Catechesi 79-2005 25583

Mercoledì, 25 maggio 1983

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1. “Innalzato alla destra di Dio, dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso” (
Ac 2,33).

Carissimi, domenica scorsa è stata la solennità di Pentecoste. Com’è noto, ho avuto la gioia di vivere questa importante ricorrenza ecclesiale con la popolazione di Milano, tra la quale mi sono recato per concludere le celebrazioni del Congresso Eucaristico Nazionale. È stata un’esperienza molto ricca, su cui mi riservo di tornare in altra occasione.

Stamane vorrei richiamare la vostra attenzione sul fondamentale significato della Pentecoste nella vita della Chiesa, che riconosce in quell’avvenimento la sua nascita ufficiale e l’inizio della sua espansione nel mondo. In conseguenza dell’effusione dello Spirito, i discepoli furono interiormente trasformati e cominciarono a proclamare le meraviglie di Dio. Quell’effusione si estese poi a persone di ogni razza e di ogni lingua, attratte in quel luogo dal fragore che aveva accompagnato la venuta dello Spirito.


Quando Pietro illustrò il senso dell’avvenimento, che metteva in luce il potere sovrano di Colui che poco prima era stato crocifisso su richiesta del popolo, gli ascoltatori “ebbero il cuore trafitto”. Lo Spirito aveva smosso in profondità l’anima di coloro che avevano gridato davanti a Pilato: “Crocifiggilo”, e li aveva disposti alla conversione. All’invito di Pietro: “Pentitevi”, risposero in tremila facendosi battezzare (Ac 2,37-41).

Di fronte a questa meravigliosa messe di conversioni, noi siamo indotti a riconoscere nello Spirito Santo Colui che opera nei cuori umani la riconciliazione con Cristo e con Dio. È lui che “trafigge i cuori”, per riprendere l’espressione usata dagli Atti degli Apostoli, e li fa passare dall’ostilità verso Cristo a un’adesione di fede e d’amore alla sua persona e al suo messaggio. È lui che ispira le parole di Pietro, quando esorta gli ascoltatori al pentimento, e fa sì che esse producano un effetto ammirabile.

In queste prime conversioni s’inaugura un movimento che non s’arresterà più col passare degli anni e dei secoli. Nella Pentecoste lo Spirito Santo avvia la grande impresa della rigenerazione dell’umanità. Da quel giorno egli continua ad attirare gli uomini a Cristo, suscitando in essi il desiderio della conversione e della remissione dei peccati, e riconciliando in tal modo sempre nuovi cuori umani con Dio.

2. Lo Spirito Santo agisce, dunque, come luce interiore, che conduce il peccatore a riconoscere il proprio peccato. Finché l’uomo chiude gli occhi sulla propria colpevolezza, non può convertirsi: lo Spirito Santo introduce nell’anima lo sguardo di Dio, perché illumini lo sguardo della coscienza e il peccatore sia così liberato dai pregiudizi che mascherano ai suoi occhi le colpe commesse. Per questo, quelli che avevano preso parte alla condanna di Gesù reclamandone la morte, scoprirono improvvisamente, sotto l’azione della sua luce, che il loro comportamento era inammissibile.

Nel medesimo tempo che suscita il pentimento e la confessione, lo Spirito Santo fa comprendere che il perdono divino è posto a disposizione dei peccatori, grazie al sacrificio di Cristo. Tale perdono è accessibile a tutti. Coloro che hanno sentito il discorso di Pietro chiedono: “fratelli, che cosa dobbiamo fare?”. Come può, il peccatore, uscire dal suo stato? Non gli sarebbe affatto possibile, se gli fosse preclusa la via del perdono! Ma questa via è largamente aperta: basta percorrerla. Lo Spirito Santo sviluppa sentimenti di fiducia nell’amore divino che perdona e nell’efficacia della redenzione operata dal Salvatore.

V’è poi un altro aspetto dell’azione riconciliatrice dello Spirito che non può essere passato sotto silenzio. Nella Pentecoste egli inaugura l’opera della riconciliazione degli uomini tra loro. Con la sua venuta, infatti, lo Spirito suscita un assembramento di persone di diversa provenienza, “uomini pii venuti da tutte le nazioni che sono sotto il cielo”, è detto nel libro degli Atti (Ac 2,5). Egli manifesta così la sua intenzione di raccogliere tutte le nazioni in una stessa fede, aprendone il cuore alla comprensione del messaggio della salvezza.

In particolare, egli vuole riunire i popoli, facendo loro sormontare la barriera costituita dalla divisione delle lingue. La testimonianza dei discepoli, che proclamano le meraviglie di Dio, è compresa da ciascun ascoltatore nella sua lingua materna (cfr Ac 2,8). La diversità di linguaggio non è più un impedimento all’accoglimento unanime del messaggio di Cristo, perché lo Spirito s’incarica di far penetrare in ciascuno l’annuncio della buona novella.

A partire dalla Pentecoste, la riconciliazione di tutti i popoli non è più un sogno affidato a un lontano avvenire. Essa è diventata una realtà, destinata a crescere incessantemente con l’espansione universale della Chiesa. Lo Spirito Santo, che è Spirito d’amore e d’unità, realizza concretamente lo scopo del sacrificio redentore di Cristo, la riunione dei figli di Dio un tempo dispersi.

