzione, e molto spesso diventa un oggetto "anonimo", così come è, ad es., un anonimo atto fotografico pubblicato sulle riviste illustrate, oppure un’immagine diffusa sugli schermi di tutto il mondo. Un tale anonimato è l’effetto della "propagazione" dell’immagine-riproduzione del corpo umano, oggettivizzato prima con l’aiuto delle tecniche di riproduzione, che – come è stato sopra ricordato – sembra differenziarsi essenzialmente dalla trasfigurazione del modello tipico dell’opera d’arte, soprattutto nelle arti plastiche. Orbene, tale anonimato (che d’altronde è un modo di "velare" o "nascondere" l’identità della persona riprodotta), costituisce anche un problema specifico dal punto di vista dell’ethos del corpo umano nelle opere di cultura e particolarmente nelle opere contemporanee della cosiddetta cultura di massa.


Limitiamoci oggi a queste considerazioni preliminari, che hanno un significato fondamentale per l’ethos del corpo umano nelle opere della cultura artistica. In seguito queste considerazioni ci renderanno consapevoli di quanto esse siano strettamente legate alle parole, che Cristo ha pronunciato nel Discorso della Montagna, paragonando il "guardare per desiderare" con l’"adulterio commesso nel cuore". L’estensione di queste parole all’ambito della cultura artistica è di particolare importanza, per quanto si tratta di "creare un clima favorevole alla castità" di cui parla Paolo VI nella sua enciclica Humanae Vitae. Cerchiamo di comprendere questo argomento in modo molto approfondito ed essenziale.

Saluti:

Al gruppo della Facoltà di teologia di Abidjan

A un gruppo di giovani cechi, provenienti da diverse parti d'Europa

A un gruppo di giovani lituani

Ai giovani

Un particolare saluto rivolgo a voi, cari giovani, e in questa vigilia del Giovedì Santo, richiamo la vostra attenzione alla grande e dolce realtà di questo Mistero. In quella sera, infatti, è nata l’Eucaristia, Sacrificio e Sacramento d’amore. E con essa Dio è restato in mezzo a noi. Nell’Eucaristia si rinnova ogni giorno la morte di Cristo e, quindi, la nostra Redenzione. Essa è anche l’alimento robusto dell’anima nel cammino verso il Cielo.

Cari giovani, ricevere frequentemente l’Eucaristia, è trasfigurare a poco a poco la nostra natura e da umana trasformarla in divina. E’ l’augurio che vi porgo di tutto cuore nell’imminenza della Pasqua.

Agli ammalati


Una parola ed un affetto particolare rivolgo anche a voi, cari ammalati, che la fede e il senso cristiano della vita ha condotto qui, presso le memorie di Pietro. A voi, oltre il Pane dell’Eucaristia, indico Cristo Crocifisso, il cui mistero celebriamo il prossimo Venerdì Santo.

Ho detto mistero. E’ infatti davvero un mistero il Calvario, dove il Figlio di Dio viene immolato per la salvezza degli uomini.

Cari fratelli e figli ammalati, chi soffre come voi, ha una sorte comune con Cristo, ed in qualche modo ne partecipa l’azione redentrice, conforme a quanto dice San Paolo: " Compio quanto manca alla passione di Cristo nel mio corpo ". Compito arduo, che brucia le carni, e talvolta il cuore; ma che libera lo spirito e lo rende degno di Dio, e collabora alla redenzione del mondo. Che Dio ve lo conceda, inondando di pace i vostri cuori.

Alle coppie di sposi novelli

Cari sposi novelli, Cristo che sale sulla Croce e muore fra i gemiti per santificare la sua Chiesa, e renderla degna dello sguardo del Padre, senza macchia né ruga, è simbolo ideale dello sposo, che dev’essere disposto a dare la sua vita per la sposa: così come la sposa tutto deve mettere in opera per piacere allo sposo. E’ una strofa di grazia, che l’Apostolo canta nella Lettera agli Effemini.

La morte di Cristo, allora, e la sua beata risurrezione nella gioia hanno molto da insegnare anche a voi, cari sposi. E il matrimonio, anche solo sotto questo aspetto, vi conferisce una tale dignità, da trasformarvi in soggetti di grazia. A tale fine tutti vi benedico.



Mercoledì, 22 aprile 1981: L’opera d’arte deve sempre osservare la regolarità del dono e del reciproco donarsi

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Cari fratelli e sorelle,

Il gaudio pasquale è sempre vivo e presente in noi durante questa solenne Ottava, e la liturgia ci fa ripetere con fervore: "Il Signore è risorto, come aveva predetto; rallegriamoci tutti ed esultiamo, perché Egli regna in eterno, alleluia".

