Paolo VI Catechesi 8109

Mercoledì, 8 ottobre 1969

8109

Diletti Figli e Figlie!

Ancora una volta ritorna al Nostro spirito la domanda che Noi a voi rivolgiamo: di che cosa ha bisogno oggi la Chiesa? Noi infatti avvertiamo che la Chiesa è in questo momento in condizioni di particolari e pressanti bisogni, per due opposti motivi, quello dei malanni interiori ed esteriori: che la affliggono, e quello della sua missione da compiere, e delle possibilità di offrire al mondo contemporaneo una rinnovata testimonianza cristiana. Questa esperienza delle sue proprie necessità e questa coscienza dei suoi doveri da assolvere spingono la Chiesa a cercare soccorso al di là della sfera umana e temporale, la sollecitano alla preghiera, all’invocazione dell’aiuto divino, alla richiesta di quella misteriosa e prodigiosa assistenza, che Gesù Cristo, al termine della sua permanenza visibile sulla terra, promise ai suoi apostoli: Io sarò, anzi «Io sono con voi ogni giorno, fino alla consumazione del tempo» (
Mt 28,20).


INTERCESSIONE

Ed ecco che in questo implorante ricorso all’operante e immanente azione del Signore, nell’anima della Chiesa, nella psicologia del Popolo cristiano si produce un fatto, notissimo, comunissimo, e spontaneo quasi per noi, ma sempre singolare (tanto che molti dei nostri Fratelli cristiani, ancora da noi separati, sono tuttora alquanto critici sulla legittimità e sulla efficacia di questo fatto), il fatto di ricorrere ad una intercessione, ad una mediazione, .e in termini banali potremmo dire ad una raccomandazione. A chi ricorriamo, e per arrivare a Chi? Ricorriamo a Maria per arrivare a Gesù. Per noi, discepoli tutti della scuola spirituale e dottrinale della Chiesa, questo ricorso non ha nulla di strano, nulla di illogico, nulla di vano. Sappiamo benissimo che «uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, Colui che diede se stesso quale prezzo di riscatto per tutti» (1Tm 2,5); soltanto Cristo è causa della nostra salvezza (He 5,9); ma sappiamo anche che l’economia della salvezza contempla una cooperazione umana, «dispositiva e ministeriale», dice San Tommaso (S. Th. III 26,1), la quale ammette una preparazione, una introduzione alla sorgente della grazia, un intervento non causante, ma facilitante, stupendamente proprio alla circolazione della. carità, alla comunione, alla solidarietà vigente nel piano divino della nostra salute. Chiamiamo intercessione questo intervento, che ha tanto peso nel culto dei Santi, e ovviamente, assai, in grado eminente, in quello dovuto e specialissimo giustamente tributato alla Madre di Cristo (cfr. Lumen Gentium LG 66), a Colei che più di ogni altra creatura fa parte - e quale parte! unica, attiva, santissima - nell’incarnazione (Ga 4,4) e nella partecipazione alla passione redentrice di Gesù (Lc 2,35 Jn 19,25).

Perciò, noi ripeteremo con il nostro grande Predecessore Leone XIII, il nostro ufficio apostolico e la «difficilissima condizione dei tempi presenti ogni giorno più ci inducono e quasi ci spingono a provvedere con tanto maggiore premura alla tutela e all’incolumità della Chiesa, quanto più gravi sono le sue prove» (Enc. Supremi apostolatus, 1 settembre 1883) e quanto più delicato è il momento e più grande il bisogno della pace ferita e minacciata nel mondo, come nel Vietnam, in Africa, nel Medio Oriente, in Irlanda, e in altri punti dolenti della terra. È stato questo cumulo di ragioni che ci ha indotto a rivolgere alla Chiesa la nostra esortazione, l’altro ieri pubblicata, all’invocazione del patrocinio materno della Madonna, in modo speciale durante questo mese di Ottobre, nel quale è celebrata la festa del santo Rosario. Qui dovremmo parlare del Rosario e dire perché una pia pratica di devozione sia diventata essa stessa motivo, più che oggetto, d’una festa particolare; ma quello che preme ora a noi di ricordare alla vostra attenzione e alla vostra pietà è la convenienza che noi tutti riprendiamo in mano la corona del Rosario, e che con la semplicità ed il fervore degli umili, dei piccoli, dei devoti, degli afflitti e dei fiduciosi lo abbiamo a recitare; sì, per la pace nella Chiesa e per la pace nel mondo. La ricorrenza quattro volte centenaria della autorevole precisazione della forma di questa devozione mariana, fatta dal Papa San Pio V, ci stimola a questa ripresa, che tacitamente il Concilio stesso ha raccomandato (cfr. Lumen Gentium LG 67); che, per di più certe forme della musica popolare moderna, fondata sul ritmo vibrante intorno ad una parola, ad un pensiero, ci fanno superare la difficoltà, talora addotta circa il Rosario, della ripetizione e della monotonia (cfr. SENGHOR, Négritude et humanisme, p. 35).