3. Si possono distinguere due aspetti di questa azione unificatrice. Facendo aderire gli uomini a Cristo, lo Spirito Santo li lega nell’unità di un solo corpo, la Chiesa, e riconcilia in tal modo in una stessa amicizia persone fra loro lontanissime per collocazione geografica e culturale. Egli fa della Chiesa un centro perpetuo di riunione e di riconciliazione.

Si può dire inoltre che lo Spirito Santo esercita, in certo modo, un’azione riconciliatrice anche in coloro che rimangono al di fuori della Chiesa, ispirando ad essi il desiderio di una più grande unità di tutte le nazioni e di tutti gli uomini, e stimolando gli sforzi volti a superare i numerosi conflitti che continuano a dividere il mondo.

Ci piace concludere pensando che lo Spirito Santo realizza questa riconciliazione dell’umanità con il concorso di Maria, Madre universale degli uomini. Agli inizi della Chiesa ella, unita in preghiera con gli apostoli e i primi discepoli, contribuì ad ottenere un’abbondante effusione dei doni dello Spirito. Anche oggi Maria continua a collaborare col divino Spirito alla riunificazione degli uomini, perché il suo amore di madre, rivolgendosi a tutti e a ciascuno, reclama l’unità. Che lo Spirito Santo si compiaccia di assecondare questo suo profondo anelito, rendendo l’umanità sempre più disposta ad accogliere i suoi materni inviti alla fratellanza e alla solidarietà.


Ai fedeli di espressione francese

Ai fedeli di lingua inglese

Ai pellegrini tedeschi



Ai fedeli di espressione spagnola

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Ai pellegrini di lingua portoghese


Preghiera alla Madonna di Jasna Gora



Signora di Jasna Gora! Oggi, desidero raccomandare al tuo Cuore materno, o Maria Ausiliatrice, il compianto Cardinale Stefano Wyszynski, Primate della Polonia, che il Padre celeste ha chiamato all’eternità due anni fa. Ciò è avvenuto il 28 maggio, nella solennità dell’Ascensione del Signore. Quanto eloquente è questo giorno! Esso ci dice che la data della morte è insieme la data della nascita alla pienezza della vita in Dio. Nel giorno dell’Ascensione del Signore ci ha lasciati il Primate del Millennio, l’uomo a cui fu dato di servire il Popolo di Dio nella terra polacca in un periodo critico e difficile.

Quanto calorosamente il defunto Primate ha amato te, Signora di Jasna Gora e Madre della Chiesa!

Quanto ha amato la Chiesa del tuo Figlio. Quanto fedelmente ha amato la Patria e tutti i polacchi.

Ha lasciato dietro di sé veramente una grande eredità. Che questa eredità permanga in noi. Che la Chiesa e la Nazione rimangano forti con l’eredità del Cardinale Stefano Wyszynski.

Ai fedeli italiani

Rivolgo un particolare saluto al gruppo di sacerdoti, religiosi e laici del Movimento dei focolari, che in questi giorni tengono un Congresso internazionale su tema: “Spiritualità dell’unità e riflessione teologica”.

Carissimi, vi auguro che i vostri dibattiti siano veramente proficui in vista di una testimonianza cristiana sempre più convinta ed efficace, sia nella Chiesa che nel mondo. Vi benedico di cuore insieme a tutti i membri del vostro Movimento.
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Saluto poi il gruppo degli Studenti stranieri partecipanti ai corsi di perfezionamento, organizzati dall’Azienda Comunale di Roma per l’Elettricità e le Acque per Dirigenti di Aziende idriche di Paesi in via di sviluppo. Ad essi e ai loro connazionali esprimo tutta la mia stima ed il mio affetto e cordialmente li benedico, mente auguro loro i migliori successi per il benessere delle loro Nazioni.
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Saluto inoltre i pellegrini di Chiavari, guidati dal loro Vescovo Monsignor Daniele Ferrari e dai sacerdoti della Cattedrale, con l’augurio che la Madonna dell’orto, Patrona della Città e diocesi, da essi tanto amata e venerata, ottenga loro con abbondanza le grazie dell’Anno Santo.

A voi e ai vostri concittadini raccomando di essere fedeli a Maria come è nella tradizione più bella della vostra terra.
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Tra i gruppi parrocchiali desidero menzionare quello della Parrocchia di Roma di San Tommaso Moro, perché celebra il cinquantesimo di consacrazione della propria chiesa.
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Rivolgo di cuore un saluto ai Giovani, speranza della Chiesa e di una società nuova, fondata sulla riconciliazione dei popoli. Riconciliazione degli uomini col Padre celeste, riconciliazione degli uomini tra di loro, come fratelli di una stessa famiglia. Di qui la riconciliazione fra fede e ragione; fra fede e cultura; tra Vangelo e mondo del lavoro. A voi, giovani, quanto mai sensibili ai valori della fraternità universale, la Chiesa rivolge, specialmente in questo periodo giubilare, che è anno di riconciliazione, il rinnovato appello a preparare la civiltà dell’amore, dove non ci siano più né vittime né emarginati.
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Un pensiero affettuoso anche a voi, cari Ammalati che attendete una parola d’incoraggiamento, che vi valga di conforto nel sopportare il peso del dolore. Voi sottolineate, con la vostra presenza, il significato e il valore della sofferenza, valutata col criterio del cuore di Dio. Per costruire la civiltà dell’amore è necessaria, insieme con l’apporto della generosità delle forze giovanili, anche l’offerta gioiosa del sacrificio e del vostro dolore personale; perciò cari ammalati, sappiate accogliere la Croce con lo stesso spirito del Salvatore degli uomini. E’ la Croce che prepara la risurrezione.
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Il mio saluto cordiale va poi anche a voi, novelli Sposi, che, proprio in quest’Anno Santo, avete avuto la gioia di legare reciprocamente le vostre esistenze. La vostra vita sia una donazione incessante di amore, tra di voi, per formare un cuore solo e, insieme, una sola cosa col Signore, che è il Dio dell’amore e della vita. Come immagine di Dio, anche voi partecipate al privilegio di essere fonte di vita e di amore. E’ la vostra missione. Con la vostra scelta consapevole avete modo di contribuire, così, a rinnovare il mondo.