Disponiamo, dunque, i nostri cuori alla grazia e alla gioia; innalziamo il nostro sacrificio di lode alla vittima pasquale, perché l’Agnello ha redento il suo gregge e l’Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre.

Cristo, nostra Pasqua, è risorto e noi siamo risorti con Lui, per cui dobbiamo cercare le cose del Cielo, dove Cristo siede alla destra di Dio, e dobbiamo altresì gustare le cose di lassù, secondo l’invito dell’Apostolo Paolo (cfr
Col 3,1-2).

Mentre Dio ci fa passare, in Cristo, dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, preparandoci ai beni celesti, noi dobbiamo tendere a traguardi di opere luminose, nella giustizia e nella verità. È un cammino lungo questo che abbiamo da percorrere, ma Dio fortifica e sostiene la nostra incrollabile speranza di vittoria: la meditazione del mistero pasquale ci accompagni in modo particolare in questi giorni.

1. Riflettiamo ora – in relazione alle parole di Cristo pronunziate nel Discorso della Montagna – sul problema dell’ethos del corpo umano nelle opere della cultura artistica. Questo problema ha radici molto profonde. Conviene qui ricordare la serie di analisi eseguite in relazione al richiamo di Cristo al "principio", e successivamente al richiamo da Lui fatto al "cuore" umano, nel Discorso della Montagna. Il corpo umano – il nudo corpo umano in tutta la verità della sua mascolinità e femminilità – ha un significato di dono della persona alla persona. L’ethos del corpo, cioè la regolarità etica della sua nudità, a motivo della dignità del soggetto personale, è strettamente connesso a quel sistema di riferimento, inteso quale sistema sponsale, in cui il donare dell’una parte si incontra con l’appropriata ed adeguata risposta dell’altra al dono. Tale risposta decide della reciprocità del dono. L’oggettivazione artistica del corpo umano nella sua nudità maschile e femminile, al fine di fare di esso prima un modello e, poi, tema dell’opera d’arte, è sempre un certo trasferimento al di fuori di questa originaria e ad esso specifica configurazione della donazione interpersonale. Ciò costituisce, in certo senso, uno sradicamento del corpo umano da questa configurazione ed un suo trasferimento nella dimensione dell’oggettivazione artistica: dimensione specifica all’opera d’arte oppure alla riproduzione tipica delle tecniche cinematografiche e fotografiche del nostro tempo.

In ciascuna di queste dimensioni – e in ciascuna in modo diverso – il corpo umano perde quel significato profondamente soggettivo del dono, e diventa oggetto destinato ad una molteplice cognizione, mediante la quale quelli che guardano, assimilano o addirittura, in certo senso, s’impadroniscono di ciò che evidentemente esiste, anzi deve esistere essenzialmente a livello di dono, fatto dalla persona alla persona, non più già nell’immagine bensì nell’uomo vivo. A dire il vero, quell’"impadronirsi" avviene già ad un altro livello, cioè al livello dell’oggetto della trasfigurazione o riproduzione artistica; tuttavia è impossibile non accorgersi che dal punto di vista dell’ethos del corpo, profondamente inteso, sorge qui un problema. Problema molto delicato, che ha i suoi livelli d’intensità a seconda dei vari motivi e circostanze sia da parte dell’attività artistica, sia da parte della conoscenza dell’opera d’arte o della sua riproduzione. Dal fatto che si ponga questo problema non risulta affatto che il corpo umano, nella sua nudità, non possa diventare tema dell’opera d’arte, ma soltanto che questo problema non è puramente estetico, né moralmente indifferente.

2. Nelle nostre precedenti analisi (soprattutto in rapporto al richiamarsi di Cristo al "principio"), abbiamo dedicato molto spazio al significato della vergogna, cercando di comprendere la differenza tra la situazione – e lo stato – dell’innocenza originaria, in cui "tutti e due erano nudi... ma non ne provavano vergogna" (Gn 2,25) e, successivamente, tra la situazione – e lo stato – della peccaminosità, in cui tra l’uomo e la donna nacque, insieme alla vergogna, la specifica necessità dell’intimità verso il proprio corpo. Nel cuore dell’uomo soggetto alla concupiscenza questa necessità serve, anche indirettamente, ad assicurare il dono e la possibilità del reciproco donarsi. Tale necessità forma anche il modo di agire dell’uomo come "oggetto della cultura", nel più ampio significato del termine. Se la cultura dimostra una esplicita tendenza a coprire la nudità del corpo umano, certo lo fa non soltanto per motivi climatici, ma anche in relazione al processo di crescita della sensibilità personale dell’uomo. L’anonima nudità dell’uomo-oggetto contrasta col progresso della cultura autenticamente umana dei costumi. Probabilmente è possibile confermare ciò anche nella vita delle popolazioni cosiddette primitive. Il processo di affinare la personale sensibilità umana è certamente fattore e frutto della cultura.

