Catechesi 79-2005 41202

Mercoledì, 4 dicembre 2002: Salmo 50 : Pietà di me, o Signore - Lodi del venerdì della 3a settimana

41202

(
Ps 50,3 Ps 50,12-13 Ps 50,15-16)

1. Ogni settimana la Liturgia delle Lodi ripropone il Salmo 50, il celebre Miserere. Noi l’abbiamo già meditato altre volte in alcune sue parti. Anche ora sosteremo in modo particolare su una sezione di questa grandiosa implorazione di perdono: i versetti 12-16.

È significativo innanzitutto notare che, nell’originale ebraico, per tre volte risuona la parola «spirito», invocato da Dio come dono e accolto dalla creatura pentita del suo peccato: «Rinnova in me uno spirito saldo… Non privarmi del tuo santo spirito… Sostieni in me uno spirito generoso» (Ps 50,12-14). Potremmo quasi parlare – ricorrendo a un termine liturgico - di un’«epiclesi», cioè di una triplice invocazione dello Spirito che, come nella creazione si librava sulle acque (cfr Gn 1,2), ora penetra nell’anima del fedele infondendo una nuova vita e innalzandola dal regno del peccato al cielo della grazia.

2. I Padri della Chiesa nello «spirito» invocato dal Salmista vedono la presenza efficace dello Spirito Santo. Così sant’Ambrogio è convinto che si tratti dell’unico Spirito Santo «che ribollì con fervore nei profeti, fu insufflato [da Cristo] negli apostoli, fu unito al Padre e al Figlio nel sacramento del battesimo» (Lo Spirito Santo I, 4, 55: SAEMO 16, p. 95). La stessa convinzione è espressa da altri Padri come Didimo il Cieco di Alessandria d’Egitto e Basilio di Cesarea nei rispettivi trattati sullo Spirito Santo (Didimo il Cieco, Lo Spirito Santo, Roma 1990, p. 59; Basilio di Cesarea, Lo Spirito Santo, IX, 22, Roma 1993, p. 117 s.).

E ancora sant’Ambrogio, osservando che il Salmista parla della gioia da cui l’anima è invasa una volta ricevuto lo Spirito generoso e potente di Dio, commenta: «La letizia e la gioia sono frutti dello Spirito e lo Spirito Sovrano è ciò su cui noi soprattutto ci fondiamo. Chi perciò è rinvigorito con lo Spirito Sovrano non soggiace alla schiavitù, non sa essere schiavo del peccato, non sa essere indeciso, non vaga qua e là, non è incerto nelle scelte, ma, piantato sulla roccia, sta saldo su piedi che non vacillano» (Apologia del profeta David a Teodosio Augusto, 15,72: SAEMO 5,129).

3. Con questa triplice menzione dello «spirito», il Salmo 50, dopo aver descritto nei versetti precedenti la prigione oscura della colpa, si apre sulla regione luminosa della grazia. È una grande svolta, paragonabile a una nuova creazione: come alle origini Dio aveva insufflato il suo spirito nella materia e aveva dato origine alla persona umana (cfr Gn 2,7), così ora lo stesso Spirito divino ri-crea (cfr Ps 50,12), rinnova, trasfigura e trasforma il peccatore pentito, lo riabbraccia (cfr Ps 50,13) e lo rende partecipe della gioia della salvezza (cfr Ps 50,14). Ormai l’uomo, animato dallo Spirito divino, s’avvia sulla strada della giustizia e dell’amore, come si dice in un altro Salmo: «Insegnami a compiere il tuo volere, perché tu sei il mio Dio. Il tuo Spirito buono mi guidi in terra piana» (Ps 142,10).

4. Sperimentata questa rinascita interiore, l’orante si trasforma in testimone; promette a Dio di «insegnare agli erranti le vie» del bene (Ps 50,15), così che essi possano, come il figlio prodigo, ritornare alla casa del Padre. Nello stesso modo sant’Agostino, dopo aver percorso le strade tenebrose del peccato, aveva poi sentito il bisogno nelle sue Confessioni di attestare la libertà e la gioia della salvezza.

