Catechesi 79-2005 19113

Mercoledì, 19 novembre 2003: Cantico Fil 2,6-11 : Cristo, servo di Dio - Primi Vespri Domenica 1a settimana

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(Lettura:
Ph 2,6-9)

1. La Liturgia dei Vespri comprende, oltre ai Salmi, anche alcuni Cantici biblici. Quello or ora proclamato è sicuramente uno dei più significativi e di forte densità teologica. Si tratta di un inno incastonato nel capitolo secondo della Lettera di san Paolo ai cristiani di Filippi, la città greca che fu la prima tappa dell’annunzio missionario dell’Apostolo in Europa. Il Cantico è ritenuto espressione della liturgia cristiana delle origini ed è una gioia per la nostra generazione potersi associare, a distanza di due millenni, alla preghiera della Chiesa apostolica.

Il Cantico rivela una duplice traiettoria verticale, un movimento prima discensionale e poi ascensionale. Da un lato c’è, infatti, la discesa umiliante del Figlio di Dio quando, nell’Incarnazione, diventa uomo per amore degli uomini. Egli piomba nella kenosis, cioè nello «svuotamento» della sua gloria divina, spinto fino alla morte sulla croce, il supplizio degli schiavi che ne ha fatto l’ultimo degli uomini, rendendolo vero fratello dell’umanità sofferente, peccatrice e reietta.

2. Dall’altro lato, ecco l’ascesa trionfale che si compie nella Pasqua quando Cristo viene ristabilito dal Padre nello splendore della divinità ed è celebrato Signore da tutto il cosmo e da tutti gli uomini ormai redenti. Siamo di fronte a una grandiosa rilettura del mistero di Cristo, soprattutto di quello pasquale. San Paolo, oltre a proclamare la risurrezione (cfr 1Co 15,3-5), ricorre anche alla definizione della Pasqua di Cristo come «esaltazione», «innalzamento», «glorificazione».

Dunque, dall’orizzonte luminoso della trascendenza divina il Figlio di Dio ha varcato l’infinita distanza che intercorre tra Creatore e creatura. Egli non si è aggrappato come ad una preda al suo «essere uguale a Dio», che gli compete per natura e non per usurpazione: non ha voluto conservare gelosamente questa prerogativa come un tesoro né usarla a proprio vantaggio. Anzi, Cristo «svuotò», «umiliò» se stesso e apparve povero, debole, destinato alla morte infamante della crocifissione. Proprio da questa estrema umiliazione parte il grande movimento ascensionale descritto nella seconda parte dell’inno paolino (cfr Ph 2,9-11).

3. Dio ora «esalta» suo Figlio conferendogli un «nome» glorioso, che, nel linguaggio biblico, indica la persona stessa e la sua dignità. Orbene, questo «nome» è Kyrios, «Signore», il nome sacro del Dio biblico, ora applicato a Cristo risorto. Esso pone in atteggiamento di adorazione l’universo descritto secondo la tripartizione di cielo, terra e inferi.

Il Cristo glorioso appare, così, nel finale dell’inno, come il Pantokrator, cioè il Signore onnipotente che troneggia trionfale nelle absidi delle basiliche paleocristiane e bizantine. Egli reca ancora i segni della passione, cioè della sua vera umanità, ma si rivela ora nello splendore della divinità. Vicino a noi nella sofferenza e nella morte, Cristo ora ci attrae a sé nella gloria, benedicendoci e facendoci partecipi della sua eternità.

4. Concludiamo la nostra riflessione sull’inno paolino affidandoci alle parole di sant’Ambrogio, che spesso riprende l’immagine di Cristo che «spogliò se stesso», umiliandosi e come annullandosi (exinanivit semetipsum) nell’incarnazione e nell’offerta di se stesso sulla croce.