Dietro il bisogno della vergogna, cioè dell’intimità del proprio corpo (sul quale informano con tanta precisione le fonti bibliche in Gn 3), si nasconde una norma più profonda: quella del dono orientata verso le profondità stesse del soggetto personale o verso l’altra persona, specialmente nella relazione uomo-donna secondo la perenne regolarità del reciproco donarsi. In tal modo, nei processi della cultura umana, intesa in senso ampio, costatiamo – anche nello stato della peccaminosità ereditaria dell’uomo – una continuità abbastanza esplicita del significato sponsale del corpo nella sua mascolinità e femminilità. Quella vergogna originaria, nota già dai primi capitoli della Bibbia, è un elemento permanente della cultura e dei costumi. Esso appartiene alla genesi dell’ethos del corpo umano.

3. L’uomo di sensibilità sviluppata supera, con difficoltà ed interiore resistenza, il limite di quella vergogna. Il che si pone in evidenza perfino nelle situazioni, che d’altronde giustificano la necessità di spogliare il corpo, come ad es. nel caso degli esami o degli interventi medici.

Singolarmente occorre anche ricordare altre circostanze, come ad es. quelle dei campi di concentramento o dei luoghi di sterminio, dove la violazione del pudore corporeo è un metodo consapevolmente usato per distruggere la sensibilità personale e il senso della dignità umana. Ovunque – sebbene in modi diversi – si riconferma la stessa linea di regolarità. Seguendo la sensibilità personale, l’uomo non vuole diventare oggetto per gli altri attraverso la propria nudità anonima, né vuole che l’altro diventi per lui oggetto in modo simile. Evidentemente in tanto "non vuole" in quanto si lascia guidare dal senso della dignità del corpo umano. Vari, infatti, sono i motivi che possono indurre, incitare, perfino premere l’uomo ad agire contrariamente a ciò che esige la dignità del corpo umano, connessa con la sensibilità personale. Non si può dimenticare che la fondamentale "situazione" interiore dell’uomo "storico" è lo stato della triplice concupiscenza (cfr 1Gv 1Jn 2,16). Questo stato – è, in particolare, la concupiscenza della carne – si fa sentire in diversi modi, sia negli impulsi interiori del cuore umano sia in tutto il clima dei rapporti interumani e nei costumi sociali.

4. Non possiamo dimenticare ciò, nemmeno quando si tratta dell’ampia sfera della cultura artistica, soprattutto quella di carattere visivo e spettacolare, come pure quando si tratta della cultura di "massa", così significativa per i nostri tempi e collegata con l’uso delle tecniche divulgative della comunicazione audiovisiva. Si pone un interrogativo: quando e in quale caso questa sfera di attività dell’uomo – dal punto di vista dell’ethos del corpo – venga messa sotto accusa di "pornovisione", così come l’attività letteraria, che veniva e viene spesso accusata di "pornografia" (questo secondo termine è più antico). L’uno e l’altro si verifica quando viene oltrepassato il limite della vergogna, ossia della sensibilità personale rispetto a ciò che si collega con il corpo umano, con la sua nudità, quando nell’opera artistica o mediante le tecniche della riproduzione audiovisiva viene violato il diritto all’intimità del corpo nella sua mascolinità o femminilità – e in ultima analisi – quando viene violata quella profonda regolarità del dono e del reciproco donarsi, che è iscritta in questa femminilità e mascolinità attraverso l’intera struttura dell’essere uomo. Questa profonda iscrizione – anzi incisione – decide del significato sponsale del corpo umano, cioè della fondamentale chiamata che esso riceve a formare la "comunione delle persone" e a parteciparvi.

Interrompendo a questo punto la nostra considerazione, che intendiamo continuare mercoledì prossimo, conviene costatare che l’osservanza o la non osservanza di queste regolarità, così profondamente connesse con la sensibilità personale dell’uomo, non può essere indifferente per il problema di "creare un clima favorevole alla castità" nella vita e nell’educazione sociale.

Saluti:


Ai numerosi pellegrini di lingua tedesca


Al primo pellegrinaggio diocesano di Roermond



Ai membri dell’Unione Professionale Internazionale dei Ginecologi e Ostetriche


Ad una folta rappresentanza dell’esercito belga

Ai numerosi pellegrini polacchi

Saluto cordialmente tutti i pellegrini della Polonia e quelli che vivono all’estero.

A tutti do un cordiale benvenuto con il saluto pasquale: " Cristo è risuscitato / ad esempio ci è dato / che dobbiamo risuscitare / con il Signore regnare ".

