Catechesi 79-2005 16383

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1. In spiritu humiliatis et in animo contrito suscipiamur a te, Domine . . .”. “Umili e pentiti accoglici, o Signore”: ti sia gradito questo ministero pastorale, che mi hai permesso di compiere nei Paesi dell’America Centrale durante i giorni scorsi di questa Quaresima.

Nel periodo in cui la Chiesa intera cerca di essere particolarmente vicina a Cristo, il quale accetta la tentazione e la sofferenza, mi hai permesso, o Dio, di trovarmi particolarmente vicino ai popoli, che a questa tentazione e sofferenza di Cristo partecipano, ai nostri giorni, in modo particolare.

Mi hai permesso, o Dio, di celebrare insieme con loro il santissimo Sacrificio e meditare la tua parola. Mi hai permesso di venerare insieme con loro la Madre di Cristo, particolarmente nel santuario di Suyapa, in Honduras. Mi hai permesso di vivere l’unità del Popolo di Dio, che sta compiendo una tappa particolarmente difficile del suo pellegrinaggio terrestre.

“Umili e pentiti accoglici, o Signore”, e ti sia gradito questo ministero pastorale del Vescovo di Roma . . . “et sic fiat sacrificium nostrum in conspectu tuo hodie, ut placeat tibi, Domine Deus”.

2. Conveniva fare un unico pellegrinaggio nei Paesi dell’America Centrale, senza dimenticare però che essi sono diversi l’uno dall’altro e che non tutti i Paesi visitati appartengono strettamente all’America Centrale.

In Costa Rica, Nicaragua, Panamá, El Salvador, Guatemala e Honduras si parla spagnolo. In Belize che, poco tempo fa, ha acquistato l’indipendenza, la lingua ufficiale è l’inglese, in Haiti, che è indipendente dai tempi di Napoleone, si parla francese.

Sono, quindi, Paesi separati. Nella grande famiglia dei popoli e degli Stati, essi appartengono ai Paesi piccoli. Nessuno di essi raggiunge i dieci milioni di abitanti. Tutti insieme ammontano circa ventotto milioni. Sotto l’aspetto territoriale, essi, ad eccezione di Haiti, sono stretti sull’angusto istmo che unisce l’America Settentrionale e Meridionale e - specie alcuni di essi, come El Salvador - sono densamente popolati.

Ho davanti agli occhi soprattutto gli uomini, milioni di uomini, che durante i giorni trascorsi colà, si sono radunati attorno al Vescovo di Roma, sia durante la celebrazione della Sacra Liturgia, sia durante i percorsi lungo le vie e le piazze. A quegli uomini e a quei popoli ho desiderato dare testimonianza dell’amore e della solidarietà della Chiesa.

3. Il programma era proprio per ciascun Paese e, insieme, comune per tutti; e ciò e stato facilitato dai mezzi per le comunicazioni sociali, in particolare della televisione. Così, per esempio, l’incontro con la gioventù in Costa Rica era contemporaneamente destinato alla gioventù di tutta l’America Centrale. La stessa cosa avvenne per l’incontro con gli agricoltori in Panamá, come pure per quello con la popolazione indigena in Guatemala (a Quezaltenango). Particolarmente significativi sono stati gli incontri con i laici, che svolgono la loro missione nell’apostolato e nella catechesi: i “delegados de la Palabra” in Honduras (San Pedro Sula), gli “educadores en la fe” in Nicaragua (León), e il già ricordato incontro in Guatemala, a cui parteciparono anche i catechisti. Ad alcuni delegati è stato consegnato il messaggio speciale per i lavoratori, con i quali non c’è stato un incontro distinto. Infatti l’America Centrale è soprattutto un territorio agricolo. Non vi sono grandi conglomerati industriali. In Guatemala i rappresentanti del mondo universitario, dei professori e della gioventù, hanno accolto un simile messaggio per gli ambienti universitari.


Particolarmente importante, dal punto di vista tematico e pastorale, è stato l’incontro con gli ecclesiastici: con i sacerdoti in El Salvador, con i religiosi in Guatemala e con le religiose in Costa Rica. Ciascuno di essi era indirizzato pure all’intera America Centrale.

4. È comunemente noto che le società, con le quali mi è stato dato di incontrarmi nel corso di questo viaggio - particolarmente alcune di esse - permangono in uno stato di grande tensione interna, e talune sono addirittura teatro di guerra.

