Catechesi 79-2005 60783

Mercoledì, 6 luglio 1983

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1. “Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (
Ep 4,24).

Le parole dell’apostolo Paolo, carissimi fratelli e sorelle, ci richiamano all’evento gioioso della Redenzione, che ha fatto di noi delle “creature nuove”. In Cristo, per il dono dello Spirito, siamo stati come creati di nuovo.

Per capire a fondo la portata di questo avvenimento è necessario riandare col pensiero alla “prima creazione” descritta nelle pagine iniziali del libro della Genesi. È necessario riportarsi a quello stato in cui la persona umana venne a trovarsi appena uscita dalle mani creatrici di Dio: lo stato di “giustizia originale”. Esso consisteva nella piena e amorosa sottomissione dell’uomo al Creatore: il suo essere era nella verità, era nell’ordine innanzitutto per quanto riguarda la sua relazione con Dio.

Da questa “giustizia” verso il Creatore derivava nell’uomo una profonda unità interiore, un’integrazione fra tutte le componenti che costituiscono il suo essere personale, fra la componente somatica, la componente psichica e la componente spirituale. In pace con Dio, l’uomo era in pace con se stesso. E anche la relazione con l’altra persona umana, la donna, era vissuta nella verità e nella giustizia: era una relazione di profonda comunione interpersonale costruita sul dono di se stesso all’altro. Un “se stesso” di cui l’uomo poteva decidere con piena libertà perché l’unità intera del suo essere personale non era ancora spezzata.

L’atto creativo di Dio si collocava già nel “mistero nascosto” di Cristo (cfr Ep 1,9), ne era la prima, originaria rivelazione e realizzazione. Questo atto creativo dava inizio all’attuazione della volontà divina che ci aveva scelti “prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi, per opera di Gesù Cristo” (Ep 4,4). La creazione dell’uomo era già, per così dire, inserita nell’eterna elezione in Cristo. Per questa ragione, la persona umana diveniva già, fin dal principio, partecipe del dono della filiazione divina, in considerazione di Colui che dall’eternità era amato come Figlio.

Alla fine della sua opera creatrice “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gn 1,31). La bontà delle cose è il loro essere. La bontà dell’uomo, cioè il suo valore, sta nel suo essere: nel suo essere “creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ep 4,25).

2. Il frutto della Redenzione è la “nuova creatura”; la Redenzione è una “nuova creazione”. Perché “nuova”? Perché a causa del peccato, l’uomo è decaduto dalla sua “giustizia originale”. Egli ha spezzato l’alleanza con Dio, traendone come conseguenza, da una parte, la disintegrazione interiore e, dall’altra, l’incapacità di costruire la comunione con gli altri nella verità del dono di se stesso. Non si rifletterà mai a sufficienza su questa distruzione operata dal peccato. Noi celebriamo questo Anno Santo straordinario per approfondire la nostra coscienza del peccato, punto di partenza indispensabile per partecipare personalmente al mistero della Redenzione.

La Redenzione operata da Cristo ha riportato l’uomo “alla dignità della sua prima origine”, come dice la Liturgia. Dio, in Cristo, ha ri-creato l’uomo, così che Cristo è divenuto il secondo e vero Adamo, dal quale ha origine la nuova umanità. “Se qualcuno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove” (2Co 5,17). Si tratta di un cambiamento nell’essere stesso della persona umana che è redenta. “Vi siete, infatti, spogliati dall’uomo vecchio con le sue azioni, e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena coscienza, ad immagine del suo Creatore” (Col 3,9). Queste ultime parole di san Paolo - lo si sarà notato - richiamano il testo della Genesi secondo cui l’uomo è stato creato a immagine di Dio. La nuova creazione che è la Redenzione, rinnova l’uomo riportandolo alla pienezza del suo essere più profondo, reintegrandolo nella sua verità: l’essere egli, cioè, immagine di Dio.

Il primo atto della nuova creazione - primo non solo cronologicamente, ma perché in esso è posto il nuovo “principio” - è l’atto col quale Dio ha risuscitato il suo Figlio, morto per i nostri peccati. La Pasqua è il primo giorno della nuova settimana della Redenzione, che terminerà nel sabato della vita eterna, quando anche i nostri corpi saranno risuscitati e al Vincitore sarà di nuovo dato di mangiare dell’albero della vita, che sta nel paradiso di Dio (cfr Ap 2,7). E la nuova Creazione, iniziata al mattino di Pasqua, sarà compiuta.