MISTERI

Abbiamo bisogno che la Madonna ci aiuti. Un tormentato e famoso scrittore spiritualista e realista, Charles Péguy, paragonava i Pater e le Ave del Rosario a dei vascelli naviganti vittoriosamente verso il Padre (cfr. Le mystère des Saints Innocents, del 1912). Dobbiamo tentare anche questa mistica impresa.

E non si dica che, così facendo, noi «strumentalizziamo» la preghiera, il culto alla Vergine in favore dei nostri bisogni temporali e che con la religione così praticata cediamo all’utilitarismo, che penetra in tutte le forme della vita moderna. Non è, innanzi tutto, nulla di male fare dell’orazione una confessione dei nostri limiti, dei nostri bisogni, della nostra fiducia di ottenere dall’alto ciò che con le nostre forze non possiamo conseguire; non ce lo ha insegnato Cristo stesso? «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto . . .» (Mt 7,7).

Ma possiamo aggiungere a proposito del Rosario due altre osservazioni. E cioè: la preghiera di domanda, ch’è nell’intenzione comune di chi lo recita, si fonde e quasi si trasfonde in orazione contemplativa, per la presentazione allo sguardo spirituale dell’orante di quei così detti «misteri del Rosario», i quali fanno di questo pio esercizio mariano una meditazione cristologica, abituandoci a studiare Cristo dal migliore posto di osservazione, cioè da Maria stessa: il Rosario ci fissa in Cristo, nei quadri della sua vita e della sua teologia, non solo con Maria, ma altresì, per quanto a noi è possibile, come Maria, che è certamente quella che più di tutti lo ha pensato (cfr. Lc 2,19 Lc 2,51 Lc 8,21 Lc 11,28), lo ha capito, lo ha amato, io ha vissuto.



DIALOGO

E in secondo luogo, il Rosario, per chi vi ha confidenza, mette quasi a dialogo con la Madonna; mette al passo con Lei; obbliga a subire il suo fascino, il suo stile evangelico, il suo esempio educatore e trasformante; è una scuola, che ci fa cristiani. Vantaggio questo quasi impreveduto, ma quanto prezioso, e, anche questo, quanto inserito nella serie dei nostri bisogni primari.

Ascoltate quindi, Figli carissimi, il nostro invito alla preghiera, che, sulla catena delle sue ripetute e meditabonde invocazioni, ci fortifica nella speranza, ci assimila a Cristo e ci ottiene la pazienza, la pace, il gaudio di Cristo. Voglia la Madonna dare virtù efficace a questo nostro voto e alla nostra Apostolica Benedizione.

Funzionari della «Swissair»

Religiose e Terziari

I Cavalieri di San Colombano

We have a very special word of welcome for the delegation of the Knights of Saint Columba from Great Britain led by Bishop Grant and their Supreme Knight. They have come on pilgrimage as part of their celebrations to mark the fiftieth anniversary of their foundation. We know well the work the Knights of Saint Columba have done during these fifthy years, in defence of faith and religion, and in charitable relief to people in distress. To the Knights We express Our sincere gratitude and deep appreciation on this memorable occasion, and We pray for their continued success: may God bless them, their families and their work for the Church.



Mercoledì, 15 ottobre 1969

15109
Diletti Figli e Figlie!

Come sapete, è adunato in questi giorni il Sinodo straordinario dei Vescovi. Noi non vogliamo essere sospettati d’interferire nelle discussioni in corso del Sinodo stesso. Non faremo perciò questa volta il solito familiare sermone, che abbiamo l’abitudine di rivolgere ai nostri visitatori durante l’udienza generale. Rinunciamo anche ad esporvi le ragioni, del resto già note, della convocazione di questa assemblea di Vescovi, e a farvi la descrizione di una così singolare riunione, la quale, ancor più che per il suo aspetto esteriore, per forza di cose, abbastanza spettacolare, appare interessantissima per i suoi aspetti interiori, cioè per le questioni, che vi si trattano, e per le trasparenze, che vi si intravedono, del volto misterioso e meraviglioso della Chiesa una e cattolica, santa ed apostolica, corpo mistico di Cristo, continuatrice nel tempo e propagatrice nel mondo della presenza e della missione salvifica di Lui.

