Paolo VI Catechesi 28128

Sabato, 28 dicembre 1968 Gli oratorii di Roma nel XXV del loro Centro

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Desideriamo ora rivolgere un particolarissimo saluto, pieno di cordialità e di rispetto, ad alcuni gruppi, particolarmente significativi, che animano oggi questa Udienza.

E, anzitutto, il Nostro benvenuto ai più di mille membri del «Centro Oratori Romani», gruppo che doveva essere guidato, a quanto Ci è stato annunziato, dal Signor Cardinale Angelo Dell’Acqua, Nostro Vicario Generale per la Diocesi di Roma, il quale invece è stato, da altri impegni, impedito di venire.

Noi vogliamo ugualmente salutarlo come presente, sapendo l’interesse e lo zelo ch’egli dimostra per gli Oratorii della Diocesi di Roma, ringraziarlo dell’assistenza e dell’impulso che egli dà a questa Istituzione e augurare ch’essa sia per lui una fonte di meriti e di soddisfazioni pastorali.

I vostri Oratorii, diletti Figli, ricordano il venticinquennio di fondazione del loro Centro: sono i Dirigenti, i Direttori di Oratori interparrocchiali e delle varie parrocchie romane, i bravi Catechisti e gli Allievi Catechisti; e dietro di essi, invisibili ma ben presenti spiritualmente, sono i quindicimila ragazzi che frequentano gli ottanta Oratori aggregati all’istituzione. Vi salutiamo con paterna riconoscenza, diletti figli, e vi diciamo che Ci siete particolarmente cari, perché costituite parte attiva della Nostra dilettissima diocesi, assicurando la formazione della mente e del cuore, e la preparazione alla vita della sua porzione più minuscola, ma più promettente: i ragazzi, gli adolescenti, i giovani, cioè coloro che saranno gli adulti della società del domani, i padri di famiglia, i professionisti e i lavoratori, in una parola, il tessuto connettivo della vita civile e sociale di Roma cattolica. Alla vostra scuola, quella carissima gioventù impara a maturarsi nello spirito, a temprarsi nella virtù, a reggersi per le vie aspre e pericolose del mondo: con la vostra guida di laici aperti e convinti, che vivete le consegne che il Concilio Vaticano II vi ha affidate, quei giovani imparano non solo a diventare uomini, ma a pensare, a comportarsi, a divertirsi, a impegnarsi, a plasmarsi, in una parola, a vivere da cristiani, acquistando coscienza della dignità del loro battesimo e della vocazione all’apostolato della loro cresima, si assuefanno all’amicizia con Cristo, educata nella preghiera e nutrita dell’Eucaristia; si abituano a vivere socialmente, a capire il prossimo, ad inserirsi efficacemente nel gioco dei rapporti umani con una visione equilibrata, serena, seria e consapevole del mondo che li circonda, del lavoro che dovranno compiere, dei fratelli che attendono l’aiuto della loro generosità e della loro formazione.

Per tutte queste benemerenze Noi vi ringraziamo: e vi invitiamo a guardare avanti, dopo il traguardo dei venticinque anni del Centro Oratori Romani, con tanta fede in Gesù Maestro, vostro Divino Modello, e con tanta riconoscenza a Maria «Domina Nostra», la Celeste Patrona che vi ha accompagnati in questi anni di continua attività. E, nell’assicurarvi che preghiamo per voi, di cuore vi benediciamo, abbracciando in un unico pensiero di affetto anche tutti i vostri oratori, i parroci e i sacerdoti che vi porgono il loro insostituibile aiuto, e la schiera rumorosa e vivace, e tanto a Noi cara, dei vostri ragazzi.

Istituti Scolastici dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica

Sono poi presenti i cinquecento Dirigenti e Responsabili degli Istituti e Scuole Cattoliche Italiane, che partecipano in questi giorni alla XXII Assemblea Generale della Federazione degli Istituti Dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica.

Anche voi, diletti figli, e ad un grado di alta, delicatissima responsabilità, siete a contatto con la gioventù di oggi: siete i responsabili della sua formazione scolastica, ai vari livelli delle scuole esistenti, fino alle soglie della Università, e sentite perciò acutamente tutto il valore, tutta l’urgenza di tale delicatissima missione, come bene attesta il tema che avete scelto quest’anno per le vostre fruttuose discussioni: «I giovani nella comunità educativa, oggi». Vorremmo avere più tempo a disposizione per dirvi quanto Ci sia a cuore la vostra opera, e quanto da essa Ci attendiamo per la soluzione dei problemi che travagliano e scuotono e inquietano la gioventù odierna: Ci piace soltanto sottolineare come voi, nonostante le reali e a Noi ben note difficoltà, che oggi la Scuola Cattolica deve superare, avete la possibilità di svolgere un’azione preziosissima in mezzo a un terreno fertile, aperto, generoso. Abbiate fiducia nei giovani: se ben illuminati, e posti di fronte alle proprie responsabilità e ai propri talenti, essi sanno rendere al cento per uno quel seme che oggi gettate nella loro mente avida di sapere, nella loro volontà impaziente di agire e di impegnarsi, nel loro cuore bisognoso di amore e di incoraggiamento, di comprensione.

Datevi completamente, fino in fondo, alla vostra missione: e ne raccoglierete frutti proficui per la gioventù stessa, consolanti per voi, soavissimi per la Chiesa, che guarda con immensa speranza alle schiere dei giovani che avanzano, per prendere con serietà matura e profonda il loro posto nella società. Aiutateli: Noi siamo con voi, vi amiamo, vi incoraggiamo e vi benediciamo.

