Catechesi 79-2005 14119

Mercoledì, 14 novembre 1979: Anche attraverso la comunione delle persone l’uomo diventa immagine di Dio

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1. Seguendo la narrazione del Libro della Genesi, abbiamo costatato che la "definitiva" creazione dell’uomo consiste nella creazione dell’unità di due esseri. La loro unità denota soprattutto l’identità della natura umana; la dualità, invece, manifesta ciò che, in base a tale identità, costituisce la mascolinità e la femminilità dell’uomo creato. Questa dimensione ontologica dell’unità e della dualità ha, nello stesso tempo, un significato assiologico. Dal testo di Genesi
Gn 2,23 e dall’intero contesto risulta chiaramente che l’uomo è stato creato come un particolare valore dinanzi a Dio ("Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona") (Gn 1,31) ma anche come un particolare valore per l’uomo stesso: primo, perché è "uomo"; secondo, perché la "donna" è per l’uomo, e viceversa l’"uomo" è per la donna. Mentre il capitolo primo della Genesi esprime questo valore in forma puramente teologica (e indirettamente metafisica), il capitolo secondo, invece, rivela, per così dire, il primo cerchio dell’esperienza vissuta dall’uomo come valore. Questa esperienza è iscritta già nel significato della solitudine originaria, e poi in tutto il racconto della creazione dell’uomo come maschio e femmina. Il conciso testo di Genesi Gn 2,23, che racchiude le parole del primo uomo alla vista della donna creata, "da lui tolta", può essere ritenuto il prototipo biblico del Cantico dei Cantici. E se è possibile leggere impressioni ed emozioni attraverso parole così remote, si potrebbe anche rischiare di dire che la profondità e la forza di questa prima e "originaria" emozione dell’uomo-maschio dinanzi all’umanità della donna, e insieme dinanzi alla femminilità dell’altro essere umano, sembra qualcosa di unico ed irrepetibile.

2. In questo modo, il significato dell’unità originaria dell’uomo, attraverso la mascolinità e la femminilità, si esprime come superamento del confine della solitudine, e nello stesso tempo come affermazione – nei confronti di entrambi gli esseri umani – di tutto ciò che nella solitudine è costitutivo dell’"uomo". Nel racconto biblico, la solitudine è via che porta a quell’unità che, seguendo il Vaticano II, possiamo definire "communio personarum" ("Ma Dio non creò l’uomo lasciandolo solo; fin da principio "uomo e donna li creò" (Gn 1,17) e la loro unione costituisce la prima forma di comunione di persone" [Gaudium et Spes, 12]). Come abbiamo già in precedenza constatato, l’uomo, nella sua originaria solitudine, acquista una coscienza personale nel processo di "distinzione" da tutti gli esseri viventi ("animalia") e nello stesso tempo, in questa solitudine, si apre verso un essere affine a lui e che la Genesi (Gn 2,18-20) definisce quale "aiuto che gli è simile". Questa apertura decide dell’uomo-persona non meno, anzi forse ancor più, della stessa "distinzione". La solitudine dell’uomo, nel racconto jahvista, ci si presenta non soltanto come la prima scoperta della caratteristica trascendenza propria della persona, ma anche come scoperta di un’adeguata relazione "alla" persona, e quindi come apertura e attesa di una "comunione delle persone".


Si potrebbe qui usare anche il termine "comunità", se non fosse generico e non avesse così numerosi significati. "Communio" dice di più e con maggior precisione, poiché indica appunto quell’"aiuto" che deriva, in certo senso, dal fatto stesso di esistere come persona "accanto" a una persona. Nel racconto biblico questo fatto diventa "eo ipso" – di per sé – esistenza della persona "per" la persona, dato che l’uomo nella sua solitudine originaria era, in certo modo, già in questa relazione. Ciò è confermato, in senso negativo, proprio dalla sua solitudine. Inoltre, la comunione delle persone poteva formarsi solo in base ad una "duplice solitudine" dell’uomo e della donna, ossia come incontro nella loro "distinzione" dal mondo degli esseri viventi ("animalia"), che dava ad ambedue la possibilità di essere e di esistere in una particolare reciprocità. Il concetto di "aiuto" esprime anche questa reciprocità nell’esistenza, che nessun altro essere vivente avrebbe potuto assicurare. Indispensabile per questa reciprocità era tutto ciò che di costitutivo fondava la solitudine di ciascuno di essi, e pertanto anche l’autoconoscenza e l’autodeterminazione, ossia la soggettività e la consapevolezza del significato del proprio corpo.