E’ forse il più antico canto pasquale polacco nel quale sono contenuti sia la verità della risurrezione, sia gli auguri cristiani che oggi desidero rivolgere in modo particolarmente sentito a tutti i presenti.

Oggi voglio rivolgermi in modo particolare agli agricoltori polacchi, sia a causa degli importanti avvenimenti che si sono verificati nel corso della Settimana Santa, per quanto riguarda il diritto degli agricoltori individuali ad associarsi in sindacato, sia perché comincia, anche in Polonia, la primavera e il periodo di lavoro nei campi. Tutti sappiamo che l’anno scorso è stato per noi molto difficile, anche in agricoltura. Gli effetti di quelle difficoltà si fanno ancora sentire. Da qui, un caloroso augurio, un caloroso " Dio ti aiuti " per il lavoro degli agricoltori in Polonia nell’anno in corso, per il lavoro che inizia la primavera " Dio ti aiuti ".

Penso che la parola " Solidarnosc " richiami una profonda associazione di idee tra la vita di tutta la società, di tutta la nazione e la necessità di uno sforzo che miri ad un rinnovamento morale ma anche alla ricostruzione delle basi economiche di tutta la nostra vita.


Infine, desidero rivolgere un pensiero al Patrono della Polonia – la cui festività si celebra domani – che veneriamo sul Colle di Lech a Gniezno e in tutta la nostra patria, insieme con S. Stanislao. Volgendo il pensiero a Gniezno, penso al Cardinale Primate. Insieme con tutta la Chiesa in Polonia e con tutta la nostra società, prego per lui perché abbia salute e vigore per poter adempiere alla sua grande missione verso la nazione e la Chiesa.

A tutti voi qui presenti chiedo che siate i messaggeri dei miei calorosi auguri pasquali per i connazionali in Patria e anche per gli emigrati.

Al convegno organizzato dal movimento "Gen" dei Focolari

Un saluto affettuoso e beneaugurante rivolgo a tutti i seminaristi presenti in Piazza S. Pietro, ed in particolare mi è gradito menzionare quelli che partecipano al Convegno di preghiera e di studio organizzato dal movimento " GEN " dei Focolari sul tema: " Il sì dell’uomo a Dio ".

Carissimi Seminaristi, nella gioiosa stagione liturgica della Pasqua a cui è connesso il ricordo dell’istituzione del Sacerdozio, dono incomparabile del Redentore, vi esorto ad impegnarvi sempre più generosamente nella preparazione interiore e nell’applicazione delle scienze sacre per essere un giorno degni ministri di Cristo.

Con la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Rivolgo un saluto gioioso a tutti voi, carissimi giovani, nei quali contemplo la primavera e la promessa della vita. Voi portate racchiuso nella freschezza della vostra età un germe meraviglioso di speranza: la vostra speranza, quella della vostra famiglia, quella della Chiesa e della società. Affido a voi il messaggio pasquale, che è annuncio del Cristo sempre vivente, dispensatore inesauribile di luce, di vita, di pace. Portate la verità di Cristo dove trovate le tenebre dell’errore e la menzogna del male; portate la vitalità del Cristo risorto dove trovate stanchezza e scetticismo; portate la pace di Cristo dove incontrate egoismo, diffidenza e rancore. Ma per essere credibili, immergete prima voi stessi nella luce, nella vita e nella pace di Cristo, sempre vivente.

Agli ammalati

Un saluto particolarmente cordiale desidero rivolgere a voi, carissimi ammalati. Vi sono vicino con la mia preghiera e col mio affetto. Vorrei invitarvi a contemplare il Cristo risorto, che ha vinto la sofferenza, che anzi proprio per mezzo della sofferenza ci ha salvati ed è entrato nella vita nuova e perenne della risurrezione. Attingete dal Cristo pasquale sempre nuova speranza; unite al Suo sacrificio il vostro quotidiano sacrificio per il bene della Chiesa e dell’umanità intera. Il vostro dolore non è inutile quando è unito a quello di Cristo. E’ come la goccia d’acqua che versata nel vino della S. Messa è trasformata nel Sangue prezioso di Cristo per la salvezza del mondo.

