Catechesi 79-2005 26110

Mercoledì, 26 novembre 1980: Lineamenti della missione della Chiesa in Germania

26110
Carissimi!

1. È mio desiderio sintetizzare nella odierna udienza il viaggio pastorale che, dal 15 al 19 novembre, mi ha condotto lungo le terre della Repubblica Federale di Germania, e cioè a Colonia, Bonn, Osnabrück, Magonza, Fulda, Altötting e Monaco di Baviera. In tale modo ho cercato di rispondere all’invito, che già da tempo mi aveva indirizzato l’Arcivescovo di Colonia, Cardinal Joseph Höffner, in occasione del 700° anniversario della morte di sant’Alberto Magno; al suo invito si erano associati anche i Cardinali di Magonza e di Monaco di Baviera, e tutto l’episcopato tedesco. Voglio poi sottolineare con gratitudine che l’invito, venuto da parte della Chiesa, è stato accompagnato anche da quello rivoltomi dal presidente federale (Bundespräsident). A tale proposito voglio aggiungere che ho molto apprezzato la presenza del signor presidente al momento del mio arrivo e della mia partenza, ed anche la possibilità del mio incontro con lui, con il cancelliere federale (Bundeskanzler)e con i rappresentanti delle autorità statali, la sera del 15 novembre, nel castello di Brühl.

2. Il carattere e il programma strettamente pastorali della visita mi hanno permesso - nonostante il breve spazio di tempo - di toccare una serie di problemi-chiave, collegati con la vita e con la missione della Chiesa in Germania. È noto quanto antica sia la storia del cristianesimo in quella terra sita a nord delle Alpi, sulle sponde del Reno, storia che risale fino agli antichi tempi romani.

E su questo antico sottofondo la storia, in senso proprio, della Chiesa in Germania inizia pienamente già dopo le migrazioni dei popoli, appunto fra quei popoli nuovi che prima erano ancora pagani. L’inizio dell’evangelizzazione in mezzo ad essi è collegato al nome del grande missionario benedettino San Bonifacio, Vescovo e martire, presso la cui tomba abbiamo pregato insieme a Fulda, dove ha avuto luogo l’incontro con l’intera conferenza dell’episcopato tedesco, e anche con i sacerdoti, con i diaconi e i seminaristi là convenuti da tutte le diocesi, come pure con i cooperatori della pastorale e con i rappresentanti dell’apostolato dei laici, splendidamente organizzato. Questo apostolato è largamente aperto ai bisogni della Chiesa e della società nei diversi paesi e nei diversi continenti, come ne danno testimonianza le organizzazioni missionarie e caritative di portata mondiale "Missio", "Adveniat", "Misereor". Le offerte, raccolte in occasione della mia visita in Germania, sono state destinate ai paesi del Sahel, afflitti dal flagello della siccità.

3. Dai tempi di san Bonifacio, cioè dall’VIII secolo, ha preso inizio lo sviluppo della Chiesa medioevale nelle terre germaniche. Quella Chiesa, nei secoli X e XI, ha dato alla sede apostolica sei Papi; inoltre ha dato molti santi e dotti, sia uomini, sia donne, tanto nelle corti degli imperatori quanto nei conventi e nelle abbazie. Uno di essi è appunto sant’Alberto, l’unico dei teologi medioevali al quale la storia abbia dato il soprannome di "magno", di "grande". Nato a Lauingen, egli fu, come teologo, maestro di san Tommaso d’Aquino, e ha grandi meriti nel problema dell’armonizzazione tra le scienze naturali, la filosofia aristotelica, e la conoscenza che si attinge dalla parola della divina rivelazione. Vescovo di Ratisbona, terminò la sua vita a Colonia 700 anni fa. Rendendo venerazione alla memoria di quel grande figlio di san Domenico, non si poteva non ricordare il grande Duns Scoto, che riposa pure a Colonia, nella chiesa dei francescani; come anche, nella stessa chiesa, un altro personaggio del secolo scorso: la figura del grande pastore e attivista sociale, reverendo Adolph Kolping, la cui opera permane e continua a svilupparsi in Germania e anche oltre le sue frontiere.

Insieme a sant’Alberto Magno, si svela dinanzi a noi una grande prospettiva storica della scienza e della cultura, nelle quali l’apporto della nazione e della Chiesa tedesca, nel passato ed al giorno d’oggi, è enorme. E pertanto si è data l’ottima opportunità che, nella splendida cattedrale di Colonia, io abbia potuto parlare agli uomini della scienza, riuniti in gran numero, professori e studenti, sul tema del problema fondamentale delle reciproche relazioni tra la scienza e la fede nel contesto contemporaneo. Un altro incontro, un po’ simile, ha avuto luogo l’ultimo giorno del viaggio, a Monaco di Baviera: esso ha riunito nello "Herkules-Saal" alcune migliaia di artisti, di uomini della cultura e anche di rappresentanti della cosiddetta cultura di massa, che viene sviluppata con l’aiuto degli strumenti contemporanei delle comunicazioni sociali: stampa, radio e televisione.

Nel contesto dell’anniversario del grande teologo del XIII secolo non poteva, evidentemente, mancare anche almeno un incontro con i rappresentanti dei professori delle numerose facoltà teologiche e degli atenei ecclesiastici della Germania, e questo ha avuto luogo a Altötting, il 18 novembre.

