Catechesi 79-2005 22110

Mercoledì, 22 novembre 2000: "Fede, Speranza, Carità in prospettiva ecumenica"

22110
(Lettura:
Ep 4,1-6)

1. La fede, la speranza e la carità sono come tre stelle che s’accendono nel cielo della nostra vita spirituale per guidarci verso Dio. Sono, per eccellenza, le virtù ‘teologali’: ci mettono in comunione con Dio e ci conducono a Lui. Esse compongono un trittico che ha il suo vertice nella carità, l’agape, cantata egregiamente da Paolo in un inno della prima Lettera ai Corinzi. Esso è suggellato dalla seguente dichiarazione: ‘Queste sono le tre cose che permangono: la fede, la speranza, la carità. Ma di tutte più grande è la carità’ (1Co 13,13).

Nella misura in cui animano i discepoli di Cristo, le tre virtù teologali li spingono all’unità, secondo l’indicazione delle parole paoline ascoltate in apertura: ‘Un solo corpo’, una sola speranza’ un solo Signore, una sola fede’, un solo Dio Padre’ (Ep 4,4-6). Continuando a riflettere sulla prospettiva ecumenica affrontata nella precedente catechesi, vogliamo oggi approfondire il ruolo delle virtù teologali nel cammino che conduce alla piena comunione con Dio Trinità e con i fratelli.

2. Nel brano menzionato della Lettera agli Efesini l’Apostolo esalta innanzitutto l’unità della fede. Tale unità ha la sua sorgente nella parola di Dio, che tutte le Chiese e Comunità ecclesiali considerano come lampada per i propri passi nel cammino della loro storia (cfr Ps 119,105). Insieme le Chiese e Comunità ecclesiali professano la fede in ‘un solo Signore’, Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, e in ‘un solo Dio Padre di tutti’ (Ep 4,5 Ep 4,6). Questa unità fondamentale, insieme a quella costituita dall’unico battesimo, emerge chiaramente dai molteplici documenti del dialogo ecumenico, anche quando permangono su un punto o un altro motivi di riserva. Così si legge, ad esempio, in un documento del Consiglio Ecumenico delle Chiese: ‘I cristiani credono che l'’unico vero Dio’, che si è fatto conoscere ad Israele, si è rivelato in modo supremo in ‘colui che ha mandato’, Gesù Cristo (Jn 17,3); che in Cristo, Dio ha riconciliato a sé il mondo (2Co 5,19) e che, mediante il suo Santo Spirito, Dio porta nuova ed eterna vita a tutti coloro che per mezzo di Cristo si affidano a lui’ (CEC, Confessare una sola fede, 1992, n. 6).

Tutte insieme le Chiese e Comunità ecclesiali si riferiscono agli antichi Simboli della fede e alle definizioni dei primi Concili ecumenici. Rimangono, però, certe divergenze dottrinali da superare perché il cammino dell’unità della fede giunga alla pienezza additata dalla promessa di Cristo: ‘Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore’ (Jn 10,16).

3. Paolo, nel testo della Lettera agli Efesini che abbiamo posto ad emblema del nostro incontro, parla anche di una sola speranza alla quale siamo stati chiamati (cfr Ep 4,4). È una speranza che si esprime nell’impegno comune, attraverso la preghiera e l’operosa coerenza di vita, per l’avvento del Regno di Dio. All’interno di questo vasto orizzonte, il movimento ecumenico si è orientato verso mete fondamentali che s’intrecciano tra loro, come obiettivi di un’unica speranza: l’unità della Chiesa, l’evangelizzazione del mondo, la liberazione e la pace nella comunità umana. Il cammino ecumenico ha tratto vantaggi anche dal dialogo con le speranze terrene e umanistiche del nostro tempo, persino con la speranza nascosta, apparentemente sconfitta, dei ‘senza speranza’. Di fronte a queste molteplici espressioni della speranza nel nostro tempo, i cristiani, pur in tensione tra loro e provati dalla divisione, sono stati spinti a scoprire e testimoniare ‘una comune ragione di speranza’ (CEC, Commissione ‘Faith and Order’ Sharing in One Hope, Bangalore 1978), riconoscendone in Cristo il fondamento indistruttibile. Un poeta francese ha scritto: ‘Sperare è la cosa difficile’ la cosa facile è disperare ed è la grande tentazione’ (Ch. Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù, ed. Pléiade, p. 538). Ma per noi cristiani rimane sempre valida l’esortazione di san Pietro a rendere ragione della speranza che è in noi (cfr 1P 3,15).

4. Al vertice delle tre virtù teologali c’è l’amore, che Paolo paragona quasi a un nodo d’oro che raccoglie in armonia perfetta tutta la comunità cristiana: ‘Sopra di tutto vi sia la carità, che è vincolo di perfezione’ (Col 3,14). Cristo, nella solenne preghiera per l’unità dei discepoli, ne rivela il substrato teologico profondo: ‘L’amore col quale tu, (o Padre), mi hai amato sia in essi e io in loro’ (Jn 17,26). Proprio questo amore, accolto e fatto crescere, compone in un unico corpo la Chiesa, come ci indica ancora Paolo: ‘Vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità’ (Ep 4,15-16).