L’Unione Apostolica del Clero

Ci rimane di rivolgere il Nostro cordiale ringraziamento e il Nostro augurio ai Membri del Consiglio Internazionale e del Consiglio Nazionale Italiano dell’Unione Apostolica del Clero, riuniti a Roma per lo studio del programma annuale di attività. Tanto numerose e chiare e programmatiche sono state le direttive e le esortazioni rivolte dai Nostri Predecessori e da Noi stessi alla benemerita Unione Apostolica, a viva voce e per mezzo di documenti scritti, che ben poco Ci resterebbe oggi da aggiungere, pur se ne avessimo il tempo e la possibilità. Vi diciamo soltanto che l’Unione Apostolica del Clero, se è sempre stata opera importante e provvida, lo è soprattutto oggi: essa infatti alimenta nel dilettissimo Clero il desiderio della propria santificazione, non che i motivi profondi dell’apostolato missionario, sia nella società ecclesiale già costituita, sia in quella ch’è in via di formazione, presentandolo come la missione sacerdotale per eccellenza dell’ora presente. La Chiesa è apostolica, è missionaria, per sua essenza, per sua vocazione, per sua missione: Cristo ha mandato gli Apostoli sulle vie del mondo, perché salvassero le anime col battesimo e con l’annunzio della salvezza, la buona novella da Lui recata in terra agli uomini: e i sacerdoti sono stati, e sono, e debbono essere i primi a sentire nel loro cuore l’eco di quella voce che tutti, nel proprio Paese o in quelli lontani, li fa missionari, tutti li abilita alla santificazione del mondo, tutti li rende corresponsabili dell’annunzio evangelico, tutti li preserva dalle possibili tentazioni della vita facile, tutti li tempra con l’eroismo quotidiano della Croce di Cristo, senza la quale le anime non si salvano.

Questo vi dica quanto Ci aspettiamo dalla Unione, dalle sue iniziative, dalle sue attività; la Nostra preghiera vi incoraggia a proseguire per la via intrapresa, e vi sostiene nelle difficoltà, mentre, in pegno di grande benevolenza, e in auspicio dei continui incrementi dell’Opera, di cuore impartiamo a voi, ed a tutti gli iscritti, la Nostra speciale Benedizione.

«Gli esercizi spirituali di orientamento ai giovani»

Anche i carissimi ed esperti sacerdoti della Federazione Italiana per gli Esercizi Spirituali, qui venuti col venerabile Fratello Mons. Giuseppe Almici, Vescovo di Alessandria e loro Presidente, in occasione della quarta Assemblea Generale dell’organismo, hanno voluto dare al loro incontro, oltre alla trattazione dei problemi organizzativi, un centro unificatore, un denominatore comune, diciamo così, nel nome della gioventù. Il tema, infatti, che state svolgendo è molto bello e interessante: «Gli esercizi spirituali di orientamento ai giovani». Ve ne diamo un’aperta lode, un particolare incoraggiamento. Ci conforta tanto il sapere che, tra i vari segni di confusione e di perplessità, che sorgono da tante parti, c’è una corrente segreta, un filo nascosto, una reale e forte schiera di giovani seri e generosi, i quali sanno reagire alle sollecitazioni esterne, alle aggressioni del conformismo imperante, che spesso ora si esprime nelle aberrazioni delle mode ideologiche come nel facile cedimento dei costumi; reagire per entrare in se stessi, e scendere nell’intimo del cuore per stabilire un colloquio a tu per tu con Dio, un incontro rigeneratore con Cristo, che ne ritempri le forze e li renda poi fermento nella pasta, luce sul candelabro, città levata sul monte, secondo il dovere che il Concilio ha tratteggiato per tutti i laici cristiani affinché vivano la propria vocazione sacerdotale, profetica e regale, configurati a Cristo, per il bene dei fratelli.

La funzione pedagogica, spirituale, religiosa degli Esercizi Spirituali cresce d’importanza quanto più la vita è 1) assorbita dalla attività esterna; 2) è intensa e senza tregua, e trova solo nello svago e nel ristoro fisico riposo e ricupero di forze, ma senza riflessione personale; 3) gli stimoli sensibili e disonesti sono moltiplicati e impellenti.

Ci allieta profondamente, ripetiamo, che voi, sacerdoti specializzati nella insostituibile pratica degli Esercizi spirituali, valenti maestri di spirito, conoscitori sperimentati delle vie di Dio, e sapienti guide delle anime, dedichiate tempo, esperienza, dottrina ad un argomento tanto importante, e da cui Ci ripromettiamo moltissimo, per la perenne fecondità della Chiesa e della sua missione educatrice e santificatrice.

La vostra è una missione di alto valore; difficile, ma feconda; faticosa, ma provvidenziale. E mentre, perciò vi ringraziamo per tutto quanto fate nel campo magnifico e amplissimo degli Esercizi Spirituali, in tutta la sua varia e molteplice estensione, Noi vi assicuriamo l’appoggio della Nostra umile preghiera, che vi invoca l’aiuto del Signore, virtus ex alto, mentre vi impartiamo la Nostra particolare Apostolica Benedizione.

