Catechesi 79-2005 30102

Mercoledì 30 gennaio 2002: Salmo 18 A : Inno al Dio creatore - Lodi Lunedì 2a Settimana

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(Lettura:
Ps 18,2-7)

1. Il sole, con il suo progressivo sfolgorare nel cielo, con lo splendore della sua luce, con il calore benefico dei suoi raggi ha conquistato l’umanità fin dalle sue origini. In molti modi gli esseri umani hanno manifestato la loro gratitudine per questa fonte di vita e di benessere con un entusiasmo che non di rado s’eleva fino alle vette dell’autentica poesia. Lo stupendo Salmo 18, di cui è stata proclamata la prima parte, non è solo una preghiera innica di straordinaria intensità; esso è anche un canto poetico innalzato al sole e al suo irradiarsi sulla faccia della terra. In questo il Salmista si affianca alla lunga serie dei cantori dell’antico Vicino Oriente, esaltanti l’astro del giorno che brilla nei cieli e che nelle loro regioni incombe a lungo con il suo calore ardente. Si pensi al celebre inno ad Aton, composto dal faraone Akhnaton nel XIV sec. a.C. e dedicato al disco solare considerato come una divinità.

Ma per l’uomo della Bibbia c’è una differenza radicale rispetto a questi inni solari: il sole non è un dio, ma una creatura al servizio dell’unico Dio e creatore. Basti riandare con la memoria alle parole della Genesi: "Dio disse: Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni… Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte… E Dio vide che era cosa buona" (Gn 1,14 Gn 1,16 Gn 1,18).

2. Prima di percorrere i versetti del Salmo scelti dalla Liturgia, gettiamo uno sguardo al suo insieme. Il Salmo 18 è simile a un dittico. Nella prima parte (Ps 18,2-7) - quella che ora è diventata la nostra preghiera - troviamo un inno al Creatore, la cui misteriosa grandezza si manifesta nel sole e nella luna. Nella seconda parte del Salmo (Ps 18,8-15) incontriamo invece un inno sapienziale alla Torah, cioè alla Legge di Dio.

Ambedue le parti sono attraversate da un filo conduttore comune: Dio rischiara l’universo col fulgore del sole e illumina l’umanità con lo splendore della sua Parola contenuta nella Rivelazione biblica. Si tratta quasi di un doppio sole: il primo è una epifania cosmica del Creatore, il secondo è una manifestazione storica e gratuita di Dio Salvatore. Non per nulla la Torah, la Parola divina, è descritta con tratti "solari": "I comandi del Signore sono radiosi, danno luce agli occhi" (Ps 18,9).

3. Ma rivolgiamoci per ora alla prima parte del Salmo. Essa si apre con una mirabile personificazione dei cieli, che all’Autore sacro appaiono testimoni eloquenti dell’opera creatrice di Dio (Ps 18,2-5). Essi, infatti, "narrano", "annunziano" le meraviglie dell’opera divina (cfr Ps 18,2). Anche il giorno e la notte sono raffigurati come messaggeri che trasmettono la grande notizia della creazione. Si tratta di una testimonianza silenziosa, che tuttavia si fa sentire con forza, come una voce che percorre tutto il cosmo.

Con lo sguardo interiore dell’anima, con l’intuizione religiosa non distratta dalla superficialità, l’uomo e la donna possono scoprire che il mondo non è muto ma parla del Creatore. Come dice l’antico sapiente, "dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore" (Sg 13,5). Anche san Paolo ricorda ai Romani che "dalla creazione del mondo in poi, le sue (di Dio) perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da Lui compiute" (Rm 1,20).

4. L’inno, poi, cede il passo al sole. Il globo luminoso è dipinto dal poeta ispirato come un eroe guerriero che esce dalla stanza nuziale ove ha trascorso la notte, esce cioè dal grembo delle tenebre ed inizia la sua corsa instancabile nel cielo (Ps 42,6-7). È simile a un atleta che non conosce sosta o stanchezza, mentre tutto il nostro pianeta è avvolto dal suo calore irresistibile.

Il sole è, quindi, paragonato a uno sposo, a un eroe, a un campione che, per ordine divino, ogni giorno deve compiere un lavoro, una conquista e una corsa negli spazi siderali. Ed ecco, il Salmista addita ora il sole fiammeggiante in pieno cielo, mentre tutta la terra è avvolta dal suo calore, l’aria è immobile, nessun angolo dell’orizzonte può sfuggire alla sua luce.

5. L’immagine solare del Salmo è ripresa dalla liturgia pasquale cristiana per descrivere l’esodo trionfante di Cristo dal buio del sepolcro e il suo ingresso nella pienezza della vita nuova della risurrezione. La liturgia bizantina canta nel Mattutino del Sabato Santo: "Come il sole si leva dopo la notte tutto radioso nella sua luminosità rinnovata, così anche Tu, o Verbo, risplenderai di un nuovo chiarore quando, dopo la morte, lascerai il tuo letto nuziale". Un’Ode (la prima) del Mattutino di Pasqua collega la rivelazione cosmica con l’evento pasquale di Cristo: "Gioisca il cielo ed esulti con lui anche la terra, perché l’universo intero, quello visibile e quello invisibile, prende parte a questa festa: è risuscitato il Cristo nostra gioia perenne". E un’altra Ode (la terza) aggiunge: "Oggi l’universo intero, cielo, terra e abisso, è ricolmo di luce e l’intero creato canta ormai la risurrezione di Cristo nostra forza e nostra allegrezza". Un’altra infine (la quarta) conclude: "Il Cristo nostra Pasqua si è alzato dalla tomba come un sole di giustizia irradiando su tutti noi lo splendore della sua carità".