3. Il racconto della creazione dell’uomo, nel capitolo primo, afferma sin dall’inizio e direttamente che l’uomo è stato creato a immagine di Dio in quanto maschio e femmina. Il racconto del capitolo secondo, invece, non parla dell’"immagine di Dio"; ma esso rivela, nel modo che gli è proprio, che la completa e definitiva creazione dell’"uomo" (sottoposto dapprima all’esperienza della solitudine originaria) si esprime nel dar vita a quella "communio personarum" che l’uomo e la donna formano. In questo modo, il racconto jahvista si accorda con il contenuto del primo racconto. Se, viceversa, vogliamo ricavare anche dal racconto del testo jahvista il concetto di "immagine di Dio", possiamo allora dedurre che l’uomo è divenuto "immagine e somiglianza" di Dio non soltanto attraverso la propria umanità, ma anche attraverso la comunione delle persone, che l’uomo e la donna formano sin dall’inizio. La funzione dell’immagine è quella di rispecchiare colui che è il modello, riprodurre il proprio prototipo. L’uomo diventa immagine di Dio non tanto nel momento della solitudine quanto nel momento della comunione. Egli, infatti, è fin "da principio" non soltanto immagine in cui si rispecchia la solitudine di una Persona che regge il mondo, ma anche, ed essenzialmente, immagine di una imperscrutabile divina comunione di Persone.

In questo modo, il secondo racconto potrebbe anche preparare a comprendere il concetto trinitario dell’"immagine di Dio", anche se questa appare solamente nel primo racconto. Ciò, ovviamente, non è senza significato anche per la teologia del corpo, anzi forse costituisce perfino l’aspetto teologico più profondo di tutto ciò che si può dire circa l’uomo. Nel mistero della creazione – in base alla originaria e costitutiva "solitudine" del suo essere – l’uomo è stato dotato di una profonda unità tra ciò che in lui umanamente e mediante il corpo è maschile, e ciò che in lui altrettanto umanamente e mediante il corpo è femminile. Su tutto questo, sin dall’inizio, è scesa la benedizione della fecondità, congiunta con la procreazione umana (cf. Gn 1,28).

4. In questo modo, ci troviamo quasi nel midollo stesso della realtà antropologica che ha nome "corpo". Le parole di Genesi 2,23 ne parlano direttamente e per la prima volta nei seguenti termini: "carne dalla mia carne e ossa dalle mie ossa". L’uomo maschio pronunzia queste parole, come se soltanto alla vista della donna potesse identificare e chiamare per nome ciò che in modo visibile li rende simili l’uno all’altro, e insieme ciò in cui si manifesta l’umanità. Alla luce della precedente analisi di tutti i "corpi", con i quali l’uomo è venuto a contatto, e che egli ha concettualmente definito dando loro il nome ("animalia"), l’espressione "carne dalla mia carne" acquista proprio questo significato: il corpo rivela l’uomo. Questa formula concisa contiene già tutto ciò che sulla struttura del corpo come organismo, sulla sua vitalità, sulla sua particolare fisiologia sessuale, ecc., potrà mai dire la scienza umana. In questa prima espressione dell’uomo maschio, "carne dalla mia carne", vi è anche racchiuso un riferimento a ciò per cui quel corpo è autenticamente umano, e quindi a ciò che determina l’uomo come persona, cioè come essere che anche in tutta la sua corporeità è "simile" a Dio (Nella concezione dei più antichi libri biblici non appare la contrapposizione dualistica "anima-corpo". Come già è stato sottolineato, si può piuttosto parlare di una combinazione complementare "corpo-vita". Il corpo è espressione della personalità dell’uomo, e se non esaurisce pienamente questo concetto, occorre intenderlo nel linguaggio biblico come "pars pro toto"; cf. ad es.: "né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio... " (Mt 16,17), cioè: non l’"uomo" lo ha rivelato a te.).

5. Ci troviamo, dunque, quasi nel midollo stesso della realtà antropologica, il cui nome è "corpo", corpo umano. Tuttavia, come è facile osservare, tale midollo non è soltanto antropologico, ma anche essenzialmente teologico. La teologia del corpo, che sin dall’inizio è legata alla creazione dell’uomo a immagine di Dio, diventa, in certo modo, anche teologia del sesso, o piuttosto teologia della mascolinità e della femminilità, che qui, nel Libro della Genesi, ha il suo punto di partenza. Il significato originario dell’unità, testimoniata dalle parole di Genesi 2,24, avrà nella rivelazione di Dio ampia e lontana prospettiva. Quest’unità attraverso il corpo ("e i due saranno una sola carne") possiede una dimensione multiforme: una dimensione etica, come viene confermato dalla risposta di Cristo ai farisei in Matteo 19 (cf. anche Mc 10) e anche una dimensione sacramentale, strettamente teologica, come viene comprovato dalle parole di San Paolo agli Efesini ("Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!" [Ef 5,29-32]), che si riferiscono altresì alla tradizione dei profeti (Osea, Isaia, Ezechiele). Ed è così, perché quell’unità che si realizza attraverso il corpo indica, sin dall’inizio, non soltanto il "corpo", ma anche la comunione "incarnata" delle persone – "communio personarum" – che tale comunione sin dall’inizio richiede. La mascolinità e la femminilità esprimono il duplice aspetto della costituzione somatica dell’uomo ("questa volta essa è carne dalla mia carne e ossa dalle mie ossa"), e indicano, inoltre, attraverso le stesse parole di Genesi 2,23, la nuova coscienza del senso del proprio corpo: senso, che si può dire consista in un arricchimento reciproco. Proprio questa coscienza, attraverso la quale l’umanità si forma di nuovo come comunione di persone, sembra costituire lo strato che nel racconto della creazione dell’uomo (e nella rivelazione del corpo in esso racchiusa) è più profondo della stessa struttura somatica come maschio e femmina. In ogni caso, questa struttura è presentata sin dall’inizio con una profonda coscienza della corporeità e sessualità umana, e ciò stabilisce una norma inalienabile per la comprensione dell’uomo sul piano teologico.

