Catechesi 79-2005 29879

Mercoledì, 29 agosto 1979

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1. Desidero iniziare il discorso di oggi prendendo l’avvio da due frasi pronunziate da Cristo sul tema del fanciullo, e che si completano a vicenda. Si potrebbe dire che esse costituiscono un programma evangelico dedicato al fanciullo stesso. Su tale programma siamo chiamati a riflettere in modo particolare in quest’anno che, per iniziativa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, viene celebrato come l’Anno internazionale del fanciullo.

Cristo ha pronunziato la frase, che tutti conosciamo bene; “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli” (
Mt 19,14). Queste parole, come ricordiamo, le rivolse agli Apostoli, i quali, considerando la fatica del Maestro, volevano piuttosto agire diversamente, volevano cioè impedire ai bambini di avvicinarsi a Cristo. Volevano allontanarli, forse, perché non gli sottraessero del tempo. Cristo, invece, ha rivendicato i suoi diritti sui bambini, motivandoli secondo la propria prospettiva.

La seconda frase che in questo istante mi viene in mente suona molto diversamente. Essa, infatti, difende il bambino da quanti lo scandalizzano: “Chi invece scandalizza uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare” (Mt 18,6). L’ammonizione è molto severa; ma è un grande male lo scandalo dato ad ogni essere innocente. Si reca grave danno all’anima giovanile, innestando il male là dove devono svilupparsi la grazia e la verità, la fiducia e l’amore. Solo Colui che personalmente ha molto amato l’anima innocente dei fanciulli e l’anima giovanile, poteva esprimersi sullo scandalo così come lo ha fatto il Cristo. Solo lui poteva minacciare, con tali tremende parole, coloro che danno scandalo.

2. Dobbiamo tener conto di tutta la verità riguardante il fanciullo, verità che emerge da queste due enunciazioni evangeliche, per comprendere ed apprezzare il lavoro dell’ultima assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi del 1977. Il tema, come sappiamo, riguardava la catechesi con particolare riferimento alla catechesi dei fanciulli e dei giovani. La sessione sinodale, come di solito, aveva riunito i rappresentanti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo. Il ricco scambio di esperienze ha trovato la sua risonanza, almeno parzialmente, nel documento finale informativo ed anche nel messaggio indirizzato dal Sinodo a tutta la Chiesa. Nello stesso tempo i partecipanti si erano rivolti a Papa Paolo VI affinché, servendosi del ricco materiale del Sinodo stesso, preparasse e pubblicasse un documento personale, come era già avvenuto dopo il Sinodo sull’evangelizzazione. La morte di Paolo VI e, in seguito, l’improvvisa dipartita di Giovanni Paolo I, hanno ritardato sino ad ora la pubblicazione del documento.

D’altra parte, il problema della “catechesi” è per se stesso vivo e urgente. La catechesi, infatti, è, per così dire, infallibile segno della vita della Chiesa ed inesauribile sorgente della sua vitalità. Tutto ciò ha trovato la propria espressione nel complesso dei lavori del Sinodo, e si manifesta soprattutto nella vita quotidiana della Chiesa: delle parrocchie, delle famiglie, delle comunità. Non vorrei qui ripetere ciò che su questo tema è stato detto, scritto e pubblicato con tanta competenza. Intendo solamente sottolineare e porre in evidenza che, attraverso la catechesi dei fanciulli e dei giovani, si realizza continuamente l’appello così eloquente di Cristo: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite...” (Mc 10,14). Tutti i successori degli apostoli, la Chiesa intera nella sua coscienza evangelizzatrice, debbono lavorare dappertutto affinché quel desiderio e quell’appello di Cristo si adempia nella misura richiesta dai molteplici bisogni dei nostri tempi.


Di pari passo con tale appello va l’ammonimento del Signore contro lo scandalo. La catechesi dei fanciulli e dei giovani tende ovunque e sempre a far crescere nelle anime giovanili ciò che è buono, nobile, degno. Essa diventa scuola di migliore e più maturo senso di umanità, il quale si sviluppa nel contatto con Cristo. Non vi è, infatti, strumento più efficace per proteggere dallo scandalo, dal radicarsi del male, dalla demoralizzazione, dal senso dell’inutilità della vita, dalla frustrazione, che quello di innestare il bene, infondendolo profondamente e vigorosamente nelle anime giovanili. Vigilare, affinché tale bene sbocci e maturi, appartiene al compito formativo della catechesi.

3. Uno dei frutti di maggior rilievo delle varie esperienze pastorali, davanti alle quali si è trovato il Sinodo dei Vescovi, è la constatazione del carattere evolutivo ed insieme organico della catechesi. Questa non può essere limitata soltanto alla comunicazione di informazioni religiose, ma deve aiutare ad accendere nelle anime quella luce che è Cristo. Tale luce deve rischiarare efficacemente tutto il cammino della vita umana. La catechesi deve quindi essere l’oggetto di un lavoro sistematico e di una collaborazione. Sebbene essa debba raggiungere primariamente coloro ai quali è soprattutto indirizzata, cioè i fanciulli e i giovani, tuttavia non può limitarsi soltanto ad essi. Condizione di una catechesi efficace dei fanciulli e dei giovani è e rimane la catechesi degli adulti, in varie forme, a diversi livelli e in differenti occasioni. Ciò è importante soprattutto se si tiene presente il compito di catechizzazione proprio della famiglia, e se si considera lo sviluppo della problematica della fede e della morale. Essa, infatti, deve essere affrontata particolarmente dagli adulti, quali veri e maturi cristiani.

