Catechesi 79-2005 23604

Mercoledì, 23 giugno 2004: cfr Ap 15,3-4 : Inno di adorazione e di lode - Vespri venerdì 1a settimana

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(Lettura:
Ap 15,3-4)

1. La Liturgia dei Vespri, oltre ai Salmi, comprende una serie di Cantici desunti dal Nuovo Testamento. Alcuni, come quello che ora abbiamo ascoltato, sono intessuti di brani dell’Apocalisse, il libro posto a suggello dell’intera Bibbia, segnato spesso da canti e da cori, da voci soliste e da inni dell’assemblea degli eletti, da suoni di trombe, di arpe e di cetre.

Il nostro Cantico, molto breve, proviene dal capitolo 15 di quell’opera. Si sta per aprire una nuova, grandiosa scena: alle sette trombe che hanno introdotto altrettanti flagelli divini, subentrano ora sette coppe colme anch’esse di flagelli, in greco pleghè, un termine che di per sé indica un colpo violento tale da provocare ferite e, a volte, perfino la morte. È evidente in questo caso un rimando alla narrazione delle piaghe di Egitto (cfr Es 7,14-11,10).

Nell’Apocalisse il «flagello-piaga» è simbolo di un giudizio sul male, sull’oppressione e sulla violenza del mondo. Per questo è anche segno di speranza per i giusti. I sette flagelli - com’è noto, nella Bibbia il sette è simbolo di pienezza - sono definiti come «ultimi» (cfr Ap 15,1), perché in essi l’intervento divino che argina il male giunge al suo compimento.

2. L’inno è intonato dai salvati, i giusti della terra, che stanno «ritti» nello stesso atteggiamento dell’Agnello risorto (cfr Ap 15,2). Come gli ebrei nell’Esodo, dopo la traversata del mare cantavano l’inno di Mosè (cfr Ex 15,1-18), così gli eletti elevano a Dio un loro «cantico di Mosè e dell’Agnello» (Ap 15,3), dopo aver vinto la Bestia, nemica di Dio (cfr Ap 15,2).

Questo inno riflette la liturgia delle Chiese giovannee ed è costituito da un florilegio di citazioni dell’Antico Testamento, in particolare dei Salmi. La Comunità cristiana delle origini considerava la Bibbia non solo come anima della sua fede e della sua vita, ma anche della sua preghiera e della sua liturgia, come appunto accade nei Vespri che stiamo commentando.

È anche significativo che il cantico sia accompagnato dalla strumentazione musicale: i giusti reggono in mano le cetre (ibidem Ap 15,2), testimonianza di una liturgia avvolta dallo splendore della musica sacra.

3. Col loro inno i salvati, più che celebrare la loro costanza ed il loro sacrificio, esaltano le «grandi e mirabili opere» del «Signore Dio onnipotente», ossia i suoi gesti salvifici nel governo del mondo e nella storia. La vera preghiera, infatti, oltre che domanda, è anche lode, ringraziamento, benedizione, celebrazione, professione di fede nel Signore che salva.

Significativa, poi, in questo Cantico è la dimensione universalistica, che viene espressa nei termini del Salmo 85: «Tutti i popoli che hai creato verranno e si prostreranno davanti a te, Signore» (Ps 85,9). Lo sguardo si allarga così a tutto l’orizzonte e si intravedono fiumane di popoli che convergono verso il Signore per riconoscerne «i giusti giudizi» (Ap 15,4), ossia gli interventi nella storia per arginare il male ed elogiare il bene. L’attesa di giustizia presente in tutte le culture, il bisogno di verità e d’amore avvertito da tutte le spiritualità, contengono una tensione verso il Signore, che solo quando a Lui approda, si placa.

È bello pensare a questo respiro universale di religiosità e di speranza, assunto e interpretato dalle parole dei profeti: «Dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti» (Ml 1,11).

