Catechesi 79-2005 31001

Mercoledì 3 ottobre 2001

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Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Ringrazio il Signore che mi ha dato di compiere felicemente nei giorni scorsi il viaggio apostolico in Kazakhstan e Armenia. E' stata un'esperienza che ha lasciato nel mio cuore impressioni ed emozioni vivissime.

Si è trattato di una visita dal carattere duplice. In Kazakhstan, è stata una visita pastorale alla Comunità cattolica, che vive in un Paese di popolazione prevalentemente islamica, uscito dieci anni or sono dal duro ed oppressivo regime sovietico. In Armenia mi sono recato come pellegrino a rendere omaggio ad una Chiesa di origine molto antica: il popolo armeno, infatti, celebra i millesettecento anni da quando divenne ufficialmente cristiano. E quest'identità, a costo del martirio, esso ha mantenuto fino ad oggi.

Rinnovo l'espressione della mia gratitudine ai Presidenti della Repubblica del Kazakhstan e dell'Armenia, che col loro invito mi hanno aperto le porte dei loro nobili Paesi. Sono loro grato per la cortesia e per il calore con cui mi hanno accolto.

Rivolgo il mio pensiero riconoscente e affettuoso ai Vescovi ed agli Amministratori Apostolici, ai Sacerdoti ed alle Comunità cattoliche. Il mio grazie più sincero va a tutti coloro che hanno collaborato alla buona riuscita di questo pellegrinaggio apostolico, da me tanto atteso e a lungo preparato nella preghiera.

2. In Kazakhstan il tema della visita pastorale è stato il comandamento di Cristo: "Amatevi gli uni gli altri". E' stato particolarmente significativo portare questo messaggio in quel Paese in cui convivono oltre cento etnie diverse, che tra loro collaborano per edificare un futuro migliore. La stessa città di Astanà, dove si è svolta la mia visita, è diventata capitale da meno di quattro anni, ed è simbolo della ricostruzione del Paese.

Ho colto chiaramente nei miei incontri con le Autorità e con la gente la volontà di superare un duro passato, segnato dall'oppressione della dignità e dei diritti della persona umana. Chi potrà, infatti, dimenticare che in Kazakhstan furono deportate centinaia di migliaia di persone? Chi potrà non ricordare che le sue steppe sono state utilizzate per sperimentare ordigni nucleari? Per questo, appena arrivato, ho voluto visitare il Monumento alle Vittime del regime totalitario, quasi a sottolineare l'angolatura da cui guardare in avanti. Il Kazakhstan, società multietnica, ha rifiutato l'armamento atomico e intende impegnarsi per edificare una società solidale e pacifica. Richiama simbolicamente quest'esigenza il grande monumento alla "Madre Patria", che ha fatto da sfondo alla Santa Messa di domenica 23 settembre.

La Chiesa, grazie a Dio, sta rinascendo sostenuta anche da una rinnovata organizzazione territoriale. Ho voluto farmi vicino a quella Comunità ed ai suoi Pastori, impegnati in una generosa e ardua opera missionaria. Con viva commozione ho reso omaggio insieme a loro alla memoria di quanti hanno consumato la vita fra stenti e persecuzioni per portare Cristo tra le locali popolazioni.

Nella Cattedrale di Astanà, con gli Ordinari dei Paesi dell'Asia centrale, con i sacerdoti, i religiosi, i seminaristi ed i fedeli venuti anche dagli Stati limitrofi, ho affidato il Kazakhstan a Maria Santissima, Regina della Pace, titolo con cui è venerata nel Santuario nazionale.

3. "Amatevi gli uni gli altri!". Queste parole di Cristo interpellano in primo luogo i cristiani. Le ho rivolte anzitutto ai cattolici, esortandoli alla comunione tra loro e con i fratelli ortodossi, più numerosi. Li ho, inoltre, incoraggiati a collaborare con i musulmani per favorire l'autentico progresso della società. Da quel Paese, in cui convivono pacificamente seguaci di religioni diverse, ho riaffermato con forza che la religione non deve mai essere utilizzata come motivo di conflitto. Cristiani e musulmani, insieme con i credenti di ogni religione, sono chiamati a ripudiare fermamente la violenza, per costruire un'umanità amante della vita, che si sviluppi nella giustizia e nella solidarietà.