Chi ha sperimentato l’amore misericordioso di Dio ne diviene un testimone ardente, soprattutto nei confronti di quanti sono ancora impigliati nelle reti del peccato. Pensiamo alla figura di Paolo che, folgorato da Cristo sulla via di Damasco, diventa un instancabile missionario della grazia divina.

5. Per un’ultima volta l’orante guarda al suo passato oscuro e grida a Dio: «Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza» (Ps 50,16). Il «sangue», a cui egli fa cenno, è variamente interpretato nella Scrittura. L’allusione, messa in bocca al re Davide, fa riferimento all’uccisione di Uria, il marito di Betsabea, la donna che era stata oggetto della passione del sovrano. In senso più generale, l’invocazione indica il desiderio di purificazione dal male, dalla violenza, dall’odio sempre presenti nel cuore umano con forza tenebrosa e malefica. Ora, però, le labbra del fedele, purificate dal peccato, cantano al Signore.

E il brano del Salmo 50, che abbiamo oggi commentato, finisce appunto con l’impegno di proclamare la «giustizia» di Dio. Il termine «giustizia» qui, come spesso nel linguaggio biblico, non designa propriamente l’azione punitiva di Dio nei confronti del male, ma indica piuttosto la riabilitazione del peccatore, perché Dio manifesta la sua giustizia col rendere giusti i peccatori (cfr Rm 3,26). Dio non ha piacere per la morte del malvagio, ma che desista dalla sua condotta e viva (cfr Ez 18,23).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini provenienti dalla Polonia e da altri paesi. In particolare saluto il Cardinale Franciszek, i Vescovi e gli organizzatori del mio pellegrinaggio in Polonia nell’agosto scorso. Ancora una volta ringrazio tutti per il loro impegno in questo eccezionale evento denso di contenuto spirituale, che si è inciso nel mio cuore.

Allora abbiamo meditato insieme il mistero della Divina misericordia. Anche nella catechesi odierna ci siamo soffermati su questo mistero, riflettendo sulle parole del Salmo "Miserere". Lo conosciamo bene, nella bellissima traduzione di Franciszek Karpinski:

"Abbi pietà di me, o Dio,

secondo la tua misericordia,

nella tua grande bontà

cancella il mio peccato".

Queste parole ci accompagnino durante l’Avvento, nella preparazione all’incontro con Cristo. Dio vi benedica!



Traduzione italiana del saluto in lingua ucraina:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini ucraini.

Carissimi, vi ringrazio per la vostra visita e, mentre invoco ben volentieri su di voi e sulle vostre famiglie la continua assistenza divina, cordialmente vi imparto una speciale Benedizione, che estendo all’intero popolo ucraino.

Sia lodato Gesù Cristo!
*****


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana partecipanti all’Udienza.

Saluto i giovani qui presenti. Vi esorto, carissimi, a nutrirvi con frequenza del pane di vita che Cristo ci offre ogni giorno nella celebrazione eucaristica.

Con affetto mi rivolgo a voi, cari ammalati, e vi invito a guardare a Colui che, in questo tempo di Avvento, attendiamo come Salvatore, consapevoli che se offriremo a Lui le nostre sofferenze, parteciperemo anche della sua gloria.

Raccomando, infine, a voi, cari sposi novelli, che saluto con vera cordialità, di ravvivare nel vostro rapporto di coppia il clima della famiglia di Nazareth, grazie alla recita frequente del Santo Rosario.





Mercoledì, 11 dicembre 2002: Ger 14,17-21 : Lamento del popolo in tempo di fame e di guerra - Lodi venerdì 3a settimana

11122
(Lett.
Jr 14,17 Jr 14,20-21)

1. È un canto amaro e sofferto quello che il profeta Geremia, dal suo orizzonte storico, fa salire fino al cielo (Jr 14,17-21). L’abbiamo sentito ora risuonare come invocazione, mentre la Liturgia delle Lodi lo propone nel giorno in cui commemora la morte del Signore, il venerdì. Il contesto da cui sorge questa lamentazione è rappresentato da un flagello che spesso colpisce la terra del Vicino Oriente: la siccità. Ma a questo dramma naturale il profeta ne intreccia un altro non meno terrificante, la tragedia della guerra: «Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di spada; se percorro la città, ecco gli orrori della fame» (Jr 14,18). La descrizione è purtroppo tragicamente attuale in tante regioni del nostro pianeta.

