Agostino: Le confessioni 1232

Libro tredicesimo




SIGNIFICATO SPIRITUALE DELLA CREAZIONE

Introduzione


Invocazione a Dio buono

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1. 1. T’invoco, Dio mio, misericordia mia (
Ps 58,18), che mi hai creato e non hai dimenticato chi ti ha dimenticato. T’invoco nella mia anima, che prepari a riceverti col desiderio che le ispiri. Non trascurare ora la mia invocazione. Tu mi hai prevenuto (Cf. Sal Ps 58,11) prima che t’invocassi, insistendo con appelli crescenti e multiformi affinché ti ascoltassi da lontano e mi volgessi indietro chiamando te che mi richiamavi. Tu, Signore, cancellasti tutte le mie azioni cattive e colpevoli per non dover punire le mie mani (Cf. Sal Ps 17,21), con cui ti ho fuggito ; prevenisti invece tutte le mie azioni buone e meritevoli, per poter premiare le tue mani, con cui mi hai foggiato (Cf. Sal Ps 118,73). Tu esistevi prima che io esistessi, mentre io non esistevo così che potessi offrirmi il dono dell’esistenza. Eccomi invece esistere grazie alla tua bontà, che prevenne tutto ciò che mi hai dato di essere e da cui hai tratto il mio essere. Tu non avevi bisogno di me, né io sono un bene che ti possa giovare, Signore mio e Dio mio (Jn 20,28). Il mio servizio non ti risparmia fatiche nell’azione, la privazione del mio ossequio non menoma la tua potenza, il mio culto per te non equivale alla coltura per la terra, così che saresti incolto senza il mio culto. Io ti devo servizio e culto per avere da te la felicità, poiché da te dipende la mia felicità.

Generosità di Dio creatore

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2. 2. La tua creatura ebbe l’esistenza dalla pienezza della tua bontà, affinché un bene del tutto inutile per te e, sebbene uscito da te, non uguale a te (Cf. Fil
Ph 2,6), poiché da te poteva però esser creato, non mancasse di esistere. Quali meriti avevano nei tuoi confronti il cielo e la terra, da te creati in principio (Gn 1,1) ? E dicano le nature spirituali e corporee, da te create nella tua Sapienza (Ps 103,24), quali meriti avevano nei tuoi confronti, perché ne dipendessero anche tutti gli esseri imperfetti e informi. Nel loro elemento, spirituale o corporale, essi tendono ad allontanarsi da te verso il disordine e la degenerazione, l’essere spirituale informe essendo superiore ad uno corporeo formato, il corporeo informe superiore a sua volta al nulla assoluto. Così rimarrebbero sospesi nella tua parola, informi, se questa stessa parola non li avesse richiamati alla tua unità, dotati di forma e resi tutti quanti buoni assai (Si 39,21 Gn 1,31) grazie a te, Uno e Bene sommo. Ma quali meriti precedenti avevano nei tuoi confronti, per esistere anche informi, se nemmeno così sarebbero esistiti senza di te ?

2. 3. Quali meriti aveva nei tuoi confronti la materia corporea per esistere, sia pure invisibile e confusa (Gn 1,2) ? Non sarebbe esistita nemmeno così senza la tua creazione, né poteva prima meritare da te l’esistenza, poiché inesistente. Quali meriti aveva nei tuoi confronti l’embrione della creatura spirituale per fluttuare, sia pure, tenebrosa e simile all’abisso (Cf. Gn Gn 1,2), dissimile da te, finché ad opera della parola medesima non fosse rivolta verso il medesimo suo creatore, e ad opera della sua illuminazione non fosse fatta luce (Cf. Gn Gn 1,3), conforme, se non uguale, a una forma uguale a te (Cf. Fil Ph 2,6) ? Per un corpo l’esistenza non implica la bellezza, altrimenti non esisterebbero corpi deformi ; così anche per uno spirito creato la vita non implica la vita sapiente, altrimenti tutti gli spiriti sarebbero immutabilmente sapienti. È però un bene per lo spirito essere unito sempre a te (Ps 72,28), al fine di non perdere, distogliendosi da te, il lume che ottenne volgendosi a te, e così ricadere in una vita simile ad abisso di tenebre. Noi pure, creature spirituali quanto all’anima, distolti da te, nostro lume, in quella vita fummo un tempo tenebre (Ep 5,8) ; e per quanto ci resta della nostra oscurità soffriamo, fino al giorno in cui saremo tua giustizia nel tuo unigenito come monti di Dio. Infatti fummo tua condanna come abisso profondo (Ps 35,7).

