Catechesi 79-2005 23180

Mercoledì, 23 gennaio 1980: Partecipiamo con slancio all’opera ecumenica

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Carissimi fratelli e sorelle!

1. La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che è in corso (si svolge dal 18 al 25 gennaio), ancora una volta ci richiama a riflettere e a pregare più intensamente per la perfetta ricomposizione della piena unità di tutti i cristiani. Ogni anno che passa rende più urgente l’unità. E questa speciale settimana di preghiera diventa come l’occasione annuale per un esame di coscienza di fronte al Signore. Ma se essa inevitabilmente fa constatare che l’unità non è purtroppo ancora raggiunta e permangono divergenze tra i cristiani, fa però anche rilevare che il Signore e lo Spirito Santo sono presenti ed operanti tra i cristiani, i quali si mostrano sempre più attenti alla questione dell’unità. Particolarmente in questa settimana, cattolici, ortodossi, protestanti, si incontrano per pregare insieme. Questo mettersi così davanti al Signore è già una positiva risposta al suo appello all’unità ed è l’espressione della comune volontà e del comune impegno di proseguire, in obbedienza di fede verso la piena unità.

Tuttavia la ricerca dell’unità, e specialmente la preghiera, devono impegnare tutti noi, perché, come ha affermato il Concilio Vaticano II, "la cura di stabilire l’unità riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e ognuno secondo la propria capacità" (Unitatis Redintegratio
UR 5). Per questo nella mia esortazione apostolica sulla catechesi, seguendo i suggerimenti fatti dal Sinodo dei Vescovi del 1977, ho creduto necessario sottolineare l’importanza della formazione ecumenica. Infatti, "la catechesi non può essere estranea a questa dimensione ecumenica, allorché tutti i fedeli, secondo le loro capacità e posizioni nella Chiesa, sono chiamati a partecipare al movimento verso l’unità" (Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae CTR 32).

Una adeguata dimensione ecumenica nella catechesi abilita i cristiani non soltanto a percepire il significato e l’importanza dell’unità della Chiesa, ma a rendersi veri artefici di comunione con la preghiera, con la parola, con l’azione dell’intera vita cristiana. Una tale formazione da una parte aiuterà i cattolici stessi ad approfondire la propria fede, ad avere convinzioni più solide e, dall’altra, li metterà in condizione di conoscere meglio e di stimare gli altri cristiani, facilitando così la comune ricerca del cammino verso la piena unità, nella verità tutta intera (cfr Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae CTR 32). In tal modo la ricerca dell’unità rientra nelle preoccupazioni normali dell’attività pastorale della Chiesa ed è chiamata ad assumere le dimensioni di una priorità. Il Concilio ha esortato "tutti i fedeli cattolici perché, riconoscendo i segni dei tempi, partecipino con slancio all’opera ecumenica" (Unitatis Redintegratio UR 4).

2. L’importanza che ha l’unità dei cristiani si può chiaramente percepire dal tema scelto per quest’anno dalla commissione mista fra rappresentanti della Chiesa cattolica e del consiglio ecumenico delle Chiese "Venga il tuo regno" (Mt 6,10). Si è voluto così ricordare che l’unità dei cristiani è in stretta relazione con l’avvento del regno di Dio tra gli uomini, si inserisce nel disegno salvifico di Dio ed ha una implicazione che abbraccia l’intera famiglia umana.

Cristo annuncia l’avvento del regno e richiama alla conversione: "Ravvedetevi perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 4,17). Egli libera dalla schiavitù del male, dal peccato: "Se in virtù del dito di Dio, io scaccio i demoni, allora già è pervenuto tra voi il regno di Dio" (Lc 11,20); Cristo risana e riabilita l’uomo (cfr Lc 11,5); egli muore e risorge, perché è venuto "a dare la sua vita in riscatto per molti" (Mc 10,45); ed effonde sui suoi discepoli lo Spirito promesso dal Padre (cfr Ac 2,33). Egli così costituisce una nuova comunità di coloro che hanno accolto la sua signoria: la Chiesa. Egli ha fondato la Chiesa nell’unità perché sia segno e strumento del regno di Dio.