2. Geremia entra in scena col volto rigato di lacrime: il suo è un pianto ininterrotto per «la figlia del suo popolo», cioè per Gerusalemme. Infatti, secondo un simbolo biblico molto noto, la città è raffigurata con un’immagine femminile, «la figlia di Sion». Il profeta partecipa intimamente alla «calamità» e alla «ferita mortale» del suo popolo (Jr 14,17). Spesso le sue parole sono segnate dal dolore e dalle lacrime, perché Israele non si lascia coinvolgere nel messaggio misterioso che la sofferenza porta con sé. In un’altra pagina Geremia esclama: «Se voi non ascolterete, io piangerò in segreto dinanzi alla vostra superbia; il mio occhio si scioglierà in lacrime, perché sarà deportato il gregge del Signore» (Jr 13,17).

3. Il motivo dell’invocazione lacerante del profeta è da cercare, come si diceva, in due eventi tragici: la spada e la fame, cioè la guerra e la carestia (cfr Jr 14,18). Siamo, dunque, in una situazione storica travagliata ed è significativo il ritratto del profeta e del sacerdote, i custodi della Parola del Signore, i quali «si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare» (ibid. Jr 14,18).

La seconda parte del Cantico (cfr Jr 14,19-21) non è più un lamento individuale, alla prima persona singolare, ma una supplica collettiva rivolta a Dio: «Perché ci hai colpito, e non c’è rimedio per noi?» (Jr 14,19). Oltre alla spada e alla fame, c’è, infatti, una tragedia maggiore, quella del silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dell’agire dell’umanità. Le domande a Lui rivolte si fanno perciò tese ed esplicite in senso tipicamente religioso: «Hai forse rigettato completamente Giuda, oppure ti sei disgustato di Sion?» (Jr 14,19). Ormai ci si sente soli e abbandonati, privi di pace, di salvezza, di speranza. Il popolo, lasciato a se stesso, si trova come sperduto e invaso dal terrore.

Non è forse questa solitudine esistenziale la sorgente profonda di tanta insoddisfazione, che cogliamo anche ai giorni nostri? Tanta insicurezza e tante reazioni sconsiderate hanno la loro origine nell’aver abbandonato Dio, roccia di salvezza.

4. A questo punto ecco la svolta: il popolo ritorna a Dio e gli rivolge un’intensa preghiera. Riconosce innanzitutto il proprio peccato con una breve ma sentita confessione della colpa: «Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità… abbiamo peccato contro di te» (Jr 14,20). Il silenzio di Dio era, dunque, provocato dal rifiuto dell’uomo. Se il popolo si converte e ritorna al Signore, anche Dio si mostrerà disponibile ad andargli incontro per abbracciarlo.

Alla fine il profeta usa due parole fondamentali: il «ricordo» e l’«alleanza» (Jr 14,21). Dio viene invitato dal suo popolo a «ricordarsi», cioè a riprendere il filo della sua benevolenza generosa, manifestata tante volte nel passato con interventi decisivi per salvare Israele. Dio è invitato a ricordarsi che egli si è legato al suo popolo attraverso un’alleanza di fedeltà e di amore. Proprio per questa alleanza il popolo può confidare che il Signore interverrà a liberarlo e a salvarlo. L’impegno da lui assunto, l’onore del suo «nome», il fatto della sua presenza nel tempio, «il trono della sua gloria», spingono Dio - dopo il giudizio per il peccato e il silenzio - ad essere di nuovo vicino al suo popolo per ridargli vita, pace e gioia.

Insieme con gli Israeliti, anche noi possiamo dunque essere certi che il Signore non ci abbandona per sempre ma, dopo ogni prova purificatrice, egli ritorna a far «brillare il suo volto su di noi, a esserci propizio… e a concederci pace», come si dice nella benedizione sacerdotale riferita nel libro dei Numeri (Nb 6,25-26).