Le allegorie spirituali


La creazione della luce simbolo dell’illuminazione dei puri spiriti (@GN 1 GN 3@)

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3. 4. A proposito delle parole da te pronunciate all’inizio della creazione : " Sia fatta la luce", e la luce fu fatta (
Gn 1,3), io vedo qui, senza incongruenze, la creatura spirituale, perché era già in qualche modo una vita che tu potessi illuminare. Ma come non aveva meriti nei tuoi confronti per essere una vita tale che si potesse illuminare, così neppure dopo che lo fu ebbe meriti per essere illuminata. Il suo stato d’informità non ti sarebbe piaciuto, se non fosse divenuta luce, non già mediante l’esistenza, ma la visione della luce illuminante e l’unione intima con essa. Perciò deve soltanto alla tua grazia la vita e la felicità della vita, da quando fu rivolta, con mutamento in meglio, verso ciò che non può mutarsi né in meglio né in peggio ; ossia verso di te, e non altri, perché tu, e non altri, sei l’Essere semplice, per il quale la vita è felicità, essendo tu stesso la tua felicità.

Lo spirito portato sulle acque simbolo della generosità del creatore (@GN 1 GN 2@)

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4. 5. Cosa mancherebbe dunque al tuo benessere, che tu sei per te stesso, quand’anche tutte le creature non esistessero affatto o rimanessero informi ? Tu non le hai create per bisogno, ma per pienezza di bontà, e per questa le hai costrette e piegate a una forma, non per completarne la tua gioia. Alla tua perfezione spiace certamente la loro imperfezione, per cui si perfezionano di te affinché ti piacciano, e non già perché tu sia imperfetto, quasi bisognoso tu pure della loro perfezione per la tua perfezione. Il tuo spirito era portato sopra le acque (
Ps 142,10 Gn 1,2), non dalle acque, quasi riposando in esse : quando si dice che il tuo spirito riposa in qualcuno (Cf. Nm Nb 11,25 Is 11,2), questi in sé fa riposare. Era la tua volontà incorruttibile, immutabile e sufficiente a se stessa, che si portava sulla vita creata da te, vita ove il vivere non equivale a vivere felici, poiché vive anche fluttuando nella sua oscurità ; che ha bisogno di volgersi al suo creatore, di vivere sempre più vicino alla fonte della vita e di vedere nella sua luce la luce (Ps 35,10), per essere perfetta, illuminata e felice.

La Trinità nella creazione (@GN 1 GN 1 GN @)

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5. 6. Ed ecco apparirmi in un enigma (
1Co 13,12) la Trinità, ossia tu, Dio mio. Tu, il Padre, creasti il cielo e la terra nel principio (Gn 1,1) della nostra sapienza, che è la tua Sapienza, nata da te, uguale e coeterna con te ; cioè nel tuo Figlio. Ho parlato lungamente del cielo del cielo, della terra invisibile e confusa, dell’abisso tenebroso, vagabondaggio delirante per l’informe creatura spirituale, quando non si fosse rivolta all’Autore di ogni forma di vita, che con la sua illuminazione la rendesse vita splendida e cielo di quel cielo (Ps 113,16), che venne creato più tardi fra acqua e acqua (Cf. Gn Gn 1,6). Ormai coglievo nel nome di Dio il Padre che creò, nel nome di principio il Figlio in cui creò ; e credendo, come credevo, nella trinità del mio Dio, la cercavo nelle sue sante parole. Ed ecco, il tuo spirito era portato sopra le acque (Gn 1,2). Ecco la Trinità Dio mio, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutto il creato.

La ritardata menzione dello Spirito Santo

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6. 7. Ma perché, o lume di verità, cui avvicino il mio cuore nel timore che i suoi insegnamenti siano fallaci ; dissipane le tenebre e dimmi, ti supplico per la madre carità, ti supplico, dimmi : perché soltanto dopo la menzione del cielo e della terra invisibile e confusa, e delle tenebre sovrastanti l’abisso, soltanto allora la tua Scrittura ha menzionato il tuo spirito ? Forse perché conveniva introdurlo così, dicendolo portato sulle acque ? Non si poteva dirne questo senza menzionare prima la cosa su cui si potesse immaginare trasportato il tuo spirito, che non era portato sopra il Padre né sopra il Figlio, né l’espressione sarebbe corretta, se fosse portato sopra nulla. Quindi bisognava prima citare la cosa su cui era portato, poi lui, che non conveniva menzionare senza dire che era portato su qualcosa. Ma perché non conveniva introdurlo senza dire che era portato su qualcosa ?

