Paolo VI Catechesi 17969

Mercoledì, 17 settembre 1969

17969
Diletti Figli e Figlie!

Di che cosa ha bisogno oggi la Chiesa? È la domanda che sempre Noi abbiamo presente nell’esercizio del Nostro ministero apostolico, domanda che le condizioni attuali della Chiesa non consentono di soddisfare con una risposta facile ed univoca.


FIDUCIA, UNITÀ, CONCORDIA

Ha bisogno, dicevamo in una precedente Udienza, di ritrovare fiducia in se stessa; vogliamo dire nelle promesse e nei carismi divini, ch’ella porta con sé, nel patrimonio di verità, che, tramite la tradizione autentica, le conferisce ragione di vivere e di operare; nella propria compagine costituzionale e mistica, a cui Cristo ha conferito la vera autenticità e l’indefettibile perennità; nella sua capacità a ricomporre l’infranta unità dell’unica e universale famiglia cristiana; nella validità e nella versatilità della sua azione pastorale, idonea a riannodare al filo del costume cristiano, antico e recente, il tessuto del suo rinnovamento ecclesiale, come i tempi lo suggeriscono e, sotto certi aspetti, lo impongono; nella propria missione, aperta al mondo d’oggi e di domani, di segno e di strumento per tutta l’umanità. Ha bisogno di mettere in atto il Concilio; ha bisogno di ritrovarsi interiormente unita, concorde, disciplinata e felice; ha bisogno d’una revisione organica della sua liturgia, come già si sta facendo; ha bisogno d’un nuovo e ripensato codice della sua legislazione, come pure laboriosamente si sta studiando di fare; ha bisogno d’un rinnovato impegno alla sua vocazione evangelica di carità e di santità; ha bisogno di ,nuova efficacia pastorale e missionaria ed ecumenica; ha bisogno - e piacesse a Dio che fossimo esauditi! - d’una nuova ondata animatrice di Spirito Santo!


OSTACOLI E PERICOLI

Ma le difficoltà sono molte, tutti lo vedono. Il Concilio ha impresso nella Chiesa impulsi molteplici e vivaci, ma non tutti sono stati rivolti verso la buona direzione, cioè verso l’edificazione della Chiesa di Dio; così che non pochi sintomi sembrano piuttosto preludere a gravi malanni per la Chiesa stessa. Ne abbiamo segnalati alcuni Noi stessi, come una certa flessione nel senso dell’ortodossia dottrinale in alcune scuole e presso alcuni studiosi. E non è chi non veda quale pericolo alla verità religiosa e all’efficienza salvatrice della nostra religione sia il considerarne solo l’aspetto umano e sociale a scapito dell’aspetto primario, sacro e divino, quello della fede e della preghiera. Così non si può osservare senza apprensione la facilità con cui si contravviene a quella virtù della obbedienza ecclesiale, ch’è principio costitutivo nel disegno stabilito da Cristo per la stabilità e per lo sviluppo del suo Corpo mistico e visibile, ch’è appunto la Chiesa. Forse si è andati oltre il limite consentito nello sforzo, per sé lodevole, d’inserire il Sacerdote nella compagine sociale, secolarizzando del tutto il suo abito, il suo modo di pensare e di vivere, risospingendolo sul sentiero non suo delle competizioni temporali, svigorendo così la sua vocazione e la sua funzione di ministro del Vangelo e della Grazia; troppo s’è messo in libera discussione il suo celibato; e troppo si va indebolendo il vigore dell’ascetica cristiana e il carattere irreversibile degli impegni sacri assunti davanti a Dio e alla Chiesa; e forse troppo s’è fatto ricorso a forme eccessive di pubblicità, di inchieste, di esperimenti irregolari, di pressioni d’opinione pubblica, perché la via giusta del rinnovamento fosse trovata con senso di responsabilità e con lume di sapienza cattolica.

Occorrerà del tempo per estrarre ciò che vi può essere di buono anche in queste inquiete o aberranti espressioni della vita cattolica e per riassorbirle nell’armonia sua propria. Vi è chi ha perfino parlato d’una sua decomposizione; Noi non siamo di questa opinione, e confermiamo ancora una volta la Nostra fiducia nell’assistenza di Cristo e nell’aiuto dei buoni.



UN’ESPERIENZA DI SANTITÀ

Ma intanto che cosa si fa? Ecco: vogliamo ricorrere all’aiuto dei buoni figli della Chiesa. Dei suoi Pastori, principalmente; faremmo loro torto se appena ne dubitassimo. Così Noi speriamo moltissimo nei Sacerdoti fedeli alla loro vocazione e al loro servizio nella Chiesa di Dio. Parimenti diciamo dei Religiosi e delle Religiose fermamente aderenti ai loro Statuti e allo spirito dei Santi, da cui traggono origine ed esempio le loro rispettive istituzioni. Così Noi speriamo assai nel Laicato cattolico, ch’è stato in questi ultimi tempi della Chiesa il fermento generoso e geniale della sua riscossa nelle tremende traversie della sua storia moderna; nei giovani specialmente, a cui sempre ricorre con immensa spirituale simpatia il Nostro pensiero. E poi fidiamo tanto sulle anime comprensive e silenziose, che pregano e sperano e soffrono con i loro Vescovi e con Noi, e che rigenerano in sé stesse la Chiesa nuova, la Chiesa viva, la Chiesa santa. Ci consola sapere che queste anime non hanno statistiche burocratiche, ma sono moltissime, e sparse in tutto il mondo; e sono in stato di attesa, quell’attesa che fa camminare la Chiesa nel suo pellegrinaggio escatologico e nella sua faticosa ascensione verso la santità dei suoi membri, pari a quella della sua divina concezione.


