Catechesi 79-2005 21782

Mercoledì, 21 luglio 1982

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1. “Anche noi che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente, aspettando . . . la redenzione del nostro corpo” (
Rm 8,23). San Paolo nella lettera ai Romani vede questa “redenzione del corpo” in una dimensione antropologica e insieme cosmica . . . La creazione “infatti è stata sottomessa alla caducità” (Rm 8,20). Tutta la creazione visibile, tutto il cosmo porta su di sé gli effetti del peccato dell’uomo. “Tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rm 8,22). E contemporaneamente tutta “la creazione . . . attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio” e “nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,19 Rm 8,20-21).

2. La redenzione del corpo è, secondo Paolo, oggetto della speranza. Questa speranza è stata innestata nel cuore dell’uomo in un certo senso subito dopo il primo peccato. Basta ricordare le parole del libro della Genesi, che vengono tradizionalmente definite come il “proto-vangelo” (cfr Gn 3,15) e quindi, potremmo dire, come l’inizio della Buona Novella, il primo annunzio della salvezza. La redenzione del corpo si collega, secondo le parole della lettera ai Romani, proprio con questa speranza, nella quale - come leggiamo - “noi siamo stati salvati” (Rm 8,24). Mediante la speranza, che risale agli inizi stessi dell’uomo, la redenzione del corpo ha la sua dimensione antropologica: è la redenzione dell’uomo. Contemporaneamente essa si irradia, in un certo senso, su tutta la creazione, che sin dall’inizio è stata legata in modo particolare all’uomo ed a lui subordinata (cfr Gn 1,28-30). La redenzione del corpo è, quindi, la redenzione del mondo: ha una dimensione cosmica.


3. Presentando nella lettera ai Romani l’immagine “cosmica” della redenzione, Paolo di Tarso colloca al suo stesso centro l’uomo, così come “in principio” questi era stato collocato al centro stesso dell’immagine della creazione. È proprio l’uomo, sono gli uomini, quelli che possiedono “le primizie dello Spirito”, che gemono interiormente, aspettando la redenzione del loro corpo (cfr Rm 8,23). Cristo, che è venuto per svelare pienamente l’uomo all’uomo rendendogli nota la sua altissima vocazione (cfr Gaudium et Spes GS 22), parla nel Vangelo della stessa divina profondità del mistero della redenzione, che proprio in lui trova il suo specifico soggetto “storico”. Cristo, quindi, parla nel nome di quella speranza, che è stata innestata nel cuore dell’uomo già nel “proto-vangelo”. Cristo dà compimento a questa speranza, non soltanto con le parole del suo insegnamento, ma soprattutto con la testimonianza della sua morte e risurrezione. Così, dunque, la redenzione del corpo si è già compiuta in Cristo. In lui è stata confermata quella speranza, nella quale “noi siamo stati salvati”. E, al tempo stesso, quella speranza è stata riaperta di nuovo verso il suo definitivo compimento escatologico. “La rivelazione dei figli di Dio” in Cristo è stata definitivamente indirizzata verso quella “libertà e gloria”, che devono essere definitivamente partecipate dai “figli di Dio”.

4. Per comprendere tutto ciò che comporta “la redenzione del corpo” secondo la lettera di Paolo ai Romani, è necessaria una autentica teologia del corpo. Abbiamo cercato di costruirla, riferendoci prima di tutto alle parole di Cristo. Gli elementi costitutivi della teologia del corpo sono racchiusi in ciò che Cristo dice, facendo richiamo al “principio”, in relazione alla domanda circa l’indissolubilità del matrimonio (cfr Mt 19,8), in ciò che egli dice della concupiscenza, richiamandosi al cuore umano, nel Sermone della Montagna (cfr Mt 5,28), ed anche in ciò che dice richiamandosi alla risurrezione (cfr Mt 22,30). Ciascuno di questi enunziati nasconde in sé un ricco contenuto di natura sia antropologica, sia etica. Cristo parla all’uomo - e parla dell’uomo: dell’uomo che è “corpo”, e che è stato creato come maschio e femmina a immagine e somiglianza di Dio; parla dell’uomo, il cui cuore è sottoposto alla concupiscenza, e infine dall’uomo, davanti al quale si apre la prospettiva escatologica della risurrezione del corpo.

Il “corpo” significa (secondo il libro della Genesi) l’aspetto visibile dell’uomo e la sua appartenenza al mondo visibile. Per san Paolo esso significa non soltanto questa appartenenza, ma a volte anche l’alienazione dell’uomo dall’influsso dello Spirito di Dio. L’uno e l’altro significato rimane in relazione alla “redenzione del corpo”.