4. Il Sinodo dei Vescovi del 1977 è legato sempre per me al vivo ricordo del cardinale Albino Luciani, il cui posto nell’aula sinodale era accanto al mio. Spero che il documento, che prossimamente sarà pubblicato, possa trasmettere a tutta la Chiesa quello spirito di amore per la catechesi che ha animato l’allora Patriarca di Venezia e in seguito Papa Giovanni Paolo I.

Ai giovani

Carissimi giovani! A voi giunga, come sempre, in modo particolare, il mio saluto e il mio abbraccio affettuoso! Vi ringrazio della vostra presenza: voi portate letizia, vivacità, speranza e ci ricordate l’impegno che tutti abbiamo di amarvi e di edificarvi! Oggi, ancora sotto l’impressione dell’incontro spirituale avuto con il Papa Giovanni Paolo I nella sua terra natale, voglio lasciarvi come ricordo un suo pensiero. Parlando dell’amore che si deve portare a Dio, egli nell’ultima udienza generale diceva: “È troppo grande Dio, troppo egli merita da noi perché si possano gettare, come ad un povero Lazzaro, appena poche briciole del nostro tempo e del nostro cuore. Egli è bene infinito e sarà nostra felicità eterna” (Giovanni Paolo I, Allocutio in Audientia Generali habita, 27 settembre 1978: Insegnamenti di Giovanni Paolo 1P 96). Tenete presenti queste parole, semplici e profonde! Date tutto il vostro amore a Gesù! Offrite a lui tutta la vostra vita! E vi accompagni sempre il mio affetto e la mia Benedizione.

Agli ammalati

Carissimi ammalati! Anche a voi, e in modo del tutto speciale, porgo il mio saluto, particolarmente affettuoso e sensibile, per le vostre sofferenze e per il vostro esempio di pazienza e di coraggio. Con profonda commozione voglio ricordarvi ciò che disse Giovanni Paolo I ad un Cardinale, che dopo la sua elezione gli offriva un libretto con disegnata una “Via Crucis”: “Il cammino dei Papi è segnato dalla Croce. Aiutate questo povero Cristo a portare la Croce, aiutate il Papa a salire il Calvario per il bene della Chiesa, delle anime e dell’umanità”. Parole serie e sofferte, che voglio ricordare a voi, cari ammalati, affinché offriate le vostre preghiere e le vostre pene per il Papa e per la sua missione di padre e di pastore. Sappiate che io, nel nome del Signore, vi sono sempre vicino con la mia preghiera e con la mia Benedizione.

Agli Sposi Novelli

E infine ringrazio gli sposi novelli della loro presenza sempre così cordiale e gentile! Siate sempre i benvenuti e ricevete il mio saluto beneaugurante per la vostra nuova vita! Anche a voi voglio ricordare un pensiero di Giovanni Paolo I, tratto da una delle sue famose lettere immaginarie, pubblicate quand’era ancora Cardinale: “Lo sforzo di vedere le cose dal lato migliore dovrebbe caratterizzare il cristiano; se è vero che “Evangelo” vuol dire lieta novella, cristiano significa uomo lieto e distributore di letizia” (Albino Luciani, Illustrissimi, “Lettera a Ippocrate”, Ed. Messaggero, Padova 1978, p. 198.) Nella vostra nuova vita, cari sposi, cercate di vedere le cose dal lato migliore, cercate di comprendervi, di capirvi sempre, di confidarvi l’un l’altro le vostre gioie e le vostre pene, di pregare insieme, e così sarete sempre lieti e testimoni della “Lieta Novella”! Vi aiuti e vi accompagni la mia Benedizione!

Ad un gruppo di invalidi di guerra dei Paesi Bassi

Rivolgo un saluto particolare al gruppo di invalidi di guerra e ai loro parenti, provenienti dai Paesi Bassi. Avete dovuto impegnare molta forza materiale e spirituale per poter sopportare le menomazioni subite; un grande aiuto in questo sono stati anche i vostri parenti genitori e familiari. Voglia Dio benedire questa volontà di vivere e questa solidarietà e rafforzarvi attraverso ciò nella disponibilità alla costruzione della pace.


Al pellegrinaggio della Diocesi di Lugano

La mia parola si fa particolarmente cordiale per salutare il numeroso gruppo di pellegrini della diocesi di Lugano, in Svizzera, guidati dal loro Vescovo Monsignor Ernesto Togni. Mi compiaccio, innanzitutto, che abbiate voluto venire a rinnovare insieme la vostra fede fino a Roma, sulla tomba dell’Apostolo Pietro e anche davanti al suo umile successore.

Vi auguro perciò di poter ripartire da questa meta con una fede più robusta e gioiosa, con un rinnovato vigore per affrontare le asperità della vita, e con un più ardente amore che vi renda sempre più “chiesa” e sempre più sensibili ai bisogni di ogni uomo, nostro fratello. E vi accompagni sempre la mia paterna Benedizione Apostolica, che sarò lieto se porterete pure ai vostri cari, agli ammalati, agli amici e a quanti si trovano in particolari necessità, in auspicio di cristiana serenità per tutti.