COME DEV’ESSERE L’APOSTOLATO

Ma non vogliamo perdere questa occasione, che pone davanti a Noi gruppi di particolare valore apostolico, per dire ad essi ed a quanti ne seguono analoga ispirazione che Noi abbiamo molta speranza in simili gruppi. Vediamo in essi riflessa la parola del Signore: «Nolite timere, pusillus grex . . .!» (
Lc 12,32). Non è il numero che conta. È il fervore, è la dedizione, è lo spirito. Altrettanto possono essere discutibili i così detti «gruppi spontanei», quando sono chiusi fra di loro, arbitrari e fors’anche contestatori verso la comunità e verso l’autorità responsabile, quando invece possono essere provvidenziali quei manipoli di persone, che accettano una severa e ordinata preparazione alla vita interiore e all’apostolato esteriore, e che si dedicano all’attività missionaria nel nostro mondo o in quello lontano delle missioni propriamente dette, e con coraggio apostolico e saggezza profetica offrono tempo, fatica, cuore all’annuncio di Cristo, nelle mille forme che la proteiforme vita moderna mette loro davanti. La parola, il ministero sacro, lo scritto, la carità hanno naturalmente il primato in questa «escalation» dell’apostolato. Ma ricordiamo: dev’essere apostolato in qualche modo collettivo e organizzato, alimentato dalla meditazione e dalla fedeltà alla Chiesa, vissuto con sacrificio gioioso, e con una certa audacia.

Diciamo pure: la Chiesa oggi ha bisogno di queste forze volontarie e disciplinate. Ha bisogno di anime forti e irradianti il «kerigma» della salvezza. Per loro e per voi tutti che Ci ascoltate, impersonando o condividendo almeno questa Nostra speranza, sia la Nostra Benedizione Apostolica.

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Ci piace salutare il gruppo di Religiosi e Secolari partecipanti al Corso di «Spiritualità dopo il Concilio», guidato dal rinomato Padre Riccardo Lombardi, Gesuita di grande zelo, e Ci felicitiamo con lui per la dedizione con la quale va predicando e promovendo quel rinnovamento interiore di cui abbiamo soprattutto bisogno, affinché il Concilio abbia realmente virtù riformatrice e vivificante. Ben a proposito egli parla di spiritualità Post-conciliare; che Ci sembra riflettere la parola di San Paolo: Reformamini in novitate sensus vestri (Rm 12,2): trasformatevi col rinnovare la vostra mentalità: e con coraggio apostolico va suscitando quegli animatori di vita cattolica, i quali devono imprimere al campo ecclesiale e al mondo circostante gli impulsi ideali e soprannaturali per la promozione del regno di Dio nel nostro tempo. Lo ringraziamo di cuore e avvaloriamo i suoi sforzi generosi con una speciale Benedizione.

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Salutiamo numerosi partecipanti alla XIX Settimana di aggiornamento pastorale, cui doveva presiedere Mons. Grazioso Ceriani; e siamo lieti di riconoscere in lui un pioniere di questa parola programmatica, diventa ormai famosa, quello dell’«aggiornamento», da lui usata prima che fosse canonizzata dalla parola di Papa Giovanni, e da lui tradotta in analisi ed in propositi, specialmente ad uso del Clero, per il risveglio dello spirito e per il rinnovamento delle forme del ministero e dell’apostolato pastorale. Facciamo voti che il suo sforzo perseverante e sempre attento agli insorgenti bisogni dei tempi e alle norme direttive della Chiesa possa avere sempre migliori risultati; e di cuore salutiamo e benediciamo quanti assecondano questo zelante movimento.

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Mercoledì, 24 settembre 1969

24969
Diletti Figli e Figlie!

L'incontro con tanti Fratelli del Popolo di Dio e Figli della santa Chiesa cattolica, che Ci procurano queste Udienze settimanali, stimola ogni volta il Nostro spirito a dire loro una parola, semplice come quella di un Parroco, ma buona e vera, attinta dal tesoro della dottrina di Cristo, della quale Egli Ci ha voluto custodi e testimoni, e nello stesso tempo quasi scaturita dai bisogni della Chiesa, che sono poi quelli dei vostri animi, Figli carissimi.

Qual è oggi questa parola? E qual è il bisogno al quale essa risponde? Il bisogno, pare a Noi, è la fedeltà. Primo: fedeltà pratica ed empirica, se volete, al costume religioso e cristiano, di cui siete eredi. Le vostre Famiglie, cenacoli spesso di autentica vita cristiana; le vostre Parrocchie, modellate tante da una costante e sapiente cura pastorale; le vostre Diocesi, arche molte di esse di storia, di costumi, di monumenti, di arte, di santi; le vostre Nazioni, che antico o recente hanno tutte un patrimonio religioso, culturale e morale, di cui gloriarsi e da cui ricevere alimento, esempio e stimolo di perpetuo rinnovamento, consegnano a voi, alla generazione presente, un’eredità preziosa, ch’è dovere raccogliere e ch’è follia trascurare e disperdere.

Noi abbiamo sempre presenti alla memoria certe belle Parrocchie, da Noi visitate, come pellegrino all’estero, come pastore a Milano, anche in luoghi dove la popolazione è impegnatissima nel lavoro industriale, o artigianale, o agricolo, esuberante di gioventù, e aperta alle innovazioni del progresso, ma tuttora fiorenti di antica e attuale pienezza di vita religiosa e di costume cristiano: quale incremento, Noi pensavamo osservandole, potrebbero conseguire se, per amore di novità, si distaccassero dallo schema loro proprio di vita cattolica, già tanto comunitario e tanto cosciente ed aggiornato?

Vedete, Figli carissimi, anche da questo accenno particolare, quale rispetto Noi per primi abbiamo alla Chiesa locale (cfr. Lumen gentium
LG 26 Ad Gentes ), quando essa nelle sue stesse originali peculiarità vive e riflette l’autenticità dell’unica Chiesa universale?