La liturgia romana non è esplicita come quella orientale nel paragonare Cristo al sole. Descrive tuttavia le ripercussioni cosmiche della sua risurrezione, quando apre il suo canto di Lode al mattino di Pasqua col famoso inno: "Aurora lucis rutilat, caelum resultat laudibus, mundus exultans iubilat, gemens infernus ululat" - "Sfolgora di luce l’aurora, di canti esulta il cielo, gode danzando il mondo, geme negli urli l’inferno".

6. L’interpretazione cristiana del Salmo non cancella, comunque, il suo messaggio di base, che è un invito a scoprire la parola divina presente nel creato. Certo, come si dirà nella seconda parte del Salmo, c’è un’altra e più alta Parola, più preziosa della stessa luce, quella della Rivelazione biblica.

Tuttavia, per quanti hanno orecchi attenti e occhi non velati, il creato costituisce come una prima rivelazione, che ha un suo linguaggio eloquente: essa è quasi un altro libro sacro le cui lettere sono rappresentate dalla moltitudine di creature presenti nell’universo. Afferma san Giovanni Crisostomo: "Il silenzio dei cieli è una voce più risonante di quella di una tromba: questa voce grida ai nostri occhi e non alle nostre orecchie la grandezza di chi li ha fatti" (PG 49,105). E sant’Atanasio: "Il firmamento, attraverso la sua magnificenza, la sua bellezza, il suo ordine, è un predicatore prestigioso del suo artefice, la cui eloquenza riempie l’universo" (PG 27,124).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua lituana:

Saluto con gioia i pellegrini lituani!

In particolare, saluto i dirigenti e le coriste del coro "Giesme" della Scuola di Musica Sacra di Kaunas. Vi esorto ad attingere dalla preghiera di oggi nuove forze spirituali per vivere con generosità giovanile il dono della fede che avete ricevuto. Con affetto prego per voi e invoco su tutti la Benedizione del Signore.

Sia lodato Gesù Cristo!
* * * * *


Rivolgo un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai membri dell’Associazione "Difendere la vita con Maria". Carissimi, la vostra presenza mi offre l’opportunità di ribadire ancora una volta quanto sia importante salvaguardare la vita umana, dono incomparabile di Dio. Continuate con rinnovato slancio a promuovere sempre la cultura della vita.

Saluto, poi, gli artisti prestigiatori e giocolieri provenienti da varie città italiane, i gruppi della "Terza Età" della Ventesima Circoscrizione di Roma e gli Allievi della Scuola Militare "Nunziatella" di Napoli. A tutti un affettuoso benvenuto, con il vivo auspicio che questo incontro possa accrescere in ciascuno il desiderio di testimoniare il Vangelo nella vita di ogni giorno.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

Ricorre domani la memoria liturgica di san Giovanni Bosco, sacerdote ed educatore. Guardate a lui, cari giovani, come a un autentico maestro di vita. Voi, cari ammalati, apprendete dalla sua esperienza spirituale a confidare in ogni circostanza in Cristo crocifisso. E voi, cari sposi novelli, ricorrete alla sua intercessione per assumere con impegno generoso la vostra missione di sposi.



                                                                                 

Mercoledì 6 febbraio 2002: Salmo 42 : Desiderio del Tempio di Dio - Lodi Martedì 2a Settimana

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(Lettura:
Ps 42,1 Ps 42,3-4).

1. In una Udienza generale di qualche tempo fa, commentando il Salmo che precede quello poc’anzi cantato, abbiamo detto che esso si univa intimamente al Salmo successivo. I Salmi 41 e 42 costituiscono, infatti, un unico canto, scandito in tre parti dalla stessa antifona: "Perché ti rattristi, anima mia, perché su di me gemi? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio" (Ps 41,6 Ps 41,12 Ps 42,5).

Queste parole, simili a un soliloquio, esprimono i sentimenti profondi del Salmista. Egli si trova lontano da Sion, punto di riferimento della sua esistenza perché sede privilegiata della presenza divina e del culto dei fedeli. Sente, perciò, una solitudine fatta di incomprensione e persino di aggressione da parte degli empi, aggravata dall’isolamento e dal silenzio da parte di Dio. Il Salmista, però, reagisce contro la tristezza con un invito alla fiducia, che egli rivolge a se stesso, e con una bella affermazione di speranza: egli conta di poter ancora lodare Dio, "salvezza del suo volto".

Nel Salmo 42, anziché parlare soltanto a se stesso come nel Salmo precedente, il Salmista si rivolge a Dio e lo supplica di difenderlo contro gli avversari. Riprendendo quasi alla lettera un’invocazione annunziata nell’altro Salmo (cfr Ps 41,10), l’orante rivolge questa volta effettivamente a Dio il suo grido desolato: "Perché mi respingi, perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?" (Ps 42,2).