Ringraziamo il Padre del Signore Nostro Gesù Cristo che ci ha mirabilmente creati e ancora più mirabilmente ci ha ricreati. All’origine dell’atto creativo e dell’atto redentivo sta il suo Amore: l’unica risposta adeguata ad esso è, per l’uomo, l’adorazione piena di gratitudine, nella quale la persona consegna se stessa all’Amore creativo e redentivo di Dio.

Ai fedeli di espressione francese


Ai pellegrini di espressione inglese

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Ai gruppi di espressione linguistica tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai fedeli di espressione portoghese


Preghiera alla Madonna di Jasna Gora




Signora di Jasna Gora, mi hai permesso di dare compimento al desiderio del mio cuore e, in pari tempo, al voto di tanti miei connazionali. Ho potuto andare in Patria come pellegrino per il Giubileo di Jasna Gora. Ho potuto, in mezzo ai figli e alle figlie della terra polacca, rendere grazie a Dio nella Santissima Trinità per i sei secoli della tua materna presenza tra di noi, o Maria, nell’effigie di Jasna Gora. Per tutto ciò, ancora una volta, benedico oggi il tuo Nome Santissimo e ti rendo onore.

Ringrazio per l’intero ministero che mi è stato dato di compiere a Jasna Gora e nell’ambito del giubileo patrio. Rendo grazie perché mi è stato dato di pellegrinare a Jasna Gora da Warszawa e Niepokalanów, seguendo il percorso di san Massimiliano Maria e del Primate del millennio, di santa memoria, il Cardinale Stefan Wyszynski.

Rendo grazie perché mi è stato dato di pellegrinare a Jasna Gora da Wroclaw, Monte di Sant’Anna, dalla terra di quei Piast dei quali uno, il Principe di Opole, è il fondatore di Jasna Gora. Ringrazio perché mi è stato dato di visitare pure il Santuario della Madonna di Piekary a Katowice. Rendo grazie infine perché mi è stato dato, su questo itinerario del pellegrinaggio giubilare, di elevare alla gloria degli altari la beata Orsola Ledochowska a Poznan, e il beato Padre Raffaello Kalinowski e Fra Alberto Chmielowski a Cracovia.


Ti rendo grazie, o Madre di Jasna Gora, per tutto i ministero pastorale, ovunque mi è dato di compierlo. Ti rendo grazie perché in questo periodo ho potuto incontrare milioni dei miei connazionali, perché ho potuto pregare con loro. Perché ho potuto essere con loro!

Infine, ti prego ancora una volta, o Madre, per tutti coloro che hanno partecipato a questo pellegrinaggio, che l’hanno preparato, che ad esso hanno collaborato. Ti prego ancora una volta, o Madre: “Prendi sotto la tua protezione tutta la Nazione”.

Ai pellegrini italiani

Tra i gruppi italiani, rivolgo innanzitutto il mio saluto al folto pellegrinaggio della diocesi di San Miniato, che è accompagnato dal Vescovo Paolo Ghizzoni.

Auguro di cuore che la vostra venuta a Roma sia occasione propizia per rafforzarvi nella fede e nell’impegno di una quotidiana testimonianza evangelica. Abbiate la mia benedizione e portatela anche a tutti i vostri Cari.
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Saluto con piacere il pellegrinaggio regionale siciliano, che, diretto a Lourdes, ha voluto fare l’odierna sosta a Roma.

Carissimi, sono lieto della vostra visita. Vi raccomando tutti alla materna protezione di Maria verso il cui Santuario siete incamminati. Vi auguro di tornare alle vostre case con rinnovata gioia ed energia. E vi accompagni la mia cordiale benedizione.
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Voglio poi salutare i componenti dell’“Associazione Sportiva Ciclistica Fanini”, con sede a Segromigno in Piano (Lucca), venuti a Roma insieme ad un coro folcloristico locale per celebrare l’Anno Santo, accompagnati dall’Arcivescovo di Lucca, Monsignor Giuliano Agresti.

Su di voi e sulle vostre famiglie, ringraziandovi per la vostra presenza, invoco le abbondanti grazie del Signore e tutti vi benedico.
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Il mio affettuoso pensiero va a tutti i vari gruppi parrocchiali e, in particolare, ai gruppi di chierichetti che partecipano a questa Udienza.
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Desidero ora salutare molto cordialmente, come di consueto, i giovani qui convenuti dall’Italia e da vari Paesi del mondo.

Auspico che il tempo libero dell’estate vi permetta non solo un sano svago ed un giusto riposo, ma vi offra, nello stesso tempo, la possibilità di compiere significative esperienze di vita e di fede, capaci di portarvi alla riscoperta degli autentici valori umani e cristiani.
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Intendo ora rivolgere un affettuoso ricordo agli ammalati.