Ma non rinunciamo, a chiedere a voi, Figli carissimi, due cose in ordine a questo avvenimento che tutti ci riguarda e che può decidere di tante cose nella Chiesa e nel mondo. La prima cosa è la serenità di giudizio circa tutto quanto riguarda questo stesso avvenimento. Non deve dividere gli animi, ma unirli. Non deve diminuire la fiducia nelle persone e nelle istituzioni della Chiesa, ma piuttosto educarci a ravvisarne i meriti e le buone tendenze. Non deve eccitare in noi la psicologia, come si dice, dei «tifosi», che drammatizzano le cose ricorrendo a espressioni superficiali e convenzionali, ma piuttosto deve invitarci a considerare, come a tutti è possibile, le questioni in esame secondo verità, secondo il disegno di Dio, e non secondo la psicologia volubile e talora ostile dell’opinione pubblica. Occorrerà forse compiere uno sforzo di serenità e di serietà. Anche coloro che sono spettatori di questo momento storico della Chiesa, e noi pensiamo che lo siano tutti i suoi figli fedeli, devono circondarla di amore.

E allora una seconda cosa Noi vi chiediamo in questa occasione; la preghiera, una preghiera più intensa e filiale per la «Madre Chiesa». Gravi interessi suoi sono allo studio, come la precisazione di certi suoi elementi costituzionali, dalla quale può dipendere la sua tranquillità e la sua efficienza. Questa è una di quelle ore nelle quali si avverte come l’azione umana, anche se bene intenzionata e volenterosa, è per se stessa insufficiente a raggiungere i fini che si propone, o che si deve proporre; occorre l’aiuto divino, occorre l’intercessione dei Santi. E da parte nostra, come il Signore ebbe a dire una volta ai suoi discepoli, ai quali non era riuscito compiere un esorcisma miracoloso: occorre, in questo caso, orazione e digiuno (cfr.
Mc 9,28), noi dovremo invocare questo trascendente intervento; un’effusione dello Spirito Santo, intensificando l’invocazione a Lui rivolta, a Lui Paraclito, a Lui lume dei cuori, a Lui maestro di tutta la verità, a Lui vivificante, a Lui animatore della Chiesa. I grandi Santi, colonne della Chiesa, la Madonna santissima specialmente, siano da noi chiamati in nostro soccorso. Un’antichissima formula di preghiera per la Chiesa suona così: «Per la santa Chiesa cattolica ed apostolica, diffusa da confine a confine, preghiamo: affinché il Signore la conservi inconcussa, e non agitata dai flutti, e la difenda fino alla consumazione del secolo, fondata sopra la pietra» (Const. Apost. VIII, 10, 4; Funk, p. 489).

Così preghiamo; e la Nostra benedizione sia con voi.

Programmi religiosi nella Radio Televisione di Germania

Liebe Mitbrüder im Priesteramt!

Sehr geehrte Damen und Herrn!

Anlässlich Ihrer Arbeitstagung in Rom sind Sie heute zu A Uns in den Vatikan gekommen. Wir entbieten Ihnen allen herzlichen Gruss und danken für Ihren Besuch.

Als Gestalter kirchlicher Fernseh-Sendungen und Vetreter der katholischen und evangelischen Kirche in Deutschland für Fragen des Fernsehens bekleiden Sie ein Amt, das Ihnen grosse Verantwortung auferlegt. Denn durch rechte Vermittlung von Nachrichten leisten Sie, wie das Zweite Vatikanische Konzil hervorhebt, einen wichtigen Beitrag «zur Erholung wie auch zur Bildung des Geistes». Und durch die Vorbereitung und Durchführung religiöser Sendungen tragen Sie wirksam bei, das Reich Gottes in den Herzen zu vertiefen und in der Welt auszubreiten (vgl. Dekr. Inter mirifica, Nr. 2).

Ihre Aufgabe ist nicht leicht. Lassen Sie sich durch keine Schwierigkeiten entmutigen. Die hohen ethischen Werte der Wahrhaftigkeit bei Wiedergabe der Nachrichten als Gebot der Gerechtigkeit und Liebe sollen bestimmende Norm Ihres beruflichen Arbeitens sein.

Ein Anliegen möchten Wir Ihnen noch kurz andeuten, das Uns sehr am Herzen liegt. Tragen Sie Sorge, dass Darbietungen religiösen Inhaltes im Fernsehen nur ernsten und erfahrenen Bearbeitern anvertraut und mit der gebotenen Ehrfurcht gesendet werden.

Möge Ihr Wirken im Dienste der Mitmenschen erfolgreich und von der Gnade Gottes begleitet sein! Dazu erteilen Wir Ihnen und Ihren Mitarbeitern von Herzen den Apostolischen Segen.

Neo sacerdoti del Pontificio Collegio Germanico

Ein besonderer Gruss gilt heute Unseren neugeweihten Mitbrüdern im Priesteramt aus dem Germanicum.

