Catechesi 79-2005 7104

Mercoledì, 7 gennaio 2004: Meditazione sul mistero della divina maternità di Maria

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1. "Alma Redemptoris Mater... Alma Madre del Redentore...". Così invochiamo Maria nel tempo natalizio, con un’antica e suggestiva antifona mariana, che prosegue tra l’altro con queste parole: "Tu quae genuisti natura mirante, tuum sanctum Genitorem – Tu, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Creatore".

Maria, Madre di Dio! Questa verità di fede, profondamente legata alle festività natalizie, è particolarmente evidenziata nella liturgia del primo giorno dell’anno, solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Maria è la Madre del Redentore; è la donna eletta da Dio per realizzare il progetto salvifico incentrato sul mistero dell'incarnazione del Verbo divino.

2. Un’umile creatura ha generato il Creatore del mondo! Il tempo di Natale ci rinnova la consapevolezza di questo mistero, presentandoci la Madre del Figlio di Dio quale compartecipe agli eventi culminanti della storia della salvezza. La secolare tradizione della Chiesa ha sempre considerato la nascita di Gesù e la divina maternità di Maria come due aspetti dell'incarnazione del Verbo. "Infatti - ribadisce il Catechismo della Chiesa Cattolica citando il Concilio di Efeso - colui che Maria ha concepito come uomo per opera dello Spirito Santo e che è diventato veramente suo Figlio secondo la carne, è il Figlio eterno del Padre, la seconda Persona della Santissima Trinità. La Chiesa confessa che Maria è veramente Madre di Dio, ‘Theotokos’" (
CEC 495).

3. Dal fatto che la Madonna è "Madre di Dio" derivano tutti gli altri aspetti della sua missione; aspetti ben evidenziati dai titoli con i quali la comunità dei discepoli di Cristo in ogni parte del mondo La onora. Innanzitutto quelli di "Immacolata" e di "Assunta", perché non poteva certo essere soggetta alla corruzione derivante dal peccato originale Colei che doveva generare il Salvatore.

La Vergine è inoltre invocata come la Madre del Corpo mistico, cioè della Chiesa. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, rifacendosi alla tradizione patristica espressa da sant'Agostino, afferma che Lei "è veramente Madre delle membra di Cristo... perché ha cooperato con la sua carità alla nascita dei fedeli della Chiesa, i quali di quel Capo sono le membra" (CEC 963).

4. L’intera esistenza di Maria è legata in modo quanto mai stretto a quella di Gesù. A Natale è Lei ad offrire Gesù all’umanità. Sulla croce, al momento supremo del compimento della missione redentrice, sarà Gesù a far dono ad ogni essere umano della sua stessa Madre, quale eredità preziosa della redenzione.

Le parole del Signore crocifisso al fedele discepolo Giovanni costituiscono il suo testamento. Egli affida a Giovanni sua Madre e, allo stesso tempo, consegna l’Apostolo e ogni credente all'amore di Maria.

5. In questi ultimi giorni del tempo di Natale soffermiamoci a contemplare nel presepe la silenziosa presenza della Vergine accanto al Bambino Gesù. Lo stesso amore, la stessa premura che ha avuto per il suo divin Figlio, la riserva a noi. Lasciamo pertanto che sia Lei a guidare i nostri passi nel nuovo anno, che la Provvidenza ci dona da vivere.

E’ questo l'augurio che formulo per tutti voi in questa prima Udienza generale del 2004. Sostenuti e confortati dalla sua protezione materna, potremo contemplare con occhi rinnovati il volto di Cristo e camminare più speditamente sulle vie del bene.

Ancora una volta, Buon Anno a voi qui presenti e ai vostri cari!

Saluti:

Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Saluto il gruppo di pellegrini provenienti da Osijek, in modo particolare gli insegnanti delle Scuole Elementari di Fran Krsto Frankopan e di Franjo Krežma della medesima città. Benvenuti!

Carissimi, memore della calorosa accoglienza riservatami dalla vostra città nel giugno scorso, invoco la benedizione di Dio su di voi, sui vostri alunni e le vostre famiglie e su tutti i vostri concittadini.

Siano lodati Gesù e Maria!


Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente il gruppo degli scout provenienti da Stropkov.

Cari giovani, Vi ringrazio delle preghiere e volentieri imparto la Benedizione Apostolica a voi ed alle vostre famiglie in Patria.

Sia lodato Gesù Cristo!


