Catechesi 79-2005 40583

Mercoledì, 4 maggio 1983

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“Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa” (
Gn 3,15).

1. Carissimi fratelli e sorelle, in questo mese di maggio leviamo gli occhi verso Maria, la Donna che è stata associata in maniera unica all’opera di riconciliazione dell’umanità con Dio. Secondo il piano del Padre, Cristo doveva compiere quest’opera mediante il suo sacrificio; a lui però sarebbe stata associata una Donna, la Vergine Immacolata, la quale si pone così dinanzi al nostri occhi come il modello più alto della cooperazione all’opera della salvezza.

Il racconto della caduta di Adamo ed Eva mostra la partecipazione della donna al peccato; esso ricorda però anche l’intenzione di Dio di assumere la donna come alleata nella lotta contro il peccato e le sue conseguenze. Una manifestazione del tutto peculiare di tale intenzione si ebbe nell’episodio dell’Annunciazione, in cui Dio offrì alla Vergine di Nazaret la più alta maternità, chiedendo il suo consenso alla venuta del Salvatore nel mondo. Lo ha sottolineato molto opportunamente il Concilio Vaticano II: “Volle il Padre delle misericordie, che l’accettazione della predestinata madre, precedesse l’incarnazione, perché così, come una donna aveva contribuito a dare la morte, una donna contribuisse a dare la vita” (Lumen Gentium LG 56).

Come non vedere in ciò un singolare avvaloramento della personalità femminile? In Maria si ha la completa emancipazione della donna: è a nome di tutta l’umanità che la Fanciulla di Nazaret è invitata a pronunciare il “Sì” atteso da Dio. Ella diventa la collaboratrice privilegiata di Dio nella nuova alleanza.

2. Maria non deluse Colui che sollecitava la sua cooperazione. La sua risposta segnò un momento decisivo nella storia della umanità, e i cristiani giustamente si compiacciono di ripeterla nella preghiera, cercando d’assimilare la disposizione d’animo che l’ispirò: “Ecco l’Ancella Signore, si faccia in me secondo la tua parola (Lc 1,38).

Il Concilio Vaticano II commenta queste parole indicando la loro vasta portata: “Come Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò madre di Gesù, abbracciando, con tutto l’animo e senza peso alcuno di peccato, la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di lui e con lui, con la grazia di Dio onnipotente” (Lumen Gentium LG 56).

Il “Sì” dell’Annunciazione non costituì soltanto l’accettazione della maternità proposta, ma significò soprattutto l’impegno di Maria al servizio del mistero della redenzione. La redenzione fu opera del Figlio; Maria vi si associò a un livello subordinato. La sua partecipazione, tuttavia, fu reale e impegnativa. Dando il suo consenso al messaggio dell’Angelo, Maria accettò di collaborare con tutta l’opera di riconciliazione dell’umanità con Dio, così come il Figlio suo l’avrebbe di fatto attuata.


Un primo chiaro accenno a quale sarebbe stata la via scelta da Gesù, Maria lo ebbe durante la presentazione al Tempio. Dopo aver esposto le contraddizioni che il Bambino avrebbe incontrato nella sua missione, Simeone si volse verso di lei per dirle: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,35). Lo Spirito Santo aveva spinto Simeone a recarsi al Tempio proprio nel momento in cui Maria e Giuseppe vi giungevano per presentare il Bambino. Sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, Simeone pronunciò le parole profetiche che illuminarono Maria sul destino doloroso del Messia e sul grande dramma in cui il cuore materno sarebbe stato coinvolto. Maria comprese allora più chiaramente il significato del gesto della presentazione. Offrire suo Figlio, era un esporsi volontariamente alla spada. Impegnata dal “Sì” dell’Annunciazione, e disposta a giungere fino in fondo nel dono di se stessa all’opera della salvezza, Maria non indietreggiò di fronte alla prospettiva della grande sofferenza che le era annunciata.

3. L’orientamento verso il sacrificio redentore dominò tutta la vita materna di Maria. A differenza delle altre madri che non possono conoscere in anticipo i dolori che deriveranno loro dai figli, Maria sapeva già da quei primi giorni che la sua maternità l’incamminava verso una prova suprema.

