Paolo VI Catechesi 30969

Mercoledì, 3 settembre 1969

30969
Diletti Figli e Figlie!

Noi stiamo parlando da qualche tempo della necessità per coloro i quali vogliono mantenersi cristiani, crescere anzi in Cristo (
Ep 4,15), di ravvivare in se stessi la fede soprannaturale, e di riaccendere perciò nello spirito e nella pratica la propria vita d’orazione.


ADORARE IL PADRE «NELLO SPIRITO E NELLA VERITÀ»

E Noi siamo convinti che sia il culto divino, istituito e celebrato dalla Chiesa gerarchica, cioè la sacra Liturgia, sia la pietà popolare e privata, che la Chiesa approva e promuove, possono alimentare, «nello spirito e nella verità», come Cristo ha presagito (Jn 4,23) l’adorazione del Padre, cioè l’autentica ed efficace relazione con Dio; possono interpretare il cuore dell’uomo, non meno quello d’oggi di quello d’ieri, e offrirgli le espressioni più alte e più belle; possono aprirgli tanto il sentiero della speculazione spirituale, contenta «ne’ pensier contemplativi» (Par. 21, 117), quanto l’arte di tradurre in preghiera le voci gementi o osannanti dell’umanità circostante; e possono mettergli sulle labbra le sillabe semplici e profonde delle ore decisive della vita.

Dovremo rileggere, Figli carissimi, quella grande pagina del Concilio, ch’è la Costituzione sulla Sacra Liturgia, e procurare di capire ciò che essa ha di fedele alla tradizione orante della Chiesa, e ciò ch’essa ci propone di nuovo, quando specialmente ci ricorda come nella celebrazione liturgica si rifletta e si compia in pienezza il mistero della Chiesa peregrinante nel tempo (cfr. n. 2), e quando ci vuole non solo assistenti, ma partecipi, «specialmente nel divino Sacrificio dell’Eucaristia», al sacro rito.



LA PREGHIERA CORALE DEL CORPO MISTICO

Noi benediciamo il Signore osservando che il movimento liturgico, assunto e promosso dal Concilio, ha invaso la Chiesa e arriva alle coscienze del Clero e dei Fedeli. La preghiera corale del Corpo mistico, ch’è la Chiesa, si va estendendo ed animando il Popola di Dio; si fa cosciente e comunitaria; un aumento di fede e di grazia già lo percorre; e così la fede soprannaturale si risveglia, la speranza escatologica guida la spiritualità ecclesiale, la carità riprende il suo primato vivificante ed operante, e proprio in questo secolo sordo alle voci dello spirito, profano e quasi pagano.

E Noi vogliamo incoraggiare quanti prestano talento, opera e cuore a questo immane sforzo per infondere in tutta la comunità cattolica nuovo e vivo respiro di sapiente orazione. La revisione in corso delle forme e dei testi liturgici esige grande studio e lavoro in chi la dispone, grande pazienza ed assiduità in chi deve eseguirla, grande fiducia e filiale collaborazione in chi deve ad essa uniformarsi, modificando le proprie devote abitudini e rinunciando ai propri gusti.



SFUGGIRE OGNI ARBITRIO E INDISCIPLINA

Questa riforma presenta qualche pericolo; uno specialmente, quello dell’arbitrio, e quello perciò d’una disgregazione dell’unità spirituale della società ecclesiale, della eccellenza della preghiera e della dignità del rito. Vi può dare pretesto la molteplicità dei cambiamenti introdotti nella preghiera tradizionale e comune; e sarebbe grande danno se la sollecitudine della madre Chiesa nel concedere l’uso delle lingue parlate, certi adattamenti a desideri locali, certa abbondanza di testi e novità di riti, e non pochi altri sviluppi del culto divino, generasse l’opinione che non esiste più norma comune, fissa e obbligatoria nella preghiera della Chiesa, e che ciascuno può presumere di organizzarla e di disorganizzarla a suo talento. Non sarebbe più pluralismo nel campo del lecito, ma difformità, e talvolta non solo rituale, ma sostanziale (come nelle intercomunioni con chi non ha sacerdozio valido). Questo disordine, che pur troppo si avverte qua e là, reca pregiudizio grave alla Chiesa: per l’ostacolo che oppone alla disciplinata riforma qualificata e autorizzata da lei; per la nota stonata che introduce nella armonia formale e spirituale del concerto della preghiera ecclesiale; per il criterio religioso soggettivista, che alimenta nel Clero e nei Fedeli; per la confusione e la debolezza che genera nella pedagogia religiosa delle comunità: un esempio né fraterno, né buono.