Il conforto dello Spirito

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7. 8. D’ora innanzi chi può segua con intelletto il tuo Apostolo. Egli dice che il tuo amore è stato diffuso nei nostri cuori ad opera dello Spirito Santo che ci fu dato (
Rm 5,5), che c’insegna le cose spirituali (1Co 12,1), ci mostra (Cf. 1Co 13,1-13) la via sovrana (1Co 12,31) dell’amore e piega per noi il ginocchio innanzi a te (Cf. Ef Ep 3,14), affinché conosciamo la scienza sovrana dell’amore di Cristo (Ep 3,19). Ecco dunque perché lo Spirito, sovrano fin dall’inizio, era portato sulle acque (Gn 1,2). A chi parlare, come parlare del peso della passione, che ci trascina nell’abisso scosceso, e dell’elevazione della carità, che opera il tuo spirito, il quale era portato sopra le acque ? A chi parlarne ? come parlarne ? Non si tratta di luoghi, dove siamo immersi ed emergiamo ; nessuna espressione sarebbe più propria e impropria. Si tratta invece dei sentimenti, si tratta degli affetti, dell’impurità del nostro spirito, che sprofonda con l’amore degli affanni ; e della santità del tuo spirito, che ci solleva con l’amore della sicurezza per farci tenere in alto (Cf. Col Col 3,1 s) il cuore verso di te, ove il tuo spirito è portato sopra le acque. E giungeremo al riposo sovrano, quando la nostra anima avrà varcato le acque, che non hanno sostanza (Ps 123,5).

Caduta ed elevazione degli spiriti

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8. 9. Sprofondò l’angelo, sprofondò l’anima dell’uomo. Così rivelarono le profonde tenebre dell’abisso, ove giacerebbe tutta la creazione spirituale, se non avessi detto fin dall’inizio : "Sia fatta la luce", e la luce non fosse stata fatta (
Gn 1,3) : se ogni spirito intelligente della tua città celeste non si fosse unito a te con l’ubbidienza e non avesse posato nel tuo spirito, che è portato immutabilmente sopra tutto ciò che è mutabile. Diversamente, lo stesso cielo del cielo (Ps 113,16) sarebbe un abisso tenebroso in se stesso, mentre ora è luce nel Signore (Ep 5,8). Anche nella miserabile inquietudine degli spiriti che sprofondano e, denudati della veste della tua luce, mostrano le proprie tenebre, tu indichi abbastanza chiaramente la grandezza cui hai chiamato la creatura razionale ; poiché nulla meno di te stesso, e quindi neppure se stessa le basta per la sua felicità e il suo riposo. Tu infatti, Dio nostro, illuminerai le nostre tenebre (Ps 17,29). Da te proviene la nostra veste, e le nostre tenebre saranno quale il mezzodì (Is 58,10). Dammi te stesso, Dio mio, restituiscimi te stesso. Io ti amo. Se così è poco, fammi amare più forte. Non posso misurare, per sapere quanto manca al mio amore perché basti a spingere la mia vita fra le tue braccia e di là non toglierla finché ripari al riparo del tuo volto (Ps 30,21). So questo soltanto : che tranne te, per me tutto è male, non solo fuori di me, ma anche in me stesso ; e che ogni mia ricchezza, se non è il mio Dio, è povertà.

La spinta dell’amore

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9. 10. Ma il Padre o il Figlio non erano portati sulle acque ? Se si pensa a un corpo nello spazio, neppure lo Spirito Santo lo era ; se invece alla sovranità immutabile della divinità su ogni cosa mutabile, sia il Padre, sia il Figlio, sia lo Spirito Santo era portato sopra le acque (
Gn 1,2). Perché dunque fu detto soltanto del tuo spirito ? Perché fu detto soltanto di lui, come di un luogo ov’era, mentre non è un luogo ? Di lui solo fu detto che è dono tuo (Cf. At Ac 2,38), il dono ove riposiamo, ove ti godiamo. Il nostro riposo è il nostro luogo. Là ci solleva l’amore, e il tuo spirito buono (Ps 142,10) eleva la nostra bassezza, strappandola alle porte della morte (Ps 9,14 s). Nella buona volontà è la nostra pace (Cf. Lc Lc 2,14). Ogni corpo a motivo del suo peso tende al luogo che gli è proprio. Un peso non trascina soltanto al basso, ma al luogo che gli è proprio. Il fuoco tende verso l’alto, la pietra verso il basso, spinti entrambi dal loro peso a cercare il loro luogo. L’olio versato dentro l’acqua s’innalza sopra l’acqua, l’acqua versata sopra l’olio s’immerge sotto l’olio, spinti entrambi dal loro peso a cercare il loro luogo. Fuori dell’ordine regna l’inquietudine, nell’ordine la quiete. Il mio peso è il mio amore ; esso mi porta dovunque mi porto. Il tuo Dono ci accende e ci porta verso l’alto. Noi ardiamo e ci muoviamo. Saliamo la salita del cuore (Ps 83,6) cantando il cantico dei gradini (Cf. Sal Ps 119,1 al). Del tuo fuoco, del tuo buon fuoco ardiamo e ci muoviamo, salendo verso la pace di Gerusalemme. Quale gioia per me udire queste parole : "Andremo alla casa del Signore" (Ps 121, 6, 1) ! Là collocati dalla buona volontà, nulla desidereremo, se non di rimanervi in eterno (Ps 60,8).

