Agostino: Le confessioni 1217

Significato di cielo e terra : - l’universo ;

1217
17. 24. "Tutto ciò è vero, ammettono. Però Mosè non pensava a quei due enti, quando, illuminato dallo Spirito Santo, diceva : In principio Dio creò il cielo e la terra (
Gn 1,1). Col nome di cielo non designò la creatura spirituale o intellettuale, che sempre contempla il volto di Dio (Cf. Mt Mt 18,10) ; né col nome di terra designò la materia informe". Cosa intese dunque ? "Ciò che noi diciamo quel grande pensò e ciò espresse con queste parole". Ossia ? "Col nome di cielo e terra volle designare anzitutto in modo generico e conciso l’intero mondo visibile, per poi ripartire, con l’enumerazione dei giorni, quasi per articoli, il complesso delle cose che piacque allo Spirito Santo di riferire così. Il popolo rozzo e carnale cui si rivolgeva (Cf. 1Co 3,1) era composto di persone alle quali, secondo il suo giudizio, non si potevano presentare delle opere del Signore che le sole visibili". Invece per la terra invisibile e confusa, e l’abisso tenebroso, da cui si sviluppa organicamente l’intero mondo visibile a tutti noto, creato e ordinato in quei giorni, costoro ammettono che non sia assurdo vedervi la materia informe, di cui ho parlato.

- la materia informe ; la natura invisibile e visibile ;


17. 25. Però non potrebbero altri sostenere che la stessa idea di materia informe e disordinata fu introdotta all’inizio, col nome di cielo e terra, poiché da essa fu tratto e perfezionato questo mondo visibile con tutti gli oggetti che vi appaiono così distintamente, che spesso si usa designare col nome di cielo e terra ? E ancora, non potrebbero altri sostenere che cielo e terra non fu chiamata a sproposito la natura invisibile e visibile, e che quindi in questi due vocaboli è compresa l’intera creazione effettuata da Dio nella Sapienza, ossia in principio ? Però, poiché tutte le cose non furono tratte dalla sostanza medesima di Dio, bensì dal nulla (Cf. 2 Mac 2M 7,28), non avendo esse la medesima sostanza di Dio, ma essendovi in ognuna una certa possibilità di mutare, sia che restino stabili, quale l’eterna dimora di Dio, sia che mutino, quale l’anima e il corpo dell’uomo ; quindi la materia comune di tutte le cose invisibili e visibili, materia ancora informe ma certamente formabile, da cui dovevano uscire cielo e terra, ossia la creazione invisibile e visibile, in entrambi i casi già formata, sarebbe stata riferita con i nomi che incontriamo di terra invisibile e confusa, e di tenebre sopra l’abisso (Gn 1,2). Si dovrebbe anzi intendere distintamente per terra invisibile e confusa la materia corporea anteriore alla determinazione formale, e per tenebre sopra l’abisso la materia spirituale anteriore all’arginamento della sua, diciamo così, spropositata fluidità e alla sua illuminazione da parte della Sapienza.

- l’embrione del mondo.


17. 26. Si potrebbe ancora sostenere questo, se altri vuole : che nella frase : In principio Dio creò il cielo e la terra, con il nome di cielo e terra non sono designate due entità, invisibile e visibile, già compiute e formate, ma sono chiamati con tali nomi solo il germe ancora informe delle cose e la materia formabile e creabile. In quest’ultima già esistevano, ancora senza ordine e distinzione di qualità e forma, gli enti che, separati e appropriatamente ordinati, si chiamano cielo e terra, creazione spirituale l’uno, corporea l’altro.

Intenzioni dello scrittore e significati delle Scritture

1218
18. 27. Ho ascoltato e considerato tutte queste opinioni, ma non voglio discutere su parole, perché a nulla serve, se non ad abbattere gli ascoltatori (2 Tm
2Tm 2,14). Per edificarli invece è buona la legge, purché usata legittimamente, essendo suo fine la carità che sgorga da un cuore puro, da una coscienza buona e da una fede non finta (Ep 4,29 1 Tm 1Tm 1, 4, 1Tm 8,5). Il nostro Maestro sa da quale duplice precetto fece dipendere tutta la legge e i profeti (Cf. Mt Mt 22,40). Se io li riconosco fervorosamente, Dio mio, lume dei miei occhi (Ps 37,11) nell’oscurità, può forse nuocermi che, potendosi dare di queste parole certamente vere interpretazioni diverse, può forse nuocermi, ripeto, che la mia opinione diverga dall’opinione di altri sull’opinione dello scrittore ? Chiunque di noi legge, si sforza certamente di penetrare e comprendere l’intenzione dell’autore che legge, e quando lo crede veritiero, non osa pensare che disse cosa da noi conosciuta o ritenuta falsa. Mentre, dunque, ciascuno si sforza d’intendere le Sacre Scritture secondo le intenzioni del loro scrittore, che male è, se vi scopre un’intenzione che tu, luce di tutte le menti veritiere, mostri per vera, sebbene non fu l’intenzione dell’autore ? Eppure fu anch’egli nel vero, pur avendo un’intenzione diversa da questa.