2. Tuttavia egli sente ormai che la parentesi oscura della lontananza sta per finire ed esprime la certezza del ritorno a Sion per ritrovare la dimora divina. La città santa non è più la patria perduta, come accadeva nel lamento del Salmo precedente (cfr Ps 41,3-4), è invece la meta gioiosa, verso la quale si è in marcia. La guida del ritorno a Sion sarà la "verità" di Dio e la sua "luce" (cfr Ps 42,3). Il Signore stesso sarà il fine ultimo del viaggio. Egli è invocato come giudice e difensore (cfr Ps 42,1-2). Tre verbi marcano il suo intervento implorato: "Fammi giustizia", "difendi la mia causa", "liberami" (Ps 18,1). Sono quasi tre stelle di speranza, che si accendono nel cielo tenebroso della prova e segnalano l’imminente aurora della salvezza.

È significativa la rilettura che sant’Ambrogio fa di questa esperienza del Salmista, applicandola a Gesù che prega nel Getsemani: "Non voglio che ti meravigli se il profeta dice che la sua anima era scossa, dal momento che lo stesso Signore Gesù disse: Ora l’anima mia è turbata. Chi infatti ha preso sopra di sé le nostre debolezze, ha preso anche la nostra sensibilità, per effetto della quale era triste fino alla morte, ma non per la morte. Non avrebbe potuto provocare mestizia una morte volontaria, dalla quale dipendeva la felicità di tutti gli uomini… Era dunque triste fino alla morte, nella attesa che la grazia fosse portata a compimento. Lo dimostra la sua stessa testimonianza, quando dice della sua morte: C’e un battesimo con il quale devo essere bat<input type="radio" name="" value="">tezzato: e come sono angosciato finché non sia compiuto! (Le rimostranze di di Davide, VII, 28, Roma 1980, p. 233).

3. Ora, nel prosieguo del Salmo 42, davanti agli occhi del Salmista sta per aprirsi la soluzione tanto sospirata: il ritorno alla sorgente della vita e della comunione con Dio. La "verità", ossia la fedeltà amorosa del Signore, e la "luce", cioè la rivelazione della sua benevolenza, sono raffigurate come messaggere che Dio stesso invierà dal cielo per prendere per mano il fedele e condurlo verso la meta desiderata (cfr Ps 42,3).

Molto eloquente è la sequenza delle tappe di avvicinamento a Sion e al suo centro spirituale. Prima appare "il monte santo", il colle ove si erge il tempio e la cittadella di Davide. Poi entrano in campo "le dimore", cioè il santuario di Sion con tutti i vari spazi ed edifici che le compongono. Viene, quindi, "l’altare di Dio" , la sede dei sacrifici e del culto ufficiale di tutto il popolo. La meta ultima e decisiva è il Dio della gioia, è l’abbraccio, l’intimità ritrovata con Lui, prima lontano e silenzioso.

4. Tutto, a quel punto, diviene canto, letizia, festa (cfr Ps 42,4). Nell’originale ebraico si parla del "Dio che è gioia del mio giubilo". Si tratta di un modo di dire semitico per esprimere il superlativo: il Salmista vuole sottolineare che il Signore è la radice di ogni felicità, è la gioia suprema, è la pienezza della pace.

La traduzione greca dei Settanta è ricorsa, sembra, a un termine equivalente aramaico che indica la giovinezza e ha tradotto "al Dio che rallegra la mia giovinezza", introducendo così l’idea della freschezza e dell’intensità della gioia che il Signore dona. Il salterio latino della Vulgata, che è una traduzione fatta sul greco, dice quindi: "ad Deum qui laetificat juventutem meam". In questa forma il Salmo veniva recitato ai piedi dell’altare, nella precedente liturgia eucaristica, quale invocazione introduttoria all’incontro col Signore.

5. Il lamento iniziale dell’antifona dei Salmi 41-42 risuona per l’ultima volta in finale (cfr Ps 42,5). L’orante non ha raggiunto ancora il tempio di Dio, è coinvolto ancora nell’oscurità della prova; ma ormai ai suoi occhi brilla la luce dell’incontro futuro e le sue labbra conoscono già la tonalità del canto di gioia. L’appello è, a questo punto, maggiormente segnato dalla speranza. Osserva, infatti, sant’Agostino commentando il nostro Salmo: "Spera in Dio, risponderà alla sua anima colui che da essa è turbato… Vivi frattanto nella speranza. La speranza che si vede non è speranza; ma se speriamo ciò che non vediamo è per mezzo della pazienza che noi l’aspettiamo (cfr Rm 8,24-25)" (Esposizione sui Salmi I, Roma 1982, p. 1019).

Il Salmo diventa, allora, la preghiera di chi è pellegrino sulla terra e si trova ancora in contatto col male e con la sofferenza, ma ha la certezza che il punto d’arrivo della storia non è un baratro di morte, bensì l’incontro salvifico con Dio. Questa certezza è ancora più forte per i cristiani, ai quali la Lettera agli Ebrei proclama: "Voi vi siete accostati al monte Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa, e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell’aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele" (He 12,22-24).

Saluti:

*****


Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i ragazzi dell’Azione Cattolica della diocesi di S. Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Gervasio Gestori, insieme ai sacerdoti, agli educatori e ai genitori. Carissimi, vi ringrazio della vostra presenza così numerosa e vi incoraggio a seguire con generosa fedeltà Gesù e il suo Vangelo, per essere cristiani autentici in famiglia, nella scuola e in ogni altro ambiente.

Desidero, poi, indirizzare il mio pensiero agli altri giovani, ai malati e agli sposi novelli.Celebriamo oggi la memoria liturgica di san Paolo Miki e compagni, martiri giapponesi.