Beatitudine degli angeli

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10. 11. Beata la creatura che non conobbe stato diverso. Ma pure il suo stato sarebbe diverso, se, appena creata, il tuo Dono, che è portato sopra tutto ciò che è mutevole, non l’avesse immediatamente elevata con quel tuo appello : "Sia fatta la luce", e non fosse stata fatta la luce (
Gn 1,3). Per noi il tempo in cui fummo tenebre è distinto da quello in cui diveniamo luce (Ep 5,8) ; per essa invece fu detto soltanto quale sarebbe stata, se non fosse stata illuminata. La presentazione che ne fa la Scrittura, come dapprima ondeggiante e tenebrosa (Cf. Gn Gn 1,2), dà risalto alla causa che ne produsse il mutamento, per il quale, rivolta al lume inestinguibile (Cf. Sir Si 24,6), fu luce. Chi lo può, capisca, a te chieda. Perché molesta me (Ga 6,17), quasi io illumini qualche uomo che viene in questo mondo (Jn 1,9) ?

Immagine umana della Trinità

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11. 12. Ma la Trinità onnipotente, chi la comprenderà ? Eppure chi non parla di lei, se almeno parla di lei ? Raramente l’anima che parla di lei sa di cosa parla. Si discute, ci si batte, ma nessuno, se non ha pace, vede questa visione. Vorrei invitare gli uomini a riflettere su tre cose presenti in se stessi, ben diverse dalla Trinità, ma che indico loro come esercizio, come prova e constatazione che possono fare, di quanto ne siano lontani. Alludo all’esistenza, alla conoscenza e alla volontà umana. Io esisto, so e voglio ; esisto sapendo e volendo, so di esistere e volere, voglio esistere e sapere. Come sia inscindibile la vita in queste tre facoltà e siano un’unica vita, un’unica intelligenza e un’unica essenza, come infine non si possa stabilire questa distinzione, che pure esiste, lo veda chi può. Ciascuno è davanti a se stesso ; guardi in se stesso, veda (Cf. Lam
Lm 1,12) e mi risponda. Ma quand’anche avrà scoperto su ciò qualcosa e saprà esprimerlo, non s’illuda di aver scoperto finalmente l’Essere che sovrasta immutabile il mondo, immutabilmente esiste, immutabilmente sa e immutabilmente vuole. L’esistenza anche in Dio di queste tre facoltà costituisce la sua trinità, o questa triplice facoltà si trova in ognuna delle tre persone, così da essere tre in ognuna ? o entrambi i casi si verificano in modi mirabili entro una semplicità molteplice, essendo la Trinità in sé per sé fine infinito, così da essere una cosa sola, e come tale conoscersi e bastarsi immutabilmente nella grande abbondanza della sua unità ? Chi potrebbe avere facilmente questo concetto ? chi esprimerlo in qualche modo ? e pronunciarsi, in qualsiasi modo temerariamente ?