Punti fermi

1219
19. 28. Vero è, Signore, che tu creasti il cielo e la terra (
Gn 1,1), e vero è che il principio è la tua Sapienza, in cui creasti tutto (Ps 103,24). Così pure è vero che questo mondo visibile ha due grandi parti, cielo e terra, ove sono brevemente compresi tutti gli enti da te fatti e creati. E vero è che ogni essere mutevole suggerisce alla nostra mente l’idea di una certa informità, per la quale può assumere una forma, o mutarsi e trasformarsi. Vero è che chi aderisce così strettamente a una forma immutabile, da non mutare, per quanto mutabile, si sottrae all’azione del tempo. Vero è che l’informità, così vicina al nulla, non può avere vicende temporali. Vero è che la materia originaria di una cosa può anche in certe espressioni avere già il nome della cosa originata, così che poté essere chiamata cielo e terra una qualunque massa informe, originaria del cielo e della terra. Vero è che di tutte le cose formate nessuna si avvicina all’informe più della terra e dell’abisso. Vero è che non solo le cose create e formate, ma anche tutte quelle che si possono creare e formare, sono opera tua, poiché tutte le cose derivano da te (1 Cor 1Co 8,6 Rm 11,36). Vero è che ogni cosa formata da una materia informe prima è informe, poi formata.

Alcune interpretazioni veritiere di : in principio

1220
20. 29. Di tutti questi veri, dei quali non dubitano quanti ricevettero da te il dono di vederli con l’occhio interiore e credono incrollabilmente che Mosè, tuo servitore, parlò con spirito di verità (
Jn 14,17) ; di tutti, dunque, ne prende per sé uno chi dice : "In principio Dio creò il cielo e la terra (Gn 1,1) significa che Dio creò nel suo Verbo, con lui coeterno, l’elemento intelligibile e sensibile, ossia spirituale e corporeo" ; un altro chi dice : "In principio Dio creò il cielo e la terra significa che Dio creò nel suo Verbo, con lui coeterno, l’intera mole del mondo corporeo, con tutte le nature evidenti e note in essa contenute" ; un altro chi dice : "In principio Dio creò il cielo e la terra significa che Dio creò nel suo Verbo, con lui coeterno, la materia informe dell’elemento spirituale e corporeo" ; un altro chi dice : "In principio Dio creò il cielo e la terra significa che Dio creò nel suo Verbo, con lui coeterno, la materia informe dell’elemento corporeo, ov’erano ancora confusi il cielo e la terra che ora vediamo distinti con forma propria nella mole dell’universo" ; un altro chi dice : "In principio Dio creò il cielo e la terra significa che alla vera origine della sua opera creatrice Dio creò la materia informe, ov’erano rinchiusi confusamente il cielo e la terra che, di là formati, ora appaiono e spiccano con tutte le cose in essi esistenti".