4. Concludiamo associando la nostra voce a quella universale. Lo facciamo attraverso le parole di un carme di san Gregorio di Nazianzo, grande Padre della Chiesa del IV secolo. «Gloria al Padre e al Figlio re dell’universo, gloria allo Spirito Santissimo, cui sia ogni lode. Un solo Dio è la Trinità: Egli ha creato e colmato ogni cosa, il cielo degli esseri celesti, la terra di quelli terrestri. Mare, fiumi, sorgenti ha riempito di esseri acquatici, tutto vivificando col proprio Spirito, perché tutta la creazione inneggiasse al sapiente Creatore: il vivere e il permanere nella vita Lui solo hanno per causa. Sia soprattutto la natura razionale a cantarne per sempre le lodi come Re potente e Padre buono. In ispirito, con l’anima, con la lingua, col pensiero, fa’ che anch’io in purezza glorifichi Te, o Padre» (Poesie, 1, Collana di testi patristici 115, Roma 1994, PP 66-67).

Saluti:

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai partecipanti al pellegrinaggio dei "Disabili Patýrkova" di Praga!

Domani celebreremo la festa di San Giovanni Battista. Carissimi, la vocazione di questo grande profeta fu quella di preparare la via al Nostro Signore. Anche noi dobbiamo, ciascuno secondo le proprie forze e la propria vocazione, portare Cristo nel mondo odierno. Siate forti nel Signore!

Vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Do un cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti da Bratislava, Nitra e Teplicka nad Váhom.

Cari pellegrini, in questo periodo si celebrano in Slovacchia le ordinazioni sacerdotali.

Ringraziamo Cristo Sommo Sacerdote per i 110 sacerdoti novelli, e preghiamo affinché loro possano fedelmente annunziare il Vangelo e celebrare i misteri divini.

Volentieri vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!


Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i fedeli ungheresi, specialmente quelli che provengono dalle città di Miskolc e Szeged.

La preghiera sia la vostra forza nell’annunciare il Vangelo.

Di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua lituana:

Saluto cordialmente i pellegrini lituani, in modo particolare i diaconi novelli di Telšiai.

Il Signore benedica con copiosi doni dello Spirito la vostra vita e il vostro ministero dell’annuncio della Parola di Dio!

Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Il Cantico che meditiamo oggi è tratto dal Libro dell’Apocalisse e si iscrive nel contesto della visione di San Giovanni riguardante i tempi ultimi. Ecco si fa sentire la voce delle sette trombe che preannunciano le sette piaghe. Questi flagelli simboleggiano un giudizio sul male, sull’oppressione e sulla violenza nel mondo. Sono quindi contemporaneamente un segno di speranza per i giusti, che "avevano vinto la Bestia" e stanno "ritti" nello stesso atteggiamento dell’Agnello risorto. In accompagnamento delle arpe cantano l’inno alla gloria del Signore.

Quest’inno dei salvati non si concentra sulla loro costanza, sulla fedeltà e sulla sofferenza, ma esalta le "grandi e mirabili opere " del "Signore Dio onnipotente". Questo è un esempio della preghiera cristiana che prima di tutto dovrebbe essere lode, ringraziamento e professione di fede in Cristo che salva.

E’ significativa anche la dimensione universalistica di questa preghiera: "Tutti i popoli che hai creato verranno e si prostreranno davanti a te, Signore". L’attesa della giustizia, la ricerca della verità e dell’amore, presenti in tutte le culture e nelle diverse spiritualità, racchiudono una tensione verso Cristo che unico può pienamente appagare questi desideri dell’umanità.

Saluto tutti i miei connazionali. Vi ringrazio per la vostra presenza, per le vostre preghiere e per tutti i segni di benevolenza.

Siete giunti qui in pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Il vostro soggiorno nella Città Eterna, nel contesto della prossima solennità liturgica di questi Apostoli consolidi la vostra fede in Cristo e il legame con la Chiesa che nasce dalla loro testimonianza di vita e dal loro martirio.

Dio benedica voi e i vostri cari!

***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i sacerdoti che ricordano il cinquantesimo e il venticinquesimo anniversario di ordinazione, e i chierichetti del Pre-Seminario San Pio X, che prestano servizio in Vaticano.

Il mio pensiero va poi, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

Mentre molti ragazzi sono occupati dagli esami, per tanta gente invece inizia il periodo estivo, tempo di turismo e di pellegrinaggi, di ferie e di riposo. Cari giovani, mentre penso ai vostri coetanei ancora impegnati negli esami, auguro a voi già in vacanza di profittare dell’estate per compiere formative esperienze umane e spirituali. Auspico che a voi, cari malati, non manchino il conforto e il sollievo dei vostri familiari. Incoraggio voi, cari sposi novelli, ad approfondire in questi mesi estivi la vostra missione nella Chiesa e nella società.