Il pellegrinaggio, che avete compiuto a Roma, vi aiuti a riscoprire sempre più la fede quale sorgente della forza e della serenità che vi devono assistere nel pellegrinaggio della vita, anche nei momenti più duri della prova e della sofferenza.
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Infine saluto gli sposi novelli.

All’inizio della vita coniugale siete venuti a pregare sulle tombe dei Beati Apostoli e Martiri Pietro e Paolo. Questa preghiera vi doni la consapevolezza che nella vostra nuova dimensione matrimoniale siete chiamati ad essere testimoni di una vita di fede e di amore, attuata, se necessario, fino al sacrificio.


Mercoledì, 13 luglio 1983

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1. “Siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo” (
Ep 2,10).

La Redenzione, cari fratelli e sorelle, ha rinnovato l’uomo ricreandolo in Cristo. A questo suo nuovo essere deve ora seguire un nuovo agire. È su questo nuovo ethos della Redenzione che vogliamo oggi riflettere, per coglierlo alla sua stessa sorgente.

Parlare di “ethos” significa richiamare un’esperienza che ogni uomo, non solo il cristiano, vive quotidianamente: essa è, al tempo stesso, semplice e complessa, profonda ed elementare. Tale esperienza è sempre connessa con quella della propria libertà, del fatto cioè che ciascuno di noi è veramente, realmente causa dei propri atti. Ma l’esperienza etica ci fa sentire liberi in un mondo del tutto singolare: è una libertà obbligata quella che noi sperimentiamo. Obbligata non dal “di fuori” - non è una coazione o costrizione esteriore -, ma dal “di dentro”: è la libertà come tale che deve agire in un modo piuttosto che in un altro.

Questa misteriosa e mirabile “necessità”, che abita dentro la libertà senza distruggerla, si radica nella forza propria del valore morale, che l’uomo conosce con la sua intelligenza: è l’espressione della forza normativa della verità del bene. Impegnandosi a “fare” questa verità, la libertà si colloca nell’ordine, che è stato inscritto dalla Sapienza creatrice di Dio nell’universo dell’essere.

Nell’esperienza etica, pertanto, si stabilisce una connessione fra la verità e la libertà, grazie alla quale la persona diviene sempre più se stessa, in obbedienza alla Sapienza creatrice di Dio.

2. “Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto . . . io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio” (Rm 7,15 Rm 7,20). Queste parole di san Paolo descrivono l’ethos dell’uomo caduto nel peccato, e quindi privo della “giustizia originale”. Nella nuova situazione l’uomo avverte una contraddizione fra la volontà e l’agire - “non quello che voglio io faccio” - pur continuando ad avere in se stesso la percezione del bene e la tensione verso di esso.

L’armonia fra la verità e la libertà si è rotta, nel senso che la libertà sceglie ciò che è contro la verità della persona umana e la verità è soffocata nell’ingiustizia (cfr Rm 1,18). Donde deriva, ultimamente, questa scissione interiore dell’uomo? Egli comincia la sua storia di peccato quando non riconosce più il Signore come suo Creatore, e vuole essere colui che, in assoluta autonomia ed indipendenza, decide ciò che è bene e ciò che è male: “Voi sarete come dèi e conoscerete ciò che è bene e ciò che è male”, dice la prima tentazione (cfr Gn 3,5). L’uomo non vuole più che la “misura” della sua esistenza sia la legge di Dio, non riceve più se stesso dalle mani creatrici di Dio, ma decide di essere misura e principio di se stesso. La verità del suo essere creato è negata da una libertà che si è svincolata dalla legge di Dio, unica vera misura dell’uomo.

A prima vista potrebbe sembrare che quella del peccatore sia la vera libertà, in quanto non più subordinata alla verità. In realtà, però, è solo la verità che ci rende liberi. L’uomo è libero quando si sottomette alla verità. Del resto, non è la nostra stessa esperienza di ogni giorno a rendere testimonianza di ciò? “L’amore della verità è tale - osservava già sant’Agostino - che quanti amano un oggetto diverso pretendono che l’oggetto del loro amore sia la verità; e poiché detestano di essere ingannati, detestano di essere convinti che s’ingannano. Perciò odiano la verità per amore di ciò che credono verità. L’amano quando splende, l’odiano quando riprende. Non vogliono essere ingannati e vogliono ingannare, quindi l’amano allorché si rivela, e l’odiano allorché li rivela . . . Eppure, anche in questa condizione infelice, (l’uomo) preferisce il godimento della verità a quello della menzogna. Dunque sarà felice allorché senza ostacoli né turbamento godrà dell’unica Verità, grazie alla quale sono vere tutte le cose” (Sant’Agostino, Confessiones, 10, 23.34).