Appello per la liberazione del piccolo Rocco Lupini

Prima di terminare questo incontro, devo, ancora una volta, esprimere la mia pena per un sequestro e rivolgere un appello: un bambino di 9 anni, Rocco Lupini, è stato rapito insieme con la mamma, la Signora Fausta Rigali in lupini, in Calabria, nel paese di Malocchio. Il piccolo in questi giorni si stava preparando alla prima Comunione, prevista per Domenica prossima, 29 maggio.

Facendomi interprete dell’angoscia della famiglia, chiedo ai rapitori di lasciarsi muovere a sentimenti di umana pietà e di non prolungare oltre una così atroce sofferenza. Possano mamma e figlio tornare prontamente in libertà, così che al piccolo Rocco non sia tolta la gioia dell’incontro tanto atteso con Gesù nel sacramento dell’Eucaristia.

Un invito commosso alla preghiera per le vittime delle sciagure della Valtellina e del Santuario di Montecastello in provincia di Brescia viene rivolto dal Santo Padre alle migliaia di fedeli presenti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento del mercoledì. Poco prima di guidare la recita del “Pater Noster” il Papa dice.

Vi invito ad elevare ora una preghiera al “Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” (1Co 1,3), chiedendogli di dare forza e coraggio a tutti quei nostri fratelli e sorelle, che sono stati tanto provati dalla gravissima sciagura che ha colpito drammaticamente, in questi giorni, la Valtellina.

Possa la consolazione del Padre farsi sentire attraverso la fattiva solidarietà di ogni uomo di buona volontà verso i feriti, i senza tetto, i familiari e i parenti delle vittime. Preghiamo in special modo per queste ultime perché, purificate da questa prova, possano essere accolte nel gaudio dell’eterna beatitudine.

E invochiamo il premio e la pace eterna anche per le persone di Monza, che ieri sono perite nel tragico incidente dopo il pellegrinaggio al Santuario di Montecastello.

Preghiamo inoltre perché il Signore doni ai familiari delle vittime il conforto che viene dalle supreme certezze della fede.



Mercoledì, 1° giugno 1983

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1. Carissimi fratelli e sorelle! Celebreremo domani la solennità del “Corpo e Sangue di Cristo”.

In questo Anno Giubilare, in cui il mistero della Redenzione è presente in modo tutto speciale nella nostra preghiera e nella nostra riflessione, la festa dell’Eucaristia assume un valore particolarmente significativo. Nell’Eucaristia, infatti, la Redenzione è rivissuta in maniera attuale: il sacrificio di Cristo, diventando sacrificio della Chiesa, produce nell’umanità odierna i suoi frutti di riconciliazione e di salvezza.

Quando il sacerdote pronuncia, in nome e nella persona di Cristo, le parole: “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”, non afferma soltanto la presenza del Corpo di Cristo; egli esprime altresì il sacrificio col quale Gesù ha dato la sua vita per la salvezza di tutti. Questo infatti Cristo ha inteso istituendo l’Eucaristia. Già nel discorso di Cafarnao, dopo la moltiplicazione dei pani, egli per far comprendere l’eccellenza del Pane che voleva procurare alle folle affamate, aveva dichiarato: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (
Jn 6,51). Il dono del cibo eucaristico doveva costare a Gesù l’immolazione della sua stessa carne. Grazie al sacrificio, questa carne avrebbe potuto comunicare la vita.

Le parole consacratorie sul vino sono ancor più esplicite: “Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”. Il sangue dato come bevanda è il sangue che è stato sparso sul Calvario per la costituzione della nuova alleanza. La prima alleanza era stata infranta dal peccato; Cristo stabilisce una nuova alleanza, che non potrà più essere spezzata, perché si realizza nella sua stessa persona, nella quale l’umanità è stata riconciliata definitivamente con Dio.

2. Così, nella consacrazione del pane e del vino, il sacrificio redentore è reso presente. Con la mediazione del sacerdote, Cristo si offre in modo misterioso, presentando al Padre il dono della propria vita, fatto a suo tempo sulla Croce. Nell’Eucaristia non c’è solo un ricordo del sacrificio offerto una volta per tutte sul Calvario. Quel sacrificio ritorna attuale rinnovandosi sacramentalmente in ogni comunità che lo offre per mano del Ministro consacrato.