5. L’approdo ecclesiale della carità, e al tempo stesso la sua sorgente inesauribile, è l’Eucaristia, comunione col corpo e sangue del Signore, anticipazione dell’intimità perfetta con Dio. Purtroppo, come ho ricordato nella precedente catechesi, nei rapporti fra i cristiani divisi, ‘a causa di divergenze che toccano la fede, non è ancora possibile concelebrare la stessa liturgia eucaristica. Eppure noi abbiamo il desiderio ardente di celebrare insieme l’unica Eucaristia del Signore, e questo desiderio diventa già una lode comune, una stessa implorazione. Insieme ci rivolgiamo al Padre e lo facciamo sempre di più con un cuore solo’ (Ut unum sint UUS 45). Il Concilio ci ha ricordato che ‘questo santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità della Chiesa di Cristo, una ed unica, supera le forze e le doti umane’. Dobbiamo pertanto riporre tutta la nostra speranza ‘nell’orazione di Cristo per la Chiesa, nell’amore del Padre per noi e nella forza dello Spirito Santo’ (UR 24).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi provenienti da Bardejov, Prešov e dintorni, Stropkov, Piešany, Bratislava, Liptovská Teplická, Frickovce ed Osikov.

Fratelli e Sorelle, domani ricorre la memoria di San Clemente, quarto Papa e Martire. Le sue reliquie sono state portate a Roma dai Santi fratelli Cirillo e Metodio. Anche voi avete seguito le loro orme. La visita a Roma rafforzi la vostra devozione al Successore di Pietro.

Vi benedico volentieri.

Sia lodato Gesù Cristo!




Versione italiana del testo croato:

Cari Fratelli e Sorelle, la Santissima Madre di Dio, che invochiamo anche come Madre della Speranza, accompagni i vostri passi e li orienti verso le vie della salvezza. Ella vi sostenga nel vivere e nel testimoniare ogni giorno la speranza cristiana, che il Grande Giubileo dell'Anno 2000 vuole mettere particoralmente in risalto.

Saluto di cuore i pellegrini provenienti dalla Diocesi di Dubrovnik e da Osijek, invocando su tutti la benedizione di Dio.

Siano lodati Gesù e Maria!




Traduzione del saluto in lingua ceca:

Rivolgo un cordiale benvenuto al gruppo di pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca.

Carissimi,

"Gesù Cristo, Luce, Vita, Vittoria", sta scritto sulla croce dal tempo dei SS. Cirillo e Metodio. È il nucleo della loro predicazione ai vostri antenati, ma anche a voi definisce la verità del Cristo Re. Per la Sua festa la ricordo a voi e vi benedico di cuore insieme a tutti i vostri cari in patria.

Sia lodato Gesù Cristo!




Traduzione del saluto in lingua slovena:

Cordialmente saluto i Superiori, gli studenti e le Suore di Maria del Pontificio Collegio Sloveno a Roma, che, pieni di gratitudine, festeggiate il 40° di fondazione.

Carissimi, possa questo importante anniversario fortificarvi nel servizio alla Chiesa ed alla Nazione slovena e nell’illimitata fedeltà al Successore di Pietro.

A tutti i presenti, specialmente al coro parrocchiale di Šentjernej in Dolenska, come pure a tutti gli studenti dello "Slovenik", imparto la Benedizione Apostolica.

* * * *


Rivolgo ora un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana. In particolare, ai fedeli delle Parrocchie dei Santi Margherita e Potito in Lauro e dei Santi Vito e Sisto in Pignano-Migliano di Lauro, come pure di Sant'Andrea Apostolo in Andria.

Saluto con affetto i membri della Consulta Nazionale Fondazioni Antiusura e le delegazioni delle varie Fondazioni Regionali, venuti per sensibilizzare tutti sul preoccupante fenomeno dell'usura e sui suoi drammatici risvolti sociali. Carissimi, il Papa vi è vicino e vi incoraggia a continuare nel generoso impegno di combattere questo impietoso sfruttamento del bisogno altrui. L'usura è una dilagante piaga sociale ed occorre assolutamente venire incontro a quanti si trovano coinvolti in questa rete di ingiustizia e di gravi sofferenze. Auspico di cuore che, nel contesto dell'Anno Giubilare, grazie al contributo di tutti, si possano compiere passi concreti per l'eliminazione di questo grande flagello sociale.

Saluto, ora, i partecipanti al Concorso Corale Internazionale di Musica Sacra "Pierluigi da Palestrina", il Centro di Formazione Professionale "GANAS" di Napoli, la Società Italiana per le ricerche sulle radiazioni e i membri della Banca Cattolica di Montefiascone. Tutti ringrazio per la loro gradita partecipazione.

Rivolgo, adesso, come di consueto, il mio affettuoso saluto ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli, pensando all'odierna memoria liturgica di Santa Cecilia.

