Catechesi 79-2005 22129

Mercoledì, 22 dicembre 1999

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1. La consueta Udienza del mercoledì si svolge oggi nel clima liturgico e spirituale dell'Avvento, reso ancor più intenso dall'avvicinarsi delle feste natalizie. La novena del Santo Natale che stiamo vivendo in questi giorni, costituisce un itinerario liturgico che ci accompagna nel nostro impegno di preparazione alla celebrazione del grande "fatto" accaduto venti secoli fa: ci invita a meditare sugli aspetti profondi del mistero dell'Incarnazione e ad accoglierli nella nostra esistenza.

Nel Natale di quest'anno 1999 ci apprestiamo a vivere uno straordinario evento. Nella Santa Notte, ormai vicina, inizierà infatti il Grande Giubileo dell'Anno Duemila, al quale da tanto tempo la Chiesa si sta con fede preparando, e questo dà ulteriore vigore alla nostra attesa. Nell'ultimo scorcio di questo tempo d'Avvento, la liturgia pone in rilievo l'attesa dell'intera creazione. E' come se questa, dopo duemila anni, sentisse con gioia rinnovata l'arrivo di Colui che ne ricompone in modo ancor più perfetto la primordiale armonia, sconvolta a causa del peccato.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle! Disponiamoci fin d'ora a vivere con intensa partecipazione l'evento salvifico del Natale, iniziando con profonda gioia l'Anno giubilare. Contempliamo nella povertà del presepe il grande "fatto" dell'Incarnazione: Dio si fa uomo per incontrare ciascuno di noi. Lasciamo che questo grande Mistero trasformi la nostra esistenza durante l'intero tempo di grazia del Giubileo. Riviviamo l'esperienza commovente ed esaltante dei pastori, che accolsero prontamente l'annuncio portato dagli angeli, e si recarono senza indugio ad adorare il Salvatore, divenendo così i primi testimoni della sua presenza nel mondo.

3. La Vergine Maria, che fu la prima a preparare una degna dimora per il Messia promesso ed ancora oggi lo presenta al mondo, ci insegni ad aprire, anzi a spalancare, le porte del nostro cuore al messaggio di luce e di pace del Natale.

Con tali sentimenti e nel contesto di spirituale gioia per l'imminente apertura del Grande Giubileo dell'Anno Duemila, mi è gradito formulare a ciascuno di voi i miei più affettuosi voti augurali. Estendo questi cordiali sentimenti a quanti sono oppressi dalla sofferenza, a coloro che devono sopportare le pesanti conseguenze della guerra ed a coloro che si trovano in particolari difficoltà. A tutti auguro di poter sperimentare nelle prossime festività il conforto derivante dalla presenza del Signore, testimoniata da gesti significativi di amore e di solidarietà.




Traduzione italiana del saluto in lingua russa

Rivolgo un cordiale benvenuto ai membri del Teatro Musicale Giovanile "Galina Vishneskaya" di Mosca. Carissimi, vi ringrazio per la vostra visita ed invoco ben volentieri su di voi e sui vostri cari copiose benedizioni dal Cielo.

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca

Rivolgo un cordiale benvenuto al gruppo dei pellegrini slovacchi, soprattutto ai "Messaggeri della luce di Betlemme".

Cari fratelli e sorelle, nella vicinanza del Grande Giubileo vi auguro che il Figlio di Dio - Luce del Mondo, nato per noi dalla Vergine Maria - conceda a tutti la sua grazia di crescere nell’amore, affinché nessuno cammini nelle tenebre.

Portate questo messaggio in tutte le regioni della vostra Patria. Con questi voti vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese

Saluto con affetto i pellegrini ungheresi, in primo luogo le Suore di Kalocsa. Di cuore invoco la mia benedizione apostolica su voi tutti, alla vigilia del Santo Natale, aspettando l’apertura della Porta Santa.

Sia lodato Gesù Cristo !

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca

"Nasce Dio, la potenza umana resta sbigottita,
Il Signore dei cieli si spoglia!
Il fuoco si smorza, il fulgore si vela,
L’Infinito si pone confini"!

1. Cari Fratelli e sorelle,

Conosciamo bene questo bel canto natalizio, scritto da Franciszek Karpinski. In un modo molto profondo esso rende il clima del Natale del Signore ed introduce nel mistero degli eventi salvifici, il cui testimone fu la notte di Betlemme, quando l’ineffabile Dio si abbassò verso la creatura, assunse la natura umana e si fece uomo per la nostra salvezza.

Saluto cordialmente tutti i presenti a questa udienza. Vi ringrazio perché continuate la tradizione degli incontri della Vigilia di Natale con il Papa in Vaticano. Saluto il qui presente Signor Cardinale Andrzej Deskur, l’Arcivescovo Szczepan Wesoly, i sacerdoti che svolgono il loro ministero tra i Polacchi di Roma, il Signor Ambasciatore della Repubblica di Polonia presso la Santa Sede e presso il Quirinale, i rappresentanti del clero e degli ordini religiosi femminili e maschili. Con questo saluto voglio abbracciare anche coloro che non sono presenti qui, specialmente le vostre famiglie e i vostri cari.