Traduzione italiana del saluto in lingua ceca:

Un cordiale saluto ai pellegrini provenienti da Vyšehrad-Praha.

In questo tempo di Natale risuona nelle nostre anime il canto angelico: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14). Possiate anche voi diffondere la pace di Cristo!

Con questo auspicio vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!


Traduzione italiana del saluto in lingua ucraina:

Cristo è nato! Saluto cordialmente il caro Cardinale Marjan Jaworski e il gruppo di pellegrini ucraini.

Carissimi! Vi ringrazio cordialmente per la vostra visita e, nell’augurare a tutti un Anno di pace, vi imparto con affetto la mia Benedizione.

Cristo è nato!

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

"Santissima Madre di Dio" è un titolo particolare, con il quale chiamiamo la Vergine Maria. Il tempo di Natale ci rende consapevoli del suo profondo significato. Ci ricorda che Maria è davvero la Madre del Figlio di Dio. "Colui che Maria ha concepito come uomo per opera dello Spirito Santo e che è diventato veramente suo Figlio secondo la carne, è il Figlio eterno del Padre, la seconda Persona della Santissima Trinità" (CEC 495). Il tempo del Natale sia per noi l’occasione per fermarci di nuovo davanti alla mangiatoia in cui giace il Salvatore e per contemplare l’umile e amorosa presenza della Madre di Dio, che veglia su Gesù Bambino. Affidandoci a Lei, chiediamo che sulle strade, nelle quali ci guiderà la Provvidenza durante l’anno nuovo, Ella abbracci ognuno di noi con lo stesso amore con cui abbracciava il Figlio di Dio.

Miei cari connazionali! Vi saluto cordialmente in occasione di questa prima Udienza Generale dell’Anno 2004. Saluto anche le vostre famiglie. A voi e a tutti miei connazionali auguro ancora una volta buon anno nuovo. Vi sostenga la Madre di Dio, Maria. "Szczesc Boze!" (Dio vi sia propizio).
***


Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana.

In particolare , saluto voi, sacerdoti novelli dell’Istituto dei Legionari di Cristo, presenti con l’intera comunità di Roma e con le consacrate del "Regnum Christi". Vi esorto ad attingere ogni giorno dall’Eucaristia la grazia e la forza per essere docili strumenti ed infaticabili operai nella costruzione del Regno di Dio.

Saluto poi voi, cari circensi, che in queste feste natalizie avete realizzato i vostri spettacoli a Roma, e vi incoraggio a vivere sempre con gioia la vostra fede in Cristo.

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Carissimi, in questi giorni che seguono la festa dell’Epifania, continuiamo a meditare sulla manifestazione di Gesù a tutti i popoli. La Chiesa vi invita a diffondere la luce di Cristo con la testimonianza della vostra vita.






Mercoledì, 14 gennaio 2004: cfr 1Pt 2,21-24: La passione volontaria di Cristo, servo di Dio - Secondi Vespri della Domenica 1a settimana

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(Lettura: cfr
1P 2,21 1P 2,24

1. Dopo la sosta per le festività natalizie, riprende oggi il nostro itinerario di meditazione sulla liturgia dei Vespri. Il Cantico ora proclamato, desunto dalla Prima Lettera di Pietro, si sofferma sulla Passione redentrice di Cristo, già preannunciata al momento del Battesimo al Giordano.

Come abbiamo ascoltato domenica scorsa, Festa del Battesimo del Signore, Gesù si rivela fin dall'inizio dell'attività pubblica il "Figlio prediletto", nel quale il Padre si è compiaciuto (cfr Lc 3,22), e il vero "Servo di Jahweh" (cfr Is 42,1), che libera l'uomo dal peccato attraverso la sua Passione e la morte sulla Croce.

Nella citata Lettera di Pietro, nella quale il Pescatore di Galilea si definisce «testimone delle sofferenze di Cristo» (1P 5,1), il ricordo della Passione è molto frequente. Gesù è l’agnello sacrificale senza macchia, il cui sangue prezioso è stato versato per il nostro riscatto (cfr 1P 1,18-19). Egli è la pietra vivente scartata dagli uomini, ma scelta da Dio come «pietra angolare» che dà la sua coesione alla «casa spirituale», cioè alla Chiesa (cfr 1P 2,6-8). Egli è il giusto che si sacrifica per gli ingiusti così da ricondurli a Dio (cfr 1P 3,18-22).