Cari ragazzi e ragazze, vi vedo oggi particolarmente numerosi. Tra voi saluto con vivo affetto i tanti studenti di ogni ordine e grado, i membri della Comunità del "Villaggio dei Ragazzi" di Maddaloni con il Vescovo di Alife-Caiazzo, Monsignor Pietro Farina, e gli alunni del Liceo "Benedetto Cairoli" di Vigevano. Carissimi, desidero ringraziarvi di cuore per la vostra così grande partecipazione, e vi incoraggio a perseverare nel vostro generoso impegno di testimonianza cristiana nella scuola e nella società. L'esempio di Santa Cecilia, Patrona dei musicisti, vi aiuti a fare della vostra esistenza un canto di lode e di riconoscenza al Signore.

Questa Santa martire romana protegga poi voi, cari malati e vi conduca a comprendere il senso profondo della sofferenza, come partecipazione al sacrificio redentore di Cristo. L'intercessione di questa Santa, famosa per il suo amore per il canto e la musica, sostenga infine il vostro cammino familiare, cari sposi novelli, e lo renda sempre lieto, generoso ed aperto al servizio della vita.





Mercoledì, 29 novembre 2000: "Fede, Speranza e Carità nella prospettiva del dialogo interreligioso"

29110


(Lettura:
Ap 7,4 Ap 7,9-10).

1. Il grandioso affresco dell'Apocalisse, or ora a noi offerto, è affollato non solo dal popolo d'Israele, simbolicamente rappresentato dalle dodici tribù, ma anche da quell'immensa moltitudine di genti di ogni terra e cultura, tutte avvolte nella candida veste dell'eternità luminosa e beata. Prendo lo spunto da questa evocazione suggestiva per accennare al dialogo interreligioso, tema divenuto molto attuale ai nostri tempi.

Tutti i giusti della terra elevano la loro lode a Dio, giunti al traguardo della gloria, dopo aver percorso la strada erta e faticosa dell'esistenza terrena. Sono passati "attraverso la grande tribolazione" e hanno ottenuto la purificazione mediante il sangue dell'Agnello, "versato per molti, in remissione dei peccati" (Mt 26,28). Tutti, quindi, partecipano della stessa fonte di salvezza che Dio ha effuso sull'umanità. Infatti, "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Jn 3,17).

2. La salvezza è offerta a tutte le nazioni, come attesta già l'alleanza con Noè (cfr Gn 9,8-17), che testimonia l'universalità della manifestazione divina e della risposta umana nella fede (cfr CEC 58). In Abramo, poi, "si diranno benedette tutte le famiglie della terra" (Gn 12,3). Queste sono in cammino verso la città santa, per godere di quella pace che cambierà il volto del mondo, quando si forgeranno le spade in vomeri e le lanci in falci (cfr Is 2,2-5).

Con emozione si leggono in Isaia queste parole: "Gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri (…). Li benedirà il Signore degli eserciti: Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità" (Is 19,23 Is 19,25). "I capi dei popoli - canta il salmista - si sono raccolti con il popolo del Dio di Abramo, perché di Dio sono i potenti della terra: egli è l'Altissimo" (Ps 47,10). Anzi, il profeta Malachia sente salire dall'intero orizzonte dell'umanità come un respiro di adorazione e lode verso Dio: "Dall'oriente all'occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti" (Ml 1,11). Si domanda, infatti, lo stesso profeta: "Non abbiamo forse tutti noi un solo Padre? Forse non ci ha creati un unico Dio?" (Ml 2,10).

3. Una certa forma di fede si apre dunque nell'invocazione a Dio, anche quando il suo volto è "ignoto" (cfr Ac 17,23). Tutta l'umanità tende verso l'autentica adorazione di Dio e la comunione fraterna degli uomini sotto l'azione dello "Spirito di verità operante oltre i confini visibili del corpo mistico" di Cristo (Redemptor hominis RH 6).

Sant'Ireneo ricorda a tal proposito che quattro sono le alleanze stabilite da Dio con l'umanità: in Adamo, in Noè, in Mosè e in Gesù Cristo (cfr Adversus haereses, 3,11,8). Idealmente protese, le prime tre, verso la pienezza di Cristo, esse scandiscono il dialogo di Dio con le sue creature, un incontro di svelamento e di amore, di illuminazione e di grazia che il Figlio raccoglie in unità, sigilla nella verità, conduce alla perfezione.

4. In questa luce la fede di tutti i popoli sboccia nella speranza. Essa non è ancora illuminata dalla pienezza della rivelazione, che la pone in rapporto alle promesse divine e ne fa una virtù ‘teologale'. Tuttavia i libri sacri delle religioni aprono alla speranza nella misura in cui schiudono un orizzonte di comunione divina, delineano per la storia una meta di purificazione e di salvezza, promuovono la ricerca della verità e difendono i valori della vita, della santità e della giustizia, della pace e della libertà. Con questa tensione profonda, che resiste anche in mezzo alle contraddizioni umane, l'esperienza religiosa apre gli uomini al dono divino della carità ed alle sue esigenze.