3. La Redenzione è una nuova creazione, perché riconduce l’uomo dalla situazione, descritta da san Paolo nel passo citato dalla Lettera ai Romani, alla sua verità e libertà.

L’uomo, creato “a immagine e somiglianza” di Dio, era chiamato a realizzarsi nella verità di tale “immagine e somiglianza”. Nella nuova creazione, che è la Redenzione, l’uomo è assimilato all’Immagine del Figlio Unigenito, liberato dal peccato che deturpava la bellezza del suo essere originario. L’ethos della Redenzione affonda le sue radici in questo atto redentivo e da esso trae continuamente la sua forza: forza per la quale l’uomo è posto in grado di conoscere e di accogliere la verità del proprio rapporto con Dio e con le creature. Egli è reso così libero di compiere “le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo” (Ep 2,10).

L’ethos della Redenzione è l’incontro, nell’uomo, della verità con la libertà. “La felicità della vita è il godimento della verità, cioè il godimento di te che sei la Verità”, ha scritto sant’Agostino (S. Agostino, Confessiones, 12, 23. 33): l’ethos della Redenzione è questa felicità.


All’Assemblea Generale degli Eudisti e ad un gruppo di studenti parigini

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Ai gruppi di lingua inglese e ai partecipanti al LXII Corso del Collegio di Difesa della NATO e alle Madri del Capitolo Generale delle Sorelle della Santa Famiglia di Nazareth


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Ai numerosi visitatori di espressione tedesca


Al pellegrinaggio di Valencia e agli altri gruppi di lingua spagnola

Ai fedeli di espressione portoghese


Ai polacchi, provenienti da Cracovia, Gniezno, Warmia e da alcuni Paesi degli Stati Uniti



Ai pellegrini provenienti dalle diocesi italiane

Un cordiale saluto desidero rivolgere ai membri del pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Bari, i quali, insieme con il loro Arcivescovo Monsignor Mariano Magrassi, sono venuti a Roma per il Giubileo della Redenzione. A voi, fratelli e sorelle, il mio compiacimento, e l’auspicio che la visita ai sepolcri gloriosi dei Santi Pietro e Paolo e dei Martiri della Chiesa di Roma contribuisca a confermare la vostra fede, ed animare la vostra speranza e a rendere sempre più intensa la vostra carità, ed edificazione del Popolo di Dio.
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Sono presenti a questa Udienza il Superiore Generale, i Consiglieri e i formatori dei Seminari Maggiori dell’Istituto Missioni della Consolata. Il vostro impegno missionario si svolge nell’Africa, nell’America Latina, nell’Europa, estendendosi a dodici differenti nazioni: sempre in sintonia con il vostro carisma, portate in tutto il mondo il messaggio di Gesù per la “conversione” dei cuori e delle menti degli uomini. A voi e a tutti i Missionari della Consolata sparsi per il mondo, il mio sincero plauso e il mio incoraggiamento!
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Un affettuoso saluto indirizzo ai Superiori ed agli Alunni dei Seminari di Reggio Emilia e di Cuneo, ed ai fedeli della Parrocchia di Vignolo-Cuneo. A voi, Seminaristi, auguro che viviate questi anni di preparazione al Sacerdozio in un continuo, generoso cammino di “imitazione di Cristo”, dei cui mirabili misteri sarete un giorno dispensatori ed amministratori. Ai Parrocchiani di Vignolo-Cuneo il mio auspicio che facciano della loro parrocchia un centro, una fucina di fede, di preghiera, di carità. La mia Benedizione Apostolica vi accompagni sempre.
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Mi rivolgo, ora, ai giovani qui presenti, provenienti dall’Italia e da altre parti del mondo. In occasione di questo Anno Santo, avete voluto dedicare una parte del vostro tempo di vacanza per venire a pregare sulle tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Dio benedica la vostra generosità e vi renda sempre più impegnati nell’edificazione del suo Regno e di un futuro più degno dell’uomo.
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Un saluto particolarmente affettuoso agli ammalati, qui convenuti. Il Signore, nella sua bontà, vi aiuti a vedere nella prova della vostra sofferenza un segno misterioso della sua volontà, e vi dia la forza di dire le parole che Lui stesso ha pronunciato nel Getsemani: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.
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Desidero, infine, salutare gli sposi novelli: voi iniziate la vostra vita coniugale proprio nell’Anno Santo. Nostro Signore vi accompagni sempre con la sua grazia, in modo che la vostra famiglia sia un canto di lode alla sua grazia e un esempio per le altre famiglie.