È vero che il sacrificio del Calvario è bastato per ottenere all’umanità tutte le grazie della salvezza: il sacrificio eucaristico non fa che raccoglierne i frutti. Ma Cristo ha voluto che la sua offerta fosse resa continuamente presente per associarvi la comunità cristiana. In ogni Eucaristia la Chiesa si impegna nel sacrificio del suo Signore, e i cristiani sono chiamati ad unire ad esso la loro offerta personale. L’Eucaristia è contemporaneamente sacrificio del Cristo e sacrificio della Chiesa, perché in essa Cristo unisce la Chiesa alla sua opera redentrice, facendola partecipare alla sua offerta.

Quanto importante è, dunque, che i fedeli nel prendere parte all’Eucaristia assumano un atteggiamento personale di offerta. Non è sufficiente che ascoltino la parola di Dio, né che preghino in comunità; occorre che facciano propria l’offerta di Cristo, offrendo con lui e in lui le loro pene, le loro difficoltà, le loro prove, e, più ancora, se stessi per far salire questo loro dono, con quello che Cristo fa di se stesso, fino al Padre.

Entrando nell’offerta sacrificale del Salvatore, essi partecipano alla vittoria da lui riportata sul male del mondo. Quando siamo scossi dalla visione del male che si diffonde nell’universo, con tutte le devastazioni che esso produce, non dobbiamo dimenticare che lo scatenamento delle forze del peccato è dominato dalla potenza salvatrice del Cristo. Ogni volta che nella Messa sono pronunciate le parole della consacrazione e il corpo e il sangue del Signore tornano presenti nell’atto del sacrificio, è pure presente il trionfo dell’amore sull’odio, e della santità sul peccato. Ogni celebrazione eucaristica è più forte di tutto il male dell’universo; essa significa un compimento reale, concreto, della Redenzione, e una riconciliazione sempre più profonda dell’umanità peccatrice con Dio, nella prospettiva d’un mondo migliore.

3. Estendendo l’applicazione dell’opera redentrice all’umanità, il sacrificio eucaristico contribuisce all’edificazione della Chiesa. Sul Calvario, Cristo ha meritato la salvezza non solo per ogni singolo uomo, ma per l’insieme della comunità; la sua offerta ha ottenuto la grazia della riunificazione degli uomini nel Corpo della Chiesa. L’Eucaristia tende a realizzare concretamente questo obiettivo, costruendo ogni giorno la Comunità ecclesiale. Il sacrificio dell’altare ha come effetto di rafforzare la santità della Chiesa e di favorire la sua espansione nel mondo. In questo senso si può dire che la celebrazione eucaristica è sempre un atto missionario; essa ottiene, invisibilmente, una più grande forza di penetrazione della Chiesa in tutti gli ambienti umani.

Edificare la Chiesa significa, per altro, consolidarne sempre più l’unità. Non a caso Gesù, nell’ultima Cena, pregò per l’unità dei suoi discepoli. Si comprende, pertanto, come la Chiesa, in ogni celebrazione eucaristica, segua l’esempio del Maestro, pregando perché l’unità sia sempre più reale e sempre più perfetta.

In tal modo l’Eucaristia fa progredire l’avvicinamento ecumenico di tutti i cristiani e, nella Chiesa cattolica, essa tende a stringere i legami che uniscono i fedeli al di sopra delle legittime differenze che esistono tra loro. Cooperando responsabilmente a tale dinamica unificatrice i cristiani dimostreranno di fronte al mondo che il loro Maestro non ha sofferto invano per l’unità degli uomini.


Ai fedeli di lingua francese


Ai fedeli di espressione inglese

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Ai pellegrini tedeschi


Ai fedeli di espressione spagnola

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Ai fedeli di lingua portoghese


Ai fedeli polacchi


“Ave Gesù, Figlio di Maria, / Tu sei Dio vivo nella santa Ostia” (Canto religioso).

Domani è il Corpus Domini. Per le vie delle città polacche, per le strade delle campagne risuoneranno le parole di questo canto, e di tanti altri canti eucaristici. Il Popolo di Dio, dopo la Santa Messa, si muoverà nella processione del Corpus Domini, sostando presso i quattro altari per sentire le parole del Vangelo collegate con il mistero eucaristico.

Corpus Domini. Questa solennità tanto cara ai cuori polacchi, il giorno in cui possiamo pubblicamente manifestare l’adorazione e l’amore con i quali circondiamo il Corpo e il Sangue del Signore nel Sacramento dell’altare. “Sia adorata l’Ostia viva, nella quale Gesù Cristo nasconde la Divinità” (Canto religioso).

Signora di Jasna Gora! Tu da sei secoli guidi maternamente tutto il Popolo di Dio in terra polacca in questa annuale festa della adorazione dell’Eucaristia.

Tu hai dato a Cristo il Corpo e il Sangue umano, e tu per prima li adori come il Sacramento del Santissimo Sacrificio sotto le specie del pane e del vino.

O Madre! Fa’ che questo Sacramento - nei nostri tempi difficili - sia, più che mai, il cibo dei miei connazionali. Che sia per loro sorgente della vita e della luce! Che sia la fonte della potenza spirituale!

“Ave Gesù, Figlio di Maria, tu sei Dio vivo nella santa Ostia”!



Mercoledì, 8 giugno 1983

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1. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” (
Jn 6,54). Istituendo l’Eucaristia alla vigilia della sua morte, Cristo volle dare alla Chiesa un cibo che l’avrebbe nutrita continuamente e l’avrebbe fatta vivere della sua stessa vita di Risorto.