In particolare, nel Commento al Salmo CXVIII il Vescovo di Milano così si esprime: «Cristo, appeso all’albero della croce… fu punto dalla lancia e ne uscirono sangue e acqua più dolci d’ogni unguento, vittima gradita a Dio, spandendo per tutto il mondo il profumo della santificazione… Allora Gesù, trafitto, sparse il profumo del perdono dei peccati e della redenzione. Infatti, diventato uomo da Verbo che era, era stato ben limitato ed è diventato povero, pur essendo ricco, per arricchirci con la sua miseria (cfr 2Co 8,9); era potente, e si è mostrato come un miserabile, tanto che Erode lo disprezzava e lo derideva; sapeva scuotere la terra, eppure restava attaccato a quell’albero; chiudeva il cielo in una morsa di tenebre, metteva in croce il mondo, eppure era stato messo in croce; reclinava il capo, eppure ne usciva il Verbo; era stato annullato, eppure riempiva ogni cosa. È disceso Dio, è salito uomo; il Verbo è diventato carne perché la carne potesse rivendicare a sé il trono del Verbo alla destra di Dio; era tutto una piaga, eppure ne fluiva unguento, appariva ignobile, eppure lo si riconosceva Dio» (III,8, Saemo IX, Milano-Roma 1987, PP 131 133).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Saluto e benedico i fedeli della Parrocchia di Santa Teresa del Bambino Gesù in Rijeka, come pure il Coro «Zvon» di Dobrinj e il Coro cittadino di Krk.

Carissimi, possa il pellegrinaggio sulle tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo spronarvi ulteriormente ad una sempre maggiore testimonianza al Vangelo nella famiglia e nella società.

Siano lodati Gesù e Maria!


Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente il caro fratello dell’episcopato Mons. Keresztes ed i partecipanti del pellegrinaggio nazionale degli Zingari ungheresi, provenienti da varie parti del paese.

Chiedendo l’intercessione di sant’Elisabetta di Ungheria vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti da Mana.

Cari fratelli e sorelle, vi auspico che questo incontro con il Successore di Pietro valga a rinsaldare la vostra fede ed il vostro impegno di testimonianza cristiana.

Con questi pensieri, volentieri benedico voi e vostri cari.

Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Oggi abbiamo riflettuto sul Cantico di San Paolo tratto dalla Lettera ai Filippesi, che leggiamo nei Vespri. In queste poche frasi l’Apostolo ha racchiuso tutto il mistero di Cristo: la sua discesa umiliante e l’ascesa trionfale. Egli, il Figlio i Dio, si è umiliato quando è divenuto uomo e quando ha intrapreso l’opera della sofferenza e dell’offerta salvifica. Grazie a questa discesa fino alla morte di croce, si è realizzata la Sua esaltazione. Ecco, "risuscitò, ascese al cielo, siede alla destra del Padre" - come professiamo nel Credo apostolico. Nel Battesimo tutti siamo stati invitati e predisposti (dotati) alla partecipazione in questa ascensione del Figlio di Dio e nella Sua gloria.

Do il benvenuto ai pellegrini dalla Polonia e dagli altri paesi. In modo particolare saluto i rappresentanti delle autorità territoriali di Poznan, Kielce, Koszalin, Siedlce e Drohiczyn. Vi ringrazio per la benevolenza e la stima che Vi ha spinto ha darmi la Cittadinanza onoraria delle Vostre città.

Con il pensiero e con la preghiera abbraccio oggi i giovani. Ieri abbiamo commemorato beata Karolina Kozka, la martire del puro cuore. Alla sua protezione affido la vostra giovinezza, affinché sia buona e santa.

Portate il mio saluto alle vostre famiglie e ai vostri cari. Dio vi benedica!

***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto gli studenti borsisti di Telepace, la Cooperativa sociale Il Cammino di Savona, i fedeli di Grumo Nevano, i numerosi rappresentanti dell’Istituto Sacro Cuore di Napoli. A tutti auguro ogni bene nel Signore.

Saluto infine i giovani, i malati e gli sposi novelli.

Cari giovani, ponete Gesù al centro della vostra vita, e da Lui riceverete luce per ogni vostra scelta. Cari malati, affidatevi a Cristo, e comprenderete il valore redentivo della sofferenza vissuta in unione a Lui. E voi, cari sposi novelli, ponete il Signore nel cuore della vostra famiglia, così da partecipare alla costruzione del suo Regno di giustizia, di amore e di pace.

Venerdì prossimo 21 novembre, memoria liturgica della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, si celebra la Giornata per le claustrali. Desidero assicurare la speciale vicinanza mia e dell’intera Comunità ecclesiale a queste nostre sorelle, che il Signore chiama alla vita contemplativa.

Rinnovo al tempo stesso l’invito a tutti i credenti affinchè non facciano mancare ai monasteri di clausura il necessario sostegno spirituale e materiale. Siamo, infatti, grandemente debitori a queste persone che si consacrano interamente all’incessante preghiera per la Chiesa e per il mondo!








