Paolo VI Catechesi 16970

Mercoledì, 16 settembre 1970

16970

Il pensiero, che guida questi nostri colloqui sulla mentalità degli uomini del nostro tempo in ordine alla religione, alla fede in Dio ed in Cristo, è quello di scoprire come e perché oggi essi, gli uomini moderni, siano areligiosi o irreligiosi, mentre noi siamo convinti che proprio in virtù delle ragioni, che sembrano giustificare tali loro atteggiamenti negativi, e che possiamo ridurre alle obiezioni correnti: il progresso della cultura e le trasformazioni sociali, la religione cattolica potrebbe e dovrebbe avere migliore accoglienza e migliore espressione. Siamo convinti cioè che la nostra fede è fatta per l’uomo, per quello a noi contemporaneo ancora più che per quello di ieri; non è una alienazione la fede, non è un artificio caduco, non è una concezione sorpassata, non è una scienza sterile e ingombrante; è una luce, è una pienezza, è una vita, di cui tanto maggiore è il bisogno, e tanto maggiore il godimento, quanto più progredito, più colto, più maturo, più adulto, più avido di certezza è l’uomo che ne faccia la liberatrice e redentrice esperienza (Cfr. J. DANIÉLOU, L’avenir de la religion, Fayard, Paris 1968).

Ed allora ecco la grande questione: come mai oggi è così difficile fare accettare la religione all’uomo moderno? Non è forse in atto una decadenza religiosa? Non sono forse sfavorevoli le disposizioni della psicologia umana al pensiero di Dio, alla religione, alla fede accolta e vissuta? La questione è troppo vasta e complessa per darvi pronta e semplice risposta. Essa esigerebbe, innanzi tutto, una analisi ampia ed accurata delle condizioni, in cui la società e i singoli individui si trovano, per dire qualche cosa circa questa diffusa predisposizione negativa a riguardo della religione. Noi ora non ne faremo parola; ma siccome tanto si discute della «crisi religiosa» in atto, sarà bene che ciascuno vi rifletta da sé: perché oggi la gente sembra diventare quasi refrattaria alla religione? Per quali idee, per quali costumi, per quali maestri, per quali fenomeni, per quali ambienti? Proponiamo il problema a ciascuno di voi.



LA FEDE E L’UOMO

Noi invece, in questo breve incontro, proponiamo il problema sotto un altro aspetto, che riguarda non tanto l’uomo restio, indifferente, o ostile al messaggio religioso, ma piuttosto il maestro che lo propone; vogliamo dire il modo, la forma, il metodo, il linguaggio, lo zelo, l’amore, con cui tale messaggio è proposto. Questo aspetto della questione religiosa è oggi studiatissimo. Ci si domanda, per tutto dire in una parola: come presentare la religione cattolica oggi alla nostra generazione? È la questione capitale del rapporto fra la fede e l’uomo, vista innanzi tutto sotto l’angolo visuale pedagogico: come annunciarla? come renderla comprensibile? accettabile? gradita? efficace? moderna? Non sarebbe da imputare al modo, un modo vecchio, astruso, staccato dalla vita, contrario alle tendenze e ai gusti del tempo, al modo, diciamo, di insegnare e di predicare la fede, se questa non trova uditori e fedeli? Non occorre forse rinnovare il «kérygma», cioè l’annuncio del messaggio cristiano, se vogliamo che incontri ascoltatori e seguaci?

Qui, se avessimo tempo, dovremmo fermarci, perché, come ognuno vede, l’importanza del rapporto suddetto, tra fede e uomo, è decisiva, per l’una e per l’altro. Che cosa infatti fa la Chiesa: il vescovo, il pastore, il maestro, l’apologista, il catechista, il missionario, lo scrittore, il predicatore, il teologo, se non il continuo tentativo di accostare la Parola di Dio alla vita umana, affinché questa trovi salvezza in quella Parola? Noi tralasciamo qui un lato importantissimo, ma misterioso, della questione: l’accettazione salvatrice della Parola di Dio è una grazia; entriamo nella delicatissima problematica della grazia, la quale è un dono, verso il quale la libertà umana è responsabile, ma non efficiente; coopera, ma non opera, così che restano tremendamente vere le parole di Gesù: vi sono quelli che guardano e non vedono, ascoltano e non capiscono (
Mt 13,13); senza la grazia «a nulla giova all’uomo la predicazione della verità», dice S. Agostino: Nihil prodest homini omnis praedicatio veritatis (S. AUG., De civ. Dei, XV, 6; PL 41, 442). Segreto di Dio, alla fine, l’efficacia dello sforzo religioso, da chiunque compiuto.