Molto tempo prima dell’istituzione, Gesù aveva annunciato questo pasto, unico nel suo genere. Nel culto giudaico non mancavano pasti sacri, che si consumavano alla presenza di Dio e che manifestavano la gioia del favore divino. Gesù supera tutto questo: ormai è lui, nella sua carne e nel suo sangue, che diventa cibo e bevanda dell’umanità. Nel pasto eucaristico l’uomo si nutre di Dio.

Quando, per la prima volta, Gesù annuncia questo cibo, suscita lo stupore dei suoi ascoltatori, che non giungono a recepire un progetto divino così alto. Gesù perciò sottolinea vigorosamente la verità oggettiva delle sue parole, affermando la necessità del pasto eucaristico: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Jn 6,53). Non si tratta di un pasto puramente spirituale, in cui le espressioni “mangiare la carne” del Cristo e “bere il suo sangue”, rivestirebbero un senso metaforico. È un vero pasto, come Gesù precisa con forza: “La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” (Jn 6,55).

Tale cibo, per altro, non è meno necessario allo sviluppo della vita divina nei fedeli, di quanto lo siano i cibi materiali per il mantenimento e lo sviluppo della vita corporea. L’Eucaristia non è un lusso offerto a quelli che vorrebbero vivere più intimamente uniti a Cristo: è un’esigenza della vita cristiana. Questa esigenza è stata compresa dai discepoli poiché, secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli, nei primi tempi della Chiesa lo “spezzare il pane”, ossia il pasto eucaristico, si praticava ogni giorno nelle case dei fedeli “con gioia e semplicità di cuore” (Ac 2,46).

2. Nella promessa dell’Eucaristia, Gesù spiega perché questo cibo è necessario: “Io sono il pane della vita” egli dichiara (Jn 6,48). “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me, vivrà per me” (Jn 6,57). Il Padre è la prima sorgente della vita: questa vita egli l’ha donata al Figlio, il quale a sua volta la comunica all’umanità. Colui che si nutre di Cristo nell’Eucaristia non deve attendere l’aldilà per ricevere la vita eterna: la possiede già sulla terra, e in essa possiede anche la garanzia della Risurrezione corporea alla fine del mondo: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Jn 6,54).


Questa garanzia di Risurrezione proviene dal fatto che la carne del Figlio dell’uomo data in cibo è il suo corpo nello stato glorioso di risorto. Gli ascoltatori della promessa dell’Eucaristia non avevano colto questa verità: essi pensavano che Gesù volesse parlare della sua carne nello stato della sua vita terrena, e manifestavano quindi grande ripugnanza di fronte al pasto annunciato. Il Maestro corregge il loro modo di pensare, precisando che si tratta della carne del Figlio dell’uomo “salito là dov’era prima” (Jn 6,62), ossia nello stato trionfante dell’ascensione al cielo. Questo corpo glorioso è riempito della vita dello Spirito Santo, ed è così che può santificare gli uomini che se ne nutrono, e dare ad essi il pegno della gloria eterna.

Nell’Eucaristia noi riceviamo, dunque, la vita del Cristo risorto. Quando infatti il sacrificio si compie sacramentalmente sull’altare, non si rende in esso attuale soltanto il mistero della Passione e della Morte del Salvatore, ma anche il mistero della Risurrezione, in cui il sacrificio trova il suo coronamento. La celebrazione eucaristica ci fa partecipare all’offerta redentrice, ma anche alla vita trionfante del Cristo risorto. Ecco il perché del clima di gioia che caratterizza ogni Liturgia eucaristica. Pur commemorando il dramma del Calvario, segnato un tempo da un immenso dolore, il sacerdote e i fedeli si rallegrano unendo la loro offerta a quella del Cristo, perché sanno di vivere nello stesso tempo il mistero della Risurrezione, inseparabile da questa offerta.

3. La vita del Cristo risorto si distingue per la sua potenza e la sua ricchezza. Colui che si comunica riceve la forza spirituale necessaria per affrontare tutti gli ostacoli e tutte le prove rimanendo fedele al suoi impegni di cristiano. Egli inoltre attinge dal Sacramento, come da una abbondantissima sorgente, continui fiotti di energia per lo sviluppo di tutte le sue risorse e qualità, in un ardore gioioso che stimola la generosità.

In particolare, egli attinge l’energia vivificante della carità. Nella tradizione della Chiesa, l’Eucaristia è sempre stata considerata e vissuta come sacramento per eccellenza dell’unità e dell’amore. Già san Paolo lo dichiara: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo; tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1Co 10,17).

La celebrazione eucaristica riunisce tutti i cristiani, quali che siano le loro differenze, in una offerta unanime e in un pasto al quale tutti partecipano. Essa li raccoglie tutti nella uguale dignità di fratelli del Cristo e di figli del Padre; essa li invita al rispetto, alla stima reciproca, al mutuo servizio. La comunione dà inoltre a ciascuno la forza morale necessaria per porsi al di sopra dei motivi di divisione e di opposizione, per perdonare i torti ricevuti, per fare un nuovo sforzo nel senso della riconciliazione e dell’intesa fraterna.

Non è, del resto, particolarmente significativo che il precetto dell’amore reciproco sia stato formulato da Cristo nella sua più alta espressione durante l’ultima Cena, in occasione dell’istituzione dell’Eucaristia? Ogni fedele lo ricordi al momento di accostarsi alla mensa eucaristica e si impegni a non smentire con la vita ciò che celebra nel mistero.