Mercoledì, 26 novembre 2003: Salmo 109,1-5.7 : Il Messia, re e sacerdote - Secondi Vespri Domenica 1a settimana

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(Lettura:
Ps 109,1 Ps 109,3-4)

1. Abbiamo ascoltato uno dei Salmi più celebri nella storia della cristianità. Il Salmo 109, che la Liturgia dei Vespri ci propone ogni domenica, è infatti ripetutamente citato dal Nuovo Testamento. Soprattutto i versetti 1 e 4 sono applicati a Cristo, sulla scia dell’antica tradizione giudaica, che aveva trasfigurato questo inno da canto regale davidico in Salmo messianico.

La popolarità di questa preghiera è dovuta anche all’uso costante che ne fanno i Vespri della domenica. Per questo motivo il Salmo 109, nella versione latina della Vulgata, è stato oggetto di numerose e splendide composizioni musicali che hanno punteggiato la storia della cultura occidentale. La Liturgia, secondo la prassi scelta dal Concilio Vaticano II, ha ritagliato dal testo originario ebraico del Salmo, che tra l’altro è fatto di sole 63 parole, il violento versetto 6. Esso ricalca la tonalità dei cosiddetti «Salmi imprecatori» e descrive il re ebraico mentre avanza in una sorta di campagna militare, schiacciando i suoi avversari e giudicando le nazioni.

2. Dato che avremo occasione di ritornare altre volte su questo Salmo, considerato l’uso che ne fa la Liturgia, ci accontenteremo ora di offrirne solo uno sguardo d’insieme.

Potremmo in esso distinguere nettamente due parti. La prima (cfr Ps 109,1-3) contiene un oracolo indirizzato da Dio a colui che il Salmista chiama «il mio signore», cioè al sovrano di Gerusalemme. L’oracolo proclama l’intronizzazione del discendente di Davide «alla destra» di Dio. Il Signore, infatti, gli si rivolge dicendo: «Siedi alla mia destra» (Ps 109,1). Verosimilmente abbiamo qui la menzione di un rituale, secondo cui l’eletto veniva fatto assidere alla destra dell’arca dell’alleanza, così da ricevere il potere di governo dal re supremo di Israele, ossia dal Signore.

3. Sullo sfondo si intuiscono forze ostili, neutralizzate però da una conquista vittoriosa: i nemici sono raffigurati ai piedi del sovrano, che incede solenne in mezzo a loro reggendo lo scettro della sua autorità (cfr Ps 109,1-2). È certamente il riflesso di una situazione politica concreta, che si registrava nei momenti di passaggio del potere da un re all’altro, con la ribellione di alcuni subalterni o con tentativi di conquista. Ormai, però, il testo rimanda ad un contrasto di indole generale tra il progetto di Dio, che opera attraverso il suo eletto, e i disegni di coloro che vorrebbero affermare un loro potere ostile e prevaricatore. Si ha, quindi, l’eterno scontro tra bene e male, che si svolge all’interno di vicende storiche, mediante le quali Dio si manifesta e ci parla.

4. La seconda parte del Salmo contiene, invece, un oracolo sacerdotale, che ha ancora per protagonista il re davidico (cfr Ps 109,4-7). Garantita da un solenne giuramento divino, la dignità regale unisce in sé anche quella sacerdotale. Il riferimento a Melchisedek, re-sacerdote di Salem, cioè dell’antica Gerusalemme (cfr Gn 14), è forse la via per giustificare il particolare sacerdozio del re accanto a quello ufficiale levitico del tempio di Sion. È noto, poi, che la Lettera agli Ebrei partirà proprio da questo oracolo: «Tu sei sacerdote per sempre, al modo di Melchisedek» (Ps 109,4), per illustrare il particolare e perfetto sacerdozio di Gesù Cristo.

Esamineremo in seguito più a fondo il Salmo 109, percorrendone con analisi attenta i singoli versetti.

5. A conclusione, però, vorremmo rileggere il versetto iniziale del Salmo con l’oracolo divino: «Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». E lo faremo con san Massimo di Torino (quarto-quinto secolo), il quale nel suo Sermone sulla Pentecoste così lo commenta: «Secondo la nostra consuetudine la condivisione del seggio è offerta a colui che, compiuta qualche impresa, giungendo vincitore merita di sedere in segno di onore. Così dunque anche l’uomo Gesù Cristo, vincendo con la sua passione il diavolo, schiudendo con la sua risurrezione i regni di sotterra, giungendo vittorioso al cielo come dopo aver compiuto un’impresa, ascolta da Dio Padre questo invito: "Siedi alla mia destra". Né dobbiamo meravigliarci se dal Padre viene offerta la condivisione del seggio al Figlio, che per natura è di un’unica sostanza col Padre… Il Figlio siede alla destra perché, secondo il Vangelo, a destra staranno le pecore, a sinistra invece i capri. È necessario dunque che il primo Agnello occupi la parte delle pecore e il Capo immacolato prenda possesso in anticipo del luogo destinato al gregge immacolato che lo seguirà» (40,2: Scriptores circa Ambrosium, IV, Milano-Roma 1991, p. 195).