Al termine della odierna celebrazione della parola, il Santo Padre parla ai fedeli della preoccupante situazione in cui versa il diletto popolo del Cile. Queste le parole del Papa.

In questi giorni l’opinione pubblica rivolge particolare attenzione al malessere e alla tensione sociale in cui vive la popolazione del Cile, nobile Paese cattolico a me tanto caro.

I Vescovi cileni hanno avvertito la gravità della situazione e già nella dichiarazione, emanata il 24 giugno scorso, dal Comitato permanente della Conferenza, hanno vivamente esortato, con equilibrio e saggezza di Pastori, a non intraprendere il cammino della violenza, sia pure nell’intento di raggiungere traguardi di aspirazioni legittime. Nello stesso tempo hanno invitato a porre in attuazione l’esigenza, inderogabile per i poteri politici, che siano accolte efficaci istanze di dialogo. Per evitare atti di violenza, “bisogna cercare risposte positive alle situazioni e alle condizioni di violenza”.

Voglio fare mio l’appello dei Vescovi di quella diletta Nazione e invitare tutti a pregare per il Cile. Preghiamo con insistenza e speranza - unendo nella nostra supplica un pensiero fervido alla Vergine Santissima - affinché l’impegno per la verità, per il rispetto dell’uomo, per l’amore alla giustizia e alla pace divengano proposito e azione di tutti, per il vero benessere temporale e spirituale del popolo cileno.



Mercoledì, 20 luglio 1983

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1. “Siamo . . . opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo” (
Ep 2,10). La nostra Redenzione in Cristo - questo grande mistero che in modo straordinario celebriamo durante questo Anno Santo - ci abilita a compiere, nella pienezza dell’amore, quelle opere buone “che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo”. La bontà del nostro agire è il frutto della Redenzione. San Paolo perciò insegna che, in forza del fatto di essere stati redenti, noi siamo diventati “servi della giustizia” (Rm 6,18). Essere “servi della giustizia” è la nostra vera libertà.

2. In che cosa consiste la bontà dell’agire umano? Se noi facciamo attenzione alla nostra esperienza quotidiana, vediamo che, fra le varie attività in cui si esprime la nostra persona, alcune accadono in noi ma non sono pienamente nostre, mentre altre, non solo accadono in noi, ma sono pienamente nostre. Sono quelle attività che nascono dalla nostra libertà: atti di cui ciascuno di noi è autore in senso vero e proprio. Sono, in una parola, gli atti liberi. Quando l’apostolo ci insegna che siamo opera di Dio, “creati in Cristo Gesù per le opere buone”, queste opere buone sono gli atti che la persona umana, con l’aiuto di Dio, compie liberamente: la bontà è una qualità del nostro agire libero. Di quell’agire, cioè, di cui la persona è principio e causa; di cui, dunque, è responsabile.

Mediante il suo agire libero, la persona umana esprime se stessa e, nello stesso tempo, realizza se stessa. La fede della Chiesa, fondata sulla divina Rivelazione, ci insegna che ciascuno di noi sarà giudicato secondo le sue opere. Si noti: è la nostra persona che sarà giudicata in base alle sue opere. Da ciò si comprende che nelle nostre opere è la persona che si esprime, si realizza e, per così dire, si plasma. Ciascuno è responsabile non solo delle sue azioni libere, ma mediante tali azioni, diviene responsabile di se stesso.

3. Alla luce di questo profondo rapporto fra la persona e il suo agire libero possiamo comprendere in che cosa consista la bontà dei nostri atti, quali siano cioè quelle opere buone “che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo”. La persona umana non è padrona assoluta di se stessa. Essa è creata da Dio. Il suo essere è un dono: ciò che essa è e il suo esserci stesso sono dono di Dio. “Siamo, infatti, opera sua”, ci insegna l’apostolo, “creati in Cristo Gesù” (Ep 2,10). Ricevendosi continuamente dalle mani creatrici di Dio l’uomo è responsabile davanti a lui di ciò che compie. Quando l’atto compiuto liberamente è conforme all’essere della persona, è buono. È necessario sottolineare questo fondamentale rapporto fra l’atto compiuto dalla persona e la persona che lo compie.

La persona umana è dotata di una sua propria verità, di un suo proprio ordine intrinseco, di una sua propria costituzione. Quando le sue opere si accordano con questo ordine, con la costituzione propria di persona umana creata da Dio, sono opere buone “che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo”. La bontà del nostro agire scaturisce da un’armonia profonda fra la persona e i suoi atti, mentre, al contrario, il male morale segna una rottura, una profonda divisione fra la persona che agisce e le sue azioni. L’ordine inscritto nel suo essere, quell’ordine che è il suo bene proprio, non è più rispettato nelle e dalle azioni. La persona umana non è più nella sua verità. Il male morale è precisamente il male della persona come tale; il bene morale è il bene della persona come tale.