Alle coppie di sposi novelli


Mi rivolgo ora a voi, cari sposi novelli, che avete cominciato una nuova fase della vita. La vostra unione è stata benedetta da Cristo, il vostro amore è stato reso sacro perché nel sacramento del matrimonio è stato innestato su quello di Cristo stesso. Se voi rimarrete ben saldi in Cristo, il fuoco del vostro amore non solo non si esaurirà, ma crescerà sempre di più. Crescete dunque in questo amore, che è gioia di comunione di vita perenne, ma che non si conserva senza rinunce e sacrifici. Alimentate questo amore nella preghiera e nella pratica sacramentale. Difendete questo amore dalle insidie e dalle lusinghe di certe correnti ideologiche di oggi. Rendete fecondo questo amore, divenendo generosi collaboratori del Creatore nella trasmissione della vita. Il Cristo Risorto vi accompagni sempre nel cammino della nuova vita che avete intrapreso.
***

Appello


Il Santo Padre rivolge il seguente appello ai rapitori delle giovani Silvia e Micol Incardona e del signor Giovanni Palombini.

Nel corso della Settimana Santa ho avuto particolarmente presenti nelle mie preghiere le persone che soffrono e, in special modo, ho ricordato coloro che sono vittime di sequestri e che con trepidazione attendono di poter ritornare alla propria casa.

Sento il dovere di farmi ancora una volta interprete del tormento dei familiari che vivono giorni di angoscia per il rapimento di un loro caro.

Il mio pensiero va alle due fanciulle di Formello, non molto distante da Roma, Silvia e Micol Incardona, le quali da più di un mese sono state rapite. Penso poi a una persona già di ottanta anni, sequestrata a Roma il venerdì santo, signor Giovanni Palombini.

In nome di Dio, supplico i rapitori di avere pietà di queste creature umane e di volere ascoltare quella scintilla di umanità che non può essere spenta nei loro animi, ponendo termine alla penosa solitudine dei sequestrati e restituendoli ai loro familiari che li attendono con tanta ansia e trepidazione.

Li invito a compiere questo gesto per Cristo, che sulla croce ha aperto le Sue braccia all’amore e al perdono di tutti gli uomini.
***


Al termine dell’udienza generale, il Santo Padre esprimendo il proprio dolore per gli atti di violenza che hanno drammaticamente turbato le festività pasquali nelle Filippine, nell’Irlanda del Nord e nel Libano, rivolge il seguente appello per la pace e la concordia in quei Paesi.


Non posso omettere di fare un riferimento alle drammatiche notizie che, purtroppo, hanno funestato la cronaca di questi giorni santi, turbando la gioia, che è il sentimento più spontaneo e più fresco promanante dal Mistero pasquale. Sono fatti che voi certamente conoscete, ma che io desidero richiamare per un pressante invito alla preghiera:

- Nel giorno di Pasqua sono state lanciate due bombe nella Cattedrale di Davao nelle Filippine: una sotto l’altare, mentre stava per iniziare la Santa Messa, l’altra davanti all’ingresso principale, seminando la morte e il panico tra la folla: 15 sono stati i morti e centinaia i feriti.

- Pure nell’Irlanda del Nord sono avvenuti gravi scontri rendendo più tesa e minacciosa la situazione.

- Infine nel Libano è ripresa la lotta tra le opposte fazioni: a causa di nuovi, durissimi bombardamenti nelle città principali – come hanno comunicato stamane stesso i Vescovi di Zahle – molte persone sono state uccise e ferite. L’aeroporto di Beirut e le città di Tiro e di Sidone sono tuttora sotto il fuoco delle artiglierie, quasi che di quel nobilissimo Paese si voglia fare terra bruciata.

Dinanzi ai fatti del Libano, desidero rivolgere alle autorità politiche a livello interno ed internazionale un pressante appello, affinché vogliano risolutamente adoperarsi per far cessare tali dolorosissimi eventi. Per tutti i tre Paesi, sento il dovere di condannare fortemente ogni violenza da qualsiasi parte essa venga. Coloro che si dicono credenti in Dio, comprendano finalmente quale è veramente la volontà dell’Altissimo e quali siano le esigenze della propria fede religiosa. Non è lecito ad alcuno tradire questa fede, che sempre insegna e comanda la pace, la fraternità, l’amore reciproco e il rispetto della vita!

Il dolore del Papa è il dolore di tutta la Chiesa e degli uomini di buona volontà, e si trasforma in preghiera, alla quale caldamente vi invito, anzitutto, in favore degli innocenti, che troppo spesso sono vittime di questi sussulti di odio, e anche per i responsabili, affinché siano illuminati, ed operino per il bene del proprio Paese e dei propri fratelli.

La solennità della Pasqua ispiri pensieri di pace, e non più di afflizione! L’esempio del divin Redentore spinga gli animi al perdono reciproco e alla mutua comprensione!