2. Il Natale di quest’anno ha un’eloquenza particolare. A mezzanotte della Vigilia infatti verrà aperta la Porta Santa, e nella solennità stessa del Natale del Signore, in tutte le diocesi del mondo inizieranno le celebrazioni del Grande Giubileo. Prima di metterci intorno alla tavola di vigilia e di spezzare il pane bianco di Natale, dovremmo renderci profondamente consapevoli che siamo proprio noi a diventare partecipi dei grandi eventi, che si operano nella storia umana e nella storia della salvezza. Noi, cristiani, l’Anno 2000, lo vivremo in modo particolare come la memoria dell’Incarnazione, della venuta al mondo di Gesù Cristo, vero Dio e perfetto uomo. Di conseguenza questo dovrebbe essere tempo di lode e di rendimento di grazie nei riguardi di Dio per la sua infinita misericordia, tempo di ardente preghiera e di sincera conversione mediante il cambiamento di vita, affinché ciascuno di noi possa attingere con abbondanza alla sorgente di grazie. Il Giubileo è l’anno di grazia del Signore.

Ringrazio la Divina Provvidenza perché, nell’anno che volge al termine, mi è stato dato di visitare nuovamente la terra patria. Prego Dio perché questo pellegrinaggio produca frutti abbondanti nella vita personale e sociale.

3. Benché manchino ancora due giorni alla vigilia, già oggi spezzo il pane bianco di Natale con i miei connazionali in Patria e nel mondo e formulo cordiali auguri. Abbraccio con la preghiera la Chiesa in Polonia insieme ai suoi pastori, con a capo il Cardinale Primate e tutta la nostra società - tutti senza alcuna eccezione. Vorrei tanto essere vicino a ciascuno di voi, a ogni famiglia polacca e a ogni casa polacca, specialmente lì dove c’è sofferenza e dolore, dove si risente la solitudine e l’amarezza dell’abbandono.

A tutta la mia Patria auguro che lo spirito del Grande Giubileo pervada i cuori con il sacro fuoco d’amore. Siano ospiti nelle nostre case la misericordia, la bontà e l’umana solidarietà. Che queste gioiose feste della nascita di Gesù Cristo, contribuiscano all’avvicinarsi delle persone tra loro, e io desidero tanto partecipare a questa unione di cuori. Prego per questo fervidamente Dio che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (
Jn 3,16).
* * *


Il clima di questi giorni, prossimi ormai alla festa che celebra la venuta di Dio fra gli uomini, arricchisce di singolare significato l'odierno nostro incontro. Con grande affetto, mi è gradito salutare i pellegrini di lingua italiana. In particolare, i membri della Casa Santa Teresa di Gesù Bambino, di Molino del Piano, come pure il gruppo musicale "Ladri di carrozzelle" ed i giovani portatori di handicap della cooperativa "Il Sicomoro", i rappresentanti dell'Associazione Sportiva Volley Milano e i membri dell'Associazione Italiana Amici del Presepio.

Saluto poi il Centro di Addestramento e Sperimentazione Artiglieria Contraerei di Sabaudia.

Mi rivolgo ora a voi, cari giovani, cari malati e cari sposi novelli.

La solennità del Natale, che coincide quest'anno con l'apertura del Grande Giubileo del Duemila, ci invita a fissare lo sguardo sul mistero dell'incarnazione del Verbo.

Guardate a Cristo, cari giovani, perché la vostra esistenza sia sempre illuminata dalla sua presenza.

Voi, cari ammalati, ricevete dal mistero del Natale serenità e conforto.

E voi, cari sposi novelli, seguite l'esempio della santa Famiglia di Nazareth, modello di ogni famiglia cristiana.

Auguro a ciascuno un santo e felice Natale: il Bambino Gesù riempia il cuore di tutti di quella gioia vera, che egli è venuto a recare all'umanità.

A tutti la mia Benedizione.




Mercoledì, 29 dicembre 1999

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1. Domenica scorsa, la Liturgia ha posto dinanzi al nostro sguardo la Santa Famiglia di Nazaret, modello di ogni famiglia che si lascia guidare dalla sorprendente azione di Dio.

Nel mondo occidentale il Natale è considerato come la festa della famiglia. Il ritrovarsi insieme e lo scambio dei doni sottolineano il forte desiderio di reciproca comunione e pongono in luce i valori più alti dell'istituzione familiare. Essa si riscopre come comunione d'amore tra persone, fondata sulla verità, sulla carità, sull'indissolubile fedeltà dei coniugi, sull'accoglienza della vita. Nella luce del Natale, la famiglia avverte la propria vocazione ad essere una comunità di progetti, di solidarietà, di perdono, di fede, dove ogni individuo non perde la propria identità, ma, apportando i propri doni specifici, contribuisce alla crescita di tutti. Così è avvenuto nella Santa Famiglia, che la fede presenta come inizio e modello delle famiglie illuminate da Cristo.