L'ARTE DI SPIEGARE

Ma ci limitiamo a rilevare la saggezza e il pericolo dello sforzo di commisurare l’insegnamento religioso all’attitudine recettiva del discente, persona o popolo che sia. La saggezza: qui vi è tutto il genio apostolico della Chiesa, l’arte cioè di diffondere, di spiegare, di fare in qualche misura capire, di proporzionare la dottrina del Signore alla mente, e anche alla mentalità dell’alunno, cioè dell’uomo bisognoso di istruzione religiosa. Non è stato questo uno degli intenti del Concilio? uno degli intenti della riforma liturgica, rendere comprensibile il rito? non forse a questo fine si sono introdotte le lingue parlate nel culto e nello studio teologico? non è forse l’assillo costante dell’insegnamento della religione quello di presentarla in forme ed in termini accessibili e gradevoli? di adeguarla all’età, all’indole, alla cultura di coloro ai quali l’esposizione della dottrina è rivolta?

Talmente è grande questo dovere di tenere conto della capacità intellettiva e spirituale di quanti si affacciano alle soglie della fede, che non è mai abbastanza compiuto; ed è in questo continuo impegno di trasmissione non vana della dottrina religiosa che si manifesta quella caritatem veritatis, carità della verità (2 Thess 2Th 2,10) propria della Chiesa. Ma quest’ansia di moltiplicare i mezzi e le forme di espressione dell’insegnamento religioso cattolico obbedisce ad una legge fondamentale: che la integrità della dottrina non sia violata. La verità religiosa, rivestita da espressione linguistica diversa, contenuta in brevi formule catechistiche, o diffusa in trattati teologici, interpretata secondo l’uno o l’altro sistema filosofico, purché sempre conforme a sana ragione (Cfr. Gravissimum educationis GE 7,10 Gravissimum educationis, GE 7 GE 10; ecc.), deve essere sempre autentica, e almeno virtualmente completa, anche se messa a confronto con le diversissime condizioni della vita umana.



TENTAZIONE MOLTEPLICE

Ma questo sforzo per sé lodevolissimo di fare accettare la dottrina religiosa agli uomini del nostro tempo nasconde, anzi oggi manifesta un pericolo, una tentazione molteplice, che possiamo qui chiamare relativismo dottrinale.

Occorre una fede per il nostro tempo, si dice: sta bene; il Concilio, specialmente nella Costituzione Gaudium et spes, tutta intenta a stringere i rapporti fra la Chiesa ed il mondo, e a mettere in evidenza i valori della creazione, dell’uomo considerato nella sua vita naturale, del progresso moderno, c’insegna come la nostra fede ancor oggi sia fatta per la salvezza umana; ma non perché prende a misura della fede le opinioni degli uomini, ma perché cammina, secondo il Concilio, con la sua paradossale Croce, scandalo e stoltezza per il mondo, forza e sapienza di Dio (Cfr. 1Co 1,20 ss.), che umilmente e coraggiosamente portata dai credenti avrà ancora oggi la virtù di convertire gli uomini alla salvezza di Cristo. È quello che si attende dai Pastori e dai Fedeli del Popolo di Dio; da noi tutti, persuasi che senza questa caratteristica della verità, la sicurezza della verità religiosa, la fedeltà, sarebbe vano e precario ogni tentativo di chiamare altri ad ascoltare Cristo.

Pellegrini di Ferrara e di Comacchio

Il nostro particolare saluto va oggi ai numerosi pellegrini di Ferrara e Comacchio, guidati dal loro caro e venerato Pastore, Monsignor Natale Mosconi.

Siate i benvenuti, figli carissimi ! Se grande è la vostra gioia per questo incontro col Vicario di Cristo, non minore è la consolazione che Noi stessi proviamo nell’accogliervi, e soprattutto nel sapere che il vostro pellegrinaggio conclude un ciclo missionario quinquennale, che si è felicemente svolto nella diocesi di Ferrara e continuerà in quella di Comacchio.