Ai Consulenti Ecclesiastici del Centro Sportivo Italiano

E ora rivolgo un saluto tutto particolare al gruppo di Consulenti Ecclesiastici del Centro Sportivo Italiano, convenuti in questi giorni a Frascati per trattare il tema: “Comunità cristiana, sport e territorio”. Vi faccio un cordiale augurio di congiungere sempre armoniosamente la vostra necessaria preoccupazione pastorale per l’ambiente sportivo con un autentico apprezzamento dello sport quale valore di sicura promozione umana.

E a questo proposito, mi piace ripetere qui alcune luminose parole del Papa Paolo VI, di felice memoria, secondo il quale lo sport, “se rettamente esercitato, è una grande scuola di allenamento alle virtù umane, che sono piedistallo insostituibile per costruirvi sopra, con l’aiuto di Dio, quelle cristiane” (Insegnamenti di Paolo VI, XII [1974] 85).

Vi imparto di gran cuore la mia Benedizione Apostolica, che estendo anche a tutti i carissimi giovani sportivi, e ai loro dirigenti, ai quali dedicate il vostro zelo sacerdotale. E il Signore sia sempre con voi.



Mercoledì, 5 settembre 1979

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1. Da un certo tempo sono in corso i preparativi per la prossima assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà a Roma nell’autunno dell’anno venturo. Il tema del Sinodo: “De muneribus familiae christianae” (Doveri della famiglia cristiana) concentra la nostra attenzione su tale comunità della vita umana e cristiana, che sin da principio è fondamentale. Proprio di questa espressione “da principio” si è servito il Signore Gesù nel colloquio sul matrimonio, riportato nel Vangelo di San Matteo e da quello di San Marco. Vogliamo chiederci che cosa significhi questa parola: “principio”. Vogliamo inoltre chiarire perché Cristo si richiami al “principio” appunto in quella circostanza e, pertanto, ci proponiamo una più precisa analisi del relativo testo della Sacra Scrittura.

2. Due volte, durante il colloquio con i farisei, che gli ponevano il quesito sulla indissolubilità del matrimonio, Gesù Cristo si è riferito al “principio”. Il colloquio si è svolto nel modo seguente: “...gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: “E lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?”. Ed egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. Gli obiettarono: “Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di mandarla via?”. Rispose loro Gesù: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così”” (
Mt 19,3 Mc 10,2).


Cristo non accetta la discussione al livello nel quale i suoi interlocutori cercano di introdurla, in certo senso non approva la dimensione che essi hanno cercato di dare al problema. Evita di impigliarsi nelle controversie giuridico-casistiche; e invece si richiama due volte al “principio”. Agendo così, fa chiaro riferimento alle relative parole del Libro della Genesi che anche i suoi interlocutori conoscono a memoria. Da quelle parole dell’antichissima rivelazione, Cristo trae la conclusione e il colloquio si chiude.

3. “Principio” significa quindi ciò di cui parla il Libro della Genesi. È dunque la Genesi (Gn 1,27) che Cristo cita, in forma riassuntiva: “Il Creatore da principio li creò maschio e femmina”, mentre il brano originario completo suona testualmente così: “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”. In seguito, il Maestro si richiama alla Genesi (Gn 2,24): “Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne”. Citando queste parole quasi “in extenso”, per intero, Cristo dà loro un ancor più esplicito significato normativo (dato che sarebbe ipotizzabile che nel Libro della Genesi suonino come affermazioni di fatto: “abbandonerà... si unirà... saranno una sola carne”). Il significato normativo è plausibile in quanto Cristo non si limita soltanto alla citazione stessa, ma aggiunge: “Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. Quel “non lo separi” è determinante. Alla luce di questa parola di Cristo, la Genesi (Gn 2,24) enuncia il principio dell’unità e indissolubilità del matrimonio come il contenuto stesso della parola di Dio, espressa nella più antica rivelazione.

4. Si potrebbe a questo punto sostenere che il problema sia esaurito, che le parole di Gesù Cristo confermino l’eterna legge formulata e istituita da Dio da “principio” come la creazione dell’uomo. Potrebbe anche sembrare che il Maestro, nel confermare questa primordiale legge del Creatore, non faccia altro che stabilire esclusivamente il suo proprio senso normativo, richiamandosi all’autorità stessa del primo Legislatore. Tuttavia, quella espressione significativa: “da principio”, ripetuta due volte, induce chiaramente gli interlocutori a riflettere sul modo in cui nel mistero della creazione è stato plasmato l’uomo, appunto, come “maschio e femmina”, per capire correttamente il senso normativo delle parole della Genesi. E questo non è meno valido per gli interlocutori di oggi quanto non sia stato per quelli di allora. Pertanto, nel presente studio, considerando tutto ciò, dobbiamo metterci proprio nella posizione degli odierni interlocutori di Cristo.

5. Durante le successive riflessioni del mercoledì, nelle udienze generali, cercheremo, come odierni interlocutori di Cristo, di fermarci più a lungo sulle parole di San Matteo (Mt 19,3). Per rispondere all’indicazione, che Cristo ha in esse racchiuso, cercheremo di addentrarci verso quel “principio”, al quale egli si è riferito in modo tanto significativo; e così seguiremo da lontano il gran lavoro, che su questo tema proprio adesso intraprendono i partecipanti al prossimo Sinodo dei Vescovi. Insieme a loro vi prendono parte numerosi gruppi di pastori e di laici, che si sentono particolarmente responsabili circa i compiti, che Cristo pone al matrimonio e alla famiglia cristiana; i compiti che egli ha posto sempre, e pone anche nella nostra epoca, nel mondo contemporaneo.