Saluti:

Alle Suore della Famiglia del Sacro Cuore di Gesù di Brentana

Un saluto beneaugurante rivolgo ora al gruppo delle Suore della Famiglia del Sacro Cuore di Gesù di Brentana, in arcidiocesi di Milano, le quali sono qui venute insieme con la loro Superiora Generale, nel primo centenario della loro fondazione. Carissime Sorelle, ben volentieri vi accolgo in questa Basilica di San Pietro e vi ringrazio non solo per i sentimenti di fede nel Signore e di fedeltà al suo Vicario, i quali hanno ispirato i vostri pellegrinaggi a Roma, ma anche per la generosa attività ecclesiale che voi svolgete nelle parrocchie mediante l’insegnamento del catechismo, l’assistenza dei bambini negli asili infantili e l’apostolato fra le giovani.

Sia per voi codesta ricorrenza centenaria una pausa feconda di riflessione, nella preghiera e nel rendimento di grazie a Dio, sul carisma originale che ha suscitato la vostra Congregazione e quindi sull’opera finora svolta e su quella che intendete svolgere per il futuro. Ma abbiate soprattutto davanti agli occhi l’ideale della vostra vocazione religiosa: sia esso lampada ai vostri passi, giacché nessun altro ideale su questa terra è più vero, più generoso e più santo dell’umile e fedele corrispondenza alla chiamata del Signore, alla sua imitazione e alla sua missione di bontà e di salvezza. A tutta la Congregazione la mia speciale Benedizione Apostolica.

Agli Alunni della Scuola Elementare " San Giuseppe " di Vigevano

Rivolgo un saluto tutto particolare agli Alunni della Scuola Elementare "San Giuseppe" di Vigevano, che sono accompagnati dai loro Genitori e dalle loro benemerite Insegnanti, le Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena. Carissimi, vi ringrazio di questa visita e per i doni che, con gentile pensiero, mi avete portato a favore dei bambini vietnamiti. Vi raccomando di prepararvi bene al vostro futuro e di essere sempre riconoscenti verso chi si prodiga per voi. Da parte mia, vi assicuro che potete sempre contare sull’amore del Papa verso di voi, e con tutto il cuore vi benedico.


Ai Pellegrini provenienti da Ferrara

Saluto con vivo compiacimento i numerosi fedeli di Ferrara, partecipanti al secondo pellegrinaggio di quest’anno, guidato dal loro Arcivescovo. Cari Fratelli e Sorelle, questa sosta romana sia davvero per voi occasione propizia per ritemprare la vostra fede cristiana, così da affrontare con serena fermezza i vostri quotidiani impegni. A tutti voi concedo di cuore la particolare Benedizione Apostolica, che vi affido di portare anche ai vostri cari, specialmente ai bambini e agli ammalati.

Ai giovani

Con particolare affetto rivolgo il mio saluto a voi, giovani: sia perché i figli traggono sempre su di sé lo sguardo amorevole dei genitori, sia perché voi non lasciate mai cadere nella freddezza e nella noncuranza la causa che abbracciate con fede. Se dunque – com’è vero – voi credete in Cristo, nella Chiesa e nella redenzione degli uomini attraverso la verità, siete gli amanti, i cultori, i propagatori indefessi di questa verità, che, come il sole, dappertutto porta la luce e la gioia. Vi sostenga e vi accompagni la mia Benedizione.