Pretesto a tale arbitrio può essere il desiderio d’avere un culto modellato sui propri gusti, un culto più compreso e più aderente alle condizioni di chi vi partecipa, quando perfino non si pretenda di esprimere un culto più spirituale. Noi vogliamo intravedere in simile pretesa qualche buon sentimento, di cui la saggezza dei Pastori saprà tener conto. La nostra Congregazione per il Culto divino ha emanato una Istruzione sulla celebrazione delle Messe in ambienti particolari, fuori degli edifici consacrati.

Ma vorremmo esortare le persone di buona volontà, Sacerdoti e Fedeli, a non indulgere a questo indocile particolarismo. Esso offende, oltre la legge canonica, il cuore del culto cattolico, ch’è la comunione: la comunione con Dio, e la comunione con i fratelli, della quale è mediatore il Sacerdozio ministeriale autorizzato dal Vescovo. Tale particolarismo tende a fare la «chiesola», la setta forse; a staccarsi cioé, dalla celebrazione della carità totale, a prescindere -dalla «struttura istituzionale» (come ora si dice) della Chiesa autentica, reale ed umana, per illudersi di possedere un cristianesimo libero e puramente carismatico, ma in realtà amorfo, evanescente ed esposto «al soffiare d’ogni vento» (cfr. Ep 4,14) della passione o della moda, o dell’interesse temporale e politico.



«UN SOLO ALTARE COME UN SOLO VESCOVO»

Questa tendenza ad affrancarsi gradualmente e ostinatamente dall’autorità e dalla comunione della Chiesa purtroppo può portare lontano. Non, come è stato detto da alcuni, nelle catacombe, ma fuori della Chiesa. Può alla fine costituire una fuga, una rottura; e perciò uno scandalo, una rovina. Non costruisce, demolisce. Chi non ricorda le ripetute e tuttora squillanti esortazioni d’Ignazio d’Antiochia, il celebre martire agli albori del secondo secolo: «Un solo altare, come un solo Vescovo» (Ad Philad. 4); «nulla fate senza il Vescovo» (Ad Trall. II, 2); etc.? Perché il Vescovo è il principio e il fondamento della Chiesa locale, come il Papa lo è della Chiesa intera (cfr. Denz. 1821-1826).

Qui si vede il rapporto fra Chiesa e preghiera. Ora non ne parliamo; ma pensiamo che per quanti hanno, da un lato, il «senso della Chiesa», dall’altro l’ansia d’una preghiera valida e viva, sia facile intuirlo. Bisogna, Figli carissimi, pregare con la Chiesa e per la Chiesa.

Ed è ciò che Noi vi esortiamo a fare con la Nostra Benedizione Apostolica.



A MOLTEPLICI GRUPPI DI PELLEGRINI

Federazione Italiana Religiose Ospedaliere

Tra i gruppi che animano questa Udienza, desideriamo nominare espressamente le venticinque Suore, laureate in Medicina e nelle sue varie specializzazioni, che appartengono alla Federazione Italiana Religiose Ospedaliere.

Sappiamo, dilette figlie in Cristo, che state partecipando ad un corso di Esercizi Spirituali, e a giornate di studio, con le quali intendete affinare sempre di più le vostre conoscenze, i vostri talenti, le vostre disposizioni, per affrontare con rinnovato impegno la particolare, delicata, provvida vocazione, a cui vi siete dedicate. Se è compito del medico curare i corpi per sollevare le anime provate dalla sofferenza, tanto più questo deve dirsi di voi, che alla esperta pratica della medicina unite la condizione di anime consacrate, che vi qualifica e dà alla vostra attività una caratteristica, diciamo pure una responsabilità, tutta particolare. Nessuno meglio e più di voi dev’essere abilitato a vedere nei pazienti Cristo sofferente: nessuno meglio e più di voi deve intendere la propria missione non come una mera prestazione professionale, ma come una preziosa collaborazione all’apostolato; una totale donazione ai fratelli per amore di Dio che esige tutto il cuore, tutta l’anima, tutte le forze e tutta la mente (cfr. Lc 10,27); un esercizio e una irradiazione di bontà, di pazienza, di rassegnazione, di luce, di serenità, di gaudio, per comunicare al di fuori di voi il tesoro che vi portate dentro, alimentato dalla preghiera e dal sacrificio.