4. Celebriamo questo Anno Santo della Redenzione per capire sempre più profondamente il mistero della nostra Salvezza, per partecipare sempre più profondamente alla potenza redentrice della grazia di Dio in Cristo.

Alla luce di quanto abbiamo detto, comprendiamo perché il frutto della Redenzione in noi siano precisamente le opere buone “che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo”. La grazia della Redenzione genera un ethos della Redenzione.

La salvezza rinnova realmente la persona umana, che viene come creata di nuovo “nella giustizia e nella santità”. La grazia della Redenzione risana ed eleva l’intelligenza e la volontà della persona, così che la libertà di questa è resa capace, dalla grazia medesima, di agire con rettitudine.

La persona umana è così pienamente salvata nella sua vita terrena. Come infatti ho detto precedentemente, è nell’azione retta che la persona umana realizza la verità del suo essere, mentre, quando agisce non rettamente, essa fa il suo male, distruggendo l’ordine del proprio essere. La vera e più profonda alienazione dell’uomo consiste nell’azione moralmente cattiva: in questa, la persona non perde ciò che ha, ma perde ciò che è, perde, cioè, se stessa. “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde se stesso?” ci dice il Signore. L’unico vero male, interamente male, per la persona umana è il male morale.

La Redenzione ci ri-crea “nella giustizia e nella santità” e ci dona di agire coerentemente con questo nostro stato di giustizia e di santità. Essa restituisce l’uomo a se stesso, lo fa ritornare dalla terra dell’esilio nella sua patria: nella sua verità, nella sua libertà di creatura di Dio. E il segno, il frutto di questo ritorno, sono le opere buone.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai pellegrini di lingua inglese


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Ad alcuni gruppi provenienti dal Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!

Carissimi pellegrini venuti dalla Diocesi di Kagoshima, dalla parrocchia di S. Ignazio in Tokyo e da tutto il Giappone.

Vi ringrazio di cuore per essere convenuti qui a Roma a pregare con me, in occasione dell’Anno Santo.


Ora, dilettissimi pellegrini, moltiplicate i frutti scaturiti da questo meraviglioso incontro, sia nella vostra vita sia nella intera società giapponese. E poi pregate anche per me.

A voi tutti qui presenti e a tutti i giapponesi imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

E di nuovo: Grazie!

Ai fedeli di espressione tedesca


Ai fedeli di lingua spagnola

Ai pellegrini di espressione portoghese


Ai fedeli polacchi

Ai gruppi italiani

Saluto i padri Capitolari della Congregazione del Preziosissimo Sangue, riuniti a Roma per l’esame delle loro Costituzioni e per eleggere il nuovo Superiore Generale. A tutti voi va la mia parola di vivo incoraggiamento per i vostri lavori, affinché la vostra Congregazione sia sempre più impegnata in una generosa testimonianza di vita religiosa. E vi accompagni la mia Benedizione.
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Voglio poi salutare i numerosi sacerdoti italiani e di altri Paesi d’Europa, aderenti al Movimento dei Focolari, che stanno partecipando ad un corso di Esercizi Spirituali. Scenda su di voi l’abbondanza delle grazie celesti per un ministero pastorale sempre più fecondo, mentre di cuore vi benedico.
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Un particolare saluto vada alle componenti dell’Assemblea Generale dell’Istituto secolare della Volontarie di Don Bosco, che esorto a fortificare la loro vocazione di consacrate per la trasformazione cristiana del mondo, e che sono lieto di benedire.
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A voi, giovani, va ora il mio affettuoso saluto. Siamo in tempo di vacanze e, dopo il periodo scolastico, durante il quale le vostre giornate erano regolate dalla disciplina degli studi, amo ora immaginarvi tutti presi dal gusto di regolare di vostra iniziativa le vostre giornate, dedicandovi a svaghi o attività di vostro più personale gradimento. Ricordatevi, però, che un’altra disciplina, quella delle virtù, non conosce riposo. perciò lo slancio verso la virtù sia l’anima anche delle vostre vacanze! Così esse saranno veramente gioiose, fruttuose, distensive. Questo è il mio augurio, che accompagnano con la mia Benedizione.
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E a voi, ari malati, che provate il peso della sofferenza, mentre altri sono nei divertimenti e negli svaghi, che dirò io? Che il Signore ha scelto voi, proprio voi, perché vi ama di un amore speciale: sa che voi, più di altri, avete la forza e l’amore necessari per aiutarLo a portare la Croce, per voi e anche per chi non la porta. Gesù, innocente, l’ha portata per noi peccatori. Voi potete essere dei salvatori insieme col Salvatore: con la sua forza e per la sua grazia. A voi vada la mia speciale e riconoscente Benedizione.
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A voi, sposi novelli, grazie di essere venuti qui, inaugurando, con questo gesto di devozione e sotto il segno di Cristo, il nuovo cammino che vi aspetta. La vostra speranza è sempre per me motivo di consolazione e di speranza. Nei vostri sguardi luminosi vedo già la fioritura della Chiesa di domani, dei Santi di domani! Camminate coraggiosi verso l’avvenire: il Signore ha benedetto la vostra unione e non vi lascerà mai. con la mia affettuosa Benedizione.