Mercoledì, 30 giugno 2004: Riflessione sul significato dell’antica consuetudine dell’imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti

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Venerati Fratelli nell’Episcopato,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Ieri abbiamo celebrato la solennità degli Apostoli Pietro e Paolo, venerati in modo speciale qui a Roma, dove entrambi hanno sigillato col sangue la loro mirabile testimonianza di amore al Signore.

La solenne Liturgia eucaristica è stata arricchita quest’anno dalla fraterna partecipazione di Sua Santità il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, per commemorare i quarant’anni dello storico incontro ed abbraccio, a Gerusalemme, tra il mio venerato Predecessore, il servo di Dio Paolo VI, ed il Patriarca ecumenico Atenagora.

Significativa, inoltre, è stata la vostra presenza, carissimi Arcivescovi Metropoliti, eletti durante l’ultimo anno. A voi ho avuto la gioia di imporre il sacro Pallio, ed oggi vi incontro nuovamente. Vi saluto con grande affetto, insieme con i vostri parenti ed amici, ed estendo il mio pensiero alle comunità affidate alle vostre cure pastorali.

2. La vostra gradita presenza mi offre l’occasione di riflettere sul significato dell’antica consuetudine dell’imposizione dei Palli.

A partire dal secolo nono, gli Arcivescovi nominati nelle Sedi metropolitane ricevono dal Papa una particolare insegna liturgica, appunto il "Pallio", quale attestato di comunione con il Vescovo di Roma. Tale insegna, che il Sommo Pontefice indossa in tutte le celebrazioni solenni e i Metropoliti in particolari circostanze, consiste in una stretta stola di lana bianca da portare cinta al collo. Ogni anno vengono confezionati con la lana degli agnelli, presentati al Santo Padre nella memoria di Sant'Agnese, i Palli per i nuovi Metropoliti. Collocati presso la tomba del Principe degli Apostoli alla vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo, i Palli vengono benedetti dal Santo Padre nel corso della celebrazione eucaristica del giorno seguente, quando sono imposti agli Arcivescovi presenti. I Palli rimanenti vengono deposti nell'apposito scrigno che si trova nella "Confessione" della Basilica Vaticana.

3. Il segno del Pallio conserva anche oggi una singolare eloquenza. Esprime il fondamentale principio di comunione, che dà forma alla vita ecclesiale in ogni suo aspetto; ricorda che tale comunione è organica e gerarchica; manifesta che la Chiesa, per essere una, ha bisogno del peculiare servizio della Chiesa di Roma e del suo Vescovo, Capo del Collegio episcopale (cfr Esortazione ap. post-sinodale Pastores gregis PG 56).

L’altro aspetto complementare, che il rito del Pallio mette bene in luce, è quello della cattolicità della Chiesa. Essa, infatti, è stata inviata da Cristo per annunciare il Vangelo a tutte le nazioni e per servire l’intera umanità.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle! Molti di voi hanno voluto essere accanto a questi Presuli in un’occasione così significativa. Sono i vostri Pastori! Vi invito a restare uniti a loro e a pregare per la missione pastorale che sono chiamati a compiere. Il mio pensiero va anche agli otto Metropoliti non presenti, che riceveranno il Pallio nelle loro sedi.

A tutti Cristo, come un giorno a Pietro, ripete: Duc in altum! Ci invita a prendere il largo e ad avventurarci con fiducia sul mare della vita, confidando nel costante sostegno di Maria, Madre di Dio, e nell’intercessione degli Apostoli Pietro e Paolo, che con il loro sangue hanno fecondato gli inizi della Chiesa.

Saluti:

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Venerati Fratelli nell’Episcopato, cari Fratelli e Sorelle!