In questo orizzonte si colloca il dialogo interreligioso al quale il Concilio Vaticano II ci ha incoraggiati (cfr Nostra Aetate NAE 2). Tale dialogo si manifesta nell'impegno comune di tutti i credenti per la giustizia, la solidarietà e la pace. Si esprime nelle relazioni culturali, che gettano un seme di idealità e di trascendenza nelle terre spesso aride della politica, dell'economia, dell'esistenza sociale. Trova un momento qualificato nel dialogo religioso, nel quale i cristiani portano la testimonianza integra della fede in Cristo, unico Salvatore del mondo. Per la stessa fede essi sono consapevoli che il cammino verso la pienezza della verità (cfr Jn 16,13) richiede l'umiltà dell'ascolto per cogliere e valorizzare ogni raggio di luce, sempre frutto dello Spirito di Cristo, da qualunque parte venga.

5. "La missione della Chiesa è quella di far crescere il Regno del Signore nostro e del suo Cristo di cui è serva. Una parte di questo ruolo consiste nel riconoscere che la realtà iniziale di questo Regno si può trovare anche oltre i confini della Chiesa, per esempio nei cuori dei seguaci di altre tradizioni religiose, nella misura in cui vivono valori evangelici e rimangono aperti all'azione dello Spirito" (Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Dialogo e annuncio, 35). Ciò vale specialmente - come ci ha indicato il Concilio Vaticano II nella dichiarazione Nostra Aetate - per le religioni monoteistiche dell'ebraismo e dell'islam. Con questo spirito nella bolla di indizione dell'anno giubilare ho formulato questo auspicio: "Possa il Giubileo favorire un ulteriore passo nel dialogo reciproco fino a quando un giorno, tutti insieme - ebrei, cristiani, musulmani - ci scambieremo a Gerusalemme il saluto della pace" (Incarnationis mysterium, 2). Ringrazio il Signore per avermi dato, nel mio recente pellegrinaggio nei Luoghi Santi, la gioia di questo saluto, promessa di rapporti improntati ad una pace sempre più profonda e universale.

Saluti



Versione italiana:

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi provenienti da Bratislava, Stropkov, Liptovská Teplicka, Modrá nad Cirochou, Bretejovce, Dol'any e Povazská Teplá.

Cari Fratelli e Sorelle, vi auguro che la visita delle tombe dei Santi Apostoli e dei martiri romani sia una sorgente di ispirazione per la vostra vita cristiana.

Con affetto imparto la Benedizione Apostolica a voi ed alle vostre famiglie in Patria.

Sia lodato Gesù Cristo!



Saluto ai pellegrini della REPUBBLICA CECA:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini di Praga e ai membri della Parrocchia di Sant'Egidio, di Moutnice!

Possa questo pellegrinaggio giubilare diventare per voi sorgente di grazie celesti, di riconciliazione, e di rinnovamento interiore.

Con questi voti, volentieri vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!


* * * * *


Saluto ora tutti i pellegrini di lingua italiana. In particolare, rivolgo un cordiale pensiero ai fedeli della Diocesi di Nuoro, venuti in pellegrinaggio giubilare e guidati dal loro Pastore, Monsignor Pietro Meloni. Saluto i religiosi e le religiose presenti e specialmente le religiose della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano con il loro Vescovo, Monsignor Felice Di Molfetta.

Saluto, poi, i numerosi gruppi parrocchiali e, in maniera speciale, le Parrocchie di Casal di Principe della Diocesi di Aversa, augurando loro che quest'incontro valga a rafforzare ciascuno nella fedele adesione a Cristo.

Un cordiale pensiero dirigo ora al numeroso gruppo di Lions Club Roma Host, che ringrazio per la presenza, mentre invoco su di loro e sui loro cari copiose benedizioni celesti.

Come sempre, il mio cordiale saluto è a questo punto per voi, cari giovani, cari ammalati e cari sposi novelli. Oggi inizia la Novena in preparazione alla solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.

A Lei affido voi, cari giovani, ed in modo tutto particolare voi, cari alunni provenienti da diverse scuole di ogni ordine e grado; affido voi, partecipanti alla cinquantesima Giornata della Bontà nelle Scuole - Premio "Livio Tempesta", che vi siete distinti per azioni di generosa bontà. Possa la Madre di Gesù aiutarvi a crescere ogni giorno di più nella conoscenza e nell'amore per Dio e per il prossimo. La Vergine Immacolata aiuti voi, cari malati, a sostenere con paziente adesione alla volontà divina le prove della sofferenza. Maria sostenga voi, cari sposi novelli, nel costruire nella fedeltà dell'amore la vostra famiglia cristiana.





Mercoledì, 6 dicembre 2000: "Cooperare all’avvento del Regno di Dio nel mondo"

61200
(Lettura:
Mt 13,31-33)

1. In quest'anno del Grande Giubileo, tema di fondo delle nostre catechesi è la gloria della Trinità, quale ci è stata rivelata nella storia della Salvezza. Abbiamo riflettuto sull’Eucaristia, massima celebrazione di Cristo presente sotto gli umili segni del pane e del vino. Vogliamo ora dedicare alcune catechesi all’impegno che ci viene chiesto, perché la gloria della Trinità rifulga pienamente nel mondo.

E la nostra riflessione parte dal vangelo di Marco dove leggiamo: “Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,14-15). Sono queste le prime parole che Gesù pronunzia davanti alla folla: esse contengono il cuore del suo Vangelo di speranza e di salvezza, l’annuncio del Regno di Dio. Da quel momento in poi, come notano gli evangelisti, ‘Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del Regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo’ (Mt 4,23 cfr Lc 8,1). Sulla sua scia si pongono gli Apostoli e con loro Paolo, l’Apostolo delle genti, chiamato ad ‘annunziare il Regno di Dio’ in mezzo alle nazioni fino alla capitale dell’impero romano (cfr Ac 20,25 Ac 28,23 Ac 28,31).