2. Preghiamo perché il Grande Giubileo, appena incominciato, sia realmente un'occasione di grazia e di redenzione per tutte le famiglie del mondo. La luce dell'Incarnazione del Verbo le aiuti a meglio comprendere ed attuare la loro vocazione originaria, il progetto che il Dio della vita ha su di loro, perché diventino immagine viva del suo amore.

Il Giubileo offrirà così l'opportunità di un tempo di conversione e di reciproco perdono all'interno di ogni famiglia. Sarà un periodo propizio per rinsaldare i rapporti di affetto in ogni famiglia e per ricomporre i nuclei familiari divisi. Che ogni famiglia cristiana prenda sempre più consapevolezza della sua alta missione nella Chiesa e nel mondo! C'è oggi bisogno d'una cura singolare verso ogni famiglia, specialmente verso le più povere e meno serene; c'è bisogno d'incoraggiare ad accogliere la vita nascente, perché ogni bambino che viene al mondo è dono e speranza per tutti.

3. In questo nostro tempo, in cui "come e forse più di altre istituzioni, la famiglia è investita dalle ampie, profonde e rapide trasformazioni della società e della cultura", è importante che da parte dei credenti venga con vigore riaffermato che "il matrimonio e la famiglia costituiscono uno dei beni più preziosi dell'umanità". Per questo la Chiesa non si stanca di offrire "il suo servizio ad ogni uomo pensoso dei destini del matrimonio e della famiglia" (Familiaris consortio
FC 1).

Il Grande Giubileo del Duemila sia per tutte le famiglie un'occasione per aprire con coraggio le porte a Cristo, unico Redentore dell'uomo. E' Cristo, infatti, la novità che supera ogni attesa dell'uomo, il criterio ultimo per giudicare la realtà temporale e ogni progetto che mira a rendere l'esistenza dell'uomo sempre più umana (cfr Incarnationis mysterium, 1)

Con tale consapevolezza, entriamo idealmente nella Casa di Nazaret, domandiamo alla Santa Famiglia di proteggere e benedire le famiglie del mondo, perché siano "scuola di umanità più completa e più ricca" (Gaudium et spes GS 52).

* * *


Con affetto saluto tutti voi, qui presenti in questa Basilica Vaticana, e vi auguro di sperimentare la pace e la gioia che Cristo è venuto a donarci nel Natale.

Nella Notte Santa abbiamo inaugurato il Grande Giubileo dell'Anno Duemila, che ci invita a contemplare l'amore di Dio per noi. In questo tempo giubilare rimane singolarmente attuale l'invito che l'apostolo Paolo rivolge ai cristiani di Tessalonica: "Fratelli, state sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è, infatti, la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi" (1Th 5,16-18). Sì, il Giubileo è tempo di gioia che va vissuto nella preghiera e nel rendimento di grazie al Signore per il dono dell'Incarnazione.

E' tempo in cui siamo esortati a glorificare con la nostra vita, in maniera più intensa e profonda, "la Trinità, dalla quale tutto viene e alla quale tutto si dirige, nel mondo e nella storia" (Tertio millennio adveniente TMA 55).

Questi sentimenti vi accompagnino, carissimi, lungo l'intero Anno Santo. Siate annunciatori della presenza di Dio nel mondo.

Di gran cuore tutti vi benedico.

Rivolgo ora un cordiale augurio natalizio ai pellegrini di lingua italiana. Saluto, in particolare, la Direzione, gli artisti ed il personale del Circo "Moira Orfei", venuti per ricordare il loro quarantesimo anniversario di attività. A voi, cari fratelli e sorelle, che formate una grande famiglia viaggiante, rivolgo vive felicitazioni per il vostro lavoro e vi invito a continuare nel portare ai piccoli e ai grandi il vostro tipico messaggio di solidarietà e di bontà.

Saluto, poi, i membri del Camper Club "La Granda", che celebrano il centenario di fondazione, come pure la Federazione Italiana del Campeggio e del Caravanning, e li ringrazio per il dono di una roulotte da destinare ad una famiglia terremotata.

Saluto i fedeli della Parrocchia di San Vigilio di Pove del Grappa, che iniziano le celebrazioni quinquennali in onore del Santissimo Crocifisso.

Un augurio tutto speciale formulo per gli organizzatori della grande "Maratona della Città di Roma". Possa questa significativa iniziativa sportiva, nello spirito che la contraddistingue, contribuire a rafforzare in tutti l'impegno per rendere la società sempre più fraterna e solidale.