Sappiamo inoltre che il vostro pellegrinaggio si ispira pure ad un motivo di filiale devozione verso la Nostra umile persona, poiché con esso voi intendete ricordare il Nostro giubileo sacerdotale. Siamo profondamente sensibili a tanta affettuosa e devota attenzione, e vi ringraziamo di cuore. Ci terremo pertanto sicuri delle vostre preghiere per i bisogni del Nostro apostolico ministero, e ricambieremo con le Nostre l’omaggio filiale, chiedendo a Dio per tutti voi che, rinvigoriti nella fede presso la tomba di Pietro, possiate riprendere con rinnovato vigore i vostri propositi di vita cristiana, facendo sempre onore a Cristo e alla Chiesa e collaborando generosamente coi vostri Pastori per la diffusione del Regno di Dio.

A tanto vi conforta la Nostra Apostolica Benedizione, che amiamo impartire a tutti voi qui presenti, alle vostre famiglie, e alle vostre dilette diocesi.

Enti di assistenza ai carcerati

Salutiamo con una parola di vivo elogio ed incoraggiamento i partecipanti alla Quarta Assemblea Generale degli Enti di Assistenza ai Carcerati, organizzata dall’omonimo Segretariato Generale. Vogliamo dirvi, carissimi, tutta la Nostra compiacenza per l’azione disinteressata, fraterna, delicata, silenziosa, che svolgete in favore di quanti scontano pene giudiziarie, per assisterli nella dolorosa situazione, in cui si trovano, per occuparsi delle loro famiglie, e per aiutarli a reinserirsi nella società, a fronte alta e con la coscienza tranquilla, orientata decisamente ai veri ideali della vita civile.

È un alto impegno, il vostro, una grave responsabilità, che richiede l’appoggio di molti: e ci consola apprendere che fate quanto è in voi per stimolare ogni cittadino a condividere le vostre sollecitudini. Facciamo voti che questo invito incontri altre anime generose, che vengano a ingrossare le vostre file, accogliendo così la parola del Concilio sull’apostolato dei laici: «Ovunque vi è chi manca di cibo e di bevanda, di vestito, di casa, di medicine, di lavoro, di istruzione, dei mezzi necessari per vivere una vita veramente umana, chi è afflitto da tribolazioni e da malferma salute, chi soffre l’esilio o il carcere, quivi la carità cristiana deve cercarli e trovarli, consolarli con premurosa cura e sollevarli, porgendo loro aiuto» (Apostolicam actuositatem AA 8).

Vi conforti il pensiero che siamo con voi con l’affetto e con la preghiera, perché svolgete un apostolato tanto meritorio; e di cuore impartiamo a voi, ai vostri cari, e a tutti gli assistiti dai vostri Enti la Nostra Benedizione.

Religiose insegnanti

Con profonda consolazione accogliamo stamane il folto gruppo di Religiose insegnanti di vari Istituti, convenute a Roma per un Corso di aggiornamento promosso dalla Federazione Istituti dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica.

Salutiamo affettuosamente queste Nostre figlie, così vicine al Nostro cuore e tanto benemerite, e cogliamo l’occasione per dare loro l’aperta testimonianza della Nostra compiacenza, della Nostra stima e della Nostra benevolenza.

Sappiamo che l’oggetto del vostro Corso riguarda i nuovi orientamenti didattico-pedagogici per l’insegnamento nelle Scuole materne ed elementari. Già la vostra partecipazione così numerosa al Corso ci attesta la serietà e lo zelo con cui voi attendete all’apostolato della scuola, che ha sempre costituito per l’azione educativa della Chiesa uno dei campi più delicati e più ricchi di promesse. Vi esprimiamo pertanto la Nostra gratitudine; e mentre formuliamo voti per il costante sviluppo di così provvide iniziative, vi incoraggiamo a proseguire nel vostro lavoro con l’assicurazione del Nostro affetto e soprattutto della Nostra preghiera, con la quale invochiamo su di voi e sui relatori e promotori del Corso le più elette grazie del Signore.

Alunni dei Corsi di Amicizia

E ora un saluto e una lode particolare a voi, carissimi alunni dei «Corsi di Amicizia con le Lingue», fortunatamente sorteggiati fra tutti i vostri condiscepoli per partecipare ad un viaggio premio a Roma; e un saluto ai vostri genitori e insegnanti, qui presenti, come ai benemeriti responsabili della Mutualità Scolastica Padovana, che organizza i Corsi.