4. Camminando sulle grandi rotte della storia, arriviamo al sedicesimo secolo, all’apparire di Martin Lutero e ai tempi della Riforma. Appunto nell’anno corrente si compiono 450 anni dalla data, a cui si collega la famosa "confessio augustana" (1530). E benché gli sforzi intrapresi allora per mantenere l’unità della Chiesa non abbiano portato gli attesi risultati, tuttavia l’anniversario della "confessio augustana" è diventato per me un motivo particolare, per essere presente, proprio in quest’anno, nella patria della Riforma e cercare l’occasione per l’incontro con i rappresentanti della Chiesa Evangelica Tedesca (EKD), e delle altre chiese e comunità cristiane, con le quali la Chiesa cattolica sta in rapporto di cooperazione ecumenica. Ritengo come particolarmente importante l’incontro con i rappresentanti della chiesa evangelica tedesca a motivo delle circostanze storiche sopraindicate, ed evidentemente anche a motivo dell’ulteriore sviluppo di tutta l’azione da svolgere per l’unione dei cristiani, nella quale tutti noi vediamo la volontà di nostro Signore.


Questa è la via, dalla quale non possiamo tirarci indietro; ma dobbiamo sempre andare avanti, non desistendo dalla preghiera e dalla conversione interiore, ed adattando la nostra condotta alla luce dello Spirito Santo, il quale è l’unico a far sì che tutta l’opera si compia insieme nell’amore e nella verità. È opera di una importanza capitale per la credibilità della nostra testimonianza cristiana: "Perché il mondo creda"... Cristo ha pregato il Padre per i suoi discepoli, "perché tutti siano una sola cosa" (
Jn 17,21).

Gli incontri ecumenici hanno avuto luogo a Magonza (Mainz). Si è aggiunto - pure a Magonza - l’incontro con i rappresentanti della comunità ebraica, il quale ha avuto un significato particolare ed una eloquenza singolare.

Completamento pastorale di questo capitolo ecumenico dell’intero programma furono anche la visita in Osnabrück, la concelebrazione e l’incontro con la "diaspora" cattolica della Germania del nord. Una esperienza molto necessaria e carica di significato.

5. La Chiesa in Germania si trova dinanzi ai grandi compiti della evangelizzazione, collegati con la situazione della società divisa, in seguito alla seconda guerra mondiale, in due stati tedeschi separati. Questi sono i compiti tipici per quella società altamente industrializzata nel senso della economia e della civilizzazione, e, nello stesso tempo, sottoposta ad intensi processi di secolarizzazione. In tali circostanze, la non facile missione della Chiesa richiede una particolare maturità della verità predicata e una forza d’amore tale, che sia capace di superare l’indifferenza e l’assenza effettiva di molti nella comunità dei credenti.

Le esperienze di quei pochi intensi giorni ci permettono di dedurre che la Chiesa in Germania cerca di contrapporre a quelle crescenti difficoltà la forza e la consequenzialità della fede di coloro che comprendono e confessano il loro cristianesimo "nell’opera e nella verità". Proprio tale eloquenza hanno avuto per me quegli incontri, che hanno condotto, in un certo senso, allo stesso profilo vivo della società del Popolo di Dio. Ho in mente la santa messa per i coniugi e le famiglie sul Butzweilerhof, a Colonia. Poi, gli incontri simili, per il loro carattere con il mondo del lavoro durante la santa messa a Magonza per ricordare il Vescovo Ketteler, grande portavoce della causa sociale. Infine la santa Messa per i giovani a Monaco di Baviera, sulla Theresienwiese.

Bisogna aggiungere che questi incontri liturgici si sono svolti con tempo sfavorevole, sotto la pioggia e il freddo di novembre a Colonia e Magonza, e col freddo penetrante e col vento a Monaco di Baviera. I partecipanti non soltanto sono rimasti al loro posto in quelle difficili condizioni atmosferiche, ma erano lì già parecchie ore prima dell’inizio della santa Messa, pregando, cantando e meditando sulla parola di Dio. Con ciò hanno reso una particolare testimonianza di fede e di paziente perseveranza.

Nella repubblica federale di Germania vi sono poi molti lavoratori stranieri, sia cristiani sia musulmani. Gli incontri con loro si sono svolti presso la cattedrale di Magonza; erano presenti i gruppi: turco, italiano, spagnolo, croato e sloveno; e, a parte, un gruppo polacco ed altri. Momenti pieni di particolare calore umano e di comunione fraterna e cristiana sono stati i due incontri con i fedeli della capitale federale nel Münsterplatz di Bonn e con gli anziani nel Liebfrauendom di Monaco.

6. Desidero dedicare l’ultimo punto di questo ricordo alla visita al santuario Mariano di Altötting, nel territorio della Baviera (diocesi di Passau), dove erano state invitate soprattutto le congregazioni religiose femminili e maschili, e, nello stesso tempo, erano venuti numerosi pellegrini da diverse parti, specie dalla Baviera e dall’Austria. A questo incontro si riferisce la preghiera che ho già scritto dopo il ritorno a Roma.

Certamente il tempo severo di novembre non ha favorito esternamente tutto il pellegrinaggio, e tuttavia ringrazio Dio per averlo potuto compiere, e proprio in tali condizioni.

E ringrazio tutti gli Uomini che in qualsiasi modo hanno ad esso contribuito, e, in qualsiasi modo, vi hanno partecipato. Vergelt’s Gott.

Saluti:


Ai partecipanti alla plenaria di "Cor Unum"

Ai membri del Capitolo Generale dei Legionari di Cristo

Ai partecipanti al XVI Convegno promosso dal Collegamento Mariano Nazionale

Rivolgo ora un saluto particolarmente affettuoso al gruppo dei Sacerdoti e Religiosi, Rettori dei Santuari d’Italia, i quali partecipano al loro Convegno Nazionale, promosso dal Collegamento Nazionale Mariano, per trattare il tema del "Turismo religioso e sociale nei Santuari".