Le tensioni hanno la loro sorgente nelle vecchie strutture socio-economiche, nelle strutture ingiuste che permettono l’accumulazione della maggioranza dei beni nelle mani di una élite poco numerosa, insieme alla contemporanea povertà e miseria di una stragrande maggioranza della società. Questo sistema ingiusto deve essere cambiato per mezzo di riforme adeguate e con l’osservanza dei principi della democrazia sociale. Soltanto su una tale via e sul rispetto della individualità delle rispettive società deve anche formarsi una solida collaborazione internazionale, necessaria a queste società. Gli avvenimenti degli ultimi anni provano tuttavia che si tenta piuttosto di cercare soluzioni attraverso il sentiero della violenza, imponendo la guerriglia che solo in El Salvador ha già fatto decine di migliaia di vittime, compreso l’Arcivescovo Oscar Romero. Tale lotta viene condotta in notevole misura con l’aiuto di forze straniere e delle armi fornite dall’estero contro la volontà della stragrande maggioranza della società, che desidera invece la pace e la democrazia. Così ha dichiarato uno dei rappresentanti più qualificati dell’Episcopato in quel Paese.

5. In ciascuno dei Paesi visitati ho avuto la grazia di incontrarmi coll’Episcopato locale, discutendo sui problemi della pastorale e dell’evangelizzazione. Nello stesso tempo, già la sera del primo giorno del viaggio, si è svolta la riunione del SEDAC, che unisce tutti i Vescovi dell’America Centrale sotto la presidenza dell’Arcivescovo di San José, Monsignor Román Arrieta Villalobos; successivamente, nell’ultimo giorno, mi è stato dato di inaugurare in Haiti la periodica riunione dei delegati del CELAM, il cui presidente era, da quattro anni, il neo-Cardinale Alfonso López Trujillo. L’attuale riunione ha avuto anche come scopo l’elezione delle nuove autorità di quell’organismo. Inoltre deve esaminare, evidentemente, una serie di problemi vitali per la Chiesa in tutta l’America Latina.

Il problema fondamentale e centrale è di assicurare l’identità della Chiesa sul piano dottrinale e pastorale, in conformità con l’insegnamento del Concilio Vaticano II e con le direttive dell’ultima conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano a Puebla, nel 1979. In contraddizione con questa identità sono i molteplici tentativi di sottomettere i contenuti evangelici a categorie e a scopi politici. La Chiesa del Popolo di Dio esprime il suo volto genuino prima di tutto con l’adorazione del Mistero dell’Eucaristia, e non è pensabile che questo Mistero possa subire una deformazione, quale purtroppo si è verificato in un caso, fortunatamente rimasto isolato. Una tale deformazione confina con u’ organizzata profanazione della Liturgia eucaristica.

6. La Chiesa in America Centrale, come in tutta l’America Latina, possiede in sé le enormi risorse della fede e di una devozione profonda. È una devozione “popolare” concentrata sui misteri principali della fede, sulla Santissima Trinità, sulla Redenzione e sulla Passione di Cristo, sull’Eucaristia, sullo Spirito Santo e sulla Genitrice di Dio. Guidato da un sano “senso della fede”, occorre che il Popolo di Dio segua Cristo, Buon Pastore, mediante il ministero di tutti i Pastori uniti col Vescovo di Roma. Questa unione, grazie all’assistenza dello Spirito Santo, indica la via della vera evangelizzazione, e allo stesso tempo la via dell’autentico servizio in favore della pace e della giustizia, di cui le società dell’America Centrale hanno tanto bisogno.

E la Chiesa universale non deve venire meno nella preghiera e nella sollecitudine per quei nostri fratelli particolarmente provati, specie adesso, mentre si avvicina l’Anno Santo del Giubileo straordinario della Redenzione del mondo.

A pellegrini francesi

A gruppi di espressione inglese

Al “Passion Oberammergau” e ad altri fedeli della Germania

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Preghiera alla Madonna di Jasna Gora


L’Effigie di Jasna Gora è una grande opera d’arte. La Provvidenza divina si serve dell’opera delle mani degli uomini, dell’opera dell’arte e del genio umano, per avvicinare le verità più profonde agli intelletti e ai cuori. Dio opera mediante l’opera dell’uomo. L’opera dell’uomo diventa come un segno visibile del Mistero divino.