Le interpretazioni del secondo versetto

1221
21. 30. Così per la comprensione delle parole seguenti. Di tutti quei veri, ne prende uno per sé chi dice : "La terra era invisibile e confusa, e le tenebre regnavano sopra l’abisso (
Gn 1,2) significa che la massa corporea creata da Dio era la materia ancora informe, disordinata e cieca, delle cose corporee" ; un altro chi dice : "La terra era invisibile e confusa, e le tenebre regnavano sopra l’abisso significa che il complesso chiamato cielo e terra era la materia ancora informe e tenebrosa, da cui dovevano uscire il cielo corporeo e la terra corporea con tutte le cose in essi esistenti e note ai sensi corporei" ; un altro chi dice : "La terra era invisibile e confusa, e le tenebre regnavano sopra l’abisso significa che il complesso chiamato cielo e terra era la materia ancora informe e tenebrosa, da cui doveva nascere il cielo intelligibile, detto altrove cielo del cielo (Ps 113,16), e la terra, cioè tutta la natura corporea, comprendendo sotto questo nome anche il cielo corporeo ; da cui doveva nascere insomma tutto il creato invisibile e visibile" ; un altro chi dice : "La terra era invisibile e confusa, e le tenebre regnavano sopra l’abisso non è una designazione della massa informe, fatta dalla Scrittura col nome di cielo e terra ; ma - asserisce costui - la massa informe propriamente già esisteva, ed è quella che la Scrittura ha denominato terra invisibile e confusa e abisso tenebroso, da cui prima ha detto che Dio trasse il cielo e la terra, ossia il creato spirituale e corporeo" ; un altro chi dice : "La terra era invisibile e confusa, e le tenebre regnavano sopra l’abisso significa che esisteva già una massa informe, materia da cui la Scrittura ha detto prima che Dio trasse il cielo e la terra, ossia l’intera mole corporea dell’universo, divisa in due grandi parti, superiore e inferiore, con tutte le cose in esse esistenti, familiari e note alle creature".

Silenzi della Scrittura

1222
22. 31. Alle due ultime opinioni si potrebbe tentare di opporre quanto segue : "Se non ammettete che si veda designata col nome di cielo e terra la materia informe, esisteva dunque qualche cosa non creata da Dio e da lui impiegata per creare il cielo e la terra. La Scrittura infatti non ha raccontato la creazione di una tale materia per opera di Dio, a meno d’intendere che la disegnò con i vocaboli di cielo e terra, o soltanto terra, là dove si dice : In principio Dio creò il cielo e la terra (
Gn 1,1). E quanto al seguito : La terra era invisibile e confusa (Gn 1,2), se anche fosse piaciuto alla Scrittura di designare così la materia informe, non la possiamo intendere diversa da quella che Dio creò dov’è scritto, prima : creò il cielo e la terra". All’udire questi argomenti, gli assertori delle due ultime opinioni da noi esposte, dell’una come dell’altra, risponderanno dicendo : "Non neghiamo davvero la creazione di questa materia informe ad opera di Dio, da cui derivano tutte le cose buone assai (Gn 1,31). Se affermiamo che un ente creato e formato è un bene superiore, ammettiamo però che un ente creabile e formabile sia un bene inferiore, eppure un bene. Quanto al silenzio della Scrittura sulla creazione della materia informe da parte di Dio, essa tace anche di molte altre, ad esempio dei Cherubini e Serafini (Cf. Gn Gn 3,24 Is 6,2 al), dei Troni, Dominazioni, Principati, Potestà (Col 1,16), distintamente elencati dall’Apostolo, che pur sono senza dubbio tutte opere di Dio. Se poi nelle parole : creò il cielo e la terra, fossero comprese tutte le cose, che dire delle acque, sopra le quali era portato lo spirito di Dio (Gn 1,2) ? Se s’intendono comprese nel nome di terra, come ammettere ormai per il nome di terra la materia informe, quando la vista delle acque è tanto bella ? O, se s’ammette, perché fu descritta la creazione dalla stessa materia informe del firmamento, che fu chiamato cielo (Gn 1,7 s), e non delle acque ? Oggi non sono informi e invisibili queste acque che vediamo scorrere così armoniosamente belle. Che se poi ricevettero tanta bellezza allorché disse Dio : "Si raccolga l’acqua che sta sotto il firmamento" (Gn 1,9) e quindi raccogliendosi presero forma, cosa si risponderà per le acque che stanno sopra il firmamento (Gn 1,7) ? Rimaste senza forma, non avrebbero meritato una sede tanto onorevole ; d’altra parte non c’è scritta la parola con cui furono formate. Perciò, se di qualcosa la Genesi non riferisce la creazione ad opera di Dio, mentre non ne è dubbia per una fede sana e un’intelligenza salda la creazione ad opera di Dio, e qualsiasi dottrina seria non oserà sostenere la coeternità di queste acque con Dio per il fatto che nel libro della Genesi le vediamo sì menzionate, ma senza trovare il momento in cui furono create ; perché non intendere, sotto la guida della verità, che anche la materia informe, definita da tale scrittura terra invisibile e confusa, e abisso tenebroso, fu da Dio creata dal nulla, e quindi non è coeterna con lui, sebbene il racconto scritturale abbia omesso di riferire quando fu creata ?".