L’ANTICO E IL NUOVO

Lo sappiamo: questo rispetto alla tradizione non è di moda, e non è in molti casi né consentito, né ragionevole. Oggi la vita cambia in modo così radicale, che non è possibile attenersi alle forme da cui era ieri modellata. È giusto: non possiamo, non dobbiamo rimanere vincolati al passato; anzi è nostro dovere accogliere ogni cosa buona che i nuovi tempi ci offrono; diremo di più, dobbiamo noi stessi promuovere il progresso, ad ogni livello, e accelerare gli sviluppi che la prodigiosa civiltà moderna offre all’uomo, perché egli sia più uomo, e perché tutti possano godere dei benefici d’un mondo migliore. Ma questa corsa in avanti non ci autorizza a deviare dalla direzione buona che la tradizione passata ha segnato al nostro cammino. Cioè vi è qualche cosa nella tradizione a cui dobbiamo essere fedeli, se non vogliamo essere degeneri ed infelici. Identificare questo «qualche cosa» costituisce uno dei problemi più delicati e complessi nel processo innovatore della Chiesa odierna; problema duplice: che cosa conservare di antico, e che cosa introdurre di nuovo.

Ed ecco allora una seconda fedeltà oggi necessaria alla Chiesa, quella fondata sulla valutazione autorizzata e responsabile degli elementi costitutivi o storicamente acquisiti e non arbitrariamente alienabili della Chiesa stessa, tanto nel campo istituzionale, quanto in quello dottrinale; e questa valutazione non può essere né frettolosa né arbitraria. Uno non può inventare una nuova Chiesa secondo il proprio giudizio, o il proprio gusto personale. Oggi non è raro il caso di persone, anche buone e religiose, giovani specialmente, che si credono in grado di denunciare tutto il passato storico della Chiesa, quello Post-tridentino in modo particolare, come inautentico, superato e ormai invalido per il nostro tempo; e così, con qualche termine ormai convenzionale, ma estremamente superficiale ed inesatto, dichiarano senz’altro chiusa un’epoca (costantiniana, preconciliare, giuridica, autoritaria . . .), e iniziata un’altra (libera, adulta, profetica . . .) da inaugurarsi subito, secondo criteri e schemi inventati da questi nuovi e spesso improvvisati maestri. Per essere oggi veramente fedeli alla Chiesa dovremo guardarci dai pericoli che derivano dal proposito, tentazione forse, di innovare la Chiesa, con intenzioni radicali o con metodi drastici, sovvertendola.

Accenniamo appena. Uno di questi pericoli è la critica presuntuosa e negativa, isolata dalla visione globale della realtà, o dalla considerazione totale della verità vivente della Chiesa, o dal senso storico con cui certi suoi aspetti devono essere valutati. Dice bene un insigne teologo contemporaneo: «. . . Quando la funzione critica entra da sola in attività, essa finisce ben presto per tutto polverizzare» (DE LUBAC, L’Eglise dans la crise actuelle, Nouv. Revue Théol., 1969, n. 6, p. 585).


I LIMITI DELL’ESPERIENZA SOGGETTIVA

Altro pericolo è il profetismo. Molti si dicono ispirati, parlando oggi della Chiesa, da vento profetico, e asseriscono cose arrischiate, alcune volte inammissibili, appellandosi allo Spirito Santo, come se il divino Paraclito fosse in ogni caso a loro disposizione; e ciò fanno talora, purtroppo, col tacito proposito di affrancarsi dal magistero ecclesiastico, che pur gode della assistenza dello Spirito Santo. I carismi dello Spirito Santo sono da Lui liberamente concessi a tutto il Popolo di Dio, ed anche al semplice fedele (Jn 3,8 1Co 12,11 Lumen Gentium LG 12 Apostolicam actuositatem AA 3); ma la loro verifica e il loro esercizio sono soggetti all’autorità del ministero gerarchico (cfr. 1Co 4,1 1Co 14,1 ss.; Christus Dominus CD 15 Lumen Gentium LG 7 ecc). Dio voglia che la presunzione di fare del proprio giudizio personale, o, come spesso avviene, della propria soggettiva esperienza, o anche della propria momentanea aspirazione il criterio direttivo della religiosità o il canone interpretativo della dottrina religiosa (cfr. 2P 1,20; Dei Verbum DV 8), quasi fosse dono carismatico e soffio profetico, voglia Dio, diciamo, che non conduca fuori strada tanti spiriti valenti e bene intenzionati. Avremmo un nuovo «libero esame», che moltiplicherebbe le più varie e le più discutibili opinioni in materia di dottrina e di disciplina ecclesiastica, toglierebbe alla nostra fede la sua certezza e la sua funzione unitiva, e farebbe della libertà personale, di cui la coscienza è, e dev’essere, guida immediata (cfr. Dignit. humanae, DH 2 DH 3) un uso contrario alla sua prima responsabilità, quella di cercare la verità, la quale, nel campo della verità rivelata, ha per sua guida suprema il magistero della Chiesa (cfr. Dei Verbum DV 8).



GLI IMMENSI TESORI DELLA TRADIZIONE

Ed allora concludiamo ricordando una terza fedeltà alla Chiesa, la fedeltà dell’amore. La Chiesa oggi ha più che mai bisogno di questa fedeltà. Non è adesione passiva, professata per forza d’inerzia e per pigrizia spirituale, ovvero conservata più fuori che dentro il cuore, nel timore di perdere l’altrui stima e d’incontrare le molestie della sincerità negatrice o proditoria. L’amore non nasconde i difetti e i bisogni, che un occhio filiale può riscontrare anche nella madre Chiesa, anzi più li avverte e più li osserva; più ne soffre e più pensa ai rimedi. Ma è occhio limpido, è occhio amoroso, che vede soprattutto il bene nella Chiesa. Forse non v’è più alcun bene da notare nella Chiesa, perché tanto si abbia ora da contestare e da offendere? Non sono sovente i Fratelli ancora da noi separati, che ammirano e invidiano tanti tesori, che la Chiesa cattolica e romana possiede e difende? Forse che la sua tradizione, l’aspetto oggi più diffamato della nostra Chiesa, non risplende di uomini e di opere grandi? Forse che ella non ci dà, tutt’oggi, esempi di sapienza e di santità? Amare la Chiesa! Ecco il bisogno d’oggi, ecco il nostro dovere! Critiche e riforme sono utilmente possibili, a condizione che sia l’amore vero a promuoverle. Amarla, come e perché Cristo l’ha amata, e per essa s’è sacrificato (Ep 5,25); con sacrificio nostro perciò.