Mercoledì, 27 luglio 1983

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1. “La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce” (
Rm 13,12). La Redenzione, mistero che durante questo Anno Santo vogliamo meditare e vivere in modo straordinario, ha collocato l’uomo in un nuovo stato di vita, lo ha interiormente trasformato. Egli, perciò, deve gettare via le “opere delle tenebre”, deve, cioè, “comportarsi onestamente” camminando nella luce.

Qual è la luce in cui deve vivere colui che è stato redento? Essa è la legge di Dio: quella legge che Gesù non è venuto ad abolire, ma a portare al suo definitivo compimento (cfr Mt 5,17).

Quando l’uomo sente parlare di legge morale, pensa quasi istintivamente a qualcosa che si oppone alla sua libertà e la mortifica. D’altra parte, però, ciascuno di noi si ritrova pienamente nelle parole dell’apostolo, che scrive: “Acconsento nel mio intimo alla legge di Dio” (Rm 7,22). C’è una profonda consonanza fra la parte più vera di noi stessi e ciò che la legge di Dio ci comanda, anche se, per usare ancora le parole dell’apostolo, “nelle mie membra vedo un’altra legge che muove guerra alla legge della mia mente” (Rm 7,23). Il frutto della Redenzione è la liberazione dell’uomo da questa situazione drammatica e la sua abilitazione a un comportamento onesto, degno di un figlio della luce.


2. Si noti: l’apostolo chiama la legge di Dio “legge della mia mente”. La legge morale è, nello stesso tempo, legge di Dio e legge dell’uomo. Per comprendere questa verità, dobbiamo continuamente riandare nel profondo del nostro cuore alla prima verità del Credo: “Credo in Dio Padre . . . creatore”. Dio crea l’uomo e questi, come ogni creatura, si ritrova sorretto dalla Provvidenza di Dio, poiché il Signore non abbandona nessuna delle opere delle sue mani creatrici. Questo significa che egli si prende cura della sua creatura, conducendola - con forza e soavità - al suo fine proprio, nel quale essa raggiunge la pienezza del suo essere. Dio, infatti, non è invidioso della felicità delle sue creature, ma vuole che esse vivano in pienezza. Anche l’uomo, anzi soprattutto l’uomo, è oggetto della Provvidenza divina: egli è condotto dalla Provvidenza divina al suo fine ultimo, alla comunione con Dio e con le altre persone umane nella vita eterna. In tale comunione l’uomo raggiunge la pienezza del suo essere personale.

È la stessa e identica pioggia che feconda la terra; è la stessa identica luce del sole che genera la vita nella natura. Tuttavia, l’una e l’altra non impediscono la varietà degli esseri viventi: ciascuno di essi cresce secondo la sua propria specie, anche se identiche sono la pioggia e la luce. È questa una pallida immagine della Sapienza provvidente di Dio: essa conduce ogni creatura secondo il modo conveniente alla natura ch’è propria di ciascuna. L’uomo è soggetto alla Provvidenza di Dio in quanto uomo, cioè in quanto soggetto intelligente e libero. Come tale, egli è in grado di partecipare al progetto provvidenziale, scoprendone le linee essenziali inscritte nel suo stesso essere umano. Questo progetto creativo di Dio, in quanto conosciuto e partecipato dall’uomo, è ciò che noi chiamiamo legge morale. La legge morale è, dunque, l’espressione delle esigenze della persona umana, che è stata pensata e voluta dalla Sapienza creatrice di Dio, come finalizzata alla comunione con lui.