5. Poiché nei testi precedentemente analizzati Cristo parla della profondità divina del mistero della redenzione, le sue parole servono proprio quella speranza, di cui si parla nella lettera ai Romani. “La redenzione del corpo” secondo l’Apostolo è, in definitiva, ciò che noi “attendiamo”. Così attendiamo proprio la vittoria escatologica sulla morte, alla quale Cristo rese testimonianza soprattutto con la sua risurrezione. Alla luce del mistero pasquale, le sue parole sulla risurrezione dei corpi e sulla realtà dell’“altro mondo”, registrate dai Sinottici, hanno acquistato la loro piena eloquenza. Sia Cristo, sia poi Paolo di Tarso, hanno proclamato l’appello all’astensione dal matrimonio “per il Regno dei cieli” proprio in nome di questa realtà escatologica.

6. Tuttavia, la “redenzione del corpo” si esprime non soltanto nella risurrezione quale vittoria sulla morte. Essa è presente anche nelle parole di Cristo, indirizzate all’uomo “storico”, sia quando esse confermano il principio dell’indissolubilità del matrimonio, come principio proveniente dal Creatore stesso, sia anche quando - nel Discorso della Montagna - Cristo invita a superare la concupiscenza, e ciò perfino nei movimenti unicamente interiori del cuore umano. Dell’uno e dell’altro di questi enunziati-chiave bisogna dire che si riferiscono alla moralità umana, hanno un senso etico. Qui si tratta non della speranza escatologica della risurrezione, ma della speranza della vittoria sul peccato, che può essere chiamata la speranza di ogni giorno.

7. Nella sua vita quotidiana l’uomo deve attingere al mistero della redenzione del corpo l’ispirazione e la forza per superare il male che è assopito in sé sotto forma della triplice concupiscenza. L’uomo e la donna, legati nel matrimonio, devono intraprendere quotidianamente il compito dell’indissolubile unione di quell’alleanza, che hanno stipulato tra di loro. Ma anche un uomo o una donna, che volontariamente hanno scelto la continenza per il Regno dei cieli, devono dare quotidianamente una viva testimonianza della fedeltà a una tale scelta, ascoltando le direttive di Cristo dal Vangelo e quelle dell’apostolo Paolo dalla prima lettera ai Corinzi. In ogni caso si tratta della speranza di ogni giorno, che, a misura dei normali compiti e delle difficoltà della vita umana, aiuta a vincere “con il bene il male” (Rm 12,21). Infatti, “nella speranza noi siamo stati salvati”: la speranza di ogni giorno manifesta la sua potenza nelle opere umane e perfino negli stessi movimenti del cuore umano, facendo strada, in un certo senso, alla grande speranza escatologica legata con la redenzione del corpo.

8. Penetrando nella vita quotidiana con la dimensione della morale umana, la redenzione del corpo aiuta, prima di tutto, a scoprire tutto questo bene, in cui l’uomo riporta la vittoria sul peccato e sulla concupiscenza. Le parole di Cristo, che derivano dalla divina profondità del mistero della redenzione, permettono di scoprire e di rafforzare quel legame, che esiste tra la dignità dell’essere umano (dell’uomo o della donna) e il significato sponsale del suo corpo. Permettono di comprendere e attuare, in base a quel significato, la libertà matura del dono, che in un modo si esprime nel matrimonio indissolubile, e in un altro mediante l’astensione dal matrimonio per il Regno di Dio. Su queste vie diverse Cristo svela pienamente l’uomo all’uomo, rendendogli nota la “sua altissima vocazione”. Questa vocazione è iscritta nell’uomo secondo tutto il suo “compositum” psico-fisico, proprio mediante il mistero della redenzione del corpo.

Tutto ciò che abbiamo cercato di fare nel corso delle nostre meditazioni, per comprendere le parole di Cristo, ha il suo fondamento definitivo nel mistero della redenzione del corpo.

Ai fedeli di lingua francese


Ai fedeli di lingua inglese

A due gruppi giapponesi.

Dio sia lodato!

La guerra è opera umana. La guerra è distruzione di vita umana. La guerra porta la morte.

Così io ho lanciato un appello per la pace in Hiroshima. Da quella città è arrivata una delegazione per la pace, tra i cui membri è un superstite dell’esplosione atomica.

Dilettissimi, continuate sempre la vostra missione per la pace, poiché coloro che lavorano per la pace saranno chiamati figli di Dio.
* * *


Dio sia lodato!


Sono molto lieto di accogliere qui il Coro Femminile di Omei molto famoso in Giappone, che sta iniziando una serie di concerti in vari luoghi d’Europa, e l’Istituto “Shoin Jogakuin” che comincia un suo viaggio di amicizia verso i giovani di vari paesi. Nella musica e nell’amicizia non vi è confine. Vi incoraggio perciò - come già ebbi a dire nella vostra Patria - ad essere strumenti per la concordia e la pace di quanti incontrate.

Ora, carissime giovani, cominciate il vostro viaggio di amicizia con la mia benedizione e sotto la protezione della Madre di Dio.

Vi ringrazio infine di vero cuore per essere venute qui a trovarmi. “Grazie”.

Dio sia lodato!

A fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli di espressione spagnola



Ai fedeli di lingua portoghese



Ad alcuni pellegrini ungheresi

Desidero salutare un gruppo di pellegrini provenienti dalla parrocchia di Véménd, Ungheria. È la prima volta che mettono piede sul suolo della Città Eterna, e scoprono, con cuore devoto, i veri tesori di Roma, le tracce dei santi, e particolarmente le tombe degli Apostoli. Diletti figli e figlie! San Michele Arcangelo, che voi venerate nella vostra Chiesa, sia la vostra guida nel mantenervi nella fede cristiana. Con la mia benedizione apostolica.

Ai fedeli polacchi

Ed ecco una nostra traduzione italiana delle parole di Giovanni Paolo II.

Madre della Chiesa!

La tua effigie a Jasna Góra è un particolare segno della Chiesa, che da mille anni compie la sua missione in terra polacca. Tu, o Madre, sei presente nella missione della Chiesa così come sei stata presente, per divina elezione, nella missione messianica di Cristo. Il Concilio ha riconfermato ed ha spiegato di nuovo questa verità.

La Chiesa è il Popolo di Dio cresciuto nella eredità degli Apostoli e con essa saldamente unito.


La Chiesa compie la sua funzione salvifica tra tutte le Nazioni della terra.

Da tante generazioni la Chiesa compie la sua funzione salvifica tra la nostra Nazione.

Nelle continue prove della storia è con la Nazione. È stata con essa ieri - lo è oggi.

O Madre! Che la Chiesa in terra polacca fissi lo sguardo in modo penetrante sul tuo Volto, per imparare da te la maternità spirituale. La maternità è il più singolare legame con l’uomo: con l’uomo che vive nella comunità della propria Nazione.

La Chiesa in terra polacca ha dato una particolare testimonianza a questo legame negli ultimi tempi. Un vivo simbolo di questo legame è la figura del Padre Massimiliano Kolbe, la cui canonizzazione aspettiamo nell’anno in corso.

O Madre! Che continui a perseverare questo legame, basato sulla missione salvifica della Chiesa, secondo il modello di Cristo stesso e della Serva del Signore!

La nazione polacca nel corso dei secoli ha perseverato nella fedeltà alla Chiesa ed alla Sede Apostolica.

Nel corso dei giorni difficili del tempo attuale la Chiesa desidera, in modo particolare, essere con la Nazione al servizio della verità e della libertà di ogni figlio e figlia della terra polacca.

Ai gruppi italiani

Desidero ora rivolgere un particolare saluto al gruppo di sacerdoti e di religiose, aderenti al Movimento dei Focolari, che si sono raccolti in questi giorni rispettivamente a Frascati e a Rocca di Papa, per riflettere sulle esigenze che scaturiscono dalla vocazione cristiana all’unità.

Carissimi fratelli e sorelle, l’impegno di “fare unità” è una esigenza radicata nella natura stessa della Chiesa, Corpo mistico dell’unico Cristo. È verità che merita di essere sottolineata. Lasciatevi dunque coinvolgere sempre più nel dinamismo di questa unità: quanto più sarete una cosa sola fra voi, tanto più sarete una cosa sola con Cristo. A tutti imparto la mia apostolica benedizione.
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Saluto ora la delegazione della cittadina messicana di Chipilo (Stato di Puebla), fondata cent’anni or sono da emigranti italiani del comune veneto di Segusino, da cui pure è giunta una rappresentanza che prende parte all’Udienza.

Carissimi, sono lieto di rivolgervi, nella vostra lingua d’origine, una speciale parola di affettuosa stima e di incoraggiamento: la fedeltà alle comuni tradizioni di fede, di onestà, di laboriosità valga a mantenere vivi in voi quei valori, che hanno permesso ai vostri padri di superare momenti difficili e di raggiungere gli importanti traguardi che costituiscono, oggi, il motivo della vostra fierezza. A tutti voi, come anche ai componenti delle vostre due comunità, imparto di cuore la mia benedizione.
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Non voglio tralasciare di rivolgere un saluto particolare ai giovani, fresco annuncio di primavera per la società e per la Chiesa; ai malati, preziosa riserva di spirituali energie per l’intera comunità cristiana; ed agli sposi novelli, testimonianza della forza vittoriosa dell’amore, che sfida ogni ostacolo e s’avvia con fiducioso ottimismo sulle strade della vita. Carissimi fratelli e sorelle, a tutti ed a ciascuno imparto la mia apostolica benedizione, pegno di sincero affetto ed auspicio di copiosi favori celesti



Mercoledì, 28 luglio 1982

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1. Iniziamo oggi un nuovo capitolo sul tema del matrimonio, leggendo le parole di san Paolo agli Efesini:

“Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito” (
Ep 5,22-33).