Saluti:



Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Cari Pellegrini che siete giunti dalla Polonia e da diversi paesi del mondo: la solennità di Cristo Re pone termine all’anno liturgico. Con la prossima domenica inizia la prima domenica d’Avvento. Quello dell’avvento è un tempo particolare per educarci alla vigilanza in preparazione all’incontro con il Cristo nel Natale e che si manifesterà pienamente Re e Signore nella gloria del cielo. Auguro a tutti una buona preparazione per le Feste Natalizie. Sia lodato Gesù Cristo.

***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i numerosi fedeli di Alanno, qui convenuti con il loro pastore, Mons. Francesco Cuccarese, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario di fondazione della parrocchia Gesù Cristo Re dell’Universo.Saluto inoltre gli alunni dell’Istituto comprensivo Via Cassia di Roma, accompagnati dal Vescovo Mons. Gino Reali, e i rappresentanti della Federazione Maestri del lavoro.

Carissimi, auguro che la sosta presso le tombe degli Apostoli rinsaldi la vostra adesione a Cristo e faccia crescere la carità nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità.

Saluto, infine, i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. La figura dell’apostolo sant’Andrea, la cui festa si celebrerà nei prossimi giorni, sia per tutti voi un modello di sequela e di testimonianza cristiana.





Mercoledì, 3 dicembre 2003: Salmo 113 A : Meraviglie dell’esodo dall’Egitto - Secondi Vespri Domenica 1a Settimana

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(Lettura:
Ps 113,1-4 Ps 113,7-8)

1. Il gioioso e trionfale canto che ora abbiamo proclamato, evoca l’esodo di Israele dall’oppressione degli egizi. Il Salmo 113A fa parte di quella raccolta che la tradizione giudaica ha chiamato lo «Hallel egiziano». Sono i Salmi 112-117, una sorta di fascicolo di canti, usati soprattutto nella liturgia giudaica della Pasqua.

Il cristianesimo ha assunto il Salmo 113A con la stessa connotazione pasquale, ma aprendolo alla nuova lettura derivante dalla risurrezione di Cristo. L’esodo celebrato dal Salmo diviene, perciò, figura di un’altra liberazione più radicale e universale. Dante, nella Divina Commedia, pone quest’inno, secondo la versione latina della Vulgata, sulle labbra delle anime del Purgatorio: «In exitu Israël de Aegypto / cantavan tutti insieme ad una voce…» (Purgatorio II, 46-47). Egli, cioè, vede nel Salmo il canto dell’attesa e della speranza di quanti sono protesi, dopo la purificazione da ogni peccato, verso la meta ultima della comunione con Dio in Paradiso.

2. Seguiamo ora la trama tematica e spirituale di questa breve composizione orante. In apertura (cfr Ps 113,1-2) si evoca l’esodo di Israele dall’oppressione egiziana fino all’ingresso in quella terra promessa che è il «santuario» di Dio, cioè il luogo della sua presenza in mezzo al popolo. Anzi, terra e popolo sono fusi insieme: Giuda e Israele, termini coi quali si designava sia la terra santa sia il popolo eletto, vengono considerati come sede della presenza del Signore, sua speciale proprietà ed eredità (cfr Ex 19,5-6).

Dopo questa descrizione teologica di uno degli elementi di fede fondamentali dell’Antico Testamento, cioè la proclamazione delle opere meravigliose di Dio per il suo popolo, il Salmista ne approfondisce spiritualmente e simbolicamente gli eventi costitutivi.

3. Il Mar Rosso dell’esodo dall’Egitto e il Giordano dell’ingresso nella Terra santa sono personificati e trasformati in testimoni e strumenti partecipi della liberazione operata dal Signore (cfr ).