5. A conclusione, possiamo accostare alla supplica di Geremia una commovente esortazione rivolta ai cristiani di Cartagine da san Cipriano, Vescovo di quella città nel terzo secolo. In tempo di persecuzione, san Cipriano esorta i suoi fedeli a implorare il Signore. Questa implorazione non è identica alla supplica del profeta, perché non contiene una confessione dei peccati, non essendo la persecuzione un castigo per i peccati, ma una partecipazione alla passione di Cristo. Nondimeno si tratta di un’implorazione altrettanto pressante quanto quella di Geremia. «Imploriamo il Signore, dice san Cipriano, sinceri e concordi, senza mai cessare di chiedere e fiduciosi di ottenere. Imploriamolo gemendo e piangendo, come è giusto che implorino coloro che sono posti tra sventurati che piangono e altri che temono le sventure, tra i molti prostrati dal massacro e i pochi che restano in piedi. Chiediamo che ci venga presto restituita la pace, che ci si dia aiuto nei nostri nascondigli e nei pericoli, che si adempia quello che il Signore si degna di mostrare ai suoi servi: la restaurazione della sua Chiesa, la sicurezza della nostra salute eterna, il sereno dopo la pioggia, la luce dopo le tenebre, la quiete della bonaccia dopo le tempeste e i turbini, l’aiuto pietoso del suo amore di padre, le grandezze a noi note della divina maestà» (Epistula 11,8, in: S. Pricoco - M. Simonetti, La preghiera dei cristiani, Milano 2000, PP 138-139).

Saluti:

Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Saluto cordialmente tutti i pellegrini croati, qui presenti, tra i quali ci sono pure i rappresentanti dell'Esercito croato e della Polizia, provenienti dalla Contea dell'Istria. Benvenuti!
Carissimi, a ciascuno di voi e alle vostre famiglie volentieri imparto la Benedizione Apostolica.
Siano lodati Gesù e Maria!



Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Cordialmente saluto i pellegrini slovacchi provenienti da Žilina.
Cari fratelli e sorelle, vi auguro di vivere questo tempo di Avvento come la Vergine Maria nella gioiosa attesa del Salvatore che viene.
Volentieri benedico voi e le vostre famiglie.
Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini di lingua polacca. In modo speciale saluto i pellegrini da Zakopane, che, come di consueto, sono venuti e hanno portato gli alberi di Natale come dono al Papa. Grazie per questi alberi. Mi ricorderanno la terra della patria e la polacca atmosfera del Natale. Contraccambio la vostra benevolenza e porgo i migliori auguri natalizi a voi qui presenti, alle vostre famiglie e a tutte le parrocchie di Zakopane.

Nella catechesi odierna meditiamo sulle parole della lamentazione del profeta Geremia, la quale costituisce parte del breviario. Il Profeta con dolore disegna la nefasta visione di guerra e di carestia, come effetto dell’allontanamento dell’uomo da Dio. In questo contesto, afferma che spesso l’uomo sperimenta il suo allontanarsi da Dio come se Dio stesso lo abbandonasse. Si immerge nella tristezza e nell’inquietudine.

Il profeta Geremia indica la via d’uscita da tale situazione: bisogna rivolgersi a Dio con fervida preghiera, chiedere a Lui il perdono delle colpe e nel nome dell’alleanza d’amore, domandare che ci permetta di sentire la Sua presenza. Essa diventerà fonte della pace e della gioia interiore.

Questa preghiera ci accompagni durante l’Avvento nella nostra preparazione all’incontro con Cristo. Vi benedico di cuore.

*****


Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto il gruppo di genitori della diocesi di Roma che hanno perso un figlio o una figlia in maniera tragica. Vi esorto, carissimi, a trovare il coraggio e la serenità per superare queste dure prove in un cammino di fede compiuto con fiducia nella Comunità ecclesiale. Saluto, poi, i rappresentanti della ditta Grimaldi di Matelica, e mi compiaccio per i traguardi raggiunti nella loro attività a servizio e sviluppo del territorio. Saluto, inoltre, i militari della Scuola del Genio della Cecchignola, augurando a ciascuno di aderire sempre più a Cristo e al suo Vangelo.