Anche noi tutti così, Figli carissimi; e sia a voi conforto a tale amorosa fedeltà la Nostra Apostolica Benedizione.



NELL’ASSEMBLEA FERVOROSA DEL POPOLO DI DIO

Glorie della diocesi di Padova

Diletti figli! Voi rappresentate qui l’intera Chiesa di S. Prosdocimo, meglio nota dal nome del Santo dei miracoli, S. Antonio, e ancora illuminata dalla splendida figura di S. Gregorio Barbarigo e di molti altri Pastori, che ne hanno seguito le tracce; una Chiesa tanto ricca di antiche, nobilissime tradizioni, di vocazioni sacerdotali e religiose, di generose istituzioni.

Proprio il ricordo di uno dei vostri Pastori, Carlo Rezzonico, elevato dalla Sede vescovile di Padova al Pontificato col nome di Clemente XIII, di cui ricorre quest’anno il 2° centenario della morte, vi ha condotti pellegrini in questa Basilica, ove. riposano le sue spoglie, per rendere una solenne testimonianza di fede e per rinnovare le vostre promesse di amore e di fedeltà alla Chiesa.

Sappiamo inoltre che un’altra fausta ricorrenza, il 25° di Episcopato - del vostro zelante Pastore - al quale siamo lieti di ripetere ora vive felicitazioni e fervidi auguri e di riconfermare tutta la Nostra stima e benevolenza - vi ha spinti a stringervi intorno a lui nel desiderio di manifestare pubblicamente, sulla Tomba di Pietro, la vostra profonda adesione alla Gerarchia e al Magistero ecclesiastico.

A voi tutti, qui presenti, con particolare riguardo alle Autorità ecclesiastiche e civili e ai moltissimi sacerdoti, che vi fanno corona, e anche a coloro, che nelle loro case o nei loro posti di lavoro sono a voi uniti nella preghiera e nei sentimenti, desideriamo dire il conforto che Ci viene dalla conoscenza del vostro fervore di vita cristiana, esprimere il Nostro compiacimento, assicurare il Nostro paterno affetto, indirizzare una viva esortazione a seguire con spirito sempre nuovo gli esempi dei vostri avi, cercando di rimanere tra i primi nello sforzo che oggi impegna tutta la Chiesa nel rinnovamento auspicato e promosso dal Concilio Vaticano II. E con questi sentimenti vi benediciamo di cuore e con voi benediciamo i vostri cari e tutto il clero, gli istituti, le associazioni e le opere della vostra diocesi.

Religiosi e Missionari

Abbiamo ora un cospicuo numero di Religiosi e di Missionari, ai quali, se il tempo Ce l’avesse permesso, avremmo voluto dedicare singolarmente una speciale Udienza, per dire loro tutta la benevolenza, tutto l’interessamento, tutta l’ammirazione con cui li seguiamo nel loro apostolato.

Si tratta dei rappresentanti dell’Ordine degli Scolopi, dell’Istituto dell’Oratorio di San Filippo Neri, e della Congregazione del Preziosissimo Sangue, i quali si trovano riuniti a Roma per i lavori dei rispettivi Capitoli Generali Speciali, per adeguare i propri Istituti alle istanze di rinnovamento, spirituale ed esterno, che il Concilio Ecumenico ha loro rivolto, col Decreto «Perfectae caritatis» . Vi diamo il Nostro benvenuto, diletti figli, salutando con particolare distinzione i Superiori Generali, e il venerabile Fratello Monsignor Carlo Manziana, dell’Oratorio, qui presenti.

Come già avemmo occasione di rilevare più volte, in analoghe Udienze ad altri Capitolari, lo sforzo a cui attendete merita tutto il Nostro incoraggiamento, perché è indice della perenne vitalità delle vostre Famiglie Religiose, della loro fedeltà alle consegne della Chiesa, del loro ardore apostolico, e del nobile travaglio che le pervade di immettere nelle antiche, e venerande, e insostituibili forme, nelle quali si tramanda come lo spirito dei Santi Fondatori, le esigenze, il dinamismo, i metodi dei tempi nuovi, il bisogno di trovare modalità sempre più consone alle necessità del ministero, svolto in mezzo agli uomini e per gli uomini del nostro tempo. Vi auguriamo che i vostri lavori portino tutti i loro frutti, affinché, sottolineando il valore preminente della sequela di Cristo, norma suprema della vita religiosa (Decr. cit., 2), tutti i vostri confratelli ovunque si trovino, «spinti dalla carità che lo Spirito Santo infonde nei loro cuori, sempre più vivano per Cristo e per il suo Corpo che è la Chiesa», la cui vita e il cui apostolato si arricchisce in misura della loro adesione al Salvatore, nella totale donazione di sé (cfr. ib., 1). E a questo scopo, nel benedirvi, Noi invochiamo sulle vostre benemerite Famiglie Religiose, sparse nel mondo come un pacifico esercito di amore, i doni costanti del Divino Paraclito.