Agli ammalati

Un pensiero, ormai consueto, ma sempre nuovo e cordiale, desidero ora rivolgere agli ammalati presenti a questa Udienza. Carissimi, il Papa vi guarda con sincera predilezione, ha per voi un particolare riguardo e a voi riserva un ricordo speciale nelle sue preghiere, affinché possiate essere sempre sereni nell’infermità, fervorosi nello spirito e accetti al Signore! Vi esorto, poi, a non considerarvi mai degli sfortunati, degli inutili: pur soggetti all’esperienza del dolore, a cui spesso si accompagna la solitudine, lo sconforto, l’inattività, voi dovete sperimentare che la malattia, cristianamente accettata e vissuta, vi eleva e vi nobilita. Infatti – al dire dell’Apostolo – la vostra tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata, la virtù provata la speranza, che non delude e contribuisce a un accrescimento dell’amor di Dio nei vostri cuori (cf. Rm 5,3).Vi siano sempre motivo di speranza e di conforto tali pensieri, che accompagno con la mia paterna Benedizione.

Agli sposi

E anche a voi, carissimi sposi, io desidero porgere il mio cordiale saluto, accompagnato da vive felicitazioni e da fervidi auguri di ogni bene. Il Signore, Dio della bontà, della pace e della gioia, sia sempre con voi! Egli, che ha benedetto e consacrato il vostro amore mediante il sacramento del matrimonio, vi conceda la grazia di conservare tale amore indefettibile nel tempo, nell’essenza e nel suo termine! Il Signore vi conservi nel suo amore e la mia Benedizione vi sostenga per tutta la vita.

Ai rifugiati cambogiani



Ed ora rivolgo un saluto particolarmente commosso ai cari amici cambogiani, rifugiati in Francia, e venuti ad esprimere la loro riconoscenza e quella di tutti i loro compatrioti, per il mio recente appello in favore della loro patria così duramente provata. A voi, qui presenti, e a tutti i vostri fratelli cambogiani, oso dire con tutto il cuore: aiutatevi a mantenervi coraggiosi e degni, fraterni e solidali, nella speranza! A tutte le nazioni e a tutti gli uomini di buona volontà, non temo di rinnovare il mio appello perché tutti i cambogiani siano efficacemente soccorsi, e perché la loro terra natale ritrovi la pace. Invoco su di voi, sulle vostre famiglie e sul vostro Paese la misericordia e l’aiuto di Dio.

Ai membri e ai consiglieri della "San Vincenzo de’ Paoli"

Ai consiglieri e a tutti i membri della Società di San Vincenzo de’ Paoli, desidero ripetere i miei vivi incoraggiamenti. Continuate a sostenere e a far condividere largamente, compresi i giovani, la preoccupazione per ogni genere di poveri, ahimè troppo spesso abbandonati anche in società che si ritengono molto organizzate. Continuate ad aiutarli in modo efficace, permettendo loro a poco a poco di prendersi carico di se stessi. La carità che anima gli sforzi di tutti i vostri gruppi nei cinque continenti è una essenziale testimonianza della Chiesa. L’intercessione di San Martino e di San Vincenzo de’ Paoli e di tutti i grandi apostoli della carità vi sostenga! Con la mia affettuosa Benedizione Apostolica.

A un gruppo di pellegrini dell’Unione Cristiana dei Pensionati

Saluto cordialmente i cari pellegrini belgi dell’Unione Cristiana Pensionati. A tutti e a ciascuno auguro che questa tappa importante della vostra vita, soggetta a sofferenze fisiche o morali, sia un tempo privilegiato di crescita nella fede, una nuova speranza di apertura e di disponibilità agli altri, un progredire nella serenità e nella speranza, stimolante per voi stessi e per le nuove generazioni. Coraggio e fiducia! La terza età non è forse come il sole della sera, bello quanto quello dell’alba o quello del mezzogiorno? Domando a Cristo di accompagnarvi e nel suo nome vi benedico.

Alla Federazione dei Clubs Americani

Sono felice di incontrare i membri della Federazione degli International American Clubs che hanno tenuto il loro congresso annuale a Roma questa settimana. In quanto americani residenti fuori dal proprio Paese, avete una particolare opportunità, in realtà un particolare dovere, di svolgere un importante ruolo nel compimento del destino del vostro Paese di servizio al mondo. Voglia Dio rendere fruttuosi i vostri sforzi per un pieno avanzamento umano e per la salvaguardia dei diritti di tutti.



Mercoledì, 21 novembre 1979: Valore del matrimonio uno e indissolubile alla luce dei primi capitoli della Genesi

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1. Ricordiamo che Cristo, interrogato sull’unità e indissolubilità del matrimonio, si è richiamato a ciò che era "al principio". Egli ha citato le parole scritte nei primi capitoli della Genesi. Cerchiamo perciò, nel corso delle presenti riflessioni, di penetrare il senso proprio di queste parole e di questi capitoli.

Il significato dell’unità originaria dell’uomo, che Dio ha creato "maschio e femmina", si ottiene (particolarmente alla luce di
Gn 2,23) conoscendo l’uomo nell’intera dotazione del suo essere, cioè in tutta la ricchezza di quel mistero della creazione, che sta alla base dell’antropologia teologica. Questa conoscenza, la ricerca cioè dell’identità umana di colui che all’inizio è "solo", deve passare sempre attraverso la dualità, la "comunione".