L’umanità morta e risorta, nei primi tre versetti della Genesi

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12. 13. Procedi nella tua confessione, o mia fede. Di’ al Signore Dio tuo : "Santo, santo, santo Signore Dio mio" (Cf. Is
Is 6,3 Ap 4,8). Nel tuo nome siamo stati battezzati (1Co 1,15), Padre e Figlio e Spirito Santo ; nel tuo nome battezziamo, Padre e Figlio e Spirito Santo (Cf. Mt Mt 28,19). Anche presso di noi nel suo Cristo Dio creò il cielo e la terra (Gn 1,1), ossia i membri spirituali e carnali della sua Chiesa ; anche la nostra terra prima di ricevere la forma della dottrina era invisibile e confusa (Gn 1,2), e noi eravamo immersi nelle tenebre dell’ignoranza, perché hai ammaestrato l’uomo per la sua cattiveria (Ps 38,12) e i tuoi giudizi sono un abisso profondo (Ps 35,7). Ma poiché il tuo spirito era portato sopra l’acqua (Gn 1,2), la tua misericordia non abbandonò la nostra miseria. Dicesti : "Sia fatta la luce (Gn 1,3) : fate penitenza, poiché il regno dei cieli è vicino. Fate penitenza (Mt 3,2 Mt 4,17) : sia fatta la luce". Nell’intimo turbamento della nostra anima ci siamo ricordati di te, Signore, dalle rive del Giordano e dal monte uguale a te, però rimpicciolito per noi (Ps 41,7). Provammo disgusto delle nostre tenebre e ci volgemmo verso di te (Cf. Sal Ps 50,15) : e fu fatta la luce (Gn 1,3). Ed eccoci un tempo tenebre, ora invece luce nel Signore (Ep 5,8).

L’attesa della Chiesa militante

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13. 14. Tuttavia finora siamo luce per la fede, non ancora per la visione (2 Cor
2Co 5,7). Nella speranza fummo salvati, e una speranza che si vede, non è speranza (Rm 8,24). L’abisso chiama ancora l’abisso, ma ormai con la voce delle tue cateratte (Ps 41,8). Chi dice ancora : "Non potei parlarvi come a esseri spirituali, ma carnali" (1Co 3,1), pensa di non aver ancora capito nemmeno lui. Dimentico delle cose che stanno dietro le spalle, si protende verso quelle che stanno innanzi (Ph 3,13) e geme sotto il peso del suo fardello (Cf. 2Co 5,4). La sua anima ha sete del Dio vivo come i cervi delle fonti d’acqua. Perciò dice : "Quando giungerò ?" (Ps 41,2 s). Desideroso di essere rivestito della sua abitazione celeste (2Co 5,2), così apostrofa l’abisso inferiore : "Non uniformatevi a questo secolo, riformatevi invece, rinnovando il vostro cuore" (Rm 12,2) ; e così : "Non dovete divenire fanciulli di mente, ma siate piccoli nella malizia per essere perfetti di mente" (1Co 14,20) ; e così : "O galati insensati, chi vi ha incantato ?" (Ga 3,1). Ma non è più la sua voce ; è la tua, sei tu, che hai mandato il tuo spirito dal cielo (Sg 9,17) per mezzo di Colui, che ascendendo in alto (Ps 67,19) aprì le cateratte dei suoi doni (Ml 3,10), affinché la piena del fiume rallegrasse la tua città (Ps 45,5). Per lei sospira l’amico dello sposo (Jn 3,29), avendo già con sé le primizie dello spirito, ma ancora gemebondo fra sé nell’attesa dell’adozione, la redenzione del suo corpo (Rm 8,23). Per lei sospira, poiché è membro della sposa ; per lei si affanna (Cf. 2Co 11,2 Ep 5,29 s), poiché è amico dello sposo ; per lei si affanna, non per sé, poiché con la voce delle tue cateratte, non con la voce sua, invoca l’altro abisso, oggetto del suo affanno e del suo timore. Teme che come il serpente ingannò Eva con la sua astuzia, così anche i loro pensieri non si corrompano allontanandosi dalla castità, che è nel nostro Sposo (2 Cor 2Co 11,3), il tuo unigenito. Ma quale non sarà lo splendore della sua luce, allorché lo vedremo com’è (1 Gv 1Jn 3,2), e saranno passate le lacrime, che sono divenute il pane dei miei giorni e delle mie notti, mentre mi si chiede quotidianamente : "Ov’è il tuo Dio ?" (Ps 41,4).