2. Con il Vangelo del Regno, Cristo si collega alle Scritture Sacre che, attraverso l’immagine regale, celebrano la signoria di Dio sul cosmo e sulla storia. Così leggiamo nel Salterio: ‘Dite tra i popoli: Il Signore regna! Sorregge il mondo, perché non vacilli; governa le nazioni’ (Ps 96,10). Il Regno è, quindi, l’azione efficace ma misteriosa che Dio svolge nell’universo e nel groviglio delle vicende umane. Egli vince le resistenze del male con pazienza, non con prepotenza e clamore.

Per questo il Regno è paragonato da Gesù al granello di senape, il più piccolo di tutti i semi, destinato però a diventare un albero frondoso (cfr Mt 13,31-32), o al seme che un uomo ha deposto nella terra: ‘dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa’ (Mc 4,27). Il Regno è grazia, amore di Dio per il mondo, sorgente per noi di serenità e di fiducia: ‘Non temere, piccolo gregge - dice Gesù - perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno’ (Lc 12,32). Le paure, gli affanni, gli incubi si dissolvono, perché il Regno di Dio è in mezzo a noi nella persona di Cristo (cfr Lc 17,21).

3. Tuttavia l’uomo non è un inerte testimone dell’ingresso di Dio nella storia. Gesù ci invita a ‘cercare’ attivamente ‘il Regno di Dio e la sua giustizia’ e a fare di questa ricerca la nostra preoccupazione principale (Mt 6,33). A quelli che ‘credevano che il Regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro’ (Lc 10,11), egli prescrisse un atteggiamento attivo invece di una attesa passiva, raccontando loro la parabola delle dieci mine da far fruttare (cfr Lc 19,12-27). Dal canto suo, l’apostolo Paolo dichiara che ‘il Regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è - anzitutto – giustizia’ (Rm 14,17) ed invita pressantemente i fedeli a mettere le loro membra a servizio della giustizia in vista della santificazione (cfr Rm 6,13 Rm 6,19).

La persona umana è quindi chiamata a cooperare con le sue mani, la sua mente ed il suo cuore all’avvento del Regno di Dio nel mondo. Questo è vero specialmente di coloro che sono chiamati all’apostolato, e che sono, come dice Paolo, ‘cooperatori del Regno di Dio’ (Col 4,11), ma è anche vero di ogni persona umana.

4. Nel Regno entrano le persone che hanno scelto la via delle Beatitudini evangeliche, vivendo come ‘poveri di spirito’ nel distacco dai beni materiali, per sollevare gli ultimi della terra dalla polvere della loro umiliazione. ‘Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo - si domanda Giacomo nella sua Lettera - per farli ricchi con la fede ed eredi del Regno che ha promesso a quelli che lo amano?’ (Jc 2,5). Nel Regno entrano coloro che sopportano con amore le sofferenze della vita: ‘È, infatti, necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio’ (Ac 14,22 cfr 2Th 1,4-5), dove Dio stesso ‘tergerà ogni lacrima (‘) e non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno’ (Ap 21,4). Nel Regno entrano i puri di cuore che scelgono la via della giustizia, cioè dell’adesione alla volontà di Dio, come ammonisce san Paolo: ‘Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il Regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio’ (1Co 6,9-10 cfr 1Co 15,50 Ep 5,5).

5. Tutti i giusti della terra, anche quelli che ignorano Cristo e la sua Chiesa e che, sotto l'influsso della grazia, cercano Dio con cuore sincero (cfr Lumen gentium LG 16), sono, dunque, chiamati a edificare il Regno di Dio, collaborando col Signore che ne è l’artefice primo e decisivo. Per questo dobbiamo affidarci alle sue mani, alla sua Parola, alla sua guida, come bambini inesperti che trovano solo nel Padre la sicurezza: ‘Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino - ha detto Gesù - non vi entrerà’ (Lc 18,17).

Con questo animo dobbiamo far nostra l’invocazione: ‘Venga il tuo Regno!’. Un’invocazione che nella storia dell’umanità è salita tante volte al cielo come un grande respiro di speranza: ‘Vegna vêr noi la pace del tuo regno’, esclama Dante nella sua parafrasi del Padre Nostro (Purgatorio XI,7). Un’invocazione che orienta lo sguardo al ritorno di Cristo e alimenta il desiderio della venuta finale del Regno di Dio. Questo desiderio però non distoglie la Chiesa dalla sua missione in questo mondo, anzi la impegna maggiormente (cfr CEC 2818), nell’attesa di poter varcare la soglia del Regno, del quale la Chiesa è il germe e l'inizio (cfr Lumen gentium LG 5), quando esso giungerà nel mondo in pienezza. Allora, ci assicura Pietro nella Seconda Lettera, "vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel Regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo" (2P 1,11).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Con affetto do il benvenuto al pellegrinaggio giubilare del personale della Curia Arcidiocesana di Bratislava-Trnava ed ai pellegrini provenienti da Košice.