La divisione tra i cristiani è un avvenimento contrario alle esigenze del regno di Dio, opposto alla natura stessa della Chiesa che di questo regno è l’inizio e lo strumento. Inoltre la divisione offusca la proclamazione del regno di Dio, ne ostacola l’efficacia, rendendone più debole la testimonianza. "Danneggia la santissima causa della proclamazione del Vangelo ad ogni creatura" (Unitatis Redintegratio UR 1), aveva affermato il decreto conciliare sull’ecumenismo.

Ciò proviene dalla parziale permanenza dei residui del peccato tra i cristiani, dalla non piena realizzazione delle esigenze del regno. É proprio per questo che il Concilio Vaticano II (Unitatis Redintegratio UR 1), nel trattare dell’esercizio dell’ecumenismo, ha parlato di esigenza di conversione interiore, di rinnovamento della mente (Unitatis Redintegratio UR 7), di santità di vita, di esigenza di preghiera pubblica e privata (Ivi, UR 8), di rinnovamento della Chiesa come accresciuta fedeltà alla propria vocazione (Unitatis Redintegratio UR 6).

Queste esigenze per la ricerca dell’unità sono identiche a quelle richieste per la realizzazione del regno di Dio: la Chiesa infatti è in cammino verso la pienezza del regno.

Ma il regno di Dio si instaura nella storia concreta degli uomini. Ma come tacere che, in questa nostra contemporaneità, i diritti dell’uomo sono violati? In vari paesi cresce il terrorismo, aumenta l’inquietudine e la paura. Eppure, è anche in queste situazioni concrete che occorre annunciare l’avvento del regno, per trasformarle non solamente in luoghi di pacifica convivenza, ma più ancora in comunione di vita, nel reciproco rispetto e servizio degli uni verso gli altri.

Il regno di Dio, scriveva san Paolo ai primi cristiani di questa città di Roma, "è giustizia, è pace, è gioia nello Spirito Santo" (Rm 14,17).

Noi che crediamo in Gesù Cristo, nel quale si è manifestato il regno di Dio, siamo chiamati a renderci artefici di riconciliazione, di pacificazione, di fraternità tra gli uomini. Siamo chiamati ad essere gli araldi del regno di Dio. Ma proprio per questo si fa sentire più viva l’urgente esigenza della ricomposizione della piena unità fra i cristiani, che li abiliterà a rendere una testimonianza sempre più efficace, e a proclamare, con maggiore credibilità, l’avvento del regno.


3. Ogni volta che recitiamo il "Padre nostro" noi chiediamo: "Venga il tuo regno". Essendo la venuta del regno strettamente collegata, come ho detto, alla causa dell’unione dei cristiani, ecco allora che la recita quotidiana e ripetuta del "Pater" può diventare un’intenzione di preghiera per l’unità.

E quotidianamente dobbiamo chiedere al Signore l’unità fino a che tutti i cristiani, superate le divergenze e raggiunta la piena unità di fede, possano celebrare e partecipare insieme all’unica eucaristia del Signore, sacramento del regno di Dio che viene.

Questa settimana ci fa anche riflettere su quanto si è realizzato in quest’ultimo anno nel campo della ricerca della perfetta unità dei cristiani. Ringraziamo il Signore per quanto ci ha concesso! I rapporti tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese e comunità ecclesiali si sono svolti con ritmo intenso, sia con le Chiese d’oriente sia con le Chiese e comunità ecclesiali d’occidente. Il dialogo teologico approfondisce il suo positivo lavoro. Personalmente ho ancora vivo il ricordo del fraterno incontro col Patriarca Dimitrios I, al patriarcato ecumenico, e la nostra preghiera tanto nella chiesa ortodossa di san Giorgio al Fanar, quanto nella chiesa cattolica dedicata allo Spirito Santo. Che lo Spirito di Dio ci guidi fino alla piena unità!

Certo, nella via dell’unità, esistono ancora serie difficoltà, tanto di indole teologica che psicologica. Proprio per questo la settimana di preghiere, mentre fa elevare a Dio il coro concorde delle voci di tutti i cristiani imploranti l’unità, deve rinnovare e fortificare l’impegno, riscaldare il cuore, rinsaldare la speranza.

Eleviamo dunque anche noi, ora, la nostra preghiera, e insieme diciamo: Che tutti siano una cosa sola.