Per lei, la partecipazione al dramma redentore fu il termine di un lungo cammino. Dopo aver constatato come la predizione delle contraddizioni che Gesù avrebbe subito, si andava attuando negli avvenimenti della vita pubblica, ella comprese più vivamente, ai piedi della Croce, ciò che significavano quelle parole: “Una spada ti trafiggerà l’anima”. La presenza al Calvario, che le permetteva di unirsi con tutto il cuore alle sofferenze del Figlio, apparteneva al disegno divino: il Padre voleva che lei, chiamata alla più totale cooperazione al mistero della redenzione, fosse integralmente associata al sacrificio e condividesse tutti i dolori del Crocifisso, unendo la propria volontà alla sua, nel desiderio di salvare il mondo.

Questa associazione di Maria al sacrificio di Gesù pone in evidenza una verità che trova la sua applicazione anche nella nostra vita: coloro che vivono profondamente uniti a Cristo sono destinati a condividere in profondità la sua sofferenza redentrice.

Ringraziando Maria per la sua cooperazione all’opera redentrice, non possiamo mancare di chiedere il suo aiuto fraterno perché, a nostra volta, possiamo seguire il cammino della Croce e ottenere, mediante l’offerta delle nostre sofferenze, una vita più feconda.

Ai gruppi di lingua francese

Ai fedeli di espressione inglese



Ai fedeli di lingua tedesca

Ai pellegrini di espressione spagnola



Ai fedeli di lingua portoghese

Ai pellegrini giunti dalla Polonia



Mi unisco spiritualmente con tutti coloro che oggi pellegrinano al santuario a Jasna Gora, alla capitale di Maria, Regina della Polonia. Quante volte vi sono stato in questo giorno solenne. Quante volte vi ho celebrato il Santissimo Sacrificio!

“O Dio, che hai dato al popolo polacco nella Santissima Vergine Maria un ammirabile aiuto e difesa, concedi benignamente che per l’intercessione della nostra Madre e Regina la religione goda incessantemente la libertà, e la Patria la sicurezza”.

Sono queste le parole della preghiera liturgica della solennità del 3 maggio, il giorno memorabile della storia della Nazione. La costituzione proclamata in questo giorno dell’anno 1791 doveva restaurare la Repubblica in quel momento in cui essa era minacciata da pericolo mortale. Anche se il pericolo si è dimostrato più forte, tuttavia la costituzione è sopravvissuta come prova della volontà di vita della Nazione e di autodeterminazione.

Oggi nella solennità del 3 maggio, chiediamo a te, Madre di Jasna Gora, regina della Polonia, di abbracciare con il tuo cuore materno noi tutti come tua eredità spirituale. l tuo aiuto e la tua difesa rinnovino sempre nell’intera Nazione polacca la volontà di vita e di autodeterminazione. Infine raccomando a te, Signora di Jasna Gora, tutti coloro che nella mia Patria hanno sofferto in relazione con gli avvenimenti degli ultimi giorni.


“Maria, Regina della Polonia, sono vicino a te, mi ricordo di te, veglio”!.

Ai fedeli italiani

Il mio pensiero si rivolge ora ai giovani e alle giovani, ai ragazzi ed alle ragazze, qui venuti da ogni parte per allietare questo incontro e per dare testimonianza della loro fede cristiana.

Rivolgo uno speciale saluto ai pellegrinaggi scolastici, che sono i più numerosi. Fra essi mi piace ricordare gli alunni e gli insegnanti della Scuola “Gauss” di Asti, per Odontotecnici e Operatori Chimico-Biologici. L’entusiasmo e i sacrifici con cui avete compiuto il pellegrinaggio per il Giubileo vi otterrà dal Signore tanta ricchezza spirituale per la vostra preparazione alle responsabilità del domani.