Vi accompagni la Vergine Santa, vostro sublime modello, con le sue virtù e i suoi esempi, nell’adempimento del quotidiano dovere, mentre di cuore impartiamo a voi, a quante di voi si apprestano a partire per le Missioni, all’intera Federazione e al suo Assistente Nazionale, qui presente, la Nostra confortatrice Apostolica Benedizione.

Studentesse dell’arte in Italia

Una parola di cordiale saluto vogliamo adesso rivolgere al gruppo delle studentesse, che hanno partecipato, a Roma, al Corso Internazionale di Arte Italiana.

Provenienti da varie Nazioni dell’Europa e dell’America Latina, avete studiato, analizzato ed anche direttamente contemplato le innumerevoli testimonianze di bellezza, che gli artisti italiani ci hanno lasciato, lungo i secoli, quasi come preziosa eredità.

Essi, nelle loro opere, non hanno solo cercato di esprimere i loro problemi e la loro esperienza, nello sforzo di conoscere e perfezionare se stessi e il mondo, di scoprire la propria situazione nella storia e nell’universo, di illustrare le loro gioie e le loro miserie, i loro bisogni e la loro capacità e di prospettare una migliore condizione dell’uomo (cfr. Cost. Past Gaudium et spes GS 62 ed anche PAOLO VI, Discorso agli artisti romani 7 maggio 1964, A.A.S 56, 1964, pp. 439-442), ma anche, e specialmente, la loro fede cristiana.

Le magnifiche cattedrali, le chiese, i musei d’Italia celebrano mirabilmente i misteri del Cristo, della Vergine, dei Santi e della Chiesa. Non dubitiamo perciò che questo, pur breve, periodo di formazione estetica abbia arricchito umanamente, culturalmente e spiritualmente la vostra personalità, nell’approfondimento dell’arte, la quale per sua natura ha relazione con la infinita bellezza divina (cfr. Cost. Sacrosanctum Concilium SC 122). Con questo augurio, di cuore impartiamo a voi e alle persone care l’Apostolica Benedizione.

Comitive di lingua francese

Visitatori dalla Boemia Moravia e Slovacchia

Ci sentiamo ora debitori di un particolare, affettuoso saluto ai trecento pellegrini della Cecoslovacchia (Boemia, Moravia e Slovacchia), tra i quali venti sacerdoti dell’Arcidiocesi di Praga, e 47 della diocesi di Hradec Kralove. Diletti figli e figlie, siete venuti nella Roma degli apostoli e dei martiri, per venerarne le sacre memorie, e attingerne incoraggiamento e conforto alla vostra fede cattolica; inoltre, avete dato al vostro pellegrinaggio un carattere di pia e mesta commemorazione del compianto Cardinale Giuseppe Beran, gloria della Chiesa e della vostra terra, simbolo di mite e invitta fortezza, venendo a pregare sulla tomba, ov’egli riposa in attesa della Risurrezione. Il vostro delicato pensiero Ci riempie di ammirazione e di commozione; e siamo lieti di cogliere la presente occasione per ripetervi tutto il Nostro affetto di padre, tutto l’interessamento con cui vi seguiamo, tutto il ricordo quotidiano che abbiamo di voi e della vostra nobile e a Noi tanto diletta Nazione, per la quale formuliamo voti di serenità e di concordia, di prosperità e di pace.

«Grazia e pace a voi - vi diciamo col saluto di San Paolo ai Tessalonicesi -: ringraziamo sempre Iddio per tutti voi, nelle nostre preghiere; ricordiamo ininterrottamente, davanti a Dio nostro Padre, la vostra fede operosa, l’ardua carità, la perseverante speranza, nel Signor nostro Gesù Cristo» (1 Tess. 1, 2-3). Sì, diletti figli e figlie, sono questi i sentimenti con cui vi accogliamo, e vi accompagniamo nel vostro ritorno a casa: continuate a mantenervi fedeli alla religione dei padri, a voi portata dai vostri grandi apostoli Cirillo e Metodio, e tramandata nei secoli come una fiaccola di -luce immortale; custodite intatti i valori sacrali della famiglia, preparando la vostra gioventù a ricevere docilmente la preziosa eredità delle virtù cristiane, a plasmarsi sopra di essa, a formarsi generosa, pura, paziente, forte, nella adesione al Vangelo di Cristo e nel servizio leale della Chiesa.