Il ciclo di riflessioni che iniziamo oggi, con l’intenzione di continuarlo durante i successivi incontri del mercoledì, ha anche, tra l’altro, come scopo di accompagnare, per così dire da lontano, i lavori preparatori al Sinodo, non toccandone però direttamente il tema, ma volgendo l’attenzione alle profonde radici, da cui questo tema scaturisce.

Al popolo degli Stati Uniti


Sono felice di avere l’opportunità offertami dalla televisione degli Stati Uniti, di dire quanto attenda con ansia la mia visita nel vostro paese. Il messaggio che desidero portare è un messaggio di speranza e di pace, un messaggio di amore fraterno. Desidero assicurare tutti gli americani – cattolici, protestanti, ebrei; persone di ogni Chiesa, ed ogni uomo e donna di buona volontà – della mia amicizia, rispetto e stima. Chiedo a voi tutti di pregare perché io possa compiere la mia missione di servizio. In modo particolare, vengo come servitore del Vangelo di Cristo, in visita pastorale alla Chiesa cattolica negli Stati Uniti, per proclamare il salvifico e santificante messaggio della parola di Dio. Chiedo in particolare ai miei fratelli cattolici, in questi giorni che precedono la mia visita, di spalancare i loro cuori all’azione purificatrice dello Spirito Santo. Occorre soprattutto una preparazione spirituale, così che, quando verrò, possiamo celebrare insieme in modo adeguato la nostra unità, nell’amore di Dio, nell’amore di nostro Signore Gesù Cristo.


Al pellegrinaggio della diocesi di Leeds in Gran Bretagna


Rivolgo un particolare saluto di benvenuto al Vescovo Moverley e all’intero pellegrinaggio proveniente da Leeds, nella felice ricorrenza del centenario della diocesi. La vostra visita a Roma possa aiutare a confermarvi nella fede di Pietro e di Paolo, e darvi nuovo vigore per la vostra vita quotidiana di cristiani. Attraverso voi, imparto la mia Apostolica Benedizione al Vescovo Wheeler e a tutti i sacerdoti, i religiosi e i laici rimasti a casa.

Alle dirigenti del Movimento delle Guide francesi


Alle 350 Responsabili delle Guide francesi, agli Assistenti del Movimento, ed anche al piccolo gruppo di Responsabili handicappati e ai tirocinanti venuti d’oltre mare, invio i miei calorosi saluti e le mie felicitazioni.

La serietà della preparazione e dello svolgimento del vostro Congresso nazionale, accresce la mia gioia e la mia speranza di Pastore universale. Attraverso le vostre persone e i vostri impegni, penso anche alla gioventù contemporanea, troppo spesso delusa da una società che moltiplica le cose, senza arrivare a dare ragioni superiori per vivere alla generazione che sta crescendo. Possa il vostro originale Movimento, sempre aperto al mondo e sempre fedele a Cristo e alla sua Chiesa, realizzare il dramma approfondito nel corso delle giornate di Assisi e di Roma, e cioè: lo sviluppo personale attraverso la relazione con gli altri e il servizio alla società! Questo programma è fondamentale e permanente! Risvegliate e formate i giovani alle rotture e alle scelte profonde, perché divengano responsabili di se stessi e capaci di contribuire a ridare al nostro mondo turbato il suo vero scopo che è il servizio integrale dell’uomo, secondo i criteri del Vangelo! Coraggio e fiducia! Cristo, Redentore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, è sempre con voi! Nel suo nome vi benedico di gran cuore!

Al pellegrinaggio della Parrocchia jugoslava di Póstire


Desidero ora rivolgere un cordialissimo saluto a voi, cari fedeli e membri del coro parrocchiale di Póstire, in diocesi di Hvar in Jugoslavia, che siete qui convenuti, accompagnati da Monsignor Arneric, Vescovo di Sibenik, vostro concittadino, per manifestare il vostro fedele attaccamento alla Cattedra di Pietro, in occasione del 400° anniversario della fondazione della vostra Comunità.

Vi ringrazio di essere venuti a visitare il Papa, perché ogni parrocchia, prima cellula ecclesiale, deve essere intimamente collegata con tutta la Chiesa e quindi col fondamento visibile della sua unità. La Parrocchia, infatti, come afferma il Concilio, “offre un eminente esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane... ed inserendole nella universalità della Chiesa” (Apostolicam Actuositatem AA 10). La parrocchia immette il fedele nel Corpo Mistico di Cristo ed è la prima famiglia spirituale qualificata; essa è la prima scuola della fede, della preghiera e del costume cristiano; essa è ancora il primo campo della carità ecclesiale ed il primo organo dell’azione pastorale e sociale.

Lieto di questo incontro di famiglia, benedico con ogni effusione voi, i vostri cari e tutti i fedeli di Póstire, augurandovi di essere sempre, secondo l’espressione di San Cipriano, “una fraternità che ha una sola anima” (cfr S. Cipriano, Epist. 11, 3: PL 4,242B).