La solennità degli Apostoli Pietro e Paolo è stata arricchita quest’anno dalla fraterna partecipazione di Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I per commemorare il 40° anniversario dello storico incontro a Gerusalemme tra il Papa Paolo VI e il Patriarca Ecumenico Atenagora. Erano presenti anche i nuovi Arcivescovi Metropoliti che in questa solennità hanno ricevuto una particolare insegna liturgica, il Pallio. Esso è prima di tutto segno di comunione con il vescovo di Roma. Ogni Papa indossa tale segno in tutte le celebrazioni solenni, e i Metropoliti invece lo indossano in particolari circostanze. Prima dell’imposizione i Palli vengono deposti presso la tomba di San Pietro. Questo segno esprime il fondamentale principio di comunione organica e gerarchica e pervade la vita della Chiesa in ogni suo aspetto. La sua manifestazione è il perseverare dei fedeli nell’unità con il Vescovo di Roma, Capo del Collegio Episcopale e con il proprio Vescovo.

Vi invito oggi a pregare secondo le intenzioni dei Vostri Pastori e della missione che hanno da compiere. Cristo ripete oggi come un giorno a Pietro: Duc in altum! Ci invita ad avventurarci con fiducia sul mare della vita, confidando nel costante sostegno di Maria, e nell’intercessione dei santi Apostoli Pietro e Paolo, che con il loro sangue hanno fecondato gli inizi della Chiesa.

Il mio cordiale benvenuto va ai miei connazionali. Saluto i nuovi Arcivescovi Metropoliti Polacchi: Wladyslaw Ziólek di Lódz e Marian Golebiewski di Wroclaw ai quali ieri ho imposto il Pallio. Saluto coloro che li accompagnano e le comunità dei fedeli da loro guidate. Oggi ho anche l’occasione di rivolgermi agli agricoltori polacchi, uomini dediti ad un lavoro duro, spesso sottovalutato, senza il quale non è possibile vivere. Saluto i rappresentanti dell’Unione Nazionale degli Agricoltori, dei Circoli e delle Organizzazioni Rurali. Sul modello degli avi rispettate il dono di Dio: la terra a voi affidata. Essa produca abbondanti raccolti, che diverranno cibo e fonte di prosperità per ogni polacco. Benedico di cuore gli agricoltori e tutte le persone qui presenti.


Traduzione italiana del saluto in lingua lituana:

Saluto cordialmente i pellegrini lituani.

Il desiderio di Dio cresca sempre più nella vostra vita di ogni giorno e sia motivo costante di gioia. Il Signore vi benedica tutti!

Sia lodato Gesù Cristo!

***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto gli Arcivescovi Metropoliti che ieri hanno ricevuto il Pallio: Mons. Carlo Caffarra di Bologna, Mons. Edoardo Menichelli di Ancona, Mons. Pietro Coccia di Pesaro.

Saluto poi i rappresentanti del Coordinamento Nazionale dei Paesi di San Vito, qui convenuti così numerosi con il Vescovo di Trapani, Mons. Francesco Miccichè, con i loro Parroci e i loro Sindaci, nel ricordo del loro santo patrono.

Saluto, inoltre, le Piccole Apostole della Redenzione, che in questi giorni celebrano il Capitolo Generale. Carissime, vi auguro di impegnarvi con rinnovato slancio nella vostra missione.

Saluto, altresì, i partecipanti al pellegrinaggio in onore della Madonna della Salute, provenienti specialmente da Stradella, Sartirana e Pieve del Cairo. Vi ringrazio per la vostra partecipazione, invocando su di voi la protezione della Vergine Santa.

Il mio pensiero si rivolge infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Alla solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, segue oggi la memoria liturgica dei Primi Martiri Romani. Carissimi, imitate la loro testimonianza evangelica e siate fedeli a Cristo in ogni situazione della vita.






Mercoledì, 21 luglio 2004: Salmo 118, 105-112: Promessa di osservare i comandamenti di Dio - Primi Vespri Domenica 2a settimana

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(Lettura:
Ps 118,105-106 Ps 118,109-112)

1. Dopo la pausa in occasione del mio soggiorno in Valle d’Aosta, riprendiamo ora, in questa Udienza Generale, il nostro itinerario lungo i Salmi proposti dalla Liturgia dei Vespri.Incontriamo oggi la quattordicesima delle ventidue strofe che compongono il Salmo 118, grandioso inno alla Legge di Dio, espressione della sua volontà. Il numero delle strofe corrisponde alle lettere dell’alfabeto ebraico ed indica pienezza; ognuna di esse è composta di otto versetti e di parole che iniziano con la corrispondente lettera dell’alfabeto in successione.