Il coraggio di questi testimoni fedeli di Cristo aiuti voi, cari giovani, ad aprire il cuore all’eroismo della santità. Sostenga voi, cari malati, ad offrire il dono prezioso della preghiera e della sofferenza per tutta la Chiesa. E dia a voi, cari sposi novelli, la forza di fare delle vostre famiglie il luogo di esistenze improntate ai valori cristiani.

A tutti la mia Benedizione.





Mercoledì delle Ceneri 13 febbraio 2002

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1. L'Udienza generale di quest'oggi, Mercoledì delle Ceneri, si connota per un particolare spirito di preghiera, di riflessione e di penitenza. Insieme con tutta la Chiesa, iniziamo un cammino di quaranta giorni in preparazione alla Pasqua con l'austero segno dell'imposizione delle ceneri, accompagnato dall'esortazione di Cristo: "Convertitevi e credete al Vangelo" (cfr
Mc 1,15). Ad ogni essere umano viene così richiamata la sua condizione di peccatore, insieme con il bisogno di penitenza e di conversione.

La fede cristiana ci ricorda che questo pressante invito a rigettare il male e a compiere il bene è dono di Dio, dal quale proviene ogni realtà buona per la vita dell'uomo. Tutto ha origine dalla gratuita iniziativa di Dio, il quale ci ha creato per la felicità e orienta ogni cosa verso il vero bene. Egli previene con la sua grazia il nostro stesso desiderio di conversione e accompagna i nostri sforzi verso la piena adesione alla sua volontà salvifica.

2. Nel Messaggio per la Quaresima di quest'anno, pubblicato pochi giorni fa, ho voluto indicare all'intera cattolicità il tema della gratuità dell'iniziativa di Dio nella nostra vita, elemento essenziale che attraversa l'intera rivelazione biblica. La Quaresima è un'"occasione provvidenziale di conversione", proprio perché "ci aiuta a contemplare questo stupendo mistero d'amore", alla luce del quale Gesù ammonisce: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8). L'itinerario quaresimale si mostra così nella sua realtà più profonda, come "un ritorno alle radici della fede, perché, meditando sul dono di grazia incommensurabile che è la redenzione, non possiamo non renderci conto che tutto ci è dato per amorevole iniziativa divina" (Messaggio per la Quaresima, n. 1: in: L'Osservatore Romano, 6 febbraio 2002, p. 5).

L'apostolo Paolo esprime con parole incisive e attuali la gratuità della grazia di Dio, che ci ha riconciliati con sé per amore. Ricorda, infatti, che "a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,7-8). Quel Dio che nel suo immenso amore ci ha creati, e che ugualmente per amore ci ha destinati alla piena comunione con sé, attende da noi una risposta altrettanto generosa, libera e consapevole.

3. Il cammino di conversione, che oggi intraprendiamo fiduciosi, rientra pienamente in questo contesto originario di amore e di gratuità. L'elemosina e i gesti carità, che siamo invitati a compiere particolarmente in questo tempo penitenziale, non costituiscono forse una risposta alla gratuità della grazia divina? Se gratuitamente abbiamo ricevuto, è gratuitamente che dobbiamo dare (cfr Mt 10,8).

La società attuale ha un bisogno profondo di riscoprire il valore della gratuità, specialmente perché nel nostro mondo sembra spesso trionfare una logica improntata esclusivamente alla ricerca del profitto e del guadagno ad ogni costo. Di fronte alla sensazione diffusa che ogni scelta e gesto siano dominati dalla logica della compravendita di mercato e che trionfi la legge del maggior ricavo possibile, la fede cristiana ripropone l'ideale della gratuità, fondato sulla consapevole libertà delle persone, animate da autentico amore.

Affidiamo questi quaranta giorni di intensa preghiera e penitenza alla Vergine Maria, la "Madre del bell'Amore". Sia Lei ad accompagnarci e condurci a celebrare degnamente il grande mistero della Pasqua di Cristo, rivelazione suprema dell'amore gratuito e misericordioso del Padre celeste.

Buona Quaresima a tutti!

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua neerlandese:

Ora saluto tutti i pellegrini neerlandesi e belgi.

Auguro che il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli vi rinnovi interiormente, in particolare durante il periodo di Quaresima, che inizia oggi, il Mercoledì delle Ceneri.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!




Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Saluto di cuore i pellegrini slovacchi provenienti da Pata.

Fratelli e sorelle, la Quaresima, che iniziamo, vi conduca ad una sempre maggiore vicinanza a Gesù Cristo e ad una sua fedele imitazione. Vi aiuti in questo impegno l'intercessione dei vostri santi patroni, Cirillo e Metodio, la festa dei quali celebriamo domani.

Volentieri benedico voi ed i vostri cari.

Sia lodato Gesú Cristo!
*****


Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i rappresentanti della Federazione Nazionale dei Pensionati della CISL. Carissimi, vi ringrazio per il generoso dono destinato alle iniziative di carità della Santa Sede in favore dei più bisognosi, e vi incoraggio a continuare nelle vostre attività sociali per la promozione della persona anziana.

Saluto, inoltre, voi, cari alunni della Scuola elementare "L’Arca" di Legnano e del Gruppo corale "Esperia" di Campobasso. Grazie per la vostra partecipazione a questo incontro. Siate ovunque autentici testimoni di Cristo e del suo Vangelo.