Ai giovani kazakhstani ho rivolto un messaggio di speranza, ricordando loro che Dio li ama personalmente. Con mia grande gioia ho avvertito l'eco forte e vibrante di questa fondamentale verità nei loro cuori. L'incontro con loro si è svolto all'Università, ambiente a me sempre caro, dove si sviluppa la cultura di un popolo. E proprio con i rappresentanti del mondo della cultura, dell'arte e della scienza ho avuto modo di richiamare il fondamento religioso della libertà umana e la reciprocità tra fede e ragione, esortandoli a custodire i valori spirituali del Kazakhstan.

4. Lasciato questo grande Paese centro-asiatico, sono giunto come pellegrino in Armenia, per rendere omaggio ad un popolo che da diciassette secoli ha legato la sua storia al Cristianesimo. Per la prima volta un Vescovo di Roma ha calcato quell'amata terra, evangelizzata, secondo la tradizione, dagli apostoli Bartolomeo e Taddeo, e diventata ufficialmente cristiana nel 301 per l'opera di san Gregorio l'Illuminatore.

Al 303 risale la Cattedrale di Etchmiadzin, Sede Apostolica della Chiesa Armena. Là mi sono recato al mio arrivo e prima di ripartire, secondo la consuetudine dei pellegrini. Là ho sostato in preghiera presso le tombe dei Catholicos di Tutti gli Armeni, tra i quali Vazken I e Karekin I, artefici degli attuali cordiali rapporti tra la Chiesa Armena e quella Cattolica. In nome di questa fraterna amicizia, Sua Santità Karekin II, con squisita cortesia, ha voluto ospitarmi nella sua residenza e mi ha accompagnato in ogni momento del pellegrinaggio.

5. Nella sua lunga storia, il popolo armeno ha pagato a caro prezzo la fedeltà alla propria identità. Basti pensare al tremendo sterminio di massa subito agli inizi del ventesimo secolo. A perenne ricordo delle vittime - circa un milione e mezzo in tre anni - si erge presso la capitale Yerevan un solenne Memoriale, dove, insieme con il Catholicos di Tutti gli Armeni, abbiamo elevato un'intensa preghiera per tutti i morti e per la pace nel mondo.

Nella nuova Cattedrale apostolica di Yerevan, dedicata a San Gregorio l'Illuminatore ed appena consacrata, ha avuto luogo la solenne celebrazione ecumenica, con la venerazione della Reliquia del Santo, da me donata a Karekin II lo scorso anno, in occasione della sua visita a Roma. Questo sacro rito, insieme con la Dichiarazione Comune, ha posto un significativo sigillo sul vincolo di carità che unisce la Chiesa Cattolica e quella Armena. In un mondo lacerato da conflitti e violenze è più che mai necessario che i cristiani siano testimoni di unità e artefici di riconciliazione e di pace.

La Santa Messa al nuovo "Grande Altare" all'aperto, nel giardino della Sede Apostolica di Etchmiadzin, pur seguendo il Rito latino, è stata celebrata "a due polmoni", con Letture, preghiere e canti in lingua armena e con la presenza del Catholicos di Tutti gli Armeni. Non vi sono parole per esprimere l'intima gioia di quei momenti, in cui si avvertiva la spirituale presenza dei tanti martiri e confessori della fede, che con la loro vita hanno reso testimonianza al Vangelo. La loro memoria va onorata fino in fondo: dobbiamo obbedire a Cristo, che chiede ai suoi discepoli di essere una cosa sola, con totale docilità.

Ultima meta del mio viaggio apostolico è stato il Monastero di Khor Virap, che significa "pozzo profondo". Là, infatti, secondo la tradizione, si trova il pozzo di 40 metri in cui il re Tiridate III tenne prigioniero San Gregorio l'Illuminatore a motivo della sua fede in Cristo, finché il Santo, con le sue preghiere, gli ottenne una prodigiosa guarigione, e il Re si convertì e si fece battezzare con la famiglia e tutto il popolo. Là mi è stata consegnata, quale simbolo della fede con cui Gregorio illuminò gli Armeni, una fiaccola, che ho collocato solennemente nella nuova cappella, inaugurata nell'Aula del Sinodo dei Vescovi. Quella luce arde da diciassette secoli! Arde nel mondo da duemila anni! A noi cristiani, carissimi Fratelli e Sorelle, è domandato di non nasconderla, ma di alimentarla, perché orienti il cammino dell'umanità sulle vie della verità, dell'amore e della pace!