Liebe Söhne! Mit euren Eltern und Freunden seid ihr zu Uns gekommen, um euch Unseren Segen für eure priesterliche Aufgabe in der Heimat zu erbitten. Welch schöneres Wort können Wir euch sagen, als jenes der Weiheliturgie: «Ahmet nach, was ihr vollzieht»! Die heilige Weihe hat euch zu Priestern gemacht, zu Dienern des Gottesvolkes, zu Ausspendern der heiligen Geheimnisse, zu Kündern der Wahrheit. Werdet diesem hohen Anspruch in eurem Leben gerecht ! Bemüht euch, durch euer persönliches Beten und Opfern Christus immer ähnlicher zu werden!

Il periodico cattolico «Die christliche Familie»

Ein Wort herzlicher Begrüssung richten Wir noch an die Leitung und Teilnehmer des Pilgerzuges «Die christliche Familie». Liebe Söhne und Töchter! Es erfüllt Uns mit besonderer Freude, dass ihr so zahlreich hier vertreten seid. Die christliche Familie hat in der Welt von heute eine grosse Sendung zu erfüllen. Sie verkündet mit lauter Stimme durch ihr Beispiel die Existenz und die Kraft des Gottesreiches. Wir vertrauen auf eure Treue und Bereitschaft, Zeugnis für Christus abzulegen. Dazu erteilen Wir euch und allen Anwesenden aus der Fülle des Herzens Unseren Apostolischen Segen.

Le Città dei Ragazzi di Oviedo e di Monterrey, nel Messico

Una mención especial de bienvenida cordial para vosotros, dirigentes y jóvenes de la Ciudad de los Muchachos «Cruz de los Angeles» de Asturias, en España, y de la Ciudad de los Niños de Monterrey, en México.

Nos llenan de gozo pastoral obras como éstas, encaminadas a remediar soledades angustiosas y a formar hombres que cumplan su misión en la sociedad y en Ia Iglesia.

Sabemos que en vuestras residencias encontráis resortes morales en medio de un ambiente de familia donde cada uno se siente respetado, comprendido y amado. Os deseamos mucha armonía de convivencia, piedad vital, sentido de responsabilidad, afán constante por descubrir y emplear vuestros grandes valores humanos y cristianos. En esta tarea os acompañamos y alentamos con nuestra particular bendición apostólica.

Lavoratori spagnoli

Bienvenidos también vosotros, trabajadores españoles de la Obra Sindical de Educación y Descanso. Cordialmente agradecemos vuestra devota visita. Pedimos a Dios que en vuestras actividades os sepáis comportar siempre como cristianos auténticos, fieles y valientes, como miembros honrados y responsables de la sociedad en que vivís. Con estos deseos os otorgamos una especial bendición apostólica que extendemos a vuestros hogares y compañeros de trabajo.

Pellegrini del «Blue Army of Our Lady»

We are happy to greet here a group of members of the Blue Army of Our Lady, who. are passing through Rome on a pilgrimage undertaken to bring the message of the Queen of Peace before the peoples of Africa. Two years ago, We Ourself made a pilgrimage of prayer to the shrine at Fatima, to beg for peace in the Church and in the world. And only last week We asked all Our spiritual children to say the Rosary this month with particular fervour, in order to implore that same gift of peace. Your journey will take you close to places where men groan for the horrors there are when peace is lacking: may it serve to renew the call to prayer and penance proclaimed so strikingly at Fatima. May your journey be blessed, and may you yourselves be blessed.



Mercoledì, 22 ottobre 1969

22109
Diletti Figli e Figlie!

L'attenzione della Chiesa e del pubblico, anche la vostra certamente, è rivolta in questi giorni verso il Sinodo straordinario dei Vescovi, che è riunito a Roma e che studia le relazioni del Papa con i Vescovi raggruppati nelle Conferenze episcopali, e delle Conferenze fra loro: il punto focale delle discussioni si polarizza sopra questo organo della gerarchia .ecclesiastica, ch’è appunto la Conferenza episcopale in una data nazione, o in determinato territorio; è un’espressione relativamente nuova della organizzazione della Chiesa, resa opportuna da necessità pratiche: etniche, geografiche, destinata a decentrare rispetto alla Sede Apostolica l’esercizio delle potestà gerarchiche, e ad accentrarlo, o coordinarlo localmente, regionalmente; è un segno di unità della Chiesa, riflessa nelle legittime forme diverse della sua cattolicità; ed è perciò un tema importante e complesso. Come già dicevamo nell’udienza generale della scorsa settimana, noi non ne parleremo pubblicamente per meglio lasciare alle discussioni sinodali completa libertà.

