Catechesi 79-2005 20120

Mercoledì, 20 dicembre 2000

20120
1. "O chiave di Davide, che apri le porte del Regno dei cieli: vieni, e libera chi giace nelle tenebre del male".

E' con questa invocazione che la liturgia ci fa pregare quest'oggi, invitandoci a volgere lo sguardo a Colui che nasce per redimere l'umanità. Siamo ormai alle porte del Natale e più intensa si fa l'implorazione del popolo in attesa: "Vieni, Signore Gesù", vieni a liberare "chi giace nelle tenebre del male"!

Ci apprestiamo a commemorare l'evento che è nel cuore della storia della salvezza: l'incarnazione del Figlio di Dio, venuto ad abitare in mezzo a noi per redimere ogni umana creatura con la sua morte in Croce. Nel mistero del Natale è già presente il mistero pasquale; nella notte di Betlemme intravediamo già la veglia di Pasqua. La luce che illumina la grotta ci rimanda al fulgore di Cristo risorto che vince le tenebre del sepolcro.

Quest'anno, poi, è un Natale speciale, il Natale dei duemila anni di Cristo: un "compleanno" importante, che abbiamo celebrato con l'Anno giubilare, meditando sull'evento straordinario del Verbo eterno fatto uomo per la nostra salvezza. Ci disponiamo a rivivere con fede rinnovata le imminenti festività natalizie, per accoglierne in pienezza il messaggio spirituale.

2. A Natale il nostro pensiero torna naturalmente a Betlemme: "E tu, - dice il profeta Michea - Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele" (
Mi 5,1). A queste parole fanno eco quelle dell'evangelista Matteo. Ai Magi, che vogliono sapere dal re Erode "dov'è il re dei Giudei che è nato?" (Mt 2,2), i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo comunicano quello che aveva scritto l'antico profeta su Betlemme: "da te uscirà un capo che pascerà il mio popolo, Israele" (Mt 2,6).

La Chiesa d'Oriente prega così nell'ufficio dell'órthros nella solennità del Natale: "Betlemme, preparati; canta, città di Sion; esulta, deserto che hai attirato la gioia: la stella avanza per indicare il Cristo che a Betlemme sta per nascere; una grotta accoglie colui che assolutamente nulla può contenere, ed è apprestata una mangiatoia per ricevere l'eterna vita" (stichirá idiómela, Anthologhion).

3. Betlemme, in questi giorni, diventa il luogo a cui sono rivolti gli occhi di tutti i credenti. La rappresentazione del presepe, che la tradizione popolare ha diffuso in ogni angolo della terra, ci aiuta a meglio riflettere sul messaggio che da Betlemme continua ad irradiarsi per l'intera umanità. In una misera grotta contempliamo un Dio che per amore si fa bambino. Egli dona a chi lo accoglie la gioia, ai popoli la riconciliazione e la pace. Il Grande Giubileo, che stiamo celebrando, ci invita ad aprire il cuore a Colui che dischiude per noi "le porte del Regno dei Cieli". Prepararci a riceverlo comporta prima di ogni altra cosa un atteggiamento di preghiera intensa e fiduciosa. Il fargli spazio nel nostro cuore esige un serio impegno a convertirsi al suo amore.

E' Lui che ci libera dalle tenebre del male, e ci chiede di offrire il nostro concreto contributo perché si realizzi il suo disegno di salvezza. Il profeta Isaia lo descrive con immagini suggestive: "Allora il deserto diventerà un giardino / e il giardino sarà considerato una selva. / Nel deserto prenderà dimora il diritto, / e la giustizia regnerà nel giardino. / Effetto della giustizia sarà la pace, / frutto del diritto una perenne sicurezza" (Is 32,15-17). Questo il dono che dobbiamo implorare con orante fiducia, questo il progetto che siamo chiamati a fare nostro con costante sollecitudine! Nel messaggio inviato ai credenti ed agli uomini di buona volontà per la prossima Giornata Mondiale della Pace, osservando che "nel cammino verso una migliore intesa tra i popoli numerose sono ancora le sfide che il mondo deve affrontare" (n. 18) ed ho perciò ricordato che "tutti devono sentire il dovere morale di operare scelte concrete e tempestive, per promuovere la causa della pace e della comprensione tra gli uomini" (ibid.).

Possa il Natale ravvivare in ciascuno la volontà di farsi attivo e coraggioso costruttore della civiltà dell'Amore. E' solo grazie all'apporto di tutti che la profezia di Michea e l'annuncio risuonato nella notte di Betlemme produrranno i loro frutti e sarà possibile vivere in pienezza il Natale cristiano.

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente il gruppo di pellegrini slovacchi provenienti da Bratislava.