Attraverso lo studio delle lingue, voi venite formati a conoscere a poco a poco i vari popoli, i loro usi e costumi, la loro psicologia, la loro anima; e perciò imparate anche a stimarli e ad amarli. Voi compite una preparazione, che alimenta grandi speranze: davanti alle divisioni, che fanno soffrire gran parte dell’umanità, e di cui giungono ogni giorno notizie tanto penose, fa piacere vedere come le nuove generazioni, come siete voi, abbiano capito che non si costruisce la pace senza la mutua comprensione e l’amicizia tra i popoli. È stata questa la consegna, che abbiamo dato al mondo con la Nostra Enciclica Populorum progressio; e questo è stato l’insegnamento costante di tutti i nostri Predecessori. Bravi, ragazzi carissimi: siete sulla buona strada. E possa il vostro esempio dare frutti sempre più concreti. Studiate, crescete buoni e volenterosi, fedeli al Vangelo, ben disposti verso tutti i fratelli: e il Signore vi guarderà sempre con tanta predilezione. Nel suo nome tutti vi benediciamo.

Nos complacemos en dirigiros un particular saludo de bienvenida, amadísimos hijos colombianos, que habéis querido venir hasta Roma para reiterarnos vuestro filial afecto.

Como ya lo hicimos durante Nuestro viaje inolvidable a vuestro queridísimo País, os animamos a conservar y acrecentar el tesoro de vuestra fe cristiana, dando a vuestra vida religiosa una perspectiva cada día más operante al servicio de todos, de manera que estéis siempre en primera línea cuando se trate de colaborar en el progreso espiritual, humano y social de vuestra Patria.

En prenda de abundantes gracias celestiales, os impartimos de corazón a vosotros, a vuestras familias y a Colombia entera, Nuestra paternal Bendición Apostólica.


Mercoledì, 23 settembre 1970

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Noi non faremo quest’oggi il consueto discorso delle Udienze Generali: lo stato delle cose nel Medio Oriente ci sembra così grave e così minaccioso da non consentirci di parlarvi a Cuor tranquillo d’altri temi. Siamo molto impensieriti di quanto avviene in quella regione. Noi non abbiamo altre notizie oltre quelle che sono a conoscenza di tutti, ma quelle divulgate in questi giorni sono veramente tristi. Pensiamo alle migliaia di morti e di feriti, pensiamo agli ostaggi, ancora incerti della loro sorte, pensiamo alle nuove e molte rovine, alle insopportabili sofferenze delle popolazioni. Ma per di più ci affligge il carattere di guerra civile, che si aggiunge a quello dell’implacabile e lungo conflitto, e ci accresce la pena l’inasprimento degli animi, l’aggravarsi dei pericoli, che possono assumere proporzioni enormi e generare incalcolabili catastrofi. Non vogliamo drammatizzare: con la pausa che imponiamo al nostro colloquio settimanale vorremmo muovere più efficacemente gli animi alla riflessione e alla preghiera.

Guardiamo con fiducia alle Persone e agli Enti di grande rilievo, che si pronunciano per la tregua e si fanno premure per scongiurare il peggio. Noi pure li incoraggiamo a fare risolutamente opera di pace. Ammiriamo quanti si prodigano per portare soccorsi e per richiamare in quei Paesi e nel mondo sensi di umanità e di saggezza. Quanto a Noi, non perderemo la speranza della pace, avremo tanto più la compassione per ogni umana sofferenza, crederemo ancora nella possibilità d’intesa delle parti in conflitto; aiuteremo, nei limiti a Noi consentiti, ogni tentativo di soluzione ragionevole della crisi; e soprattutto con voi, con la Chiesa, invocheremo la misericordia e l’assistenza di Dio.

Partecipanti alla «settimana» di aggiornamento pastorale

Nell’udienza di stamane abbiamo la gioia di accogliere un folto gruppo di sacerdoti e religiosi veramente meritevoli della Nostra più affettuosa stima: sono i partecipanti alla XX Settimana Nazionale di aggiornamento pastorale.

Vi ringraziamo, figli carissimi, della vostra visita e dei sentimenti di devozione che ve l’hanno suggerita.

La singolare circostanza del ventennio di vita di questi Corsi, la qualificazione e il numero dei partecipanti, come pure l’argomento dei vostri lavori, «Fede e religione nella comunità parrocchiale, oggi», avrebbero richiesto maggior tempo di quanto, purtroppo, le Nostre possibilità ci consentono. Pur limitandoci ad un brevissimo saluto, esso ci obbliga a riconoscere le alte benemerenze di questa iniziativa, dovuta allo zelo del caro e venerato Mons. Grazioso Ceriani. Ricordare gli inizi di questi Corsi, e pensare al contributo dato coi successivi sviluppi nel campo dell’attività pastorale del clero in Italia, ci riempie il cuore di gratitudine a Dio e di elogio a quanti hanno promosso, incoraggiato e sostenuto queste Settimane, che col volgere degli anni si sono dimostrate provvidenziali più che mai.