Perché, sin da ora, i cristiani rendano una testimonianza comune al servizio del suo regno. Preghiamo!

Tutti: Che tutti siano una cosa sola.

Perché tutte le comunità cristiane si uniscano nella ricerca della piena unità. Preghiamo!

Tutti: Che tutti siano una cosa sola.

Perché si realizzi la perfetta unità di tutti i cristiani, in modo che Dio sia glorificato da tutti gli uomini in Cristo Signore. Preghiamo!

Tutti: Che tutti siano una cosa sola.


Perché tutti i popoli della terra superino i conflitti e gli egoismi e trovino la piena riconciliazione e la pace nel regno di Dio. Preghiamo!

Tutti: Che tutti siano una cosa sola.

Preghiamo. Ricordati, o Signore, della tua Chiesa: preservala da ogni male; rendila perfetta nel tuo amore; santificala e raccoglila dai quattro venti nel tuo regno, che per essa preparasti. Perché tua è la potenza e la gloria nei secoli. (Didaché, 10,5).

Tutti: Amen.

Saluti:

Ai giornalisti olandesi che seguono i lavori del Sinodo dei Paesi Bassi


Ad un gruppo di marinai italiani

SONO MOLTO LIETO di dare il benvenuto al folto gruppo di Ufficiali, Sottufficiali e Marinai degli Incrociatori "Vittorio Veneto" e "Andrea Doria" e della nave "Stromboli" della Marina Militare Italiana, i quali insieme con i loro Cappellani sono presenti a questa Udienza, guidati dall’Ordinario Militare, Monsignor Mario Schierano, dal Capo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio Giovanni Torrisi, e dai Comandanti delle tre unità.

Nel ringraziarvi, carissimi fratelli, per questo atto di cortesia, vi esprimo il mio plauso riconoscente per la nobile missione da voi compiuta nella scorsa estate, per il recupero dei profughi vietnamiti, la cui vicenda ha commosso tutti.


So quali rischi avete affrontato; quale amore fraterno vi ha condotti, e quale spirito di abnegazione e di sacrificio sia stato necessario per salvare il maggior numero di fratelli in pericolo di naufragio; so anche che molti membri dei vostri equipaggi continuano con cristiana sollecitudine la loro generosa opera di assistenza a favore di famiglie vietnamite. Nel porgervi dunque cordiali congratulazioni, incoraggio tutti i presenti ad essere sempre operatori di quella carità che la bontà divina ha posto nel cuore umano. Con questo auspicio invoco su di voi, sulle vostre famiglie e su tutte le persone a voi care la pienezza dei doni celesti, e di cuore imparto la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Ad una rappresentanza della Legione Allievi della Guardia di Finanza

UN AFFETTUOSO SALUTO rivolgo poi a voi, soci del Circolo Sottufficiali, Appuntati e Finanzieri della Legione Allievi Guardie di Finanza, presenti a questa Udienza con i vostri familiari. Nel compimento dei vostri doveri, vi sia di conforto la fede nella divina assistenza.

La mia Benedizione Apostolica, che imparto a voi ed a tutti i vostri cari, avvalori i vostri generosi propositi.

Ai partecipanti alla "Settimana di Spiritualità della Famiglia Salesiana"

SALUTO ANCORA i partecipanti ad una "Settimana di Spiritualità della Famiglia Salesiana", i quali, riuniti a Roma in questi giorni da numerose Nazioni, stanno compiendo un utile lavoro di verifica e di approfondimento della prassi educativa di San Giovanni Bosco, sottolineando in particolare i valori spirituali che debbono animare oggi i giovani. Cari fratelli, vi esprimo il mio profondo apprezzamento per l’opportuna iniziativa, vi ringrazio per tutto il bene che fate tra i giovani e vi benedico, con l’auspicio che lo spirito di San Giovanni Bosco, vostro Fondatore, ispiri sempre i vostri propositi e la vostra opera educativa.