Mercoledì, 29 aprile 1981: I limiti etici nelle opere d’arte e nella produzione audiovisiva

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Cari fratelli e sorelle,

L’udienza di oggi ricorre nella festa di Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia insieme a San Francesco d’Assisi. Il ricordo dell’umile e sapiente vergine domenicana riempie l’animo di tutti noi di spirituale esultanza e ci fa trasalire di gioia nello Spirito Santo, perché il Signore del cielo e della terra ha rivelato i suoi segreti ai semplici (cfr
Lc 10,21). Il messaggio di Caterina, animato da fede purissima, da amore fervente e da dedizione insonne alla Chiesa, investe ciascuno di noi e ci trascina soavemente ad una imitazione generosa. Sono pertanto lieto di rivolgere una particolare saluto agli italiani presenti a questo incontro e a tutto il caro popolo italiano.

Ascoltate, cari fedeli, queste parole di Santa Caterina: "Nel lume della fede acquisto la sapienza; nella luce della fede spero; non mi lascio venir meno nel cammino. Questo lume mi insegna la via" (S. Caterina da Siena, Dialogo, c. CLXVII).

Per sua intercessione imploriamo una fede sempre più profonda ed ardente, affinché Cristo sia la luce del nostro cammino, di quello delle nostre famiglie e della nostra società intera, assicurando così alla diletta Italia la vera pace, fondata sulla giustizia e soprattutto sul rispetto della legge divina, che costituì l’anelito vivissimo della grande Santa senese.

1. Abbiamo già dedicato una serie di riflessioni al significato delle parole pronunziate da Cristo nel Discorso della Montagna, in cui Egli esorta alla purezza di cuore, richiamando l’attenzione perfino sullo "sguardo concupiscente". Non possiamo dimenticare queste parole di Cristo anche quando si tratta della vasta sfera della cultura artistica, soprattutto quella di carattere visivo e spettacolare, come pure quando si tratta della sfera della cultura "di massa" – così significativa per i nostri tempi – collegata con l’uso delle tecniche divulgative della comunicazione audiovisiva. Abbiamo detto ultimamente che la sunnominata sfera dell’attività dell’uomo viene talvolta messa sotto accusa di "pornovisione", così come nei confronti della letteratura viene avanzata l’accusa di "pornografia". L’uno e l’altro fatto ha luogo quando si oltrepassa il limite della vergogna, ossia della sensibilità personale rispetto a ciò che si collega con il corpo umano, con la sua nudità, quando nell’opera artistica mediante le tecniche di produzione audiovisiva viene violato il diritto all’intimità del corpo nella sua mascolinità o femminilità, e – in ultima analisi – quando viene violata quella intima e costante destinazione al dono e del reciproco donarsi, che è iscritta in quella femminilità e mascolinità attraverso l’intera struttura dell’essere-uomo. Quella profonda iscrizione, anzi, incisione, decide del significato sponsale del corpo, cioè della fondamentale chiamata che esso riceve a formare una "comunione di persone" e a parteciparvi.

2. È ovvio che nelle opere d’arte, oppure nei prodotti della riproduzione artistica audiovisiva, la suddetta costante destinazione al dopo, cioè quella profonda iscrizione del significato del corpo umano, possa essere violata soltanto nell’ordine intenzionale della riproduzione e della rappresentazione; si tratta infatti – come già in precedenza è stato detto – del corpo umano quale modello o tema. Tuttavia, se il senso della vergogna e la sensibilità personale vengono in tali casi offesi, ciò avviene a causa del loro trasferimento nella dimensione della "comunicazione sociale", quindi a causa del fatto che si rende, per così dire, pubblica proprietà ciò che, nel giusto sentire dell’uomo, appartiene e deve appartenere strettamente al rapporto interpersonale, ciò che è legato – come già prima è stato rilevato – alla "comunione stessa delle persone", e nel suo ambito corrisponde alla verità interiore dell’uomo, dunque anche alla verità integrale sull’uomo.

In questo punto non è possibile consentire con i rappresentanti del cosiddetto naturalismo, i quali richiamano il diritto a "tutto ciò che è umano", nelle opere d’arte e nei prodotti della riproduzione artistica, affermando di agire in tal modo nel nome della verità realistica circa l’uomo. E appunto questa verità sull’uomo – la verità intera sull’uomo – che esige di prendere in considerazione sia il senso dell’intimità del corpo sia la coerenza del dono connesso alla mascolinità e femminilità del corpo stesso, nel quale si rispecchia il mistero dell’uomo, proprio della struttura interiore della persona. Tale verità sull’uomo deve essere presa in considerazione anche nell’ordine artistico, se vogliamo parlare di un pieno realismo.