La vostra presenza a questa Udienza ravviva il ricordo dei numerosi Santuari, che in ogni regione d’Italia si ergono a testimonianza delle divine predilezioni e talora di eventi miracolosi ed a richiamo delle folle al necessario rinnovamento interiore nella preghiera e nella penitenza. I Santuari, infatti, sono uno strumento privilegiato dell’azione di Dio; i pellegrini vi trovano un’ora di grazia, la guarigione anzitutto spirituale, lo stimolo ad aprirsi al prossimo, l’invito alla conversione, all’impegno cristiano ed alla pratica religiosa.


Vi accompagni la mia Benedizione.

Ad un gruppo di sacerdoti salesiani

Un pensiero rivolgo ora al gruppo dei Sacerdoti Salesiani, convenuti a Roma da 18 differenti nazioni per prendere parte ad un "Corso di Formazione permanente" sui valori della vita religiosa e sacerdotale.

Carissimi, seguo con interesse queste vostre giornate di riflessione e di preghiera, a cui state attendendo; e confido che da esse conseguano sempre in più larga e consolante abbondanza quei frutti di pietà, di fervore e di generosità apostolica, che tanto distinsero la vita e l’opera del vostro venerato Fondatore San Giovanni Bosco.

A questo scopo vi assicuro la mia preghiera, mentre invoco su di voi e sulle vostre comunità la continua protezione del Signore, di cui è pegno la Benedizione Apostolica.

Ad un gruppo di Volontarie focolarine

Ancora un saluto particolare al gruppo delle Volontarie Focolarine, le quali partecipano presso il Centro Mariapoli di Rocca di Papa al loro Convegno annuale.

Carissime, so che state approfondendo nei vostri incontri come vivere e far vivere "La volontà di Dio", in ogni circostanza della vostra giornata. Dirò con l’Apostolo Paolo: "Cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più... Infatti questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione" (1Th 4,1 1TH 3).

Di cuore invoco su di voi la forza e la Benedizione del Signore.

Ai giovani

Carissimi giovani! Con sempre particolare affetto vi saluto e vi ringrazio per la vostra presenza. Come sapete, la Chiesa nell’ultima Domenica dell’anno liturgico ha presentato alla nostra meditazione la "Regalità" di Cristo, e cioè, la verità che Gesù, proprio perché è un "uomo" come noi, con un corpo ed un’anima inserito nel tempo e nella storia, è Re dell’universo, Creatore e Signore del cosmo intero e di ognuno di noi. E’ questa una verità grandiosa ed entusiasmante, perché Gesù ha voluto essere il nostro Amico, che ci ama, ci salva, non ci tradisce mai: Amico onnipotente, supremo, insuperabile! Siate fieri, cari giovani, di essere seguaci di Cristo Re! A questo scopo vi aiuti anche la mia Benedizione che di cuore vi imparto.

Ai malati


Anche a voi, carissimi malati, giunga il mio speciale saluto. In particolare desidero salutare gli ammalati dell’UNITALSI di Fiesole e di Imola che sono presenti all’Udienza con i loro benemeriti assistenti e i loro familiari. La "Regalità" di Cristo, che abbiamo celebrato Domenica scorsa, ricordi a tutti, ma specialmente a voi che soffrite, che Gesù ha regnato inchiodato alla Croce! Regnavit a ligno Deus! E’ questo un mistero di dolore e di umiliazione che ci fa tuttavia comprendere come in effetti la via della salvezza passi attraverso la Croce. Questa verità vi dia certezza e coraggio nell’unire i vostri dolori a quelli di Cristo, che pende dalla Croce per salvare l’umanità. Vi accompagni, sempre confortatrice, la mia Benedizione Apostolica.

Agli sposi novelli

Sono lieto di poter porgere infine a voi, Sposi novelli, il mio saluto benedicente e beneaugurante! Assai gradita mi è la vostra visita all’inizio della nuova vita che avete inaugurato nella grazia di Dio per mezzo del Sacramento del Matrimonio.

Il mio auspicio è che possiate sempre godere la gioia della fede e dell’amore cristiano! Fate in modo che Cristo veramente regni nei vostri cuori, nelle vostre case, nelle vostre famiglie! Il suo Regno di verità, di grazia, di pace è la garanzia della vostra serenità e della vostra felicità, ed è fondamento della vostra spiritualità coniugale. Con l’aiuto della mia Benedizione.
***


Un appello a tutti i cristiani italiani e di altri Paesi del mondo affinché dimostrino la loro piena solidarietà morale e materiale con le popolazioni terremotate dell’Italia meridionale, viene lanciato dal Santo Padre con un discorso improvvisato al termine dell’Udienza generale:

E adesso, prima di recitare la nostra comune preghiera, vorrei dirvi ancora una cosa: ieri ho potuto visitare alcuni dei luoghi colpiti dal terremoto nelle zone di Napoli, Potenza, Avellino. Sono rimasto profondamente commosso, colpito spiritualmente da tutto quello che ho potuto vedere con i miei occhi. E certamente quello che ho potuto vedere non era che una parte: una visione parziale, ma significativa. Ho potuto vedere non solamente le case distrutte, ma soprattutto gli uomini, anziani e giovani, e ragazzi ricoverati, specialmente nell’ospedale san Carlo Nuovo di Potenza, e anche altrove: ricoverati in condizioni difficili. Ben sapete quanto numerosi sono i morti; ho potuto incontrare a Balvano il parroco della comunità in cui domenica scorsa incominciava la missione con la partecipazione dei ragazzi. Era il momento della prima, più forte scossa, e parecchi di questi giovani sono rimasti uccisi. Ho visto quel parroco, il cui dolore era ancora profondo due giorni dopo la sepoltura di quelle vittime. E poi ho visto come la gente in questa vasta zona - perché l’ambito territoriale del terremoto è molto esteso (si dice 25.000 Kmq) - vive spaventata, sia nelle grandi città, sia nei villaggi. Abbandonano le case perché hanno paura, perché temono nuove scosse. Le scosse infatti si ripetono: ieri è accaduto in diversi luoghi e anche a Napoli. Si tratta di una situazione che richiede la nostra presenza, il nostro aiuto, morale e materiale. Devo dire che ho visto anche numerosi gruppi, istituzioni, persone, specialmente giovani che erano già là pronti ad aiutare, organizzando gli aiuti necessari. Certamente non è facile soddisfare ogni bisogno in un tale disastro. Questa grande tragedia, che di nuovo soffrono le popolazioni dell’Italia meridionale, specialmente la Basilicata, impone una grande solidarietà. Solidarietà di tutti i cristiani e di tutti gli italiani e anche di tutti gli stranieri che possono aiutare. In questo momento occorrono soprattutto unità e solidarietà: solidarietà per aiutare i nostri fratelli sofferenti. Adesso preghiamo per questo e preghiamo anche per questi sofferenti, impauriti, senza tetto, senza casa. Molti vivono nelle tendopoli, nelle baracche e l’inverno si avvicina. Preghiamo anche per i morti. Non si sa esattamente quale sia il numero dei morti ma, purtroppo, è grande. Con queste intenzioni preghiamo recitando il “Pater noster”.