Il mio saluto va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Nel clima spirituale dell’Avvento, tempo di speranza che ci prepara al Natale, è particolarmente presente Maria, la Vergine dell’attesa. A Lei affido voi, cari giovani, perché possiate accogliere con slancio l’invito di Cristo a realizzare pienamente il suo Regno. Esorto voi, cari malati, ad offrire la vostra sofferenza insieme a Maria, per la salvezza dell’umanità. La materna intercessione della Madonna aiuti voi, cari sposi novelli, a fondare la vostra famiglia su di un amore fedele e aperto all’accoglienza della vita.






Mercoledì, 18 dicembre 2002

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1. In questo tempo di Avvento ci accompagna l'invito del profeta Isaia: "Dite agli sfiduciati: ‘Coraggio, non abbiate timore: ecco, il nostro Dio viene a salvarci’" (
Is 35,4). Esso diviene più coinvolgente all'approssimarsi del Natale, arricchendosi dell'esortazione a preparare il cuore all'accoglienza del Messia. L'atteso delle genti verrà di sicuro e la sua salvezza sarà per tutti gli uomini.

Nella Notte Santa rievocheremo la sua nascita a Betlemme, rivivremo in un certo modo le emozioni dei pastori, la loro gioia e il loro stupore. Contempleremo con Maria e Giuseppe la gloria del Verbo che si è fatto carne per la nostra redenzione. Pregheremo perché tutti gli uomini accolgano la vita nuova che il Figlio di Dio ha portato nel mondo assumendo la nostra natura umana.

2. La liturgia dell'Avvento, permeata di costanti richiami all'attesa gioiosa del Messia, ci aiuta a cogliere in pienezza il valore e il significato del mistero del Natale. Non si tratta di commemorare soltanto l'evento storico, che oltre duemila anni or sono si registrò in un piccolo borgo della Giudea. E' necessario piuttosto comprendere che l'intera nostra vita deve essere un ‘avvento’, un'attesa vigile della definitiva venuta di Cristo. Per predisporre il nostro animo ad accogliere il Signore che, come diciamo nel Credo, un giorno verrà a giudicare i vivi e i morti, dobbiamo imparare a riconoscerlo presente negli eventi dell'esistenza quotidiana. L'Avvento allora è, per così dire, un intenso allenamento che ci orienta decisamente verso Colui che è già venuto, che verrà e che continuamente viene.

3. Con questi sentimenti la Chiesa si prepara a contemplare estasiata, tra una settimana, il mistero dell'Incarnazione.Il Vangelo narra il concepimento e la nascita di Gesù, e riferisce le tante circostanze provvidenziali che hanno preceduto e circondato un evento così prodigioso: l'annuncio dell'Angelo a Maria, la nascita del Battista, il coro degli angeli a Betlemme, la venuta dei Magi dall'oriente, le visioni di san Giuseppe. Sono tutti segni e testimonianze che sottolineano la divinità di questo Bambino. A Betlemme nasce l'Emmanuele, il Dio con noi.

La Chiesa ci offre, nella liturgia di questi giorni, tre singolari ‘guide’, che ci indicano gli atteggiamenti da assumere per andare incontro a questo divino ‘ospite’ dell'umanità.

4. Anzitutto Isaia, il profeta della consolazione e della speranza. Egli proclama un vero e proprio vangelo per il popolo d'Israele schiavo in Babilonia, ed esorta a mantenersi vigili nella preghiera, per riconoscere ‘i segni’ della venuta del Messia.

C'è poi Giovanni il Battista, precursore del Messia, che si presenta come "voce di uno che grida nel deserto", predicando "un battesimo di conversione per il perdono dei peccati" (cfr Mc 1,4). E' la sola condizione per riconoscere il Messia ormai presente nel mondo.

Ed infine Maria, che, in questa novena di preparazione al Natale, ci guida verso Betlemme. Maria è la Donna del ‘sì’ che, a differenza di Eva, fa suo senza riserve il progetto di Dio. Diviene in tal modo una luce chiara per i nostri passi e il modello più alto a cui ispirarci.