Saluti:




Saluto in lingua neerlandese:
Traduzione del saluto in lingua neerlandese:

Vorrei ora salutare i pellegrini neerlandesi e belgi.

Maria Santissima, Madre del Signore e Regina del Santissimo Rosario sia la vostra guida in questa vita, ed accompagni continuamente il vostro cammino di fede con il suo esempio e con la sua intercessione.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:
Traduzione del saluto in lingua croata:

Cari Fratelli e Sorelle, la Liturgia della Chiesa è «incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo» (
CEC 1153), e tutti i battezzati sono invitati a prenderne parte come «comunità sacerdotale» che è «organicamente strutturata» (cfr. Lumen gentium, LG 11). E' questo l'incontro di salvezza per mezzo dei Sacramenti, che Cristo stesso ha donato dato alla sua Chiesa.

Saluto tutti i pellegrini croati qui presenti, impartendo loro di cuore la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:
Traduzione del saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini della "Famiglia Salesiana di Don Bosco".

Possa questo vostro pellegrinaggio a Roma rinvigorire la vostra fede e l'amore per la Chiesa di Cristo e accrescere in voi il desiderio di perfezione spirituale. Con amore paterno nel cuore vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:
Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Porgo un affettuoso benvenuto agli studenti ed ai pedagoghi del Ginnasio greco-cattolico di San Giovanni Battista di Trebišov.

Cari giovani, da poco è iniziato il nuovo anno scolastico. Nel vostro studio non dimenticate Gesù Cristo, supremo Maestro della nostra vita. La Madre di Dio, che invochiamo con il titolo di Sedes Sapientiae, vi accompagni con il suo aiuto.

Benedico volentieri voi e le vostre famiglie in Patria.

Sia lodato Gesù Cristo!
* * * * *


Rivolgo ora una parola di cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della diocesi di Mantova, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Egidio Caporello. Carissimi, vi ringrazio per questo incontro che avete organizzato per sottolineare il decimo anniversario della mia Visita pastorale nella vostra terra. Auguro a ciascuno che questo pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli sia ricco di frutti spirituali e pastorali a beneficio dell’intera Comunità diocesana, alla quale invio un benedicente ed affettuoso pensiero.

Saluto poi i delegati al Convegno delle Università ed Istituti che portano il nome di San Tommaso d’Aquino, i rappresentanti della società "Albacom" ed i numerosi appartenenti al Circolo canottieri "Aniene". Carissimi, mentre faccio voti che questo incontro vi rinsaldi nella fedeltà alla Chiesa, assicuro un particolare ricordo nella preghiera perché il Signore vi renda suoi testimoni sempre più generosi.

Il mio pensiero si rivolge infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Il luminoso esempio di san Francesco d’Assisi, di cui celebreremo domani la memoria, solleciti voi, cari giovani, a progettare il futuro in piena fedeltà al Vangelo.

Aiuti voi, cari ammalati, ad affrontare la sofferenza con coraggio, trovando in Cristo crocifisso serenità e conforto.

Conduca voi, cari sposi novelli, a un amore profondo verso Dio e tra di voi, nella quotidiana esperienza della gioia che scaturisce dalla reciproca donazione aperta alla vita.







Mercoledì 10 ottobre 2001: Ger 31,10-14; Dio libera e raduna il suo popolo nella gioia - Lodi Giovedì 1ª Settimana"

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Jr 31,10-14

1. "Ascoltate, popoli, la parola del Signore, annunziatela alle isole più lontane" (Jr 31,10). Quale notizia sta per essere data con queste solenni parole di Geremia, che abbiamo ascoltato nel Cantico or ora proclamato? Si tratta di una notizia consolante, e non a caso i capitoli che la contengono (cfr Jr 31,30-31), sono qualificati come "Libro della consolazione". L’annuncio riguarda direttamente l’antico Israele, ma fa già in qualche modo intravedere il messaggio evangelico.