2. La nostra attenzione si fissa ora sul profilo di Cristo disegnato nel brano che abbiamo ascoltato (cfr 1P 2,21-24). Egli ci appare come il modello da contemplare e imitare, il «programma», come si dice nell’originale greco (cfr 1P 2,21), da realizzare, l’esempio da seguire senza esitazione, conformandoci alle sue scelte.

Si usa, infatti, il verbo greco della sequela, del discepolato, dell’incamminarsi sulle orme stesse di Gesù. E i passi del Maestro divino si avviano su una strada erta e faticosa, proprio come si legge nel Vangelo: «Se qualcuno vuol venire dietro di me…, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8,34).

A questo punto l’inno petrino delinea una sintesi mirabile della passione di Cristo, modulata sulle parole e le immagini isaiane applicate alla figura del Servo sofferente (cfr Is 53), riletta in chiave messianica dalla tradizione cristiana antica.

3. Questa storia innica della Passione è formulata attraverso quattro dichiarazioni negative (cfr 1P 2,22-23a) e tre positive (cfr 1P 2,23-24), onde descrivere l’atteggiamento di Gesù in quella vicenda terribile e grandiosa.

Si inizia con la duplice affermazione della sua assoluta innocenza espressa con le parole di Isaia( Cfr Is 53,9) «Egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca» (1P 2,22). Seguono altre due considerazioni sul suo comportamento esemplare ispirato a mitezza e dolcezza: «Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta» (Is 2,23). Il silenzio paziente del Signore non è solo un atto di coraggio e di generosità. È anche un gesto di fiducia nei confronti del Padre, come suggerisce la prima delle tre affermazioni positive: «Rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia» (ibidem). La sua è una fiducia totale e perfetta nella giustizia divina che guida la storia verso il trionfo dell’innocente.

4. Si giunge, così, al vertice del racconto della Passione che evidenzia il valore salvifico dell’atto supremo della donazione di Cristo: «Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia» (Is 2,24).

Questo secondo asserto positivo, formulato con le espressioni della profezia di Isaia (cfr Is 53,12), precisa che Cristo portò «nel suo corpo» «sul legno», cioè sulla croce, «i nostri peccati», per poterli annientare.

Per questa via anche noi, liberati dall’uomo vecchio, col suo male e la sua miseria, possiamo «vivere per la giustizia», cioè in santità. Il pensiero corrisponde, pur con termini in gran parte diversi, alla dottrina paolina sul battesimo che ci rigenera come nuove creature, immergendoci nel mistero della passione, morte e gloria di Cristo (cfr Rm 6,3-11).

L’ultima frase - «dalle sue piaghe siamo stati guariti» (1P 2,25) - punta sul valore salvifico della sofferenza di Cristo, espresso con le stesse parole usate da Isaia per esprimere la fecondità salvatrice del dolore sofferto dal Servo del Signore (cfr Is 53,5).

5. Contemplando le piaghe di Cristo da cui siamo stati salvati, sant’Ambrogio così si esprimeva: «Non ho niente nelle mie opere di cui possa gloriarmi, non ho niente di cui vantarmi e pertanto mi glorierò in Cristo. Non mi glorierò perché sono giusto, ma mi glorierò perché sono stato redento. Non mi glorierò perché sono esente da peccati, ma mi glorierò perché i peccati mi sono stati rimessi. Non mi glorierò perché sono stato d’aiuto né perché qualcuno mi è stato d’aiuto, ma perché Cristo è avvocato per me presso il Padre, perché il sangue di Cristo fu versato per me. La mia colpa è divenuta per me il prezzo della redenzione, attraverso cui Cristo è venuto a me. Per me Cristo ha assaporato la morte. È più proficua la colpa dell’innocenza. L’innocenza mi aveva reso arrogante, la colpa mi ha reso umile» (Giacobbe e la vita beata, I,6,21: Saemo, III, Milano-Roma 1982, PP 251 253).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Il Cantico dalla Prima Lettera di Pietro, sul quale riflettiamo oggi, si sofferma sul mistero della passione redentrice di Cristo. In un certo modo il battesimo di Gesù nel Giordano che abbiamo ricordato domenica scorsa era già il preannuncio di essa. In quell’evento Dio ha rivelato che Gesù era il suo "Figlio prediletto" (Lc 3,22) che, quale "agnello di Dio" (Jn 1,29), tramite la sua passione e la morte sulla croce avrebbe liberato l’umanità dal peccato.