Insegnanti del Congo e della Bolivia

Nous adressons un salut tout particulier à un groupe d’enseignantes africaines et boliviennes qui suivent en Europe des stages pour direction d’écoles et sont en ce moment à Rome. Que ce contact avec le centre de l’Eglise, chères Filles, vous soit bienfaisant, renforce votre foi et complète votre préparation aux responsabilités que vous aurez à assumer au retour dans vos Pays! Bien volontiers Nous recommandons à Dieu vos personnes, votre belle tâche d’enseignantes, vos familles et vos Patries, et de grand coeur Nous vous bénissons.





Mercoledì, 15 gennaio 1969

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Diletti Figli e Figlie!

L'anno civile ora cominciato rimette sulle Nostre labbra l’antico augurio: anno nuovo, vita nuova; augurio questo che interpreta una delle più generali e caratteristiche aspirazioni dell’uomo moderno e non meno del cristiano. La novità è la veste della vita contemporanea. Come dopo l’inverno la vegetazione naturale sembra rinascere e tutta si rinnova nella fresca e fiorente esplosione primaverile, così l’età nostra segna una stagione storica di grandi cambiamenti e di profondo rinnovamento, che toccano ogni forma di vita: il pensiero, il costume, la cultura, le leggi, il tenore economico e domestico, i rapporti umani, la coscienza individuale e collettiva, la società intera. Ci siamo abituati a questo grande fenomeno di trasformazione, che investe ogni cosa, ogni strumento, ogni persona, ogni istituzione; ed in maniera così rapida e universale, che tutti si ha l’impressione d’essere trascinati e travolti da una corrente irresistibile, come da un fiume che ci investe e ci porta via. È anzi da notare che la presente generazione è come inebriata da questa mutazione; la chiama progresso e vi partecipa, anzi vi collabora con forza e con entusiasmo, e spesso senza alcuna riserva: il passato è dimenticato, la tradizione interrotta, le abitudini abbandonate. Anzi si notano segni di impazienza e di intolleranza, là dove una qualche stabilità, una qualche lentezza tende ad evitare o a frenare in qualche settore la trasformazione, che si vuole generale, e che si crede in ogni caso necessaria, benefica, liberatrice. Così si parla sempre di rivoluzione, così si solleva oggi in ogni campo la «contestazione», senza spesso che ne sia giustificato né il motivo, né lo scopo. Novità, novità; tutto è messo in questione, tutto dev’essere in crisi. E siccome tante cose hanno bisogno reale di correzione, di riforma, di rinnovamento, e siccome oggi l’uomo ha acquistato la coscienza sia delle deficienze in cui si svolge la sua vita, sia delle possibilità prodigiose con cui si possono produrre mezzi e forme nuove di esistenza, egli non sta più tranquillo; una frenesia lo prende, una vertigine lo esalta, e talora una follia lo invade per tutto rovesciare (ecco la contestazione globale) nella cieca fiducia che un ordine nuovo (parola vecchia), un mondo nuovo, una palingenesi ancora non bene prevedibile sta per sorgere fatalmente.

È questo un tema di pensiero che si è fatto sentimento comune, opinione pubblica, legge storica. Cosi oggi è la vita.


IL SENSO DELL'«AGGIORNAMENTO»

Non saremo Noi a contestare del tutto questa contestazione, questo bisogno di rinnovamento, che per tante ragioni ed in certe forme è legittimo e doveroso. Certo: est modus in rebus: una misura s’impone. Ma il bisogno è reale. Anzi vi ricordiamo, Figli carissimi, che una seconda spinta, oltre quella del nostro momento storico-culturale-sociale, accresce in noi e giustifica, con nuovi motivi, l’aspirazione alla vita nuova; ed è la spinta data alla coscienza dell’uomo moderno, e specialmente dell’uomo di Chiesa, dal recente Concilio. Che il Concilio abbia avuto ed abbia tuttora come suo fine generale un rinnovamento di tutta la Chiesa (cfr. Optatam totius, intr. e concl.; Lumen Gentium
LG 4,15 Unitatis redintegratio UR 6 Unitatis redintegratio, n. 6; ecc. ) e di tutta l’attività umana, anche nella sfera profana (Gaudium et Spes GS 43), è verità che traspare da ogni documento e dal fatto stesso del Concilio medesimo; ed appunto opportuna la domanda se noi abbiamo bene riflettuto su questo scopo principale del grande avvenimento. Anch’esso s’iscrive nella grande linea del movimento trasformatore moderno, del dinamismo proprio del nostro periodo storico. Anch’esso tende a produrre un rinnovamento. Ma quale rinnovamento?

VOCAZIONE ALL'AUTENTICITÀ CRISTIANA

La risposta è complessa, perché molti sono i settori ai quali il rinnovamento vorrebbe applicarsi; e questa molteplicità ha dato pretesto anche ad arbitrarie intenzioni, le quali si vorrebbero attribuire al Concilio, come l’assimilazione della vita cristiana al costume profano e mondano, l’orientamento, così detto orizzontale, della religione rivolta non più al primo e sommo amore e culto di Dio, ma all’amore e al culto dell’uomo, la sociologia come criterio principale e determinante del pensiero teologico e dell’azione pastorale, la promozione d’una presunta e inconcepibile «repubblica conciliare»; e così via. Cosi ha dato occasione a tentativi di «aggiornamento» su vari punti della vita cattolica, circa i quali è tuttora aperta la discussione e in via d’esperimento l’applicazione; specialmente s’è parlato e si parla delle «strutture» della Chiesa, con intenzioni non sempre consapevoli delle ragioni che le giustificano e dei pericoli che deriverebbero dalla loro alterazione o dalla loro demolizione. È da notare che l’interesse per il rinnovamento è stato da molti rivolto alla trasformazione esteriore e impersonale dell’edificio ecclesiastico, e all’accettazione delle forme e dello spirito della Riforma protestante, piuttosto che a quel rinnovamento primo e principale che il Concilio voleva, quello morale, quello personale, quello interiore; quello cioè che deve ringiovanire la Chiesa nella coscienza del suo mistero, della sua adesione a Cristo, della sua animazione per virtù dello Spirito Santo, della sua compagine fraterna e gerarchica, della sua missione nel mondo, della sua ultraterrena finalità che la rende pellegrina, povera e buona nel suo passaggio nel corso del tempo. «Ogni rinnovamento della Chiesa - dice sapientemente il Decreto conciliare sull’ecumenismo (n. 6) - consiste essenzialmente nell’accresciuta fedeltà alla sua vocazione». E, passando dalla considerazione comunitaria a quella di ogni singola persona, aggiunge: «Non vi è vero ecumenismo senza conversione interiore» (n. 7).