Carissimi Fratelli e Sorelle, lasciamoci accompagnare dalla Vergine verso il Signore che viene, restando "vigilanti nella preghiera ed esultanti nella lode".

A tutti l'augurio di una buona preparazione alle prossime feste natalizie.

Saluti:



Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Cari pellegrini croati, vi saluto tutti cordialmente insieme ai vostri Vescovi ed ai Rappresentanti delle Autorità civili del vostro Paese, qui presenti. Benvenuti!

Sono grato alla Repubblica di Croazia per il dono dell'albero di Natale, offerto come segno di legami profondi del Popolo croato con la Sede di Pietro, che durano da quattordici secoli. Ringrazio in modo particolare quanti si sono impegnati per realizzare l'idea dell'albero, lanciata quattro anni fa dalla Conferenza Episcopale Croata, all'indomani della mia Visita pastorale a Zagreb, Marija Bistrica, Split e Solin.

Il gentile omaggio della Croazia ricorderà nei prossimi giorni ai visitatori di questa Aula ed ai pellegrini, che si recheranno in Piazza San Pietro in Vaticano, il Mistero dell'Incarnazione, il Quale ha illuminato gli orizzonti dell'umanità con una nuova speranza. Possa la luce di tale speranza aiutare gli uomini e i popoli del nostro tempo a riconoscere nel Bambino nato a Betlemme l'Emmanuele, il Dio con noi, e ad accoglierlo nella propria vita quotidiana per proseguire fiduciosi il cammino sulle vie della storia.

Affido nuovamente il vostro Popolo alla Beata Vergine, Regina del Santo Rosario. Ella, Madre del Verbo Incarnato, guidi voi e i vostri compatrioti nella novena di preparazione al Natale, cominciata proprio due giorni fa, affinché possiate ascoltare pieni di speranza il lieto annuncio che «è nato per noi il Re dei cieli».

A tutti voi, alle vostre famiglie e all'intero Popolo croato in Patria e all'estero di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!


Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini provenienti dalla Polonia e da altri paesi.

Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bonae voluntatis! Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Con queste parole nella notte di Betlemme gli Angeli hanno annunciato la venuta del Salvatore nel mondo. Vivendo il mistero del Natale, pieni di gioia andiamo incontro generosamente alle necessità degli altri, condividiamo il pane natalizio e facciamoci gli auguri. Anche io già oggi desidero fare a Voi qui presenti e a tutti i miei connazionali nel Paese e nel mondo i cordialissimi auguri: il tempo del Natale sia per tutti colmo di grazie; che porti a tutti la benedizione di pace, di prosperità e di felicità. Questa benedizione vi accompagni sempre.


Traduzione italiana del saluto in lingua lituana:

Saluto di cuore i pellegrini lituani, specialmente i giovani da Kedainiai!

Carissimi, la vicinanza del Natale ci invita a fondare la nostra gioia e la nostra pace in Gesù che viene a visitarci. In questi giorni rinnoviamo il nostro sincero amore al Signore, perché la sua venuta possa profondamente illuminare tutti noi.

Il Signore vi sostenga e vi benedica tutti!

Sia lodato Gesù Cristo!
*****


Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto voi cari fedeli del Molise, recentemente colpiti dal terremoto. Mentre assicuro la mia costante preghiera per voi e per i vostri familiari, vi incoraggio a guardare al domani con fiducia e speranza. Auspico altresì che non cessino l’attenzione e la solidarietà da parte dell’intera Nazione verso le vostre comunità. Saluto poi i giovani giocatori di "Bridge", qui convenuti così numerosi.

Desidero infine salutare i giovani, i malati e gli sposi novelli.

Carissimi, vi ringrazio tutti per la vostra partecipazione a questo incontro. A pochi giorni dalla solennità del Natale, l’amore che, nella nascita di Cristo, Dio manifesta all’umanità possa accrescere in voi, cari giovani, il desiderio di servire i fratelli. Il Signore che viene a visitarci nel mistero del Natale, rechi consolazione e speranza a voi, cari malati. La gioia delle prossime feste natalizie consolidi in voi, cari sposi novelli, la promessa di amore e di reciproca fedeltà.