Ecco il cuore di questo annuncio: "Il Signore ha redento Giacobbe, lo ha riscattato dalle mani del più forte di lui" (Jr 31,11). Lo sfondo storico di queste parole è costituito da un momento di speranza sperimentato dal popolo di Dio, a circa un secolo da quando il Nord del Paese, nel 722, era stato occupato dalla potenza assira. Ora, al tempo del profeta, la riforma religiosa del re Giosia esprime un ritorno del popolo all’alleanza con Dio e accende la speranza che il tempo del castigo sia finito. Prende corpo la prospettiva che il Nord possa tornare alla libertà e Israele e Giuda si ricompongano in unità. Tutti, anche le "isole più lontane", dovranno essere testimoni di questo evento meraviglioso: Dio, pastore di Israele, sta per intervenire. Lui che ha permesso la dispersione del suo popolo, ora viene a radunarlo.

2. L'invito alla gioia è sviluppato con immagini che coinvolgono profondamente. È un oracolo che fa sognare! Delinea un futuro in cui gli esiliati "verranno e canteranno", e ritroveranno non soltanto il tempio del Signore, ma anche tutti i beni: il grano, il mosto, l’olio, i nati dei greggi e degli armenti. La Bibbia non conosce un astratto spiritualismo. La gioia promessa non riguarda soltanto l’intimo dell’uomo, giacché il Signore si prende cura della vita umana in tutte le sue dimensioni. Gesù stesso non mancherà di sottolineare questo aspetto, invitando i suoi discepoli a fidarsi della Provvidenza anche per le necessità materiali (cfr Mt 6,25-34). Il nostro Cantico insiste su questa prospettiva: Dio vuole rendere felice l’uomo intero. La condizione che egli prepara per i suoi figli è espressa dal simbolo del "giardino irrigato" (Jr 31,12), immagine di freschezza e fecondità. Il lutto si converte in festa, si è saziati di delizie (cfr Jr 31,14) e colmati di beni, tanto che viene spontaneo danzare e cantare. Sarà una gioia incontenibile, una letizia di popolo.

3. La storia ci dice che questo sogno non si è avverato allora. Ma non certo perché Dio sia venuto meno alla sua promessa: di questa delusione è stato responsabile ancora una volta il popolo, con la sua infedeltà. Lo stesso libro di Geremia si incarica di dimostrarlo con lo sviluppo di una profezia che si fa sofferta e dura, e conduce progressivamente ad alcune delle fasi più tristi della storia di Israele. Non solo gli esiliati del Nord non ritorneranno, ma la stessa Giudea sarà occupata da Nabucodonosor nel 587 a. C. Cominceranno allora giorni amari, quando, sulle rive di Babilonia, si dovrà appendere la cetra ai salici (cfr Ps 136,2). Non potrà esserci nell’animo una disposizione a cantare per la soddisfazione degli aguzzini; non si può gioire, se si è strappati a forza dalla patria, la terra dove Dio ha posto la sua dimora.

4. E tuttavia l’invito alla gioia che caratterizza questo oracolo non perde di significato. Resta salda, infatti, la motivazione ultima su cui esso poggia, e che è espressa soprattutto da alcuni intensi versetti, che precedono quelli proposti nella Liturgia delle Ore. Occorre averli ben presenti, mentre si leggono le espressioni di gioia del nostro Cantico. Essi descrivono in termini vibranti l’amore di Dio per il suo popolo. Additano un patto irrevocabile: "Ti ho amato di amore eterno" (Jr 31,3). Cantano l’effusione paterna di un Dio che chiama Efraim suo primogenito e lo copre di tenerezza: "Essi erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li condurrò a fiumi d’acqua per una strada diritta in cui non inciamperanno; perché io sono un padre per Israele" (Jr 31,9). Anche se la promessa non ha potuto per allora essere realizzata a causa dell’incorrispondenza dei figli, l’amore del Padre resta in tutta la sua toccante tenerezza.