Figli carissimi ! Noi vorremmo invitarvi tutti a meditare questa fondamentale intenzione del Concilio: quella della nostra riforma interiore e morale. Siamo convinti che la voce del Concilio è passata sopra le nostre anime come un vento parlante, come una chiamata personale? Ad essere veramente cristiani, veramente cattolici, veramente membra vive ed operanti del Corpo mistico del Signore, ch’è la Chiesa? Abbiamo avvertito che il Concilio è una vocazione per ciascuno di noi all’autenticità cristiana, alla coerenza tra la fede e la vita, alla professione reale, nel cuore e nelle opere, della carità? Abbiamo meditato quella sublime e pur tanto ovvia parola del Concilio che vuole perfetto e santo ogni seguace di Cristo, in qualsiasi condizione di vita egli si trovi (cfr. Lumen Gentium LG 40)? San Paolo ce lo ripete: «In novitate vitae ambulemus»: «dobbiamo camminare in novità di vita» (Rm 6,4-12,2). Ecco dunque il senso del consueto e sereno augurio per l’anno nuovo: quello d’una vita nuova, più cristiana, più buona. Con la Nostra Benedizione Apostolica.



Nell'udienza alla vedova di Martin Luther King

We thank you, Mrs King, for this kind visit, which gives Us the opportunity of expressing once more Our admiration for your husband, the late Reverend Martin Luther King, and for his untiring and self-sacrificing struggle in favour of the Rights of Man. That the recognition and establishment everywhere of these rights constitute a principal road to Peace, was the theme of the World Day of Peace celebrated on the first day of this year. Renewing to you in person Our heartfelt sympathy on your tragic loss, We recall Our prayer on April the seventh of last year, “that it should inspire a new common resolution of pardon, of peace and reconciliation, in the equality of free and just rights”, and Our hope in “the desire and proposal to draw there from . . . laws and ways of community life more in conformity with modern civilization and Christian brotherhood. Weeping and hoping, We pray that it may be so”. For the noble soul of your husband, We invoke eternal rest and perpetual light; upon you and your family, We call down God’s choicest blessings of consolation and comfort.



Mercoledì, 22 gennaio 1969

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Diletti Figli e Figlie!

In questi giorni stiamo celebrando la Settimana in favore dell’unione di tutti i Cristiani nell’unica fede e nell’unica Chiesa, secondo il supremo desiderio di Cristo (
Jn 10,16 Jn 17,11 Jn 17,21 Jn 17,23), ed in conformità ai voti del recente Concilio ecumenico, il quale dichiarò apertamente che «il ristabilimento dell’unità fra tutti i Cristiani è uno dei principali intenti» del Concilio stesso (Decr. UR 1). Non possiamo, non dobbiamo tralasciare di farne memoria in questa Udienza generale, che trae dall’attualità della vita della Chiesa i temi della sua pienezza spirituale.

Dobbiamo innanzi tutto ringraziare il Signore che una questione di tanta importanza sia ormai presente nella coscienza della cristianità, e lo sia con particolare interesse di riflessione teologica e di carità operativa in seno alla nostra santa Chiesa cattolica, la quale ritiene come una delle grazie più grandi che il Signore, fedele alle sue promesse evangeliche, le ha fatto d’aver conservato il dono ed il senso dell’unità nella fede e nella carità, ed ora gode, trepida e spera osservando come la ricerca di questa medesima unità, che possiamo dire proprietà misteriosa (cfr. Jn 17, ib.) e costituzionale (cfr. Mt 16,18) della vera Chiesa sia nelle aspirazioni profonde e nobilissime di quelle Chiese e comunità cristiane, che un giorno credettero poter prescindere da tale unità, e che tuttora non sono nella piena comunione della Chiesa unica e universale. Questione viva, questione immensa, questione difficile, questione influente sulle condizioni non solo del cristianesimo, ma altresì della religione, anzi del progresso spirituale e della pace nel mondo.