Fratelli e Sorelle, varcherete le Porte Sante delle Basiliche romane. Passare per la Porta Santa significa riconoscere che Gesù Cristo è il Signore, rinvigorendo la fede in Lui, per vivere la nuova vita che Egli ci ha donato.

Con tale pensiero vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!


Versione italiana del testo croato:

Cari Fratelli e Sorelle, il Grande Giubileo dell'Anno 2000 vuole fortificare ulteriormente la nostra speranza, rievocando il mistero dell'Incarnazione e ricordandoci della fedeltà di Dio alle promesse fatte all'umanità. Vi auguro che sappiate profittare del tempo presente, accogliendo la grazia che viene offerta ad ognuno.

Saluto cordialmente i pellegrini croati qui presenti e volentieri imparto loro la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!



Traduzione italiana del saluto in lingua ucraina

Saluto ora i fedeli ucraini, che prendono parte al pellegrinaggio giubilare insieme ai loro rispettivi Vescovi.

Cari Fratelli e Sorelle, vi ringrazio per la vostra presenza. Auspico cordialmente che il vostro pellegrinaggio sia ricco di frutti spirituali e pastorali a beneficio delle intere vostre Comunità. Possa questa vostra visita alla Città degli Apostoli Pietro e Paolo rinsaldare la vostra fede spingendovi ad essere sempre più autentici testimoni del Vangelo.

A tutti imparto volentieri la Benedizione Apostolica.


Traduzione italiana del saluto ai pellegrini polacchi:

1. Do un cordiale benvenuto ai pellegrini della Polonia presenti all’odierna udienza generale. I singoli gruppi sono già stati elencati. In modo particolare voglio salutare i pellegrini di Zakopane, che - come ogni anno - hanno portato i loro doni. Tra questi ci sono anche dei begli alberi di natale, abeti dei boschi di Zakopane. Sono molto lieto della vostra presenza, che mi ricorda costantemente la terra di Podhale, i bei monti Tatra e le ricche tradizioni dei montanari. Mentre vi guardo mi tornano in mente molti ricordi uniti a vari luoghi, che visitavo una volta. Vi ringrazio per questo incontro, vi sono grato perché con tanta fedeltà ricordate il Papa. Il Signore vi ricompensi perché siete venuti e per la musica e il canto così commoventi. Portate il mio saluto a tutti gli abitanti di Zakopane e di Podhale. Dio vi benedica tutti.

2. Saluto cordialmente anche il pellegrinaggio che rappresenta la Direzione e i Dipendenti delle Poste Polacche: di Katowice, di Opole e di Czestochowa. Vi ringrazio del vostro lavoro di cui tutti usufruiamo. Saluto anche i notai qui presenti venuti da tutte le parti della Polonia.

Cari pellegrini, siete giunti a Roma nell’ambito delle celebrazioni del Grande Giubileo dell’Anno 2000. Il Giubileo è "una grande preghiera di lode e di ringraziamento per il dono dell’Incarnazione del Figlio di Dio e della Redenzione da Lui operata" (Terzo millennio adveniente, 32). Durante il tempo dell’Avvento lodiamo in modo particolare Dio, rendiamo a Lui grazie perché ci ha dato il suo Figlio, perché "chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Dinanzi a ciascuno di noi, dinanzi ad ogni credente c’è un grande e essenziale compito: mostrare Cristo ad ogni uomo, annunziarlo con la parola e con la testimonianza della vita, "perché il mondo creda" (cfr. Jn 17,21). A questo ci esorta il santo tempo del Grande Giubileo che stiamo ora vivendo.

A tutti i miei Connazionali qui presenti auguro la benedizione divina per il tempo dell’Avvento e per il Natale del Signore che si sta approssimando.

* * * * *


Saluto ora tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare il Gruppo dell'Opera del Duomo di Firenze, guidato da Signor Cardinale Silvano Piovanelli, i membri dell'Associazione Rondine Cittadella della Pace ed i partecipanti alla Marcia Internazionale della Solidarietà, promossa dal gruppo sportivo "Vita per la Vita" di Coccaglio.

Saluto, inoltre, il gruppo di famiglie che hanno perso prematuramente, talora tragicamente, i loro figli e che fanno parte dell'iniziativa "Campana per la Vita", con sede presso la Parrocchia di San Pietro apostolo di Vercelli; come pure i fedeli della Parrocchia Santi Marcellino e Pietro di Imbersago, venuti per accendere la fiaccola che sarà portata nel loro nuovo Oratorio dedicato alla venerata memoria del Papa Paolo VI.

Rivolgo, altresì, un cordiale pensiero ai membri della Banca Cattolica di Montefiascone, ai dirigenti e dipendenti delle Ferrovie dello Stato della Stazione Roma San Pietro con i loro familiari e all'Unione Nazionale Associazioni Venatorie Italiane.