Nel nostro caso è la lettera ebraica nun ad aprire le parole iniziali dei versetti che ora abbiamo ascoltato. Questa strofa è rischiarata dall’immagine luminosa del suo primo versetto: «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Ps 118,105). L’uomo s’inoltra nel percorso spesso oscuro della vita, ma all’improvviso la tenebra è squarciata dallo splendore della Parola di Dio.

Anche il Salmo 18 accosta la Legge di Dio al sole, quando afferma che «i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi» (Ps 18,9). Nel Libro dei Proverbi poi si ribadisce che «il comando è una lampada e l’insegnamento una luce» (Pr 6,23). Cristo stesso presenterà la sua persona come definitiva rivelazione proprio con la medesima immagine: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Jn 8,12).

2. Il Salmista continua poi la sua preghiera evocando le sofferenze e i pericoli della vita che deve condurre e che ha bisogno di essere illuminata e sostenuta: «Sono stanco di soffrire, Signore, dammi vita secondo la tua parola… La mia vita è sempre in pericolo, ma non dimentico la tua legge» (Ps 118,107 Ps 118,109).

Tutta la strofa è attraversata da un filo tenebroso: «Gli empi mi hanno teso i loro lacci» (Ps 118,110), confessa ancora l’orante, ricorrendo a un’immagine di caccia ben nota al Salterio. Il fedele sa che egli avanza sulle strade del mondo in mezzo a pericoli, ad affanni, a persecuzioni; sa che la prova è sempre in agguato. Il cristiano, per parte sua, sa che ogni giorno deve portare la croce lungo la salita del suo Calvario (cfr Lc 9,23).

3. Tuttavia il giusto conserva intatta la sua fedeltà: «Ho giurato, e lo confermo, di custodire i tuoi precetti di giustizia… non dimentico la tua legge… non ho deviato dai tuoi precetti» (Ps 118,106 Ps 118,109 Ps 118,110). La pace della coscienza è la forza del credente; la sua costanza nell’obbedire ai comandi divini è la sorgente della serenità.

È coerente, allora, la dichiarazione finale: «Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti, sono essi la gioia del mio cuore» (Ps 118,111). È questa la realtà più preziosa, l’«eredità», la «ricompensa» (Ps 118,112), che il Salmista custodisce con vigile cura e ardente amore: gli insegnamenti e i comandamenti del Signore. Egli vuole essere interamente fedele alla volontà del suo Dio. Per questa via troverà la pace dell’anima e riuscirà ad attraversare il groviglio oscuro delle prove, giungendo alla gioia vera.

4. Illuminanti sono, a questo proposito, le parole di sant’Agostino, il quale, iniziando il commento proprio al Salmo 118, sviluppa il tema della gioia che scaturisce dall’osservanza della Legge del Signore. "Il presente amplissimo salmo fin dall’inizio ci invita alla beatitudine: la quale, si sa, è nella speranza di ogni uomo. Può mai, infatti, esserci qualcuno (o ci fu o ci sarà) che non desideri essere beato? Ma se così stanno le cose, che bisogno c’è di inviti per una meta a cui l’animo umano tende spontaneamente?… Non sarà forse perché, sebbene tutti aspiriamo alla beatitudine, tuttavia ai più è sconosciuto il modo come la si raggiunge? Sì, proprio questo è l’insegnamento di colui che esordisce: Beati quelli che sono senza macchia nella via, quelli che camminano nella legge del Signore.

Sembra voler dire: So cosa tu vuoi; so che vai in cerca della beatitudine: ebbene, se vuoi essere beato, sii esente da ogni macchia. La prima cosa la cercano tutti, pochi invece si preoccupano dell’altra: senza la quale tuttavia non si può conseguire quel che è aspirazione comune. Dove poi si dovrà essere immacolati se non nella via? La quale altro non è se non la legge del Signore. Beati pertanto quelli che sono senza macchia nella via, quelli che camminano nella legge del Signore! Esortazione non superflua ma necessaria al nostro spirito" (Esposizioni sui Salmi, III, Roma 1976, p. 1113).