All’inizio, nell’esodo, ecco il mare che si ritira per lasciar passare Israele e, alla fine della marcia nel deserto, ecco il Giordano che risale il suo corso, lasciando asciutto il suo letto per far passare la processione dei figli di Israele (cfr GS 3-4). Al centro, si evoca l’esperienza del Sinai: ora sono i monti a partecipare alla grande rivelazione divina, che si compie sulle loro cime. Simili a creature viventi, come gli arieti e gli agnelli, essi sussultano e saltano. Con una vivacissima personificazione, il Salmista interroga allora i monti e i colli sul motivo del loro sconvolgimento: «Perché voi monti saltellate come arieti e voi colline come agnelli di un gregge?» (). La loro risposta non viene riferita: viene data indirettamente per mezzo di una ingiunzione, rivolta poi alla terra, di tremare anch’essa «davanti al Signore» (cfr Ps 113,7). Lo sconvolgimento dei monti e dei colli era dunque un trasalimento di adorazione davanti al Signore, Dio d’Israele, un atto di esaltazione gloriosa del Dio trascendente e salvatore.

4. Questo è il tema della parte finale del Salmo 113A (cfr ), che introduce un altro evento significativo della marcia di Israele nel deserto, quello dell’acqua scaturita dalla rupe di Meriba (cfr Ex 17,1-7 NM 20,1-13). Dio trasforma la roccia in una sorgente d’acqua, che diventa un lago: alla base di questo prodigio c’è la sua premura paterna nei confronti del popolo.

Il gesto acquista, allora, un significato simbolico: è il segno dell’amore salvifico del Signore che sostiene e rigenera l’umanità mentre avanza nel deserto della storia.

Com’è noto, san Paolo riprenderà questa immagine e, sulla base di una tradizione giudaica secondo cui la rupe accompagnava Israele nel suo itinerario nel deserto, rileggerà l’evento in chiave cristologica: «Tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo» (1Co 10,4).

5. In questa scia, un grande maestro cristiano come Origene, commentando l’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto, pensa al nuovo esodo compiuto dai cristiani. Così infatti si esprime: «Non pensate che soltanto allora Mosè abbia condotto il popolo fuori dall’Egitto: anche ora il Mosè che abbiamo con noi…, cioè la legge di Dio vuole condurti fuori dall’Egitto; se la ascolterai, vuole allontanarti dal Faraone… Non vuole che tu rimanga nelle azioni tenebrose della carne, ma che tu esca nel deserto, che tu giunga al luogo privo dei turbamenti e delle fluttuazioni del secolo, che tu giunga alla quiete e al silenzio… Quando dunque sarai giunto a questo luogo di quiete, là potrai immolare al Signore, là riconoscere la legge di Dio e la potenza della voce divina» (Omelie sull’Esodo, Roma 1981, PP 71-72).

Riprendendo l’immagine paolina che evoca la traversata del mare, Origene continua: «L’Apostolo chiama questo un battesimo, compiuto in Mosè nella nube e nel mare, affinché anche tu, che sei stato battezzato nel Cristo, nell’acqua e nello Spirito Santo, sappia che gli egiziani sono al tuo inseguimento e vogliono richiamarti al loro servizio, cioè ai reggitori di questo mondo e agli spiriti malvagi dei quali prima fosti schiavo. Essi cercheranno certo d’inseguirti, ma tu discendi nell’acqua e scampa incolume e, lavate le macchie dei peccati, risali come uomo nuovo pronto per cantare il cantico nuovo» (ibid., p. 107).

Saluti:

Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Saluto cordialmente i Professori e gli Studenti del Centro per l’educazione e la formazione di sordomuti "Slava Raškaj" di Zagabria.

Carissimi, nell’invocare su di voi e sulle vostre famiglie la benedizione di Dio, vi auguro che il tempo d’Avvento, iniziato in questi giorni, sia per voi un’occasione particolare per conoscere ancor di più l’amore di Dio verso ogni essere umano.

Siano lodati Gesù e Maria!



Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini di lingua polacca; vi ringrazio per la vostra presenza.

Siamo nella prima settimana di Avvento, che è tempo di attesa per la venuta del Figlio di Dio nel mistero di Natale e per la sua venuta finale nella gloria. La Chiesa da secoli ascolta la chiamata di Cristo: Vegliate!, e ricorda che ciascuno di noi è chiamato a prepararsi all'incontro con il Figlio di Dio.

Porti a tutti questo Avvento abbondanti frutti spirituali.

Dio vi benedica. Dio vi sia propizio!

***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i rappresentanti della "Confederazione ex alunni della Scuola Cattolica", la "Confraternita Nostra Signora delle Grazie" di Nettuno, e gli allievi della "Scuola di sanità e veterinaria militare".

Saluto infine i giovani, i malati e gli sposi novelli.