Porgo, inoltre, un affettuoso saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

Cari fratelli e sorelle, il tempo quaresimale, che proprio oggi iniziamo, conduca ciascuno di voi ad una crescente vicinanza a Cristo. Traducete nella vostra esistenza, secondo le diverse situazioni in cui vi trovate, gli stessi sentimenti del nostro Salvatore, che per noi ha dato la vita sulla croce. Troverete conforto e sostegno nel mistero del suo sacrificio offerto per la salvezza dell’intera umanità.

A tutti la mia Benedizione.







Mercoledì, 27 febbraio 2002: Cantico di Ezechia : Angosce di un moribondo, gioia di un risanato - Lodi Martedì 2a Settimana

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(Lettura:
Is 38,10 Is 38,12 Is 38,17 Is 38,19).

1. La Liturgia delle Ore nei vari Cantici che vengono affiancati ai Salmi ci presenta anche un inno di ringraziamento che reca questo titolo: "Cantico di Ezechia re di Giuda, quando cadde malato e guarì dalla malattia" (Is 38,9). Esso è incastonato in una sezione del libro del profeta Isaia di impronta storico-narrativa (cfr Is 36-39), i cui dati ricalcano - con alcune varianti - quelli offerti dal Secondo Libro dei Re (cfr 1R 1,18-20).

Noi ora sulla scia della Liturgia delle Lodi abbiamo ascoltato e trasformato in preghiera due grandi strofe di quel Cantico che descrivono i due movimenti tipici delle orazioni di ringraziamento: da un lato, viene evocato l’incubo della sofferenza da cui il Signore ha liberato il suo fedele e, dall’altro, si canta con gioia la gratitudine per la vita e la salvezza riconquistata.

Il re Ezechia, un sovrano giusto e amico del profeta Isaia, era stato colpito da una grave malattia, che il profeta Isaia aveva dichiarato mortale (cfr Is 38,1). "Ezechia allora voltò la faccia verso la parete e pregò il Signore. Egli disse: «Signore, ricordati che ho passato la vita dinanzi a te con fedeltà e con cuore sincero e ho compiuto ciò che era gradito ai tuoi occhi». Ezechia pianse molto. Allora la parola del Signore fu rivolta a Isaia: «Va’ e riferisci a Ezechia: Dice il Signore Dio di Davide, tuo padre: Ho ascoltato la tua preghiera e ho visto le tue lacrime; ecco, io aggiungerò alla tua vita quindici anni!»" (Is 38,2-5).

2. È a questo punto che sgorga dal cuore del Re il cantico di riconoscenza. Come si diceva, esso si volge prima di tutto verso il passato. Secondo l’antica concezione di Israele, la morte introduceva in un orizzonte sotterraneo, chiamato in ebraico sheol, ove la luce si spegneva, l’esistenza si attenuava e si faceva quasi spettrale, il tempo si fermava, la speranza si estingueva e soprattutto non si aveva più la possibilità di invocare e incontrare Dio nel culto.

Per questo Ezechia ricorda innanzitutto le parole piene di amarezza pronunziate quando la sua vita stava scivolando verso la frontiera della morte: "Non vedrò più il Signore nella terra dei viventi" (Is 38,11). Anche il Salmista pregava così nel giorno della malattia: "Nessuno tra i morti ti ricorda, o Signore. Chi negli inferi canta le tue lodi?" (Ps 6,6). Invece, liberato dal pericolo di morte, Ezechia può ribadire con forza e con gioia: "Il vivente, il vivente ti rende grazie come io faccio quest’oggi" (Is 38,19).

3. Il Cantico di Ezechia proprio su questo tema acquista una nuova tonalità, se letto alla luce della Pasqua. Già nell’Antico Testamento si aprivano grandi squarci di luce nei Salmi, quando l’orante proclamava la sua certezza che "tu non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, o Signore, né lascerai che il tuo servo veda la corruzione. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra" (Ps 15,10-11 cfr Ps 48 e Ps 72). L’autore del Libro della Sapienza, da parte sua, non esiterà più ad affermare che la speranza dei giusti è "piena di immortalità" (Sg 3,4), perché egli è convinto che l’esperienza di comunione con Dio vissuta durante l’esistenza terrena non verrà infranta. Noi resteremo sempre, oltre la morte, sostenuti e protetti dal Dio eterno e infinito, perché "le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessun tormento le toccherà" (Sg 3,1).

Soprattutto con la morte e la risurrezione del Figlio di Dio, Gesù Cristo, un seme di eternità è deposto e fatto germogliare nella nostra caducità mortale, per cui possiamo ripetere le parole dell’Apostolo, fondate sull’Antico Testamento: "Quando questo corpo corruttibile si sarà vestito di incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: «La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?»" (1Co 15,54-55 cfr Is 25,8 Os 13,14).

4. Il canto del re Ezechia, però, ci invita anche a riflettere sulla nostra fragilità di creature. Le immagini sono suggestive. La vita umana è descritta con il simbolo nomadico della tenda: noi siamo sempre pellegrini e ospiti sulla terra. Si ricorre anche all’immagine della tela, che viene tessuta e che può rimanere incompleta quando si taglia il filo e il lavoro viene interrotto (cfr Is 38,12). Anche il Salmista avverte la stessa sensazione: "In pochi palmi hai misurato i miei giorni e la mia esistenza davanti a te è un nulla. Solo un soffio è ogni uomo che vive, come un’ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che si agita" (Ps 38,6-7). Bisogna ritrovare la consapevolezza del nostro limite, sapere che "gli anni della nostra vita - come ancora dichiara il Salmista - sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo" (Ps 89,10).