L’apostolo Pietro, "testimone delle sofferenze di Cristo" (1P 5,1), ritorna spesso nelle sue lettere agli eventi della Settimana Santa, per render presente ai fratelli nella fede con quale prezzo sono stati redenti e per invitare tutti alla vita giusta sulla misura di quest’offerta. Cristo "portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia" (1P 2,24).

Il ricordo di questa verità ci accompagni sempre, affinché siamo fedeli seguaci di Cristo nella giustizia e nell’amore pieno di dedizione.

Saluto cordialmente i miei connazionali.

Siete venuti presso le tombe dei Santi Pietro e Paolo per consolidarsi nella fede, nella speranza e nell’amore. Prego Dio che vi colmi abbondantemente di queste grazie. Vi chiedo di portare il mio saluto alle vostre famiglie e a tutti i polacchi. Dio vi benedica!
***


Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto l’Associazione italiana "Amici di Raoul Follereau" e i fedeli di Corridonia. Abbraccio poi spiritualmente i bambini bielorussi, e il "Gruppo accoglienza" di Modugno, che generosamente li ha accolti.

Il mio pensiero va inoltre ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La festa del Battesimo del Signore, che abbiamo celebrato la scorsa domenica, vi aiuti, cari giovani, a riscoprire e a vivere con gioia il dono della fede in Cristo; renda voi, cari malati, forti nella prova; spinga voi, cari sposi novelli, a fare della vostra famiglia una vera chiesa domestica.








Mercoledì, 21 gennaio 2004: Meditazione sul tema della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani:

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"Io vi lascio la mia pace" (cfr
Jn 14,27)

1. "Io vi lascio la mia pace" (cfr Jn 14,27). La settimana di preghiera e di riflessione per l’unità dei cristiani di quest’anno è incentrata sulle parole pronunciate da Gesù nell’Ultima Cena. Si tratta, in un certo senso, del suo testamento spirituale. La promessa fatta ai discepoli troverà piena realizzazione nella Risurrezione di Cristo. Apparendo nel Cenacolo agli Undici, Egli rivolgerà loro per tre volte il saluto: "Pace a voi" (Jn 20,19).

Il dono offerto agli Apostoli non è, pertanto, una "pace" qualsiasi, ma è la stessa pace di Cristo: la "mia pace", come Egli dice. E per farsi capire spiega in maniera più semplice: io do a voi la pace mia, "non come la dà il mondo" (Jn 14,27).

Il mondo anela alla pace, ha bisogno di pace - oggi come ieri -, ma spesso la cerca con mezzi impropri, talora persino con il ricorso alla forza o con l’equilibrio di potenze contrapposte. In tali situazioni l’uomo vive con il cuore turbato nella paura e nell’incertezza. La pace di Cristo, invece, riconcilia gli animi, purifica i cuori, converte le menti.

2. Il tema della "Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani" è stato proposto quest’anno da un gruppo ecumenico della città di Aleppo in Siria. Ciò mi spinge a ritornare col pensiero al pellegrinaggio che ho avuto la gioia di compiere a Damasco. In particolare, ricordo con gratitudine la calorosa accoglienza che mi è stata riservata dai due Patriarchi ortodossi e da quello greco-cattolico. Quell’incontro rappresenta tuttora un segno di speranza per il cammino ecumenico. L’ecumenismo, però, come ricorda il Concilio Vaticano II, non è autentico se non c’è "interiore conversione; poiché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall’abnegazione di se stesso e dalla liberissima effusione della carità" (Decr. sull’ecumenismo Unitatis redintegratio UR 7).

Si avverte sempre più l’esigenza di una profonda spiritualità di pace e di pacificazione, non soltanto in quanti sono direttamente impegnati nel lavoro ecumenico, ma in tutti i cristiani. La causa dell’unità, infatti, riguarda ogni credente, chiamato a far parte dell’unico popolo dei redenti dal sangue di Cristo sulla Croce.

3. E’ incoraggiante costatare come la ricerca dell’unità tra i cristiani si stia sempre più estendendo grazie ad opportune iniziative, che interessano i diversi ambiti dell’impegno ecumenico. Fra questi segni di speranza mi piace annoverare l’accrescersi della carità fraterna e il progresso registrato nei dialoghi teologici con le varie Chiese e Comunità ecclesiali. In essi è stato possibile raggiungere, con gradi e specificità diverse, importanti convergenze su tematiche fortemente controverse nel passato.

Tenendo conto di questi segni positivi, occorre non scoraggiarsi dinanzi alle difficoltà vecchie e nuove che si incontrano, ma affrontarle con pazienza e comprensione, contando sempre sull’aiuto divino.