Vi invito tutti, carissimi, a guardare a Gesù, il Figlio di Dio che in questo tempo di Avvento, attendiamo come Salvatore. Sia lui la vostra forza e il vostro sostegno!




Mercoledì, 10 dicembre 2003: cfr Ap 19,1-7 : Le nozze dell’Agnello - Secondi Vespri Domenica 1a settimana

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(Lettura:
Ap 19,1-2 Ap 19,5 Ap 19,7)

1. Seguendo la serie dei Salmi e dei Cantici che costituiscono la preghiera ecclesiale dei Vespri, ci troviamo di fronte ad un brano innico, desunto dal capitolo 19 dell’Apocalisse e composto da una sequenza di alleluia e di acclamazioni.

Alle spalle di queste gioiose invocazioni c’è il lamento drammatico intonato nel capitolo precedente dai re, dai mercanti e dai naviganti di fronte al crollo della Babilonia imperiale, la città della malizia e dell’oppressione, simbolo della persecuzione scatenata nei confronti della Chiesa.

2. In antitesi a questo grido che sale dalla terra, risuona nei cieli un coro gioioso di impronta liturgica che, oltre all’alleluia, ripete anche l’amen. Le varie acclamazioni simili ad antifone, che ora la Liturgia dei Vespri unisce in un unico cantico, in realtà nel testo dell’Apocalisse sono poste sulle labbra di personaggi diversi. Troviamo innanzitutto una «folla immensa», costituita dall’assemblea degli angeli e dei santi (cfr Ap 19,1-3). Si distingue poi la voce dei «ventiquattro anziani» e dei «quattro viventi», figure simboliche che sembrano i sacerdoti di questa liturgia celeste di lode e di ringraziamento (cfr Ap 19,4). Si innalza, infine, una voce solista (cfr Ap 19,5) che, a sua volta, coinvolge nel canto la «folla immensa» da cui si era partiti (cfr Ap 19,6-7).

3. Avremo occasione, nelle future tappe di questo nostro itinerario orante, di illustrare le singole antifone di questo grandioso e festoso inno di lode a più voci. Ora ci accontentiamo di due annotazioni. La prima riguarda l’acclamazione di apertura che suona così: «Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; veri e giusti sono i suoi giudizi» (Ap 19,1-2).

Nel cuore di questa invocazione gioiosa c’è la rappresentazione dell’intervento decisivo di Dio nella storia: il Signore non è indifferente, come un imperatore impassibile e isolato, nei confronti delle vicende umane. Come dice il Salmista, «il Signore ha il trono nei cieli. I suoi occhi sono aperti sul mondo, le sue pupille scrutano ogni uomo» (Ps 10,4).

4. Anzi, il suo sguardo è sorgente di azione, perché egli interviene e demolisce gli imperi prepotenti e oppressivi, abbatte gli orgogliosi che lo sfidano, giudica quanti perpetrano il male. È ancora il Salmista a descrivere con immagini pittoresche (cfr Ps 10,7), questa irruzione di Dio nella storia, così come l’autore dell’Apocalisse aveva evocato nel capitolo precedente (cfr Ap 18,1-24) il terribile intervento divino nei confronti di Babilonia, sradicata dalla sua sede e scaraventata nel mare. A tale intervento fa cenno il nostro inno in un passo non ripreso nella celebrazione dei Vespri (cfr Ap 19,2-3).

La nostra preghiera, allora, deve soprattutto invocare e lodare l’azione divina, la giustizia efficace del Signore, la sua gloria ottenuta col trionfo sul male. Dio si rende presente nella storia, schierandosi dalla parte dei giusti e delle vittime, proprio come dichiara la breve ed essenziale acclamazione dell’Apocalisse e come spesso si ripete nel canto dei Salmi (cfr Ps 145,6-9).

5. Vogliamo porre l’accento su un altro tema del nostro Cantico. È sviluppato dall’acclamazione finale ed è uno dei motivi dominanti della stessa Apocalisse: «Sono giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta» (Ap 19,7). Cristo e la Chiesa, l’Agnello e la sposa, sono in profonda comunione d’amore.