A tutti voi, giovani, che insieme mi ascoltate in questa Piazza, dirò una parola di esortazione, tratta dalla Bibbia: “State saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti”. In questa stagione così bella e così importante per la vostra formazione ai valori umani e spirituali, siate sempre docili e corrispondete generosamente agli insegnamenti dei vostri genitori ed educatori. In questo mese mariano, mettete ogni vostro sforzo di miglioramento umano e spirituale sotto la protezione della Vergine Santissimae ed Ella non mancherà di venirvi incontro in ogni vostra necessità.
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Un pensiero del tutto speciale va agli ammalati, qui presenti, ed a quelli degenti negli ospedali o nelle proprie case. Voi che soffrite, unitevi al Cristo, dando al vostro patire un risvolto soprannaturale, secondo le parole di Pietro: “Poiché Cristo soffrì nella carne, anche voi armatevi degli stessi sentimenti; chi ha sofferto nel corpo ha rotto definitivamente col peccato”. Ne verrà a voi la pace interiore ed alla Chiesa intera una grande ricchezza spirituale. Vi conforti la mia Benedizione.
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Anche ai novelli sposi porgo sincere felicitazioni per il passo compiuto ed auguri di felicità, esortandoli ad essere sempre memori della grandezza e della dignità del sacramento che ha da poco unito e consacrato il loro amore. Carissimi, se volete assicurare il pieno successo alla vostra unione matrimoniale, corrispondete sempre fedelmente alla grazia che vi è stata conferita nel sacramento; in tal modo sarete sempre fedeli al vostro patto ed affronterete le eventuali difficoltà con ottimismo. Vi accompagni la mia Benedizione.
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Rivolgo ora un saluto particolare al folto gruppo dei pellegrini provenienti dalla diocesi di Bovino, i quali accompagnati dal proprio Vescovo, Monsignor Salvatore De Giorgi, sono presenti a questa Udienza per acquistare l’Indulgenza giubilare e per far benedire una statua di S. Alfonso Maria de’ Liguori, che sarà collocata nel Santuario mariano di Deliceto.


Benedico volentieri la statua che avete qui portato e vi esorto a nutrire la stessa pietà verso la Vergine Santissima che tanto distinse la devozione di quel grande Dottore della Chiesa.
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Saluto anche le Delegate del “Patronato per l’Assistenza Spirituale alle forze Armate d’Italia”. Sono lieto di accogliervi e di esprimere l’auspicio che possiate trovare nella fede cristiana, che vi anima, sempre nuove energie nel vostro meritorio servizio verso i fratelli.
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Un cordiale saluto rivolgo ai Membri del “Comitato Onoranze ai Caduti d’Africa”, i quali hanno patrocinato, tra l’altro, la fusione della Campana, denominata “L’Africana”; questa sarà collocata sulla torre del castello-chiesa di Santa Severa, e ricorderà tutti i caduti italiani in Africa: militari, missionari, missionarie, civili.

Nell’esprimere vivo compiacimento per questa commovente iniziativa di pace e di solidarietà cristiana, mi è gradito benedire personalmente questa Campana, che con i suoi rintocchi inviterà tutti a pregare per il riposo eterno dei nostri fratelli scomparsi.

Al termine dell’udienza, il Santo Padre rivolge ai fedeli le seguenti parole.

In questi giorni l’opinione pubblica mondiale rivolge l’attenzione, con rinnovata e comprensibile sensibilità, al doloroso dramma dei “desaparecidos” in Argentina, esprimendo solidarietà per le famiglie provate da quell’angosciosa vicenda.

Il problema assillante degli scomparsi è sempre stato - e lo è ancora più ora - dentro il mio animo, e desidero rinnovare alle famiglie che hanno nel cuore una spina così acuta per la sorte dei loro cari la mia commossa partecipazione alle loro sofferenze, in un momento in cui sembra che anche la lieve speranza che ancora nutrivano sia stata infranta.

Imploro con tutto il cuore Maria santissima” “Mater dolorosa”, perché ottenga consolazione ad ogni famiglia in tal modo provata e l’assista con il suo materno saluto in quest’ora di amaro sconforto. Invito tutti ad unirsi a me in questa accorata e fervida invocazione.


Mercoledì, 11 maggio 1983: “Gesù disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!»”

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(
Jn 19,26-27).

1. In questo Anno Santo ci rivolgiamo con più ardore a Maria, perché uno specialissimo segno della riconciliazione dell’umanità con Dio, è stato il compito, a lei affidato sul Calvario, di essere la Madre di tutti i redenti.