4. "Dov’è carità e amore, lì c’è Dio": così prega e canta la liturgia in questa settimana, rivivendo il clima dell’Ultima Cena. Dalla carità e dall’amore vicendevole sgorgano la pace e l’unità di tutti i cristiani, che possono offrire un contributo decisivo perché l’umanità superi le ragioni delle divisioni e dei conflitti.

Accanto alla preghiera, carissimi Fratelli e Sorelle, sentiamoci inoltre fortemente stimolati a fare nostro lo sforzo di essere autentici "operatori di pace" (cfr Mt 5,9) negli ambienti nei quali viviamo.

Ci aiuti e ci accompagni in questo itinerario di riconciliazione e di pace la Vergine Maria, che sul Calvario fu testimone del sacrificio redentore di Cristo.

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

"Io vi lascio la mia pace" (Jn 14,27). Questo è il motto della Settimana di Preghiera e di riflessione per l'Unità dei Cristiani di quest'anno.

La pace di Cristo promessa ai discepoli è decisamente differente da quella che viene proposta dal mondo. "Vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi" (Jn 14,27). Il mondo propone una pace basata sulla forza delle armate, sul senso del potere, sull’intervento delle potenze militari, sulla corsa agli armamenti che genera angoscia e inquietudine nel cuore degli uomini. Cristo, invece, parla di una pace basata sulla purezza delle intenzioni degli uomini, sulla necessità del perdono e sulla conversione dei cuori.

Ricordando ciò, la liturgia di questa Settimana di preghiera ci dice che "Dove è carità e amore, li c’è Dio".

Fratelli e Sorelle! Perseverando nella preghiera, siamo coloro che introducono nella vita la pace di Cristo. La Vergine Maria, che sul Calvario fu testimone del sacrificio redentore di Cristo, ci sostenga nel nostro desiderio di edificare l’unità della fede e la pace nella vita del mondo.

Saluto cordialmente i miei connazionali. Oggi, preghiamo in modo particolare per l'unità dei cristiani e per la pace nel mondo. L'opera dell'unità nasce nel cuore dell’ uomo riconciliato con Dio e con i suoi fratelli. Che Dio ci aiuti affinché siamo uniti: "Ut unum sint". Sia lodato Gesù Cristo.
***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli di Velletri, accompagnati dal Vescovo Mons. Andrea Erba.

Il mio pensiero va inoltre ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Carissimi, in questa Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani invito voi, cari giovani, ad essere testimoni di fedele adesione al Vangelo, specialmente con i vostri coetanei. Chiedo a voi, cari malati, di offrire le vostre sofferenze per la causa dell’unità dei cristiani. Esorto voi, cari sposi novelli, a diventare sempre più un cuor solo ed un’anima sola all’interno delle vostre famiglie.

Al termine dell’Udienza Generale, ha luogo un momento liturgico caratterizzato da una particolare preghiera dei fedeli in occasione della Settimana di Preghiera dell’Unità dei Cristiani. Quindi, in occasione della Memoria liturgica di Sant’Agnese, il Papa benedice due agnelli vivi, presentati dal Capitolo Lateranense, la cui lana sarà utilizzata per confezionare i sacri Pallii.

Come è noto il Pallio è un’insegna liturgica d’onore e di giurisdizione che viene indossata dal Papa e dagli Arcivescovi Metropoliti nelle loro Chiese e in quelle delle loro Province. E’ costituito da una fascia di lana bianca su cui spiccano sei croci di seta nera.

La Benedizione dei nuovi Pallii è fatta dal Papa il 29 giugno, Festività dei Santi Pietro e Paolo.




Mercoledì, 28 gennaio 2004: Salmo 10 : Nel Signore è la fiducia del giusto - Vespri del lunedì della 1a settimana

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(Lettura:
Ps 10,1 Ps 10,3-5 Ps 10,7).

1. Continua la nostra riflessione sui testi salmici, che costituiscono l’elemento sostanziale della Liturgia dei Vespri. Quello che ora abbiamo fatto risuonare nei nostri cuori è il Salmo 10, una breve preghiera di fiducia che, nell’originale ebraico, è scandita dal nome sacro divino, ’Adonaj, il Signore. Questo nome echeggia in apertura (cfr Ps 10,1), si trova tre volte al centro del Salmo (cfr Ps 10,4-5) e ritorna alla fine (cfr Ps 10,7).