2. Conviene che sottoponiamo ad analisi approfondita il testo citato, contenuto in questo capitolo quinto della lettera agli Efesini, così come, in precedenza, abbiamo analizzato le singole parole di Cristo, che sembrano avere un significato-chiave per la teologia del corpo. Si trattava delle parole, in cui Cristo si richiama al “principio” (Mt 19,4 Mc 10,6), al “cuore” umano, nel Discorso della Montagna (Mt 5,28) e alla futura risurrezione (cfr Mt 22,30 Mc 12,25 Lc 20,35). Quanto è contenuto nel passo della lettera agli Efesini costituisce quasi il “coronamento” di quelle altre sintetiche parole-chiave. Se da esse è emersa la teologia del corpo nei suoi lineamenti evangelici, semplici ed insieme fondamentali, occorre, in certo senso, presupporre questa teologia nell’interpretare il menzionato passo della lettera agli Efesini. E perciò, se si vuol interpretare quel passo, bisogna farlo alla luce di ciò che Cristo ci disse sul corpo umano. Egli parlò non solo richiamandosi all’uomo “storico” e perciò stesso all’uomo, sempre “contemporaneo”, della concupiscenza (al suo “cuore”), ma anche rilevando, da un lato, le prospettive del “principio” ossia dell’innocenza originaria e della giustizia e, dall’altro, le prospettive escatologiche della risurrezione dei corpi, quando “non prenderanno né moglie né marito” (cfr Lc 20,35). Tutto ciò fa parte dell’ottica teologica della “redenzione del nostro corpo” (Rm 8,23).

3. Anche le parole dell’autore della lettera agli Efesini (Il problema della paternità paolina della lettera agli Efesini, riconosciuta da alcuni esegeti e negata da altri, può essere risolto per il tramite di una supposizione mediana, che qui accettiamo quale ipotesi di lavoro: ossia, che san Paolo affidò alcuni concetti al suo segretario, il quale poi li sviluppò e rifinì. È questa soluzione provvisoria del problema che abbiamo in mente, parlando dell’“Autore della lettera agli Efesini”, dell’“Apostolo” e di “san Paolo”.) sono centrate sul corpo; e ciò sia nel suo significato metaforico, cioè sul corpo di Cristo che è la Chiesa, sia nel suo significato concreto, cioè sul corpo umano nella sua perenne mascolinità e femminilità, nel suo perenne destino all’unione nel matrimonio, come dice il libro della Genesi: “L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (Gn 2,24).

In qual modo questi due significati del corpo compaiono e convergono nel brano della lettera agli Efesini? E perché vi compaiono e convergono? Ecco gli interrogativi che bisogna porsi, attendendo delle risposte non tanto immediate e dirette, quanto possibilmente approfondite e “a lunga scadenza”, alle quali siamo stati preparati dalle analisi precedenti. Infatti, quel brano della lettera agli Efesini non può essere correttamente inteso, se non soltanto nell’ampio contesto biblico, considerandolo come “coronamento” dei temi e delle verità che, attraverso la Parola di Dio rivelata nella Sacra Scrittura, affluiscono e defluiscono come a onde lunghe. Sono temi centrali e verità essenziali. E perciò il testo citato della lettera agli Efesini è anche un testo-chiave e “classico”.


4. È un testo ben noto alla liturgia, in cui compare sempre in rapporto con il sacramento del Matrimonio.La “lex orandi” della Chiesa vede in esso un esplicito riferimento a questo sacramento: e la “lex orandi” permette e nello stesso tempo esprime sempre la “lex credendi”. Ammettendo tale premessa, dobbiamo subito chiederci: in questo “classico” testo della lettera agli Efesini, come emerge la verità sulla sacramentalità del matrimonio? in qual modo viene in esso espressa oppure confermata? Diverrà chiaro che la risposta a questi interrogativi non può essere immediata e diretta, ma graduale e “a lunga scadenza”. Ciò viene comprovato perfino da un primo sguardo a questo testo, che ci riporta al libro della Genesi e dunque “al principio”, e che, nella descrizione del rapporto tra Cristo e la Chiesa, riprende dagli scritti dei profeti dell’Antico Testamento la ben nota analogia dell’amore sponsale tra Dio e il suo popolo eletto. Senza esaminare questi rapporti, sarebbe difficile rispondere alla domanda sul modo, in cui la lettera agli Efesini tratta della sacramentalità del matrimonio. Si vedrà pure come la prevista risposta deve passare attraverso tutto l’ambito dei problemi analizzati in precedenza, cioè attraverso la teologia del corpo.

5. Il sacramento o la sacramentalità - nel senso più generale di questo termine - si incontra con il corpo e presuppone la “teologia del corpo”. Il sacramento, infatti, secondo il significato generalmente conosciuto, è un “segno visibile”. Il “corpo” significa pure ciò che è visibile, significa la “visibilità” del mondo e dell’uomo. Dunque, in qualche modo - anche se il più generale - il corpo entra nella definizione del sacramento, essendo esso “segno visibile di una realtà invisibile”, cioè della realtà spirituale, trascendente, divina. In questo segno - e mediante questo segno - Dio si dona all’uomo nella sua trascendente verità e nel suo amore. Il sacramento è segno della grazia ed è un segno efficace. Non solo la indica ed esprime in modo visibile, a modo di segno, ma la produce, e contribuisce efficacemente a far sì che la grazia diventi parte dell’uomo, e che in lui si realizzi e si compia l’opera della salvezza, l’opera prestabilita da Dio fin dall’eternità e pienamente rivelata in Gesù Cristo.