Due specie di dissenso

1223
23. 32. Ascolto queste opinioni e le esamino secondo le capacità della mia debolezza, che confesso a te, Dio mio non ignaro. E scopro che due specie di dissenso possono sorgere sopra un messaggio riferito per iscritto da messaggeri veraci : il primo sulla verità dei fatti, il secondo sull’intenzione del messaggero. A proposito della creazione, altra cosa è la ricerca sulla realtà dell’avvenimento, e altra quella su ciò che Mosè, egregio famiglio della tua fede, volle far intendere in questo racconto al lettore o ascoltatore. Nel primo genere di ricerca si allontanino da me quanti sono certi della loro scienza errata. Così nel secondo si allontanino da me quanti ritengono errato il racconto di Mosè. Voglio invece unirmi a te, Signore, e godere in te (Cf.
Ps 103,34) con coloro che si nutrono della tua verità nell’ampiezza della carità (Cf. Ef Ep 3,18 s). Accostiamoci insieme alle parole del tuo libro e cerchiamo in esse la tua volontà (Cf. Gv Jn 5,30) attraverso la volontà del tuo servitore, per la cui penna le hai elargite.

Dubbi e certezze

1224
24. 33. Eppure chi di noi ha così bene scoperto questa intenzione fra tante verità, che si presentano ai ricercatori in quelle parole interpretate nell’uno o nell’altro senso, da poter affermare : "Questa era l’intenzione di Mosè, e in questo senso volle che fosse inteso il suo racconto", con la stessa sicurezza con cui afferma vero il racconto, qualunque fosse l’intenzione di Mosè ? Ecco, Dio mio, io, servo tuo, che ti ho promesso in questo scritto il sacrificio della mia confessione e che prego di poter soddisfare con la tua misericordia la mia promessa (
Ps 115, 16, 14, 18) verso di te ; ecco che affermo con la massima sicurezza che tu hai creato nel tuo Verbo immutabile tutte le cose, invisibili e visibili ; ma affermo con pari sicurezza che Mosè pensava a questo e non ad altro, mentre scriveva : In principio Dio creò il cielo e la terra (Gn 1,1) ? Vedo forse, come vedo nella tua verità la certezza di questo fatto, così nella sua mente che quello fu il suo pensiero mentre scriveva queste parole ? Poté certamente pensare all’origine della creazione, quando diceva : In principio ; poté volere che per cielo e terra qui s’intendesse la natura sia spirituale, sia corporea, non già formata e perfezionata, ma in entrambi i casi appena abbozzata e ancora informe. Vedo bene che l’uno e l’altro dei due sensi poteva essere usato con verità ; ma quale pensasse Mosè in queste parole non vedo altrettanto bene. Comunque non dubito che quell’uomo così grande, qualunque di questi sensi, o qualche altro da me non menzionato contemplasse nella sua mente, quando proferì queste parole, vide il vero e lo riferì nel modo conveniente.

Orgoglio temerario di alcuni interpreti

1225
25. 34. Nessuno più mi molesti (
Ga 6,17) dicendomi : "L’intenzione di Mosè non fu quella che dici tu, ma quella che dico io". Se mi si chiedesse : "Come sai che l’intenzione di Mosè fu quella che tu ricavi di queste parole ?", dovrei rimanere calmo e forse risponderei ciò che risposi più sopra, tutt’al più diffondendomi maggiormente, se il mio interlocutore fosse piuttosto cocciuto. Ma quando si asserisce : "L’intenzione di Mosè non fu quella che dici tu, ma quella che dico io", senza tuttavia contestare la verità dell’una come dell’altra asserzione, allora, o Vita dei poveri, Dio mio, nel cui seno non c’è contraddizione, fa piovere nel mio cuore la mitezza, affinché possa sopportare pazientemente questi tali, che ciò mi dicono non già per essere indovini e aver visto ciò che dicono nel cuore del tuo servitore, ma per orgoglio. Ignorano l’idea di Mosè, ma amano la loro, non perché sia vera, ma perché è la loro. Diversamente amerebbero allo stesso modo anche la verità degli altri, come io amo le loro asserzioni quando sono vere, non perché sono loro, ma perché sono vere, e in quanto vere non sono più nemmeno loro. Se poi l’amano in quanto vere, ormai sono e loro e mie, essendo un bene comune di tutti gli amanti della verità. Quando però sostengono che l’intenzione di Mosè non fu quella che dico io, ma quella che dicono loro, la respingo e non l’amo. Avessero pure ragione, questa è temerità, non propria di una scienza, ma dell’audacia, non frutto di una visione, ma di presunzione. Perciò, Signore, i tuoi giudizi sono tremendi : perché la tua verità non appartiene né a me né a chiunque altro, ma a tutti noi, e tu ci chiami pubblicamente a parteciparne, con questo terribile avvertimento, di non pretenderne il possesso privato per non esserne privati (Cf. 1 Tm 1Tm 6,5). Chiunque rivendica come proprio ciò che tu metti a disposizione di tutti, e pretende di detenere ciò che a tutti appartiene, viene respinto dal patrimonio comune verso il suo, ossia dalla verità verso la menzogna. Chi infatti dice una menzogna, dice del suo (Jn 8,44).