Saluto, poi, i docenti e i dirigenti dell'Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi, che celebrano il Giubileo dell'educatore ed il ventesimo Congresso nazionale della loro associazione. Carissimi docenti, voi ricordate i cinquant'anni di fondazione del vostro Sodalizio e l'impegno dedicato allo sviluppo della vostra specifica vocazione di laici all'interno della scuola statale o non statale. In questo periodo di grandi trasformazioni della scuola italiana, assicurate un servizio serio e sereno, perché ragione e fede, cultura e professione, aspirazione alla verità e alla democrazia si possano armonicamente sviluppare al servizio della formazione dei giovani, vincendo le possibili tentazioni della sfiducia e dell'abbandono.

Saluto, ora, i giovani qui presenti. Vi esorto, carissimi, a nutrirvi con frequenza al pane di vita che Cristo moltiplica ogni giorno sulle mense della Chiesa.

Con viva amicizia mi rivolgo poi a voi, cari ammalati, invitandovi a guardare a Colui che, in questo tempo di Avvento, attendiamo come Colui che sta per venire. Sappiate offrire a Lui con grande fede le vostre sofferenze, per essere partecipi anche della sua gloria.

E voi, cari sposi novelli, che saluto con vera cordialità, alimentate la vostra vita grazie al ricorso costante a Maria, Madre e Vergine Immacolata.

Vi accompagni tutti la mia Benedizione!





Mercoledì, 13 dicembre 2000: Il valore dell’impegno nelle realtà temporali

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1. L’apostolo Paolo afferma che “la nostra patria è nei cieli” (
Ph 3,20), ma non ne conclude che possiamo aspettare passivamente l’ingresso nella patria, anzi ci esorta ad impegnarci attivamente. “Non stanchiamoci di fare il bene - scrive -; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Come dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede” (Ga 6,9-10).

La rivelazione biblica e la migliore sapienza filosofica concordano nel sottolineare che, da un lato, l’umanità è protesa verso l’infinito e l’eternità, dall’altro, essa è saldamente piantata sulla terra, entro le coordinate del tempo e dello spazio. C’è una meta trascendente da raggiungere, ma attraverso un percorso che si sviluppa sulla terra e nella storia. Le parole della Genesi sono illuminanti: la creatura umana è legata alla polvere della terra, al tempo stesso ha un “respiro” che la unisce direttamente a Dio (cfr Gn 2,7).

2. È ancora la Genesi ad affermare che l’uomo, uscito dalle mani divine, fu collocato “nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gn 2,15). I due verbi del testo originale ebraico sono quelli usati altrove per indicare anche il ‘servire’ Dio e l’‘osservare’ la sua parola, cioè l’impegno di Israele nei confronti dell’alleanza con il Signore. Questa analogia sembra suggerire che un’alleanza primaria unisce il Creatore ad Adamo e a ogni creatura umana, un’alleanza che si compie nell’impegno di riempire la terra, soggiogando e dominando i pesci del mare e gli uccelli del cielo e ogni essere che striscia sulla terra (cfr Gn 1,28 Ps 8,7-9).

Purtroppo spesso l’uomo compie questa missione a lui assegnata da Dio non come un artefice sapiente, ma come un tiranno prepotente. Alla fine si ritrova in un mondo devastato e ostile, in una società frantumata e lacerata, come ancora ci insegna la Genesi nel grande affresco del capitolo terzo, dove descrive la rottura dell’armonia dell’uomo con il suo simile, con la terra e con lo stesso Creatore. È questo il frutto del peccato originale, cioè della ribellione avvenuta fin dall’inizio al progetto che Dio aveva affidato all’umanità.

3. Dobbiamo, perciò, con la grazia di Cristo Redentore, rifare nostro il disegno di pace e sviluppo, di giustizia e solidarietà, di trasformazione e valorizzazione delle realtà terrestri e temporali, adombrato nelle prime pagine della Bibbia. Dobbiamo continuare la grande avventura dell’umanità nel campo della scienza e della tecnica, scavando nei segreti della natura. Occorre sviluppare - attraverso l’economia, il commercio e la vita sociale - il benessere, la conoscenza, la vittoria sulla miseria e su ogni forma di umiliazione della dignità umana.

L’opera creativa è in un certo senso delegata da Dio all’uomo, così che essa continui sia nelle straordinarie imprese della scienza e della tecnica, sia nel quotidiano impegno dei lavoratori, degli studiosi, delle persone che con le loro menti e le loro mani mirano a “coltivare e custodire” la terra e a rendere più solidali gli uomini e le donne tra loro. Dio non è assente dalla sua creazione, anzi “ha coronato di gloria e di onore l’uomo” rendendolo, con la sua autonomia e libertà, quasi suo rappresentante nel mondo e nella storia (cfr Ps 8,6-7).

4. Come dice il Salmista, al mattino “l’uomo esce al suo lavoro, per la sua fatica fino a sera” (Ps 104,23). Anche Cristo valorizza nelle sue parabole quest’opera dell’uomo e della donna nei campi e nel mare, nelle case e nelle assemblee, nei tribunali e nei mercati. La assume per illustrare simbolicamente il mistero del Regno di Dio e della sua attuazione progressiva, pur consapevole che spesso questo lavoro è vanificato dal male e dal peccato, dall’egoismo e dall’ingiustizia. La misteriosa presenza del Regno nella storia sostiene e vivifica l’impegno del cristiano nei suoi compiti terreni.