6. Direi che già questo primo sguardo gettato sul “classico” testo della lettera agli Efesini indica la direzione in cui debbono svilupparsi le nostre ulteriori analisi. È necessario che queste analisi inizino dalla preliminare comprensione del testo in se stesso; tuttavia, debbono in seguito condurci, per così dire, oltre i suoi confini, per capire possibilmente “fino in fondo” quanta ricchezza di verità rivelata da Dio sia contenuta nell’ambito di quella pagina stupenda. Servendoci della nota espressione della costituzione Gaudium et Spes, si può dire che il brano da noi scelto nella lettera agli Efesini “svela - in modo particolare - l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Gaudium et Spes GS 22): in quanto egli partecipa all’esperienza della persona incarnata. Infatti Dio, creandolo a sua immagine, fin dal principio lo creò “maschio e femmina” (Gn 1,27).

Durante le successive analisi cercheremo - soprattutto alla luce del citato testo della lettera agli Efesini - di comprendere più profondamente il sacramento (in particolare, il matrimonio come sacramento): prima, nella dimensione dell’alleanza e della grazia, e, in seguito, nella dimensione del segno sacramentale.

Ai pellegrini francesi

Ai fedeli di lingua inglese

Ai pellegrini di espressione tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai pellegrini di espressione portoghese

Ai fedeli sloveni della parrocchia di Turnisce

Con gioia saluto oggi la gioventù slovena di Turnisce, della diocesi di Maribor.

Tempo fa, ho fatto rilevare ai pellegrini di Zelezna Kaplja quanto la gioventù mi è cara e quanto di lei mi fido, rendendomi conto di quali ideali e sacrifici essa è capace.

Il Santo Padre non ha nel frattempo cambiato opinione, specialmente per il fatto che mi è noto, come la gioventù di Turnisce tende alla migliore formazione culturale e spirituale.

Anche la visita al centro della cristianità ne è testimone. Di ciò vi ringrazio e vi sprono a rimanere sempre buoni abitanti della Prekmurci, e buoni e fedeli figli della santa Madre Chiesa.

La benedizione apostolica che vi imparto dal profondo del cuore, raggiunga anche tutti quei giovani che non hanno avuto la possibilità di partecipare a questo pellegrinaggio.

Sia lodato Gesù Cristo.

Ai giovani croati dell’“Olimpiade del Catechismo”

Sia lodato Gesù e Maria!

Pace e Bene!


Saluto i giovani della Croazia, vincitori della “Olimpiade del Catechismo”, che hanno dimostrato profonda conoscenza del tema proposto: Francesco e il Vangelo, che costituisce una parte del rinnovamento della Chiesa croata, in occasione dell’VIII Centenario della nascita di san Francesco d’Assisi.

Del gruppo di circa 20.000 partecipanti, vi saluto come i migliori, specialmente i gruppi delle città di Humac e Zagabria.

Esprimendovi il mio paterno compiacimento, vi auguro - con le parole di san Francesco - che sappiate mettere in pratica quanto avete appreso: “Io ho fatto la mia parte: quello che voi dovete fare, Cristo ve lo insegni”.

A voi qui presenti e alla vostra Patria la mia benedizione apostolica.

Sia lodato Gesù e Maria!

Preghiera alla Madonna di Jasna Góra




Questa la nostra traduzione italiana della preghiera del Papa.

Come ogni mercoledì, così anche oggi mi rivolgo a te, Maria: che, “dai tempi lontani, sei la Regina della Polonia”!

E prego: “Tu, Maria, di’ una parola in nostro favore! / Prendi sotto la tua protezione la Nazione intera, / affinché viva per la tua gloria, Maria!”.

Mediante le parole di questo canto mi unisco a voi, miei connazionali. Sono unito con voi dinanzi a Maria, Regina della Polonia.


In questa unione c’è una particolare eredità di sei secoli. In questa unione c’è l’eloquenza quotidiana del contemporaneo, e in particolare del difficile anno in corso.

Di nuovo ripeto le parole proclamate dall’Episcopato polacco nel mese di febbraio:

“I Vescovi insieme con tutta la società aspettano che lo stato di guerra finisca al più presto, che gli internati siano liberati e che a quanti sono stati condannati a causa dello stato di guerra sia concessa amnistia, che a quanti vivono nascosti venga assicurata la possibilità di manifestarsi, e che nessuno sia licenziato dal lavoro perché iscritto al sindacato . . . È necessario assicurare la piena libertà alla vita religiosa e allo sviluppo della cultura”.

Ripeto queste parole dinanzi a tutti coloro dai quali dipende il loro compimento.