La tonalità spirituale dell’intero canto è ben espressa dal versetto conclusivo: «Giusto è il Signore, ama le cose giuste». È questa la radice di ogni fiducia e la sorgente di ogni speranza nel giorno dell’oscurità e della prova. Dio non è indifferente nei confronti del bene e del male, è un Dio buono e non un fato oscuro, indecifrabile e misterioso.

2. Il Salmo si svolge sostanzialmente in due scene. Nella prima (cfr Ps 10,1-3) si descrive l’empio nel suo apparente trionfo. Egli è tratteggiato con immagini di taglio bellico e venatorio: è il perverso, che tende il suo arco da guerra o da caccia per colpire violentemente la sua vittima, ossia il fedele (cfr Ps 10,2). Quest’ultimo è, perciò, tentato dall’idea di evadere e di liberarsi da una morsa così implacabile. Vorrebbe fuggire «come un passero verso il monte» (Ps 10,1), lontano dal gorgo del male, dall’assedio dei malvagi, dalle frecce delle calunnie lanciate a tradimento dai peccatori.

C’è una sorta di scoraggiamento nel fedele che si sente solo e impotente di fronte all’irruzione del male. Gli sembrano scosse le fondamenta del giusto ordine sociale e minate le basi stesse della convivenza umana (cfr Ps 10,3).

3. Ecco, allora, la svolta, delineata nella seconda scena (cfr Ps 10,4-7). Il Signore, assiso sul trono celeste, abbraccia col suo sguardo penetrante tutto l’orizzonte umano. Da quella postazione trascendente, segno dell’onniscienza e onnipotenza divina, Dio può scrutare e vagliare ogni persona, distinguendo il bene dal male e condannando con vigore l’ingiustizia (cfr Ps 10,4-5).

È molto suggestiva e consolante l’immagine dell’occhio divino la cui pupilla è fissa e attenta alle nostre azioni. Il Signore non è un remoto sovrano, chiuso nel suo mondo dorato, ma una vigilante Presenza schierata dalla parte del bene e della giustizia. Egli vede e provvede, intervenendo con la sua parola e la sua azione.

Il giusto prevede che, come era accaduto a Sodoma (cfr Gn 19,24), il Signore «farà piovere sugli empi brace, fuoco e zolfo» (Ps 10,6), simboli del giudizio di Dio che purifica la storia, condannando il male. L’empio, colpito da questa pioggia ardente, che prefigura la sua sorte ultima, sperimenta finalmente che «c’è Dio che fa giustizia sulla terra!» (Ps 57,12).

4. Il Salmo, però, non si conclude con questo quadro tragico di punizione e di condanna. L’ultimo versetto apre l’orizzonte alla luce e alla pace destinate al giusto che contemplerà il suo Signore, giudice giusto, ma soprattutto liberatore misericordioso: «Gli uomini retti vedranno il suo volto» (Ps 10,7). Un’esperienza, questa, di comunione gioiosa e di serena fiducia nel Dio che libera dal male.

Una simile esperienza hanno fatto innumerevoli giusti nel corso della storia. Molte narrazioni descrivono la fiducia dei martiri cristiani di fronte ai tormenti e la loro fermezza che non rifuggiva dalla prova.

Negli Atti di Euplo, diacono catanese, morto verso il 304 sotto Diocleziano, il martire esce spontaneamente in questa sequenza di preghiere: «Grazie, o Cristo: proteggimi perché soffro per te… Adoro il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Adoro la Santa Trinità… Grazie, o Cristo. Vieni in mio soccorso, o Cristo! Per te soffro, Cristo… Grande è la tua gloria, o Signore, nei servi che ti sei degnato di chiamare a te!… Ti rendo grazie, Signore Gesù Cristo, perché la tua forza mi ha consolato; tu non hai permesso che la mia anima perisse con gli empi e mi hai concesso la grazia del tuo nome. Ora conferma quello che hai fatto in me, affinché sia confusa l’impudenza dell’Avversario» (A. Hamman, Preghiere dei primi cristiani, Milano 1955, PP 72-73).

Saluti:



Traduzione italiana del saluto in lingua slovena:

Saluto i pellegrini delle Parrocchie Kranjska Gora e Ratece in Slovenia.

La bontà di Dio e la protezione di Maria Ausiliatrice accompagni sempre voi e i vostri. famigliari. A tutti la mia Benedizione Apostolica.