Parole fraterne


25. 35. Guarda (Jr 18,19), ottimo giudice, Dio, Verità persona (Cf. Gv Jn 14,6), guar-da la mia risposta a questo contradittore, guarda. Parlo davanti a te e davanti ai miei fratelli che fanno un uso legittimo della legge secondo il suo fine, la carità (Cf. 1 Tm 1Tm 1, 8, 5). Guarda e vedi (Lm 1, 9, 11; Cf. Lam Lm 1,12) la mia risposta, se ti piace. A costui rivolgo queste parole fraterne e pacifiche : "Se entrambi vediamo la verità della tua asserzione ed entrambi vediamo la verità della mia, dove la vediamo, di grazia ? Certo non io in te, né tu in me, ma entrambi proprio nella verità immutabile, che sta sopra le nostre intelligenze. Ora, se non disputiamo su questa luce del nostro Signore Dio, perché dovremmo disputare sul pensiero del nostro prossimo, che neppure possiamo vedere come la verità immutabile ? Se Mosè ci fosse apparso di persona e ci avesse detto : "Questo fu il mio pensiero", lo crederemmo senza vederlo. Perciò evitiamo di gonfiarci d’ira per l’uno contro l’altro a proposito di ciò che fu scritto (1Co 4,6). Amiamo il Signore Dio nostro con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la nostra mente, e il nostro prossimo come noi stessi (Mt 22, 37, 39; Mc 12,30 s.; Lc 10,27). Non credendo che in nome di questi due precetti d’amore Mosè pensò tutto ciò che pensò mentre scriveva i suoi libri, renderemo il Signore menzognero (1 Gv 1Jn 1,10 1Jn 5,10), poiché attribuiremo al suo servo e nostro compagno una disposizione d’animo diversa dagli insegnamenti divini. Ora, considera quale sia la stoltezza di chi afferma avventatamente, fra tanta abbondanza di idee verissime ricavabili da quelle parole, che Mosè ne ebbe in mente una in particolare ; e offende con dispute dannose la carità, che è il fine preciso per cui disse tutto ciò che disse colui, del quale ci sforziamo di spiegare il discorso".

Propositi immaginari di Agostino

1226
26. 36. E tuttavia, Dio mio, elevatezza della mia bassezza e riposo della mia fatica, che ascolti le mie confessioni e rimetti i miei peccati (
Mt 6,15 Mc 11,25), per il precetto che mi dai, di amare il mio prossimo come me stesso (Cf. Mt Mt 22,39), non posso credere che un Mosè, fedelissimo servitore tuo, abbia da te ricevuto un dono inferiore a quello che io avrei auspicato e desiderato per me, se fossi nato al suo tempo e tu mi avessi assegnato il suo posto per dispensare agli uomini con l’ausilio della mia mente e della mia lingua le Scritture, destinate a giovare dopo molto tempo a tutte le genti e a dominare nella terra intera, dal fastigio della loro autorità, le sentenze di tutte le dottrine false e superbe. Ebbene io avrei voluto, se fossi stato ai suoi tempi Mosè, visto che usciamo tutti dalla medesima massa (Rm 9,21) ; e cos’è l’uomo, se non che ti ricordi di lui ? (Ps 8,5) ; dunque, se fossi stato lui ai suoi tempi, e tu mi avessi incaricato di scrivere il libro della Genesi, avrei voluto in dote una tale capacità di esprimermi e una tale maniera d’intessere il discorso, che quanti sono ancora incapaci di comprendere il modo in cui Dio crea, non respingessero le mie parole come superiori alle loro forze ; e quanti ne sono ormai capaci, ritrovassero non trascurata, nelle poche parole del tuo servo, qualsiasi opinione vera avessero escogitato con la propria riflessione ; e se altri altre ne avessero scorte alla luce della verità, nemmeno queste ultime mancassero, ma fossero riconoscibili nelle medesime parole.