È la consegna che vi diamo, con tutta la stima che nutriamo per voi, mentre vi raccomandiamo di seguire l’insegnamento dei vostri Pastori, e le premure dei vostri sacerdoti, per il cui ministero, come ha detto il Concilio, «i fedeli, già segnati dal sacro battesimo e dalla confermazione, sono pienamente inseriti nel Corpo di Cristo per mezzo dell’Eucaristia» (Decr.

Presbyterorum Ordinis PO 5). Strettamente uniti in tale compagine di amore, vivrete da veri e fedeli figli della Chiesa, compirete lealmente i vostri doveri di cittadini, e avrete in pienezza le compiacenze di Dio, a conforto della vostra speranza. Con la Nostra particolare Apostolica Benedizione.

Coro ungherese di Budapest

Abbiamo la gioia di accogliere stamane il coro femminile ungherese «Elisabetta Szilagyi» di Budapest, venuto in Italia per partecipare al Concerto Polifonico Internazionale di Arezzo. Conosciamo il prestigio che circonda il vostro complesso musicale, dilette figlie, e conosciamo pure le vostre lusinghiere affermazioni. Tutto ciò è bello e vi fa onore, e contribuisce a mantenere vive le belle tradizioni culturali del vostro Paese. Potete allora comprendere quanto abbiamo apprezzato i sentimenti di pietà e di fede che vi hanno suggerito questo vostro incontro col Vicario di Cristo, e in particolar modo il pensiero così delicato e gentile di eseguire in Nostra presenza un saggio musicale. Grazie di cuore, figlie carissime, del vostro omaggio! Lo ricambiamo volentieri assicurandovi la Nostra preghiera e formulando l’augurio che l’impegno nelle vostre attività artistiche sia sempre accompagnato dall’impegno non minore di orientare la vostra vita verso gli ideali cristiani di bontà, di purezza, di carità; ideali che per la loro nobiltà meritano ogni più generoso sforzo. Vi conforti la Nostra Apostolica Benedizione, che con grande affetto estendiamo a tutti i vostri cari.

Universitari del Giappone

We are happy to extend a special greeting to Our visitors from Japan, whose beautiful national costume reminds Us of their store of precious traditions.

You are doubtless very much aware of the importance of this period in your country’s history, when the old and the new are meeting and a new synthesis is being formed. May Heaven grant your nation to preserve the many valuable treasures in your own tradition, and to choose only the best in what is new. We pray that you, University students, in particular, may receive the wisdom to pursue that aim, and We invoke upon you, your families and your studies an abundance of blessings from on high.

Fanciulli della «Operación Plus Ultra»

Nuestra cordial bienvenida a vosotros, Niños de la Operación Plus Ultra y a los Representantes de las entidades que os acompañan: S.E.R. (Sociedad Española Radiodifusión), Iberia, Cajas de Ahorro y Cruz Roja de España e Italia.

Amadísimos niños : Los actos que os han visto protagonistas los habéis realizado con espontaneidad, riesgo y sacrificio grandes, haciéndoos acreedores a la estima y admiración de todos. Merecéis ser imitados. ¿Verdad que seguiréis desde vuestras respectivas Patrias hablando a todos en ese lenguaje único y comprensible de la caridad? Así lo deseamos, mientras de corazón impartimos a vosotros vuestras familias y organizadores, la Bendición Apostólica.



IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA UNIONE INTERNAZIONALE MAGISTRATI (in francese)

... in francese...

Sehr geehrte Herren! Es bedeutet für Uns eine besondere Freude, Sie heute als Vertreter der internationalen Vereinigung der Richter hier empfangen zu können. Wir danken Ihnen für Ihren Besuch und entbieten Ihnen mit Ihren Angehörigen herzlichen Willkommgruss!

Als Richter bekleiden Sie im öffentlichen Leben ein hohes und wichtiges Amt. Sie interpretieren den Sinn des Gesetzes und setzen sich mit Ihren besten Kräften ein für seine Beobachtung. Denn die Würde der vernunft-begabten menschlichen Persönlichkeit verlangt ein klar umschriebenes Gesetz, das letztlich im Gesetze Gottes wurzeln muss.