Cari Fratelli e Sorelle, corroborati dalle grazie del Grande Giubileo, portate nelle vostre case la Benedizione Apostolica che imparto volentieri a voi ed ai vostri cari in Patria.

Sia lodato Gesù Cristo!

*****


Rivolgo, ora, un saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della Parrocchia san Leone IX Papa, in Santa Maria a Valogno di Sessa Aurunca, venuti per far benedire l'icona della Beata Vergine venerata con il titolo di "Assunta del Mirteto"; i membri della Confraternita del Santissimo Sacramento e San Magno da Anagni; come pure la delegazione dei Comuni del Golfo del Paradiso e della Comunità Montana Fontanabuona dalla Provincia di Genova, che hanno voluto donare una campana giubilare dedicata alla pace. Carissimi, auspico cordialmente che queste vostre iniziative vi aiutino a rafforzarvi nel quotidiano impegno di testimonianza evangelica.

Saluto, poi, il numeroso gruppo del C.R.A.L. delle Poste di Roma con il loro Consiglio direttivo. A ciascuno di voi, carissimi, ed ai vostri familiari auguro di trascorrere un Natale sereno e di compiere sempre con amore il servizio che svolgete a favore della comunità. Possiate essere in ogni circostanza portatori di buone notizie, comunicando con il vostro atteggiamento e con la vostra attività rispetto e cortesia.

Un pensiero speciale vorrei indirizzare a voi, che fate parte dell'Associazione Italiana Arbitri. Benvenuti e grazie per la vostra visita. In questi ultimi mesi ho avuto modo di incontrare a più riprese diversi rappresentanti del mondo dello sport, specialmente del calcio. La vostra presenza mi offre oggi l'opportunità di ricordare ancora una volta l'importanza della pratica sportiva quando si ispira ai valori umani e spirituali. Siate sempre testimoni di tali valori. Anche a voi ed alle vostre famiglie auguro di cuore un Natale di gioia e di pace.

Un pensiero speciale rivolgo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Cari giovani, accostatevi al mistero di Betlemme con gli stessi sentimenti di fede e di umiltà che furono di Maria, per divenire ricchi di speranza e di letizia; sia dato a voi, cari malati, di attingere dal Presepe quell'intima pace e serenità che Gesù viene a portare nel mondo: e la contemplazione del Natale faccia nascere in voi, cari sposi novelli, il desiderio di diventare strumenti generosi del miracolo della vita.

A tutti auguro ancora una volta un santo Natale, ricolmo di ogni bene, e di cuore imparto la Benedizione Apostolica.






Mercoledì, 3 gennaio 2001

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1. "Rallegriamoci nel Signore, esultiamo di gioia santa: la salvezza è apparsa nel mondo, alleluia". E' con queste parole che la liturgia ci invita oggi a restare immersi nella "gioia santa" del Natale. All'inizio di un nuovo anno, questa esortazione ci orienta a viverlo interamente nella luce di Cristo, la cui salvezza è apparsa nel mondo per tutti gli uomini.

Il tempo natalizio ripropone, in effetti, all'attenzione dei cristiani il mistero di Gesù e la sua opera di salvezza. Dinanzi al presepe la Chiesa adora l'augusto mistero dell'Incarnazione: il Bimbo che vagisce tra le braccia di Maria è il Verbo eterno che si è inserito nel tempo ed ha assunto la natura umana ferita dal peccato, per incorporarla a sé e redimerla. Ogni realtà umana, ogni vicenda temporale assume così risonanze eterne: nella persona del Verbo incarnato la creazione viene meravigliosamente sublimata.

Scrive Sant'Agostino: "Dio si fece uomo perché l'uomo diventasse Dio". Tra cielo e terra si è definitivamente stabilito un ponte: nell'Uomo-Dio l'umanità ritrova la via del Cielo. Il Figlio di Maria è Mediatore universale, Pontefice sommo. Ogni atto di questo Bimbo è un mistero destinato a rivelare l'abissale benevolenza di Dio.

2. Nella grotta di Betlemme si esprime con disarmante semplicità l'amore infinito che Dio ha per ogni essere umano. Contempliamo nel presepe il Dio fatto uomo per noi.

San Francesco d'Assisi ebbe l'idea di riproporre questo messaggio attraverso il presepe vivente a Greccio, il 25 dicembre del 1223. Narra il suo biografo, Tommaso da Celano, che egli era raggiante di letizia, perché in quella scena commovente risplendeva la semplicità evangelica, si lodava la povertà e si raccomandava l'umiltà. Il biografo termina osservando che "dopo quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia" (cfr Vita prima, cap. XXX, 86, 479).

L'intuizione di Francesco è sorprendente: il Presepe non solo è una nuova Betlemme, perché ne rievoca l'evento storico e ne attualizza il messaggio, ma è anche un'occasione di consolazione e di gioia: è il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza.Osserva ancora Tommaso da Celano che quella notte di Natale era chiara come il pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali (cfr VITA PRIMA, cap. XXX 85, 469).