Ai pellegrini di lingua francese


Ai fedeli di lingua inglese

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Ai fedeli di espressione tedesca


Ai pellegrini di espressione spagnola

Ai fedeli di espressione portoghese


Ai fedeli polacchi


Venerdì prossimo è dedicato dalla Chiesa alla solennità del Sacro Cuore di Gesù. In questa prospettiva, desidero ricordare l’atto di consacrazione al Cuore Divino compiuto dall’Episcopato polacco nella solennità di Cristo Re, il 28 ottobre 1951, poco dopo la conclusione della seconda guerra mondiale. Ecco le parole di questo atto di consacrazione:

“Ti rendiamo grazie per tutti i benefici che hai concesso alla nostra nazione e particolarmente per averci chiamati alla santa fede cattolica e per la tua protezione su di noi anche nei momenti storici difficili . . . Totalmente ci affidiamo e consacriamo al tuo Divino Cuore per essere sempre il tuo Popolo. Al tempo stesso promettiamo solennemente di perseverare fedelmente nella santa fede cattolica, di difendere la tua santa Chiesa e impostare la nostra vita personale, familiare e nazionale secondo il tuo Vangelo”!

Signora di Jasna Gora! Tu sei stata sempre per noi la via al Cuore del tuo Figlio. Questo Cuore “trapassato dalla lancia” sulla croce è diventato “fonte di vita e di santità” per tutti. Avvicina al Cuore Divino le persone, le famiglie, gli ambienti, poiché questo cuore “fatto obbediente fino alla morte” è “espiatore dei nostri peccati”. Sia esso anche “fonte di ogni consolazione” per tutti gli oppressi, i danneggiati e i sofferenti.

O Madre, per la tua intercessione, il Cuore del Redentore, non cessi di essere, in terra polacca, “Re e centro di tutti i cuori” . . . che tutti “s’arricchiscano della sua ricchezza” specialmente in questo Anno Santo della Redenzione.

Ai gruppi di pellegrini italiani

Rivolgo ora il mio saluto ai pellegrini italiani, con speciale pensiero ai gruppi parrocchiali che oggi sono particolarmente numerosi.

A tutti vada il mio più cordiale benvenuto.

Saluto in modo particolare i ragazzi e i giovani. La nota di festoso entusiasmo che voi portate, è sempre motivo di gioia per me, e di speranza per la Chiesa: e di questo vi sono grato.

Quanti di voi sono dediti allo studio, sono alla vigilia delle tanto desiderate vacanze, che portano il riposo dopo l’intenso lavoro dell’anno scolastico.


Tale periodo divenga per tutti occasione per un profondo arricchimento dello spirito: sappiate trovare spazi di silenzio mediante i quali, a contatto con le meraviglie della natura, e contemplando quanto l’ingegno dell’uomo ha saputo costruire, la vostra mente possa scoprire la magnificenza e la grandezza del Dio del creato.

Vi accompagni, e porti in voi copiosi frutti di bene la mia Benedizione.
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Anche agli ammalati desidero rivolgere un particolare pensiero. Il mio incontro con voi oggi si svolge nel ricordo ancora vivo della recente celebrazione, per la quale sono convenuti in questa piazza tanti fratelli che, come voi, portano nel corpo la sofferenza che completa la passione di Cristo redentore.

Quale spettacolo edificante, quale esempio di cristiana sopportazione voi tutti sapete offrire! Voi avete compreso che, se il corpo geme per la malattia, lo spirito può essere arricchito della forza che, prorompendo dalla Croce, trasforma e sublima la vostra intera esistenza.

Vi esorto in particolare a vivere intensamente la festa del Sacro Cuore di Gesù, che celebreremo Venerdì della corrente settimana. Affidatevi al Cuore Divino di Gesù ed attingete da Lui la forza e il conforto di cui avete bisogno. A tutti la mia Benedizione.
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Saluto infine gli Sposi Novelli presenti a questa Udienza.

L’itinerario di vita familiare, che da poco avete iniziato davanti all’altare, vi ha portato in questi giorni a pregare sulla tomba dell’Apostolo Pietro.

Sappiate qui attingere la forza di vivere la vostra promessa di reciproca donazione come un impegno di vera testimonianza.

Chi vi incontrerà potrà così vedere in voi i testimoni di quella fede che già vi ha portato a emendare la vostra unione con il segno sacramentale; i testimoni di una gioiosa speranza e di un amore che vi veda protesi nella comune ricerca della perfezione e nel processo di collaborazione con Dio, per continuare la meravigliosa missione della trasmissione della vita.

In questo cammino di fedeltà e di amore vi accompagni la mia Benedizione.



Mercoledì, 15 giugno 1983

15683


Carissimi fratelli e sorelle.

1. Rinnovando sacramentalmente il sacrificio redentore, l’Eucaristia tende ad applicare agli uomini d’oggi la riconciliazione ottenuta una volta per tutte da Cristo per l’umanità di ogni tempo. Le parole che il sacerdote pronuncia al momento della consacrazione del vino esprimono più direttamente questa efficacia, in quanto affermano che il Sangue di Cristo, reso presente sull’altare, è stato versato per la moltitudine degli uomini “in remissione dei peccati”. Sono parole efficaci: ogni consacrazione eucaristica ottiene un effetto di remissione dei peccati per il mondo e contribuisce così alla riconciliazione dell’umanità peccatrice con Dio. Il sacrificio offerto nell’Eucaristia non è, infatti, un semplice sacrificio di lode; è sacrificio espiatorio o “propiziatorio”, come ha dichiarato il Concilio di Trento (Denz.-S.
DS 1753), poiché in esso si rinnova il sacrificio stesso della Croce, nel quale Cristo ha espiato per tutti e ha meritato il perdono delle colpe dell’umanità.