Ricordiamo il passo di Genesi 2,23: "Allora l’uomo disse: "Questa volta essa è carne dalla mia carne e ossa dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta"". Alla luce di questo testo, comprendiamo che la conoscenza dell’uomo passa attraverso la mascolinità e la femminilità, che sono come due "incarnazioni" della stessa metafisica solitudine, di fronte a Dio e al mondo – come due modi di "essere corpo" e insieme uomo, che si completano reciprocamente – come due dimensioni complementari dell’autocoscienza e dell’autodeterminazione e, nello stesso tempo, come due coscienze complementari del significato del corpo. Così come già dimostra Genesi Gn 2,23, la femminilità ritrova, in certo senso, se stessa di fronte alla mascolinità, mentre la mascolinità si conforma attraverso la femminilità. Proprio la funzione del sesso, che è, in un certo senso, "costitutivo della persona" (non soltanto "attributo della persona"), dimostra quanto profondamente l’uomo, con tutta la sua solitudine spirituale, con l’unicità e irripetibilità propria della persona, sia costituito dal corpo come "lui" o "lei". La presenza dell’elemento femminile, accanto a quello maschile e insieme con esso, ha il significato di un arricchimento per l’uomo in tutta la prospettiva della sua storia, ivi compresa la storia della salvezza. Tutto questo insegnamento sull’unità è già stato espresso originariamente in Genesi Gn 2,23.

2. L’unità, di cui parla Genesi 2,23 ("i due saranno una sola carne"), è senza dubbio quella che si esprime e realizza nell’atto coniugale. La formulazione biblica, estremamente concisa e semplice, indica il sesso, femminilità e mascolinità, come quella caratteristica dell’uomo – maschio e femmina – che permette loro, quando diventano "una sola carne", di sottoporre contemporaneamente tutta la loro umanità alla benedizione della fecondità. Tuttavia l’intero contesto della lapidaria formulazione non ci permette di soffermarci alla superficie della sessualità umana, non ci consente di trattare del corpo e del sesso al di fuori della piena dimensione dell’uomo e della "comunione delle persone", ma ci obbliga fin dal "principio" a scorgere la pienezza e la profondità proprie di questa unità, che uomo e donna debbono costituire alla luce della rivelazione del corpo.


Quindi, prima di tutto, l’espressione prospettica che dice: "l’uomo... si unirà a sua moglie" così intimamente che "i due saranno una sola carne", ci induce sempre a rivolgerci a ciò che il testo biblico esprime antecedentemente riguardo all’unione nell’umanità, che lega la donna e l’uomo nel mistero stesso della creazione. Le parole di Genesi 2,23 or ora analizzate, spiegano questo concetto in modo particolare. L’uomo e la donna, unendosi tra loro (nell’atto coniugale) così strettamente da divenire "una sola carne", riscoprono, per così dire, ogni volta e in modo speciale, il mistero della creazione, ritornano così a quell’unione nell’umanità ("carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa"), che permette loro di riconoscersi reciprocamente e, come la prima volta, di chiamarsi per nome. Ciò significa rivivere, in certo senso, l’originario valore verginale dell’uomo, che emerge dal mistero della sua solitudine di fronte a Dio e in mezzo al mondo. Il fatto che divengano "una sola carne" è un potente legame stabilito dal Creatore attraverso il quale essi scoprono la propria umanità, sia nella sua unità originaria, sia nella dualità di una misteriosa attrattiva reciproca. Il sesso, però, è qualcosa di più della forza misteriosa della corporeità umana, che agisce quasi in virtù dell’istinto. A livello di uomo e nella reciproca relazione delle persone, il sesso esprime un sempre nuovo superamento del limite della solitudine dell’uomo insita nella costituzione del suo corpo, e ne determina il significato originario. Questo superamento contiene sempre in sé una certa assunzione della solitudine del corpo del secondo "io" come propria.