UNO SPIRITO NUOVO

E dobbiamo far nostra la questione stessa, perché impone anche a noi Cattolici di modificare la nostra mentalità, e perciò anche il nostro atteggiamento pratico in ordine ai rapporti con quanti si dicono e sono Cristiani al di fuori dei confini visibili del cattolicesimo. I drammi strazianti delle separazioni avvenute nei tempi passati, le polemiche e gli errori dottrinali che marcarono tali separazioni, i conflitti politici e gli interessi divergenti che ne seguirono, il dovere ed il bisogno di difendere una rettitudine dottrinale e di conservare la compagine ecclesiale, gli ammonimenti dell’autorità e della legge canonica hanno prodotto nel nostro campo uno stato d’animo difensivo e diffidente verso i Cristiani separati, verso i quali dobbiamo ora guardare con nuovo spirito. Qual è questo nuovo spirito? È uno spirito, innanzi tutto, di rimpianto e di desiderio, di umiltà, di carità e di speranza. Non possiamo più rassegnarci alle situazioni storiche della separazione. Non possiamo più accontentarci d’un semplice e chiuso atteggiamento di difesa. Dobbiamo almeno soffrire delle lacerazioni avvenute nel corpo mistico e visibile di Cristo, che è la Chiesa una ed unica. Dobbiamo umilmente riconoscere la parte di colpa morale che i cattolici possano avere avuto in tali rovine. Dobbiamo apprezzare ciò che di buono si è conservato e coltivato del patrimonio cristiano presso i Fratelli separati. Dobbiamo pregare, e pregare a lungo e cordialmente per meritare la loro riparazione. Dobbiamo riprendere, ben s’intende, con la dignità e la prudenza proprie delle questioni gravi e difficili, contatti cortesi ed amichevoli con i Fratelli da noi tuttora divisi.

CARITÀ E PRUDENZA

La Chiesa cattolica ha pubblicato (26-5-1967) una prima parte del «Direttorio per l’applicazione delle deliberazioni del Concilio Vaticano II sull’ecumenismo»: faremo bene a conoscerlo e a seguirne fedelmente le norme. Dobbiamo, in una parola, diventare apostoli della ricomposizione di tutti i Cristiani nell’unica Chiesa di Cristo. Il numero quattro del Decreto conciliare sull’ecumenismo merita d’essere da tutti letto e meditato.

E questa idea ecumenica è sembrata, poi, ai nostri giorni, così logica e così felice, che, si può dire, trova dappertutto ammiratori e fautori. Facciamo attenzione, Figli carissimi, di non compromettere il cammino e l’esito d’una causa di somma importanza, qual è quella dell’autentico ecumenismo, con procedimenti superficiali, frettolosi e controproducenti. Si notano infatti fenomeni pericolosi e dannosi in questo improvviso entusiasmo di riconciliazione fra cattolici e cristiani da noi separati. Alcuni aspetti di questa incauta precipitazione ecumenica devono essere tenuti presenti affinché tanti buoni desideri e tante fortunate possibilità non abbiano a perdersi nell’equi- . voto, nell’indifferenza, nel falso irenismo. Quelli, ad esempio, che vedono tutto bello nel campo dei Fratelli .separati, e tutto pesante e censurabile nel campo cattolico non sono più in grado di promuovere efficacemente ed utilmente la causa dell’unione. «Come osservava con tristezza ironica uno dei migliori ecumenisti contemporanei, protestante costui: - il più grande pericolo per l’ecumenismo è che i cattolici non vengano ad entusiasmarsi per tutto ciò di cui noi abbiamo riconosciuto la nocevolezza, mentre essi abbandonano tutto ciò di cui noi abbiamo riscoperto l’importanza» (cfr. BOUYER). È questo un atteggiamento servile né vantaggioso, né decoroso. Così potremmo dire di quell’altro atteggiamento, oggi anche più diffuso, che pretende ristabilire l’unità a scapito della verità dottrinale. Quel credo, che ci fa e che ci definisce cristiani e cattolici, sembra, in tale modo, diventare l’ostacolo insuperabile alla restaurazione dell’unità stessa; esso pone certamente delle esigenze molto severe e molto gravi; ma la soluzione delle difficoltà che ne derivano non può consistere, pena l’incomprensione della realtà delle cose, pena il tradimento della causa, nel sacrificare la fede, nell’illusoria fiducia che a ricomporre l’unità basti la carità; basti cioè la pratica empirica, spoglia da scrupoli dogmatici e da norme disciplinari (cfr. Decr. citato, n. 11). Gli episodi della così detta «intercomunione», registrati in questi ultimi mesi, si iscrivono in questa linea, che non è la buona e che dobbiamo lealmente riprovare. Ricordiamo il Concilio, il quale «esorta i fedeli ad astenersi da qualsiasi leggerezza o zelo imprudente, che possano nuocere al vero progresso dell’unità» (UR 24).


UNA VISIONE IMMENSA

Questo non vuol dire che la discussione circa i dogmi della fede sia preclusa fra cattolici e cristiani da noi separati, ché anzi è da un comune esame teologico obiettivo e sereno della verità rivelata, e vissuta fedelmente dalla tradizione genuina dell’insegnamento ecclesiastico, che può risultare quale sia l’essenziale patrimonio dottrinale cristiano, quanto sia di esso enunciabile autenticamente ed insieme in termini differenti sostanzialmente eguali o complementari, e come sia possibile e alla fine per tutti vittoriosa la scoperta di quell’identità della fede, della libertà e nella varietà delle sue espressioni, dalla quale l’unione possa felicemente essere celebrata con cuore unico ed anima unica (cfr. Ac 4,32).

Ma questo esame coinvolge la responsabilità di teologi e studiosi qualificati dapprima, del magistero ecclesiastico poi: e non può facilmente risultare dal dibattito di opinioni ad ogni livello. Vi piacerà sapere che tale esame, su diversi fronti dell’ecumenismo, è già in corso; e non è da meravigliarsi se richieda cautela, tempo, gradualità: è l’ecumenismo in cammino, al quale la grande, pia ed eletta figura del compianto Cardinale Agostino Bea ha ‘avviato i passi del Nostro Segretariato per la unione fra tutti i Cristiani. Rendiamo omaggio alla sua memoria, conservandoci fedeli al suo metodo, insieme coraggioso e prudente.