A voi, poi, diletti Missionari di varie Congregazioni, che, in temporaneo rimpatrio, partecipate a un Corso di aggiornamento, rinunciando a prolungare tra i vostri cari il desiderato soggiorno; a voi, sacerdoti Salesiani partenti per l’America Latina, diciamo tutta la Nostra riconoscenza - che è la riconoscenza della Chiesa - per l’azione che svolgete, dando la più grande prova di amore a Cristo e alle anime. Sappiate che il Papa vi è vicino con la preghiera; come abbiamo tenuto a dire nel Nostro primo Messaggio al mondo, Noi «vi amiamo come la pupilla dei nostri occhi» (22 Giu. 1963; A.A.S. 55, 1963, p. 576) e come tali siete tra i Nostri prediletti. Siatene sicuri sempre, carissimi: e la Nostra Benedizione vi confermi nei vostri santi propositi.

Convegno francescano di studi biblici

Ci è grato, inoltre, di rivolgere il Nostro saluto ad un gruppo di studiosi, appartenenti ai quattro Ordini che costituiscono la grande Famiglia Francescana.

Siete convenuti a Roma, diletti figli, per un Convegno particolare, cioè per studiare, nei suoi riflessi biblico-archeologici, la distruzione di Gerusalemme, avvenuta nel 70 d. C. Questo fatto impressionante, essendone ormai prossima la ricorrenza del decimo nono centenario, torna ad appassionare il mondo della cultura, e non mancherà di stimolare gli uomini di buona volontà ad implorare sulla Città santa che vide compiersi l’olocausto del Redentore, i doni della divina clemenza.

Vogliamo anche rilevare questa forma di collaborazione che riunisce, nel rispetto delle diverse autonomie, rappresentanti di vari Ordini, in questo caso molto affini, per una comune ricerca scientifica o un servizio ecclesiale. Ciò è conforme allo spirito del Concilio e merita di essere incoraggiato.

Pertanto, in segno della Nostra viva benevolenza, di cuore v’impartiamo la Nostra Apostolica Benedizione.

Assistenti della Gioventù di Azione Cattolica

Diletti figli, la vostra presenza Ci conforta nell’intimo del cuore, e per tre motivi. Anzitutto perché siete sacerdoti, porzione eletta della Chiesa, suo tesoro e sua forza, consacrati anima e corpo ai superiori interessi del Regno di Dio; il fine dei presbiteri, infatti, è stato magnificamente indicato dal Concilio Vaticano II, quando ha detto che essi contribuiscono «all’aumento della gloria di Dio e nello stesso tempo ad arricchire gli uomini della vita divina, sia che si dedichino alla preghiera e all’adorazione, sia che predichino la Parola, sia che offrano il Sacrificio Eucaristico e amministrino gli altri sacramenti, sia che svolgano altri ministeri in servizio degli uomini . . . vivendo in mezzo ad essi come fratelli» (cf. Presbyterorum Ordinis PO 2-3). Vi diciamo pertanto: siate sacerdoti, prima di tutto e sopra tutto, memori della responsabilità che avete di essere il prolungamento di Cristo, i suoi strumenti, i suoi ministri nel quotidiano adempimento del vostro dovere.

In secondo luogo voi Ci rallegrate, perché dedicate le grazie del ministero sacerdotale ad un campo delicato, esaltante, pieno di promesse e di speranze: la Nostra diletta Gioventù di Azione Cattolica. Conosciamo le difficoltà che oggi travagliano il vostro lavoro; ma ne dovete prendere occasione per affinare sempre di più la vostra preparazione spirituale, le vostre armi di apostolato, il vostro prestigio in campo dottrinale, la vostra bravura sul piano organizzativo, per poter rispondere alle attese della Chiesa e alle esigenze degli stessi giovani. La Chiesa di domani, il mondo di domani saranno plasmati dai giovani di oggi: voi avete perciò nelle mani un potenziale dinamico di altissimo valore, che si svilupperà secondo la direzione che voi avrete saputo ora indicargli. Educate i giovani a dare il più possibile: siate esigenti con essi: guidateli sulle vie della esperienza intima di preghiera con Dio e della donazione ai fratelli. Essi vi risponderanno, siatene certi.

E questo Ci offre il terzo motivo della Nostra compiacenza: cioè il tema del convegno, che è quello medesimo della catechesi in Italia per il prossimo anno, la carità. Tema più alto, più profondo, più fecondo non poteva essere scelto: svisceratene la portata in tutta la sua realtà profonda, come in tutte le sue applicazioni pratiche. E fate delle associazioni delle vostre diocesi una scuola di carità e di formazione cristiana, memori delle parole del citato Decreto conciliare: «Di ben poca utilità saranno . . . le associazioni più fiorenti, se non sono volte a educare gli uomini alla maturità cristiana . . . I cristiani devono essere educati a non vivere egoisticamente, ma secondo le esigenze della legge nuova della carità, la quale vuole che ciascuno amministri in favore del prossimo la misura di grazia che ha ricevuto (cf. 1P 4,10 ss.), e che in tal modo tutti assolvano cristianamente i propri compiti nella comunità umana» (Presb. Ordinis, 6).

Vi auguriamo buon lavoro, in mezzo alle schiere della vostra gioventù. Dite loro che il Papa l’ama paternamente, prega per essa, e tanto, tantissimo si aspetta della sua prontezza e generosità. Con la Nostra Benedizione Apostolica, a voi e ai vostri collaboratori ecclesiastici e laici!

Il movimento «Ragazzi nuovi»

E ora una breve parola ai seicento adolescenti, membri del Movimento «Ragazzi nuovi» - una sezione dell’Apostolato della Preghiera - i quali portano un fremito di giovinezza lieta e pensosa a questa Udienza. Siete venuti per ricevere la Nostra Benedizione, nel XXV anniversario di fondazione del movimento, e per dirci tutta la fede, tutto l’entusiasmo, tutta la sincerità con cui volete vivere l’ideale dell’amore personale a Cristo, amore che quotidianamente si rinnova nell’offerta totale di voi stessi nella preghiera, vivendo con Lui e in Lui e per Lui il Sacrificio della Messa, e mirando sempre alto, nello sforzo di essere apostoli di bontà, per l’edificazione di un mondo nuovo.