Mercoledì, 8 gennaio 2003: Salmo 99 : La gioia di coloro che entrano nel tempio - Lodi venerdì 3a settimana

8103
(
Ps 99,2 Ps 99,4-5).


1. Nel clima di gioia e di festa che si prolunga in questa ultima settimana del tempo natalizio, vogliamo riprendere la nostra meditazione sulla Liturgia delle Lodi. Ci soffermiamo oggi sul Salmo 99, appena proclamato, che costituisce un gioioso invito a lodare il Signore, pastore del suo popolo.

Sette imperativi scandiscono l’intera composizione e spingono la comunità fedele a celebrare, nel culto, il Dio dell’amore e dell’alleanza: acclamate, servite, presentatevi, riconoscete, varcate le porte, lodatelo, benedite.Si può pensare a una processione liturgica, che sta per entrare nel tempio di Sion a compiere un rito in onore del Signore (cfr Ps 14 Ps 23 Ps 94).

Nel Salmo s’incrociano alcune parole caratteristiche per esaltare il legame di alleanza che intercorre tra Dio e Israele. Emerge innanzitutto l’affermazione di una piena appartenenza a Dio: «Noi siamo suoi, suo popolo» (Ps 99,3), affermazione pervasa di fierezza e insieme di umiltà, giacché Israele si presenta come «gregge del suo pascolo»(Ps 99,3). In altri testi troviamo l’espressione della relazione corrispondente: «Il Signore è il nostro Dio» (cfr Ps 94,7). Troviamo poi il lessico della relazione d’amore, quella «misericordia» e «fedeltà», unite alla «bontà» (cfr Ps 99,5), che nell’originale ebraico sono formulate appunto coi termini tipici del patto che lega Israele al suo Dio.

2. Sono recensite anche le coordinate dello spazio e del tempo. Da un lato, infatti, si presenta davanti a noi tutta la terra coinvolta coi suoi abitanti nella lode di Dio (cfr Ps 94,2); poi l’orizzonte si restringe all’area sacra del tempio di Gerusalemme coi suoi atri e le sue porte (cfr Ps 94,4), dove è raccolta la comunità orante. Dall’altro lato, si fa riferimento al tempo nelle sue tre dimensioni fondamentali: il passato della creazione («egli ci ha fatti», Ps 94,3), il presente dell’alleanza e del culto («noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo», ibidem)e, infine, il futuro in cui la fedeltà misericordiosa del Signore si distende «per ogni generazione», rivelandosi «eterna» (Ps 94,5).

3. Sostiamo ora brevemente sui sette imperativi che costituiscono il lungo invito a lodare Dio e occupano quasi tutto il Salmo (cfr Ps 94,2-4) prima di trovare, nell’ultimo versetto, la loro motivazione nell’esaltazione di Dio, contemplato nella sua identità intima e profonda.

Il primo appello consiste nell’acclamazione festosa che coinvolge tutta la terra nel canto di lode al Creatore. Quando preghiamo, dobbiamo sentirci in sintonia con tutti gli oranti che, in lingue e forme diverse, esaltano l’unico Signore. «Poiché - come dice il profeta Malachia - dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti» (Ml 1,11).

4. Vengono, poi, alcuni appelli di taglio liturgico e rituale: «servire», «presentarsi» e «varcare le porte» del tempio. Sono verbi che, alludendo anche alle udienze regali, descrivono i vari gesti che i fedeli compiono quando entrano nel santuario di Sion per partecipare alla preghiera comunitaria. Dopo il canto cosmico, si celebra la liturgia da parte del popolo di Dio, il «gregge del suo pascolo», la sua «proprietà tra tutti i popoli» (Ex 19,5).

L’invito a «varcare le porte con inni di grazie» e «con canti di lode» ci ricorda un passo de I misteri di sant’Ambrogio, dove sono descritti i battezzati che si avvicinano all’altare: «Il popolo purificato si accosta agli altari di Cristo dicendo: "Entrerò all’altare di Dio, al Dio che allieta la mia giovinezza" (Ps 42,4). Deposte infatti le spoglie dell’errore inveterato, il popolo rinnovato nella sua giovinezza come aquila, si affretta a partecipare a questo convito celeste. Viene dunque e, vedendo il sacrosanto altare convenientemente preparato, esclama: "Il Signore mi pasce e nulla mi mancherà; mi ha collocato in un pascolo; mi ha allevato presso l’acqua che ristora" (Ps 22,1-2)» (Opere dogmatiche III, SAEMO 17, PP 158-159).