Mercoledì, 10 settembre 1969

10969
Diletti Figli e Figlie!

Molto si parla in questo tempo dei turbamenti che scuotono dall’interno la vita della Chiesa, dopo il Concilio, in modo impreveduto, e non certo derivato dal Concilio stesso, con logica fedele, anzi talvolta contraria allo spirito, alle speranze e alle norme del Concilio, tanto che talora si osa pensarlo e perfino dichiararlo insufficiente, superato e bisognoso di complementi, che ne svalutano l’autorità e ne compromettono la genuina fecondità; e subito si applicano a questo stato di cose i termini ormai convenzionali nel linguaggio dell’opinione pubblica, ma punto esatti per ben definire avvenimenti ecclesiastici: progressismo, contestazione, rivoluzione, ovvero reazione, restaurazione, immobilismo, ecc. Abituati a riferire ogni nostra cosa al metro spirituale, piuttosto che a quello profano, noi preferiamo considerare fatti e fenomeni, che ci circondano, alla luce d’un’altra terminologia, quella appunto spirituale.


UNA CRISI DI SFIDUCIA

Potremmo così chiamare sotto un aspetto generale la presente perturbazione una crisi di fiducia, se la si considera negli animi nei quali essa fermenta e scaturisce. O meglio crisi di sfiducia, vista nel suo aspetto negativo, ch’è quello che ora ci tocca.. Una tentazione di sfiducia percorre l’anima di non pochi ambienti ecclesiastici. Sfiducia nella dottrina e nella tradizione; e diventa crisi di fede. Sfiducia nelle strutture e nei metodi; e diventa critica corrosiva e smania di pseudo-liberazione. Sfiducia negli uomini; e diventa tensione e polemica e disobbedienza. Sfiducia negli atti stessi di rinnovamento della Chiesa; e diventa resistenza in alcuni, indifferenza in altri. Sfiducia nella Chiesa qual è; e diventa crisi di carità e ricorso spesso ingenuo e servile ai, surrogati delle ideologie avversarie e del costume profano. Si diffonde qua e là il sospetto della inettitudine della Chiesa a sostenersi e a rinnovarsi; si rinuncia alla speranza d’una nuova primavera cristiana; si ricorre ad arbitrarie ideologie, o a gratuite supposizioni carismatiche per colmare il vuoto interiore della perduta fiducia: in Dio, nella guida della Chiesa, nella ;bontà degli uomini, ed anche in se stessi.


NIENTE PUÒ SEPARARCI DALL’AMORE DI CRISTO

Dobbiamo Noi dirvi che Noi pure, e con Noi persone e organi responsabili nella Chiesa di Dio, siamo sospettati di sfiducia? Giorni or sono, un ecclesiastico di grande animo Ci confidava una sua impressione, condivisa, egli diceva, da altre persone attente e pensose circa la scena contemporanea della vita della Chiesa; l’impressione che la Chiesa al suo centro, ed anche il Papa stesso, fossero presi da certa sfiducia su l’andamento generale del periodo post-conciliare, e si ,mostrassero timidi ed incerti, piuttosto che franchi e risoluti. Questa osservazione Ci ha obbligati a riflettere. Saremmo Noi stessi presi dalla sfiducia? Homo sum; e per sé non vi sarebbe niente di strano. Anche Pietro, o meglio Simone, fu debole e incostante, alternando atteggiamenti di entusiasmo e di paura. Dovremmo, in tal caso, buttarCi ai piedi di Cristo, e ripetergli con infinita umiltà, con le parole di Pietro medesimo: «. . . Homo peccator sum» (
Lc 5,8); ma anche con immenso amore: «Tu scis quia amo Te» (Jn 21,15-17); e poi dovremmo fare verso i Nostri Fratelli e i Nostri Figli l’umile apologia di Noi stessi, con non altro scopo che di cancellare in essi l’eventuale impressione di cui sopra, e per assicurarli tutti della certezza interiore, con cui il Signore si degna confortare la Nostra coscienza e il Nostro ministero! osiamo perciò far Nostre le parole dell’Apostolo: «Chi ci potrà separare dall’amore di Cristo? . . . Sì, ne sono sicuro . . . nessuna cosa ci potrà separare . . .» (Rm 8,35-38); «abbiamo questo tesoro (nostro) in vasi fragili, affinché si veda che tale (nostra) sovreminente potenza viene da Dio, e non da noi. Siamo tribolati per ogni verso, ma non oppressi; siamo esitanti, ma non disperati . . .» (2Co 4,7-8).