Nel Comunicato della recente assemblea plenaria dell’Episcopato (23-24 febbraio c. a.) leggiamo: “I Vescovi con profonda preoccupazione seguono i problemi che travagliano l’ambiente culturale e artistico la cui partecipazione alla vita del Paese è indispensabile. Devono essere assicurate agli uomini dell’arte e della cultura condizioni convenienti di vita, di lavoro e di associazione. I Vescovi, nel fare appello per il ricco contributo d’una vera produzione artistica alla cultura nazionale, si rivolgono contemporaneamente a tutti gli artisti e a tutti gli uomini di cultura affinché esprimano e consolidino nelle opere d’arte - letterarie, plastiche, musicali, cinematografiche - le emozioni che diventano esperienza del periodo del giubileo di Jasna Gora . . .”.

Signora di Jasna Gora! Facendo riferimento a queste parole pastorali dell’Episcopato polacco affido a te, con tutto il cuore, la cultura artistica contemporanea polacca e tutti i suoi creatori. Che nella libertà e nella verità servano il bello secondo il pensiero espresso da Norwid: “Il bello esiste per incantare al lavoro / il lavoro è perché si risorga” (Norwid, Promethidion).

Ai gruppi di lingua italiana

Rivolgo un particolare saluto al pellegrinaggio della parrocchia di Positano, dell’Arcidiocesi di Amalfi, che è guidato dallo stesso Arcivescovo Ferdinando Palatucci.

So che con questa visita alla Sede di Pietro voi concludete le celebrazioni per il II centenario dell’incoronazione di un’antica effigie della Madonna, e molto volentieri benedico la nuova corona aurea, che tutta la Parrocchia offre con devozione.

Nello stesso tempo, vi esorto tutti ad una vita cristiana sempre più convinta e generosa, e imparto la mia Benedizione a voi, ai vostri cari e a tutti i vostri comparrocchiani.
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Rivolgo ora uno speciale saluto a voi, Giovani, che, come sempre, accorrete numerosi, spinti dal vostro sincero entusiasmo e dall’impulso della fede. Voi desiderate vivamente di compiere la vostra preparazione umana e sociale per scendere in campo a portare il vostro contributo di generosità al mondo di oggi, bisognoso più che mai di maggiore giustizia, di amore, di pace. Vi sono ancora guerre e violenze, emarginazioni e ingiuste disuguaglianze. Voi avete fede in Cristo, perché sapete che soltanto lui può salvare e liberare. Ebbene, Cristo vi chiama a prepararvi per prendere il vostro posto nella Chiesa e nella società, perché il domani sia migliore per tutti.
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Un saluto affettuoso anche a voi, cari ammalati qui presenti.

Il mistero della risurrezione che ci accingiamo a celebrare con l’ormai prossima Pasqua, è mistero grande. Si arriva alla Pasqua attraverso la croce e il dolore. La vostra sofferenza personale, accettata e offerta con amore, è un bene per tutta la Chiesa, una ricchezza che si riversa sul mondo intero.

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Un cordiale saluto, infine, ed una particolare Benedizione a voi, sposi novelli, che avete voluto ribadire con la vostra presenza qui, presso il Successore di Pietro, l’adesione fervida della vostra volontà ai grandi e insostituibili valori della famiglia, di cui il mondo ha particolarmente bisogno. Dio vi chiama a un’unione stabile ed esclusiva, nella quale collaborare alla sua opera creatrice e raggiungere la realizzazione delle vostre persone con la maturità umana e cristiana. Il Signore benedica largamente le vostre speranze e i vostri propositi.



Mercoledì, 23 marzo 1983

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1. Tra due giorni, cioè venerdì prossimo, fratelli e sorelle carissimi, celebreremo la solennità dell’Annunciazione del Signore. È una festa, questa, che ha sempre avuto particolare rilevanza nel calendario liturgico, a motivo del grande mistero di misericordia e di amore che in sé contiene e di per sé esprime: il mistero del Figlio stesso di Dio, che si fa figlio dell’uomo assumendo la carne nel seno purissimo della Vergine Maria.

Ma del tutto speciale è quest’anno il rilievo per la coincidenza di tale festa con l’apertura della Porta Santa: proprio nel giorno destinato alla commemorazione del mistero dell’Incarnazione avrà inizio solenne l’Anno Giubilare della Redenzione. Si tratta di due ricorrenze che hanno un nesso intimo: l’Incarnazione infatti è l’inizio della Redenzione, e in entrambi questi misteri il protagonista è uno solo, è il medesimo (“unus idemque”), cioè “Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli” (
Rm 9,5).