Le inserisco nella preghiera dell’anno giubilare.

Se c’è in questa preghiera anche un ringraziamento per quanto di queste parole dei Vescovi è stato realizzato - allora contemporaneamente, per di più, c’è in essa un fervido grido perché si compia quanto ancora non è stato realizzato.

“Tu, Maria, di’ una parola in nostro favore, / prendi sotto la tua protezione la Nazione intera!”.

Alle partecipanti al Capitolo generale delle suore Missionarie Francescane di Gesù Bambino

È presente all’Udienza un folto gruppo di suore Missionarie Francescane di Gesù Bambino, le quali hanno concluso ad Assisi il loro Capitolo Generale. Vi sono grato, carissime sorelle, per la vostra visita e, nel rivolgere a tutte voi e, specialmente, alla Superiora Generale ed al Consiglio generalizio neo eletti, il mio beneaugurante saluto, vi esprimo sincero compiacimento per le decisioni di un sempre più generoso e qualificato servizio in favore dei giovani più poveri, dei malati e degli anziani, in sintonia con lo spirito del serafico Padre san Francesco e nella fedeltà al carisma della vostra Fondatrice. A voi, e a tutte le religiose presenti, la mia particolare benedizione.

Ai giovani

Una parola di speciale saluto giunga a tutta la gioventù, ai bambini, agli adolescenti, con particolare riferimento ai giovani sportivi che, con sosta a Roma, stanno compiendo un pellegrinaggio in bicicletta da Milano al Santuario della Madonna delle Lacrime a Siracusa. Carissimi! Pedalando per migliaia di chilometri, dopo aver visitato negli scorsi anni i Santuari di Lourdes, Fatima, Chestochowa, Banneaux e Maria Bistrica a Zagabria, siete giunti anche in Vaticano, dal Papa! Vi ringrazio per questo vostro gesto di così cordiale ossequio! Mentre vi esprimo il mio compiacimento per la vostra iniziativa, insieme sportiva e spirituale, volentieri vi do la mia benedizione, come auspicio di buon viaggio, raccomandando alle vostre preghiere tutte le necessità della Chiesa!

Agli ammalati

Rivolgo ora il mio cordiale saluto a tutti gli ammalati presenti all’Udienza ed, in particolare, al pellegrinaggio organizzato dall’Unione Maltese Trasporti Malati a Lourdes, diretto a quel Santuario Mariano. Carissimi ammalati! Nella vostra condizione voi date a tutti il supremo e fondamentale insegnamento che, in definitiva, ciò che veramente conta davanti a Dio è l’impegno nella propria personale santificazione, compiendo con totale dedizione la sua volontà. Mentre preghiamo per la vostra guarigione e per il vostro benessere, vogliamo però anche imparare la lezione della vostra sofferenza. Vi dia forza e conforto l’amore alla Vergine santissima! Vi accompagni la mia affettuosa benedizione!

Agli sposi novelli

Infine una particolare benedizione imparto di cuore agli Sposi novelli, che, iniziando la loro vita coniugale, sono venuti in pellegrinaggio a Roma, con spirito di fede e di amore. Mentre vi ringrazio per la vostra presenza, vi esorto a non lasciarvi mai turbare né scoraggiare dalle difficoltà della vita. Il matrimonio e la vostra futura famiglia, nella luce e nella forza di Cristo, siano per voi sempre un luogo di pace, di gioia e di impegno apostolico!




Mercoledì, 4 agosto 1982

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1. Nella nostra conversazione di mercoledì scorso ho citato il capitolo quinto della lettera agli Efesini (
Ep 5,22-23). Ora, dopo lo sguardo introduttivo su quel testo “classico”, conviene esaminare il modo in cui tale brano - così importante sia per il mistero della Chiesa, sia per la sacramentalità del matrimonio - è inquadrato nell’immediato contesto dall’intera lettera.

Pur sapendo che esiste una serie di problemi discussi tra i Biblisti riguardo ai destinatari, alla paternità e anche alla data della sua composizione, bisogna costatare che la lettera agli Efesini ha una struttura molto significativa. L’Autore inizia questa lettera col presentare l’eterno piano della salvezza dell’uomo in Gesù Cristo.

“. . . Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo / . . . In lui ci ha scelti . . . / per essere santi ed immacolati al suo cospetto nella carità, / predestinandoci ad essere suoi figli adottivi / per opera di Gesù Cristo, / secondo il beneplacito della sua volontà. / E questo a lode e gloria della sua grazia, / che ci ha dato nel suo Figlio diletto; / nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, / la remissione dei peccati / secondo la ricchezza della sua grazia. / . . . per realizzarlo nella pienezza dei tempi: / il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose . . .” (Ep 1,3 Ep 1,4-7 Ep 1,10).