Così è. Come infatti non potrebbe soffrire il Papa, e quanti con lui sostengono la responsabilità della guida pastorale della Chiesa, nel vedere che le difficoltà maggiori oggi sorgono dal seno stesso di lei, che i dispiaceri più pungenti le sono dati dalla indocilità e dall’infedeltà di certi suoi ministri e di alcune sue anime consacrate, che le più deludenti sorprese le vengono dagli ambienti più assistiti, favoriti e prediletti? Come non provare dolore dalla dispersione di tante energie, non nell’intento di dare incremento, ma nello studio superfluo e sofistico di suscitare problemi e di renderli complicati e irritanti?

Ma una cosa è il rammarico, ed altra cosa è la sfiducia. Le amarezze, che noi possiamo e dobbiamo sentire per certe prove della Chiesa nell’ora presente, non diminuiscono la nostra fiducia a suo riguardo; la accrescono forse, quando ci obbligano a porla tanto di più nella divina sapienza, nella divina assistenza. Noi lasciamo che il Signore, prendendoci per mano, ci rimproveri: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» (Mt 14,31), e ci rammenti fino a quale inverosimile grado noi possiamo spingere la nostra fiducia. La quale, sì, trova negli inesauribili argomenti delle misteriose realtà soprannaturali, nelle quali siamo immersi, potente e soave conforto, tanto da poterlo agli altri, alla Chiesa tutta comunicare (cfr. 2Co 1,3 ss.). Cristo è la nostra speranza, la nostra forza, la nostra pace.


SCUOTERSI DALLA SONNOLENZA

Anzi vi diremo di più. Altri argomenti, sempre d’ordine ecclesiale, ma umani questi, alimentano la Nostra fiducia. Riassumiamoli in un duplice ordine, il primo dei quali è dato dalla conoscenza che Noi pure abbiamo degli uomini. Conosciamo il fondo di bontà ch’è in ogni cuore, conosciamo i motivi di giustizia, di verità, di autenticità, di rinnovamento, che sono alla radice di certe contestazioni, anche quando queste sono eccessive e ingiustificate e quindi riprovevoli; quelle dei giovani specialmente partono per lo più da reazioni e da aspirazioni che meritano considerazione e obbligano a rettificare il giudizio dell’etica sociale, viziato da abusi inveterati e al giorno d’oggi insostenibili. E sappiamo come certi malanni, che fanno soffrire, come la zizzania nel campo del grano, hanno anch’essi una loro funzione provvidenziale: quella di scuotere la sonnolenza che ne ha permesso o protetto l’origine, quella d’esercitare la pazienza e la carità, quella di riabilitarci a più fervorosa preghiera e a più cosciente fedeltà. Perfino gli scandali, nei disegni misteriosi di Dio, possono avere una loro fatale necessità; lo ha detto quel Gesù, che ha intimato a chi li produce le più tenebrose minacce (cfr. Mt 18,7). Queste considerazioni, ed altre simili, Ci affrancano da quel timore, che renderebbe pavido e neghittoso il Nostro servizio alla causa di Cristo, e da quel pessimismo che Ci farebbe giudici non autorizzati dei Nostri simili e Ci farebbe perdere la fiducia nella ricuperabilità di ogni anima umana. Molte situazioni, poi, che non sono purtroppo conformi alle legittime previsioni e alle norme stabilite, sono tutt’altro che del tutto negative; e invece di togliere la fiducia per la molestia che arrecano, esse dovrebbero averla più generosa e lungimirante in favore del loro processo di responsabile decantazione.


ABBIAMO INTORNO A NOI ANIME FORTI E ARDENTI

L’altro ordine di argomenti, che confortano la Nostra fiducia, e sempre la accrescono e la allietano; è dato dal sapere che vi sono nella Chiesa odierna, Post-conciliare, innumerevoli schiere di anime forti e fedeli, accese nella preghiera, votate all’osservanza d’ogni autorevole precetto, allenate al sacrificio silenzioso e volonteroso, tese verso le linee del Vangelo, vigili ad ogni possibilità di servizio nella carità, sempre rivolte verso un ideale di perfezione cristiana; anime sante. E quante sono ! Sono l’onore e la gioia della Chiesa. Sono la forza del Popolo di Dio. Sono la Nostra fiducia.

Lasciate, Figli carissimi, che noi facciamo a tal fine assegnamento anche su voi tutti, e su quanti ricevono, con l’eco di queste Nostre paterne parole, la Nostra Benedizione Apostolica.