2. Gesù Cristo - giova rilevare - è il protagonista, è sempre il solo e vero protagonista in tutta l’opera dell’umana Redenzione. Egli è tale fin dal primo momento, che è quello appunto dell’Incarnazione, allorché, subito dopo l’annuncio recato dall’Angelo a Maria santissima e in conseguenza dell’adesione da lei data a quello stesso annuncio, “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Jn 1,14).

Primizia, dunque, della Redenzione è l’Incarnazione: il Verbo incarnato è ormai pronto per l’opera. Egli, infatti, entrando nel mondo, può dire secondo verità a Dio Padre: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.,. Allora ho detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà” (He 10,5-7 cfr Ps 39,7-9). E come potrà nascere vero uomo a Betlemme, così vero uomo potrà anche morire sul Calvario. La Redenzione del Signore è preparata dall’Annunciazione del Signore.

Là nella terra di Galilea, dentro l’umile casa di Nazaret, accanto all’arcangelo Gabriele che porta l’annuncio (soggetto) ed a Maria che riceve l’annuncio (termine), è lui che bisogna intravedere con gli occhi attenti della fede: è lui precisamente il contenuto dell’annuncio (oggetto). Noi invocheremo, dunque, e benediremo l’Angelo dell’annuncio; invocheremo in particolare, e benediremo Maria, chiamandola e venerandola col bell’appellativo dell’“Annunziata”, tanto caro alla pietà popolare; ma al centro di questi due personaggi, quale ospite augustissimo ormai presente ed operante, dovremo sempre scorgere, invocare, benedire, anzi adorare l’annunciato Figlio di Dio. “Non temere, o Maria . . . Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo . . .” (Lc 1,30-31). Questo, in sintesi, nella scarna semplicità del linguaggio evangelico, è l’annuncio: concepimento e parto verginale del Figlio stesso di Dio.

Un tale annuncio, se è recato dall’Angelo primariamente alla Vergine Maria, viene poi comunicato al di lei sposo Giuseppe (cfr Mt 1,20-21) e trasmesso, ancora, al pastori e ai magi (cfr Lc 2,10-11 Mt 2,2): colui che è annunciato e sta per nascere, o è nato da poco, è il “Salvatore” e proprio conformemente a quel che il suo nome significa, “effettivamente salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21). Il medesimo annuncio, pertanto, nella prospettiva teologica della salvezza, è diretto a tutta l’umanità lungo tutto il corso dei secoli, come annuncio di ineffabile gaudio, in cui si concentra e si realizza alla lettera la “bontà” dello stesso Vangelo (= buon annuncio).

3. Il mistero dell’Annunciazione ha sempre attirato l’attenzione degli artisti e ha spesso ispirato pagine celebri. Suggestiva - mi limito a questo solo evento - è la tavola del Beato Angelico che ritrae l’arcano incontro fra Gabriele e Maria. Sembra quasi che cielo e terra siano in attesa di questa risposta nella sublimità inenarrabile di una trascendente comunicazione. Eppure, lì Gesù visibilmente non c’è; c’è, sì, il suo Spirito, che sta per operare il gran miracolo fecondando il seno verginale di Maria; c’è, sì, la potenza dell’Altissimo, cui nulla è impossibile (cfr Lc 1,35-37). Ma Gesù, almeno sul piano delle apparenze, non c’è ancora. Si direbbe che, come attendono cielo e terra la risposta di Maria, così anche il Verbo nascostamente e trepidamente l’attenda per dare subito attuazione all’eterno disegno del Padre. Così l’atteso stesso, colui che la Legge e i Profeti avevano presentato come “l’atteso delle genti” (cfr Gn 49,10 Is 9,5-6 Jn 1,45), è in attesa: di lui già parlano i due augusti interlocutori, e non appena ci sarà la risposta, cioè quando risuonerà il “fiat” sulle labbra della Vergine, verrà immediatamente egli stesso.


4. Mistero grande, fratelli carissimi, mistero sublime è quello dell’Incarnazione, alla cui comprensione non vale certo la debolezza della nostra mente, incapace com’è di intendere le ragioni dell’agire di Dio.

In esso noi dobbiamo sempre vedere, in posizione di primaria evidenza, Gesù Cristo, come il Figlio di Dio che si incarna, ed accanto a lui colei che coopera all’Incarnazione donandogli con amore di Madre la stessa sua carne. L’Annunciazione del Signore, in tal modo, nulla detrarrà alla funzione e al merito di Maria, che proprio per la sua maternità sarà insieme col suo Figlio divino benedetta nei secoli.