L’Autore della lettera agli Efesini, dopo aver presentato con parole piene di gratitudine il piano che, fin dall’eternità, è in Dio e ad un tempo si realizza già nella vita dell’umanità, prega il Signore, affinché gli uomini (e direttamente i destinatari della lettera) conoscano pienamente Cristo quale capo: “. . . Lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, / la quale è il suo corpo, / la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose” (Ep 1,22-23). L’umanità peccatrice è chiamata ad una vita nuova in Cristo, nel quale i pagani e gli Ebrei debbono unirsi come in un tempio (cfr Ep 2,11-21). L’Apostolo è banditore del ministero di Cristo tra i pagani, ai quali soprattutto si rivolge nella sua lettera, piegando “le ginocchia davanti al Padre” e chiedendo che conceda loro, “secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore” (Ep 3,14 Ep 3,16).

2. Dopo questo così profondo e suggestivo svelamento del mistero di Cristo nella Chiesa, l’Autore passa, nella seconda parte della lettera, a direttive più particolareggiate, che mirano a definire la vita cristiana come vocazione che scaturisce dal piano divino, di cui abbiamo parlato in precedenza, cioè dal mistero di Cristo nella Chiesa. Anche qui l’Autore tocca diverse questioni sempre valide per la vita cristiana. Esorta a conservare l’unità, sottolineando in pari tempo che tale unità si costruisce sulla molteplicità e diversità dei doni di Cristo. A ciascuno è dato un dono diverso, ma tutti, come cristiani, debbono “rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio, nella giustizia e nella santità vera” (Ep 4,24). Con ciò è legato un richiamo categorico a superare i vizi ed acquisire le virtù corrispondenti alla vocazione che tutti hanno ottenuto in Cristo (cfr Ep 4,25-32). L’Autore scrive: “Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi . . . in sacrificio” (Ep 5,1-2).

3. Nel capitolo quinto della lettera agli Efesini questi richiami divengono ancor più particolareggiati. L’Autore condanna severamente gli abusi pagani, scrivendo: “Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce” (Ep 5,8). E poi: “Non siate . . . inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontà di Dio. E non ubriacatevi di vino (riferimento al libro dei Proverbi (Pr 23,31) . . . ma siate ricolmi dello Spirito, intrattenendovi a vicenda con salmi, inni e cantici spirituali, cantando ed inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore” (Ep 5,17-19). L’Autore della lettera vuole illustrare con queste parole il clima di vita spirituale, che dovrebbe animare ogni comunità cristiana. A questo punto, passa alla comunità domestica, cioè alla famiglia. Scrive infatti: “Siate ricolmi dello Spirito . . . rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo” (Ep 5,18 Ep 5,20-21). E così entriamo appunto in quel brano della lettera, che sarà tema della nostra particolare analisi. Potremo costatare facilmente che il contenuto essenziale di questo testo “classico” compare all’incrocio dei due principali fili conduttori dell’intera lettera agli Efesini: il primo, quello del mistero di Cristo che, come espressione del piano divino per la salvezza dell’uomo, si realizza nella Chiesa; il secondo, quello della vocazione cristiana quale modello di vita dei singoli battezzati e delle singole comunità, corrispondente al mistero di Cristo, ossia al piano divino per la salvezza dell’uomo.


4. Nel contesto immediato del brano citato, l’Autore della lettera cerca di spiegare in qual modo la vocazione cristiana così concepita debba realizzarsi e manifestarsi nei rapporti tra tutti i membri di una famiglia; dunque, non solo tra il marito e la moglie (di cui tratta precisamente il brano del capitolo 5, 22-23 da noi scelto), ma anche tra i genitori e i figli. L’Autore scrive: “Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa: perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra. E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e nella disciplina del Signore” (Ep 6,1-4). In seguito, si parla dei doveri dei servi nei riguardi dei padroni e, viceversa, dei padroni nei riguardi dei servi, cioè degli schiavi (cfr Ep 6,5-9), il che va riferito anche alle direttive concernenti la famiglia in senso lato. Essa, infatti, era costituita non soltanto dai genitori e dai figli (secondo il succedersi delle generazioni), ma vi appartenevano in senso lato anche i servi di ambedue i sessi: schiavi e schiave.

5. Così, dunque, il testo della lettera agli Efesini, che ci proponiamo di far oggetto di una approfondita analisi, si trova nell’immediato contesto di insegnamenti sugli obblighi morali della società familiare (le cosiddette “Hausteflen” o codici domestici, secondo la definizione di Lutero). Analoghe istruzioni troviamo anche in altre lettere (cf. ex. gr. , Col 3,18 1P 2,13-3,7). Per di più, tale contesto immediato fa parte del nostro brano, in quanto anche il “classico” testo da noi scelto tratta dei reciproci doveri dei mariti e delle mogli. Tuttavia occorre notare che il brano 5, 22-33 della lettera agli Efesini è centrato di per sé esclusivamente sui coniugi e sul matrimonio, e quanto riguarda la famiglia anche in senso lato si trova già nel contesto. Prima, però, di accingersi ad un’analisi approfondita del testo, conviene aggiungere che l’intera lettera termina con uno stupendo incoraggiamento alla battaglia spirituale (cfr Ep 6,10-20), con brevi raccomandazioni (cfr Ep 6,21-22) e un augurio finale (cfr Ep 6,23-24). Quell’appello alla battaglia spirituale sembra essere logicamente fondato sull’argomentazione di tutta la lettera. Esso è, per così dire, l’esplicito compimento dei suoi principali fili conduttori.