È, questa dell’ecumenismo, una visione immensa che attrae la nostra attenzione e impegna la nostra preghiera (cfr. n. 8). Noi profittiamo di questa occasione per mandare, ancora una volta, a tutti i Cristiani del mondo il Nostro umile e cordiale saluto, nel nome del Signore Gesù. E voi, Figli carissimi, più che mai siate con Noi, siate uniti, siate fiduciosi, siate forti nella fede e nella carità; e a tanto vi conforti la Nostra Benedizione Apostolica.


NECESSARIE DOTI PER LE GUIDE TURISTICHE

Siamo lieti di ricevervi! Ogni incontro con Visitatori, che non mai avremmo occasione forse di conoscere, né di avvicinare, se essi stessi non Ce ne offrissero l’opportunità, è per Noi motivo di soddisfazione, di consolazione, di riflessione, e - ciò che più conta - è occasione d’esercitare, anche solo per un istante, quel ministero pontificio, che di natura sua vuole essere a tutti aperto, a tutti offerto, espressione, com’è, anche se tanto inadeguata, della carità pastorale, di cui il Signore ha voluto farci ministri. Siate dunque i benvenuti! E vogliate comprendere come la brevità e la semplicità di questa Udienza, da voi desiderata, non offra la migliore accoglienza che voi meritereste, e che Noi vorremmo, potendolo, accordarvi.

Ma sappiate che apprezziamo nel suo giusto ed malto valore la vostra presenza, sia per il merito delle vostre persone, e sia, in particolar modo, per l’attività alla quale siete dedicati: il turismo.

Il turismo sarebbe anche per Noi tema fecondo di ampie e lunghe considerazioni, proprio per l’importanza ch’esso assume nella vita moderna, fino a diventare uno dei fenomeni che caratterizzano il nostro tempo. Il turismo è collegato con la grande trasformazione sociale portata dalla moltiplicazione, dalla diffusione, dalla rapidità, dalla efficienza dei mezzi di trasporto. Il viaggio, da individuale, o riservato a piccoli gruppi, è diventato un fenomeno collettivo, quasi di massa; e, da necessario ed utilitario che era, è diventato anche ricreativo, cioè motivato da scopi diversi che non il dovere e l’interesse economico come sono gli scopi dello svago, del desiderio di vedere e conoscere luoghi e uomini di paesi diversi dal proprio, e perciò con grandi vantaggi per la cultura, per i rapporti fra i popoli, per l’unificazione del mondo, e perciò anche per la pace e per la diffusione d’una comune civiltà e per una diffusione di più ampio benessere. Aspetti questi che interessano direttamente i vostri studi e la vostra professione, e che obbligano anche Noi, dal Nostro osservatorio sul mondo umano, morale, pedagogico e spirituale, alla più attenta osservazione.

Ma vi è un aspetto nel turismo che Ci interessa direttamente; ed è l’aspetto religioso, che esso assume, in varie forme e in grandi proporzioni. Lo scopo religioso è stato sempre un grande incentivo a viaggiare, anche in tempi nei quali il viaggio rappresentava difficoltà enormi e rischi assai pericolosi. Chi facesse la storia del turismo dovrebbe registrare che i viaggi a scopo religioso sono stati, anche in età ed in luoghi assai poco propizi al transito di persone da luogo a luogo, i più numerosi, i più frequenti, i più avventurosi, i più fecondi di risultati culturali e sociali. Basta ricordare le mete classiche dei viaggi medievali, come quelli ai Luoghi Santi, al Santuario di San Giacomo di Compostella, e quello alle tombe romane degli Apostoli Pietro e Paolo, per rendersi conto del turismo religioso lungo la storia; vi sono Santi, come Santa Brigida, che hanno fatto viaggi instancabili e penosissimi, e sempre mossi da finalità spirituali solo conseguibili mediante la visita a dati santuari e date località qualificate da memorie religiose particolari.

Ora, il turismo religioso ha assunto proporzioni immense; sono quelle dei Pellegrinaggi, che ormai muovono moltitudini innumerevoli di persone e che interessano vivamente il ministero religioso, pedagogico e spirituale della Chiesa. Specialmente, per Noi, qui a Roma: voi lo sapete.

E sapete come Noi crediamo Nostro dovere accogliere, con quanta migliore premura Ci è dato, i Pellegrini, che muovono i loro passi (ormai con strumentazione prodigiosa!) verso questa nostra eterna Città.

Ed ecco allora una serie di problemi che Ci riguardano in modo speciale. Uno di questi problemi è quello vostro, quello delle guide locali ai Pellegrini: l’ufficio di queste guide è, in un certo senso, decisivo per il buon risultato del Pellegrinaggio, che deve essere aiutato a visitare, a osservare, a ritrarre dai posti visitati le impressioni caratteristiche e migliori. Di qui la vostra funzione, cari Signori, che può venire in aiuto alla Nostra: quella di bene assistere il Pellegrino, con cortesia, con intelligenza, con indicazione selettiva di ciò che merita d’essere veduto e rilevato.

E di qui allora la Nostra raccomandazione e il Nostro voto: che il vostro servizio turistico di guide sia collimante con le esigenze spirituali del Pellegrinaggio, sia per la conoscenza dei luoghi e della loro storia, del loro significato religioso, sia per il modo, non venale, non superficiale, non volgare, ma fine, discreto, riverente, con cui l’arte vostra deve essere esercitata. Alla raccomandazione si uniscono i Nostri voti e la Nostra Benedizione.