3. Nel Presepe si celebra l'alleanza tra Dio e l'uomo, tra la terra e il cielo. Betlemme, luogo della gioia, diventa anche scuola di bontà, perché lì si manifestano la misericordia e l'amore che legano Dio ai suoi figli. Lì si attesta visibilmente la fraternità che deve vincolare quanti nella fede sono fratelli, perché figli dell'unico Padre celeste. In questo spazio di comunione, Betlemme risplende come la casa ove tutti possono trovare nutrimento - etimologicamente il nome significa casa del pane -, e si annuncia già, in un certo modo, il mistero pasquale dell'Eucaristia.

A Betlemme, quasi come su un simbolico altare, si celebra già la Vita che non muore e agli uomini di ogni tempo viene come dato da pregustare il cibo dell'immortalità, che è "pane dei pellegrini, vero pane dei figli" (Sequenza del Corpus Domini). Soltanto il Redentore, nato a Betlemme, può colmare le attese più profonde del cuore umano e lenirne le sofferenze e le ferite.

4. Nella grotta di Betlemme contempliamo Maria, che ha dato alla luce il Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo. "Donna docile alla voce dello Spirito, donna del silenzio e dell'ascolto, donna di speranza, che seppe accogliere come Abramo la volontà di Dio «sperando contro ogni speranza» (
Rm 4,18)" (Tertio millennio adveniente TMA 48), la Madonna risplende come modello per quanti si affidano con tutto il cuore alle promesse di Dio.

Insieme a Lei e a Giuseppe restiamo in adorazione dinanzi alla culla di Betlemme, mentre si leva verso il cielo la nostra implorante invocazione: "Fa' splendere il tuo volto e salvaci, Signore!".

Confortati dal dono della nascita del Salvatore, intensifichiamo il nostro impegno in questi ultimi giorni dell'Anno Santo. Apriamo il cuore a Cristo, unica e universale via che porta a Dio. Potremo così proseguire nel nuovo anno con salda fiducia. Ci sostenga in questo cammino la potente intercessione di Maria, Vergine fedele, testimone silenziosa del mistero di Betlemme.

Saluti:

...

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca:

Un cordiale saluto ai pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca.

In questo tempo di Natale risuona nelle nostre anime il canto angelico: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14). Possiate anche voi diffondere la pace di Cristo sulla terra.

Con questo auspicio vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!
*****


Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana ed a ciascuno formulo fervidi auguri all'inizio di questo nuovo anno. In particolare, saluto il Parroco ed i fedeli della Parrocchia dell'Assunzione della Beata Maria Vergine di Colli al Volturno (Isernia), venuti per far benedire la prima pietra dell'erigendo Monastero e Santuario dedicato a Maria, Stella dell'unità.

Saluto, poi, i membri dell'Associazione "Mir i Dobro - Pace e bene" di Viggiù, auspicando che quest'incontro valga a rafforzarli nell'impegno di generosa testimonianza del Vangelo.

Un saluto ed un augurio speciale dirigo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Gesù, che contempliamo nel mistero del Natale, sia per tutti guida sicura nel nuovo anno, da poco iniziato. Lo sia per voi, cari giovani, perché cresciate illuminati e orientati in ogni scelta dal suo Vangelo. Lo sia per voi, cari malati, perché possiate sempre accettare le prove dell'esistenza come momento di redenzione e di grazia. Lo sia per voi, cari sposi novelli, perché possiate sempre testimoniare nella vita familiare la vostra fedeltà a quanto avete ricevuto e promesso con il Sacramento del matrimonio.






Mercoledì, 10 gennaio 2001: L’impegno per la libertà e la giustizia

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(Lettura:
Is 58,1 Is 58,4 Is 58,6-8)

1. La voce dei profeti - come quella di Isaia che abbiamo or ora ascoltato - risuona ripetutamente per ricordarci che ci dobbiamo impegnare per liberare gli oppressi e far regnare la giustizia. Se manca questo impegno, il culto reso a Dio non gli è gradito. È un appello intenso, espresso talvolta in toni paradossali, come quando Osea, riferisce questo oracolo divino citato anche da Gesù (cfr Mt 9,13 Mt 12,7): “Amore io voglio e non sacrificio, conoscenza di Dio più degli olocausti” (Mt 6,6).

Anche il profeta Amos con veemenza sferzante presenta Dio che volge altrove lo sguardo e non accetta riti, feste, digiuni, musiche, suppliche, quando fuori del santuario si vende il giusto per danaro e il povero per un paio di sandali e si calpesta come polvere la testa dei poveri (cfr Am 2,6-7). Perciò, l’invito è senza esitazione: “Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne” (Am 5,24). I profeti, dunque, parlando a nome di Dio, ricusano un culto isolato dalla vita, una liturgia separata dalla giustizia, una preghiera staccata dall’impegno quotidiano, una fede spoglia di opere.