5. Questo amore costituisce il filo d’oro che unisce le fasi della storia di Israele, nelle sue gioie e nelle sue tristezze, nei suoi successi e nei suoi fallimenti. Dio non viene meno al suo amore, e lo stesso castigo ne è espressione, assumendo un significato pedagogico e salvifico.

Sulla roccia salda di questo amore, l’invito alla gioia del nostro Cantico evoca un futuro di Dio che, pur differito, prima o poi verrà, nonostante tutte le fragilità degli uomini. Questo futuro si è realizzato nella nuova alleanza con la morte e risurrezione di Cristo e con il dono dello Spirito. Esso, tuttavia, avrà il suo pieno compimento al ritorno escatologico del Signore. Alla luce di tali certezze, il "sogno" di Geremia rimane una reale opportunità storica, condizionata alla fedeltà degli uomini, e soprattutto una meta finale, garantita dalla fedeltà di Dio e già inaugurata dal suo amore in Cristo.

Leggendo dunque questo oracolo di Geremia, dobbiamo lasciar riecheggiare in noi l’evangelo, la bella notizia promulgata da Cristo, nella sinagoga di Nazareth (cfr Lc 4,16-21). La vita cristiana è chiamata ad essere un vero "giubilo", che solo il nostro peccato può insidiare. Facendoci recitare queste parole di Geremia, la Liturgia delle Ore ci invita ad ancorare la nostra vita a Cristo, il nostro Redentore (cfr Jr 31,11) e a cercare in Lui il segreto della vera gioia nella nostra vita personale e comunitaria.

Saluti:



Saluto in lingua neerlandese:
Traduzione del saluto in lingua neerlandese:

Un cordiale saluto a tutti i pellegrini neerlandesi e belgi !

Carissimi pellegrini, pregate per quanti soffrono, supplicate la pace e la giustizia, nella sicurezza che Dio in Gesù Cristo ha vinto il male, il peccato e la morte.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:
Traduzione del saluto in lingua croata:

Cari Fratelli e Sorelle, è Cristo Signore stesso origine e fondamento dei segni sacramentali, che la Chiesa adopera nella Liturgia. Condotta dallo Spirito Santo alle sorgenti della santità e della grazia, essa, per mezzo di tali segni, rimane unita alla vita e alla missione di Cristo e partecipa al Mistero di salvezza.

Saluto cordialmente tutti i gruppi di pellegrini croati venuti a questo incontro e volentieri imparto loro la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:
Traduzione del saluto in lingua ceca:

Do il mio cordiale benvenuto ai pellegrini della Parrocchia di Budyne, e dei dintorni.

La pia tradizione dedica il mese di ottobre al Santo Rosario. Perciò vi esorto a riscoprire la comunione con la Vergine Maria, per mezzo di questa nobile preghiera.

Con questi voti, volentieri vi imparto l'Apostolica Benedizione.

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:
Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente i pellegrini della Slovacchia, provenienti da Bratislava e dintorni, da Spiš e Ludanice, da Vel'ké Kapušany e Michalovce.

Fratelli e Sorelle, il mese di ottobre è il mese del Rosario. La Madonna, Regina del Santo Rosario, guidi i vostri passi, perché possiate seguire fedelmente Cristo Salvatore ed essere così i suoi testimoni nel vostro ambiente.

Con questi voti, volentieri vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese

Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i fedeli ungheresi. Prima di tutti saluto l’Em.mo Primate d’Ungheria, il Cardinale László Paskai, che accompagna una delegazione numerosa, giunta a Roma in occasione dell’apertura della Mostra "Hungariae Christianae Millennium".

Saluto il dirigente e il coro "Jubilate" della Scuola Musicale Zoltán Kodály.

Per l’intercessione della Magna Domina Hungarorum imparto volentieri a voi tutti la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!
* * * * *


Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli della diocesi di Verona, che recano con loro l'artistico portale in bronzo, destinato ad essere collocato nella chiesa di Santa Caterina, in Betlemme. Nel ringraziare lo scultore, i realizzatori e i donatori di quest'opera, che tra poco benedirò, auspico che essa sia ulteriore messaggio di pace per la terra di Palestina.