Le circostanze nelle quali questa maternità di Maria fu proclamata, mostrano l’importanza che il Redentore vi attribuiva. Nel momento stesso in cui consumava il suo sacrificio, Gesù disse alla madre quelle fondamentali parole: “Donna, ecco tuo figlio”, e al discepolo: “Ecco tua madre” (Jn 19,26-27). E l’Evangelista annota che, dopo averle pronunciate, Gesù fu consapevole che tutto era compiuto. Il dono della Madre era il dono finale che egli accordava all’umanità come frutto del suo sacrificio.

Si tratta dunque di un gesto che vuole coronare l’opera redentrice. Chiedendo a Maria di trattare il discepolo prediletto come suo figlio, Gesù l’invita ad accettare il sacrificio della sua morte, e, come prezzo di tale accettazione, l’invita ad assumere una nuova maternità. Come Salvatore dell’intera umanità, egli vuole dare alla maternità di Maria la più grande estensione. Sceglie perciò Giovanni come simbolo di tutti i discepoli che egli ama, e fa comprendere che il dono di sua madre è il segno di una speciale intenzione d’amore, con la quale abbraccia tutti coloro che desidera attirare a sé come discepoli, ossia tutti i cristiani e tutti gli uomini. Inoltre dando a questa maternità una forma individuale, Gesù manifesta la volontà di fare di Maria non semplicemente la madre dell’insieme dei suoi discepoli, ma di ciascuno di loro in particolare, come se fosse il solo suo figlio, che tiene il posto del suo unico Figlio.

2. Questa maternità universale, d’ordine spirituale, era l’ultima conseguenza della cooperazione di Maria all’opera del Figlio divino, una cooperazione cominciata nella trepida gioia dell’Annunciazione, e sviluppatasi fino al dolore sconfinato del Calvario. È ciò che il Concilio Vaticano II ha sottolineato, quando ha mostrato il ruolo al quale Maria è stata destinata nella Chiesa: “Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col Figlio suo morente in croce, cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo fu per noi madre nell’ordine della grazia” (Lumen Gentium LG 61).

La maternità di Maria nell’ordine della grazia “continua senza interruzione” sino alla fine del mondo, afferma il Concilio, che sottolinea in particolare l’aiuto apportato dalla beata Vergine ai fratelli di suo Figlio nei loro pericoli e affanni (cfr Lumen Gentium LG 2). La mediazione di Maria costituisce una singolare partecipazione all’unica mediazione del Cristo, che perciò non ne resta minimamente offuscata, ma permane anzi come fatto centrale in tutta l’opera della salvezza.

La devozione alla Madonna perciò non contrasta con la devozione al Figlio suo. Si può dire anzi che, domandando al discepolo prediletto di trattare Maria come sua madre, Gesù abbia fondato il culto mariano. Giovanni si affrettò ad applicare la volontà del Maestro: da quel momento egli prese Maria nella sua casa, testimoniandole un affetto filiale, che rispondeva all’affetto materno di lei e inaugurando così un rapporto d’intimità spirituale che contribuiva ad approfondire quello col Maestro, del quale egli ritrovava i tratti inconfondibili sul volto della Madre. Sul Calvario ha perciò avuto inizio il movimento di devozione mariana, che in seguito non ha cessato di crescere nella comunità cristiana.

3. Le parole, rivolte da Cristo crocefisso a sua Madre e al discepolo prediletto, hanno portato una nuova dimensione alla condizione religiosa degli uomini. La presenza di una Madre nella vita della grazia è sorgente di conforto e di gioia. Nel volto materno di Maria i cristiani riconoscono una particolarissima espressione dell’amore misericordioso di Dio, che, con la mediazione di una presenza materna, fa comprendere meglio la propria sollecitudine e bontà di Padre. Maria appare come colei che attira i peccatori e rivela loro, con la sua simpatia e la sua indulgenza, l’offerta divina di riconciliazione.

La maternità di Maria non è soltanto individuale. Essa ha un valore collettivo che si esprime nel titolo di Madre della Chiesa. Sul Calvario infatti ella si unì al sacrificio del Figlio che mirava alla formazione della Chiesa; il suo cuore materno condivise fino in fondo la volontà di Cristo di “riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Jn 11,52). Avendo sofferto per la Chiesa, Maria meritò di diventare la madre di tutti i discepoli di suo Figlio, la madre della loro unità. Per questo il Concilio afferma che “la Chiesa Cattolica, edotta dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale la venera come madre amantissima” (Lumen Gentium LG 53).