2. Il grido di Isaia: “Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova” (Is 1,16-17), echeggia nell’insegnamento di Cristo che ci ammonisce: “Se stai presentando la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24). Al tramonto della vita di ogni uomo e alla fine della storia dell’umanità il giudizio di Dio verterà proprio sull’amore, sulla pratica della giustizia, sull’accoglienza dei poveri (cfr Mt 25,31-46). Di fronte a una comunità lacerata da divisioni e ingiustizie com’è quella di Corinto, Paolo giunge al punto di esigere la sospensione della partecipazione eucaristica, invitando i cristiani a esaminare prima la propria coscienza, per non essere rei del corpo e del sangue del Signore (cfr 1Co 11,27-29).

3. Il servizio della carità, coerentemente connesso con la fede e con la liturgia (cfr Jc 2,14-17), l’impegno per la giustizia, la lotta contro ogni oppressione, la tutela della dignità della persona non sono per il cristiano espressioni di filantropia motivata dalla sola appartenenza alla famiglia umana. Si tratta, invece, di scelte e di atti che hanno un’anima profondamente religiosa, sono veri e propri sacrifici di cui Dio si compiace, secondo l’affermazione della Lettera agli Ebrei (cfr He 13,16). Particolarmente incisivo è l’ammonimento di san Giovanni Crisostomo: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non trascurarlo quando si trova nudo. Non rendergli onore qui nel tempio con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità” (In Matthaeum hom. 50,3).

4. Proprio perché “nel mondo contemporaneo il senso della giustizia si è risvegliato su vasta scala…, la Chiesa condivide con gli uomini del nostro tempo questo profondo e ardente desiderio di una vita giusta sotto ogni aspetto, e non omette neppure di sottoporre alla riflessione i vari aspetti di quella giustizia, quali la vita degli uomini e delle società esige. Ne è conferma il campo della dottrina sociale cattolica, ampiamente sviluppata nell’arco dell’ultimo secolo” (Dives in misericordia DM 12). Questo impegno di riflessione e di azione deve ricevere un impulso straordinario a partire proprio dal Giubileo. Nella sua matrice biblica, esso è una celebrazione di solidarietà: quando squillava la tromba dell’anno giubilare, ognuno ritornava “nella sua proprietà e nella sua famiglia”, come recita il testo ufficiale del Giubileo (Lv 25,10).

5. Innanzitutto i terreni alienati per varie vicende economiche e familiari venivano restituiti agli antichi proprietari. Con l’anno giubilare, quindi, si permetteva a tutti di ritornare a un ideale punto di partenza, attraverso un’ardita e coraggiosa opera di giustizia distributiva. È evidente la dimensione che si potrebbe chiamare ‘utopica’, proposta come concreto rimedio al consolidamento di privilegi e prevaricazioni: è il tentativo di spingere la società verso un ideale più alto di solidarietà, generosità e fraternità. Nelle moderne coordinate storiche il ritorno alle terre perdute potrebbe esprimersi, come ho più volte proposto, nel totale condono o almeno nella riduzione del debito internazionale dei Paesi poveri (cfr TMA 51).

6. L’altro impegno giubilare consisteva nel far sì che il servo ritornasse libero nella famiglia (cfr Lv 25,39-41). La miseria l’aveva trascinato nell’umiliazione della schiavitù, ora si apriva davanti a lui la possibilità di costruire il suo futuro nella libertà, all’interno della sua famiglia. Per questo motivo il profeta Ezechiele chiama l’anno giubilare “anno dell’affrancamento”, cioè del riscatto (cfr Ez 46,17). E un altro libro biblico, il Deuteronomio, auspica una società giusta, libera e solidale con queste parole: “Non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi (…); se vi sarà qualche tuo fratello bisognoso… non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano” (Dt 15,4 Dt 15,7).

A questa meta di solidarietà anche noi dobbiamo mirare: “Solidarietà dei poveri tra di loro, solidarietà con i poveri, alla quale sono chiamati i ricchi, solidarietà dei lavoratori e con i lavoratori” (Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede su Libertà cristiana e liberazione, 89). Vissuto così, il Giubileo appena terminato continuerà a produrre abbondanti frutti di giustizia, di libertà e di amore.

Saluti:

...

Saluto in lingua croata:
Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Cari Fratelli e Sorelle, qualche giorno fa si è concluso il Grande Giubileo dell'Anno 2000. Auspico vivamente che i frutti di questo straordinario avvenimento di fede e di grazia aiutino i cristiani dei nostri tempi a rendere testimonianza dell'immenso amore di Dio verso gli uomini. Sappino essi condure una vita permeata di santità ed operare con carità instancabile e generosa, come ho scritto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte.