Rivolgo, infine, un saluto cordiale ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

La luce di Cristo, che nella Notte di Natale ha brillato sull'umanità, splenda su di voi, cari giovani, e rischiari i passi del vostro cammino nel nuovo anno.

Avvolga voi, cari ammalati, e vi doni conforto nelle sofferenze, sostegno nel dolore e consolazione nella solitudine.

Entri copiosa nelle vostre nuove famiglie, cari sposi novelli, e vi rafforzi nel reciproco amore, rendendolo fonte di grazie ed aperto al grande dono della vita.

A tutti la mia Benedizione.






Mercoledì, 5 gennaio 2000: Maria, figlia prediletta del Padre

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1. A pochi giorni dall'inaugurazione del Grande Giubileo, sono lieto di iniziare oggi la prima Udienza generale del Duemila porgendo a tutti i presenti i miei più cordiali auguri per l'Anno giubilare: che esso costituisca davvero un “tempo forte” di grazia, di riconciliazione e di rinnovamento interiore.

Lo scorso anno, l'ultimo dedicato alla preparazione immediata del Giubileo, abbiamo approfondito insieme il mistero del Padre. Oggi, a conclusione di quel ciclo di riflessioni e quasi come una speciale introduzione alle Catechesi dell'Anno Santo, vogliamo ancora soffermarci con amore sulla persona di Maria.

“Figlia prediletta del Padre” (Lumen gentium
LG 53), in Lei si è manifestato il disegno divino di amore per l'umanità. Destinandola a diventare la madre di suo Figlio, il Padre l’ha scelta fra tutte le creature e l’ha elevata alla più alta dignità e missione al servizio del suo popolo.

Questo disegno del Padre comincia a manifestarsi nel “Protoevangelo”, quando, a seguito della caduta di Adamo e di Eva, Dio annuncia che porrà inimicizia fra il serpente e la donna: sarà il figlio della donna a schiacciare la testa del serpente (cfr Gn 3,15).

La promessa comincia a compiersi nell’Annunciazione, quando a Maria è rivolta la proposta di diventare Madre del Salvatore.

2. “Rallegrati, piena di grazia” (Lc 1,28). La prima parola che il Padre fa giungere a Maria, attraverso il suo angelo, è una formula di saluto che può essere intesa come un invito alla gioia, invito che riecheggia quello indirizzato all'intero popolo d'Israele dal profeta Zaccaria: “Esulta grandemente figlia di Sion! Ecco, a te viene il tuo re” (Za 9,9 cfr anche So 3,14-18). Con questa prima parola rivolta a Maria, il Padre rivela la sua intenzione di comunicare la gioia, quella vera e definitiva, all'umanità. La gioia propria del Padre, che consiste nell’avere presso di sé il Figlio, viene offerta a tutti, ma prima di tutto è affidata a Maria perché da lei si diffonda nella comunità umana.

3. L'invito alla gioia è legato per Maria al dono speciale che aveva ricevuto dal Padre: “Piena di grazia”. L'espressione greca viene spesso tradotta, non senza ragione, “piena di grazia”: si tratta infatti di una abbondanza che raggiunge il massimo grado.

Possiamo notare che l'espressione suona come se essa costituisse il nome stesso di Maria, il “nome” che le è stato dato dal Padre fin dall'origine della sua esistenza. Fin dal concepimento, infatti, la sua anima è colmata di tutte le benedizioni, che le consentiranno un cammino di eminente santità lungo il corso della sua esistenza terrena. Sul volto di Maria si scorge il riflesso del misterioso volto del Padre. L'infinita tenerezza di Dio - Amore si rivela nei lineamenti materni della Madre di Gesù.

4. Maria è l'unica madre che può dire, parlando di Gesù, "mio figlio", come lo dice il Padre: “Tu sei mio Figlio” (Mc 1,11). Da parte sua, Gesù dice al Padre “Abbà”, “Papà” (cfr Mc 14,36), mentre dice “mamma” a Maria, collocando in questo nome tutto il suo affetto filiale.

Nella vita pubblica, quando lascia sua madre a Nazaret, incontrandola la chiama “donna”, per sottolineare che egli ormai prende ordini solo dal Padre, ma anche per dichiarare che lei non è una semplice madre biologica, bensì ha una missione da compiere come “Figlia di Sion” e madre del popolo della nuova Alleanza. In quanto tale, Maria rimane sempre orientata alla piena adesione alla volontà del Padre.

Non era il caso di tutta la famiglia di Gesù. Il quarto vangelo ci rivela che i suoi parenti “non credevano in lui” (Jn 7,5) e Marco riferisce che “uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: È fuori di sé” (Mc 3,21). Si può essere certi che le disposizioni intime di Maria erano completamente diverse. Ce l'assicura il vangelo di Luca, nel quale Maria presenta se stessa come l'umile “serva del Signore” (Lc 1,38). Va letta in questa luce la risposta data da Gesù quando “gli fu annunziato: Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti” (Lc 8,20 cfr Mt 12,46-47 Mc 3,32); Gesù rispose: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21). Maria, infatti, è un modello di ascolto della Parola di Dio (cfr Lc 2,19 Lc 2,51) e di docilità ad essa.