Ma questo stesso mistero dovremo sempre vedere non già distaccato, bensì coordinato e collegato con tutti i vari misteri della vita nascosta e pubblica di Gesù, fino all’altro e sublime mistero della Redenzione. Da Nazaret al Calvario c’è, infatti, una linea di ordinato sviluppo, nella continuità di un indiviso ed indivisibile disegno d’amore. È per questo che sul Calvario ritroveremo ancora Maria, che vi si attesta proprio come Madre, vigilando e pregando presso la Croce del Figlio morente, e insieme come “socia”, cioè come collaboratrice della sua opera salvifica, “servendo sotto di lui e con lui, per grazia di Dio onnipotente, al mistero della Redenzione” (cfr Lumen Gentium LG 56).

Avviando nel nome di Dio l’Anno Santo della Redenzione, io auspico sia per voi che qui mi ascoltate, come per tutti i fratelli cristiani, sparsi nel mondo, che naturale e spontaneo a voi e a loro riesca il passaggio dalla scena così dolce e raccolta di Nazaret a quella corrusca e drammatica del Calvario, affinché inseparabile e saldo appaia il rapporto tra tutti i misteri della vita del Figlio di Dio, fatto uomo. Per il mistero della sua Incarnazione e, soprattutto, per il mistero della Redenzione egli ci ha tutti salvati. Sarà, dunque, nostro dovere, durante l’ormai imminente anno di grazia e di perdono, far tesoro di quest’opera, applicandone alle nostre anime la divina virtù.

Ai fedeli di espressione inglese

Preghiera alla Madonna di Jasna Gora





Signora di Jasna Gora! Desidero deporre nelle tue mani materne l’Anno Santo della Redenzione, il quale, come Giubileo straordinario, mi è dato di inaugurare nella Solennità dell’Annunciazione del Signore, il 25 marzo corrente.

“In unione con il Papa, lo stesso giorno, inaugureranno l’Anno Santo i Vescovi polacchi nelle loro cattedrali. D’ora in poi, nel corso di tutto l’Anno Santo ci apriremo al Redentore nei pellegrinaggi diocesani, nelle celebrazioni giubilari stabilite dal Pastori delle diocesi e, in particolare, nel ricevere possibilmente in forma più degna il Sacramento della Penitenza e dell’Eucaristia . . . Apriremo al Redentore le porte delle nostre case familiari. Faremo entrare di nuovo il Redentore in tutta la nostra vita polacca”. Così scrivono i Vescovi polacchi nel comunicato dell’ultima riunione episcopale.

O Signora di Jasna Gora! Riempia Cristo mediante l’Anno Giubilare della Redenzione di nuovo, con la sua potenza, le anime dei figli e delle figlie della mia Nazione, di cui tu sei la Madre!

Ai gruppi di espressione italiana

Rivolgo anche il mio saluto ai numerosi partecipanti al XIII Congresso Internazionale dello Smalto. Vi sono, tra essi, rappresentanti e dirigenti delle industrie di molti Paesi, anche dell’Est europeo e del cosiddetto Terzo Mondo.

I temi dei vostri dibattiti non possono che avere il mio incoraggiamento, affinché il lavoro sia davvero e sempre una felice occasione di promozione umana. Il Signore fecondi i vostri propositi, e per questo io di cuore vi benedico.
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A voi, cari giovani, qui presenti, rivolgo ora il mio cordiale saluto. Come ho detto più volte in questi anni, voi siete la mia speranza, voi siete la speranza della Chiesa, la speranza di una società nuova.

Vedete chiaramente il disordine della società e condannate senza mezzi termini ogni forma di male e di disonestà. Col vostro entusiasmo giovanile, direi primaverile, gridate il diritto alla giustizia, al rispetto di ogni persona, allo studio, al lavoro, alla casa e a vivere nel vero amore. Con altrettanto entusiasmo, cari giovani, impegnatevi, sostenuti dall’aiuto che viene da Dio e dalla Sua grazia, a testimoniare con la vostra vita, col vostro comportamento, ogni giorno e ogni momento, quali sono i valore in cui credete e per i quali, con responsabilità e gioia, vi impegnate. Io vi sono vicino e di cuore vi benedico.
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La mia parola a voi, carissimi fratelli ammalati, a voi che soffrite nel corpo e nello spirito.