3. Perciò essa è legata alla scelta. La stessa formulazione di Genesi 2,24 indica non solo che gli esseri umani creati come uomo e donna sono stati creati per l’unità, ma pure che proprio questa unità, attraverso la quale diventano "una sola carne", ha fin dall’inizio un carattere di unione che deriva da una scelta. Leggiamo infatti: "L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie". Se l’uomo appartiene "per natura" al padre e alla madre, in forza della generazione, "si unisce" invece alla moglie (o al marito) per scelta. Il testo di Genesi 2,24 definisce tale carattere del legame coniugale in riferimento al primo uomo e alla prima donna, ma nello stesso tempo lo fa anche nella prospettiva di tutto il futuro terreno dell’uomo. Perciò, a suo tempo, Cristo si richiamerà a quel testo, come ugualmente attuale nella sua epoca. Formati ad immagine di Dio, anche in quanto formano un’autentica comunione di persone, il primo uomo e la prima donna debbono costituirne l’inizio e il modello per tutti gli uomini e donne, che in qualunque tempo si uniranno tra di loro così intimamente da essere "una sola carne". Il corpo, che attraverso la propria mascolinità o femminilità, fin dall’inizio aiuta ambedue ("un aiuto che gli sia simile") a ritrovarsi in comunione di persone, diviene, in modo particolare, l’elemento costitutivo della loro unione, quando diventano marito e moglie. Ciò si attua, però, attraverso una reciproca scelta. È la scelta che stabilisce il patto coniugale tra le persone (Gaudium et Spes GS 48, "L’intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall’irrevocabile consenso personale".), le quali soltanto in base ad essa divengono "una sola carne".

4. Ciò corrisponde alla struttura della solitudine dell’uomo, e in concreto alla "duplice solitudine". La scelta, come espressione di autodeterminazione, poggia sul fondamento di quella struttura, cioè sul fondamento della sua autocoscienza. Soltanto in base alla struttura propria dell’uomo, egli "è corpo" e, attraverso il corpo, è anche maschio e femmina. Quando entrambi si uniscono tra di loro così intimamente da diventare "una sola carne", la loro unione coniugale presuppone una matura coscienza del corpo. Anzi, essa porta in sé una particolare consapevolezza del significato di quel corpo nel reciproco donarsi delle persone. Anche in questo senso, Genesi 2,24 è un testo prospettico. Esso dimostra, infatti, che in ogni unione coniugale dell’uomo e della donna viene di nuovo scoperta la stessa originaria coscienza del significato unitivo del corpo nella sua mascolinità e femminilità; con ciò il testo biblico indica, nello stesso tempo, che in ciascuna di tali unioni si rinnova, in certo modo, il mistero della creazione in tutta la sua originaria profondità e forza vitale. "Tolta dall’uomo" quale "carne dalla sua carne", la donna diventa in seguito, come "moglie" e attraverso la sua maternità, madre dei viventi (cf. Gn 3,20), poiché la sua maternità ha anche in lui la propria origine. La procreazione è radicata nella creazione, ed ogni volta, in certo senso, riproduce il suo mistero.

5. A questo argomento sarà dedicata una speciale riflessione: "La conoscenza e la procreazione". In essa occorrerà riferirsi ancora ad altri elementi del testo biblico. L’analisi fatta finora del significato dell’unità originaria dimostra in che modo "da principio" quella unità dell’uomo e della donna, inerente al mistero della creazione, viene pure data come un impegno nella prospettiva di tutti i tempi successivi.

Saluti:

Ad un gruppo della diocesi di Treviso

Sono particolarmente grato a Monsignor Antonio Mistrorigo, Vescovo di Treviso, e alle Autorità cittadine che hanno accompagnato il numeroso pellegrinaggio della diocesi trevigiana per porgermi il loro rinnovato ringraziamento per la mia visita del 26 agosto scorso. Nel manifestarvi la mia cordiale soddisfazione per questo incontro, che mi richiama alla mente le tante spirituali emozioni di quella tarda serata, desidero ripetervi che il Papa è sempre in mezzo a voi, vi sostiene con la sua preghiera, vi incoraggia nel cammino regale della carità e della solidarietà fraterna, vi addita le altezze del sacrificio cristiano che s’illumina della luce della grazia, infinitamente di più delle bellissime montagne che ho visto in quel giorno indimenticabile.

Esprimo poi un paterno augurio alla Comunità parrocchiale della Città di San Donà di Piave, che celebra il quinto centenario della sua erezione canonica. A voi e a tutti i partecipanti al pellegrinaggio la mia Benedizione Apostolica, estensibile alle rispettive famiglie.

Ai Rettori dei Santuari Mariani d’Italia

Partecipa a questa udienza il folto gruppo dei Rettori di molti Santuari italiani, riuniti in Roma per il loro quindicesimo convegno, organizzato dal Collegamento mariano, sul tema: "l Santuari per una pastorale di speranza dell’uomo che soffre". La vostra presenza, carissimi Sacerdoti, mi offre motivo di sincera soddisfazione: non solo perché mi ricordate i bei Santuari, che ho finora visitato; ma soprattutto perché voi, insieme con i vostri collaboratori, nell’assiduo ascolto e nella meditazione della Parola di Dio nella sua Casa, traete continua forza e coraggio per rispondere alle tante attese dei pellegrini, che accorrono ai Santuari per momenti di riflessione e di preghiera. Vi accompagna nel vostro santificante ministero la mia paterna Benedizione.