5. La Vergine ha conservato e rinnovato con perseveranza la completa disponibilità che aveva espressa nell'Annunciazione. L'immenso privilegio e l'eccelsa missione di essere Madre del Figlio di Dio, non hanno cambiato la sua condotta di umile sottomissione al disegno del Padre. Tra gli altri aspetti di tale piano divino, Ella ha assunto l'impegno educativo implicato nella sua maternità. La madre non è solo colei che partorisce ma anche colei che s'impegna attivamente alla formazione e allo sviluppo della personalità del figlio. Il comportamento di Maria ha sicuramente esercitato un influsso sulla condotta di Gesù. Si può pensare, ad esempio, che il gesto della lavanda dei piedi (cfr Jn 13,4-5), lasciato ai discepoli come modello da seguire (cfr Jn 13,14-15), rifletta ciò che Gesù stesso aveva osservato fin dall'infanzia nel comportamento di Maria, quando Ella lavava i piedi degli ospiti, con spirito di umile servizio.

Secondo la testimonianza del Vangelo, Gesù nel periodo trascorso a Nazaret era “sottomesso” a Maria e Giuseppe (cfr Lc 2,51). Egli ricevette così da Maria una vera educazione che plasmò la sua umanità. D'altra parte, Maria si lasciava influenzare e formare da suo figlio. Nella progressiva manifestazione di Gesù ha scoperto sempre più profondamente il Padre e gli ha fatto l'omaggio di tutto l'amore del suo cuore filiale. Il suo compito è ora quello di aiutare la Chiesa a camminare come lei sulle orme di Cristo.


L'annuncio di pace di Betlemme, che nei giorni scorsi la Chiesa ha riproposto al mondo intero, risuoni con intensità nei luoghi provati da calamità o da guerre ed in particolare nelle Molucche, dove il conflitto di carattere etnico e religioso, che da tempo affligge quelle isole indonesiane, è tornato a divampare in sanguinosi scontri nelle ultime settimane.

"Pace in terra agli uomini che Dio ama"! Quest'annuncio, accolto da ogni cuore, spezzi la catena delle vendette, curi le ferite dell'odio e, allontanando definitivamente la tentazione della violenza, sproni cristiani e musulmani a riconoscersi membri dell'unica famiglia umana e a ricostruire tra di loro relazioni armoniose, nella giustizia e nel perdono.

Saluti

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Nel clima natalizio, rivolgo un cordiale augurio ai pellegrini di lingua italiana. Saluto, in particolare, i sacerdoti novelli dei Legionari di Cristo con i loro familiari, i partecipanti al Convegno promosso dal Collegamento "Pro Fidelitate", ed il gruppo della "Comunità Santa Cecilia", venuti per ricordare il venticinquesimo anniversario di fondazione. Cari fratelli e sorelle, vi esorto tutti a rinsaldare con sempre maggiore entusiasmo il vostro generoso impegno di testimonianza evangelica.

Saluto poi i chierichetti e il gruppo di fedeli di Borno, come pure i parrocchiani di Colli al Volturno.

Un pensiero tutto speciale indirizzo ai dirigenti, agli artisti ed al personale del "Golden Circus", e li invito a ricordare sempre ai piccoli e ai grandi che il Signore ama chi lo serve con gioia.

Rivolgo, infine, un saluto cordiale ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Domani, solennità dell'Epifania del Signore, ricorderemo il cammino dei Magi verso Cristo, guidati dalla luce della stella.

Il loro esempio, cari giovani, alimenti in voi il desiderio di incontrare Gesù e di trasmettere a tutti la gioia del suo Vangelo; conduca voi, cari ammalati, ad offrire al Bambino di Betlemme, i vostri dolori e le sofferenze, resi preziosi dalla fede; costituisca per voi, cari sposi novelli, costante stimolo a rendere le vostre famiglie "piccole chiese" e "luogo" accogliente dei segni misteriosi di Dio e del dono della vita.

A tutti la mia Benedizione.






Mercoledì, 12 gennaio 2000: Maria sul cammino verso il Padre

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1. Completando la nostra riflessione su Maria a conclusione del ciclo di catechesi dedicato al Padre, vogliamo oggi sottolineare il suo ruolo nel nostro cammino verso il Padre.

Egli stesso ha voluto la presenza di Maria nella storia della salvezza. Quando ha deciso d’inviare suo Figlio nel mondo, ha voluto che venisse a noi nascendo da una donna (cfr
Ga 4,4). Così ha voluto che questa donna, la prima ad accogliere suo Figlio, lo comunicasse a tutta l’umanità.