Facciamo nostra la conclusione del grande Vescovo di Ippona, che ribadisce la permanente attualità della beatitudine promessa a quanti si sforzano di compiere fedelmente la volontà di Dio.

Saluti:

Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Saluto il gruppo degli impiegati dell’Amministrazione Statale Croata, i membri del Complesso Folcloristico «Raduno Croato» di Oakville, in Canada, come pure gli altri pellegrini croati qui presenti.

Carissimi, a ciascuno di voi e alle vostre famiglie volentieri imparto la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua ceca e al gruppo di politici cechi qui presenti.

Carissimi, auguro a voi tutti che le ferie estive giovino non solo alla salute del corpo, ma anche a quella dell'anima. Con questi voti volentieri vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!


Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Cari Fratelli e Sorelle!

Abbiamo ascoltato una piccola parte del Salmo 118 che è un grandioso inno alla Legge di Dio.

Il frammento del Salmo letto quest’oggi si apre con la bella invocazione: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino (Ps 118,105)". Per il fedele che vive nel tempo e cammina sulle strade del mondo la vita riserva sempre prove, persecuzioni e affanni. Per questo dichiara, come insegna il Libro dei Proverbi, che il comando di Dio: "è una lampada e l'insegnamento una luce" (Pr 6,23).

Mentre il salmista invita a custodire con cuore vigile e amore ardente gli insegnamenti del Signore, il fedele, guidato da questo salmo, giunge a proclamare con convinzione interiore: "in essi è la gioia del mio cuore" (Ps 118,111).

Così il cristiano, che segue Gesù luce del mondo, dal quale riceve "la luce della vita" (Jn 8,12), pregando con le parole del salmo 118 può testimoniare non solo di cercare la felicità e la gioia, ma nello stesso tempo anche di conoscere la strada per raggiungere la beatitudine nella vita: "beati coloro che camminano nella legge del Signore".

Si realizza così, già in questa vita, la beatitudine promessa a quanti si sforzano di compiere fedelmente la volontà di Dio.

Saluto cordialmente i pellegrini che vengono dalla Polonia e dai diversi paesi. Sono particolarmente felice per la presenza dei bambini giunti dalla Polonia e dalla Lituania, ospiti delle diverse Case di accoglienza per i bambini abbandonati. Prego per ciascuno di voi, perché il vostro soggiorno a Roma, vicini al sepolcro di San Pietro, vi aiuti a capire che soltanto con Gesù, il Cristo, ognuno può essere veramente e pienamente felice e con Lui può veramente trovarsi parte della grande famiglia dei figli di Dio, la Chiesa. Con voi ricordo nella mia preghiera i vostri educatori e quanti si impegnano per offrirvi il calore di una casa e di una famiglia nella quale ciascuno può trovare tutto ciò di cui ha bisogno per crescere in età e svilupparsi nella pienezza della carità. A voi tutti dono di cuore la mia benedizione.
***


Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto il nuovo Direttore Generale con il suo Consiglio e i membri del Capitolo Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza: auguro loro che la gioia per la recente canonizzazione del Fondatore San Luigi Orione si traduca in un rinnovato impegno di fedeltà a Cristo, alla Chiesa e ai poveri. Saluto i Padri Capitolari della Congregazione della Missione e li invito a proseguire con gioia la loro azione apostolica nel solco tracciato dal Fondatore, San Vincenzo de’ Paoli.

Sono poi lieto di salutare quanti prendono parte al Corso Internazionale per formatori nei Seminari, promosso dai Legionari di Cristo. Li ringrazio di cuore per l’importante servizio che rendono alla Chiesa in tante parti del mondo.

Saluto anche gli Allievi Ufficiali di Complemento dell’Accademia della Guardia di Finanza che hanno terminato il periodo di formazione, una Delegazione della Federazione Italiana Sport Equestri, che prenderà parte alle prossime Olimpiadi di Atene, e un gruppo di amici del Club Alpino di Erba, promotori di una singolare iniziativa per la pace.