Mercoledì, 3 dicembre 1980: Cristo ci chiama a ritrovare le forze vive dell’uomo nuovo

31280
1. All’inizio delle nostre considerazioni sulle parole di Cristo nel Discorso della montagna (
Mt 5,27-28), abbiamo costatato che esse contengono un profondo significato etico ed antropologico. Si tratta qui del passo in cui Cristo ricorda il comandamento: "Non commettere adulterio", e aggiunge: "Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei (o verso di lei) nel suo cuore". Parliamo di significato etico ed antropologico di tali parole, perché esse alludono alle due dimensioni strettamente connesse dell’ethos e dell’uomo "storico". Abbiamo cercato, nel corso delle precedenti analisi, di seguire queste due dimensioni, avendo sempre in mente che le parole di Cristo sono rivolte al "cuore", cioè all’uomo interiore. L’uomo interiore è il soggetto specifico dell’ethos del corpo, e di questo il Cristo vuole impregnare la coscienza e la volontà dei suoi ascoltatori e discepoli. È indubbiamente un ethos "nuovo". È "nuovo", in confronto all’ethos degli uomini dell’Antico Testamento, come abbiamo già cercato di mostrare in analisi più particolareggiate. Esso è "nuovo" anche rispetto allo stato dell’uomo "storico", posteriore al peccato originale, cioè rispetto all’"uomo della concupiscenza".

È quindi un ethos "nuovo" in un senso e in una portata universali. È "nuovo" rispetto ad ogni uomo, indipendentemente da qualsiasi longitudine e latitudine geografica e storica.

2. Questo "nuovo" ethos, che emerge dalla prospettiva delle parole di Cristo pronunziate nel Discorso de]la montagna, lo abbiamo più volte chiamato "ethos della redenzione" e, più precisamente, ethos della redenzione del corpo. Abbiamo qui seguito san Paolo, che nella lettera ai Romani contrappone "la schiavitù della corruzione" (Rm 8,21) e la sottomissione "alla caducità" (Rm 8,20) - di cui è divenuta partecipe tutta la creazione a causa del peccato - al desiderio della "redenzione del nostro corpo" (Rm 8,23). In questo contesto, l’apostolo parla dei gemiti di "tutta la creazione", che "nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio" (Rm 8,20-21). In tal modo S. Paolo svela la situazione di tutto il creato e in particolare quella dell’uomo dopo il peccato. Significativa per questa situazione è l’aspirazione che - insieme con la nuova "adozione a figli" (Rm 8,23) - tende proprio alla "redenzione del corpo", presentata come il fine, come il frutto escatologico e maturo del mistero della redenzione dell’uomo e del mondo, compiuta da Cristo.

3. In che senso, dunque, possiamo parlare dell’ethos della redenzione e specialmente dell’ethos della redenzione del corpo? Dobbiamo riconoscere che nel contesto delle parole del Discorso della montagna (Mt 5,27-28), da noi analizzate, questo significato non appare ancora in tutta la sua pienezza. Esso si manifesterà più completamente quando esamineremo altre parole di Cristo, quelle cioè in cui Egli fa riferimento alla risurrezione (cf. Mt 22,30 Mc 12,25 Lc 20,35-36).

Tuttavia non vi è dubbio alcuno che anche nel Discorso della montagna Cristo parla nella prospettiva della redenzione dell’uomo e del mondo (e quindi appunto della "redenzione del corpo"). È questa, di fatto, la prospettiva dell’intero Vangelo, di tutto l’insegnamento, anzi di tutta la missione di Cristo. E sebbene il contesto immediato del Discorso della montagna indichi la Legge e i Profeti come il punto di riferimento storico, proprio del popolo di Dio dell’Antica Alleanza, tuttavia non possiamo dimenticare che nell’insegnamento di Cristo, il fondamentale riferimento alla questione del matrimonio e al problema delle relazioni tra l’uomo e la donna, si richiama al "principio". Un tale richiamo può essere giustificato soltanto dalla realtà della Redenzione; al di fuori di essa, infatti, rimarrebbe unicamente la triplice concupiscenza oppure quella "schiavitù della corruzione", di cui scrive l’apostolo Paolo (Rm 8,21). Soltanto la prospettiva della Redenzione giustifica il richiamo al "principio", ossia la prospettiva del mistero della creazione nella totalità dell’insegnamento di Cristo circa i problemi del matrimonio, dell’uomo e della donna e del loro rapporto reciproco. Le parole di Matteo 5,27-28 si pongono, in definitiva, nella stessa prospettiva teologica.