Maria si trova dunque sul cammino che va dal Padre all’umanità come madre che dà a tutti il Figlio Salvatore. Al tempo stesso Ella è sul cammino che gli uomini devono percorrere per andare al Padre, per mezzo di Cristo nello Spirito (cfr Ep 2,18).

2. Per comprendere la presenza di Maria nell’itinerario verso il Padre dobbiamo riconoscere con tutte le Chiese che Cristo è “la via, la verità e la vita” (Jn 14,6) e l’unico Mediatore tra Dio e gli uomini (cfr 1Tm 2,5). Maria è inserita nell’unica mediazione di Cristo ed è totalmente a suo servizio. Di conseguenza, come il Concilio ha sottolineato nella Lumen gentium, “la funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia” (N. LG 60). Siamo ben lungi dall’affermare un ruolo di Maria nella vita della Chiesa al di fuori della mediazione di Cristo o accanto ad essa, quasi si trattasse di una mediazione parallela o concorrente.

Come ho detto espressamente nell’enciclica Redemptoris Mater, la mediazione materna di Maria “è mediazione in Cristo” (RMA 38). Il Concilio spiega: “Ogni salutare influsso della Beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità, ma dal beneplacito di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di Lui, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia; non impedisce minimamente l’immediato contatto dei credenti con Cristo, anzi lo facilita” (LG 60).

Maria è anch’essa redenta da Cristo, è anzi la prima dei redenti, poiché la grazia a Lei concessa da Dio Padre all’inizio della sua esistenza si deve ai “meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano”, come afferma la bolla Ineffabilis Deus di Pio IX (DS 2803). Tutta la cooperazione di Maria alla salvezza è fondata sulla mediazione di Cristo la quale, come precisa ancora il Concilio, “non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione da un’unica fonte” (LG 62).

Considerata in questa prospettiva, la mediazione di Maria appare come il frutto più alto della mediazione di Cristo ed è essenzialmente orientata a rendere più intimo e profondo il nostro incontro con Lui: “Questa funzione subordinata di Maria la Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente, continuamente la sperimenta e raccomanda all’amore dei fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore” (ibidem).

3. Maria in realtà non vuole attirare l’attenzione sulla sua persona. È vissuta sulla terra con lo sguardo fisso su Gesù e sul Padre celeste. Il suo più forte desiderio è di far convergere gli sguardi di tutti nella stessa direzione. Vuole promuovere uno sguardo di fede e di speranza nel Salvatore mandatoci dal Padre.

Fu modello di uno sguardo di fede e di speranza soprattutto quando, nella tempesta della passione del Figlio, conservò nel cuore una fede totale in Lui e nel Padre. Mentre i discepoli sconvolti dagli avvenimenti furono profondamente scossi nella loro fede, Maria, pur provata dal dolore, rimase integra nella certezza che si sarebbe realizzata la predizione di Gesù: “Il Figlio dell’uomo… il terzo giorno risorgerà” (Mt 17,22-23). Una certezza che non la abbandonò nemmeno quando accolse tra le braccia il corpo senza vita del figlio crocifisso.

4. Con questo sguardo di fede e di speranza, Maria incoraggia la Chiesa e i credenti a compiere sempre la volontà del Padre, manifestataci da Cristo.

Le parole rivolte ai servitori, per il miracolo di Cana, riecheggiano per ogni generazione di cristiani: “Fate quello che vi dirà” (Jn 2,5).

Il suo consiglio fu seguito, quando i servitori riempirono le giare fino all’orlo. Lo stesso invito Maria rivolge oggi a noi. È un’esortazione a entrare nel nuovo periodo della storia con la decisione di attuare tutto quanto Cristo ha detto nel Vangelo a nome del Padre e attualmente ci suggerisce mediante lo Spirito che abita in noi.

Se facciamo quello che ci dice Cristo, il Millennio che si avvia potrà assumere un nuovo volto, più evangelico e più autenticamente cristiano, e rispondere così all’aspirazione più profonda di Maria.

5. Le parole: “Fate quello che vi dirà”, additandoci Cristo, ci richiamano quindi anche al Padre, verso il quale siamo incamminati. Esse coincidono con la voce del Padre risuonata sul monte della Trasfigurazione: “Questi è il Figlio mio prediletto… Ascoltatelo” (Mt 17,5). Questo stesso Padre, con la parola di Cristo e la luce dello Spirito Santo, ci chiama, ci guida, ci attende.

La nostra santità consiste nel fare tutto quello che ci viene detto dal Padre. È qui il valore della vita di Maria: il compimento della volontà divina. Accompagnati e sostenuti da Maria, con riconoscenza riceviamo il nuovo Millennio dalle mani del Padre e ci impegniamo a corrispondere alla sua grazia con umile e generosa dedizione.