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Carissimi fratelli e sorelle,

Il Salmo, sul quale abbiamo riflettuto oggi, parla dell’uomo che è esposto all’agire del male. Sappiamo bene che ogni uomo lo sperimenta in quotidiano. Il Salmista insegna tuttavia che non restiamo indifesi davanti agli attacchi del male. Possiamo evitare le loro conseguenze se ci rifuggiamo nel Signore che ha il trono nei cieli. Egli non cessa di seguire le vicende umane e sempre si schiera affianco a colui che desidera la giustizia e la cerca. Egli sostiene ognuno che intraprende lo sforzo di contrastare il male in ogni sua forma. Il Salmista assicura che il Signore è "giusto e ama le cose giuste", e "gli uomini retti vedranno il suo volto".

Saluto cordialmente tutti i connazionali. In modo speciale voglio salutare i pastori della Missione Cattolica Polacca in Germania. Miei cari, il Signore vi dia la grazia della fede e dell’amore pastorale, affinché possiate efficacemente aiutare i polacchi in Germania rimanere con Cristo e con la Chiesa.

Tutti qui presenti, le vostre famiglie e i vostri cari benedico di cuore. Sia lodato Gesù Cristo.
***


Rivolgo un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare alle Suore Benedettine della Divina Provvidenza provenienti da diversi Paesi, che si stanno preparando alla Professione perpetua.

Carissime, vi esorto a fare della vostra vita un’offerta continua a Cristo sposo e maestro.

Saluto poi i giovani, i malati e gli sposi novelli.

Celebriamo quest’oggi la memoria liturgica di San Tommaso d’Aquino, patrono delle Scuole cattoliche. Il suo esempio spinga voi, cari giovani, a seguire sempre Gesù come l’autentico maestro di vita e santità. L’intercessione di questo Santo Dottore della Chiesa ottenga per voi, cari malati, la serenità e la pace che si attingono al mistero della croce, e per voi, cari sposi novelli, la sapienza del cuore indispensabile per compiere generosamente la vostra missione.






Mercoledì, 4 febbraio 2004: Salmo 14 : Chi è degno di stare davanti al Signore? - Vespri del lunedì della 1a Settimana

40204
(Lettura:
Ps 14,1-4 Ps 14,5b)

1. Il Salmo 14, che viene offerto alla nostra riflessione, è spesso classificato dagli studiosi della Bibbia quale parte di una «liturgia d’ingresso». Come accade in qualche altra composizione del Salterio (cfr ad esempio, Ps 23 Ps 25 Ps 94), si può pensare a una sorta di processione di fedeli che si accalca alle porte del tempio di Sion per accedere al culto. In un ideale dialogo tra fedeli e leviti si delineano le condizioni indispensabili per essere ammessi alla celebrazione liturgica e quindi all’intimità divina.

Da un lato, infatti, si leva la domanda: «Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sul tuo santo monte?» (Ps 14,1). Dall’altro lato, ecco l’elencazione delle qualità richieste per varcare la soglia che conduce alla «tenda», cioè al tempio sul «santo monte» di Sion. Le qualità enumerate sono undici e costituiscono una sintesi ideale degli impegni morali di base presenti nella legge biblica (cfr Ps 10,2-5).

2. Sulle facciate dei templi egizi e babilonesi erano talvolta incise le condizioni prerequisite per l’ingresso nell’aula sacra. Ma è da notare una differenza significativa con quelle suggerite dal nostro Salmo. In molte culture religiose è richiesta, per essere ammessi davanti alla Divinità, soprattutto la purità rituale esteriore che comporta abluzioni, gesti e vesti particolari.

Il Salmo 14, invece, esige la purificazione della coscienza, perché le sue scelte siano ispirate all’amore per la giustizia e per il prossimo. In questi versetti si sente, perciò, vibrare lo spirito dei profeti che ripetutamente invitano a coniugare fede e vita, preghiera e impegno esistenziale, adorazione e giustizia sociale (cfr Is 1,10-20 Is 33,14-16 Os 6,6 Mi 6,6-8 Jr 6,20).

Ascoltiamo, ad esempio, la veemente requisitoria del profeta Amos, che denuncia in nome di Dio un culto staccato dalla storia quotidiana: «Io detesto, respingo le vostre feste e non gradisco le vostre riunioni; anche se voi mi offrite olocausti, io non gradisco i vostri doni e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo... Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne» (Am 5,21-22 Am 5,24).

3. Veniamo ora agli undici impegni elencati dal Salmista, che potranno costituire la base di un esame di coscienza personale ogni qual volta ci prepariamo a confessare le nostre colpe per essere ammessi alla comunione col Signore nella celebrazione liturgica.