3. In questo caso si costata quindi che la regolarità propria della "comunione delle persone" concorda profondamente con l’area vasta e differenziata della "comunicazione". Il corpo umano nella sua nudità – come abbiamo affermato nelle precedenti analisi (in cui ci siamo riferiti a Gn 2,25) – inteso come una manifestazione della persona e come suo dono, ossia segno di affidamento e di donazione all’altra persona, consapevole del dono, scelta e decisa a rispondervi in modo altrettanto personale, diventa sorgente di una particolare "comunicazione" interpersonale. Come è stato già detto, questa è una particolare comunicazione nella umanità stessa. Quella comunicazione interpersonale penetra profondamente nel sistema della comunione ("communio personarum"), nello stesso tempo cresce da esso e si sviluppa correttamente nel suo ambito. Appunto a motivo del grande valore del corpo in tale sistema di "comunione" interpersonale, il fare del corpo nella sua nudità – che esprime appunto "l’elemento" del dono – l’oggetto-tema dell’opera d’arte o della riproduzione audiovisiva, è un problema non soltanto di natura estetica, ma, nello stesso tempo, anche di natura etica. Infatti, quell’"elemento del dono" viene, per così dire, sospeso nella dimensione di una recezione incognita e di una risposta imprevista, e con ciò viene in qualche modo intenzionalmente "minacciato", nel senso che può diventare oggetto anonimo di "appropriazione", oggetto di abuso. Proprio per ciò la verità integrale sull’uomo costituisce, in questo caso, la base della norma secondo la quale si modella il bene o il male delle determinate azioni, dei comportamenti, dei costumi e delle situazioni. La verità sull’uomo, su ciò che in lui – appunto a motivo del suo corpo e del suo sesso (femminilità – mascolinità) – è particolarmente personale ed interiore, crea qui precisi limiti che non è lecito oltrepassare.

4. Questi limiti debbono essere riconosciuti e osservati dall’artista che fa del corpo umano oggetto, modello o tema dell’opera d’arte o della riproduzione audiovisiva. Né lui né altri responsabili in questo campo hanno il diritto di esigere, proporre o fare sì che altri uomini, invitati, esortati o ammessi a vedere, a contempla. e l’immagine, violino quei limiti insieme con loro, oppure a causa loro. Si tratta dell’immagine, nella quale ciò che in se stesso costituisce il contenuto e il valore profondamente personale, ciò che appartiene all’ordine del dono e del vicendevole donarsi della persona alla persona, viene, come tema, sradicato dal proprio autentico substrato, per divenire, per mezzo della "comunicazione sociale" oggetto e per di più, in certo senso, oggetto anonimo.

5. Tutto il problema della "pornovisione" e della "pornografia" come risulta da ciò che è detto sopra, non è effetto di mentalità puritana né di un angusto moralismo, come pure non è prodotto di un pensiero carico di manicheismo. Si tratta in esso di una importantissima, fondamentale sfera di valori di fronte ai quali l’uomo non può rimanere indifferente a motivo della dignità dell’umanità, del carattere personale e dell’eloquenza del corpo umano. Tutti quei contenuti e valori, attraverso le opere d’arte e l’attività di mezzi audiovisivi, possono essere modellati ed approfonditi, ma altresì essere deformati e distrutti "nel cuore" dell’uomo. Come si vede, ci troviamo di continuo nell’orbita delle parole pronunziate da Cristo nel Discorso della Montagna. Anche i problemi, che stiamo qui trattando, debbono essere esaminati alla luce di quelle parole, che considerano il "guardare" nato dalla concupiscenza come un "adulterio commesso nel cuore".

E perciò sembra che la riflessione su questi problemi, importanti per "creare un clima favorevole all’educazione della castità", costituisca un annesso indispensabile a tutte le precedenti analisi, quali, nel corso dei numerosi incontri del mercoledì, abbiamo dedicato a questo tema.

Saluti:

Agli studenti del Collegio Nord americano


Ad alcuni fedeli australiani appartenenti al movimento "Fede e Luce"


Ad un gruppo di fedeli provenienti da Kyoto


Al pellegrinaggio proveniente da Vienna


Ad un gruppo di giovani croati

Ai pellegrini polacchi

Molto cordialmente do il benvenuto a tutti i miei connazionali, sia quelli provenienti dalla Polonia che quelli provenienti da altri Paesi. Vari gruppi si trovano oggi in Piazza S. Pietro.


Saluto tutti molto cordialmente e a tutti auguro un gioioso alleluia, un alleluia polacco per la Polonia in questo periodo pasquale.