Ai piccoli del Coro dell’Antoniano


Un cordiale e paterno saluto desidero rivolgere al "Piccolo Coro" dell’Antoniano di Bologna, che in questi giorni ha voluto celebrare il ventennale della proclamazione dei diritti del fanciullo. Carissimi ragazzi! Vi esprimo il mio plauso e il mio incoraggiamento per il messaggio di bontà, di solidarietà e di pace, che diffondete con i vostri canti, non soltanto tra i vostri coetanei, ma anche tra gli adulti. Conservate sempre intatta nel vostro cuore questa carica di entusiasmo, che vi viene dalla sincera e profonda amicizia con Gesù. A voi tutti e ai vostri cari la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Saluto e benedico i giovani e le giovani, i ragazzi e le ragazze presenti a questo incontro. Vorrei raccomandare ad essi di essere sempre grati a Dio per la loro grande fortuna, che non è solo quella della giovinezza, ma soprattutto quella di essere cristiani, figli di Dio; e questa fortuna è eterna, condizione di eterna giovinezza: siatene felici, cari giovani. Il Papa prega per voi, perché non venga mai meno nella vostra vita, in qualsiasi vicenda, questa luce dell’anima, e perché sia sempre viva in voi questa interiore sensibilità e letizia.

Agli ammalati

Un pensiero particolarmente affettuoso e rispettoso rivolgo agli ammalati. Come potrei non provare affetto, sincero, paterno, per chi, in qualsiasi famiglia o istituto, forse in solitudine, è provato da penose afflizioni fisiche e spirituali? Ma il mio saluto a voi, cari ammalati, oltre che affettuoso, è anche rispettoso, perché voi siete tra noi una speciale presenza del Signore; voi possedete una particolare somiglianza con il cristo redentore; voi avete una singolare missione di salvezza e di santificazione, per voi stessi e per gli altri. Il Signore vi conforti con la ricchezza della sua grazia; vi liberi, se è sua volontà, dalle vostre tribolazioni; vi dia serenità e coraggio, e tanta fede e tanta speranza. A voi, cordialissima, la mia Benedizione.

Agli sposi

E ora il mio saluto agli sposi novelli, le mie felicitazioni e i miei voti per la loro nuova vita e per la loro presente e futura famiglia. Voi, cari sposi, avete voluto Gesù nel Sacramento del Matrimonio; siete venuti dal Papa, Vicario di Gesù, per ricevere da lui la Benedizione del Signore; se avete iniziato così bene, da veri cristiani, la vostra convivenza, io non posso augurarvi nulla di meglio di questo: state sempre con Gesù, nella fede e nella vita di ogni giorno; abbiatelo sempre in mezzo a voi, Gesù, anche con la vostra comune preghiera: così vi sarà non difficile camminare insieme nell’amore, nella fedeltà, nel mutuo accordo, nella reciproca comprensione e pazienza, nella pace; e i vostri figli riceveranno da voi la migliore educazione, il miglior buon esempio, il più caro e salutare ricordo. Sempre, dunque, con Gesù, e Gesù sia sempre con voi. Con voi, pure, la mia Benedizione.

A un gruppo di albergatori



Agli albergatori riuniti in un Congresso Internazionale a Roma e che hanno desiderato rendermi visita, rivolgo il mio saluto e il mio ringraziamento. Permettetemi anche di esprimervi i miei auguri sinceri. Vi auguro che le vostre Pensioni e i vostri Alberghi – del resto ve lo augurate voi stessi – favoriscano, in condizioni di sana e gradevole ospitalità, l’accoglienza, il rispetto, la discrezione, ed anche uno stile di fraternità tra chi vi soggiorna. Le vostre Case siano prima di tutto delle comunità di lavoro dove Direzione e Personale si sforzano di vivere i loro esigenti compiti in uno spirito di comprensione e di collaborazione! Infine, tutti coloro che assicurano il buon funzionamento delle vostre strutture alberghiere o che vengono a cercarvi il riposo e il piacere, si guardino dal dimenticare le sofferenze dei meno favoriti e i richiami dei loro fratelli nel bisogno! Con questi sentimenti invoco su di voi l’aiuto di Dio.
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Ai membri della Confederazione internazionale dei Quadri

Saluto in modo particolare i membri della Confederazione internazionale dei Quadri che terranno a Roma il loro Congresso sul tema "I dirigenti d’azienda europei nella società degli anni 80". Nell’attuale contesto economico, spesso precario, non mancano le difficoltà di equilibrare o mantenere la produzione, di regolarizzare gli scambi, e dunque di assicurare la vitalità e la promozione delle vostre aziende. Tutto ciò comporta gravi conseguenze nell’occupazione, nella vita delle persone, per cui bisogna che misuriate i rischi e pesiate bene le soluzioni con le altre forze sociali. Anche altri Paesi, meno sviluppati a livello industriale, si dibattono in gravi problemi. È vostro onore affrontare al meglio le vostre responsabilità e, per questo, illuminarvi a vicenda durante il vostro Congresso. Prego Dio di assistervi in quello che è un servizio indispensabile, esigente e delicato, della società attuale.