Come vorrei poter alleviare le vostre sofferenze, darvi un po’ di conforto e di sostegno! Voi che sentite più di ogni altro la necessità dell’amicizia, della compagnia, dell’aiuto portato con amore, tante volte soffrite per non sentirvi sufficientemente amati, forse di peso agli altri, che talvolta si stancano di vedervi sofferenti e bisognosi, hanno cose urgenti da fare, e non trovano il tempo di stare con voi! Carissimi, date uno scopo alle vostre sofferenze, invocate dal Signore la forza di saper completare, in voi, quello che manca alla Passione di Cristo. Con la vostra pazienza e serenità, siate un continuo richiamo ai valori spirituali ed eterni in cui credete! Vi benedico di tutto cuore.
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Agli sposi novelli, una parola di speranza e di gioia.

Vi siete scelti reciprocamente, per realizzare una vita di amore! Avete risposto “sì” al Signore che vi ha chiamati ad essere, in coppia, immagine del suo amore e di essere suoi collaboratori nel trasmettere la vita e nell’educare alla fede i figli, dono di Dio. E’ veramente grande questo compito, con gioia l’avete fatto vostro e lo avete fatto conoscere alla Comunità, ricevendo il Sacramento del Matrimonio, certi che il Signore, con la grazia sacramentale, vi dà l’aiuto di poterlo realizzare. Abbiamo tanto bisogno, oggi, di famiglie autenticamente cristiane; perciò, siano, le vostre, comunità di vita e di amore. Sappiate dialogare tra voi, comunicare con altre famiglie! La fiducia, la stima, il rispetto reciproco e la preghiera comune assicurino l’armonia e la gioia nelle vostre famiglie. Di cuore vi benedico.

Nel corso dell’udienza generale, il Santo Padre rivolge ai fedeli le seguenti parole.

La prossima Udienza generale cadrà già nel corso dell’Anno santo, essa, come tutti gli incontri del mercoledì durante l’Anno Giubilare della Redenzione, avrà la forma di preghiera comunitaria. Vi sarà cioè una Liturgia della Parola, seguita dal discorso con i consueti saluti ai gruppi nelle varie lingue. I pellegrini convenientemente disposti, che parteciperanno all’udienza generale, ottemperando alle condizioni solite, in particolare della confessione e comunione, potranno acquistare l’Indulgenza giubilare.

Nel corso dell’udienza generale, il Santo Padre ricorda l’Arcivescovo di San Salvador, Oscar Arnulfo Romero, nel terzo anniversario del suo sacrificio. Queste le parole rivolte dal Papa ai fedeli.

Ricorre domani il terzo anniversario della morte di Monsignor Oscar Arnulfo Romero, Arcivescovo di San Salvador. Invito tutti a ricordarlo nella preghiera: è il modo cristiano di onorare la memoria di quell’insigne Pastore della Chiesa, che si è prodigato per il suo gregge fino al dono della vita. Nel riandare con pensiero commosso al coraggioso impegno per l’annunzio del Vangelo e per i valori della giustizia e della pace che ne sostenne l’azione fra il suo popolo, rinnovo l’auspicio che non se ne strumentalizzi il sacrificio per interessi di parte, e che il ricordo della sua immolazione giovi ad affrettare giorni migliori a quel tormentato paese.





PRIMA UDIENZA GENERALE DELL'ANNO GIUBILARE STRAORDINARIO DELLA REDENZIONE

Mercoledì, 30 marzo 1983

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1. Anno Santo, Porta Santa, Luoghi Santi, Settimana Santa . . .: questa attribuzione tradizionale della “santità” a realtà dello spazio e del tempo attesta che in esse l’anima popolare, o addirittura la Chiesa, scoprono e riconoscono uno speciale legame con Dio, e quindi un titolo di “consacrazione”.


Per noi cristiani il valore sacro di questi giorni santi è dato dalla memoria della Passione e Morte di Cristo che in essi celebriamo con una fede più viva, con una pietà più tenera e nello stesso tempo austera e consapevole, con una nostra immedesimazione liturgica e spirituale in quel mistero della Redenzione espresso nel Credo di ogni giorno: “Crucifixus etiam pro nobis . . ., passus et sepultus est”.

Questi sono dunque i giorni della Croce, i giorni nei quali sale spontaneo alle labbra dei cristiani l’antico inno liturgico, trasmesso di generazione in generazione, e ripetuto da milioni di credenti in tutti i tempi, anche nell’epoca del primo Anno Santo, indetto da Papa Bonifacio VIII nel 1300: “Vexilla Regis prodeunt / fulget Crucis mysterium . . .”.