Fede e speranza

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14. 15. Anch’io dico : "Dio mio, dove sei ?". Ecco dove sei ! Respiro in te un poco (
Jb 32,20), quando effondo su me la mia anima in un grido di esultanza e di lode, concento di una celebrazione festosa (Ps 41,5). Eppure l’anima è ancora triste, poiché ricade e torna abisso, o piuttosto sente di essere ancora abisso. La mia fede, da te accesa nella notte innanzi ai miei passi, le dice : "Perché sei triste, o anima, e perché mi turbi ? Spera nel Signore (Ps 41, 6, 12; 42, 5). La sua Parola è lucerna che rischiara i tuoi passi (Ps 118,105). Spera e persevera finché sia passata la notte, madre degli empi ; finché sia passata la collera del Signore, collera di cui fummo figli anche noi (Ep 2,3), un tempo tenebre (Ep 5,8). I residui di quelle tenebre ci trasciniamo dietro nel nostro corpo morto per colpa del peccato (Rm 8,10), finché aliti il giorno e siano dissipate le ombre (Ct 2,17). Spera nel Signore". Fin dal mattino sarò in piedi a contemplare (Ps 5,5), sempre lo confesserò (Ps 41, 6, 12; 42, 5). Fin dal mattino sarò in piedi a vedere (Ps 5,5) la salvezza del mio volto, il mio Dio (Ps 41,6 s., 12; 42, 5), che vivificherà anche i nostri corpi mortali grazie allo spirito che abita in noi (Rm 8,11), misericordiosamente portato sopra il fiotto tenebroso della nostra intimità. Da lui abbiamo ricevuto in questo pellegrinaggio il pegno (2 Cor 2Co 1,22) di essere presto luce (Ep 5,8). Ormai siamo salvati nella speranza (Rm 8,24) e figli della luce e figli di Dio, non figli della notte e delle tenebre (1 Ts 1Th 5,5) come un tempo (Cf. Ef Ep 5,8). Fra questi e noi tu solo, nella perdurante incertezza della scienza umana, operi la separazione (Cf. Gn Gn 1,4) : poiché vagli i nostri cuori (1 Ts 1Th 2,4) e chiami la luce giorno e le tenebre notte (Gn 1,5). Chi ci discerne, se non tu ? (1Co 4,7). Ma cosa abbiamo, che non abbiamo ricevuto da te ? Vasi d’onore, fummo tratti dalla medesima massa, da cui furono tratti anche altri, vasi di spregio (Rm 9,21).

Il firmamento simbolo della Scrittura (@GN 1 GN 7@)

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15. 16. Chi, se non tu, Dio nostro, creò per noi un firmamento di autorità sopra di noi (Cf. Gn
Gn 1,7), nella tua Scrittura divina ? Il cielo sarà ripiegato come un libro (Is 34,4), e ora si stende su noi come pelle di tenda (Cf. Sal Ps 103,2) : l’autorità della tua divina Scrittura è più sublime da che i mortali per cui ce l’hai comunicata incontrarono la morte della carne. Tu sai, Signore, tu sai (Tb 3,16 Tb 8,9 Jn 21,15 s) come rivestisti di pelli gli uomini, allorché per colpa del peccato divennero mortali (Cf. Gn Gn 3,21). Perciò hai disteso come una pelle il firmamento del tuo libro, le tue parole sempre coerenti, che hai posto sopra di noi con l’ausilio d’uomini mortali. Anche grazie alla loro morte il bastione d’autorità delle tue parole per loro mezzo annunciate si stende eccelso sopra ogni cosa, che sta più in basso di loro, mentre non si stendeva così eccelso durante la loro vita quaggiù. Non avevi ancora disteso il cielo come una pelle (Ps 103,2) : non avevi ancora diffuso in ogni luogo la risonanza della loro morte.

15. 17. Fa’ che vediamo, Signore, i cieli, opera delle tue dita (Ps 8,4). Schiudi ai nostri occhi il sereno oltre la foschia in cui li avvolgesti. Là si trova la tua testimonianza, che comunica la sapienza ai piccoli (Ps 18,8). Completa, Dio mio, la tua gloria con la bocca degli infanti che ancora succhiano il latte (Ps 8,3). Davvero non conosciamo altri libri, che stronchino tanto bene la superbia (Cf. Ez Ez 30,6), tanto bene stronchino il nemico, il difensore (Ps 8,3 Si 30,6) restio a riconciliarsi con te mentre difende i propri peccati. Non conosco, Signore, non conosco altre espressioni così pure (Ps 11,7) e capaci d’indurmi alla confessione, di ammansire la mia cervice al tuo giogo (Cf. Mt Mt 11,29 s), di sollecitare a prestarti un culto disinteressato. Fa’ che le capisca (Cf. Sal Ps 118, 34, 73, 144), Padre buono ; concedimi questa grazia, perché mi sono sottomesso a te e tu hai stabilito saldamente quelle parole per le anime sottomesse.