A Nostra volta vi diciamo la Nostra intensa compiacenza nel sapervi così ben guidati dai cari Padri Gesuiti, e animati da propositi tanto tenaci, nei quali si rispecchia l’ardore tipico della vostra età, e che si traducono in opere fattive e straordinarie: avete infatti raccolto con i vostri risparmi, e con l’aiuto di benefattori, la somma necessaria per costruire un orfanotrofio nell’India, un preventorio antitubercolare nel Madagascar, e ora pensate alla casa per bambine e bambini poliomielitici di Tuuru, nel Kenya, della quale oggi benediciamo qui la prima pietra.

Bravi, veramente bravi. Voi siete davvero i «ragazzi nuovi» che vogliono costruire il mondo di domani, rispondendo all’invito da Noi rivolto nell’Enciclica «Populorum progressio», e alle esortazioni dirette ai giovani dai Padri Conciliari. Vi protegga la Vergine Santa, e vi sostenga nell’amore a Cristo Eucaristico, alla Chiesa, al Papa. È il Nostro augurio paterno, che accompagniamo con la Nostra particolare Benedizione Apostolica.

Concessionari della Fiat Hispania

A vosotros, Dirigentes y Concesionarios de la Fiat Hispania, que estáis celebrando el cincuenta aniversario de vuestra Sociedad, nuestro saludo de bienvenida y de gratitud por esta devota visita.

Conocemos lo importante de vuestras actividades que tanto contribuyen al creciente progreso social. Trasmitid a vuestros hogares, despachos y talleres, nuestro deseo de que en ellos se vean siempre la honradez, la armonía, la técnica humanas, sostenidas y sublimadas por un cristianismo consciente y dinámicamente vivido. Trasmitidles también nuestra Bendición que de corazón os otorgamos.

Pellegrini dell’Olanda

Mit besonderer Freude richten Wir noch ein Wort der Begrüssung an den grossen Ar-Beiter-Pilgerzug aus Holland, den Herr Kardinal Alfrink hierher geführt hat. Es ist eine Jubiläums-fahrt anlässlich des sechzig-jährigen Bestehens der katholischen Gewerkschaften der Niederlande.

Geliebte Söhne und Tochter aus Holland! Wir danken für euren Besuch, und insbesondere für die Huldigungs’ Adresse, die euer verdienter Präsident Herr Mertens an Uns gerichtet hat. Auch euch allen sagen Wir: Bleibet treu dem Glauben eurer Vater! Liebet die Kirche mit einer grossen, starken, opferfreudigen Liebe. Höret immer auf die Weisungen des kirchlichen Lehr-amtes. Dieses spricht zu uns allen wunderbare Worte über die Würde menschlicher Arbeit und die Segnungen der Arbeit. Aus der Fülle des Herzens erteilen Wir jedem einzelnen und allen Anwesenden Unseren Apostolischen Segen.



I CAPPELLANI NELLA MARINA MERCANTILE

Pur nei brevi istanti, che Ci sono consentiti, siamo lieti di accogliervi, e di soffermarci in mezzo a voi, diletti Cappellani di Bordo, che svolgete il vostro ministero sulle navi. passeggeri della Marina Mercantile Italiana.

Sappiamo che questo è il primo convegno che si organizza per la vostra categoria, dopo 65 anni dalla istituzione di un sì prezioso servizio: e desideriamo felicitarCi con l’Ufficio Centrale per l’Emigrazione Italiana, organo esecutivo della C.E.I. per l’assistenza agli Emigranti Italiani, e con la vostra direzione di Genova, per l’importante iniziativa, che Ci auguriamo utilissima di scambi personali e feconda di propositi e programmi.

Il vostro è un ufficio molto, molto importante: sulle navi, in mezzo ai marinai, come ai passeggeri che hanno diversa estrazione sociale, diverse mète, varie finalità, voi testimoniate il Cristo, voi ne rinnovate la presenza, celebrando i Divini Misteri, voi ne comunicate la parola che salva. Siate sempre degni di questa alta missione, che tanto qualifica il vostro sacerdozio. A questo scopo invochiamo su di voi la continua assistenza del Signore, vi affidiamo alla protezione di San Pietro, che accolse Cristo nella sua barca, e di San Paolo, primo, grande Cappellano di Bordo, se così Ci è lecito chiamarlo (cf. Ac 27,1-28,15). E guardando a così alti modelli, abbiate in voi la forza dall’alto, per essere sempre fedeli alla vostra vocazione.

Con la Nostra Apostolica Benedizione.



Mercoledì, 1° ottobre 1969

11069
Diletti Figli e Figlie!

Di che cosa ha bisogno oggi la Chiesa? È la domanda che Noi non cessiamo di porre a Noi stessi, e di presentare, come ora facciamo a voi, ai buoni fedeli, che sono disposti a condividere la Nostra amorosa sollecitudine per le sorti del Popolo di Dio, per le condizioni della Chiesa dopo il Concilio, la quale si trova a vivere in una società, a cui ella, la Chiesa, vuole portare il suo messaggio di salvezza (cfr.

Gaudium et spes
GS 1) e da cui subisce, forse come non mai, una pressione di profanità, di secolarizzazione, di amoralità. Da un lato la Chiesa proclama la sua vocazione alla santità, rinnova la sua promessa missionaria, si dichiara povera e pellegrina in cammino verso le mète superiori ed escatologiche del Regno di Dio; ma dall’altro, in molti settori, cerca di assimilarsi alle forme e ai costumi del mondo laico, si spoglia del suo vestimento differenziato e sacrale, vuole sentirsi umana e terrena e tende a lasciarsi assorbire dalla mentalità dell’ambiente sociale e temporale, e presa quasi dal rispetto umano di essere in qualche modo distinta e obbligata a uno stile di pensiero e di vita diverso da quello del mondo, e ne subisce le mutazioni e le degradazioni con uno zelo conformista e quasi avanguardista, che non si sa proprio come chiamare cristiano, né tanto meno apostolico : tutti lo vedono, in tema di demagogia e violenza rivoluzionaria, in tema di demitizzazione religiosa, in tema specialmente di acquiescenza alla licenza di moda invereconda, di sessualità passionale e di diffusione pornografica.