Ad un gruppo di ex-internati romani

UN PENSIERO PARTICOLARMENTE affettuoso vada ora al folto gruppo degli ex-internati romani, i quali, durante la seconda guerra mondiale, furono rinchiusi nei campi di concentramento nazisti della Polonia e della Germania. Vi ringrazio sinceramente per questa vostra visita, che per iniziativa della vostra Associazione Nazionale, avete voluto rendermi quest’oggi. La vostra presenza richiama alla memoria le innumerevoli figure eroiche e coraggiose che insieme con voi e come voi, hanno sofferto, pagato di persona per i propri fratelli ed hanno tuttora nel proprio corpo e nel proprio spirito i segni e le conseguenze terribili della guerra. E ricordo con voi il Beato Kolbe, il luogo del cui olocausto, il campo di Oswiecyn, ho visitato con intensa commozione durante il mio viaggio in Polonia. Sappiate che il Papa è vicino a voi, vi apprezza e vi assicura la confortatrice Benedizione Apostolica, in segno della sua continua benevolenza.

All’Associazione Internazionale delle Figlie di Maria

UN AFFETTUOSO SALUTO desidero indirizzare anche alla numerosa rappresentanza dell’Associazione Internazionale delle Figlie di Maria e delle Comunità Mariane del Lazio, della Campania e della Sicilia.

Come hanno fatto i miei Predecessori, in particolare Pio IX che diede la prima solenne approvazione al vostro benemerito Sodalizio, Pio XII e Paolo Vi, anch’io desidero esprimervi il mio vivo compiacimento per la vostra presenza ma, soprattutto, per lo zelo interiore che anima la vostra Associazione, i cui membri si impegnano ad una particolare, filiale devozione alla Madonna e, quindi, ad una fervorosa vita cristiana, animata dalla costante meditazione della Parola di Dio, dalla continua preghiera, dalla fattiva e sollecita carità verso i fratelli e le sorelle nel bisogno.


A voi qui presenti e a tutta l’Associazione Internazionale Mariana la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani

A TUTTI I GIOVANI ed alle giovani, presenti a questo incontro, rivolgo un cordiale saluto, con uno speciale pensiero agli appartenenti al Movimento "GENTILE", che sono riuniti in questi giorni al Centro Mariapoli di Rocca di Papa.

Carissimi, siate sempre grati a Dio per la vostra grande fortuna, che non è solo quella della giovinezza, piena di energie, di ideali e di speranze, ma specialmente quella di essere cristiani, figli di Dio; una fortuna che non viene mai meno, se non a causa del peccato; una fortuna che è garanzia di una eterna giovinezza. Il Papa prega per voi, perché il Signore e la sua madre Santissima vi aiutino a conservare sempre viva nell’anima questa luce e questa letizia. Col mio augurio e la mia Benedizione.

Fra i pellegrinaggi scolastici, desidero ricordare quello particolarmente numeroso degli alunni della Scuola Romana "Virgina Centurione Bracelli".

Cari ragazzi e ragazze, sappiate approfittare di questi anni per prepararvi con serietà e con impegno ai compiti che vi attendono nella vita. Il Signore vi sia vicino con la sua assistenza, che di cuore invoco su di voi, mentre imparto la mia Benedizione.

Agli ammalati

SALUTO CON particolare affetto gli ammalati e chiunque è provato da tribolazioni, nel corpo e nell’anima. Voi, cari ammalati, siete, tra noi e nel mondo, una speciale presenza del Signore; voi possedete una singolare somiglianza col Cristo Redentore; e a voi è affidata una missione di salvezza, per voi stessi e per gli altri.

Il Signore vi conforti con l’abbondanza della sua grazia; vi liberi, se è sua volontà, dai vostri patimenti; vi dia sereno coraggio e tanta fede. A questo scopo anche per voi il Papa prega e imparte la sua Benedizione.

Agli sposi novelli

IL MIO SALUTO, le mie felicitazioni ed i miei voti sono per gli sposi novelli, per la loro vita e per la loro nuova famiglia. Voi, cari sposi, avete voluto che Gesù fosse presente alle vostre nozze, mediante il Sacramento del Matrimonio. Di cuore vi auguro di camminare insieme con Gesù per tutta la vita, nel reciproco amore, nel mutuo accordo, nella comprensione e nella gioia della fatica quotidiana. Vi accompagni la mia Benedizione, che di cuore vi imparto.