Il mio pensiero va, poi, ai rappresentanti del Centro di accoglienza «Regina pacis» di Lecce, accompagnati dal loro Arcivescovo Mons. Cosmo Francesco Ruppi. Carissimi, ricordo sempre con piacere la mia visita di sette anni fa alla vostra Chiesa e mi rallegro per la felice conclusione del Sinodo diocesano, che ha varato il nuovo Progetto pastorale. Desidero manifestarvi il mio apprezzamento per quanto fate in favore dei profughi e, nel benedire il Direttore e i volontari del Centro «Regina pacis» e tutti voi, vi esorto a non stancarvi di lavorare per i poveri e i bisognosi, nei quali voi accogliete e servite lo stesso Gesù.

Saluto anche gli appartenenti al «Gruppo Apostolato della Preghiera» di Livorno e li ringrazio per la loro presenza, esortandoli a fare della lode a Dio la prima e la più importante azione della giornata.

Indirizzo, infine, un affettuoso pensiero ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.Ottobre è il mese del Santo Rosario, che ci invita a valorizzare questa preghiera così cara alla tradizione del popolo cristiano.

Invito voi, cari giovani, a recitare ogni giorno il santo Rosario. Incoraggio voi, cari malati, ad abbandonarvi fiduciosi nella mani premurose di Maria, invocandola incessantemente. Esorto voi, cari sposi novelli, a fare del Rosario un'orante meditazione dei misteri di Cristo.








Mercoledì 17 ottobre 2001: "Salmo 47: Azione di grazie per la salvezza del popolo, Lodi Giovedì 1a Settimana

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(Lettura
Ps 47,1-6 Ps 47,13 Ps 47,15)

1. Il Salmo che è stato proclamato è un canto in onore di Sion, "la città del grande Sovrano" (Ps 47,3), sede allora del tempio del Signore e luogo della sua presenza in mezzo all’umanità. La fede cristiana lo applica ormai alla "Gerusalemme di lassù", che è "la nostra madre" (Ga 4,26).

La tonalità liturgica di questo inno, l’evocazione di una processione festosa (cfr Ps 47,13-14), la visione pacifica di Gerusalemme che riverbera la salvezza divina, rendono il Salmo 47 una preghiera che può aprire la giornata per renderla un canto di lode, anche se qualche nube si addensa all’orizzonte.

Per cogliere il senso del Salmo, ci sono d’aiuto tre acclamazioni collocate all’inizio, al centro e in finale, quasi a offrirci la chiave spirituale della composizione e ad introdurci nel suo clima interiore. Ecco le tre invocazioni: "Grande è il Signore e degno di ogni lode nella città del nostro Dio" (Ps 47,2); "Ricordiamo, Dio, la tua misericordia dentro il tuo tempio" (Ps 47,10); "Questo è il Signore, nostro Dio in eterno, sempre: egli è colui che ci guida" (Ps 47,15).

2. Queste tre acclamazioni, che esaltano il Signore ma anche "la città del nostro Dio" (Ps 47,2), inquadrano due grandi parti del Salmo. La prima è una gioiosa celebrazione della città santa, la Sion vittoriosa contro gli assalti dei nemici, serena sotto il manto della protezione divina (cfr Ps 47,3-8). Si ha quasi una litania di definizioni di questa città: è un’altura mirabile che si erge come un faro di luce, una fonte di gioia per tutti i popoli della terra, l’unico vero "Olimpo" ove cielo e terra s’incontrano. È - per usare un’espressione del profeta Ezechiele - la città-Emmanuele perché "Dio è là", presente in essa (cfr Ez 48,35). Ma attorno a Gerusalemme si stanno accalcando le truppe di un assedio, quasi un simbolo del male che attenta allo splendore della città di Dio. Lo scontro ha un esito scontato e quasi immediato.

3. I potenti della terra, infatti, assaltando la città santa, hanno provocato anche il suo Re, il Signore. Il Salmista mostra il dissolversi dell’orgoglio di un esercito potente con l’immagine suggestiva dei dolori del parto: "Là sgomento li ha colti, doglie come di partoriente" (Ps 47,7). L’arroganza si trasforma in fragilità e debolezza, la potenza in caduta e sconfitta.