Coloro pertanto che partecipano al sacrificio eucaristico ricevono una grazia speciale di perdono e di riconciliazione. Unendosi all’offerta di Cristo essi possono ricevere più abbondantemente il frutto dell’immolazione che egli ha fatto di sé sulla Croce.

Tuttavia, il frutto principale dell’Eucaristia-Sacramento non è la remissione dei peccati in coloro che vi partecipano. Per tale scopo un altro Sacramento è stato istituito espressamente da Gesù Cristo. Dopo la sua Risurrezione, il Salvatore risorto disse ai suoi discepoli: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimettete, resteranno non rimessi” (Jn 20,22-23). A coloro ai quali affida il ministero sacerdotale egli dà il potere di rimettere tutti i peccati: il perdono divino sarà accordato nella Chiesa dai ministri della Chiesa. L’Eucaristia non può sostituirsi a questo Sacramento del perdono e della riconciliazione, che conserva tale proprio valore, pur restando in stretta connessione col Sacrificio dell’Altare.

2. Nell’Eucaristia vi è una speciale esigenza di purezza, che Gesù ha espressamente sottolineato nell’ultima Cena. Quando si mise a lavare i piedi dei discepoli, egli certo desiderava dare ad essi una lezione di umile servizio, perché, con quel gesto, rispondeva alla contesa sorta tra loro per sapere chi fosse il più grande (cfr Lc 22,24). Ma mentre li illuminava circa la via dell’umiltà, invitandoli col suo esempio ad incamminarvisi coraggiosamente, egli intendeva altresì far loro comprendere che, per il pasto eucaristico, era necessaria anche una purezza di cuore che solo lui, il Salvatore, era in grado di dare. Egli riconobbe allora tale purezza nei dodici, tranne che in uno: “Voi siete mondi, ma non tutti” (Jn 13,10). Colui che si apprestava a tradirlo non poteva partecipare al banchetto se non con sentimenti ipocriti. L’evangelista ci dice che, dal momento in cui Giuda ricevette il boccone dato da Gesù, “Satana entrò in lui” (Jn 13,27). Per ricevere in sé la grazia del cibo eucaristico, sono richieste determinate disposizioni dell’animo, in assenza delle quali il pasto rischia di trasformarsi in un tradimento.

San Paolo, testimone di certe divisioni che si manifestavano in modo scandaloso durante il banchetto eucaristico a Corinto, è uscito in un ammonimento destinato a far riflettere non solo quei fedeli, ma molti altri cristiani: “Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso, e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (1Co 11,27-29).

Prima di accedere alla tavola eucaristica, il cristiano è dunque invitato ad esaminarsi per sapere se le sue disposizioni gli permettono di ricevere degnamente la comunione. Beninteso! In un certo senso, nessuno è degno di ricevere in nutrimento il Corpo di Cristo, e i partecipanti all’Eucaristia confessano, al momento della comunione, che non sono degni di accogliere in se stessi il Signore. Ma l’indegnità di cui parla san Paolo significa altra cosa: essa si riferisce a disposizioni interiori incompatibili col banchetto eucaristico, perché opposte all’accoglienza del Cristo.

3. Per assicurare meglio i fedeli circa l’assenza di tali disposizioni negative, la liturgia prevede all’inizio della celebrazione eucaristica una preparazione penitenziale: i partecipanti si riconoscono peccatori e implorano il perdono divino. Anche se vivono abitualmente nell’amicizia del Signore, essi riprendono coscienza delle loro colpe e imperfezioni, e del bisogno che hanno della misericordia divina. Vogliono presentarsi all’Eucaristia con la più grande purezza.

Tale preparazione penitenziale sarebbe, però, insufficiente per coloro che avessero un peccato mortale sulla coscienza. Il ricorso al Sacramento della riconciliazione è allora necessario, al fine di accedere degnamente alla Comunione eucaristica.


La Chiesa tuttavia auspica che, anche al di fuori di questo caso di necessità, i cristiani ricorrano al Sacramento del perdono con una ragionevole frequenza per favorire la presenza in se stessi di disposizioni sempre migliori. La preparazione penitenziale all’inizio di ogni celebrazione non deve pertanto far ritenere inutile il Sacramento del perdono, ma ravvivare anzi nei partecipanti la coscienza di un sempre maggiore bisogno di purezza e con ciò far loro sentire sempre meglio il valore della grazia del Sacramento. Il Sacramento della riconciliazione non è riservato soltanto a quelli che commettono colpe gravi. Esso è stato istituito per la remissione di tutti i peccati, e la grazia che da esso fluisce ha una efficacia speciale di purificazione e di sostegno nello sforzo di emendamento e di progresso. È un Sacramento insostituibile nella vita cristiana; non può essere né disprezzato, né trascurato, se si vuole che il germe della vita divina si sviluppi nel cristiano e dia tutti i frutti desiderati.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di espressione inglese

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Ai fedeli tedeschi

Ai fedeli di espressione spagnola


Ai pellegrini portoghesi

Preghiera alla Madonna di Jasna Gora



Signora di Jasna Gora! Domani mi sarà dato di iniziare il pellegrinaggio alla mia Patria. Questo è un pellegrinaggio di ringraziamento per i seicento anni della tua presenza materna nell’effigie di Jasna Gora. Desidero fare questo ringraziamento insieme a tutta la Chiesa in Polonia. Ringrazio i miei connazionali per l’invito. Ringrazio sia le autorità statali, sia l’Episcopato.