Mercoledì, 30 gennaio 1980: Coscienza del significato del corpo e innocenza originaria

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1. La realtà del dono e dell’atto del donare, delineata nei primi capitoli della Genesi come contenuto costitutivo del mistero. della creazione, conferma che l’irradiazione dell’Amore è parte integrante di questo stesso mistero. Soltanto l’Amore crea il bene, ed esso solo può, in definitiva, essere percepito in tutte le sue dimensioni ed i suoi profili nelle cose create e soprattutto nell’uomo. La sua presenza è quasi il risultato finale di quell’ermeneutica del dono, che qui stiamo conducendo. La felicità originaria, il "principio" beatificante dell’uomo che Dio ha creato "maschio e femmina" (
Gn 1,27), il significato sponsale del corpo nella sua nudità originaria: tutto ciò esprime il radicamento nell’Amore.

Questo donare coerente, che risale fino alle più profonde radici della coscienza e della subcoscienza, agli strati ultimi dell’esistenza soggettiva di ambedue, uomo e donna, e che si riflette nella loro reciproca "esperienza del corpo", "testimonia il radicamento nell’Amore. I primi versetti della Bibbia ne parlano tanto da togliere ogni dubbio. Parlano non soltanto della creazione del mondo e dell’uomo nel mondo, ma anche della grazia, cioè del comunicarsi della santità, dell’irradiare dello Spirito, che produce uno speciale stato di "spiritualizzazione" in quell’uomo, che di fatto fu il primo. Nel linguaggio biblico, cioè nel linguaggio della Rivelazione, la qualifica di "primo" significa appunto "di Dio": "Adamo, figlio di Dio" (cf. Lc 3,38).

2. La felicità è il radicarsi nell’Amore. La felicità originaria ci parla del "principio" dell’uomo, che è sorto dall’Amore e ha dato inizio all’amore. E ciò è avvenuto in modo irrevocabile, nonostante il successivo peccato e la morte. A suo tempo, Cristo sarà testimone di questo amore irreversibile del Creatore e Padre, che si era già espresso nel mistero della creazione e nella grazia dell’innocenza originaria. E perciò anche il comune "principio" dell’uomo e della donna, cioè la verità originaria del loro corpo nella mascolinità e femminilità, verso cui Genesi Gn 2,25 rivolge la nostra attenzione, non conosce la vergogna. Questo "principio" si può anche definire come originaria e beatificante immunità dalla vergogna per effetto dell’amore.

3. Una tale immunità ci orienta verso il mistero dell’innocenza originaria dell’uomo. Essa è un mistero della sua esistenza, anteriore alla conoscenza del bene e del male e quasi "al di fuori" di questa. Il fatto che l’uomo esiste in questo modo, antecedentemente alla rottura della prima Alleanza col suo Creatore, appartiene alla pienezza del mistero della creazione. Se, come abbiamo già detto, la creazione è un dono fatto all’uomo, allora la sua pienezza e dimensione più profonda è determinata dalla grazia, cioè dalla partecipazione alla vita interiore di Dio stesso, alla sua santità. Questa è anche, nell’uomo, fondamento interiore e sorgente della sua innocenza originaria. È con questo concetto - e più precisamente con quello di "giustizia originaria" - che la teologia definisce lo stato dell’uomo prima del peccato originale. Nella presente analisi del "principio", che ci spiana le vie indispensabili alla comprensione della teologia del corpo, dobbiamo soffermarci sul mistero dello stato originario dell’uomo. Infatti, proprio quella coscienza del corpo - anzi, la coscienza del significato del corpo - che cerchiamo di mettere in luce attraverso l’analisi del "principio", rivela la peculiarità dell’innocenza originaria.