Saluto cordialmente i Professori e gli Studenti dei licei di Zagabria come pure gli altri pellegrini croati. Invoco su tutti la benedizione di Dio.

Siano lodati Gesù e Maria!
*****


Nel salutare i pellegrini italiani presenti, rivolgo un pensiero particolare al gruppo "Amici di Don Orione", che provengono da Pontecurone, paese natale del beato Luigi Orione. Carissimi, auguro che il vostro pellegrinaggio a Roma vi rafforzi nella fede e nell'impegno di testimonianza cristiana.

Il mio saluto si estende, poi, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

La festa del Battesimo del Signore, che abbiamo celebrato domenica scorsa, ridesti in tutti la grazia ed il ricordo del nostro Battesimo. Esso costituisca per voi, cari giovani, uno stimolo a testimoniare sempre la gioia dell'adesione a Cristo, Figlio prediletto del Padre e nostro Fratello che ci illumina il cammino della vita. Sia per voi, cari malati, motivo di conforto, al pensiero che mediante tale Sacramento siete uniti all'Agnello di Dio che, con la sua passione e morte, salva il mondo. Sostenga voi, cari sposi novelli, nel fare della vostra famiglia un autentico focolare di fede e di amore.

A tutti imparto la Benedizione Apostolica.






Mercoledì, 17 gennaio 2001: L’impegno per scongiurare la catastrofe ecologica

17101

(Lettura:
Ps 148,1-5).

1. Nell’inno di lode, or ora proclamato (Ps 148,1-5), il Salmista convoca, chiamandole per nome, tutte le creature. In alto si affacciano angeli, sole, luna, stelle e cieli; sulla terra si muovono ventidue creature, tante quante sono le lettere dell’alfabeto ebraico, a indicare pienezza e totalità. Il fedele è come "il pastore dell’essere", cioè colui che conduce a Dio tutti gli esseri, invitandoli a intonare un "alleluia" di lode. Il Salmo ci introduce come in un tempio cosmico che ha per abside i cieli e per navate le regioni del mondo e al cui interno canta a Dio il coro delle creature. Questa visione potrebbe essere, per un verso, la rappresentazione di un paradiso perduto e, per un altro, quella del paradiso promesso. Non per nulla l’orizzonte di un universo paradisiaco, che è posto dalla Genesi (Gn 2) alle origini stesse del mondo, da Isaia (Is 11) e dall’Apocalisse (Ps 148,21-22) è collocato alla fine della storia. Si vede così che l’armonia dell’uomo con il suo simile, con il creato e con Dio è il progetto perseguito dal Creatore. Tale progetto è stato ed è continuamente sconvolto dal peccato umano che si ispira a un piano alternativo, raffigurato nel libro stesso della Genesi (Gn 2,3-11), in cui è descritto l’affermarsi di una progressiva tensione conflittuale con Dio, con il proprio simile e persino con la natura.

2. Il contrasto tra i due progetti emerge nitidamente nella vocazione a cui l’umanità, secondo la Bibbia, è chiamata e nelle conseguenze provocate dalla sua infedeltà a quella chiamata. La creatura umana riceve una missione di governo sul creato per farne brillare tutte le potenzialità. È una delega attribuita dal Re divino alle origini stesse della creazione quando l’uomo e la donna, che sono "immagine di Dio" (Gn 1,27), ricevono l’ordine di essere fecondi, moltiplicarsi, riempire la terra, soggiogarla e dominare sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra (cfr Gn 1,28). San Gregorio di Nissa, uno dei tre grandi Padri cappadoci, commentava: "Dio ha fatto l’uomo in modo tale che potesse svolgere la sua funzione di re della terra… L’uomo è stato creato a immagine di colui che governa l’universo. Tutto dimostra che fin dal principio la sua natura è contrassegnata dalla regalità… Egli è l’immagine viva che partecipa nella sua dignità alla perfezione del divino modello" (De hominis opificio, 4: PG 44,136).

3. Tuttavia la signoria dell’uomo non è "assoluta, ma ministeriale; è riflesso reale della signoria unica e infinita di Dio. Per questo l’uomo deve viverla con sapienza e amore, partecipando alla sapienza e all’amore incommensurabili di Dio" (Evangelium vitae EV 52). Nel linguaggio biblico "dare il nome" alle creature (cfr Gn 2,19-20) è il segno di questa missione di conoscenza e di trasformazione della realtà creata. È la missione non di un padrone assoluto e insindacabile, ma di un ministro del Regno di Dio, chiamato a continuare l’opera del Creatore, un’opera di vita e di pace. Il suo compito, definito nel Libro della Sapienza, è quello di governare "il mondo con santità e giustizia" (Sg 9,3).