Le acque sopra il firmamento simbolo degli angeli (@GN 1 GN 7@)


15. 18. Esistono, io credo, altre acque sopra questo firmamento (Cf. Gn Gn 1,7), acque immortali e separate dalla corruzione della terra. Lodino il tuo nome : ti lodino le schiere sopracelesti dei tuoi angeli (Ps 148,2-5), che non hanno bisogno di alzare lo sguardo a questo nostro firmamento, e di leggerla, per conoscere la tua parola. Essi vedono in continuazione il tuo volto (Mt 18,10) e vi leggono senza sillabe distribuite nel tempo il volere della tua eterna volontà. Leggono, eleggono e prediligono ; leggono perennemente, e ciò che leggono non passa mai, perché leggono, eleggendo e prediligendo, l’immutabilità stessa del tuo volere, codice che mai si chiude, libro che mai si ripiega (Cf. Lc Lc 4,20) ; tu stesso infatti sei il loro libro, e lo sei in eterno (Ps 47,15) ; tu li hai stabiliti sopra questo firmamento stabilito sopra l’instabilità delle genti instabili della terra, affinché queste alzando lo sguardo conoscano la tua misericordia, che ti annuncia nel tempo, creatore del tempo. Nel cielo, Signore, è la tua misericordia, e la tua verità fino alle nubi (Ps 35,6). Passano le nubi (Ps 17,13), il cielo invece rimane : passano i predicatori della tua parola da questa vita all’altra vita, la tua Scrittura invece è stesa sopra le genti fino alla fine dei secoli. Anzi, il cielo e la terra passeranno, ma le tue parole non passeranno (Mt 24,35). Questa pelle sarà ripiegata, l’erba su cui si stenderà passerà col suo splendore ; la tua parola invece permane eternamente (Is 40,6-8). Essa ora non ci appare, nell’enigma delle nubi e attraverso lo specchio (1Co 13,12) del cielo, qual è ; noi stessi, benché diletti del tuo Figlio, non appare ancora cosa saremo (1 Gv 1Jn 3,2) ; egli ci guardò attraverso la rete (Cf. Ct Ct 2,9) della carne, c’infiammò d’amore con le sue carezze, e noi corriamo dietro il suo profumo (Cf. Ct Ct 1,3). Ma quando apparirà, saremo simili a lui, perché lo vedremo com’è (1 Gv 1Jn 3,2). Vederlo qual è, Signore, è il nostro retaggio, che non è ancora in nostro possesso.

Anelito alla conoscenza di Dio

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16. 19. Come tu solo pienamente sei, così tu solo conosci, tu, che sei immutabilmente e conosci immutabilmente e vuoi immutabilmente. Il tuo essere conosce e vuole immutabilmente, la tua conoscenza è e vuole immutabilmente, la tua volontà è e conosce immutabilmente. Ora ai tuoi occhi non sembra giusto che come il lume immutabile si conosce, così sia conosciuto dalla creatura illuminata, mutabile. Perciò la mia anima è quale terra senz’acqua davanti a te (
Ps 142,6), perché, come non può illuminarsi da sé sola, così non può saziarsi da sé sola. Presso di te la fonte della vita, come alla tua luce vedremo la luce (Ps 35,10).

La riunione delle acque simbolo del mondo pagano (@GN 1 GN 9@)

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17. 20. Chi riunì le acque amare in una massa sola ? Tutte infatti hanno il medesimo fine : una felicità temporale, terrena, per cui fanno ogni cosa, pur fluttuando nell’infinita varietà delle loro cure. Chi le riunì, se non tu, Signore, che dicesti all’acqua di riunirsi in una sola unione, e alla terra asciutta, assetata di te, d’apparire (
Gn 1,9) ? Tuo è anche il mare e tu l’hai creato ; la terra asciutta le tue mani l’hanno formata (Ps 94,5). Non è l’amarezza delle volontà umane, ma l’unione delle acque, che ha nome mare. Tu reprimi anche i desideri malvagi delle anime, stabilisci i limiti cui è permesso di giungere, in modo che i loro flutti s’infrangano sopra se stessi (Cf. Gb Jb 38,10 s). Così crei il mare, secondo l’ordinamento del tuo dominio su tutto.

La terra arida e i suoi frutti simbolo dei fedeli e delle loro opere (@GN 1 GN 9-12@)


17. 21. Invece le anime assetate di te (Cf. Sal Ps 62,2), che appaiono alla tua vista, le distingui con un fine diverso dalla massa del mare, le irrori con riposta e dolce fontana, affinché pure la terra dia il suo frutto : dà il suo frutto la nostra anima e germina per tuo ordine, Signore Dio suo, secondo la sua specie (Gn 1,11 s), le opere di misericordia, amando il prossimo (Cf. Mt Mt 22,39 Mc 12,31) e soccorrendolo nei bisogni materiali. Ha in sé il seme per la somiglianza (Gn 1,12) : la nostra debolezza ci muove a compassione e soccorso dei bisognosi, e li aiutiamo come vorremmo essere aiutati se ci trovassimo in uguale bisogno. I suoi non sono soltanto benefìci esili, com’è l’erba di seme, ma si estendono alla protezione, all’aiuto vigoroso e solido, com’è l’albero da frutto ; ossia sottrae chi è angariato alle mani del prepotente, fornendogli un’ombra protettiva col valido sostegno di un giusto giudizio.