La Croce è l’insegna di Cristo che noi veneriamo e cantiamo. Anzi, per la sua funzione di strumento della nostra Redenzione strettamente congiunto, secondo il disegno del Padre, a Colui che vi è stato sospeso come a un patibolo, noi l’adoriamo come per una estensione del culto che riserviamo all’Uomo-Dio. In realtà adorare la Croce (come faremo liturgicamente il Venerdì Santo) è adorare Cristo stesso: “Adoramus Te, Christe, et benedicimus tibi, quia per sanctam Crucem tuam redemisti mundum!”.

2. In realtà la croce appartiene alla nostra condizione esistenziale, come ci prova l’esperienza di ogni giorno. Si direbbe anzi che essa ha radice nella stessa essenza delle cose create.

L’uomo ha coscienza dei valori, ma anche del limite. Di qui, il problema del male che, in determinate condizioni di sconcerto fisico, psicologico, spirituale, è dolore, sofferenza o persino peccato. Perché il male, perché il dolore, perché questa croce umana che sembra coessenziale alla nostra natura, eppure, in tanti casi, così assurda?

Sono domande che tormentano da sempre la mente e il cuore dell’uomo, e alle quali, forse, si possono dare parziali risposte di ordine teoretico, ma che continuano a riproporsi nella realtà della vita, a volte in modo drammatico, specialmente quando si tratta del dolore degli innocenti, dei bambini, anche di gruppi umani e di popoli interi soggiogati da forze prepotenti che sembrano segnare nel mondo il trionfo della malvagità. Chi di noi non sente una ferita nel cuore dinanzi a tanti fatti dolorosi, a tante croci?

È vero che l’esperienza universale insegna pure i benefici effetti che su molti uomini ha il dolore, come generatore di maturità, di saggezza, di bontà, di comprensione, di solidarietà, sicché si è potuto parlare della fecondità del dolore. Ma questa constatazione lascia irrisolto il problema di fondo e non elimina la tentazione di Giobbe, che si affaccia anche allo spirito del cristiano, quando si sente spinto a chiedere a Dio: perché? Per molti, anzi, il problema del male e del dolore è un’obiezione contro la Provvidenza di Dio, quando non addirittura contro la sua esistenza. La realtà della croce diventa allora uno scandalo, perché si tratta di una croce senza Cristo: la più pesante e la più insopportabile, terribile a volte fino alla tragedia!

3. La Croce con Cristo è la grande rivelazione del significato del dolore e del valore che esso ha nella vita e nella storia. Chi capisce la Croce, chi l’abbraccia, comincia un cammino ben diverso da quello del processo o della contestazione di Dio; in essa trova piuttosto il motivo di una nuova salita a lui, sulla via di Cristo, che è appunto la via Crucis, il cammino della Croce.

La Croce è la prova di un infinito Amore che, proprio in quell’ostia di espiazione e di pacificazione ha collocato il principio della restaurazione universale e specialmente della redenzione umana: redenzione dal peccato, e almeno in radice, dal male, dal dolore e dalla morte.

Ma la Croce ci invita a rispondere all’amore con l’amore. A Dio che per primo ci ha amati, noi possiamo dare a nostra volta il segno della nostra intima partecipazione al suo disegno di salvezza. Noi non sempre riusciamo a scoprire, in questo disegno, il perché dei dolori, che segnano il cammino della nostra vita. Sorretti dalla fede possiamo tuttavia giungere alla certezza che si tratta di un disegno d’amore, nel quale tutta l’immensa gamma delle croci, grandi e piccole, tende a fondersi nell’unica Croce.

La Croce è dunque per noi una garanzia di vita, di risurrezione e di salvezza, perché contiene in sé e partecipa ai credenti la forza rinnovatrice della Redenzione di Cristo. In essa, secondo san Paolo, è una realtà già acquisita anche la futura risurrezione e glorificazione celeste, che sarà nella eternità la manifestazione gloriosa della vittoria riportata da Cristo con la sua Passione e Morte. E noi, con l’esperienza del nostro quotidiano dolore, siamo chiamati a partecipare a questo mistero che è, sì, di passione, ma anche di gloria.