Lo stesso concetto è espresso con un’altra immagine: l’esercito in rotta viene paragonato a un’armata navale invincibile, su cui si abbatte un tifone causato da un terribile vento d’oriente (cfr Ps 47,8). Rimane, quindi, una certezza inconcussa per chi sta all’ombra della protezione divina: l’ultima parola non è affidata al male ma al bene; Dio trionfa sulle potenze ostili, anche quando sembrano grandiose e invincibili.

4. Il fedele, allora, proprio nel tempio celebra il suo ringraziamento al Dio liberatore. Il suo è un inno all’amore misericordioso del Signore, espresso con il termine ebraico hésed, tipico della teologia dell’alleanza. Siamo, così, nella seconda parte del Salmo (cfr Ps 47,10-14). Dopo il grande canto di lode a Dio fedele, giusto e salvatore (cfr Ps 47,10-12), si compie una specie di processione attorno al tempio ed alla città santa (cfr Ps 47,13-14). Si contano le torri, segno della sicura protezione di Dio, si osservano le fortificazioni, espressione della stabilità offerta a Sion dal suo Fondatore. Le mura di Gerusalemme parlano e le sue pietre ricordano i fatti che devono essere trasmessi "alla generazione futura" (Ps 47,14) attraverso il racconto che ne faranno i padri ai loro figli (cfr Ps 77,3-7). Sion è lo spazio di una catena ininterrotta di azioni salvatrici del Signore, che vengono annunciate nella catechesi e celebrate nella liturgia, perché continui nei credenti la speranza nell’intervento liberatore di Dio.

5. Bellissima nell’antifona conclusiva una delle più alte definizioni del Signore come pastore del suo popolo: "Colui che ci guida" (Ps 47,15). Il Dio di Sion è il Dio dell’Esodo, della libertà, della vicinanza al popolo schiavo in Egitto e pellegrino nel deserto. Ora che Israele è stanziato nella terra promessa, sa che il Signore non lo abbandona: Gerusalemme è il segno della sua vicinanza, e il tempio è il luogo della sua presenza.

Rileggendo queste espressioni, il cristiano si eleva alla contemplazione di Cristo, il nuovo e vivente tempio di Dio (cfr Jn 2,21), e si volge alla Gerusalemme celeste, che non ha più bisogno di un tempio e di una luce esteriore, perché "il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio… la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello" (Ap 21,22-23). A questa rilettura "spirituale" ci invita sant’Agostino, convinto che nei libri della Bibbia "non vi è nulla che riguardi soltanto la città terrena, se tutto ciò che di essa si riferisce, o per essa si adempie, simboleggia qualche cosa che per allegoria possa essere riferito anche alla Gerusalemme celeste" (Città di Dio, XVII, 3, 2). Gli fa eco san Paolino di Nola, che proprio commentando le parole del nostro Salmo esorta a pregare affinché "possiamo essere ritrovati quali pietre vive nelle mura della Gerusalemme celeste e libera" (Lettera 28,2 a Severo). E contemplando la saldezza e compattezza di questa città, lo stesso Padre della Chiesa continua: "Infatti colui che abita questa città si rivela come l’Uno in tre persone… Di essa Cristo è stato costituito non solo fondamento, ma anche torre e porta… Se dunque su di Lui si fonda la casa della nostra anima e su di Lui si innalza una costruzione degna di così grande fondamento, allora la porta d’ingresso nella sua città sarà per noi proprio Colui che ci guiderà nei secoli e ci collocherà nel luogo del suo pascolo".
*****


Appello per la Nigeria

Un altro episodio di efferata violenza è venuto ad aggiungersi alla tragica situazione mondiale di questi giorni: oltre 200 morti e centinaia di feriti, vittime degli scontri tra musulmani e cristiani in Nigeria.

Chi è all’origine di questi atti ingiustificabili ne porta la responsabilità davanti a Dio.

Mentre esprimo, anche a nome di tutti voi, al Vescovo di Kano, Mons. Patrick Francis Sheehan, ed a quanti piangono la perdita dei propri cari, la nostra vicinanza spirituale, prego Iddio di aiutare tutti a ritrovare il cammino della fraternità. Solo così sarà possibile rispondere all’attesa di Dio, che vuole fare dell’umanità un’unica famiglia.