PARTECIPANTI ALLA OTTAVA SETTIMANA BIBLICA

Salutiamo, ora, con tratto di particolare distinzione i partecipanti alla ottava Settimana Biblica Nazionale per il Clero, organizzata con encomiabile zelo dall’Associazione Biblica Italiana, venuti con l’Arcivescovo di Camerino, Mons. Bruno Frattegiani. Avremmo desiderato dedicare interamente a voi, diletti Sacerdoti e Seminaristi, un incontro particolare, per dirvi il Nostro compiacimento nel vedervi così desiderosi di approfondire la Parola di Dio, e così numerosi a queste giornate di studio, che mirano ad offrire a voi i necessari sussidi per la lettura fruttuosa della Bibbia, e nutrire così alla linfa delle sorgenti la vostra vita interiore, come la vostra predicazione e il vostro apostolato. Purtroppo non Ci è possibile: ma, anche così la vostra odierna presenza nulla toglie alla Nostra gioia, anzi Ci offre la possibilità di una parola di catechesi e di esortazione, che sia di qualche frutto anche per tutta questa attenta assemblea di fedeli.

Lo scopo del Convegno, e il tema scelto, che è «Vivere la fede di Paolo» (Commenti esegetico-spirituali dall’Epistola agli Efesini) rivolgono anzitutto la nostra attenzione al primo fondamento della lettura biblica: la necessità dell’esegesi, col metodo suo proprio e lo scopo a cui tende.

Infatti, come ha detto la Costituzione conciliare sulla Divina Rivelazione, continuando il pensiero dei Nostri Predecessori Leone XIII, Benedetto XV e Pio XII con le loro Encicliche Providentissimus, Spiritus Paraclitus, e Divino Afflante, «l’esegeta, per capire bene ciò che Dio ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione che cosa gli agiografi in realtà abbiano inteso significare, e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole . . . Però, dovendo la Sacra Scrittura esser letta e interpretata con l’aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza al contenuto e alla unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva Tradizione di tutta la Chiesa e della analogia della fede» (Dei Verbum DV 12). Perciò il vostro Convegno, dopo averci ricordato la necessità, da una parte, della esegesi del testo e del contesto, con l’analisi filologica, letteraria e storica, che riporta al senso pienamente umano della Parola di Dio, situandola storicamente nell’ambiente dove è risonata, e, dall’altra, dell’esegesi teologica, cioè del senso divino della. Sacra Scrittura, ci conduce alla esegesi spirituale, cioè all’applicazione morale e soggettiva della Parola di Dio, alla sua utilità religiosa, alla sua forza santificante, secondo l’illuminante definizione di S. Tommaso: spirituales expositiones fabricandae (cfr. S. Theol. I, 102, 1). A questo tende lo studio delle Scritture divine: ad alimentare la fede, la speranza, la carità. È, come ancora ha sottolineato il citato Decreto, è compito degli esegeti adoperarsi «affinché il più gran numero possibile di ministri della divina parola possano offrire con frutto al Popolo di Dio l’alimento delle Scritture, che illumini le menti, corrobori le volontà, accenda i cuori degli uomini all’amore di Dio» (Cost. cit., 23). E tale studio assiduo contribuisce ai progressi della Teologia, di cui la S. Scrittura è l’anima (ib., 24), e favorisce il colloquio con Dio e l’ascolto della sua voce (cfr. ib., n. 23).

Ora, quale ricchezza offre a questo proposito la Lettera agli Efesini! La Settimana Biblica lo ha certo dimostrato, invogliandovi ad approfondire sempre più le ricchezze antiche e nuove del suo infocato contenuto, che dalla visione cosmica dell’economia della salvezza, scende alle più delicate applicazioni morali e spirituali.