Ma guardando ora anche noi, come spettatori, questo avvenimento molto rilevante nella vita presente della Chiesa, possiamo rispondere al richiamo che esso ci offre alla fiducia che le dobbiamo. Dobbiamo avere fiducia nella Chiesa; sì, in questa Chiesa di Cristo, fondata in realtà da Lui sulla pietra, e, nell’apparenza storica, simile alla barca di Simone Pietro, sbattuta dalla tempesta. Fiducia nella Chiesa qual è. Questo non è immobilismo; è realismo, è fedeltà. La Chiesa ci dà prova di vitalità; un carisma di indefettibile sopravvivenza vi si manifesta e lo documenta, all’evidenza. Ella ci dà prova di autenticità: la sua coerente fedeltà nella dottrina, nella linea morale, nelle istituzioni fondamentali, nello sviluppo storico, insieme con la tensione continua di riformarsi, di rinnovarsi, di santificarsi, ce ne dà confortante assicurazione. Ella è ferma e dinamica. Ella ci dà prova di attualità: la sua presenza nel nostro tempo lo dice, anzi lascia trasparire una sollecitudine estremamente vigilante di interpretare i segni dei tempi, di accogliere le esperienze del progresso, di parlare il linguaggio degli uomini d’oggi, di soccorrere i bisogni antichi e nuovi dell’umanità. Ella crede, ella spera, ella ama. Cristo è con lei. Ella è viva, ella è vera. Ella merita la nostra fiducia.

Oggi come ieri, oggi più di ieri. Anche questo fatto del Sinodo, che si sta celebrando, lo attesta, e conforta la nostra fiducia. E ne abbiamo bisogno. Perché la crisi, che si manifesta in alcuni settori della Chiesa e dell’opinione pubblica, - se pur di crisi, piuttosto che di travaglio, si può parlare -, tale ci sembra: un difetto di fiducia. Di fiducia nella Chiesa qual è. Forse questa parola magica di «aggiornamento» ha spinto alcuni oltre il segno. Un frettoloso bisogno di revisione, onesta e doverosa, s’è trasformato in una corrosiva autocritica, e perfino in un autolesionismo, che ha fatto perdere in alcuni il senso ed il gusto della milizia cristiana e dell’apostolato cattolico. Sono le «strutture» della Chiesa ufficiale, si è detto, che bisogna cambiare, ben più che le idee deteriori ed i costumi decadenti del nostro secolo; così che il tessuto connettivo, che fa della Chiesa una comunione organica e responsabile, il tessuto della carità ecclesiale e dell’obbedienza gerarchica, si è qua e là non poco logorato.

Di fiducia abbiamo bisogno; di mutua fiducia.

La Chiesa, si chiedono alcuni, saprà comprendere le aspirazioni, le inquietudini, le attese, che sono negli animi della nostra generazione? Saprà ascoltare? A noi pare che sì: ella saprà. dialogare, come oggi si dice ; saprà anche assecondare. I fatti e i propositi già lo dicono. Questo è il suo voto. Ma bisogna subito fare attenzione. Non sarebbe giustificato il senso di frustrazione in coloro che non vedessero assecondato un proprio e particolare piano di riforma ecclesiastica, ‘specialmente se questo si stacca arbitrariamente dalla norma comune e stabilita. Oggi è facile sottrarsi mentalmente, fantasticando e studiando, dalla regola vigente con un proprio sogno di riforma ideale; dal sogno si passa all’ipotesi concreta; dalla ipotesi all’esigenza; e dall’esigenza talora alla delusione, ovvero alla protesta ed anche alla disobbedienza. La Chiesa è una comunione di uomini, liberi, sì, ma viventi in armonia, raggiunta con gioiosa e volonterosa adesione, ed anche con umile soggezione. Non si può far dipendere l’adesione alla Chiesa dal compimento nella sua compagine d’un desiderio personale. La Chiesa oggi è sollecita a considerare il dato psicologico e sociologico della comunità (quello risultante dalle inchieste, ad esempio): ma ella deve essere guidata da altri criteri prevalenti: quelli del dato teologico, cioè quelli di Dio, quelli del Vangelo, quelli di Cristo, ai quali ella deve la sua ragion d’essere, e ai quali deve informare la norma direttiva della sua missione, ch’è missione pastorale, cioè di guida, di educazione, di elevazione alla via ardua della salvezza. La Chiesa non è un fenomeno storico e sociale qualsiasi, che si possa modificare a piacimento. È un fatto spirituale e religioso: una fede lo genera, un’autorità lo dirige, uno Spirito lo vivifica. Merita la nostra fiducia, la nostra fedeltà, il nostro servizio, il nostro amore, la Chiesa. Questo vi dice l’umile successore di Pietro, con la sua benedizione.