Ciò che forse maggiormente si manifesta in Genesi Gn 2,25 in modo diretto, è appunto il mistero di tale innocenza, che tanto l’uomo quanto la donna delle origini portano, ciascuno in se stesso. Di tale caratteristica è testimone in certo senso "oculare" il loro corpo stesso. È significativo che l’affermazione racchiusa in Genesi 2,25 - circa la nudità reciprocamente libera da vergogna - sia una enunciazione unica nel suo genere in tutta la Bibbia, così che non sarà mai più ripetuta. Al contrario, possiamo citare molti testi, in cui la nudità sarà legata alla vergogna o addirittura, in senso ancor più forte, all’"ignominia".(La "nudità", nel senso di "mancanza di vestito", nell’antico Medio Oriente significava lo stato di abiezione degli uomini privi di libertà: di schiavi, prigionieri di guerra o di condannati, di quelli che non godevano della protezione della legge. La nudità delle donne era considerata disonore [cf. ad es. le minacce dei profeti: Os 1,2 e Ez 23,26 Ez 23,29]. L’uomo libero, premuroso della sua dignità, doveva vestirsi sontuosamente: più le vesti avevano strascico, più alta era la dignità [cf. ad es. la veste di Giuseppe, che ispirava la gelosia dei suoi fratelli; o dei farisei, che allungavano le loro frange]. Il secondo significato della "nudità", in senso eufemistico, riguardava l’atto sessuale. La parola ebraica cerwat significa un vuoto spaziale [ad es. del paesaggio], mancanza di vestito, spogliazione, ma non aveva in sé nulla di obbrobrioso.) In questo ampio contesto sono tanto più visibili le ragioni per scoprire in Genesi 2,25 una particolare traccia del mistero dell’innocenza originaria e un particolare fattore della sua irradiazione nel soggetto umano. Tale innocenza appartiene alla dimensione della grazia contenuta nel mistero della creazione, cioè a quel misterioso dono fatto all’intimo dell’uomo - al "cuore" umano - che consente ad entrambi, uomo e donna, di esistere dal "principio" nella reciproca relazione del dono disinteressato di sé. In ciò è racchiusa la rivelazione e insieme la scoperta del significato "sponsale" del corpo nella sua mascolinità e femminilità. Si comprende perché parliamo, in questo caso, di rivelazione ed insieme di scoperta. Dal punto di vista della nostra analisi è essenziale che la scoperta del significato sponsale del corpo, che leggiamo nella testimonianza del Libro della Genesi, si attui attraverso l’innocenza originaria; anzi, è tale scoperta che la svela e la mette in evidenza.

4. L’innocenza originaria appartiene al mistero del "principio" umano, dal quale l’uomo "storico" si è poi separato commettendo il peccato originale. Il che non significa, però, che non sia in grado di avvicinarsi a quel mistero mediante la sua conoscenza teologica. L’uomo "storico" cerca di comprendere il mistero dell’innocenza originaria quasi attraverso un contrasto, e cioè risalendo anche all’esperienza della propria colpa e della propria peccaminosità.("Sappiamo infatti che la legge è spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato. Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto... Quindi non sono più farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più farlo, ma il peccato che abita in me. Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?" [ Rm 7,14-15 Rm 7,17-24 cf., "Video meliora proboque, deteriora sequor": Ovidio, Metamorph., VII, 20]). Egli cerca di comprendere l’innocenza originaria come carattere essenziale per la teologia del corpo, partendo dall’esperienza della vergogna; infatti, lo stesso testo biblico così lo orienta. L’innocenza originaria è quindi ciò che "radicalmente", cioè alle sue stesse radici, esclude la vergogna del corpo nel rapporto uomo-donna, ne elimina la necessità nell’uomo, nel suo cuore, ossia nella sua coscienza. Sebbene l’innocenza originaria parli soprattutto del dono del Creatore, della grazia che ha reso possibile all’uomo di vivere il senso della donazione primaria del mondo ed in particolare il senso della donazione reciproca dell’uno all’altro attraverso la mascolinità e femminilità in questo mondo, tuttavia tale innocenza sembra anzitutto riferirsi allo stato interiore del "cuore" umano, della umana volontà. Almeno indirettamente, in essa è inclusa la rivelazione e la scoperta dell’umana coscienza morale - la rivelazione e la scoperta di tutta la dimensione della coscienza - ovviamente, prima della conoscenza del bene e del male. In certo senso, va intesa come rettitudine originaria.

5. Nel prisma del nostro "a posteriori storico" cerchiamo quindi di ricostruire, in certo modo, la caratteristica dell’innocenza originaria intesa quale contenuto della reciproca esperienza del corpo come esperienza del suo significato sponsale (secondo la testimonianza di Gn 2,23-25). Poiché la felicità e l’innocenza sono iscritte nel quadro della comunione delle persone, come se si trattasse di due fili convergenti dell’esistenza dell’uomo nello stesso mistero della creazione, la coscienza beatificante del significato del corpo - cioè del significato sponsale della mascolinità e della femminilità umane - è condizionata dall’originaria innocenza. Sembra che non vi sia alcun impedimento per intendere qui quella innocenza originaria come una particolare "purezza di cuore", che conserva un’interiore fedeltà al dono secondo il significato sponsale del corpo. Di conseguenza, l’innocenza originaria, così concepita, si manifesta come una tranquilla testimonianza della coscienza che (in questo caso) precede qualsiasi esperienza del bene e del male; e tuttavia tale testimonianza serena della coscienza è qualcosa di tanto più beatificante. Si può dire, infatti, che la coscienza del significato sponsale del corpo, nella sua mascolinità e femminilità, diventa "umanamente" beatificante solo mediante tale testimonianza.