Saluto infine, come di consueto, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Carissimi Fratelli e Sorelle! Vi auguro di utilizzare questo tempo estivo per intensificare il vostro contatto con Dio nella preghiera in un prolungato ascolto della Sua parola.








Mercoledì, 28 luglio 2004: Liturgia dei Vespri, Salmo 15 - Il Signore è mia eredità - Primi Vespri Domenica 2a settimana

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(Lettura:
Ps 15,1-2 Ps 15,5 Ps 15,9-11).

1. Abbiamo l’opportunità di meditare, dopo averlo ascoltato e fatto diventare preghiera, un Salmo di forte tensione spirituale. Nonostante le difficoltà testuali, che l’originale ebraico rivela soprattutto nei primi versetti, il Salmo 15 è un luminoso cantico dal respiro mistico, come suggerisce già la professione di fede posta in apertura: «Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene» (Ps 15,2). Dio è, quindi, visto come l’unico bene e perciò l’orante sceglie di collocarsi nell’ambito della comunità di tutti coloro che sono fedeli al Signore: «Per i santi, che sono sulla terra, uomini nobili, è tutto il mio amore» (Ps 15,3). Per questo il Salmista rigetta radicalmente la tentazione dell’idolatria coi suoi riti sanguinari e con le sue invocazioni blasfeme (cfr Ps 15,4).

È una scelta di campo netta e decisiva, che sembra echeggiare quella del Salmo 72, un altro canto di fiducia in Dio, conquistata attraverso una forte e sofferta opzione morale: «Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra… Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore Dio ho posto il mio rifugio» (Ps 72,25 Ps 72,28).

2. Il nostro Salmo sviluppa due temi che sono espressi attraverso tre simboli. Innanzitutto il simbolo dell’«eredità», termine che regge i versetti 5-6: si parla, infatti, di «eredità, calice, sorte». Questi vocaboli erano usati per descrivere il dono della terra promessa al popolo di Israele. Ora, noi sappiamo che l’unica tribù che non aveva ricevuto una porzione di terra era quella dei Leviti, perché il Signore stesso costituiva la loro eredità. Il Salmista dichiara appunto: «Il Signore è mia parte di eredità… è magnifica la mia eredità» (Ps 15,5 Ps 15,6). Egli suscita, quindi, l’impressione di essere un sacerdote che proclama la gioia di essere totalmente dedito al servizio di Dio.

Sant’Agostino commenta: «Il Salmista non dice: O Dio, dammi un’eredità! Che mi darai mai come eredità? Dice invece: tutto ciò che tu puoi darmi fuori di te è vile. Sii tu stesso la mia eredità. Sei tu che io amo… Sperare Dio da Dio, essere colmato di Dio da Dio. Egli ti basta, fuori di lui niente ti può bastare» (Sermone 334,3: PL 38,1469).

3. Il secondo tema è quello della comunione perfetta e continua col Signore. Il Salmista esprime la ferma speranza di essere preservato dalla morte per poter rimanere nell’intimità di Dio, la quale non è più possibile nella morte (cfr Ps 6,6 Ps 87,6). Le sue espressioni, tuttavia, non mettono nessun limite a questa preservazione; anzi, possono venire intese nella linea di una vittoria sulla morte che assicura l’intimità eterna con Dio.

Due sono i simboli usati dall’orante. È innanzitutto il corpo ad essere evocato: gli esegeti ci dicono che nell’originale ebraico (cfr Ps 15,7-10) si parla di «reni», simbolo delle passioni e dell’interiorità più nascosta, di «destra», segno di forza, di «cuore», sede della coscienza, persino di «fegato», che esprime l’emotività, di «carne», che indica l’esistenza fragile dell’uomo, e infine di «soffio di vita».

È, quindi, la rappresentazione dell’«essere intero» della persona, che non è assorbito e annientato nella corruzione del sepolcro (cfr Ps 15,10), ma viene mantenuto nella vita piena e felice con Dio.

4. Ecco, allora, il secondo simbolo del Salmo 15, quello della «via»: «Mi indicherai il sentiero della vita» (Ps 15,11). È la strada che conduce alla «gioia piena nella presenza» divina, alla «dolcezza senza fine alla destra» del Signore. Queste parole si adattano perfettamente ad una interpretazione che allarga la prospettiva alla speranza della comunione con Dio, oltre la morte, nella vita eterna.