Ispettori del Comune di Roma

Salutiamo con paterna compiacenza gli Ispettori Annonari del Comune di Roma, i quali anche quest’anno vogliono ripetere l’omaggio della loro fedeltà al Papa nell’imminenza della festa di San Raffaele Arcangelo, loro celeste patrono.

Siamo molto sensibili, diletti Figli, al vostro gesto che Ci onora e Ci allieta. Esso è la testimonianza cristiana da parte di chi svolge funzioni particolarmente delicate a servizio della cittadinanza romana. Ci dice anche che attendete da Noi una benedizione e una preghiera che vi accompagnino nel compimento dei vostri doveri. Aderiamo volentieri al vostro desiderio, ed invocheremo il Signore, per l’intercessione dell’Arcangelo Raffaele, affinché possiate attendere ai vostri compiti con fedeltà, competenza, dedizione e alto spirito cristiano. A tale scopo impartiamo di cuore a voi e ai vostri cari la Nostra Apostolica Benedizione.

Gruppi sportivi

Porgiamo il Nostro più cordiale saluto alle squadre sportive che partecipano al Torneo di calcio internazionale organizzato dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

Vi ringraziamo, diletti Figli, della vostra visita e del pensiero che avete avuto di vedere il Papa in occasione delle vostre gare. Accogliamo gli sportivi sempre con particolare benevolenza, perché Ci offrono lo spettacolo di una gioventù sana, forte, generosa, disciplinata. Il carattere internazionale della vostra gara, poi, costituisce un altro motivo di compiacimento. Dando la possibilità d’incontrarvi e di meglio conoscervi, il vostro torneo diventa fattore di unione e di comprensione fra giovani di nazionalità diversa, e aggiunge così all’avvenimento sportivo un significato umano e cristiano d’incomparabile valore. Per questo sulle vostre Associazioni invochiamo le grazie del Signore, nel cui nome i cuore benediciamo voi, i vostri caci e tutti i vostri dirigenti.

* * *

Ein Wort herzlicher Begrüssung mochten Wir noch andie anwesende Gruppe von Fussballspielern aus Ausgburg, und Prag richten.

Liebe Sohne! Nach eurer beruflichen Arbeit sucht ihr Erholung und Freude im sportlichen Wettbewerb. Ihr wisst, die Kirche bejaht den Sport und die vernünftige Sorge für den Leib. Denn der Leib ist von Gott erschaffen. Bei aller Liebe zum Sport legt aber auch Wert auf euer religiöses Leben, auf eure innere Verbindung mit Gott im Gebet. Dann werdet ihr als junge Menschen froh und erfolgreich sein. Dazu erteilen Wir euch und allen Anwesenden von Herzen den Apostolischen Segen.

L’organizzazione «People to People»

We wish to say a particular word of welcome to a group of members of the organization «People to People», who have come here as «Ambassadors of Peace». We know of their aim of promoting better un ! ?-standing and friendship among peoples, and We cannot but praise that ideal. The Second Vatican Council declared that «a firm determination to respect other men and peoples and their dignity, as well as the studied practice of brotherhood, are absolutely necessary for the establishment of peace» (Gaudium et spes, art. 78). Accordingly, We fervently pray God to bless them with His graces and favours, and to make fruitful their efforts for peace.

Funzionari danesi (in francese)




Mercoledì, 29 ottobre 1969

29109
Diletti Figli e Figlie!

Tutti sapete che in questi giorni è stato celebrato il Sinodo straordinario dei Vescovi. Per quale scopo? Per studiare come meglio configurare l’ordine gerarchico nella Chiesa dopo che il Concilio ha messo in rilievo l’aspetto collegiale dell’Episcopato avente il Papa per suo capo, e per realizzare così, anche nel ministero pastorale del popolo cristiano una più stretta, più cosciente, più operante comunione. Deve così avere ampio riconoscimento il carattere universale della Chiesa, con le sue particolari e subordinate autonomie locali; e deve essere promosso il suo carattere unitario e organico, in modo che ella sia ed apparisca sempre meglio, secondo il volere di Cristo, un corpo solidale e ordinato, gradualmente corresponsabile nella diversità delle funzioni gerarchiche e dei doni spirituali. A ben guardare, si tratta di dare alla carità animatrice della Chiesa una più intensa, più ordinata, più operante attività. Speriamo e preghiamo affinché il Signore stesso ci aiuti a progredire in questo progresso della carità ecclesiale. Ora questo fatto, tipicamente post-conciliare, non riguarda solo l’ordine episcopale, riguarda a suo modo tutta la compagine del popolo cattolico.

Possiamo, a distanza di tanti secoli, fare Nostra per voi la parola di San Paolo: «Cresce la vostra fede (ricordiamo: questa è la condizione prima, la fede, questa la radice di tutto), e aumenta l’amore di ognuno di voi verso gli altri» (2 Thess
2Th 1,3 2 Thess ). La vita della Chiesa è così; essa trova sempre rifioritura di nuove forme nell’attingere la sua linfa nella fecondità dei suoi divini principi: qui il principio, dopo quello della fede, è la carità.