Purtroppo, se lo sguardo percorre le regioni del nostro pianeta, ci si accorge subito che l’umanità ha deluso l’attesa divina. Soprattutto nel nostro tempo, l’uomo ha devastato senza esitazioni pianure e valli boscose, inquinato le acque, deformato l’habitat della terra, reso irrespirabile l’aria, sconvolto i sistemi idro-geologici e atmosferici, desertificato spazi verdeggianti, compiuto forme di industrializzazione selvaggia, umiliando - per usare un’immagine di Dante Alighieri (Paradiso, XXII, 151) - quell’"aiuola" che è la terra, nostra dimora.

4. Occorre, perciò, stimolare e sostenere la ‘conversione ecologica’, che in questi ultimi decenni ha reso l’umanità più sensibile nei confronti della catastrofe verso la quale si stava incamminando. L’uomo non più ‘ministro’ del Creatore. Ma autonomo despota, sta comprendendo di doversi finalmente arrestare davanti al baratro. "È, allora, da salutare con favore l’accresciuta attenzione alla qualità della vita e all’ecologia, che si registra soprattutto nelle società a sviluppo avanzato, nelle quali le attese delle persone non sono più concentrate tanto sui problemi della sopravvivenza quanto piuttosto sulla ricerca di un miglioramento globale delle condizioni di vita" (Evangelium vitae EV 27). Non è in gioco, quindi, solo un’ecologia ‘fisica’, attenta a tutelare l’habitat dei vari esseri viventi, ma anche un’ecologia ‘umana’ che renda più dignitosa l’esistenza delle creature, proteggendone il bene radicale della vita in tutte le sue manifestazioni e preparando alle future generazioni un ambiente che si avvicini di più al progetto del Creatore.

5. In questa ritrovata armonia con la natura e con se stessi gli uomini e le donne ritornano a passeggiare nel giardino della creazione, cercando di far sì che i beni della terra siano disponibili a tutti e non solo ad alcuni privilegiati, proprio come suggeriva il Giubileo biblico (cfr Lv 25,8-13 Lv 25,23). In mezzo a quelle meraviglie scopriamo la voce del Creatore, trasmessa dal cielo e dalla terra, dal giorno e dalla notte: un linguaggio "senza parole di cui si oda il suono", capace di varcare tutte le frontiere (cfr Ps 19,2-5 [18], 2-5).

Il libro della Sapienza, riecheggiato da Paolo, celebra questa presenza di Dio nell’universo ricordando che "dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il Creatore" (Sg 13,5 cfr Rm 1,20). È ciò che canta anche la tradizione giudaica dei Chassidim: "Dovunque io vada, Tu! Dovunque io sosti, Tu…, dovunque mi giro, dovunque ammiro, solo Tu, ancora Tu, sempre Tu" (M. Buber, I racconti dei Chassidim, Milano 1979, p. 256).

Saluti:

*****


Saluto con affetto tutti i pellegrini di lingua italiana. In particolare, i membri dell'Associazione internazionale professionisti del settore alberghiero, nonché i responsabili e i giovani del "Progetto Rebecca" dell'Arcidiocesi di Catania.

Mi rivolgo, poi, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Oggi celebriamo la memoria liturgica di sant'Antonio Abate, maestro di vita spirituale. Egli però è anche molto popolare negli ambienti rurali come patrono degli allevamenti. In questi ambienti si sta vivendo un momento di grave difficoltà a motivo dall'allarme sociale causato dalla diffusione di un recente morbo. In questa situazione di non lieve disagio, a tutti gli onesti allevatori va l'espressione della mia vicinanza spirituale.

L'esempio di sant'Antonio aiuti voi, cari giovani, a seguire Cristo senza compromessi; sostenga voi, cari malati, nei momenti di sconforto e di prova; e stimoli voi, sposi novelli, a non trascurare la preghiera nella vita di ogni giorno.

Oggi si celebra in Italia la Giornata per l'amicizia ebraico-cristiana. Nell'esprimere apprezzamento e sostegno a questa iniziativa della Chiesa italiana, auspico di cuore che essa contribuisca allo sviluppo di un autentico dialogo ebraico-cattolico.

Domani, poi, inizierà la Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani, durante la quale le Chiese e le Comunità ecclesiali pregheranno insieme affinché si realizzi pienamente la volontà di Cristo che, cioè, i suoi discepoli siano una cosa sola. Quest'anno il tema scelto è l'espressione di Gesù, riportata nel Vangelo di Giovanni, "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6). Carissimi Fratelli e Sorelle, invito tutti ad unirsi a questa corale invocazione al Signore e vi do appuntamento per giovedì 25 gennaio, nella Basilica di San Paolo, dove, secondo la tradizione, celebreremo la solenne conclusione di questa Settimana di preghiera per l'unità dei Cristiani.