Al pellegrinaggio della Diocesi di Ruvo e Bitonto

Intendo anche riservare un cordiale saluto al pellegrinaggio della diocesi di Ruvo e Bitonto, guidato dall’Amministratore Apostolico Monsignor Aldo Garzia, Vescovo di Molfetta. A tutti voi rivolgo la mia parola di compiacimento per questa comunitaria e dinamica manifestazione di fede, e il mio augurio per una vita serena e buona, che vorrete gentilmente portare anche ai vostri parenti e amici rimasti a casa, insieme alla mia paterna propiziatrice Benedizione Apostolica.

Ai partecipanti al XXV Convegno Nazionale di Aggiornamento per Educatori dei Sordi

Rivolgo un particolare saluto ai numerosi partecipanti al XXV Convegno Nazionale di Aggiornamento per Educatori dei Sordi. Carissimi, la vostra opera non è soltanto una testimonianza di alto contenuto sociale, ma ha pure una specifica valenza evangelica, che vi pone sulle orme di Gesù Cristo. Perciò, mentre auspico che anche la legislazione civile venga sempre più incontro alla vostra nobile missione, vi incoraggio cordialmente a proseguire sul cammino intrapreso, e a voi e a tutti i vostri assistiti concedo volentieri la mia Benedizione Apostolica.

Ad un gruppo di Consiglieri Ecclesiastici della Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti

Saluto anche il gruppo di Consiglieri Ecclesiastici della Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti, riuniti a Roma per il loro XII Convegno Nazionale sul tema: “I giovani rurali, la fede, la Chiesa”. Mi compiaccio sinceramente per l’impegno da voi posto nell’assistere uno dei settori più vitali del lavoro umano. Gli operai della terra hanno bisogno di voi, anche per trarre dal Vangelo una maggiore consapevolezza della nobiltà del proprio lavoro. Pertanto, vi benedico di cuore, insieme a tutti i Rurali cui dedicate le vostre cure.

Ai giovani

E ora desidero rivolgere come di consueto, una cordiale parola di saluto e di augurio a voi, cari ragazzi, ragazze e giovani tutti, che allietate con la vostra vibrante giovinezza questa magnifica Piazza di San Pietro, diventata più che mai foro dei popoli e uditorio di tutti i credenti. Vi ringrazio per essere qui venuti a manifestare al Papa e al mondo la vostra fede, il vostro entusiasmo sincero, con cui volete vivere l’ideale cristiano, che si incarna nell’amore personale a Cristo e alla Madre sua Santissima. Mi compiaccio con voi, con i vostri genitori ed educatori nel sapervi guidati e animati da santi propositi per il vostro futuro. Valga la mia speciale Benedizione a sostenervi nel tradurli in pratica con sempre crescente generosità.


Agli ammalati e invalidi

Carissimi ammalati, qui presenti o degenti negli ospedali, voi sapete quanto io mi senta particolarmente affezionato a voi e vi pensi continuamente nella preghiera e, in particolare, nella celebrazione della santa Messa.Voi siete i prediletti del Papa. Voi, a vostra volta, fate sì che il vostro letto di dolore diventi un altare, sul quale vi offrite in completa donazione a Dio, per la sua maggior gloria e per la redenzione del mondo. E la ricompensa divina non mancherà, anzi sarà grande nel cielo; questo chiedo per voi al Signore, mentre con tanta effusione vi imparto la mia particolare Benedizione Apostolica.

Agli sposi

Ancora un saluto beneaugurante agli sposi novelli, che prendono parte a questa udienza. Carissimi sposi, voi date inizio alla vostra nuova vita con la benedizione del Papa, dopo quella di Dio all’altare. Abbiate sempre davanti alla vostra coscienza il senso cristiano della missione, alla quale siete stati chiamati col sacramento del matrimonio. Portate in essa la limpida e piena forza dell’amore benedetto che, come dice Sant’Agostino (S, Agostino, Ep 127,9), “è tanto più forte, quanto più è santo”. E mai, mai calcoli egoistici vengano a spegnere il focolare che avete appena acceso. Con tali fervidi voti, vi benedico nel nome del Signore.

Colpito dalle drammatiche notizie provenienti dalla Repubblica Dominicana, dove l’uragano “David” ha seminato morte e distruzione, Giovanni Paolo II, durante l’udienza generale pronuncia il seguente appello a quella popolazione.


In questo momento, desidero confidarvi una profonda preoccupazione che spero troverà eco in voi e in quanti mi stanno ascoltando. Dalla Repubblica Dominicana continuano a giungere notizie sempre più drammatiche sugli effetti devastatori dell’uragano “David”. Le vittime superano già il migliaio; i danni materiali sono ingenti.


Amatissimi fratelli e sorelle: una popolazione intera, i cui straordinari sentimenti umani e spirituali ebbi l’occasione di sperimentare durante la mia visita all’America Latina, vive ora il dolore per la perdita di tante vite e si vede ridotta alla estrema miseria, senza viveri, con i raccolti distrutti e molti senza un tetto dove ripararsi.

Di fronte a questa situazione tanto terribilmente difficile, voglio farmi portavoce della dolorosa chiamata di quei carissimi figli, e chiedo a tutti, in particolare agli Stati ed alle Organizzazioni Internazionali, che accorrano solleciti in loro aiuto, che si mostrino generosamente e fraternamente solidali con quel Paese affinché, superando questa disgrazia, riesca a costruire di nuovo, serenamente, la normalità della vita cittadina. Il Signore benedica coloro che presteranno la loro importante collaborazione.