4. Nel Discorso della montagna Cristo non invita l’uomo a ritornare allo stato dell’innocenza originaria, perché l’umanità l’ha irrevocabilmente lasciato dietro di sé, ma lo chiama a ritrovare - sul fondamento dei significati perenni e, per così dire, indistruttibili di ciò che è "umano" - le forme vive dell’"uomo nuovo". In tal modo si allaccia un legame, anzi, una continuità fra il "principio" e la prospettiva della Redenzione. Nell’ethos della redenzione del corpo dovrà esser nuovamente ripreso l’originario ethos della creazione. Cristo non cambia la Legge, ma conferma il comandamento: "Non commettere adulterio"; però, al tempo stesso, conduce l’intelletto e il cuore degli ascoltatori verso quella "pienezza della giustizia" voluta da Dio creatore e legislatore, che questo comandamento racchiude in sé. Tale pienezza va scoperta: prima con una interiore visione "del cuore", e poi con un adeguato modo di essere e di agire. La forma dell’"uomo nuovo" può emergere da questo modo di essere e di agire, nella misura in cui l’ethos della redenzione del corpo domina la concupiscenza della carne e tutto l’uomo della concupiscenza. Cristo indica con chiarezza che la via per giungervi deve essere via di temperanza e di padronanza dei desideri, e ciò alla radice stessa, già nella sfera puramente interiore ("chiunque guarda per desiderare"). L’ethos della redenzione contiene in ogni ambito - e direttamente nella sfera della concupiscenza della carne - l’imperativo del dominio di sé, la necessità di un’immediata continenza e di un’abituale temperanza.

5. Tuttavia, la temperanza e la continenza non significano - se così è possibile esprimersi - una sospensione nel vuoto: né nel vuoto dei valori né nel vuoto del soggetto. L’ethos della redenzione si realizza nella padronanza di sé, mediante la temperanza, cioè la continenza dei desideri. In questo comportamento il cuore umano resta vincolato al valore dal quale, attraverso il desiderio, si sarebbe altrimenti allontanato, orientandosi verso la pura concupiscenza priva di valore etico (come abbiamo detto nella precedente analisi). Sul terreno dell’ethos della redenzione l’unione con quel valore, mediante un atto di dominio, viene confermata oppure ristabilita con una forza ed una fermezza ancor più profonde. E si tratta qui del valore del significato sponsale del corpo, del valore di un segno trasparente, mediante il quale il Creatore - insieme con la perenne attrattiva reciproca dell’uomo e della donna attraverso la mascolinità e la femminilità - ha scritto nel cuore di entrambi il dono della comunione, cioè la misteriosa realtà della sua immagine e somiglianza. Di tale valore si tratta nell’atto del dominio di sé e della temperanza, a cui richiama Cristo nel Discorso della montagna (Mt 5,27-28).

6. Questo atto può dare l’impressione della sospensione "nel vuoto del soggetto". Esso può dare tale impressione particolarmente quando è necessario decidersi a compierlo per la prima volta, oppure, ancor più, quando si è creata l’abitudine contraria, quando l’uomo si è abituato a cedere alla concupiscenza della carne. Tuttavia, perfino già la prima volta, e tanto più se ne acquista poi la capacità, l’uomo fa la graduale esperienza della propria dignità e, mediante la temperanza, attesta il proprio autodominio e dimostra di compiere ciò che in lui è essenzialmente personale.E, inoltre, sperimenta gradualmente la libertà del dono, che per un verso è la condizione, e per altro verso è la risposta del soggetto al valore sponsale del corpo umano, nella sua femminilità e nella sua mascolinità. Così, dunque, l’ethos della redenzione del corpo si realizza attraverso il dominio di sé, attraverso la temperanza dei "desideri", quando il cuore umano stringe alleanza con tale ethos, o piuttosto la conferma mediante la propria soggettività integrale: quando si manifestano le possibilità e le disposizioni più profonde e nondimeno più reali della persona, quando acquistano voce gli strati più profondi della sua potenzialità, ai quali la concupiscenza della carne, per così dire, non consentirebbe di manifestarsi. Questi strati non possono emergere nemmeno quando il cuore umano è fermo in un permanente sospetto, come risulta dall’ermeneutica freudiana. Non possono manifestarsi neppure quando nella coscienza domina l’"antivalore" manicheo. Invece l’ethos della redenzione si basa sulla stretta alleanza con quegli strati.

7. Ulteriori riflessioni ce ne daranno altre prove. Terminando le nostre analisi sull’enunciazione così significativa di Cristo secondo Matteo 5,27-28, vediamo che in essa il "cuore" umano è soprattutto oggetto di una chiamata e non di un’accusa. In pari tempo, dobbiamo ammettere che la coscienza della peccaminosità è nell’uomo "storico" non soltanto un necessario punto di partenza, ma anche una indispensabile condizione della sua aspirazione alla virtù, alla "purezza di cuore", alla perfezione. L’ethos della redenzione del corpo rimane profondamente radicato nel realismo antropologico ed assiologico della rivelazione. Richiamandosi, in questo caso, al "cuore", Cristo formula le sue parole nel più concreto dei modi: l’uomo, infatti, è unico ed irripetibile soprattutto a motivo del suo "cuore", che decide di lui "dall’interno". La categoria del "cuore" è, in certo senso, l’equivalente della soggettività personale. La via del richiamo alla purezza del cuore, così come è stato espresso nel Discorso della montagna, è in ogni caso reminiscenza della solitudine originaria, da cui l’uomo-maschio fu liberato mediante l’apertura all’altro essere umano, alla donna. La purezza di cuore si spiega, in fin dei conti, con il riguardo verso l’altro soggetto, che è originariamente e perennemente "con-chiamato".

La purezza è esigenza dell’amore. È la dimensione della sua verità interiore nel "cuore" dell’uomo.