A questo argomento - cioè al legame che, nell’analisi del "principio" dell’uomo, si delinea tra la sua innocenza (purezza di cuore) e la sua felicità - dedicheremo la prossima meditazione.

Saluti:


Alle partecipanti al Capitolo Generale della "Society of Holy Child Jesus"


Agli studenti della "Notre Dame International School" di Roma


Ad un gruppo di religiosi partecipanti ad un corso di spiritualità

SALUTO CON PARTICOLARE compiacimento il gruppo di religiosi partecipanti ad un corso di spiritualità, organizzato dal "Centro Ignatianum Spiritualitatis", al fine di preparare direttori spirituali e promotori di esercizi ignaziani. Cari fratelli e sorelle, mi rallegro e congratulo con voi per la necessaria e delicata missione che voi intendete abbracciare nella guida spirituale di tante anime. Il Signore vi illumini in queste settimane di preghiera e di riflessione per comprendere in pienezza quello che Egli oggi esige da voi per essere domani non solo annunciatori del Cristo, ma anche e soprattutto suoi testimoni con la vita e con le opere. A questo scopo vi imparto una speciale Benedizione.

Alle socie del Movimento Femminile Coldiretti

UN CORDIALE SALUTO rivolgo ora alle Dirigenti ed alle socie del Movimento Femminile Coldiretti della provincia di Torino presenti all’Udienza. E col saluto, un augurio: che il vostro lavoro, talvolta tanto faticoso, mettendovi a contatto più diretto con la natura e con i meravigliosi fenomeni che le vicende delle stagioni suscita in essa, mantenga sempre vivo in voi il senso dell’onnipotente azione di Dio, che "nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo" e confermi in voi, insieme con l’abbandono fiducioso alla Sua provvidenza, la legittima fierezza di cooperare con Lui al sostentamento di tanti fratelli e sorelle. A voi la mia Benedizione.

Alle allieve ostetriche del Policlinico "Umberto I" di Roma

DESIDERO SALUTARE, POI, le allieve ostetriche del Policlinico "Umberto I" di Roma, che partecipano all’Udienza col loro Cappellano. Sappiate prepararvi, figlie carissime, con grande senso di responsabilità all’altissima missione che vi attende: voi siete chiamate a portare un contributo prezioso allo sbocciare della vita, questo inestimabile dono di Dio, che costituisce il presupposto ed il fondamento di ogni altro Suo dono. Il vostro impegno di oggi e di domani sia uno soltanto: servire la vita, sotto gli occhi di Dio! Con la mia Apostolica Benedizione.

Ad un gruppo di operai sardi


PARTECIPA ALL’UDIENZA di stamani un gruppo di operai sardi, i quali stanno specializzandosi nello stabilimento ANIC di Manfredonia, in attesa di partire per l’estero con le loro famiglie. Nel rivolgervi il mio saluto affettuoso ed il mio augurio cordiale, desidero lasciarvi una particolare parola di raccomandazione: studiatevi di alimentare in voi e nelle vostre famiglie la fiamma della fede e l’attaccamento ai sani principii nei quali siete stati educati. Questo vi aiuterà a superare gli inevitabili disagi che l’inserimento in un ambiente nuovo comporta, e vi consentirà anzi di recare una testimonianza convincente di cristianesimo vissuto e di umana solidarietà. La mia Benedizione vi accompagni.