Mercoledì, 12 settembre 1979

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Mercoledì scorso abbiamo iniziato il ciclo di riflessioni sulla risposta che Cristo Signore diede ai suoi interlocutori circa la domanda sull’unità e indissolubilità del matrimonio. Gli interlocutori farisei, come ricordiamo, si sono appellati alla legge di Mosè; Cristo invece si è richiamato al “principio”, citando le parole del Libro della Genesi.

Il “principio”, in questo caso, riguarda ciò di cui tratta una delle prime pagine del Libro della Genesi. Se vogliamo fare un’analisi di questa realtà, dobbiamo senz’altro rivolgerci anzitutto al testo. Infatti le parole pronunziate da Cristo nel colloquio con i farisei, che il capo 19 di Matteo e il capo 10 di Marco ci hanno riportato, costituiscono un passo che a sua volta si inquadra in un contesto ben definito, senza il quale non possono essere né intese né giustamente interpretate. Questo contesto è dato dalle parole; “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina...?” (
Mt 19,4), e fa riferimento al cosiddetto primo racconto della creazione dell’uomo, inserito nel ciclo dei sette giorni della creazione del mondo (Gn 1,1-2 Gn 1,4). Invece, il contesto più prossimo alle altre parole di Cristo, tratte da Genesi(Gn 2,24), è il cosiddetto secondo racconto della creazione dell’uomo (Gn 2,5-25), ma indirettamente è tutto il terzo capitolo della Genesi. Il secondo racconto della creazione dell’uomo forma una unità concettuale e stilistica con la descrizione dell’innocenza originaria, della felicità dell’uomo ed anche della sua prima caduta. Data la specificità del contenuto espresso nelle parole di Cristo, prese da Genesi (Gn 2,24), si potrebbe anche includere nel contesto almeno la prima frase del capitolo quarto della Genesi, che tratta del concepimento e della nascita dell’uomo dai genitori terrestri. Così noi intendiamo fare nella presente analisi.

2. Dal punto di vista della critica biblica, bisogna subito ricordare che il primo racconto della creazione dell’uomo è cronologicamente posteriore al secondo. L’origine di quest’ultimo è molto più remota. Tale testo più antico si definisce come “jahvista”, perché per denominare Dio si serve del termine “Jahvè”. È difficile non restare impressionati dal fatto che l’immagine di Dio ivi presentata ha dei tratti antropomorfici abbastanza rilevanti (tra l’altro vi leggiamo infatti che “...il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue (Gn 2,7). In confronto a questa descrizione, il primo racconto, cioè proprio quello ritenuto cronologicamente più recente, è molto più maturo sia per quanto riguarda l’immagine di Dio, sia nella formulazione delle verità essenziali sull’uomo. Questo racconto proviene dalla tradizione sacerdotale e insieme “elohista”, da “Elohim”, termine da esso usato per denominare Dio.

3. Dato che in questa narrazione la creazione dell’uomo come maschio e femmina, alla quale si riferisce Gesù nella sua risposta secondo Matteo 19, è inserita nel ritmo dei sette giorni della creazione del mondo, le si potrebbe attribuire soprattutto un carattere cosmologico; l’uomo viene creato sulla terra e insieme al mondo visibile. Ma nello stesso tempo il Creatore gli ordina di soggiogare e dominare la terra (cfr Gn 1,28): egli è quindi posto al di sopra del mondo. Sebbene l’uomo sia così strettamente legato al mondo visibile, tuttavia la narrazione biblica non parla della sua somiglianza col resto delle creature, ma solamente con Dio (“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò...” (Gn 1,27). Nel ciclo dei sette giorni della creazione è evidente una precisa gradualità (Parlando della materia non vivificata, l’autore biblico adopera differenti predicati, come “separò”, “chiamò”, “fece”, “pose”. Parlando invece degli esseri dotati di vita usa i termini “creò” e “benedisse”. Dio ordina loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi”. Questo ordine si riferisce sia agli animali, sia all’uomo, indicando che la corporalità è comune a loro [cf. Gen 1,27-28]. Tuttavia la creazione dell’uomo si distingue essenzialmente, nella descrizione biblica, dalle precedenti opere di Dio. Non soltanto è preceduta da una solenne introduzione, come se si trattasse di una deliberazione di Dio prima di questo atto importante, ma soprattutto l’eccezionale dignità dell’uomo viene messa in rilievo dalla “somiglianza” con Dio di cui è l’immagine. Creando la materia non vivificata Dio “separava”, agli animali ordina di essere fecondi e di moltiplicarsi, ma la differenza del sesso è sottolineata soltanto nei confronti dell’uomo [“maschio e femmina li creò”] benedicendo nello stesso tempo la loro fecondità, cioè il vincolo delle persone [Gen 1,27-28]; l’uomo invece non viene creato secondo una naturale successione, ma il Creatore sembra arrestarsi prima di chiamarlo all’esistenza, come se rientrasse in se stesso per prendere una decisione: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza...” (Gn 1,26).