Saluti:

Ai "Fratelli di San Gabriele"



Ai "Christian Brothers"

Al pellegrinaggio dei rappresentanti delle Confraternite di Siviglia

Ai membri del Consiglio Generalizio della "Società dell’Apostolato Cattolico"

Rivolgo un cordiale e beneaugurante pensiero al Padre Generale ed al Consiglio generalizio della Società dell’Apostolato Cattolico, che accompagnano i segretari provinciali e regionali per le missioni del loro Istituto, riuniti in questi giorni in congresso. L’incremento spirituale, pastorale e materiale delle missioni, oggetto del vostro studio, è opera grande ed altamente meritoria, su cui si posa lo sguardo di compiacenza e di plauso del divino Redentore. Vi accompagna nel vostro lavoro la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani della Polisportiva della Parrocchia romana di Santa Maria della Salute


Saluto con affetto il gruppo di fedeli, tra cui i giovani, i dirigenti della Polisportiva, nonché alcuni membri dell’Associazione cattolica lavoratori cristiani della Parrocchia romana di Santa Maria della Salute guidati dal Parroco. Sono ben lieto, carissimi figli, di benedire l’Immagine della Madonna, che avete portata con voi e che è destinata al tempietto eretto in suo onore nel centro parrocchiale di Primavalle. Formo l’auspicio che il vostro popoloso quartiere si consideri "suddito e devoto" della Vergine santa con sempre maggiore fedeltà all’impegno di testimonianza e di operosità cristiana.

Con la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Un saluto speciale va ora ai giovani e, in particolare, ai quattrocento fanciulli provenienti dall’Arcidiocesi de L’Aquila, che con la loro gioiosa presenza recano a questa Udienza una nota di entusiasmo e di ottimismo cristiano.

Carissimi, all’inizio del tempo sacro dell’Avvento voi avete voluto compiere questo pellegrinaggio al centro della cristianità, perché la memoria e il patrocinio dei principi degli Apostoli, i quali testimoniarono col sangue la propria fede, vi fossero di stimolo e di aiuto nell’itinerario spirituale, che la Chiesa invita ad intraprendere in questo importante periodo dell’anno liturgico. Vi auguro che questa tappa a Roma segni un rinnovamento interiore ed una crescita della vostra coscienza cristiana e della vostra fede. Per questo vi imparto una particolare Benedizione.

Ai malati

A quanti tra voi soffrono a causa della malattia rivolgo un pensiero affettuoso per dirvi: il Papa è particolarmente vicino a ciascuno di voi, e vi ricorda nella preghiera. Se il Signore non abbandona nessuno, tanto meno potrà dimenticarsi di voi, cari ammalati, che siete i preferiti del Vangelo: "Beati coloro che piangono, perché saranno consolati". Ma voi, a vostra volta, offrite i vostri patimenti, che sono un tesoro prezioso davanti a Dio, per la Chiesa, per la conversione dei peccatori e per la salvezza di tutte le anime. Con la mia Benedizione Apostolica.

Agli Sposi Novelli

Anche a voi, Sposi Novelli, giunga la mia benedicente parola di felicitazione e di augurio per una vita coniugale serena e armoniosa. La grazia propria del Sacramento del Matrimonio vi assista e renda sempre forte ed indistruttibile il vostro amore. Camminate tutti i giorni davanti a Dio ed Egli non vi farà mancare gli aiuti necessari per compiere, da veri cristiani, quei doveri di coniugi e di futuri genitori che la dignità del Sacramento esige. Vi accompagni nella vostra vita la mia Benedizione Apostolica.






Mercoledì, 10 dicembre 1980: Tradizione anticotestamentaria e nuovo significato di “purezza”

10120

1. Un indispensabile completamento delle parole pronunziate da Cristo nel Discorso della montagna sulle quali abbiamo centrato il ciclo delle nostre presenti riflessioni, dovrà essere l’analisi della purezza. Quando Cristo, spiegando il giusto significato del comandamento "Non commettere adulterio", fece richiamo all’uomo interiore, specificò al tempo stesso la dimensione fondamentale della purezza, con cui vanno contrassegnati i reciproci rapporti tra l’uomo e la donna nel matrimonio e fuori del matrimonio. Le parole: "Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (
Mt 5,27-28) esprimono ciò che contrasta con la purezza. Ad un tempo, queste parole esigono la purezza che nel Discorso della montagna è compresa nell’enunciato delle beatitudini: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8). In tal modo Cristo rivolge al cuore umano un appello: lo invita, non lo accusa, come già abbiamo precedentemente chiarito.

2. Cristo vede nel cuore, nell’intimo dell’uomo la sorgente della purezza - ma anche dell’impurità morale - nel significato fondamentale e più generico della parola. Ciò è confermato, ad esempio, dalla risposta data ai farisei, scandalizzati per il fatto che i suoi discepoli "trasgrediscono la tradizione degli antichi, poiché non si lavano le mani quando prendono cibo" (Mt 15,2). Gesù disse allora ai presenti: "Non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l’uomo" (Mt 15,11). Ai suoi discepoli, invece, rispondendo alla domanda di Pietro, così spiegò queste parole: "...ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l’uomo" (cfr Mt 15,18-20 cfr Mc 7,20-23).