Limiti e virtù dei semplici

1227
27. 37. Come una sorgente nella sua piccola piaggia è più ricca e si estende con i molti rivi che alimenta in spazi più ampi di qualunque fra i rivi che, nati dalla medesima sorgente, in molte piagge si diffondono ; così la narrazione del tuo dispensatore (Cf. Tt
Tt 1,7), cui avrebbero attinto molti futuri predicatori, riversa con modesta vena di parole fiumi di limpida verità. Di là ognuno, per quanto può in questo campo, deriva una sua propria e diversa verità, che poi estende in più lunghi meandri di parole. Infatti leggendo o udendo il passo in discussione alcuni pensano a Dio come a un uomo o a una potenza dotata di mole immensa, che con una decisione in qualche modo nuova e repentina produsse fuori di sé e quasi in luoghi distanti il cielo e la terra, due grandi corpi, sopra e sotto, ove sono contenute tutte le cose. Quando sentono : Disse Dio : "Sia fatto ciò", e fu fatto ciò (Gn 1,6 s., 9), pensano a parole che ebbero un inizio e una fine, risuonanti nel tempo e passeggere, tali che subito dopo il loro passaggio esistette l’oggetto di cui avevano comandato l’esistenza. Anche ogni altro loro concetto si sviluppa allo stesso modo dalle relazioni abituali con la carne. Costoro sono ancora bambini sensitivi. Mentre la loro gracilità si fa portare da questo stile umilissimo come da un seno materno, cresce sana la loro fede, per cui credono fermamente e per certo che Dio è il creatore di tutta la meravigliosa varietà degli esseri su cui si posano attorno i loro sensi. Ma se qualcuno di costoro, disprezzando come vili le parole, si spinge con la sua presuntuosa debolezza fuori dalla culla ov’è nutrito, ahimè, cadrà miseramente. Signore Dio, abbi pietà : il pulcino implume non sia calpestato dai passanti (Ps 55,2), manda il tuo angelo (2 Mac 2M 15,23) a riporlo nel nido, ove viva finché sappia volare.

Beata penetrazione dei dotti

1228
28. 38. Vi sono però altri, per i quali queste parole non costituiscono ormai più un nido, ma un ombroso brolo, ove, scorgendo frutti nascosti, volteggiano festanti, e cinguettando li cercano e colgono. Scorgono infatti, alla lettura o all’ascolto di queste tue parole, o Dio eterno, come la tua permanente stabilità trascenda tutti i tempi, passati e futuri, eppure non esista creatura temporale che non sia opera tua ; come la tua volontà, essendo una cosa sola con te, senza il minimo mutamento e senza il sorgere in lei di una decisione nuova, abbia creato tutte le cose, come tu non abbia tratto da te una tua immagine quale forma di tutte le cose, a te simile, ma dal nulla una informità dissimile, tale da poter ricevere una forma per la tua somiglianza ritornando in te, l’Uno, nella misura provvida e concessa a ogni cosa secondo la sua specie ; e come quindi tutte le cose siano buone assai (
Gn 1,31), tanto se rimangono vicine a te, quanto se, allontanandosi gradatamente nel tempo e nello spazio, operano o subiscono meravigliose vicende. Costoro scorgono tutto ciò e godono nella luce della tua verità per quel poco che possono quaggiù.