È facile intuire a questo punto come il Salmo sia stato assunto dal Nuovo Testamento in ordine alla risurrezione di Cristo. San Pietro nel suo discorso di Pentecoste cita appunto la seconda parte dell’inno con una luminosa applicazione pasquale e cristologica: «Dio ha risuscitato Gesù di Nazareth, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere» (Ac 2,24).

San Paolo si riferisce al Salmo 15 nell’annunzio della Pasqua di Cristo durante il suo discorso nella sinagoga di Antiochia di Pisidia. In questa luce anche noi lo proclamiamo: «Non permetterai che il tuo santo subisca la corruzione. Ora Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, morì e fu unito ai suoi padri e subì la corruzione. Ma colui che Dio ha risuscitato, - ossia Gesù Cristo -, non ha subito la corruzione» (Ac 13,35-37).

Saluti:


[Saluto cordialmente i pellegrini ungheresi, specialmente gli studenti del Liceo delle Suore Orsoline a Sopron.
Per l’intercessione dei santi ungheresi imparto di cuore a tutti voi la Benedizione Apostolica.
Sia lodato Gesù Cristo!]


[Saluto con gioia i pellegrini lituani!
Lo Spirito di Cristo faccia crescere in voi l'uomo spirituale che ci aiuta a vivere in pienezza la gioia e la gloria del Signore. Dio vi benedica tutti e vi sostenga nel vostro cammino!
Sia lodato Gesù Cristo!]

Saluto in lingua polacca:



[Oggi meditiamo un salmo dalla forte tensione spirituale: si tratta del salmo 15.

L’autore attraverso l’uso del simbolo della eredità, proclama che Dio è il suo futuro: «il Signore è mia parte di eredità» (Ps 15,5 Ps 15,6). Noi penseremmo, piuttosto, al dono della terra; qui, invece, si afferma che Dio è l’eredità del credente e che avere Dio come futuro è veramente una «magnifica eredità».

Poi, il salmista aggiunge un secondo tema: è quello della comunione perfetta e continua con il Signore. Qui vengono proposti due nuovi simboli: il primo è quello del corpo, descritto nella sua fisicità, emotività e fragilità (Ps 15,7-10) per affermare che l’uomo, tutto intero, viene mantenuto nella vita piena e felice con Dio. Il secondo è quello della «via». E attraverso questo secondo simbolo giunge ad allargare la prospettiva alla speranza della comunione con Dio che va ben oltre la morte e proclama fiducioso: «gioia piena nella tua presenza» (Ps 15,11).

Ecco perché questo salmo è stato usato dal Nuovo Testamento per proclamare la risurrezione di Cristo.

Saluto cordialmente i pellegrini di lingua polacca e, in particolare, saluto i numerosi gruppi di giovani. Colgo l’occasione della vostra presenza per salutare insieme a voi gli altri giovani e bambini che trascorrono, in questo periodo, le loro vacanze. Auguro loro che questo sia tempo di riposo in comunione con Dio e che questo periodo porti loro tanta gioia e la voglia di riprendere con generosità gli impegni che li aspettano nel futuro. Benedico tutti di cuore e rivolgo il mio augurio: (Szczesc Boze!) Dio vi sia propizio!]

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Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Suore Apostole del Sacro Cuore di Gesù partecipanti al Capitolo Generale del loro Istituto, che auspico cresca sempre più nell’impegno di testimoniare Cristo e il suo amore misericordioso. Saluto le Capitolari della Congregazione delle Figlie di Maria Vergine Immacolata di Savona, e le invito a proseguire generosamente nel cammino dell’autentico rinnovamento in piena fedeltà al proprio carisma. Un caro saluto va anche alle Suore Orsoline dell’Unione Canadese.

Saluto, inoltre, i chierichetti del preseminario San Pio X, che prestano servizio in questi giorni nella Basilica vaticana, e i componenti del Centro Nazionale Sportivo Libertas.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Carissimi, la visita alle tombe degli Apostoli vi sia di incoraggiamento e stimolo a vivere in maniera sempre più consapevole la vostra fede.

A tutti la mia Benedizione.







Catechesi 79-2005 23604