Saluti

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Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i dirigenti del Comitato provinciale del Centro Sportivo Italiano di Bergamo, come pure il Comandante, gli Ufficiali ed i Sottotenenti del Corso "Sparviero Quarto" dell'Accademia Aeronautica di Pozzuoli.

Un affettuoso pensiero va al Signor Ernesto Olivero e ai giovani del SERMIG, Servizio Missionario Giovanile, di cui ricorre domani il trentacinquesimo anniversario di fondazione. Cari giovani, proseguite generosamente in questo profetico impegno al servizio del vostri coetanei. Aiutateli con l'esempio a riscoprire l'inestimabile dono della vita e a realizzare le grandi potenzialità di bene presenti in ciascuno. Siate segni credibili della tenerezza di Dio in questo nostro mondo, che si affaccia sul terzo millennio. Contagiate con il vostro entusiasmo e la vostra convinta adesione alla logica del Vangelo quanti sono vittime di una pericolosa cultura della violenza oppure vivono l'esaltante stagione della giovinezza nella banalità e nella disperazione. All'inizio di questo straordinario Anno Giubilare, nel quale il Signore apre a tutti le porte della sua misericordia, vi affido il compito di essere artigiani della sua pace, indispensabile per realizzare nel mondo quella fraternità nella giustizia che restituisce a ciascuno la gioia e l'onore di essere chiamato a far parte della famiglia di Dio.

Un particolare saluto va, inoltre, ai giovani, ai malati, ed agli sposi novelli, con l'augurio di vivere in pienezza l'Anno giubilare.

Per molti di voi, cari giovani, il Giubileo è un'esperienza nuova: fatela vostra con gioia e con impegno. Voi, cari malati, cooperate con la divina misericordia, offrendo in spirito di penitenza le prove e i disagi. E voi, cari sposi novelli, approfondite in questo Anno Santo la grazia ricevuta nel sacramento del Matrimonio.








Mercoledì, 19 gennaio 2000: Alle sorgenti e all’estuario della storia della salvezza

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1. “Trinità sovraessenziale, infinitamente divina e buona, custode della divina sapienza dei cristiani, portaci al di là di ogni luce e di tutto ciò che è ignoto fino alla vetta più alta delle mistiche Scritture, là dove i misteri semplici, assoluti e incorruttibili della teologia si rivelano nella tenebra luminosa del silenzio”. Con questa invocazione di Dionigi l’Areopagita, teologo dell’Oriente (Teologia mistica I, 1), iniziamo a percorrere un itinerario arduo ma affascinante nella contemplazione del mistero di Dio. Dopo aver sostato negli anni scorsi su ciascuna delle tre persone divine - il Figlio, lo Spirito, il Padre - in quest’anno giubilare ci proponiamo di abbracciare con un unico sguardo la gloria comune dei Tre che sono un unico Dio “non nell’unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza” (Prefazio della solennità della Santissima Trinità). Questa scelta corrisponde all’indicazione offerta dalla Lettera apostolica Tertio millennio adveniente, che pone come obiettivo della fase celebrativa del Grande Giubileo “la glorificazione della Trinità, dalla quale tutto viene e alla quale tutto si dirige, nel mondo e nella storia” (
TMA 55).

2. Ispirandoci ad un’immagine offerta dal Libro dell’Apocalisse (cfr Ap 22,1), potremmo paragonare questo percorso al viaggio di un pellegrino lungo le rive del fiume di Dio, cioè della sua presenza e della sua rivelazione nella storia degli uomini.

Oggi, a sintesi ideale di questo cammino, sosteremo sui due punti estremi di quel fiume: la sua sorgente e il suo estuario, unendoli tra loro in un unico orizzonte. La Trinità divina sta infatti alle origini stesse dell’essere e della storia ed è presente nel loro traguardo ultimo. Essa costituisce l’inizio e il fine della storia della salvezza. Tra i due estremi, il giardino dell’Eden (cfr Gn 2) e l’albero di vita della Gerusalemme celeste (cfr Ap 22), corre una lunga vicenda segnata dalle tenebre e dalla luce, dal peccato e dalla grazia. Il peccato ci ha allontanati dallo splendore del paradiso di Dio; la redenzione ci riporta alla gloria di un nuovo cielo e una nuova terra, dove “non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno” (ibidem, Ap 21,4).

3. Il primo sguardo su questo orizzonte è offerto dalla pagina iniziale della Sacra Scrittura, che addita il momento in cui la potenza creatrice di Dio trae dal nulla il mondo: “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1). Questo sguardo si approfondisce nel Nuovo Testamento, risalendo fin nel cuore della vita divina, quando Giovanni, all’inizio del suo Vangelo, proclama: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Jn 1,1). Prima della creazione e a fondamento di essa, la rivelazione ci fa contemplare il mistero dell’unico Dio nella trinità delle persone: il Padre e il suo Verbo, uniti nello Spirito.