Quando diciamo "purezza", "puro", nel significato primo di questi termini, indichiamo ciò che contrasta con lo sporco. "Sporcare" significa "rendete immondo", "inquinare". Ciò si riferisce ai diversi ambiti del mondo fisico. Si parla, ad esempio, di una "strada sporca", di una "stanza sporca", si parla anche dell’"aria inquinata". È così pure, anche l’uomo può essere "immondo", quando il suo corpo non è pulito. Per togliere le lordure del corpo, bisogna lavarlo. Nella tradizione dell’Antico Testamento si attribuiva una grande importanza alle abluzioni rituali, ad esempio il lavarsi le mani prima di mangiare, di cui parla il testo citato. Numerose e particolareggiate prescrizioni riguardavano le abluzioni del corpo in rapporto all’impurità sessuale, intesa in senso esclusivamente fisiologico, a cui abbiamo accennato in precedenza (cfr Lv 15). Secondo lo stato della scienza medica del tempo, le varie abluzioni potevano corrispondere a prescrizioni igieniche. In quanto erano imposte in nome di Dio e contenute nei Libri Sacri della legislazione anticotestamentaria, l’osservanza di esse acquistava, indirettamente, un significato religioso; erano abluzioni rituali e, nella vita dell’uomo dell’Antica Alleanza, servivano alla "purezza" rituale.

3. In rapporto alla suddetta tradizione giuridico-religiosa dell’Antica Alleanza si è formato un modo erroneo di intendere la purezza morale(1). La si capiva spesso in modo esclusivamente esteriore e "materiale". In ogni caso, si diffuse una tendenza esplicita ad una tale interpretazione. Cristo vi si oppone in modo radicale: nulla rende l’uomo immondo "dall’esterno", nessuna sporcizia "materiale" rende l’uomo impuro in senso morale, ossia interiore. Nessuna abluzione, neppure rituale, è idonea di per sé a produrre la purezza morale. Questa ha la sua sorgente esclusiva nell’interno dell’uomo: essa proviene dal cuore. È probabile che le rispettive prescrizioni dell’Antico Testamento (quelle, ad esempio, che si trovano nel Levitico) (Lv 15,16-24 Lv 18,1 Lv 12,1-5) servissero, oltre che a fini igienici, anche ad attribuire una certa dimensione di interiorità a ciò che nella persona umana è corporeo e sessuale. In ogni caso Cristo si è ben guardato dal collegare la purezza in senso morale (etico) con la fisiologia e con i relativi processi organici. Alla luce delle parole di Matteo 15,18-20, sopra citate, nessuno degli aspetti dell’"immondezza" sessuale, nel senso strettamente somatico, biofisiologico, entra di per sé nella definizione della purezza o della impurità in senso morale (etico).

4. Il suddetto enunciato (Mt 15,18-20) è soprattutto importante per ragioni semantiche. Parlando della purezza in senso morale, cioè della virtù della purezza, ci serviamo di un’analogia, secondo la quale il male morale viene paragonato appunto alla immondezza. Certamente tale analogia è entrata a far parte, fin dai tempi più remoti, dell’ambito dei concetti etici. Cristo la riprende e la conferma in tutta la sua estensione: "Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l’uomo". Qui Cristo parla di ogni male morale, di ogni peccato, cioè di trasgressioni dei vari comandamenti, ed enumera "i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie", senza limitarsi ad uno specifico genere di peccato. Ne deriva che il concetto di "purezza" e di "impurità" in senso morale è anzitutto un concetto generale, non specifico: per cui ogni bene morale è manifestazione di purezza, ed ogni male morale è manifestazione di impurità. L’enunciato di Matteo 15,18-20 non restringe la purezza ad un unico settore della morale, ossia a quello connesso al comandamento "Non commettere adulterio" e "Non desiderare la moglie del tuo prossimo", cioè a quello che riguarda i rapporti reciproci tra l’uomo e la donna, legati al corpo e alla relativa concupiscenza. Analogamente possiamo anche intendere la beatitudine del Discorso della montagna, rivolta agli uomini "puri di cuore", sia in senso generico, sia in quello più specifico. Soltanto gli eventuali contesti permetteranno di delimitare e di precisare tale significato.

5. Il significato più ampio e generale della purezza è presente anche nelle lettere di San Paolo, in cui gradualmente individueremo i contesti che, in modo esplicito, restringono il significato della purezza all’ambito "somatico" e "sessuale", cioè a quel significato che possiamo cogliere dalle parole pronunziate da Cristo nel Discorso della montagna sulla concupiscenza, che si esprime già nel "guardare la donna", e viene equiparata ad un "adulterio commesso nel cuore" (cfr Mt 5,27-28).

Non è San Paolo l’autore delle parole sulla triplice concupiscenza. Esse, come sappiamo, si trovano nella prima lettera di Giovanni. Si può, tuttavia, dire che analogamente a quella che per Giovanni (1Jn 2,16-17) è contrapposizione all’interno dell’uomo tra Dio e il mondo (tra ciò che viene "dal Padre" e ciò che viene "dal mondo") - contrapposizione che nasce nel cuore e penetra nelle azioni dell’uomo come"concupiscenza degli occhi, concupiscenza della carne e superbia della vita" - San Paolo rileva nel cristiano un’altra contraddizione: l’opposizione e insieme la tensione tra la "carne" e lo "Spirito" (scritto con la maiuscola, cioè lo Spirito Santo): "Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste" (Ga 5,16-17). Ne consegue che la vita "secondo la carne" è in opposizione alla vita "secondo lo Spirito". "Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito" (Rm 8,5).

Nelle successive analisi cercheremo di mostrare che la purezza - la purezza di cuore, di cui ha parlato Cristo nel Discorso della montagna - si realizza propriamente nella vita "secondo lo Spirito".

Saluti:

Ad alcuni giovani ufficiali


Ad alcuni pellegrini giunti dal Guatemala

Ad un gruppo di Missionarie del Sacro Cuore di Gesù

Rivolgo un particolare saluto alle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, le quali, accompagnate dalla Superiora Generale, sono convenute in Roma in occasione del centenario della fondazione dell’istituto ad opera di Santa Francesca Saveria Cabrini. Mentre vi ringrazio, carissime figlie, per la vostra visita, formulo l’auspicio che la vostra Congregazione tanto benemerita per l’assistenza morale e materiale agli emigranti e per l’educazione della gioventù possa crescere in spirito di totale dedizione a Cristo ed alla Chiesa per il bene di tanti fratelli bisognosi di aiuto. Con la mia Benedizione Apostolica.