La Chiesa riconosce in lei una Madre che veglia sul suo sviluppo e che non cessa d’intercedere presso il Figlio per ottenere ai cristiani disposizioni più profonde di fede, di speranza, d’amore. Maria cerca di favorire il più possibile l’unità dei cristiani, perché una madre si sforza d’assicurare l’accordo tra i suoi figli. Non c’è un cuore ecumenico più grande, né più ardente, di quello di Maria.

È a questa Madre perfetta che la Chiesa ricorre in tutte le sue difficoltà; a lei affida i suoi progetti, perché pregandola ed amandola, sa di rispondere al desiderio manifestato dal Salvatore sulla Croce, ed è certa di non essere delusa nelle sue invocazioni.


Ai pellegrini di lingua francese

Ai gruppi di lingua inglese

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Ai gruppi di espressione linguistica tedesca

Ai diversi gruppi provenienti da aree di espressione linguistica spagnola


Ai pellegrini di lingua portoghese

Ai polacchi provenienti da Cracovia, da Chicago e dal Canada



Nella solennità annuale di san Stanislao, Vescovo di Cracovia e Martire, patrono della Polonia, desidero ricordare le parole che mi è stato dato di pronunciare nel Blonia Krakowskie (il grande prato di Cracovia) durante il mio primo pellegrinaggio in Patria: “Vi prego di accettare, ancora una volta, tutto il patrimonio spirituale il cui nome è “Polonia”, con la fede, la speranza e la carità che Cristo ha innestato in noi:

di non perdere mai la fiducia, di non abbattervi, di non scoraggiarvi;

di non tagliare da soli le radici dalle quali abbiamo avuto origine.

Vi prego di aver fiducia, malgrado ogni vostra debolezza, di cercare sempre la forza spirituale da Colui, presso il quale tante generazioni dei nostri padri e delle nostre madri l’hanno trovata. Non staccatevi mai da lui. Non perdete mai la libertà di spirito, con la quale lui “fa libero” l’uomo. Non disdegnate mai la Carità che è la cosa “più grande”, che si è manifestata attraverso la Croce, e senza la quale la vita umana non ha né radici né senso”.

Queste parole ho pronunciato nel 900° anniversario del martirio di san Stanislao. Oggi le depongo nel tuo Cuore, Signora di Jasna Gora, e ti prego di custodire queste parole nei cuori dei miei connazionali.


Ai fedeli di espressione italiana

Saluto di cuore il pellegrinaggio diocesano di Vercelli, guidato dall’Arcivescovo Albino Mensa, e al quale partecipa un cospicuo gruppo di ammalati.

Cari fratelli e sorelle, voi siete venuti a Roma per celebrare l’Anno Santo, e quindi per rinnovare la vostra fede in Cristo Signore, nostro Redentore. Io vi auguro che tutta la vostra vita, specialmente quella dei sofferenti, trascorra alla luce e con la forza del Signore Gesù, crocifisso e risorto per noi.

E sempre vi accompagni la mia benedizione, che volentieri estendo a tutti i vostri Cari.
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Rivolgo anche un saluto al gruppo degli Ufficiali e Sottufficiali, con i loro familiari, della Scuola Addestramento Reclute e Centro Radar di Macerata, accompagnati dal loro Cappellano.

Carissimi, unite sempre alla disciplina militare, che vi caratterizza, un genuino amore per la pace, che è un concetto centrale dell’annuncio evangelico.

Il Signore vi arricchisca con le sue grazie, di cui è pegno la benedizione, che di cuore vi imparto con speciale pensiero all’Ordinario militare, che è qui presente.
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Saluto poi il gruppo della Parrocchia di Barile, il quale ogni anno nella cittadina lucana rappresenta la Passione di nostro Signore.