5. Gli altri imperativi, che costellano il Salmo, ripropongono atteggiamenti religiosi fondamentali dell’orante: riconoscere, lodare, benedire. Il verbo riconoscere, esprime il contenuto della professione di fede nell’unico Dio. Dobbiamo, infatti, proclamare che solo «il Signore è Dio» (Ps 99,3), combattendo ogni idolatria e ogni superbia e potenza umana a Lui contrapposta.

Il termine degli altri verbi, cioè lodare e benedire, è ugualmente «il nome» del Signore (cfr Ps 99,4), ossia la sua persona, la sua presenza efficace e salvatrice.

In questa luce il Salmo approda nel finale a una solenne esaltazione di Dio, che è una sorta di professione di fede: il Signore è buono e la sua fedeltà non ci abbandona mai, perché Egli è sempre pronto a sostenerci col suo amore misericordioso. Con questa fiducia l’orante s’abbandona all’abbraccio del suo Dio: «Gustate e vedete quanto è buono il Signore - dice altrove il Salmista -; beato l’uomo che in lui si rifugia» (Ps 33,9 cfr 1P 2,3).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Saluto cordialmente tutti i pellegrini croati qui presenti, in particolare le Studentesse del Liceo Classico Femminile delle Suore di San Vincenzo de' Paoli di Zagabria. Benvenuti!
Carissimi, aprite i vostri cuori al Mistero di Natale, affinché nella sua luce possiate costruire un futuro ricco di speranza e di pace. Imparto di cuore la Benedizione Apostolica a voi e alle vostre famiglie.
Siano lodati Gesù e Maria!


Traduzione italiana del saluto in lingua ceca:

Un cordiale saluto ai pellegrini provenienti da Brno e dintorni.
In questo tempo di Natale risuona nelle nostre anime il canto angelico: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14). Possiate anche voi diffondere la pace di Cristo!
Con questo auspicio vi benedico.
Sia lodato Gesù Cristo!


Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini dalla Polonia.
Durante il Natale in modo particolare abbiamo contemplato con Maria il volto di Gesù, Dio incarnato.
Il Salmo, sul quale abbiamo riflettuto nella catechesi odierna è in un certo modo l’invito a restare in tale contemplazione. Il suo fondamento costituisce la fede che "il Signore è Dio". Il Salmista sollecita di presentarsi con questa fede davanti al Signore con esultanza, di varcare le porte del tempio con gratitudine e lode, e di servire a Lui con gioia.
Auguro a tutti un felice anno nuovo.

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Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i sacerdoti novelli dell’Istituto dei Legionari di Cristo, presenti con l’intera loro Comunità di Roma. Carissimi, vi esorto ad attingere ogni giorno dalla preghiera un rinnovato vigore spirituale per essere infaticabili annunciatori e testimoni del Vangelo a servizio del Popolo di Dio.

Saluto i fedeli della parrocchia S. Maria Assunta in Balze di Verghereto, che anche quest’anno hanno donato il muschio per il presepio di Piazza S. Pietro e per gli altri presepi allestiti in Vaticano. Un pensiero particolare rivolgo poi agli artisti del circo "Medrano", e li incoraggio a vivere sempre con gioia la propria fede in Cristo.

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Carissimi, in questi giorni che seguono la festa dell’Epifania, continuiamo a meditare sulla manifestazione di Gesù a tutti i popoli. La Chiesa invita voi, cari giovani, ad essere apostoli entusiasti di Cristo tra i vostri coetanei; esorta voi, cari malati, a diffondere ogni giorno la sua luce con serena pazienza; e sprona voi, cari sposi novelli, a essere segno, col vostro amore fedele, della sua presenza rinnovatrice.





Catechesi 79-2005 41202