Inebriatevi dunque delle grandi verità di questa stupenda epistola, con l’ausilio dei validi commentari di ieri e di oggi, che su di essa non mancano: essa ci parla del mistero di Dio, finalmente rivelato in Cristo; ci parla del piano della salvezza, con cui Dio «ci ha prescelti in Lui, prima della fondazione del mondo, a essergli santi e immacolati al suo cospetto, avendoci predestinati, nel suo amore, a essere figli adottivi . . . a lode della sua gloria» (Ep 1, 4-5, 14); ci parla della centralità di Cristo, in cui tutte le cose sono state ricondotte ad un unico capo (cfr. ib. 1, 10); ci parla dell’interiorità della nostra vita nuova in Lui, con quelle parole che sempre ci fanno vibrare, quando le leggiamo, perché ci ricordano gli intimi vincoli che uniscono la nostra vita alla sua, inserendoci in qualche modo nel seno stesso della Trinità, e ci portano agli albori della nostra iniziazione sacerdotale: «Piego le ginocchia al Padre, dal quale prende nome ogni paternità in cielo e su la terra, affinché conceda a voi . . . di venire potentemente corroborati dallo Spirito di lui per lo sviluppo dell’uomo interiore, e Cristo abiti per la fede nei vostri cuori; siate ben radicati e fondati nella carità» (ib. 3, 14-17). E ancora: «Siete stati istruiti in Cristo a spogliarvi dell’uomo vecchio, che si corrompe seguendo le concupiscenze ingannatrici, e a rinnovare spiritualmente il vostro intelletto, e a rivestirvi dell’uomo nuovo, creato secondo Dio, nella giustizia e santità della verità» (cfr. ib. 4, 21-24).

Diletti figli, sacerdoti Nostri carissimi: se farete di queste pagine il programma della vostra vita, essa non potrà che essere santa e santificatrice, non potrà che portare luce e consolazione alle anime, e colmare il vostro spirito di quella «carità di Cristo, che sorpassa ogni conoscenza, in modo che siate colmati di tutta la pienezza di Dio» (ib. 3, 19). Noi ve l’auguriamo di cuore, con la speranza che tutti i sacerdoti si dedichino con sempre maggior dedizione e frutto a studiare e a dispensare la Parola del Signore. Con la Nostra Apostolica Benedizione.



DELEGAZIONI DI APOSTOLATO

Terziari Carmelitani

Dobbiamo, ora, un particolare, saluto e incoraggiamento ai duecento Terziari e Terziarie dell’Ordine Carmelitano di ogni regione d’Italia, che partecipano al Congresso di Studi per l’aggiornamento delle loro Regole.

Ci rallegriamo, diletti figli e figlie, per codesta vostra rispondenza alle richieste conciliari, con la quale dimostrate la perenne giovinezza della vostra secolare istituzione, e attestate efficacemente il vostro impegno di vivere, intensamente e fedelmente, ciascuno nella vocazione ove il Signore vi ha posti, la ricca, austera, tonificante spiritualità del Carmelo. Vi rinnoviamo i voti, che già vi abbiamo espressi in occasione del presente Congresso: coltivare la unione con Dio, avendo Lui solo per fine in tutte le azioni; cercare il bene degli altri, perché chi non ama il prossimo non ama Dio; vivere dei grandi mezzi della grazia, alimentando lo spirito della preghiera; e tradurre questa ricchezza interiore nella donazione dell’apostolato. Tutto questo non si improvvisa, ma va preparato con un lavorio tutto particolare: infatti, secondo il Concilio, il laico deve vivere «anzitutto di fede nel divino mistero della creazione e della redenzione, mosso dallo Spirito Santo che vivifica il popolo di Dio, e spinge tutti gli uomini ad amare Dio Padre, e in Lui il mondo e gli uomini» (cfr. Apostolicam actuositatem AA 29), e accompagnare tale formazione spirituale anche con una solida preparazione dottrinale, secondo la diversità della età, della condizione e dell’ingegno, con la cultura generale unitamente alla formazione pratica e tecnica, e col rispetto dei valori umani (cfr. ibid.).

Noi siamo certi che dal vostro incontro romano sboccerà una più ricca fioritura della vostra benemerita istituzione, che sia aperta alle esigenze dell’apostolato odierno ma profondamente ancorata ai grandi valori della perenne spiritualità carmelitana: e perché la realtà corrisponda felicemente a questi voti, di cuore impartiamo a voi, qui presenti, alle vostre famiglie, agli zelanti Padri Carmelitani della Antica Osservanza e all’intero Terz’Ordine la Nostra Apostolica Benedizione.

Suore Missionarie di Nostra Signora dell’Africa

Pellegrini irlandesi

To the members of the Irish Transport Workers’ Fellowship, We extend a cordial welcome. We encourage your efforts to secure true social justice according to the teachings of the Church, and We are sure that you will always remain faithful to that Holy Mother and Teacher. Upon you and all your fellow-workers and associates in the Fellowship, upon your families and loved ones at home, We invoke God’s richest graces and the loving intercession of Our Lady.




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