ANIMAZIONE SPIRITUALE

Che cosa deve fare la Chiesa in questa ambigua situazione? Di che cosa ha bisogno il Popolo cristiano per conservarsi tale e per esercitare la sua funzione di luce e di sale della terra, di animatore spirituale e morale del tempo, in cui la Provvidenza lo ha destinato a vivere?

Non è facile, né semplice la risposta. Ma la risposta la possiamo trovare in una formula antica e nuova, carica d’immenso significato. Diciamo: oggi la Chiesa, cioè il Popolo di Dio, o meglio ogni fedele deve ripetere a se stesso la parola di San Leone Magno: «Agnosce, o christiane, dignitatem tuam» , abbi coscienza, o cristiano, della tua dignità, sei stato elevato al consorzio della natura divina (cfr. 2P 1,4), non voler decadere nella bassezza della vecchia condotta. Ricordati di quale Capo e di quale mistico corpo Tu sia membro. Ripensa al fatto della tua liberazione dalla potenza delle tenebre e del tuo trasferimento nella luce e nel regno di Dio (Serm. I de Nat., P. G. 54, 192).


SUPPLEMENTO DI FORZA

Sì, bisogna che ogni cristiano riprenda coscienza viva e operante della propria dignità, di ciò ch’egli è diventato, mediante la rigenerazione misteriosa, meravigliosa e reale del battesimo. Si parla tanto della dignità della persona umana, a livello naturale (ed è già livello altissimo e degnissimo; essere uomo! livello che dovrebbe risparmiarci le degradazioni animali e barbare e sotto-umana, a cui ancora tanto facilmente cede la nostra civiltà, non più o non ancora degna di tal nome); e sta bene: questa dignità è straordinariamente superata al livello soprannaturale. Ricordiamo la parola lapidaria del prologo del Vangelo di San Giovanni: «A quanti hanno ricevuto (Cristo), Egli ha dato di poter diventare figli di Dio; a quelli che credono nel suo nome, i quali non dal sangue, né da volere della carne, né da volere d’uomo, ma da Dio sono nati» (Jn 1,12-13).

Potremmo moltiplicare le citazioni scritturali che c’insegnano e ci comandano questa vitale novità, questa sublime metamorfosi, questo indeclinabile impegno dell’uomo fatto cristiano, con l’ineluttabile conseguenza di un dovere generale, quello di conformare la mentalità, lo stile di vita, il costume personale e sociale alla realtà umana, resa sovrumana dall’elezione cristiana, dalla Parola di Dio penetrata nell’essere e nella coscienza dell’uomo, dalla grazia, dallo Spirito Santo, dal Dio d’amore. Uno e Trino, inabitante, come in un santuario nell’anima umana del Giusto (cfr. 2Co 3,16-17 2Co 6,19 2Co 6,16 Rm 6,4 1Jn 3,1, ecc.). L’umanesimo non ci basta, perché non riconosce la sopraelevazione dell’uomo, a noi rivelata e comunicata dal disegno divino (cfr. Ep 1,18-19); e perché alla fine esso si dimostra inetto a realizzare se stesso; nel suo sforzo di raggiungere la statura alla quale si sente chiamato, fallisce (cfr. Rm 1,24 ss.); gli manca quel supplemento di forza e di sapienza, che solo nell’ordine della Redenzione possiamo trovare.


IL BENE VINCA IL MALE

Avremmo troppe cose da dire a questo proposito. Contentiamoci di una sola, che ci sembra ora la più grave e la più insidiosa per quella dignità umana e cristiana, alla quale dobbiamo la difesa e la stima, come a sommo valore; ed è la minaccia, resa epidemica ed aggressiva, dell’erotismo spinto ad espressioni sfrenate e ributtanti, pubbliche e reclamizzate. Anche in questo triste fenomeno troviamo la teoria che apre la strada alla licenza, ammantata di libertà, e all’aberrazione dell’istinto, chiamata liberazione dagli scrupoli convenzionali (cfr. Freud, Marcuse, ecc.). L’erotismo mediante la promiscuità, l’immagine pornografica, e poi la droga, l’esaltazione e l’abbrutimento dei sensi, fino ad espressioni abbiette e maledette dalla Parola di Dio assale anche gli ambienti più sani e più riservati, come la famiglia, la scuola, la ricreazione. Ogni difesa sembra indebolirsi e cadere; la legalità (come pare avvenga ora in certi Paesi) viene a coonestare ogni offesa al pubblico pudore e al sacrosanto diritto dell’innocenza alla propria incolumità, e della onestà al pubblico rispetto; e quasi un senso di fatalità inibisce ai responsabili e ai buoni qualche legittima ed efficace reazione.