Cercheremo di far brillare questa mistica sponsalità attraverso la testimonianza poetica di un grande Padre della Chiesa sira, sant’Efrem, vissuto nel quarto secolo. Usando simbolicamente il segno delle nozze di Cana (cfr Jn 2,1-11), egli introduce la cittadina stessa, personificata, a lodare Cristo per il grande dono ricevuto:

«Insieme con i miei ospiti io ringrazierò perché egli mi ha giudicato degna di invitarlo: / Lui che è lo Sposo celeste, che è sceso e ha invitato tutti; / e anch’io sono stata invitata a entrare alla sua pura festa di nozze. / Davanti ai popoli io lo riconoscerò come lo Sposo, come lui non ce n’è altri. / La sua stanza nuziale è preparata dai secoli, / e la sua stanza nuziale è fornita di ricchezze e non manca di niente: / non come la festa di Cana, le cui mancanze egli ha soddisfatto» (Inni sulla verginità, 33,3: L’arpa dello Spirito, Roma 1999, PP 73-74).

6. In un altro inno che pure canta le nozze di Cana, sant’Efrem sottolinea come Cristo, invitato alle nozze di altri (appunto gli sposi di Cana), abbia voluto celebrare la festa delle sue nozze: le nozze con la sua sposa, che è ogni anima fedele. «Gesù, tu sei stato invitato a una festa di nozze di altri, gli sposi di Cana, / qui, invece, c’è la tua festa, pura e bella: rallegra i nostri giorni, / perché anche i tuoi ospiti, Signore, hanno bisogno / dei tuoi canti: lascia la tua arpa riempire tutto! / L’anima è la tua sposa, il corpo è la sua stanza nuziale, / i tuoi invitati sono i sensi e i pensieri. / E se un solo corpo è per te una festa di nozze, / la Chiesa intera è il tuo banchetto nuziale!» (Inni sulla fede, 14,4-5: op. cit., p. 27).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Rivolgo il mio cordiale benvenuto a tutti i pellegrini qui presenti, giunti dalla Polonia. Saluto nuovamente i Vescovi e i Seminaristi di Radom. Ringrazio ancora una volta la Città Zakopane per gli alberi di Natale offertimi e per il clima natalizio che hanno introdotto. Portate i miei saluti alla regione Podhale. Saluto anche Mons. Stanislao Nowak, Arcivescovo di Czestochowa e i rappresentanti della redazione del settimanale cattolico "Niedziela" e tutti i pellegrini. Insieme a Voi esprimo la mia gratitudine a Dio per tutte le grazie ricevute durante la pellegrinazione dell’immagine di Gesù Misericordioso, appena terminata della Vostra Arcidiocesi. Benedico tutti di cuore.
***


Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai numerosi fedeli di Pontedera, presenti con i loro parroci e i rappresentanti dell’Amministrazione Comunale. Saluto inoltre il complesso bandistico "Forzano" di Savona, qui convenuto in occasione del quinto centenario della elezione al pontificato di Papa Giulio II, e il gruppo "Tabor" di Nichelino.

Il mio saluto va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

Carissimi, nell’Avvento, tempo di attesa che ci prepara al Natale, è particolarmente presente Maria, la Vergine della speranza. A Lei vi affido tutti, perché possiate prepararvi ad accogliere Cristo che viene a realizzare il suo Regno di giustizia e di pace.




Mercoledì, 17 dicembre 2003: Mistero del Natale

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1. "Il regno di Dio è vicino: siatene certi, non tarderà". Queste parole, tratte dall’odierna Liturgia, esprimono il clima della nostra trepida ed orante preparazione alle Feste natalizie ormai vicine.

L'Avvento mantiene viva l’attesa di Cristo, che verrà a visitarci con la sua salvezza, realizzando appieno il suo Regno di giustizia e di pace. L’annuale rievocazione della nascita del Messia a Betlemme rinnova nel cuore dei credenti la certezza che Dio tiene fede alle sue promesse. L’Avvento è, pertanto, potente annuncio di speranza, che tocca in profondità la nostra esperienza personale e comunitaria.

2. Ogni uomo sogna un mondo più giusto e solidale, dove degne condizioni di vita e una pacifica convivenza rendano armoniose le relazioni tra individui e tra popoli. Spesso, però, non è così. Ostacoli, contrasti e difficoltà di vario genere appesantiscono la nostra esistenza e talora quasi la opprimono. Le forze e il coraggio di impegnarsi per il bene rischiano di cedere al male che sembra a volte avere la meglio. E’ specialmente in questi momenti che ci viene in aiuto la speranza. Il mistero del Natale, che fra pochi giorni rivivremo, ci assicura che Dio è l’Emmanuele - Dio con noi. Per questo non dobbiamo mai sentirci soli. Egli ci è vicino, si è fatto uno di noi nascendo nel grembo verginale di Maria. Ha condiviso il nostro pellegrinaggio sulla terra, garantendoci il raggiungimento di quella gioia e pace, a cui aspiriamo dal profondo del nostro essere.