Carissimi, mi compiaccio per la vostra tradizione ed auspico di cuore che la meditazione della Passione di Cristo sia invito e corrispondere generosamente alla grazia divina e a vivere con coerenza la vocazione cristiana.
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Con sincera gioia accolgo e saluto i numerosi fanciulli che hanno ricevuto recentemente la Prima Comunione. Fra essi desidero ricordare, perché particolarmente numerosi, i figli dei dipendenti dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, i quali hanno avuto il loro primo incontro con Gesù presente nell’Eucaristia Domenica scorsa. Saluto insieme con essi i tanti gruppi di giovani venuti d’ogni parte. Il mio benvenuto è di esultanza per tutti. La Chiesa, infatti, celebra domani l’“ammirabile ascensione” al Cielo di Cristo risorto. E’ la definitiva glorificazione del Figlio di Dio, voluta dal Padre celeste, il quale ha disposto che il medesimo trionfo fosse partecipato da tutti gli uomini per mezzo del battesimo, che li rende “nati da Dio”. Come prega la Chiesa nella liturgia dell’Ascensione, in “Cristo asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto (a lui) e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere il nostro capo nella gloria”. Questa esaltante realtà deve animarvi sempre, carissimi giovani, a considerare la grande dignità di figli di Dio, che dall’anima in grazia si riflette anche nel corpo in tutta la persona e in tutta la vita. A tutti voi la mia Benedizione Apostolica.
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Un pensiero di affettuosa considerazione rivolgo ora a voi, carissimi infermi presenti a questo incontro, e lo estendo a coloro che, come voi, sono afflitti dalla malattia o segnati dalla tristezza per conseguenze talora tragiche di eventi straordinari. Voi, diletti fratelli e sorelle, meritate dal Signore uno speciale riguardo perché, a somiglianza di Gesù, offrite per la salvezza dei vostri fratelli le vostre umiliazioni; mentre supplico il divin Salvatore perché vi conceda largamente la grazia della luce e della forza spirituale per la generosa accettazione delle prove da lui permesse, vi esorto a sollevare con la vostra preghiera propiziatrice gli animi di tutti i sofferenti. Con la mia Benedizione Apostolica.
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Anche a voi, novelli sposi, il mio cordiale benvenuto, con l’auspicio che il Signore vi largisca i continui aiuti della sua assistenza, perché possiate sentire sempre di più l’importanza della vostra missione coniugale. Vi benedico di cuore ed estendo la mia benedizione a tutti i vostri Cari.




Mercoledì, 18 maggio 1983

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1. Cristo è “la nostra pace”; colui che ci ha riconciliati “con Dio in un solo corpo per mezzo della croce” (cfr
Ep 2,14 Ep 2,16).

Carissimi, è il mese di maggio, il mese della Madonna: alla luce di Maria noi comprendiamo meglio la profondità della riconciliazione che Cristo ha attuato fra noi e Dio. L’amore della Madre di Gesù, manifestandosi verso ciascuno di noi, ci apporta il segno della benevolenza e della tenerezza del Padre. Tale amore inoltre ci aiuta a meglio comprendere che la riconciliazione concerne anche i rapporti degli uomini tra loro, poiché essendo madre della Chiesa, Maria è madre dell’unità e s’impegna a favorire tutto quello che unisce i suoi figli, tutto quello che li avvicina.

Quando consideriamo i frutti dell’opera redentrice di Cristo, constatiamo lo stretto legame che esiste tra le due riconciliazioni: dell’uomo con Dio, e degli uomini tra loro. Per il fatto che tutti gli uomini sono riconciliati con Dio, essi sono anche riconciliati tra loro.

Dobbiamo ricordarci che, secondo la rivelazione biblica, il peccato che separa l’uomo da Dio ha per effetto collaterale e inevitabile di dividere gli uomini tra loro. Quando l’ostilità scava una distanza tra l’uomo e Dio, essa fa pure insorgere l’uomo contro i suoi simili.

Nella torre di Babele la Bibbia ci ha posto sotto gli occhi un’immagine impressionante di questa dinamica perversa. Quando gli uomini, spinti dal loro orgoglio, decidono di costruire una torre che giunga a toccare il cielo, consentendo loro di disporre di una potenza capace di rivaleggiare con quella di Dio, essi si ritrovano a fare l’esperienza fallimentare della disunione che si stabilisce tra di loro a causa della diversità delle lingue (cfr Gn 11,1-9). Opporsi a Dio e volersi misurare con lui non accettando la sua sovranità, significa introdurre, nei rapporti sociali, dirompenti e irriducibili tensioni.