3. Questa legge è la legge dell’uomo (“la legge della mia mente”, dice l’apostolo), una legge cioè che è propria dell’uomo: solo l’uomo è soggetto alla legge morale e in questo sta la sua dignità vera. Solo l’uomo, infatti, in quanto soggetto personale - intelligente e libero - è partecipe della Provvidenza di Dio, è alleato consapevole con la Sapienza creatrice. Il codice di questa alleanza non è scritto primariamente sui libri, ma nella mente dell’uomo (“la legge della mia mente”), in quella parte, cioè, grazie alla quale egli è costituito a “immagine e somiglianza di Dio”.

“Voi . . . fratelli - dice l’apostolo Paolo - siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri . . . Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri” (Ga 5,13 Ga 5,15).

La libertà, vissuta come potere sganciato dalla legge morale, si rivela potere distruttivo dell’uomo: di se stesso e degli altri. “Guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri”, ci ammonisce l’apostolo. Questo è l’esito finale dell’esercizio della libertà contro la legge morale: la distruzione reciproca. Anziché, dunque, contrapporsi alla libertà, la legge morale è ciò che garantisce la libertà, ciò che fa sì che essa sia vera, non una maschera di libertà: il potere di realizzare il proprio essere personale secondo la verità.

Questa subordinazione della libertà alla verità della legge morale non deve, peraltro, ridursi solo alle intenzioni del nostro agire. Non è sufficiente avere l’intenzione di agire rettamente perché la nostra azione sia obiettivamente retta, conforme cioè alla legge morale. Si può agire con l’intenzione di realizzare se stessi e di far crescere gli altri in umanità: ma l’intenzione non è sufficiente perché in realtà la nostra o altrui persona sia riconosciuta nell’agire. La verità espressa dalla legge morale è la verità dell’essere, come esso è pensato e voluto non da noi, ma da Dio che ci ha creati. La legge morale è la legge dell’uomo, perché è la legge di Dio.

La Redenzione, restituendo pienamente l’uomo alla sua verità e alla sua libertà, gli ridona la piena dignità di persona. La Redenzione ricostruisce così l’alleanza della persona umana con la Sapienza creatrice.

Ai fedeli di espressione francese


Ai pellegrini di lingua inglese

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A due pellegrinaggi giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!


Carissimi pellegrini di Kyushu, guidati dal Vostro Vescovo Hirata, e voi del gruppo Don Bosco di Tokyo.

Vi ringrazio di cuore per essere venuti fin qui in Vaticano, in occasione dell’Anno Santo, rispondendo così al mio vivo desiderio.

Vi prego, carissimi, di voler condividere con tutti i giapponesi i frutti di questo pellegrinaggio. E pregate anche per Me.

A Voi tutti, e a tutti i giapponesi, impartisco la mia Benedizione con la materna intercessione della Madonna.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli di espressione tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola


Ai pellegrini portoghesi

Ai fedeli polacchi


Ai pellegrini italiani

Saluto ora i numerosi gruppi di religiosi e Religiose convenuti a Roma per i Capitoli Generali dei loro rispettivi Istituti, per corsi di studio e di aggiornamento, tra i quali sono i partecipanti ad un raduno per animatori vocazionali, organizzato dai Padri Rogazionisti. Carissimi, l’ansia di perfezione e di vita interiore sia il movente principale della vostra specifica attività religiosa: sono certo che il tanto auspicato incremento delle vocazioni sarà tratte di là forza, sostegno ed efficacia. Vi sia di conforto la mia Benedizione Apostolica.
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Un cordiale saluto rivolgo a voi, giovani, che siete presenti a questo incontro e, in particolare, ai partecipanti al primo Jamboree Europeo di Minibasket, che si svolge in questo giorni ad orvieto. Vi auguro che questo periodo vi dia la possibilità di accrescere altresì la vostra esperienza di preghiera, di riflessione, di fraterno solidale contatto con gli altri, di visione serena della natura, contemplata come opera dell’amore infinito di Dio creatore nei confronti dell’uomo.
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Anche a voi, fratelli e sorelle infermi, si indirizza il mio commosso saluto con l’augurio che la sofferenza che vi unisce misteriosamente alla passione di Cristo, sia feconda di interiori frutti spirituali per voi stessi, per la Chiesa e per l’Umanità. Alla vostra meritoria preghiera affido le mie intenzioni di Pastore della Chiesa universale.
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Un saluto, infine, rivolgo a voi, sposi novelli. Vi auguro di cuore che la vostra vita coniugale sia sempre ricolma di quella autentica letizia, che è frutto delle virtù tipiche degli sposi cristiani: la carità, la fedeltà, la donazione, la fiducia nella Provvidenza. A tutti l’auspicio che l’Anno Giubilare della Redenzione sia un efficace stimolo per una spirituale conversione.







Catechesi 79-2005 60783