Ai membri della Pia Associazione del Sacro Cuore di Gesù in Trastevere

SONO LIETO di rivolgere ora un saluto particolarmente affettuoso ai Membri della Pia Associazione del S. Cuore di Gesù in Trastevere, che hanno voluto concludere la celebrazione del novantesimo anno di fondazione del benemerito Sodalizio, facendo visita al Successore di Pietro, per esprimere quei sentimenti di devozione e di fedeltà inculcati dal loro grande fondatore, il Servo di dio, Cardinale Raffaele Merry del Val, Segretario di Stato di S. Pio X, di cui ricorre il 26 febbraio prossimo il cinquantesimo della morte.

La memoria di questo degno servitore della Chiesa costituisca un invito ed un incitamento per tutti voi ad approfondire la personale identità cristiana nell’accettazione fiduciosa della volontà di Dio, nell’esercizio fedele dei doveri del proprio stato, in una perseverante preghiera ed in una limpida testimonianza di rettitudine ed onestà di costumi.

L’aggiornamento del vostro statuto, approvato di recente dal Cardinale Vicario, sia privilegiata occasione per un fervoroso rilancio della vita associata, che auspico ricolma di frutti di bene. Accompagni i vostri generosi propositi di rinnovamento la mia Benedizione Apostolica, che estendo di cuore alle vostre famiglie ed al vostro lavoro.

Ai giovani

SALUTO CORDIALMENTE i giovani qui presenti: tra essi c’è il gruppo GENTILE, dei Focolarini, i quali, provenienti da ogni parte del mondo, sono riuniti in questi giorni al Centro Mariapoli di Rocca di Papa, per il loro Congresso annuale. I giovani, lo sapete, sono per me fonte crescente di gioia e di speranza, perché, quando sono conquistati da Cristo, danno tutto, come il ragazzo del Vangelo, che offrì i suoi pani e i suoi pesci, da cui nacque il miracolo.

A voi la mia Benedizione, che vi accompagni per tutta la vita.

Agli ammalati

VOI AMMALATI, però, non mi siete meno cari. Dio vi guarda certamente con affetto particolare, perché siete più somiglianti al Figlio suo, nel dolore e nella umiliazione della Croce. Mi rendo conto della durezza della vostra vita, e dello smarrimento che talvolta può turbarvi. Ma vi esorto, con cuore paterno, a guardare sempre in alto, da dove viene la luce e la grazia. E inoltre, dalle vostre sofferenze unite a quelle del Signore, la Chiesa viene purificata ogni giorno. Con questi sentimenti vi sono tanto vicino, sempre, e vi benedico.

Agli sposi novelli


PER VOI, sposi novelli, l’Apostolo Paolo ha parole di esortazione che sembrano un canto. Egli vi ricorda che lo sposo rappresenta Cristo, la sposa la Chiesa. Quanta dignità in questa immagine! Ma ecco l’ideale: come Cristo ama la Chiesa, lo sposo ami la sposa. E questa sia tutta per l’uomo: vita, affetto, attività, come la Chiesa offre se stesa e le sue lodi a Cristo. La consapevolezza di questa vostra dignità, se vissuta giorno per giorno, sarà per voi stimolo ad una fedeltà senza incrinature, e fonte di gioia serena.

Benedico di cuore voi ed ogni persona a voi cara.

Agli artisti del Circo "Darix Togni"

SONO PRESENTI a questa Udienza gli Artisti del Circo "Darix Togni", i quali hanno ardentemente desiderato questo incontro odierno. Ad essi va il mio saluto affettuoso e cordiale.

Voglio dirvi, carissimi Fratelli e Sorelle, anzitutto la mia profonda stima e il mio vivo incoraggiamento per il vostro lavoro, che vi costa - è vero - rinunce, studi, sacrifici, ma dà a voi tanta serena soddisfazione e comunica agli altri, ai vostri spettatori - piccoli e grandi - tanta sana e tonificante allegria. Nella vostra vita, che è un lungo e continuo pellegrinare per il mondo, servite sempre il Signore nella gioia e trasmettete a tutti quelli, che vi avvicinano o assistono ai vostri incomparabili spettacoli, i tradizionali valori religiosi e morali della gente del Circo: la fede, semplice e forte, in Dio Padre e Provvidente, l’attaccamento tenace alla famiglia, l’amore tenero ai bambini, la solidarietà operosa, specialmente nei momenti della sofferenza e del bisogno.

Vi auguro di vero cuore ogni successo nella vostra nobile professione e vi imparto una speciale Benedizione Apostolica.







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