Al contrario la riconciliazione del peccatore con Dio suscita in lui la spinta verso la riconciliazione con i fratelli. San Paolo ha sottolineato questa verità affermando che in Cristo le due parti dell’umanità, i giudei e i pagani, erano state riconciliate con Dio per formare un solo corpo, un solo uomo nuovo. Col suo sacrificio, Cristo ha cancellato nella sua carne l’odio che divideva gli uomini; offrendo a tutti la stessa possibilità di accesso al Padre in un solo Spirito, egli ha soppresso le barriere che li separavano, e stabilito tra loro la pace. Per questo Cristo è “la nostra pace” (2Co 3,14).

2. San Paolo sapeva per esperienza personale che cosa significasse tale riconciliazione universale. Prima della conversione, egli era vissuto con disposizioni ostili nei riguardi di coloro che non aderivano al culto giudaico. Quando però il suo cuore si convertì a Cristo, si operò un sorprendente mutamento di tali disposizioni, al punto che divenne l’apostolo dei pagani. Da quel momento egli non ammise più alcuna barriera all’universalismo. Come nel giudaismo era stato un persecutore accanito dei cristiani, con altrettanto ardore fu in seguito, nella diffusione della fede cristiana, un messaggero dal cuore immenso e senza frontiere. Chi non ricorda le sue forti parole: “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Ga 3,28)? Evidentemente Paolo non nega che sussistano differenze tra gli uomini. Quel che vuole affermare è che queste differenze non possono più essere motivo di divisione, perché Cristo ha unificato tutto nella sua persona.

La posizione dell’Apostolo rispecchia perfettamente il pensiero di Gesù. Per convincersene basta riandare a quella pagina straordinariamente densa, in cui Giovanni ha raccolto la “preghiera sacerdotale” del Maestro divino. Chiedendo al Padre che tutti siano uno come il Padre e lui sono uno (Jn 17,21-22), Gesù indica il modello perfetto dell’unione che vuole stabilire. La riconciliazione che il suo sacrificio dovrà ottenere per l’umanità, non è una semplice soppressione delle divisioni esistenti e il ristabilimento di un accordo; essa mira ad instaurare un’unità d’ordine superiore, con la comunicazione dell’unità delle persone divine alla comunità delle persone umane. La riconciliazione è dunque più di una riparazione dell’unità perduta; essa eleva l’accordo tra gli uomini al livello di una partecipazione all’accordo perfetto che regna nella comunità divina. Non a caso la Scrittura sottolinea il ruolo fondamentale svolto in ciò dallo Spirito Santo: essendo l’amore personale del Padre e del Figlio, è lui che lavora nell’umanità per realizzare una unità, di cui l’unità divina è il fondamento e il modello.

3. Non v’è pertanto da stupire che, nel suo insegnamento, il Maestro abbia attirato, a più riprese, l’attenzione dei suoi discepoli sull’urgente dovere di cercare la riconciliazione ovunque vi sia discordia. La volontà di riconciliazione è condizione impreteribile di una preghiera gradita a Dio: colui che va a deporre la sua offerta all’altare, deve anzitutto riconciliarsi col suo fratello (cf Mt 5,23-24). Qualunque sia l’offesa commessa, e anche se frequentemente ripetuta, lo sforzo di riconciliazione non deve mai essere abbandonato, perché il discepolo non può mettere limiti al suo perdono, secondo la prescrizione fatta a Pietro: “Non fino a sette, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18,22).

Dicendo: “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano” (Lc 6,27), Gesù mostra come la riconciliazione debba manifestarsi immediatamente con disposizioni intime: anche dove una effettiva riconciliazione non è ancora possibile, a causa dell’atteggiamento ostile dell’altro, il cristiano dev’essere animato da un amore autentico, sincero. Per lui vi è il dovere della riconciliazione del cuore, riconciliazione personale mediante sentimenti di benevolenza.

Cristo conosce bene le difficoltà che provano gli uomini a riconciliarsi fra loro. Con il sacrificio redentore ha ottenuto per tutti la forza necessaria per superarle. Nessun uomo può dunque dire che è incapace di riconciliarsi con il prossimo, come non può dire che è incapace di riconciliarsi con Dio. La Croce ha fatto cadere tutte le barriere che chiudono gli uni agli altri i cuori degli uomini.