Coinvolti in quest’opera e in questa lotta, i cristiani sono chiamati a collaborare con il Creatore per realizzare sulla terra una “casa dell’uomo” più conforme alla sua dignità e al disegno divino, una casa nella quale “misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno” (Ps 85,11).

5. In questa luce vorrei riproporre alla vostra meditazione le pagine che il Concilio Vaticano II ha dedicato, nella costituzione pastorale Gaudium et spes (cfr cc. III e IV), all’“attività umana nell’universo” e al “compito della Chiesa nel mondo contemporaneo”. “Per i credenti - insegna il Concilio - una cosa è certa: l’attività umana individuale e collettiva, ossia quell’ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in se stesso, corrisponde al disegno di Dio” (GS 34).

La complessità della società moderna rende sempre più arduo l’impegno di animare le strutture politiche, culturali, economiche e tecnologiche che spesso sono senza anima. In questo orizzonte difficile e promettente la Chiesa è chiamata a riconoscere l’autonomia delle realtà terrene (cfr GS 36), ma anche a proclamare efficacemente “la priorità dell’etica sulla tecnica, il primato della persona sulle cose, la superiorità dello spirito sulla materia” (Congregazione per l’Educazione Cattolica, In questi ultimi decenni, 30-12-1988, n. 44). Solo così si compirà l’annunzio di Paolo: “La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio… e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,21).

Saluti:


Saluto ai pellegrini croati:

Draga braco i sestre, zelim vam da prigoda Velikoga jubileja bude za vas ujedno i poticaj na još dublje shvacanje kršcanskoga smisla zivota. Vaša srca bila uvijek otvorena milosti koju Bog ne prestaje obilno darivati ljudima kroz povijesti. Od srca pozdravljam sve ovdje nazocne hrvatske hodocasnike te im rado udjeljujem apostolski blagoslov. Hvaljen Isus i Marija!

Versione italiana del testo croato:

Cari Fratelli e Sorelle, vi auguro che l'occasione del Grande Giubileo sia pure motivo per comprendere ulteriormente il senso cristiano della vita. Siano i vostri cuori sempre aperti alla grazia che Dio non cessa di donare in abbondanza agli uomini nel corso della storia.

Saluto di cuore tutti i pellegrini croati qui presenti e volentieri imparto loro la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!



Traduzione del saluto in lingua romena:

Rivolgo un cordiale benvenuto ai membri della corale "Credo" di Brasov, in Romania.
Carissimi, vi ringrazio di cuore per la vostra gradita visita, e mentre auspico che il pellegrinaggio giubilare valga a confermare la vostra fede ed il vostro generoso impegno di testimonianza evangelica, volentieri benedico voi e le vostre famiglie.
Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua lituana:

Saluto i pellegrini lituani, rallegrandomi per la presenza dei cori "Šiaudele" e "emynas".

Guardate a Maria e accogliete Gesù nascente con gioia e fiducia, e i vostri giovani cuori siano pieni di semplicità e di umiltà, affinché tutti possano ammirare anche in voi l’amore di Cristo.

Mentre vi ringrazio per il canto e per la preghiera, tutti vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!

*****


Saluto, ora, tutti i pellegrini di lingua italiana. In particolare, i fedeli dell'Arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova, guidati dal loro Pastore, Monsignor Vittorio Mondello. Cari Fratelli e Sorelle, grazie per la vostra visita. Auspico cordialmente che il vostro pellegrinaggio giubilare sia ricco di frutti spirituali per la vostra Comunità diocesana, alla quale invio un cordiale ed affettuoso pensiero augurale.

Saluto, poi, le Comunità parrocchiali presenti, specialmente quelle di Maria Santissima del Buon Rimedio del Rione Scampia in Napoli, di Gallo Matese e di Santa Maria degli Angeli in Pietrelcina, venuti a far benedire le formelle del portone in bronzo della loro chiesa. Per tutti quest'incontro sia di stimolo a ravvivare il proprio cammino di fede e di solidarietà cristiana.

Saluto, altresì, il gruppo Laici Terzo Mondo, i membri del Movimento Dehoniano Europeo, il pellegrinaggio della Cooperativa di Pescatori "Colombo" di Savona, accompagnata dal Vescovo Monsignor Dante Lafranconi, il Circolo nautico Generali da Venezia, i partecipanti al Concorso Nazionale di Pasticceria ed il gruppo della "Together for Peace Foundation".

Il mio affettuoso saluto va ora ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Carissimi, ricorreva ieri la festa liturgica della Vergine Maria di Guadalupe, Patrona del Continente americano. A Lei affido voi, cari giovani: l'invito che a Cana rivolse ai servi: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5) vi spinga ad accogliere con slancio la parola di Cristo e a farla fruttificare nella vostra vita. Maria sostenga voi, cari malati, e vi faccia sperimentare, anche nella sofferenza, la presenza consolante di Cristo Salvatore. La sua materna intercessione aiuti voi, cari sposi novelli, a costruire la vostra nuova famiglia nella fedeltà dell'amore coniugale, nel reciproco servizio e nell'accoglienza del dono della vita.






Catechesi 79-2005 22110