Mercoledì, 29 gennaio 1969

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Diletti Figli e Figlie!

La vostra presenza pone a Noi il problema della parola. Una Udienza generale, come quella che ogni mercoledì è offerta al Nostro animo e al Nostro ministero (un incontro sempre nuovo, sempre caro, sempre vario, sempre unico), solleva una prima domanda nel Nostro spirito; a chi parliamo? La parola dovrebbe essere proporzionata al genere delle persone che ascoltano; e, come di solito, il Nostro uditorio è composito, eterogeneo; gruppi di persone molto diverse d’età, di formazione, di provenienza, di lingua, sono per un’ora tutti insieme d’intorno a Noi, tutti qua arrivati con intenti differenti: chi per semplice visita, chi per qualche particolare motivo spirituale, chi per devozione... Come trovare un elemento uniforme che renda facile il Nostro discorso? Lo troviamo così: considerando in voi quel denominatore comune, ch’è proprio del Popolo cristiano; voi siete fedeli, siete perciò fratelli e figli, i quali tutti Ci portano un’offerta preziosa, e a Noi carissima, quella della loro buona volontà, Non è così? Non siete tutti e ciascuno desiderosi di ascoltare dal Papa una parola, che tenga conto di codesta eccellente disposizione ? Non venite forse a questo appuntamento per sentirvi confortati .e un po’ illuminati a camminare sulla via della vita cristiana? Non siete forse pronti a dare qualche peso a ciò che qui ascoltate, e a dare alle Nostre esortazioni qualche seria applicazione ? Voi non siete qui con la pretesa di ascoltare una conferenza o una lezione; Noi lo sappiamo: vi accontentate d’una semplice parola. Voi non siete qui in attitudine critica, o diffidente, ma serena e fiduciosa, come ad un colloquio di famiglia; forse voi siete venuti qua portando in fondo al cuore la speranza di uscire da un certo stato d’animo d’incertezza e di perplessità, ch’è abbastanza diffuso in alcuni ambienti ecclesiali, ed ancor più in larghi strati dell’opinione pubblica.



LE NECESSITÀ DEL NOSTRO TEMPO

Se è così, come crediamo, la Nostra parola trova subito il suo stile ed il suo tema. Ci riferiamo infatti alla vostra buona volontà. Noi la supponiamo cosciente e sincera, e quindi pronta a impegnarsi in quella causa e in quella forma del bene, a cui sia bello e sia degno far dono di sé. La causa è quella di Cristo, la quale si presenta a noi in coincidenza con quella della Chiesa, che di Cristo è la continuazione, è il piano misterioso e visibile, è il regno, è il segno e lo strumento, come con esuberanza di immagini rivelatrici ci ha insegnato il Concilio (cfr.
LG 1 LG 2 LG 3 LG 4 LG 5 etc.); e la forma è il Concilio stesso, nel suo testo e nel suo spirito, come il Popolo di Dio intravede ed esprime, e come il magistero e il ministero della Chiesa, i quali hanno carisma e responsabilità di farlo, vengono autorevolmente proponendo e attuando.

In altre parole, il Concilio è la risposta alla buona volontà di quanti auspicano vivere e far vivere Cristo nel nostro tempo. Esso non è soltanto un grande insegnamento dottrinale; è anche un grande impulso morale. Offre al pensiero uno splendido quadro delle verità della fede, sebbene non pretenda di esporne una sintesi organica e completa, perché in moltissime parti si riferisce alle fonti scritturali e alle autentiche tradizioni; ma in altre parti le spiega e le sviluppa; ed insieme, ed è ciò che ora a Noi preme notare, costituisce un energico impulso operativo. Esso è dottrina ed è per l’azione. È dogmatico, ed è morale; è per la luce delle anime, ed è per il rinnovamento della loro attività pratica, sia personale, che comunitaria.

Così è nelle intenzioni della Chiesa conciliare; ma è poi in tutti e dappertutto nella realtà? Che cosa osserviamo? È soddisfatta la vostra buona volontà, e quella della grande comunità ecclesiale? Ecco una grave domanda.

Notiamo due risposte negative. La prima è quella dell’impazienza, che vorrebbe subito effettuato ciò che il Concilio ha auspicato. L’impazienza si esprime talora in insofferenza, quando ritiene che occorra ricorrere ad applicazioni immediate, più rivoluzionarie che riformatrici, senza riguardo alla coerenza storica e logica delle innovazioni da introdurre nella vita cattolica: e questo atteggiamento arriva talvolta all’imprudenza, alla superficialità, alla smania della novità per la novità, al mimetismo di moda della contestazione e all’arbitrio dèlla disobbedienza. Bisogna ,a questo proposito ripensare all’economia cronologica del Vangelo, la quale non è quella folgorante e, in fondo, comoda del fuoco dal cielo (cfr. Lc 9,54), che annienta ogni resistenza, ma è quella del seme che produce frutto «in patientia» (Lc 8,15 cfr. Mc 4,27-28 Mt 13,29); e che spesso nella gradualità del suo svolgimento nasconde il rispetto alla libertà, il metodo della carità e la fiducia, non fatalistica, ma saggia e lungimirante nell’azione di Dio combinata con quella umana.