APPROFONDIRE IL «SENSO DELLA CHIESA»

La quale, in questa sua generale applicazione e in questa sua contingente modernità, prende il nome di comunione. È una parola questa che faremo bene a meditare. Essa dice più di comunità, ch’è fatto sociale esteriore; dice più di congregazione, più di associazione, più di fraternità, più di assemblea, più di società, più di famiglia, più di qualsiasi forma di solidarietà e di collettività umana; dice Chiesa, cioè umanità animata da uno stesso principio interiore; e questo principio, non solo sentimentale e ideale o culturale, ma mistico e reale; animata cioè da uno Spirito vivificante, lo Spirito di Cristo, la sua grazia, la sua carità, col duplice effetto di distinguere chi vive di questo principio santificante con uno stile originale di pensiero e di costume, che chiamiamo cristiano, e di compaginarlo in un corpo sociale, visibile e ordinato, che chiamiamo appunto la Chiesa.

Sono cose conosciute, ma che ora acquistano una forza significativa importantissima. Bisogna che diventino coscienti e che informino maggiormente la nostra spiritualità e il nostro comportamento sociale. Bisogna approfondire il «senso della Chiesa», e lasciarci educare da esso.


IL PRECETTO DELLA SUPERNA AMICIZIA

Prima ancora di renderci conto degli effetti esteriori, ch’esso è destinato a produrre nelle strutture e nella vita pratica della Chiesa, Noi vorremmo oggi fermare un istante l’attenzione sul primo significato di questa misteriosa parola: comunione. Cioè sul suo significato di comunione con Cristo.

Pensiamoci bene, perché l’altro significato di comunione ecclesiale dovrebbe dipendere da questo primo significato individuale, interiore, invisibile, anche se ha sue proprie modalità teologiche.

Per noi ora diciamo: bisogna essere in comunione vitale con Cristo. In questa comunione è l’aspetto personale che viene in considerazione. Anzi l’aspetto intimo, spirituale, che si verifica nelle profondità del nostro essere, alle quali la nostra coscienza non arriva, se non per fede, e per alcune rare e imperfette esperienze. I mistici sono in questo campo i più esperti. Ma ciascuno di noi deve poter dire: «Vivo non più io, ma vive in me Cristo» (Ga 2,20). Questo senso di comunione interiore con Cristo, di convivenza personale con Lui, d’inabitazione di Lui nella nostra anima (cfr. Ep 3,17) dovrebbe ardere sempre come una lampada accesa dentro di noi, e dovrebbe modificare assai quella coscienza di noi stessi che chiamiamo la nostra personalità, senza per questo inceppare la nostra spontaneità, né esprimersi in bigotteria.

E che il Signore tenesse molto alla nostra comunione con Lui ce lo dice una sua dolcissima ed estrema parola, da ascoltare in attento silenzio; ed è questa; «Rimanete nel mio amore». Questo verbo «rimanere» doveva essere abituale sulle labbra del Signore, se lo troviamo tante volte ricorrente negli scritti di San Giovanni evangelista (67 volte, ci dicono gli esegeti, delle quali 40 nel suo Vangelo), con vari significati, fra cui prevale quello spirituale, anzi mistico, che a noi pare espresso in pienezza nella breve frase citata: «Rimanete nel mio amore» (Jn 15,9; cfr. PECORARA, De verbo «manere» apud Ioannem, in Divus Thomas, 1937, pp. 159-171).



VINCOLO STABILE

Questa dolce e profonda parola bisogna pensarla nel contesto dei discorsi del Signore pronunciati dopo l’ultima cena; essa risente dell’intensità di quell’ora notturna, preludio della Passione e tutta pervasa dalla gravità patetica e dalla commozione contenuta dell’estremo saluto, che Gesù dà ai suoi discepoli, chiamati amici quella sera (Jn 15,14) e fatti depositari delle sue ultime confidenze, delle sue ultime volontà: «Rimanete nel mio amore».