Altre interpretazioni di : in principio


28. 39. Altri invece, considerando le parole : In principio Dio creò (Gn 1,1), ricuperano quale principio la Sapienza, poiché anche, essa, ci parla (Cf. Gv Jn 8,25) ; altri, pure considerando le medesime parole, vedono nel principio l’inizio della creazione e interpretano la frase : In principio creò come se vi si dicesse : "Dapprima creò". Tra quanti intendono l’espressione in principio, nel senso che creasti nella Sapienza il cielo e la terra (Gn 1,1), l’uno crede che cielo e terra siano soltanto nomi dati alla materia creabile del cielo e della terra ; altri che siano due entità già formate e distinte ; altri che il nome cielo designi un’entità formata e per di più spirituale, il nome terra una materia informe e corporea. Ma neppure quanti riconoscono nei nomi di cielo e terra la materia ancora informe, da cui dovevano formarsi il cielo e la terra, l’intendono poi allo stesso modo. C’è chi pensa che da quella materia si sarebbe sviluppata la creatura intelligente e la sensibile, e chi pensa che se ne sarebbe sviluppata soltanto la massa sensibile e corporea, la quale comprende nel suo grande seno tutti gli enti visibili e percettibili. Così non sono concordi neppure quanti vedono designate in questo passo come cielo e terra le creature già ordinate e distribuite al loro luogo, gli uni pensando al mondo invisibile e visibile, altri invece al solo mondo visibile, dove osserviamo il cielo luminoso e la terra caliginosa, con le cose in essi esistenti.

La priorità della materia

1229
29. 40. Ma chi interpreta : In principio creò, semplicemente come un modo per dire : "Dapprima creò", non ha altra possibilità d’intendere con rigore cielo e terra (
Gn 1,1), se non intendendo la materia del cielo e della terra, ossia dell’universo creato, intelligente e corporeo. Se infatti volesse vedervi un universo già provveduto di forma, si potrebbe a ragione chiedergli : "Se Dio fece dapprima un tale universo, cosa fece in seguito ?". Oltre l’universalità delle cose non troverà nulla ; quindi si sentirà dire, suo malgrado : "Come vi sarebbe un prima senza nulla dopo ?". Se invece dice che prima ci fu la materia informe, poi la formata, non dice un’assurdità, purché riesca a discernere quale ente è primo per l’eternità, quale per il tempo, quale per il valore, quale per l’origine. Per l’eternità, ad esempio, Dio precede le cose ; per il tempo il fiore precede il frutto ; per il valore il frutto precede il fiore ; per l’origine il suono precede il canto. Fra le quattro citate precedenze, la prima e l’ultima sono difficilissime da capire, la seconda e la terza facilissime. Rara e molto ardua, Signore, è la visione contemplativa della tua eternità, creatrice immutabile di esseri mutabili, da cui deriva la sua priorità. Quale acume d’intelligenza non si richiede poi per distinguere senza troppa fatica la priorità del suono rispetto al canto, essendo il canto un suono provvisto di forma, e potendo certamente esistere una cosa priva di forma, ma non ricevere forma una cosa inesistente ? Così la materia precede ciò che se ne crea, ma non precede perché creatrice, mentre piuttosto è creata, né precede per un intervallo di tempo. Non è vero infatti che noi emettiamo primamente alcuni suoni informi senza canto e posteriormente li colleghiamo o modelliamo in forma di canzone, come lavorando il legno per fabbricare una cassa, o l’argento per un vaso. Qui si hanno materie che precedono anche per il tempo la forma degli oggetti che se ne fanno ; nel canto invece è diverso. Quando si canta, si ode il suono del canto. Non esiste prima un suono informe, poi la sua formazione in un canto. Un suono qualsiasi, dopo essere risuonato, svanisce senza lasciare nulla che si possa riprendere per comporlo con arte. Perciò il canto si svolge nel suo suono, e il suo suono è la sua materia. Il suono, appunto, riceve una forma per essere canto, e quindi, come dicevo, la materia del suono precede la forma del canto : non per una capacità creativa, poiché il suono non è l’artefice del canto ma viene posto dal corpo a servizio dell’anima del cantore, che ne faccia un canto ; e neppure per una precedenza di tempo, poiché il suono viene emesso contemporaneamente al canto ; né per una precedenza di valore, poiché il suono non è meglio del canto, essendo il canto non solo un suono, ma per di più un bel suono ; bensì per una precedenza di origine, poiché non il canto riceve forma per essere suono, ma il suono riceve forma per essere canto. Da questo esempio comprenda chi può come la materia dell’universo fu creata dapprima, e chiamata cielo e terra, perché ne furono tratti il cielo e la terra. Non fu creata dapprima nel tempo, poiché sono le cose formate a esprimere il tempo, mentre la materia era informe e si presenta nel tempo ormai insieme al tempo. Tuttavia non se ne può predicare nulla, oltre ad attribuirle una certa priorità nel tempo, sebbene sia considerata l’infimo degli esseri, perché le cose dotate di una forma sono ovviamente più perfette delle informi ; e sia preceduta dall’eternità del creatore, se doveva derivare dal nulla la sostanza dalla quale doveva nascere qualcosa.