5. Nel giorno della malattia e della sofferenza è, comunque, giusto elevare a Dio il proprio lamento, come ci insegna Ezechia che, usando immagini poetiche, descrive il suo pianto come il pigolare di una rondine e il gemere di una colomba (cfr Is 38,14). E, anche se non esita a confessare di sentire Dio come un avversario, quasi un leone che stritola le ossa (cfr Is 38,13), non cessa di invocarlo: "Signore, io sono oppresso; proteggimi!" (Is 38,14).

Il Signore non resta indifferente alle lacrime del sofferente e, sebbene per vie che non sempre coincidono con quelle delle nostre attese, risponde, consola e salva. È ciò che Ezechia confessa alla fine, invitando tutti a sperare, a pregare, ad aver fiducia, nella certezza che Dio non abbandona le sue creature: "Il Signore si è degnato di aiutarmi; per questo canteremo sulle cetre tutti i giorni della nostra vita, canteremo nel tempio del Signore" (Is 38,20).

6. Di questo Cantico del re Ezechia la tradizione latina medievale conserva un commento spirituale di Bernardo di Chiaravalle, uno dei mistici più rappresentativi del monachesimo occidentale. Si tratta del terzo dei Sermoni vari, in cui Bernardo, applicando alla vita di ognuno il dramma vissuto dal sovrano di Giuda e, interiorizzandone il contenuto, scrive fra l’altro: "Benedirò il Signore in ogni tempo, cioè dal mattino alla sera, come ho imparato a fare, e non come quelli che ti lodano quando tu fai loro del bene, né come quelli che credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno; ma come i santi dirò: Se dalla mano di Dio abbiamo accolto il bene, perché non dovremmo accettare anche il male?… Così ambedue questi momenti del giorno saranno un tempo di servizio a Dio, poiché alla sera rimarrà il pianto, e al mattino ecco la gioia. Mi immergerò nel dolore la sera per poter poi godere la letizia del mattino" (Scriptorium Claravallense, Sermo III, n. 6, Milano 2000, PP 59-60).

La supplica del re viene, perciò, letta da san Bernardo come una raffigurazione del canto orante del cristiano, che deve risuonare, con la stessa costanza e serenità, nella tenebra della notte e della prova come nella luce del giorno e della gioia.

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente i pellegrini dalla Slovacchia: da Galanta e da Smolenice, ed i membri dell’Associazione "Sedia attiva a rotelle" con gli accompagnatori.

Fratelli e sorelle, la Quaresima ci invita alla conversione per mezzo della preghiera, dell'esercizio delle opere di misericordia e dell'ascolto della Parola di Dio.

Augurandovi un fecondo cammino quaresimale, vi imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Saluto i fedeli della Parrocchia della SS. Trinità in Blagaj - Buna, qui convenuti con il loro Parroco, come pure gli altri pellegrini croati. Benvenuti!

Carissimi, auspico che il sacro tempo quaresimale che stiamo vivendo rechi a voi e alle vostre famiglie abbondanti frutti di conversione e di santità. Imparto volentieri a tutti la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!
*****


Saluto cordialmente i pellegrini di lingua italiana, in particolare gli allievi della Scuola di Polizia di Roma ed il gruppo UNITALSI della diocesi di Porto Santa Rufina, ringraziandoli per la loro partecipazione a questo incontro.
Saluto, poi, voi cari bambini, e quanti hanno partecipato al concorso sul tema della pace promosso dalla Giunta Regionale Toscana, e auspico che questa lodevole iniziativa, che ha coinvolto le scuole di 63 Paesi del mondo, accresca in ciascuno generosi propositi di amicizia e solidarietà.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Carissimi, proseguendo nell’itinerario quaresimale, la Chiesa ci invita a seguire docilmente l’azione dello Spirito Santo che ci conduce sulle orme di Cristo verso Gerusalemme, dove si compirà la sua missione redentrice. Sappiate lasciarvi ogni giorno plasmare dalla sua grazia affinché sia nello studio, sia nella malattia, sia nella vita di famiglia possiate sperimentare la ricchezza spirituale del cammino di conversione e di penitenza che stiamo vivendo in questo sacro tempo.





Mercoledì, 6 marzo 2002: Salmo 64 - Gioia delle creature di Dio per la sua provvidenza - Lodi Martedì 2a Settimana

60302
(Lettura:
Ps 64,2-3 Ps 64,9 Ps 64,12-13).


L’Udienza Generale si svolge oggi in due distinti momenti. A causa infatti del persistere della sintomatologia artrosica al ginocchio destro, il Santo Padre non è presente nell’Aula Paolo VI, dove sono raccolti gruppi di fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo, ma saluta e benedice dalla finestra del Suo studio i pellegrini che si radunano in Piazza San Pietro al termine del tradizionale incontro del mercoledì. L’Udienza generale ha inizio con la lettura del discorso preparato dal Papa.


1. Il nostro viaggio all’interno dei Salmi della Liturgia delle Lodi ci conduce ora a un inno, che ci conquista soprattutto per l’affascinante quadretto primaverile dell’ultima parte (cfr Ps 64,10-14), una scena piena di freschezza, smaltata di colori, percorsa da voci di gioia.