Avendo così davanti agli occhi la struttura complessiva dell’intera lettera agli Efesini, cercheremo nella prima analisi di chiarire il significato delle parole: “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo” (Ep 5,21), rivolte ai mariti e alle mogli.

Ai fedeli di espressione francese

Ai fedeli di lingua inglese



Ad alcuni pellegrini provenienti dal Giappone

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai dilettissimi pellegrini appartenenti alla “Preghiera per la pace” di Tokyo, alla “Luce del cuore” di Kyoto e alla “Università Nanzan” di Nagoya, Benvenuti!

Sono molto lieto per la vostra visita. Vi ringrazio per tale attenzione.

Impartisco di cuore la mia benedizione apostolica a voi e ai vostri familiari. Estendete questa mia benedizione apostolica, con i frutti spirituali dei vostri pellegrinaggi e viaggi, a tutti i giapponesi, con la protezione della “Regina Pacis”! Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli di espressione tedesca


Ai pellegrini di espressione spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese


Ai giovani di origine slovacca

Saluto il bel gruppo dei giovani slovacchi, i loro genitori e dirigenti. Si sono incontrati nel tradizionale campo estivo organizzato dall’Istituto Slovacco dei santi Cirillo e Metodio. Oggi vi trovate nella Città Eterna. Attingete alle tradizioni apostoliche di essa per rinnovare la vostra fede nonché la fedeltà alla Sede Apostolica. Vi accompagni la mia benedizione.


La preghiera alla Madonna di Jasna Góra



Ed ecco la traduzione italiana della preghiera del Papa alla Madonna di Jasna Góra.

Signora di Jasna Góra!

Oggi, nei primi giorni d’agosto, desidero incontrarmi, dinanzi alla tua Effigie, con i miei connazionali nella riflessione sugli avvenimenti di 38 anni fa: l’insurrezione di Varsavia.

Già la seconda generazione accoglie il ricordo di questo avvenimento, in cui ancora una volta si è manifestata dinanzi al mondo la nostra volontà di vivere in libertà - anche a prezzo dei più grandi sacrifici: a prezzo della morte.

Quanti sono periti allora con la morte degli eroi solitari! Ed insieme a loro quasi “è perita” la città: la capitale della Polonia.


A tutte le vittime dell’ultima guerra la nostra Nazione ha aggiunto questa definitiva ecatombe.

Regina della Polonia! Evoco oggi insieme con i miei connazionali l’insurrezione di Varsavia. Porto davanti agli occhi tuoi questa lotta, sacrificio e morte - ed imploro:

Trai in salvo la mia Nazione da una simile distruzione!

Trai in salvo tutti! Trai in salvo la giovane generazione!

E contemporaneamente:

dacci di conservare lo stesso amore patrio, la stessa prontezza di servire la causa della sua indipendenza e della pace, che si è manifestata in quella generazione.

Madre, forse mai più come oggi ci fu bisogno che tu prenda nelle tue mani materne i cuori e le menti dei polacchi.

Che tu prenda nelle tue mani il destino della mia Nazione.

Ai giovani

Saluto con particolare affetto i vari gruppi di giovani, i quali, con la loro gioia e il loro ottimismo, sono venuti a rallegrare, come di consueto, questo incontro in piazza san Pietro.

Carissimi, profittate di questo periodo delle vacanze estive per ritemprare le vostre energie possibilmente al contatto con la natura la quale mentre ricrea le forze, eleva lo spirito a Dio, creatore di tutte le bellezze di cui è adornata la terra.

Vi accompagni sempre la mia speciale benedizione apostolica.

Agli ammalati

Anche a voi, cari ammalati, rivolgo un pensiero speciale, per assicurarvi della mia affezione e della mia incessante preghiera. Siate forti e perseveranti nelle prove, ben consapevoli che se Gesù ha scelto la via della Croce per ridare all’umanità la speranza, ciò vuol dire che tale via, che è anche la vostra, incontra la predilezione di Dio, che purifica col dolore le anime più generose.

Vi sia di conforto la mia benedizione apostolica.

Agli sposi novelli

Il mio sguardo si volge ora agli sposi novelli. Auspico che il vostro matrimonio, fondato sull’amore e sulla grazia propria del Sacramento che avete ricevuto, sia sempre rispondente al disegno di Dio sulla famiglia. Sia, la vostra, una famiglia cristiana sempre serena, unita, pronta ad accogliere le nuove vite, secondo lo spirito del Vangelo.

A questo fine vi assicuro la mia preghiera e vi imparto la benedizione apostolica.




Catechesi 79-2005 21782