Contemporaneamente, o Madre di Jasna Gora, raccomando prima di tutto a te stessa questo particolare servizio che mi è dato di compiere in un momento sublime e insieme difficile nella vita della mia Patria.

Ti prego affinché questo pellegrinaggio serva alla verità e all’amore, alla libertà e alla giustizia. Affinché serva alla riconciliazione e alla pace. Te lo chiedo per l’intercessione di san Massimiliano Maria martire e per l’intercessione dei servi di Dio che durante questo pellegrinaggio eleverò alla dignità dei beati: Raffaello Kalinowski, fra Alberto Chmielowski e madre Orsola Ledóchowska.

Il Buon Pastore delle nostre anime permetta a noi tutti di riunirci nella preghiera e nella speranza.

Ai gruppi italiani


Rivolgo innanzitutto il mio saluto ai Religiosi Trinitari, che partecipano al loro Capitolo Generale.

Cari Fratelli, voi rappresentate un Ordine di antica fondazione, nato sotto il segno di una particolare dedizione nel riscattare i prigionieri cristiani dai pagani. So che in questi ultimi anni l’Ordine si è impegnato a ridefinire il suo proprio spirito e la sua missione apostolica. Ma il vostro intento originario e primario non può venir meno, se considerate che sempre l’uomo si trova variamente prigioniero di sopraffazioni altrui, di miti ideologici, di proprie debolezze. Ebbene, all’uomo d’oggi e di sempre voi dovete annunciare, come l’Apostolo Paolo, che “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” e che non dobbiamo ricadere “sotto il giogo della schiavitù”. Se poi lo fate interiormente animati dalla luce e dalla forza della Santissima Trinità, come non pensare che la vostra testimonianza sia efficace e la vostra consacrazione ricca di frutti?

Abbiate perciò il mio incoraggiamento, l’assicurazione della mia stima e del mio ricordo al Signore, mentre di cuore benedico voi tutti e i vostri Confratelli.
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Un particolare saluto va poi ai partecipanti al XXI Corso di perfezionamento, organizzato dall’Istituto per la Ricostruzione Industriale italiano per quadri tecnici e direttivi dei Paesi in via di industrializzazione, che è alla sua conclusione.

Vi auguro che questo soggiorno a Roma, oltre ad essere proficuo sul piano specifico del Corso frequentato, abbia permesso a tutti una maggiore crescita umana, ad alcuni un rinsaldamento della loro identità cristiana, e ad altri una gioiosa scoperta del Vangelo e della fede ad esso legata.

Sono lieto di darvi la mia Benedizione, che estendo di cuore ai vostri docenti e ai vostri familiari.
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Saluto infine i rappresentanti dei “ciclo-pellegrini”, che in agosto si recheranno al Santuario di Maria Laach, in Germania.

Benedico di cuore le loro persone, il loro dono e quanti ad essi sono cari.
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Un particolare saluto rivolgo ora a voi ragazzi, ragazze e giovani. Carissimi, vi ringrazio cordialmente per la vostra presenza e ricambio il vostro entusiasmo con sinceri voti per le vacanze che vi attendono.

Godetevi le vostre vacanze, ma cristianamente! La vostra gioia sia autentica e limpida, non offuscata da ombra di male; tutto il vostro essere - mente, cuore, corpo - rimanga sempre in sintonia con la fedeltà a Gesù, vostro grande e vero amico!

Vi accompagni la mia preghiera, con la mia Benedizione.
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Ed ora il mio saluto particolarmente affettuoso si rivolge agli ammalati che, superando disagi e difficoltà, hanno voluto essere presenti a questa Udienza ed unirsi a tutti gli altri pellegrini per testimoniare il loro sincero amore alla Chiesa. Nell’esprimere grato compiacimento per il vostro atto di fede e di ossequio, vi esorto a rivolgere - specialmente in questo mese di giugno - il vostro sguardo a quel Cuore che tanto ha amato ed ama gli uomini: il Cuore di Cristo, salvezza di quanti sperano in lui. Da quel Cuore è possibile attingere conforto e sollievo alla propria pena, forza e sostegno nel proprio Calvario di dolore, valore e merito alla propria sofferenza con sicuro beneficio spirituale per sé e per la Chiesa intera. A voi ed a quanti amorevolmente vi assistono, imparto di cuore la mia Benedizione.
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Rivolgo, infine, un cordiale benvenuto a tutti gli sposi novelli qui presenti. Nell’esprimervi le mie felicitazioni per il passo così bello ed impegnativo che di recente avete compiuto con la celebrazione del Sacramento del Matrimonio, formo l’augurio che il vostro amore coniugale, reso stabile ed irrevocabile dalla grazia sacramentale, sia sempre da voi vissuto in reciproca donazione, con assoluta fedeltà.

Il Signore, benedica tale vostro amore e ve lo conservi forte e fecondo nella gioia cristiana!





Catechesi 79-2005 25583