Conclusioni


Amore concorde della verità

1230
30. 41. In tale disparità di opinioni vere la verità sola dovrà portare la concordia. Il Dio nostro abbia pietà di noi, per volgerci all’uso legittimo della legge secondo il fine del precetto, la pura carità (Cf. 1 Tm
1Tm 1, 8, 5). Se perciò qualcuno mi domanda quale fu tra queste l’intenzione di Mosè, tuo grande servitore, non posso rispondere con le mie confessioni. Non te lo confesso, perché lo ignoro, pur sapendo che sono tutte opinioni vere, ad eccezione di quelle materialistiche, su cui ho parlato quanto ritenni necessario. Ma i fanciulli di buona speranza, che queste parole del tuo libro sublimi nella loro umiltà e copiose nella loro scarsezza non atterriscono ; ma quanti riconosco interpreti ed espositori veritieri di quelle parole, amiamoci l’un l’altro e amiamo allo stesso modo te, Dio nostro (Cf. Mt Mt 22, 37, 39; Mc 12,30 s.; Lc 10,27), fonte di verità, se di verità e non di vane fantasie siamo assetati. E onoriamo anche il tuo servitore, dispensatore di tale scrittura, traboccante del tuo spirito ; crediamo che nello scrivere queste parole per tua rivelazione mirò a quanto in esse brilla maggiormente per luce di verità e messe di vantaggi.

Molteplicità di significati

1231
31. 42. Così, quando uno dice : "La sua idea fu la mia", e un altro : "No, bensì la mia" ; io rispondo con spirito, credo, più religioso : "Perché non piuttosto ambedue, se ambedue sono vere ? E se altri scorgesse nelle stesse parole una terza, una quarta, e ogni altra verità, perché non dovremmo credere che quegli le vide tutte, se l’unico Dio se ne servì per adeguare gli scritti sacri a molte intelligenze, che vi dovevano vedere sensi diversi e veri ?". Io, lo dichiaro intrepidamente dal fondo del mio cuore, se giungessi al vertice dell’autorità e dovessi scrivere qualcosa, vorrei senza dubbio scrivere in modo che nelle mie parole echeggiassero tutte le verità che ognuno potesse cogliere in quella materia, anziché collocarvi con discreta chiarezza un solo pensiero a esclusione di tutti gli altri, che pure non mi urtassero con la loro falsità. Non voglio quindi essere così temerario, Dio mio, da credere che un tale uomo non abbia meritato da te questo privilegio. Egli vide certamente in queste parole e pensò, all’atto di scriverle, tutte le verità che potemmo trovarvi, ed anche le altre, che noi non potemmo, o non potemmo ancora, ma si può trovarvi.

Cognizione del vero

1232
32. 43. Infine, o Signore, che sei Dio, e non carne e sangue (
Mt 16,17 1Co 15,50), se l’uomo non vide tutto, al tuo Spirito buono, che mi condurrà nella terra giusta (Ps 142,10), invece poté mai rimanere occulta alcuna delle cose che in quelle parole tue per tuo conto ti proponevi di rivelare ai futuri lettori, quand’anche il loro banditore non abbia concepito che uno dei molti sensi veri ? In tal caso il senso concepito da lui sarebbe certamente il più elevato di tutti. A noi, Signore, rivela quello stesso o qualunque altro ti piaccia, purché vero. Ma, sia che nell’incontro delle medesime parole ce ne mostri il senso che già mostrasti a quel grande, sia che un altro ce ne mostri, nùtrici tu, non c’illuda l’errore. Ecco qui, Signore Dio mio, quante cose ho scritto per poche parole, quante cose davvero ! Di questo passo, come basteranno le mie forze, come il tempo per tutti i tuoi libri ? Permetti dunque che per loro mezzo io ti faccia la mia confessione piuttosto in breve, scegliendone un unico senso, ispiratomi da te come vero, sicuro e buono, sebbene molti si presentino dove molti potranno presentarsi. E la mia confessione sia tanto schietta, da esporla, se esporrò l’intenzione del tuo ministro, con la dovuta esattezza. A ciò devo tendere con tutte le mie forze ; e se non riuscirò a tanto, possa riuscire almeno a esporre ciò che la tua verità volle comunicarmi con le parole di lui, al quale pure comunicò ciò che volle.


Agostino: Le confessioni 1217