4. In questi giorni della Settimana Santa e dell’Anno Santo siamo invitati a guardare a Cristo che ci ha amato fino a morire in croce per noi. Siamo invitati a unirci alla Chiesa, che specialmente con la celebrazione dei misteri conclusivi della vita terrena di Cristo vuole infondere in noi una coscienza più viva del mistero della Redenzione; e questa è la ragione fondamentale del Giubileo.

Noi salutiamo nella Croce, segno e strumento di Cristo Redentore, il fondamento della nostra speranza, perché riconosciamo in essa la prova sperimentale dell’amore onnipotente e misericordioso che Dio ha per l’uomo.

Noi ci rivolgiamo alla Croce e a Cristo Crocifisso in questo “tempo di Passione”: tempo non solo liturgico, ma storico, sociale e spirituale, nel quale vediamo addensarsi sul mondo tanti dolori, tante “passioni” e purtroppo tante croci senza Cristo!

Noi chiediamo al Redentore, in nome della sua Croce, di concedere alla sua Chiesa e all’intera umanità la grazia dell’Anno Santo, i doni di conversione e di santità di cui abbiamo bisogno.

Questo vuole l’Anno Santo, questo ci chiede Gesù dalla Croce: una maggiore apertura alla sua Redenzione col pentimento dei peccati e l’aspirazione alla santità.

Ai pellegrini italiani

Saluto di cuore i vari gruppi di lingua italiana, riservando un particolare pensiero per i giovani.

Carissimi, partecipi della Passione del Signore, di cui la sacra liturgia di questi prossimi giorni fa abbondante memoria, possiate voi dare, come i discepoli del Signore, sempre e dovunque testimonianza anche della sua Risurrezione, con l’esempio luminoso della vostra vita.

Confermo tali voti con la mia Benedizione.
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Anche gli ammalati, qui presenti, rivolgo un pensiero, ormai consueto, ma sempre nuovo ed affettuoso.


Continuamente, ma soprattutto in questo Anno della Redenzione, auspico che voi, mediante la vostra sofferenza, possiate conseguire la grazia di una rinnovata scoperta della misericordia di Dio. Con la vostra volonterosa unione all’Uomo dei dolori e alla vostra amorosa obbedienza alla volontà del Padre Celeste continuate a dare significato e valore alla vostra sofferenza, conseguendo la beatitudine evangelica e contribuendo, in pari tempo all’edificazione della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo.

Vi conforti la mia Benedizione.
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Un saluto, infine agli Sposi Novelli, a cui va anche il mio auspicio e il mio vivo ringraziamento per la loro significativa presenza.

Cristo vi accompagni per l’intero arco dell’esistenza; sia forza per poter agevolmente superare difficoltà e pericoli: e, insieme con la grazia sacramentale, sia pegno dell’aiuto celeste per assolvere con amore e fedeltà, i doveri assunti col Matrimonio.

A tutti e di cuore imparto la mia Benedizione.

Ai gruppi di lingua francese

Ai pellegrini di lingua inglese



Ai fedeli di espressione tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola



Ai fedeli di espressione portoghese

Preghiera alla Madonna di Jasna Gora




Madre santissima, eleviamo il nostro grido al tuo Cuore trafitto con la spada del dolore! (canto polacco). Attraverso il tuo cuore materno ci avviciniamo all’inscrutabile mistero della Passione di Cristo; al mistero della sua croce.

Così avviene su tutta la terra polacca. In tutte le chiese, le parrocchie, le cappelle, le comunità, in tanti cuori. Meditiamo sulla Passione di Cristo durante tutta la Quaresima. Viv iamo i giorni della Settimana Santa: giovedì, venerdì e sabato.

Accogli, Madre di Jasna Gora, questa nostra volontà di essere con Cristo crocifisso e deposto nel sepolcro. Accogli tutto ciò che è stato fatto per convertirsi nella Quaresima, per cambiare vita. Accogli tutti gli esercizi spirituali, i giorni di ritiro, la “Via Crucis”, la devozione quaresimale “Gorzkie zale”. Accogli tutte le confessioni e le sante comunioni. Accogli tutte le preghiere. Accogli pure tutti i sacrifici di coloro che soffrono in terra polacca: quell’intero nuovo capitolo della sofferenza che si è iscritto nella nostra storia da quasi due anni.

Che il tuo Figlio, Gesù Cristo, martoriato, crocifisso e deposto nel sepolcro - il Cristo della Settimana Santa - diventi per noi, anche in questo anno, la sorgente della forza e il segno della speranza.




Catechesi 79-2005 16383