Ad un gruppo di Religiosi e Religiose partecipanti ad un corso di aggiornamento

Desidero rivolgere un saluto particolare ai sacerdoti e ai fratelli che partecipano a un corso di aggiornamento a Nemi. C’è un’intima relazione tra la parola di Dio e ogni teologia, tra la parola di Dio e ogni lavoro missionario. La mia preghiera particolare per voi oggi è che lo Spirito Santo vi doni un sempre più profondo amore della parola di Dio e una sempre più grande apertura a tutte le sue applicazioni nella vostra vita. E da Nemi possiate partire con rinnovato fervore per proclamare il Vangelo della salvezza. Miei cari fratelli, ricordiamoci sempre che la parola di Dio è lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino (cf. Ps 119,105). Dà significato al nostro ministero e gioia alla nostra vita.

Ai membri di un’Associazione di giornalisti della Germania Federale



Saluto i partecipanti alla settimana per giornalisti cattolici a Roma organizzata dalla società di pubblicisti cattolici della Repubblica Federale Tedesca, così come i responsabili dell’agenzia di informazione cattolica, che insieme lavorano nel "Centrum Informationis Catholicum" romano. Era vostro desiderio, attraverso questo incontro nel centro della Chiesa mondiale, informare riguardo l’odierna vita ecclesiastica. È mia speranza che, attraverso gli innumerevoli contatti e le nuove esperienze voi ampliate non solo le vostre conoscenze sulla Chiesa, ma approfondiate anche la comprensione del vostro ruolo, quali giornalisti cattolici, nella Chiesa e nella società del nostro tempo. Le numerose conquiste tecniche nel campo della comunicazione possono essere usate a beneficio o a danno degli uomini; oggi, voi siete – come cristiani responsabili – chiamati ancora di più ad usare questo particolare servizio per la verità e per incoraggiare e proteggere l’uomo e i suoi inestimabili valori. Accompagno il vostro lavoro non sempre facile ma quasi di importanza vitale per la Chiesa e la società, con simpatia e grande interesse e chiedo per voi, con la mia Benedizione Apostolica, il forte ed illuminante aiuto e sostegno di Dio.

Ai Carabinieri

Un sincero ed affettuoso saluto desidero adesso rivolgere ai componenti della "Banda dell’Arma dei Carabinieri", che ha ora dato un’ulteriore conferma di quella bravura musicale, che l’ha resa celebre in tutto il mondo. Carissimi Carabinieri! Membri di quell’Arma, che giustamente il diletto Popolo italiano ha chiamato e continua a chiamare "La Benemerita"! Siate sempre degni della gloriosa divisa che indossate; siate sempre coerenti testimoni delle virtù tipiche del vostro Corpo: la fedeltà assoluta alla Patria; la cura tempestiva della giustizia; il rispetto premuroso per i cittadini; l’attenta solidarietà per i deboli.

Gli italiani e con essi anche il Papa vi amano, vi stimano, vi apprezzano perché sanno di trovare in voi non soltanto i tutori dell’ordine pubblico, ma i fratelli, forti e generosi, sempre pronti e solleciti a donarsi senza riserva per il bene della comunità. E in questo momento non possiamo non rivolgere il nostro commosso pensiero e non elevare la nostra accorata preghiera di suffragio per tutti quei Carabinieri che hanno perduto la vita nell’adempimento del loro dovere: e in particolare quei numerosi commilitoni padri di famiglia o giovani nel fiore degli anni che in quest’anno sono stati trucidati. Proprio stamane, a Genova, due Carabinieri sono stati barbaramente assassinati: per il riposo eterno delle loro anime e per il conforto cristiano dei loro congiunti noi eleviamo la nostra supplica a Dio, vindice supremo della giustizia. L’orrore per questo disumano ed efferato crimine, che ancora una volta colpisce ed insanguina la vostra Arma, deve unire sempre più i buoni in una decisa volontà contro la violenza. E non possiamo dimenticare i 2100 vostri colleghi che sono rimasti feriti sempre durante il loro duro lavoro.

Su voi, su tutti i Carabinieri d’Italia, sull’Ordinario Militare, Monsignor Mario Schierano, sul vostro Comandante, il Generale Pietro Corsini, su tutti gli Alti Ufficiali presenti, sui vostri cari invoco, per l’intercessione della Madonna "Virgo Fidelis", vostra celeste protettrice, l’abbondanza dei favori divini, e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, segno della mia costante benevolenza.





Catechesi 79-2005 14119