3. Il tempo di Avvento pone in luce un secondo elemento della speranza, che riguarda più in generale il significato e il valore dell’esistenza. Non infrequentemente ci si chiede: chi siamo, dove andiamo, che senso ha ciò che compiamo sulla terra, che cosa ci attende dopo la morte?

Vi sono obiettivi indubbiamente buoni e onesti: la ricerca di un maggiore benessere materiale, il perseguimento di mete sociali, scientifiche ed economiche sempre più avanzate, una migliore realizzazione delle aspettative personali e comunitarie. Ma bastano queste mète a soddisfare le aspirazioni più intime del nostro animo?

La Liturgia di oggi ci invita ad allargare la visuale e a contemplare la Sapienza di Dio che esce dall’Altissimo ed è capace di estendersi ai confini del mondo, tutto disponendo "con soavità e forza" (cfr Antifona resp.).

Dal popolo cristiano sgorga allora spontanea l’invocazione: "Vieni, Signore, non tardare".

4. Merita, infine, di essere sottolineato un terzo elemento caratteristico della speranza cristiana, che il tempo d’Avvento ben evidenzia. All'uomo, che elevandosi dalle vicende quotidiane cerca la comunione con Dio, l'Avvento e soprattutto il Natale ricordano che è Dio ad aver preso l'iniziativa di venirgli incontro. Facendosi bambino, Gesù ha assunto la nostra natura e ha stabilito per sempre la sua alleanza con l'intera umanità.

Potremmo, dunque, concludere che il senso della speranza cristiana, riproposta dall'Avvento, è quello dell'attesa fiduciosa, della disponibilità operosa e dell’apertura gioiosa all'incontro con il Signore. A Betlemme Egli è venuto per rimanere con noi, per sempre.

Alimentiamo, pertanto, questi giorni di immediata preparazione al Natale di Cristo con la luce ed il calore della speranza, carissimi Fratelli e Sorelle. Questo è l’augurio che porgo a voi qui presenti e ai vostri cari. Lo affido alla materna intercessione di Maria, modello e sostegno della nostra speranza.

Buon Avvento e Buon Natale a tutti!

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua polacca

Fra poco vivremo le feste di Natale. Presentandoci insieme ai pastori davanti alla grotta di Betlemme canteremo: "Alza la mano Bambino divino e benedici l’amata patria; nelle buone decisioni, nella buona esistenza sorregga la sua forza con la forza Tua: la nostra casa, il nostro patrimonio e tutte le città e le campagne…" Prego affinché questa benedizione si sparga abbondantemente su tutti i polacchi e li accompagni sempre. Chiedo al Signore che la speranza e l’amore vicendevole permettano di vincere tutte le difficoltà e siano fonte della vera felicità. Questo è il mio augurio a voi qui presenti e a tutti i nostri connazionali nel Paese e nel mondo.

Dio vi benedica!
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Rivolgo il mio saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto voi, cari fedeli della Valle d’Aosta, insieme con il vostro Vescovo Monsignor Giuseppe Anfossi e le Autorità civili che vi accompagnano. Ricordo sempre con viva gratitudine la cordiale accoglienza riservatami durante i miei soggiorni tra le belle montagne della vostra Regione, alla quale mi sento profondamente unito. Oggi siete venuti a presentarmi il grande albero di Natale, allestito in Piazza S. Pietro e gli alberi collocati in quest’aula, nel palazzo apostolico e in altri ambienti del Vaticano. Essi sono un dono della vostra Regione Autonoma Valle d’Aosta. Vi ringrazio! Sono grato specialmente a quanti hanno reso possibile questo omaggio natalizio, che ricorderà ai visitatori e ai pellegrini la nascita di Gesù, luce del mondo.

Saluto poi il Vescovo di Siena, Mons. Antonio Buoncristiani, e la Comunità del Seminario Regionale "Pio XII", che commemora il cinquantesimo anniversario di fondazione. Saluto inoltre i rappresentanti dello Scautismo Cattolico, che hanno portato qui da Betlemme la lucerna, simbolo della pace.

Ringrazio infine i giovani, i malati e gli sposi novelli per la loro partecipazione a questo incontro. A pochi giorni dal Natale, auguro che questa solenne festa rechi a ciascuno consolazione e speranza.










Catechesi 79-2005 19113