Figli carissimi! Non lasciate in voi offuscare la coscienza dei valori morali. Non perdete la coscienza del peccato, cioè il giudizio del bene e del male; non lasciate che si addormenti il senso abbinato della libertà e della responsabilità proprio del cristiano, e come, del resto, dell’uomo civile; non crediate che si nasconda un preteso complesso d’inferiorità nella dignitosa e franca difesa dell’onestà della stampa, dello spettacolo, del costume; non pensate che la conoscenza del male si debba acquisire per via di personale esperienza; non chiamate ignoranza e debolezza la purezza e la padronanza di sé; non sospettate che l’amore e la felicità vi mancheranno, se li cercherete per le vie ampie e serene dell’autentica vita cristiana. Sappiate insieme riconoscere i segni migliori del nostro tempo nell’affermazione schietta ed esigente della verità, della giustizia, della lealtà, della coerenza cristiana; sappiate ricercare il bene dovunque si trovi e allargate lo sguardo ottimista sul mondo per ammirarlo nella sua magnifica realtà e nelle sue meravigliose conquiste, ovvero per definirlo, assisterlo e possibilmente guarirlo nelle sue deficienze e nei suoi errori; date allo sforzo ascetico, all’eroismo, al sacrificio, all’amore per i fratelli l’importanza che Cristo, il Redentore Crocifisso, vi ha dato; e fate della vostra personale energia morale dono generoso alla Chiesa: di questo dono ella ha oggi bisogno. A chi ascolta sia la Nostra Benedizione.



SACERDOTI DELL’ARCIDIOCESI DI FIRENZE NEL XXV DELLA SACRA ORDINAZIONE

Cari e venerati Sacerdoti dell’Arcidiocesi di Firenze!

Sempre è motivo per Noi di alti pensieri - quelli sul mistero della Nostra vocazione, della Nostra ordinazione, del Nostro ministero - l’incontro con Sacerdoti, che celebrano gli anniversari di quella investitura sacramentale, che deriva in loro le potestà del Sacerdozio di Cristo, per loro santificazione, per collaborazione col loro Vescovo, per il servizio e per l’edificazione, del Popolo cristiano e per l’avvicinamento pastorale dei lontani; e sempre siamo grati a coloro, come voi, che vogliono esprimere con la loro visita la conferma dell’offerta solenne della loro vita alla Chiesa ed a Cristo, ed associare così la loro gratitudine al Signore alla Nostra per la loro elezione, per la loro dedizione, per la loro fedeltà.

Grazie, Figli e Fratelli carissimi.

E grazie vivissime, perché Ci portate l’attestato della coscienza della vostra appartenenza alla santa e gloriosa Chiesa Fiorentina; Ci portate la promessa e la garanzia di volerla sempre, ed ora più che mai, amare e servire; Ci offrite la prova della vostra adesione a questa Chiesa romana, principio e fondamento dell’unità dell’autentica e vitale comunione dei credenti in Cristo Signore; e aggiungete con cotesto fraterno pellegrinaggio un segno che rileviamo con commozione, dell’unione amica e fattiva che insieme vi stringe. Grazie, grazie, bravi Sacerdoti Fiorentini!

Codesta testimonianza Ci è preziosa specialmente in questa ora singolare della vostra venerata Arcidiocesi. Ne conosciamo le prove, ne condividiamo le sofferenze, ne ammiriamo le virtù, ne confortiamo le speranze. Non è questo il momento di pronunciarCi sugli avvenimenti dolorosi, che sono nella mente di tutti. Ma vogliamo assicurarvi che portiamo nel cuore le vostre cose, e ne facciamo ogni giorno oggetto di particolari preghiere e di responsabili riflessioni. Siamo con voi, ottimi Preti d’una Chiesa privilegiata e destinata a portare nel concerto della Chiesa universale una sua nota squillante di genialità, di bellezza, di santità; siamo per voi! E voi siate ora pazienti e forti, siate uniti con spirito di fede e di carità filiale al vostro Pastore, siate vicinissimi alle vostre popolazioni, siate fedeli alle vostre tradizioni, siate pronti promotori ed esecutori del rinnovamento conciliare, sia nella vostra vita personale, come in quella ecclesiale. Dominus vobiscum! Il Signore sarà con voi, non dubitate.

Portate alle vostre rispettive Parrocchie, alle istituzioni, alle scuole, alle famiglie, alle anime, alle quali si rivolge il vostro ministero il Nostro saluto, come quello che Noi recammo a Firenze nella notte di Natale del 1966; e abbiate tutti e ciascuno la Nostra Apostolica Benedizione.



I SALUTI AUGURALI DEL PADRE

Unione delle Opere pastorali

Bien volontiers, Nous saluons parmi vous les participants du Congrès de l’Union générale des OEuvres pastorales pour la jeunesse, qui portent, comme tant d’autres prêtres et militants, le souci de l’éducation dans la foi de nos jeunes contemporains.

Desideriamo esprimervi, diletti figli, una particolare parola di compiacimento per il vostro Congresso, che si è proposto di esaminare alle luce dei principi cristiani il fenomeno della contestazione. Fenomeno, che mentre denuncia uno stato di disagio assai diffuso e inquietante tra la gioventù di oggi, nello stesso tempo solleva problemi delicati e complessi nel campo della pastorale. Noi siamo certi - ne sono conferma sia il vostro senso di responsabilità, sia lo spirito di fraterna collaborazione che vi anima - che le vostre discussioni apporteranno quel contributo di chiarezza, di equilibrio, e di sano orientamento, che da ogni parte si aspetta da coloro sui quali grava il compito della formazione spirituale della gioventù.

A questo scopo Noi vi assisteremo con la preghiera, invocando su di voi, sulle vostre attività la continua protezione del Signore, di cui è pegno la Nostra Apostolica Benedizione.

Le Piccole Suore di Gesù

Alunni del Pontificio Collegio Messicano

Bienvenidos, amadísimos Alumnos del Pontifício Colegio Mexicano que acabáis de llegar a Roma para completar vuestra formación sacerdotal! Que vuestros ideales y ansias miren siempre a utilizar todos los medios de cultura, de piedad, de amor intenso a Cristo y a su Iglesia que esta Ciudad Eterna os ofrece, y que os reclama vuestra vocación de servicio a Dios y a su Pueblo peregrinante.

Contad para ello con nuestra plegaria, con la Bendición que a vosotros, a vuestros superiores, compañeros y familiares, otorgamos de todo Corazón.




Paolo VI Catechesi 17969