Lo scrittore biblico che scrisse la pagina della creazione non avrebbe potuto sospettare la profondità di questo mistero. Tanto meno era in grado di raggiungerlo la pura riflessione filosofica, giacché la Trinità è al di sopra delle possibilità del nostro intelletto, e può essere conosciuta solo per rivelazione.

E tuttavia, questo mistero che infinitamente ci supera è anche la realtà più vicina a noi, perché sta alle sorgenti del nostro essere. In Dio infatti noi “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (Ac 17,28), e a tutte e tre le divine persone va applicato quanto S. Agostino dice di Dio: Egli è “intimior intimo meo” (Conf.3, 6, 11). Nelle profondità del nostro essere, dove nemmeno il nostro sguardo riesce ad arrivare, la grazia rende presenti il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, l’unico Dio in tre persone. Il mistero della Trinità, lungi dall’essere un’arida verità consegnata all’intelletto, è vita che ci abita e ci sostiene.

4. Da questa vita trinitaria, che precede e fonda la creazione, prende le mosse la nostra contemplazione in quest’anno giubilare. Mistero delle origini da cui tutto sgorga, Dio ci appare Colui che è la pienezza dell’essere e comunica l’essere, come luce che “illumina ogni uomo” (cfr Jn 1,9), come Vivente e datore di vita. Ci appare soprattutto come Amore, secondo la bella definizione della Prima Lettera di Giovanni (cfr 1Jn 4,8). Egli è amore nella sua vita intima, dove il dinamismo trinitario è appunto espressione dell’eterno amore con cui il Padre genera il Figlio ed entrambi si donano reciprocamente nello Spirito Santo. È amore nel rapporto con il mondo, giacché la libera decisione di trarlo dal nulla è frutto di questo amore infinito che si irradia nella sfera della creazione. Se gli occhi del nostro cuore, illuminati dalla rivelazione, si fanno abbastanza puri e penetranti, diventano capaci di incontrare nella fede questo mistero, in cui tutto ciò che esiste ha la sua radice e il suo fondamento.

5. Ma come s’accennava all’inizio, il mistero della Trinità sta anche davanti a noi, come il traguardo a cui la storia tende, come la patria a cui aneliamo. La nostra riflessione trinitaria, seguendo i vari ambiti della creazione e della storia, guarderà a questa meta, che il libro dell’Apocalisse con grande efficacia ci addita come suggello della storia.

È questa la seconda e ultima parte del fiume di Dio, che abbiamo poc’anzi evocato. Nella Gerusalemme celeste l’origine e la fine si ricongiungono. Appare, infatti, Dio Padre che siede sul trono e dice: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5). Accanto a lui è presente l’Agnello, cioè Cristo, sul suo trono, con la sua luce, col libro della vita che raccoglie i nomi dei redenti (cfr Ap 21,23 Ap 21,27 Ap 22,1 Ap 22,3). E, alla fine, in un dialogo dolce e intenso, ecco lo Spirito che prega in noi e insieme con la Chiesa, la sposa dell’Agnello, dice: “Vieni, Signore Gesù” (cfr Ap 22,17 Ap 22,20).

Ritorniamo, allora, a conclusione di questo primo abbozzo del nostro lungo pellegrinaggio nel mistero di Dio, alla preghiera di Dionigi l’Areopagita che ci ricorda la necessità della contemplazione: “È nel silenzio, infatti, che s’imparano i segreti di questa tenebra... che brilla della luce più abbagliante... Essa, pur rimanendo perfettamente intangibile e invisibile, riempie di splendori più belli della bellezza le intelligenze che sanno chiudere gli occhi” (Teologia mistica I,1).

Saluti

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Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, ai membri dell'Arciconfraternita della Misericordia di Firenze, venuti per far benedire la cesta dei "panellini", che saranno distribuiti alle Autorità religiose e civili di Firenze, come pure alle Socie del "Soroptimist International" d'Italia.

Saluto, poi, i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli presenti. Ieri, ho aperto la Porta Santa della Basilica di San Paolo fuori le Mura, alla presenza di una significativa rappresentanza di Fratelli di altre Chiese e Comunità cristiane, nel giorno in cui è iniziata l'annuale Settimana di preghiera per l'unità dei Cristiani.

In questo Grande Giubileo, nel quale siamo invitati a rivolgere al Padre con fede ancora più intensa la preghiera di Gesù "Siano una cosa sola" (Jn 17,11), esorto voi, cari giovani, a diventare apostoli di dialogo, di ascolto e di perdono; chiedo a voi, cari ammalati, di offrire le vostre sofferenze per l'unità di tutti i credenti in Cristo; invito voi, cari sposi novelli, ad essere artefici di comunione a partire dalle vostre famiglie.









Catechesi 79-2005 22129