I primi tre impegni sono di ordine generale ed esprimono una scelta etica: seguire la via dell’integrità morale, della pratica della giustizia e, infine, della sincerità perfetta nel parlare (cfr Ps 14,2).

Seguono tre doveri che potremmo definire di relazione col prossimo: eliminare la calunnia dal linguaggio, evitare ogni azione che possa nuocere al fratello, frenare gli insulti contro chi vive accanto a noi ogni giorno (cfr Ps 14,3). Viene poi la richiesta di una scelta chiara di posizione nell’ambito sociale: disprezzare il malvagio, onorare chi teme Dio. Infine si elencano gli ultimi tre precetti su cui esaminare la coscienza: essere fedeli alla parola data, al giuramento, anche nel caso in cui ne seguono per noi conseguenze dannose; non praticare l’usura, piaga che anche ai nostri giorni è una infame realtà, capace di strangolare la vita di molte persone, ed infine evitare ogni corruzione nella vita pubblica, altro impegno da saper praticare con rigore anche nel nostro tempo (cfr Ps 14,5).

4. Seguire questa strada di decisioni morali autentiche significa essere pronti all’incontro col Signore. Anche Gesù, nel Discorso della Montagna, proporrà una sua essenziale «liturgia d’ingresso»: «Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24).

Chi agisce nel modo indicato dal Salmista – si conclude nella nostra preghiera - «resterà saldo per sempre» (Ps 14,5). Sant’Ilario di Poitiers, Padre e Dottore della Chiesa del quarto secolo, nel suo Tractatus super Psalmos commenta così questa finale, ricollegandola all’immagine iniziale della tenda del tempio di Sion: «Operando secondo questi precetti, si abita nella tenda, si riposa sul monte. Rimane dunque ferma la custodia dei precetti e l’opera dei comandamenti. Questo Salmo deve essere fondato nell’intimo, deve essere scritto nel cuore, annotato nella memoria; il tesoro della sua ricca brevità deve essere confrontato con noi notte e giorno. E così, acquisita questa ricchezza nel cammino verso l’eternità e dimorando nella Chiesa, potremo infine riposare nella gloria del corpo di Cristo» (PL 9, 308).

Saluti:



Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Il salmo 14, oggetto della nostra riflessione, è un canto liturgico. Ricorda le condizioni per essere ammessi alle celebrazioni nel tempio. Tali condizioni a volte furono incise sulle facciate dei templi egizi e babilonesi. Per la nazione eletta invece tali obblighi venivano ricordati nel canto liturgico. Il salmista elenca 11 condizioni da soddisfare per poter varcare la soglia del tempio. Parla tra altro della necessità del timore di Dio e del rispetto del prossimo. Sottolinea l’importanza dell’irreprensibile condotta morale, della pratica della giustizia e dell’amore per la verità. Nell’ambito sociale si raccomanda fedeltà alla parola data, evitare l'usura e la corruzione nella vita pubblica. Seguendo questa strada l’uomo si prepara all’incontro con il Signore.

Durante la festa della Presentazione del Signore abbiamo celebrato anche la festa della Vita Consacrata. In questo giorno le persone consacrate a Roma e in tutto il mondo hanno rinnovato i propri voti della fedeltà a Cristo. Per la purezza della vita, povertà e castità vogliono sempre diventare simili al loro Maestro Gesù Cristo. Vogliono proclamare con la vita la Buona Novella. Siamo a loro molto grati per questo. Dio benedica tutte le congregazioni e le persone consacrate e mandi loro nuove schiere di fedeli che seguono il Vangelo. Sia lodato Gesù Cristo.
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Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i rappresentanti della Sezione internazionale di Polizia di Barletta, come pure gli allievi dell’Istituto per l’arte e il restauro di Roma, che stanno prestando la loro competente opera in Vaticano.

Desidero, poi, indirizzare il mio pensiero a voi, cari giovani, malati e sposi novelli.

Ricorre in questi giorni la memoria liturgica di alcuni martiri, S. Biagio, sant’Agata e S. Paolo Miki e compagni giapponesi. Il coraggio di questi eroici testimoni di Cristo aiuti voi, cari giovani, ad aprire il cuore all’eroismo della santità; sostenga voi, cari malati, ad offrire il dono prezioso della preghiera e della sofferenza per la Chiesa; e dia a voi, cari sposi novelli, la forza di improntare le vostre famiglie ai valori cristiani.






Catechesi 79-2005 7104