4. Il livello di quel primo racconto della creazione dell’uomo, anche se cronologicamente posteriore, è soprattutto di carattere teologico. Ne è indice soprattutto la definizione dell’uomo sulla base del suo rapporto con Dio (“a immagine di Dio lo creò”), il che racchiude contemporaneamente l’affermazione dell’assoluta impossibilità di ridurre l’uomo al “mondo”. Già alla luce delle prime frasi della Bibbia, l’uomo non può essere né compreso né spiegato fino in fondo con le categorie desunte dal “mondo”, cioè dal complesso visibile dei corpi. Nonostante ciò anche l’uomo è corpo. Genesi(Gn 1,27) constata che questa verità essenziale circa l’uomo si riferisce tanto al maschio che alla femmina: “Dio creò l’uomo a sua immagine... maschio e femmina li creò” (Il testo originale dice: “Dio creò l’uomo [ha-adam – sostantivo collettivo: l’“umanità”?], a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschi [zakar – maschile] e femmina [uneqebah – femminile] li creò” (Gn 1,27). Bisogna riconoscere che il primo racconto è conciso, libero da qualsiasi traccia di soggettivismo: contiene soltanto il fatto oggettivo e definisce la realtà oggettiva, sia quando parla della creazione dell’uomo, maschio e femmina, ad immagine di Dio, sia quando vi aggiunge poco dopo le parole della prima benedizione: “Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate”” (Gn 1,28).

5. Il primo racconto della creazione dell’uomo, che, come abbiamo constatato, è di indole teologica, nasconde in sé una potente carica metafisica. Non si dimentichi che proprio questo testo del Libro della Genesi è diventato la sorgente delle più profonde ispirazioni per i pensatori che hanno cercato di comprendere l’“essere” e l’“esistere” (forse soltanto il capitolo terzo del libro dell’Esodo può reggere il confronto con questo testo) (“Haec sublimis veritas”: “Io sono colui che sono” [Es 3,14] costituisce oggetto di riflessione di molti filosofi, incominciando da Sant’Agostino, il quale riteneva che Platone dovesse conoscere questo testo perché gli sembrava tanto vicino alle sue concezioni. La dottrina agostiniana della divina “essentialitas” ha esercitato, mediante Sant’Anselmo, un profondo influsso sulla teologia di Riccardo da S. Vittore, di Alessandro di Hales e di S. Bonaventura. “Pour passer de cette interprétation philosophique du texte de l’Exode à celle qu’allait proposer saint Thomas il fallait nécessairement franchir la distance qui sépare “l’être de l’essence” de “l’être de l’existence”. Les preuves thomistes de l’existence de Dieu l’ont franchie”. Diversa è la posizione di Maestro Eckhart, che sulla base di questo testo attribuisce a Dio la “puritas essendi”: “est aliquid altius ente... ” [cf. E. Gilson, Le Thomisme, Paris 1944 [Vrin], PP 122-127 E. Gilson, History of Christian Philosophy in the Middle Ages, London 1955 [Sheed and Ward], 810]). Nonostante alcune espressioni particolareggiate e plastiche del brano, l’uomo vi è definito prima di tutto nelle dimensioni dell’essere e dell’esistere (“esse”). È definito in modo più metafisico che fisico. Al mistero della sua creazione (“a immagine di Dio lo creò”) corrisponde la prospettiva della procreazione (“siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra”), di quel divenire nel mondo e nel tempo, di quel “fieri” che è necessariamente legato alla situazione metafisica della creazione: dell’essere contingente (“contingens”). Proprio in tale contesto metafisico della descrizione di Genesi 1, bisogna intendere l’entità del bene, cioè l’aspetto del valore. Infatti, questo aspetto torna nel ritmo di quasi tutti i giorni della creazione e raggiunge il culmine dopo la creazione dell’uomo: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gn 1,31). Per cui si può dire con certezza che il primo capitolo della Genesi ha formato un punto inoppugnabile di riferimento e la solida base per una metafisica ed anche per un’antropologia e un’etica, secondo la quale “ens et bonum convertuntur”. Senz’altro, tutto ciò ha un suo significato anche per la teologia e soprattutto per la teologia del corpo.

6. A questo punto interrompiamo le nostre considerazioni. Tra una settimana ci occuperemo del secondo racconto della creazione, cioè di quello che, secondo i biblisti, è cronologicamente più antico. L’espressione “teologia del corpo”, or ora usata, merita una spiegazione più esatta, ma la rimandiamo ad un altro incontro. Dobbiamo prima cercare di approfondire quel passo del Libro della Genesi, al quale Cristo si è richiamato.

Ai membri delle Associazioni e Movimenti Mariani d’Italia


Un cordiale saluto desidero indirizzare ai Dirigenti ed ai Membri delle varie Associazioni e Movimenti Mariani d’Italia, che sono a Roma per celebrare solennemente il ventesimo anniversario della Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, compiuta dall’Episcopato italiano il 13 settembre 1959, a Catania, alla chiusura del XVI Congresso Eucaristico Nazionale. Vi esprimo, carissimi Fratelli e Sorelle, il mio vivo compiacimento per il vostro pellegrinaggio, segno di profonda devozione alla Madonna. Anch’io sabato scorso, a Loreto, non soltanto ho ricordato il gesto che, venti anni fa, hanno compiuto i Pastori della Chiesa italiana, ma con tutto il cuore l’ho voluto ripetere.