GIAMMAI RESTARE INERTI E PASSIVI

L’altra risposta negativa è parimente complessa, ed esigerebbe un’analisi psicologica accurata ed interessante. Perché, sotto certi aspetti, la Chiesa dopo il Concilio non si trova in condizioni migliori di prima? Perché tante insubordinazioni, tanto decadimento della norma canonica, tanti tentativi di secolarizzazione, tanta audacia nell’ipotizzare trasformazioni di strutture ecclesiali, tanta voglia di assimilare la vita cattolica a quella profana, tanto credito alle considerazioni sociologiche in luogo di quelle teologiche e spirituali? Crisi di crescenza, si dice da molti; e sia. Ma non è anche crisi di fede? Crisi di fiducia di alcuni figli della Chiesa nella Chiesa stessa? Vi è chi, scrutando questo allarmante fenomeno, parla d’uno stato d’animo di dubbio sistematico e debilitante in mezzo alle file del Clero e dei Fedeli; e chi parla di impreparazione, di timidezza, di pigrizia; e chi addirittura accusa di paura sia l'autorità ecclesiastica, che la comunità dei buoni, quando l’una e l’altra lasciano prevalere, senza ammonire, senza rettificare, senza reagire, certe correnti di manifesto disordine nel campo nostro, e cedono, quasi per un complesso d’inferiorità, al dominio affermato nell’opinione pubblica, mediante poderosi mezzi di comunicazione sociale, di tesi discutibili, e spesso punto conformi allo spirito del Concilio stesso, per timore del peggio, si dice; o per non apparire abbastanza moderni e pronti all’auspicato aggiornamento.

Ma Noi sappiamo che si tratta di fenomeni limitati, anche se reali e non irrilevanti. Sappiamo che la Chiesa, nel suo insieme, mostra oggi una vitalità straordinaria, che colloca l’epoca presente in quelle più feconde della sua storia. Non c’è dubbio che in questa nostra Chiesa, tanto «contestata» dal di fuori e travagliata all’interno, c’è un’immensa riserva di buona volontà e un’immensa riserva di amore, di cui Ci piace ravvisare in voi, carissimi Figli, dei valorosi esponenti. Voi siete volonterosi e fedeli; voi non volete rimanere inerti e passivi nell’azione che la Chiesa post-conciliare ha intrapreso per rinnovarsi nella migliore adesione alla sua origine evangelica e alla sua ispirazione dottrinale, e per meglio rispondere alle esigenze della sua missione nel mondo contemporaneo. Voi volete crescere, fino alla tensione del fervore e della generosità, la buona volontà che portate nel cuore, ed avete fiducia che chi guida la Chiesa, ad ogni livello, non deluderà la vostra silenziosa e preziosa disponibilità. Il Signore sia con voi!

E mentre Noi gustiamo il conforto di cotesto autentico spirito ecclesiale, lo incoraggiamo con la Nostra promessa (il Signore la custodisca!) di riconoscerlo, di assecondarlo, di servirlo, e lo offriamo all’effusione dello Spirito Santo con la Nostra Apostolica Benedizione.


GLI ALUNNI DELLA SCUOLA PONTIFICIA «PIO IX»

Un gruppo richiama stamane la Nostra particolare attenzione: è quello de l g i alunni della Scuola Pontificia Pio IX, guidati dai Fratelli di Nostra Signora della Misericordia, fra i quali salutiamo con gioia il Superiore Generale, il caro e venerato Fratel Giacomo De Winter.

Vi siamo grati di questa visita, e cogliamo volentieri l’occasione per aprirvi il Nostro animo e farvi sentire tutto l’affetto e la stima che portiamo verso una Scuola, che per la serietà degli studi e l’efficacia dei suoi metodi educativi si è affermata tra le istituzioni cattoliche più apprezzate e benefiche della Nostra Roma. Non possiamo rievocare tanto bene seminato fra le anime giovanili da questo Istituto, senza pensare con ammirazione all’opera che ivi svolgono da più di un secolo i benemeriti Fratelli di Nostra Signora della Misericordia. La loro generosa dedizione degnamente continua l’eredità preziosa di educatori insigni, la cui memoria è tuttora in benedizione nella nostra città. Ci basterà menzionare la figura incomparabile di Fratel Damaso Cerquetti, che fu l’animatore intelligente e instancabile di tante iniziative artistiche, ricreative, sportive, affiancate alla Scuola, e come la Scuola dirette alla formazione spirituale della Gioventù. Chi non ricorda le memorabili affermazioni della squadra «Fortitudo»? A questi fedeli servitori della Chiesa e della società Noi esprimiamo la Nostra riconoscenza e il Nostro plauso più sincero.

Noi confidiamo che i primi a comprendere l’eccellenza di questa Scuola siano gli alunni stessi che hanno la fortuna di frequentarla.

Sì, figli carissimi, abbiatene grande stima e fiducia, e guardate ad essa come ad una palestra di vita, dove l’istruzione, la disciplina, la preghiera, la letizia, l’amicizia si fondono insieme per fare di voi giovani puri, sani, forti, cristiani convinti e responsabili. Mai forse come in questo tempo la gioventù studentesca ha avuto un ruolo così importante per la costruzione di una società migliore. Noi vi auguriamo che, sotto la illuminata guida dei vostri educatori, sentiate tutto il fascino di questi grandi ideali, e possiate così essere non soltanto fieri della vostra Roma, ma anche degni di questo insigne privilegio.

In questo vi accompagna la Nostra Apostolica Benedizione, che di cuore estendiamo ai vostri educatori, ai genitori, ai familiari e a tutto il vostro Istituto.




Paolo VI Catechesi 28128