In realtà il Salmo 64 ha una sua struttura più ampia, frutto dell’intreccio di due tonalità differenti: emerge, innanzitutto, il tema storico del perdono dei peccati e dell’accoglienza presso Dio (cfr Ps 64,2-5); viene accennato poi il tema cosmico dell’azione di Dio nei confronti dei mari e dei monti (cfr Ps 64,6-9a); è sviluppata infine la descrizione della primavera (cfr Ps 64,9-14): nell’assolato e arido panorama del Vicino Oriente, la pioggia fecondatrice è l’espressione della fedeltà del Signore verso il creato (cfr Ps 103,13-16). Per la Bibbia la creazione è la sede dell’umanità e il peccato è un attentato all’ordine e alla perfezione del mondo. La conversione e il perdono ridonano, pertanto, integrità e armonia al cosmo.

2. Nella prima parte del Salmo siamo all’interno del tempio di Sion. Là accorre il popolo col suo cumulo di miserie morali, per invocare la liberazione dal male (cfr Ps 64,2-4a). Una volta ottenuta l’assoluzione delle colpe, i fedeli si sentono ospiti di Dio, vicini a Lui, pronti ad essere ammessi alla sua mensa e a partecipare alla festa dell’intimità divina (cfr Ps 64,4-5).

Il Signore che si erge nel tempio è poi rappresentato con un profilo glorioso e cosmico. Si dice, infatti, che Egli è la "speranza dei confini della terra e dei mari lontani… rende saldi i monti con la sua forza… fa tacere il fragore del mare e dei flutti… gli abitanti degli estremi confini stupiscono davanti ai suoi prodigi", dall’oriente fino all’occidente (Ps 64,6-9).

3. All’interno di questa celebrazione di Dio Creatore, troviamo un evento che vorremmo sottolineare: il Signore riesce a dominare e a far tacere anche il tumulto delle acque marine, che nella Bibbia sono il simbolo del caos, opposto all’ordine della creazione (cfr Jb 38,8-11). È questo un modo per esaltare la vittoria divina non solo sul nulla, ma anche sul male: per tale motivo al "fragore del mare" e al "fragore dei suoi flutti" si associa anche "il tumulto dei popoli" (cfr Ps 64,8), cioè la ribellione dei superbi.

Sant’Agostino commenta in modo efficace: "Il mare è figura del mondo presente: amaro di salsedine, turbato da tempeste, ove gli uomini, con le loro cupidigie perverse e disordinate, divengono come i pesci che si divorano a vicenda. Guardate questo mare cattivo, questo mare amaro, crudele con i suoi flutti!… Non comportiamoci così, fratelli, perché il Signore è la speranza di tutti i confini della terra" (Esposizione sui Salmi II, Roma 1990, p. 475).

La conclusione che il Salmo ci suggerisce è facile: quel Dio, che cancella il caos e il male del mondo e della storia, può vincere e perdonare la malvagità e il peccato che l’orante porta dentro di sé e presenta nel tempio, con la certezza della purificazione divina.

4. Entrano in scena, a questo punto, le altre acque: quelle della vita e della fecondità, che a primavera irrorano la terra e idealmente raffigurano la vita nuova del fedele perdonato. I versetti finali del Salmo (cfr Ps 64,10-14), come si diceva, sono di grande bellezza e significato. Dio disseta la terra screpolata dall’aridità e dal gelo invernale abbeverandola con la pioggia. Il Signore è simile a un agricoltore (cfr Jn 15,1), che fa crescere il grano e fa spuntare l’erba col suo lavoro. Prepara il terreno, irriga i solchi, rende amalgamate le zolle, bagna ogni parte del suo campo.

Il Salmista usa dieci verbi per delineare questa amorosa azione del Creatore nei confronti della terra, che è trasfigurata in una specie di creatura vivente. Infatti "tutto canta e grida di gioia" (Ps 64,14). Suggestivi a questo proposito, sono anche i tre verbi legati al simbolo della veste: "Le colline si cingono di esultanza, i prati si coprono di greggi, di frumento si ammantano le valli" (Ps 64,13-14).

L’immagine è quella di una prateria punteggiata dal candore delle pecore; le colline si cingono con la cintura forse delle vigne, segno di esultanza nel loro prodotto, il vino, che "allieta il cuore dell’uomo" (Ps 103,15); le valli indossano il mantello dorato delle messi. Il versetto 12 evoca anche la corona, che potrebbe far pensare alle ghirlande dei banchetti festivi, poste sul capo dei convitati (cfr Is 28,1 Is 28,5).

5. Tutte insieme le creature, quasi come in una processione, si rivolgono al loro Creatore e Sovrano, danzando e cantando, lodando e pregando. Ancora una volta la natura diventa un segno eloquente dell’azione divina; è una pagina aperta a tutti, pronta a manifestare il messaggio in essa tracciato dal Creatore, perché "dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’Autore" (Sg 13,5 cfr Rm 1,20). Contemplazione teologica e abbandono poetico si fondono insieme in questa lirica e diventano adorazione e lode.

Ma l’incontro più intenso, a cui mira il Salmista con tutto il suo cantico, è quello che unisce creazione e redenzione. Come la terra a primavera risorge per l’azione del Creatore, così l’uomo risorge dal suo peccato per l’azione del Redentore. Creato e storia sono in tal modo sotto lo sguardo provvidente e salvifico del Signore, che vince le acque tumultuose e distruttrici e dona l’acqua che purifica, feconda e disseta. Il Signore, infatti, "risana i cuori affranti e fascia le loro ferite", ma anche "copre il cielo di nubi, prepara la pioggia per la terra, fa germogliare l’erba sui monti" (Ps 146,3 Ps 146,8).