Nel mondo si avverte un immenso bisogno di riconciliazione. Le lotte investono talora tutti i campi della vita individuale, familiare, sociale, nazionale e internazionale. Se Cristo non avesse sofferto per stabilire l’unità della comunità umana, si potrebbe pensare che tali conflitti siano irrimediabili. Ma il Salvatore spinge efficacemente tutti gli uomini all’unione e alla riconciliazione; mediante lo Spirito Santo li riunisce sempre più nel suo amore.

Rinnoviamo dunque la nostra fede in questa divina energia operante nel mondo e impegniamoci a collaborare con essa per contribuire in tal modo all’avvento della pace fra gli uomini e all’estensione della gioia che da essa deriva.

Ai pellegrini di lingua francese



Ai fedeli di espressione inglese
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I wish to extend warm greetings to the international group of Anglican Clergy who have come to Rome for a special Seminar. Your presence here bears witness to our common desire that the prayer of Christ for all Christians might be fulfilled: that they may be one.
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I offer a special word of welcome to the Christian Brothers attending a renewal course in Rome. As we draw near to the Feast of Pentecost, I pray that the Holy Spirit will pour out his richest blessings upon you and upon all those you love and serve.

Ai pellegrini tedeschi


Ai fedeli spagnoli


Ai fedeli di lingua portoghese




Ai pellegrini polacchi



Cari connazionali!

Ecco, vi è, nella vita della Chiesa, il grande periodo di preghiera come se fosse una grande novena. Cristo lasciando questo mondo con l’Ascensione, ha raccomandato ai suoi discepoli di perseverare nella preghiera aspettando la discesa dello Spirito-Consolatore, Spirito di Verità.

Gli Apostoli, accogliendo la raccomandazione del loro Mastro e Signore, perseverarono in preghiera insieme con Maria, Madre di Gesù. Il luogo di preghiera fu il cenacolo: lo stesso in cui fu istituita l’Eucaristia, lo stesso in cui Cristo Risorto si è incontrato con gli Apostoli, dando loro il potere di rimettere i peccati.

Nel corso di questi giorni - tra l’Ascensione del Signore e la Solennità della Pentecoste - la Chiesa intera diventa in modo particolare il cenacolo.

Cari connazionali! Nella terra della patria perseverate uniti in preghiera con la nostra Madre di Jasna Gora. Intorno a lei tutti costituiamo, in questi giorni, quasi un nostro familiare cenacolo polacco.

“Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la faccia della terra”: tutta la terra, e la nostra terra polacca.

Invochiamo i doni dello Spirito Santo che trasformano i cuori degli uomini, specialmente i doni della fortezza e del consiglio. Infatti la faccia della terra potrà essere rinnovata soltanto quando i cuori degli uomini viventi saranno trasformati con lo Spirito Santo.

Ai fedeli italiani

Rivolgo un affettuoso saluto a voi, giovani, che siete presenti a questa Udienza. Saluto in particolare gli Studenti delle varie scuole ed i gruppi di bambini che hanno fatto la Prima Comunione o ricevuto la Cresima. Carissimi giovani, vi auguro con tutto il cuore che questo Anno Giubilare della Redenzione vi sia di sprone per vivere con entusiasmo ed impegno il messaggio cristiano.
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Un saluto cordiale anche a tutti voi, ammalati, che il Cristo ha voluto associare in maniera particolare alla sua Passione dolorosa. Saluto in particolare i Volontari della Sofferenza di Arco, i bambini del Centro socio-Sanitario della Croce Rossa Italiana di Torre Spaccata, i malati dell’Opera di “Santa Maria della Pietà” di Ceccano, il pellegrinaggio dell’UNITALSI di Arezzo.

Vi esorto, carissimi ammalati, ad offrire a Dio la vostra sofferenza per il bene della Chiesa e dell’Umanità intera.
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Né posso non ricordare voi, sposi novelli, che in questo anno privilegiato avete consacrato nel sacramento del Matrimonio il vostro vicendevole amore. Sia sempre la vostra nascente famiglia cristiana una comunità di fede profonda, di speranza serena e di fervida carità verso Dio e i fratelli.

Affido questi miei voti alla Vergine Santissima e li accompagno con la Benedizione Apostolica.





Catechesi 79-2005 40583