Il sole, la luna e le stelle simboli delle attività spirituali (@GN 1 GN 14-18@)

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18. 22. Così, Signore, così, ti prego, nasca come fai nascere, come dài la gioia e la forza, nasca dalla terra la verità, e la giustizia guardi dal cielo (
Ps 84,12), e siano fatti nel firmamento i lumi (Gn 1,14) : spezziamo all’affamato il nostro pane, introduciamo nella nostra casa il povero senza tetto, vestiamo il nudo e non disdegniamo chi ci è parente, della nostra schiatta. Alla nascita di questi frutti sulla terra, vedi che è bene, e sfolgori mattiniera la nostra luce (Is 58,7 s), e da questa bassa messe dell’azione raggiungendo nelle delizie della contemplazione l’alto Verbo della vita, potessimo apparire come lumi nel mondo (Ph 2,15), fissi al firmamento della tua Scrittura ! Lì tu ci insegni a distinguere le cose intelligibili dalle sensibili, come il giorno dalla notte, o le anime dedite alle cose intelligibili da quelle dedite alle sensibili. Dunque non sei più solo, come prima della creazione del firmamento, a distinguere nel segreto del tuo discernimento la luce dalle tenebre (Cf. Gn Gn 1,4). Anche le tue creature spirituali, poste con diversi gradi proprio in quel firmamento, dopo l’apparizione della tua grazia nell’universo brillino sulla terra e distinguano il giorno dalla notte e segnino il tempo (Gn 1,14 s). Infatti i vecchi tempi sono passati, ecco se ne sono costituiti di nuovi (2 Cor 2Co 5,17) ; la nostra salvezza è più vicina di quando cominciammo a credere, la notte è andata oltre, il giorno invece si è avvicinato (Rm 13,11 s) : coroni l’anno con la tua benedizione (Ps 64,12), mandando operai alla tua messe (Mt 9,38) che altri faticarono (Jn 4,38) a seminare, e ancora ad altre seminagioni, la cui messe si avrà alla fine. Così esaudisci i voti del bramoso e benedici le annate del giusto. Tu invece sei sempre il medesimo e nei tuoi anni, che non finiscono (Ps 101,28), allestisci il granaio per gli anni che passano. Secondo un disegno eterno certamente tu dispensi alla terra i beni del cielo a tempo debito.

18. 23. Ad alcuni è data per mezzo dello Spirito la parola della sapienza : lume maggiore, destinato a coloro che godono della luce di una verità sfolgorante come a guida del giorno ; ad altri la parola della scienza ad opera dello stesso Spirito : lume minore ; ad altri la fede, ad altri il potere di guarire, ad altri l’esecuzione di miracoli, ad altri la profezia, ad altri il discernimento degli spiriti, ad altri la varietà delle lingue : e tutti questi ultimi sono come le stelle. Infatti sono tutte operazioni di un unico e medesimo Spirito, il quale le assegna ad ognuno in modo appropriato, secondo il suo volere e facendo apparire questi astri a manifesto vantaggio di tutti (1Co 12,7-11 Gn 1,16). Però la parola della scienza, che comprende tutti i misteri (Cf. 1Co 13,2) mutevoli nel tempo come la luna, e la conoscenza degli altri doni che ho via via elencato assomigliandoli alle stelle, quanto differiscono dal candido fulgore della sapienza, gaudio del giorno che si annuncia, tanto stanno a guida della nostra notte. Sono infatti necessarie a coloro, cui il tuo prudentissimo servo non poté parlare come a esseri spirituali, ma carnali (1Co 3,1), lui, che predica la sapienza tra i perfetti (1Co 2,6). Quanto all’uomo animale (1Co 2,14), è come un pargolo in Cristo e beve latte (Cf. 1Co 3,1 s) finché abbia la forza per ricevere un cibo solido (Cf. He 5,12-14), e la pupilla ferma per sostenere la vista del sole. Non si creda quindi in una notte desolata, ma si soddisfi della luce della luna e delle stelle. Questo ci insegni con sapienza grandissima, Dio nostro, nel tuo libro, il tuo firmamento, per farci distinguere ogni cosa in una visione mirabile, sebbene ancora espressa in segni e in tempi e in giorni e in anni (Cf. Gn Gn 1,14).


Agostino: Le confessioni 1232