Che cosa intende dire il Signore con questa raccomandazione piena di tenerezza e di forza? Che i discepoli dovevano perseverare nell’amoroso ricordo di Lui, come poco prima, dopo l’istituzione dell’Eucaristia, aveva detto: «Fate questo in memoria di me»? (Lc 22,19); ovvero voleva dire che i discepoli dovevano conservare in se stessi l’affetto, che Cristo aveva avuto per loro? O meglio Gesù desiderava che l’amore perdurasse in una intensa reciprocità? Questo forse. Ma in una misura piena, ultra-sentimentale, vitale. Lo stesso Evangelista Giovanni nella sua prima lettera così si esprime: «Chi rimane nella carità rimane in Dio, e Dio in lui» (1Jn 4,16). La realtà è questa: che Gesù pensava ad una mistica unione da compiersi nella profondità dell’anima fra Lui e ciascuno dei suoi; pensava all’amore suo ai discepoli e all’amore suo nei discepoli e, insieme, all’amore dei discepoli a Lui; pensava al mistero della grazia, cioè della carità, che «è una certa amicizia dell’uomo con Dio» (S. TH., II-II 23,5). E pensava che questo rapporto soprannaturale dovesse rimanere, rimanere sempre, anche dopo la scomparsa di Cristo morto e risorto dalla scena di questo mondo. Il pensiero del Signore, sotto questo riguardo, è chiarissimo: Gesù stabilisce un vincolo stabile fra Lui ed i suoi, un vincolo che la sua morte e la sua risurrezione non avrebbero interrotto; sarebbe stato permanente da parte sua, ed Egli lo voleva permanente, anche se libero e personale, da parte dei suoi.

Concludiamo. Se vogliamo rinnovare la vita della Chiesa come comunione, dobbiamo avere somma cura di stabilire in noi stessi questa comunione personale e soprannaturale con Cristo, alimentando cioè un amore vivo, animato dalla grazia e dall’interiore conversazione con Lui, presente dentro di noi. Non per nulla la pietà cattolica chiama «comunione» la assunzione della Eucaristia, e dedica a questo incontro, tanto semplice e ineffabile, qualche momento di silenzio, di raccoglimento, di ascoltazione interiore, di incomparabile consolazione. Molti oggi trascurano questa pausa preziosissima. Vi esortiamo a tenerla cara. Con la Nostra Benedizione Apostolica.

Predicatori Religiosi Italiani

Salutiamo con particolare effusione del cuore il gruppo, così qualificato e così meritevole della Nostra stima, dei religiosi partecipanti al Convegno Nazionale dei Predicatori Religiosi Italiani, promosso dalla Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori.

Ci allieta profondamente che voi, diletti Figli, specializzati nel ministero della sacra predicazione, uniate le vostre forze ed offriate il contributo della vostra esperienza e della vostra dottrina a problemi che sono strettamente congiunti col rinnovamento della pastorale della parola di Dio in Italia.

Riconosciamo le molteplici e gravi difficoltà inerenti al vostro compito. Da una parte è necessario presentare la verità che salva in termini adeguati e comprensibili, senza però deformarla, e dall’altra vi è la necessità di farla accettare in un mondo che con le sue attrazioni e distrazioni così potentemente distoglie gli uomini del nostro tempo dall’ascoltare l’annuncio della parola di Dio.

Pertanto vi ringraziamo per tutto ciò che fate in questo campo magnifico e amplissimo, e mentre vi assicuriamo l’appoggio della Nostra preghiera che invoca per voi i lumi e conforti del Signore, di cuore vi impartiamo la propiziatrice Apostolica Benedizione.

Deputati e Borgomastri della Germania

Ein Wort besonderer Begrüssung richten Wir noch an die Gruppe von Abgeordneten des deutschen Bundestages und deutscher Bürgermeister. Sehr geehrte Damen und Herren! Sie sind zu einer Studientagung nach Rom gekommen und folgten damit einer Einladung der Vereinigung «Cuncti Gens una». Diesem Namen liegt ein tiefer christlicher Gedanke zugrunde: Alle Völker und Nationem bilden in Gott eine einzige grosse Menschheitsfamilie. Wir wünschen Ihren Arbeiten in der hohen, verantwortlichen Stellung, die Sie bekleiden, für die Durchführung der unersetzbaren Werte der Freiheit, der Gerechtigkeit und des Friedens vollen Erfolg. Dazu erteilen Wir Ihnen und allen Anwesenden aus der Fülle des Herzens den Apostolischen Segen.

Pellegrini Colombiani

¡Bienvenidos, queridísimos sacerdotes y peregrinos todos de Colombia! Vuestra devota visita suscita en nuestro animo sentimientos de gratitud y evoca tantos momentos consoladores de nuestra Presencia en vuestra católica Nación.

Ante la tumba de San Pedro, estáis dando testimonio de vuestra fe, de vuestra firmeza cristiana, de vuestros deseos de traducir en obras vuestra comunion de amor con Cristo. Que El os mantenga y aliente en estos ideales. Así sea, con la Bendición Apostólica - reiteración de cuantas gozosamente impartimos en la risueña Bogotà - que ahora volvemos a otorgar a vosotros, a vuestras familias, a toda la entrañable y siempre recordada Colombia.




Paolo VI Catechesi 8109