Il Salmo diviene, così, un canto alla grazia divina. È ancora sant’Agostino, commentando il nostro Salmo, a ricordare questo dono trascendente e unico: "Il Signore Dio ti dice nel cuore: Io sono la tua ricchezza. Non curarti di ciò che promette il mondo, ma di ciò che promette il Creatore del mondo! Sta’ attento a ciò che Dio ti promette, se osserverai la giustizia; e disprezza ciò che ti promette l’uomo per allontanarti dalla giustizia. Non curarti, dunque, di ciò che il mondo promette! Considera piuttosto ciò che promette il Creatore del mondo" (l. c., p. 481).

Saluti:

Traduzione del saluto in lingua ceca:

Il Santo Padre porge un cordiale benvenuto ai pellegrini della parrocchia dei Carmelitani di Praga, della Parrocchia di Hluk e al gruppo dei fedeli di Praga. Carissimi, cogliamo con pieno profitto questo tempo di Quaresima, tempo di preghiera e di penitenza, che ci porta alla conversione e all'approfondimento dell'amore verso Dio e verso il prossimo. Sua Santità volentieri benedice tutti i presenti. Sia lodato Gesù Cristo!


Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Cari Fratelli e Sorelle, tutta la vita della Chiesa gravita attorno all'Eucaristia. Essa è centro dell'azione liturgica della Chiesa di ogni giorno e manifestazione della vita nuova in Cristo ricevuta dai fedeli per mezzo del Battesimo, divenendo «sacerdozio regale, popolo santo» (1P 2,9).

Sua Santità saluta cordialmente tutti i pellegrini croati qui presenti ed imparte loro la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!


E questa è la traduzione italiana della catechesi in polacco:

Il Salmo 64 (65) è un testo poetico che attraverso una serie di immagini che richiamano i fenomeni che la natura ci fa osservare quando arriva la primavera, mostra la gioia della creatura nella quale Dio è presente in modo attivo. Per primo sperimenta tale gioia l'uomo e quindi il Salmo inizia con il rendimento di grazie per il perdono delle colpe umane e per il fatto che Dio è sempre pronto ad accogliere il peccatore. Dato che nella visione biblica il mondo creato è la dimora dell'uomo, il peccato rappresenta sempre un attentato all'ordine che vi regna e un ostacolo al suo perfezionamento. Per questo la conversione dell'uomo e il perdono di Dio ristabiliscono l'armonia in tutto il cosmo. Il Salmo illustra questo mistero mostrando un Dio che sconfigge il peccato, che ridona all'uomo la pace dello spirito e nello stesso tempo mette l'ordine nel caos che s'insinua nella realtà del mondo e nella sua storia.

Permettetemi di concludere questa meditazione con una citazione tratta dal commento di sant'Agostino, particolarmente eloquente nel periodo della Quaresima: "Il Signore Dio ti dice nel cuore: Io sono la tua ricchezza. Non curarti di ciò che promette il mondo, ma di ciò che promette il Creatore del mondo! Sta' attento a ciò che Dio ti promette, se osserverai la giustizia; e disprezza ció che ti promette l'uomo per allontanarti dalla giustizia. Non curarti, dunque, di ciò che il mondo promette! Considera piuttosto ciò che promette il Creatore del mondo" (Esposizione sui Salmi II, Roma 1990, pag. 481).

Dio vi benedica!
*****


Il Santo Padre rivolge un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluta, in particolare, i ragazzi del dopo-Cresima della diocesi di Faenza-Modigliana, accompagnati dal loro Vescovo Monsignor Italo Castellani, e quelli del Decanato di Cantù-Mariano, che rinnovano qui a Roma la loro professione di fede. Egli invita a profittare di questo tempo di Quaresima per crescere nella adesione a Gesù, ed essere suoi apostoli fra i loro coetanei.

Saluta, poi, i partecipanti al Congresso Internazionale di specialisti otorino-laringoiatri e i numerosi fedeli delle parrocchie san Giorgio a Cappelluccia e san Nicola in Pietragalla. Sua Santità, mentre assicura per ciascuno un ricordo nella preghiera, invoco su di loro un’abbondante effusione di favori celesti, perché siano rafforzati nei generosi propositi di fedeltà al Signore.



Parole di saluto che Giovanni Paolo II ha rivolto - dalla finestra del Suo studio - ai fedeli e pellegrini provenienti da diversi Paesi radunati in Piazza S. Pietro al termine dell’Udienza generale di questa mattina.

Carissimi Fratelli e Sorelle,

grazie per questa vostra visita e per le preghiere che avete fatto per la mia pronta guarigione. Abbiamo insieme meditato la Parola di Dio tratta dal Salmo sessanta quattro. Essa ci invita a non fermarci a ciò che il mondo promette, ma a considerare piuttosto quanto promette il Creatore del mondo. E’ con questi sentimenti che vi esorto a confidare sempre nella Provvidenza divina, fonte di pace e di serenità.

Continuiamo a percorrere l’itinerario quaresimale, con lo sguardo rivolto a Cristo, che possiamo incontrare nell’intimità della preghiera. A ciascuno di voi rivolgo il mio affettuoso saluto, con un particolare pensiero per i giovani, i malati e gli sposi novelli.







Catechesi 79-2005 30102