Mercoledì, 24 gennaio 2001: L’impegno per un futuro degno dell’uomo

24101

1. Se gettiamo lo sguardo sul mondo e sulla sua storia, a prima vista sembra dominare il vessillo della guerra, della violenza, dell’oppressione, dell’ingiustizia, del degrado morale. Ci sembra, come nella visione del capitolo 6 dell’Apocalisse, che per le lande desolate della terra corrano i cavalieri che reggono ora la corona del potere trionfatore, ora la spada della violenza, ora la bilancia della povertà e della fame, ora la falce affilata della morte (cfr
Ap 6,1-8).

Di fronte alle tragedie della storia e all’immoralità dilagante, viene da ripetere la domanda che il profeta Geremia rivolge a Dio dando voce a tanti sofferenti e oppressi: “Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa discutere con te; ma vorrei solo rivolgerti una parola sulla giustizia. Perché le cose degli empi prosperano? Perché tutti i traditori sono tranquilli?” (Jr 12,1). A differenza di Mosè che dall’alto del monte Nebo contempla la terra promessa (cfr Dt 34,1), noi ci affacciamo su un mondo travagliato, nel quale il Regno di Dio fatica a farsi strada.

2. Sant’Ireneo nel II secolo individuava una spiegazione nella libertà dell’uomo che, invece di seguire il progetto divino di convivenza pacifica (cfr Gn 2), lacera le relazioni con Dio, con l’uomo e con il mondo. Scriveva, dunque, il vescovo di Lione: “A essere manchevole non è l’arte di Dio, che è in grado di suscitare figli ad Abramo dalle pietre, ma è colui che non la segue ad essere causa della propria perfezione mancata. Non è infatti la luce a mancare per colpa di quelli che si sono accecati, ma quelli che si sono accecati rimangono nell’oscurità per colpa loro, mentre la luce continua a brillare. La luce non assoggetta nessuno per forza, né Dio costringe nessuno ad accettare la sua arte” (Adversus haereses IV, 39,3).

È dunque necessario un continuo sforzo di conversione che raddrizzi la rotta dell’umanità, perché liberamente scelga di seguire l’“arte di Dio”, cioè il suo disegno di pace e di amore, di verità e di giustizia. È quell’arte che si rivela pienamente in Cristo, e che il convertito Paolino di Nola faceva sua con questo toccante programma di vita: “Mia sola arte è la fede e la musica è Cristo” (Carme XX,32).

3. Con la fede lo Spirito Santo depone nel cuore dell’uomo anche il seme della speranza. La fede è infatti, come dice la Lettera agli Ebrei, “fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (He 11,1). In un orizzonte spesso segnato dallo scoraggiamento, dal pessimismo, da scelte di morte, da inerzia e superficialità, il cristiano deve aprirsi alla speranza che sboccia dalla fede. Ciò è raffigurato nella scena evangelica del turbine che si scatena sul lago: “Maestro, maestro, siamo perduti!”, gridano i discepoli. E Cristo domanda loro: “Dov’è la vostra fede?” (Lc 8,24-25). Con la fede in Cristo e nel Regno di Dio non si è mai perduti, e la speranza della quiete serena riappare all’orizzonte. Anche per un futuro degno dell’uomo è necessario far rifiorire la fede operosa che genera la speranza. Di questa un poeta francese ha scritto: “La speranza è l’attesa trepidante del buon seminatore, è l’ansia di chi si candida all’eterno. La speranza è infinitezza d’amore” (Ch. Péguy, Il portico del mistero della seconda Virtù).

4. L’amore per l’umanità, per il suo benessere materiale e spirituale, per un progresso autentico, deve animare tutti i credenti. Ogni atto compiuto per creare un futuro migliore, una terra più abitabile e una società più fraterna partecipa, anche se in modo indiretto, all’edificazione del Regno di Dio. Proprio nella prospettiva di tale Regno, “l’uomo, l’uomo vivente, costituisce la prima e fondamentale via della Chiesa” (Evangelium vitae, EV 2 cfr Redemptor hominis RH 14). È la via che Cristo stesso ha seguito, facendosi al tempo stesso “via” dell’uomo (cfr Jn 14,6).

Su questa via siamo chiamati innanzitutto a cancellare la paura del futuro. Essa attanaglia spesso le giovani generazioni, conducendole per reazione all’indifferenza, alla dimissione nei confronti degli impegni nella vita, all’abbrutimento di sé nella droga, nella violenza, nell’apatia. Bisogna poi far emergere la gioia per ogni bimbo che nasce (cfr Jn 16,21), perché venga accolto con amore e gli si prepari la possibilità di crescere nel corpo e nello spirito. In tal modo si collabora all’opera stessa di Cristo, che ha così definito la sua missione: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Jn 10,10).