Ho formulato già gli auguri pasquali a tutti, ma desidero ancora aggiungere auguri particolari in occasione delle celebrazioni, e in un certo qual senso di una celebrazione continua, dei nostri santi patroni. Abbiamo cominciato da S. Adalberto a Gniezno, e nella Domenica prossima ricorre la festività della Madre di Dio, Regina della Polonia, non solo a Jasna Gora ma in tutta la Polonia e ovunque fra i polacchi. Infine l’8 maggio e nella domenica seguente S. Stanislao a Cracovia. Che questi Santi patroni – la Signora di Jasna Gora, S. Wojciech e S. Stanislao -, non cessino di proteggere la nostra nazione, la mia patria diletta, tutte le sue difficili e importanti vicende; che non cessino di proteggere la Chiesa in Polonia, tutto il popolo di Dio, ordini religiosi, clero, episcopato, e in modo particolare il Primate di Polonia.

Agli Assistenti dell’Associazione italiana Maestri Cattolici

Rivolgo ora un saluto particolarmente cordiale ai Sacerdoti Assistenti dell’" Associazione Italiana Maestri Cattolici ", i quali stanno partecipando ad un Convegno nazionale sul tema " La esigenza religiosa nella formazione e nell’impegno professionale e sociale del Maestro ".

Carissimi, so quanto sia prezioso il vostro ruolo accanto a coloro che offrono alla gioventù i primi elementi del sapere e che, in collaborazione con i genitori, indicano i valori degni di essere raggiunti e vissuti. Vi incoraggio nel vostro impegno e vi sono vicino con la mia preghiera.

La vostra testimonianza sacerdotale e la vostra guida aiutino gli Insegnanti cattolici a portare nell’ambiente scolastico la presenza viva di Cristo e gli insegnamenti perenni della sua Chiesa. Vi accompagni la mia Benedizione.

A due pellegrinaggi diocesani provenienti da Acerra e da Veroli e Anagni

Mi è particolarmente gradito rivolgere un cordiale saluto ai numerosi componenti i pellegrinaggi diocesani di Acerra e di Veroli ed Anagni, accompagnati dai loro Vescovi Antonio Riboldi e Umberto Florenzani.

I fedeli della diocesi di Acerra hanno voluto inserire l’incontro col Papa in un cammino di fede che coinvolge le energie dell’intera Comunità ecclesiale. I pellegrini di Veroli ed Anagni sono venuti per esprimere pubblicamente al successore di Pietro la loro fedeltà e devozione. Nel ringraziarvi, carissimi figli di entrambe le diocesi, formo l’augurio per il continuo incremento della vostra fede e per una sempre più generosa testimonianza di opere di carità nello spirito di un’adesione personale ed attiva a Cristo Risorto. Vi imparto con affetto la mia Benedizione Apostolica che estendo a tutti i vostri familiari.

Ai giovani

Ed ora una speciale parola ai giovani, che vedo presenti in numero sempre considerevole alle Udienze.


Carissimi, il periodo pasquale ci invita a rivivere la gioia dei primi discepoli nell’incontro con Cristo risorto. L’esperienza che essi fecero del Cristo vivo, del Cristo " sul quale la morte non aveva ormai più potere ", del Cristo eternamente giovane, diventi anche la vostra personale esperienza: e ciò avvenga in quel misterioso ma reale incontro che si attua nell’Eucaristia, che vi confermi nell’impegno di generosa dedizione alla sua Persona adorabile, e vi incoraggi nel proposito di esserne testimoni coerenti e coraggiosi nel mondo d’oggi. Con la mia Apostolica Benedizione.

Ai malati

Mi rivolgo ora ai malati, per dir loro la mia affettuosa partecipazione alle sofferenze, che ne crocifiggono il corpo e lo spirito. Saluto particolarmente i gruppi provenienti da Santa Teresa di Gallura o da Ostuni.

Carissimi, anche il dolore è elemento essenziale della Pasqua. Nell’assicurarvi la mia preghiera al Signore sofferente e glorificato perché alleggerisca le vostre pene, vi esorto ad unirvi spontaneamente alla passione e morte di Cristo, per contribuire così al bene del Popolo di Dio. La fede in Gesù vittorioso sulla morte alimenti sempre nei vostri cuori la fiamma della speranza.

Vi accompagni la mia Apostolica Benedizione.

Alle coppie di sposi novelli

Ancora una parola agli Sposi novelli. Carissimi, nel rivolgervi un augurio cordiale di vita serena, allietata dal dono di figli sani e buoni, desidero esortarvi ad approfondire le ricchezze del sacramento del matrimonio che, mediante l’azione dello Spirito santo, ha intimamente trasformato ed elevato il vostro reciproco amore. La dedizione esclusiva, irrevocabile e feconda, a cui il sacramento vi impegna, è la condizione per costruire quella comunione personale sempre più profonda, nella quale ciascuno, senza soffocare l’altro, può realizzare pienamente se stesso. E’ l’auspicio che vi lascio, avvalorando con la mia preghiera e con la propiziatrice Benedizione Apostolica.






Catechesi 79-2005 15481