Saluti:


Saluto in lingua neerlandese:
Traduzione del saluto in lingua neerlandese:

Carissimi pellegrini neerlandesi e belgi!

Il Rosario è un compendio del Vangelo ed una scuola di preghiera. Auguro che il vostro pellegrinaggio in questo mese di ottobre dedicato alla Vergine Maria vi aiuti a riscoprire il valore di questa preghiera semplice ed efficace.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto ai partecipanti al Pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Belgrado
Traduzione del saluto in lingua croata:

Saluto cordialmente i partecipanti al pellegrinaggio dell'Arcidiocesi di Belgrado, guidato dall'Ecc.mo Arcivescovo Metropolita Mons. Stanislav Hocevar.

Carissimi, auspico vivamente che questo vostro pellegrinaggio alle tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo rinsaldi la vostra comunione ecclesiale e rafforzi ulteriormente il vostro impegno per la testimonianza evangelica. Volentieri imparto la Benedizione Apostolica a voi e all'intera vostra cara Comunità arcidiocesana.

Saluto di cuore tutti i gruppi di pellegrini croati qui presenti, in modo particolre i fedeli della Missione Cattolica Croata di Moers-Repelen, in Germania. Benvenuti!

Carissimi, imparto di cuore la Benedizione Apostolica a ciascuno di voi e alle vostre famiglie.

Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovacca:

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini slovacchi, provenienti da Bratislava e dintorni, da Michalovce e da Senica.

Cari pellegrini, durante gli incontri con il Papa voi cantate: "Benedici, Dio, il Santo Padre, Vicario di Cristo!". Vi ringrazio delle vostre preghiere e dei sacrifici, con cui accompagnate il mio ministero di Pastore di tutta la Chiesa.

Con gratitudine imparto la Benedizione Apostolica a voi ed ai vostri cari.

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovena:
Traduzione italiana del saluto in lingua slovena:

Saluto il coro sloveno «ZVON» dall'Olanda. Sono lieto del vostro impegno generoso che dura già da più di 70 anni. Con il vostro canto date gloria a Dio durante la sacra liturgia e portate tanta gioia ai vostri connazionali e amici durante i vostri incontri culturali e sociali. Il pellegrinaggio alle memorie degli apostoli e martiri romani arricchisca e approfondisca la vostra fede e i vostri rapporti fraterni.

A voi e a tutti i vostri cari la mia speciale benedizione apostolica.
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Saluto ora i pellegrini di lingua italiana, tra i quali ci sono molti gruppi parrocchiali. In particolare, rivolgo un cordiale pensiero ai fedeli della parrocchia "Cuore Immacolato di Maria e Sant’Anna" in Carlentini, della parrocchia di San Tammaro in Grumo Nevano, e della parrocchia di Santa Maria Assunta e San Bernardo in Rocca d’Arce.

Carissimi, vi esorto a vivere con entusiasmo la fede cristiana, nella viva consapevolezza che essa è la risposta pienamente valida alle speranze e alle attese di ogni uomo e di ogni società.

Saluto poi i giovani provenienti da vari Paesi dell’Africa e ospitati dall’Arcidiocesi di Milano per un’esperienza di dialogo e di scambio nella fede. Mentre esprimo apprezzamento per tale provvida iniziativa, auspico che essa valga a rafforzare il vostro impegno di testimonianza evangelica nella società.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli, ricordando che oggi ricorre la memoria liturgica di sant'Ignazio di Antiochia, vescovo, martire a Roma agli inizi del secondo secolo.

Pensando al suo fulgido esempio, invito voi, cari giovani, ad essere coraggiosi discepoli di Cristo; esorto voi, cari malati, ad affrontare le sofferenze con spirito di fede e di speranza cristiana; ed auguro a voi, cari sposi novelli, di attingere sempre dall’Eucarestia l’amore divino che consacra la vostra unione.







Mercoledì 24 ottobre 2001: "Salmo 50: Pietà di me, o Signore - Lodi Venerdì 1a Settimana

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Catechesi 79-2005 31001