A dirigenti ed atleti del Centro Nazionale Sportivo "Libertas"

Inoltre, saluto il gruppo di vecchi Dirigenti ed Atleti del Centro Nazionale Sportivo "Libertas", premiati con l’"Alloro d’oro Libertas". A voi auguro di saper conservare sempre l’interiore giovinezza di spirito, connessa anche con lo sport, e di saperla pure infondere negli altri.

Ai giovani

Carissimi giovani, nel rivolgervi il mio saluto, esprimo un caloroso, particolare benvenuto agli Alunni di una Scuola Media di Castellammare di Stabia, accompagnati dalla Preside, dai Professori e dai Genitori, come pure dal Parroco e da un gruppo di laici impegnati nell’apostolato, appartenenti alla Parrocchia di Santa Maria la Carità, ed inoltre da una rappresentanza della civica amministrazione. Così intendo salutare cordialmente gli Alunni ed ex Alunni del Collegio Nazareno di Roma, che accompagnano il ragazzo Pasquale Meola, premiato come "Alunno più buono d’Italia" per il 1980, al quale dirigo felicitazioni e voti.

Cari giovani, è ancor viva la gioia nei nostri cuori per la festa dell’Immacolata. "Tutta bella sei, Maria", abbiamo esclamato con la Chiesa, nell’ammirare il prodigio della sua intemerata santità. Grandi cose abbiamo cantato di Maria, perché da lei è nato il sole di giustizia. Alla Vergine purissima, splendente di bellezza, gloria ed onore dell’umanità rinnovata, affidate, o giovani, i vostri propositi di vita cristiana, le vostre aspirazioni ad una società più armoniosa e più giusta, le vostre speranze per il domani. Invocando su di voi la sua protezione, vi benedico con affetto.

Agli ammalati


Cari ammalati, anche voi invito a dirigere un pensiero di fervida devozione a Maria, letizia dei nostri cuori, consolatrice di tutti i sofferenti. Anche se siamo provati dal dolore, non possiamo tralasciare di allietarci nel nostro Dio, che ci ha rivestiti di vesti di salvezza e di un manto di santità, per essere capaci di trasformare la nostra pena in amorosa offerta, ad imitazione della Madonna, la Corredentrice. Maria alimenti in voi sentimenti di serenità e di speranza, ed avvalori anche la Benedizione, che vi imparto con tutto il cuore.

Agli sposi novelli

Ed ora il mio augurio si rivolge a voi, cari sposi novelli, che in Cristo siete stati benedetti con ogni benedizione spirituale, ricevendo nel sacramento del matrimonio un tesoro di grazia, destinato ad alimentare il vostro amore fino alla perfezione della carità. Andate incontro al Signore, nell’assolvimento quotidiano dei vostri reciproci doveri, in santità e purezza di spirito, e chiedete a Maria, vergine e madre, di rendere la vostra unione sempre più profonda e pura, il vostro amore sempre più generoso e fedele. Vi accompagni la mia Benedizione.
***


Salutando il folto gruppo di pellegrini polacchi presenti, il Santo Padre improvvisa il seguente discorso.

Traduzione italiana:

Desidero aggiungere un particolare saluto a tutti voi qui presenti, e anche a tutti i miei connazionali in occasione delle prossime festività natalizie, e una particolare espressione di solidarietà per la situazione che la nostra patria sta vivendo in questo momento. Intendo dire che la preghiera per la patria che l’episcopato polacco ha proposto negli ultimi giorni annunciandone la recita in tutte le chiese della Polonia è anche la mia preghiera, la mia preghiera quotidiana, poiché le vicende della nostra comune patria, e i problemi ad essa legati dell’ordine e della pace del mondo, stanno a cuore a me, a tutti noi. Auguro quindo buone feste e auguro la pace, quella di cui ci parla il Natale: “Pace agli uomini di buona volontà”. Siamo uomini di buona volontà, meritiamo la pace.

(1) Accanto a un sistema complesso di prescrizioni riguardanti la purezza rituale in base al quale si è svolta la casuistica legale, esisteva tuttavia nell’Artico Testamento il concetto di una purezza morale, che veniva tramandato mediante due correnti. I Profeti esigevano un comportamento conforme alla volontà di Dio, il che suppone la conversione del cuore, l’ubbidienza interiore e la totale rettitudine dinanzi a lui [cf. per es Is 1,10-20 Jr 4,14 Jr 24,7 Ez 36,25ss.]. Un simile atteggiamento viene richiesto anche dal Salmista: "Chi salirà al monte del Signore...? / Chi ha mani innocenti e cuore puro... / Otterrà benedizione dal Signore" (). Secondo la tradizione sacerdotale, l’uomo che è cosciente della sua profonda peccaminosità, non essendo capace di compiere con le proprie forze la purificazione, supplica Dio perché realizzi quella trasformazione del cuore, che può unicamente essere opera di un suo atto creatore: "Crea in me, o Dio un cuore puro... / lavami e sarò più bianco della neve... / un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi" (Ps 51,12 (50),12 Ps 51,9 (50),9 Ps 51,19 (50),19). Entrambe le correnti dell’Antico Testamento s’incontrano nella beatitudine dei "puri di cuore" [Mt 5,8], anche se la sua formulazione verbale sembra essere più vicina al Salmo 24 [cf. J. Dupont, Les Béatitudes, vol. III: Les Evangelistes, Paris 1973, Gabalda, pp. 603-604].







Catechesi 79-2005 26110