Auspico, pertanto, che la rinnovazione della consacrazione a Maria Santissima porti copiosi frutti spirituali nelle coscienze personali e nella comunità ecclesiale: un crescente fervore di vita cristiana; un’assidua pratica dei sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza; una carità generosa e fattiva verso i fratelli, specialmente i più bisognosi; un impegno costante nell’apostolato. Con questi voti vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani della Lega Missionaria Studenti

Un saluto particolarmente affettuoso a voi cari giovani della Lega Missionaria Studenti, che siete convenuti a Roma per una sosta di riflessione sul tema “La libertà dei figli di Dio”, traendo insegnamento e slancio dalle esperienze di liberazione cristiana, felicemente compiute in varie regioni del mondo.

Il Signore benedica e conforti il vostro impegno, aprendovi alla dimensione missionaria della Chiesa, che annunzia a tutti la liberazione, la quale “è, innanzi tutto, salvezza dal peccato e dal maligno” (Paolo VI, Evangelii Nuntiandi EN 3); è al tempo stesso servizio della giustizia, come dice San Paolo: “Liberati dal peccato, siete ora diventati servi della giustizia” (Rm 6,18); ed è fondamentalmente radicata nella nostra realtà di figli, amati dal Padre celeste, destinati appunto alla “libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 6,21). Vi accompagno con la mia speciale Benedizione Apostolica.

Ai giovani della Diocesi di Foligno

Saluto calorosamente i numerosi ragazzi della diocesi di Foligno, partecipanti ai “Giochi dell’Amicizia”, insieme con i loro Responsabili ed accompagnatori.

Figli carissimi, sono contento che siete venuti a farmi visita. Sappiate che il Papa vi vuole sempre tutti sani, lieti e generosi, come certamente i “Giochi dell’Amicizia” tendono ad educarvi. Un gruppo di ragazzi, che operano nella serenità e nella concordia, è in qualche modo segno di una più vasta armonia, che tutti gli uomini dovrebbero impegnarsi a costruire e a rafforzare sempre più. Con questo augurio, vi benedico tutti di cuore, voi e i vostri cari.

A vari pellegrinaggi di lingua tedesca

EIN BESONDERES GRUßWORT gilt den anwesenden ”Delegierten des Katholischen Deutschen Frauenbundes“ unter der Leitung von Weihbischof Mons. Frotz und der großen ”Pilgergruppe der Frauengemeinschaft des Diözesanverbandes Paderborn“. Von Herzen ermutige ich euch, die spezifische Berufung der Frau in der Kirche selbst entschlossen zu leben und nach Kräften zu fördern. Dieser Rombesuch bestärke euch in Glauben und vertiefe eure Liebe zu Christus und seiner Kirche.

Herzlich grüße ich ferner noch den ”Diözesanpilgerzug aus Regensburg“ und die ”Romwallfahrt des Paulinus-Verlags“ in Trier. Gern gedenke ich euer aller Anliegen in meinem Gebet und erbitte euch und euren Lieben daheim Gottes bleibenden Schutz und Segen.


Rivolgo un particolare saluto alla delegazione della lega tedesca delle donne cattoliche alla cui direzione è il vescovo ausiliario Monsignor Frotz, ed il numeroso gruppo di pellegrini della comunità femminile della diocesi di Paderborn. Vi incoraggio di cuore a vivere in modo deciso la particolare vocazione della donna nella Chiesa e di raccogliere ulteriori forze e consensi per questo vostro lavoro.

Questa visita a Roma vi rafforzi nella fede e approfondisca il vostro amore per Cristo e la sua Chiesa. Saluto inoltre anche il pellegrinaggio diocesano di Regensburg e quello dell’Editrice Paulinus di Trier. Ricorderò tutte le vostre richieste nelle mie preghiere e chiedo per voi e i vostri cari la benedizione e la protezione di Cristo.

Ai giovani

Saluto e benedico tutti i giovani qui presenti. Miei cari, vi esorto paternamente a immettere anche nella vita spirituale e nell’impegno quotidiano della testimonianza cristiana la freschezza della vostra età e la generosità del vostro entusiasmo. Siete voi che rendete giovane la Chiesa, anche dopo duemila anni di storia.L’importante è che manteniate sempre intatta la vostra fedeltà a Cristo e al suo Vangelo, specie nei momenti che richiedono decisione e dedizione, e che facciate dell’amore per gli altri la grande norma della vita. Solo allora potrete sperimentare la beneficante potenza del Signore e anche misurare il grado della vostra maturità battesimale.

Agli ammalati

Ai malati rivolgo un saluto tutto particolare. Voi siete il tesoro nascosto della Chiesa, non solo perché date motivo a molti di esercitare una genuina e salutare carità, ma soprattutto perché le vostre sofferenze possano diventare una riserva feconda di vita e di efficacia apostolica per il bene di tutti. Abbiate, perciò la suprema preoccupazione di conformarvi pienamente a Cristo, così da partecipare anche alla sua potenza salvifica. E sappiate che il Papa prega anche per voi e di cuore vi benedice insieme a quanti vi assistono.

Agli sposi

Anche gli sposi meritano un saluto tutto per loro, unito a un cordiale augurio di felicità nel Signore. Cercate di fare di tutta la vostra vita un sacramento, cioè un segno evidente del vicendevole e totale amore di Cristo e della Chiesa. E ricordate sempre che non c’è pieno amore, se esso non è accompagnato dalla fedeltà, dal mutuo accordo, dalla generosità e anche dalla pazienza. A queste condizioni troverete davvero bello vivere insieme, voi e i vostri figli, come parte della più grande comunità ecclesiale. E vi accompagni la mia Benedizione.





Catechesi 79-2005 29879