5. In apertura abbiamo ascoltato il messaggio che l’apostolo Giovanni rivolge ai padri e ai figli, agli anziani e ai giovani, perché continuino insieme a lottare e a sperare, nella certezza che è possibile vincere il male e il Maligno, in forza della presenza efficace del Padre celeste. Additare la speranza è un compito fondamentale della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ci ha lasciato in proposito questa illuminante considerazione: “Legittimamente si può pensare che il futuro dell’umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza” (Gaudium et spes, GS 31). In questa prospettiva mi piace riproporvi l’appello alla fiducia che feci nel discorso all’ONU nel 1995: “Non dobbiamo avere timore del futuro. (…) Abbiamo in noi la capacità di sapienza e di virtù. Con tali doni, e con l’aiuto della grazia di Dio, possiamo costruire nel secolo che sta per giungere e per il prossimo millennio una civiltà degna della persona umana, una vera cultura della libertà. Possiamo e dobbiamo farlo! E, facendolo, potremo renderci conto che le lacrime di questo secolo hanno preparato il terreno a una nuova primavera dello spirito umano” (Insegnamenti XVIII/2 [1995], p. 744).

Saluti:

Saluto ai pellegrini lituani:
Traduzione del saluto in lingua lituana:

Saluto i pellegrini lituani!

Insieme con la Chiesa invito tutti voi ad indirizzare la vostra speranza principalmente in Cristo, unico nostro Salvatore. Vi accompagni e vi guidi in ogni passo Maria, Stella dei tempi nuovi. Vi auguro ogni bene e di cuore vi benedico insieme con quanti vi sono cari.

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto ai pellegrini slovacchi:
Traduzione del saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente i pellegrini dalla Slovacchia - i lavoratori della Casa Charitas di Vrícko. Cari fratelli e sorelle, domani termina l’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani. Non cessiamo di pregare per la piena comunione fra i credenti in Cristo.

Volentieri benedico voi ed i vostri cari in Patria.

Sia lodato Gesù Cristo!
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Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, alle Suore Domenicane dello Spirito Santo, che in questi giorni compiono la ricognizione canonica dei resti mortali del Fondatore, Monsignor Pio Del Corona. Auguro che questo evento sia loro di stimolo per un rinnovato fervore nella totale consacrazione al Signore.

Saluto i membri dell'Associazione Amici di Raoul Follereau, venuti in occasione della Giornata Mondiale dei malati di lebbra. Possa questa ricorrenza, che da diversi anni si rinnova, favorire il moltiplicarsi di progetti di ricerca scientifica e di generose iniziative a favore di quanti sono colpiti da questa malattia.

Oggi, festa di San Francesco di Sales, Patrono della stampa, ho firmato il Messaggio per la trentacinquesima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, dal titolo: "Predicatelo dai tetti": il Vangelo nell'Era della Comunicazione Globale. Il testo viene oggi diffuso a cura del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

Auspico che la prossima Giornata per le Comunicazioni Sociali, che avrà luogo il 27 maggio 2001, costituisca per tutti un'occasione preziosa di riflessione sul ruolo e l'importanza dei mass media nell'ambito della nuova evangelizzazione. Preghiamo perché gli operatori della comunicazione sociale utilizzino questi strumenti per una sempre più concreta opportunità di conoscenza, di dialogo, di ricerca del senso della vita e di incontro con la Verità del Vangelo.

San Francesco di Sales, anticipando il Concilio Vaticano II, indicò la via della santità come una chiamata rivolta ad ogni stato di vita. Accogliete questo invito voi, cari giovani, e non arrendetevi alle lusinghe di una vita facile e banale, ma rispondete generosamente a Cristo che vi chiama a fare del Vangelo la vostra regola di vita. Il Signore offre a voi, cari ammalati, una via privilegiata per camminare in conformità alla sua volontà: sappiate cogliere tutte le occasioni di grazia della vostra particolare condizione. E voi, cari sposi novelli, seguendo gli insegnamenti di San Francesco di Sales, sappiate costruire ogni giorno la vostra adesione al Vangelo nella reciproca fedeltà e nell'amore.



Appello:

Le notizie provenienti dalla Colombia, che parlano di un impressionante incremento di violenza, non possono che indurre a chiedere a tutti di riscoprire il supremo valore della vita: "Non si può parlare di pace quando manca la difesa di questo valore fondamentale" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2001, n. 19).

Vorrei anche invitare tutte le parti a promuovere un effettivo e leale dialogo, mentre supplico che cessino i sequestri di persona, gli atti di terrorismo, gli attentati alla vita, come la piaga del narcotraffico.

E' ora di ritornare al Signore della Vita, affinché muova il cuore di tutti i colombiani e faccia loro comprendere che sono una sola grande famiglia.






Catechesi 79-2005 20120