Del resto basta sottolineare i termini stessi che formano il tema del vostro incontro di quest’anno, perché il Nostro e il vostro animo si mettano subito in contatto con una viva e stimolante realtà, densa di problemi, di urgenze, di difficoltà, che comporta il dovere di comprendere meglio il mondo in cui viviamo, di vedere i fermenti che lo animano, per rendere più incisiva l’azione pastorale in una società in profonda trasformazione non solo negli aspetti organizzativi e quantitativi, ma altresì sul piano stesso dei valori.

In tutto ciò grande è la vostra responsabilità, diletti figli, perché è anche su voi che fa affidamento la Chiesa per riavvicinare il mondo moderno che in questi ultimi tempi tanto si è allontanato da lei. Beati voi, se saprete essere non spettatori inerti, o peggio ancora critici e scettici, ma fermento apostolico santificatore, e collaboratori generosi e disciplinati nello sforzo di rinnovamento che la Chiesa sta compiendo in questo periodo postconciliare.

A tanto vi conforti l’assicurazione della Nostra preghiera e la Benedizione Apostolica che di cuore impartiamo a tutti voi e ai benemeriti promotori e maestri della Settimana.

Corso di spiritualità Post-conciliare per sacerdoti

Salutiamo con cordiale affetto i sessanta Sacerdoti, Religiose e laici d’Italia, del Brasile e della Spagna, che hanno partecipato, al Centro Internazionale Pio XII di Rocca di Papa, ad un corso di spiritualità Post-conciliare, iniziato il 15 luglio; e salutiamo con essi il venerato Padre Riccardo Lombardi, che qui ha portato il gruppo al termine ormai prossimo delle sue giornate di preghiera e di studio.

Vi siamo grati per l’esempio che date, e per le speranze che promettete: voi indicate infatti una ferma volontà di amare il Concilio, di approfondire il Concilio, di vivere e di far vivere il Concilio, in tutti i suoi insegnamenti, che impegnano l’intera esistenza cristiana al servizio di Dio e dei fratelli. Voi dimostrate perciò di aver accolto, come in terreno particolarmente fertile, le nostre parole di commiato, alla chiusura delle assise conciliari: il Nostro saluto, dicevamo, «possa . . . accendere questa nuova scintilla della divina carità nei nostri cuori; una scintilla, la quale può dar fuoco ai principi, alle dottrine e ai propositi, che il Concilio ha predisposti, e che, così infiammati di carità, possono davvero operare nella Chiesa e nel mondo quel rinnovamento di pensieri, di attività, di costumi e di forza morale e di gaudio e di speranza, ch’è stato lo scopo stesso del Concilio» (8 dicembre 1965: A.A.S. LVIII (1966), pp. 7-8).

Questo fuoco voi dovrete e saprete diffondere attorno a voi, dilatando in raggi sempre più ampi la vostra azione apostolica. È la speranza, che la vostra presenza lietamente ci assicura, e che incoraggiamo di cuore, mentre tutti vi benediciamo, con l’augurio di essere validi e umili strumenti del Regno di Dio.

Il movimento «Oasi»

Desideriamo rivolgere la Nostra parola di saluto, di plauso e di sprone ai trecento sacerdoti, religiose e laici, guidati dal Reverendo Padre Virgilio Rotondi, i quali in questi giorni celebrano il primo Congresso Internazionale del Movimento «OASI», che compie quest’anno i suoi venti anni di vita.

Ben sappiamo che voi, carissimi figli, volete generosamente impegnare la vostra vita in una filiale e docile disponibilità all’azione di Dio e in un silenzioso e fattivo servizio dei fratelli, rispondendo sempre all’appello divino con l’atteggiamento di Gesù, il quale, entrando nel mondo, si offriva al Padre per fare la sua volontà (
He 10,9) e con l’umiltà di Maria, la quale si donava a Dio in un «fiat» totale (Lc 1,38).

Siate pertanto i testimoni ed i portatori, nel vostro ambiente, di questo messaggio gioioso di dedizione, che è la risposta alla universale vocazione alla santità, alla quale tutti i cristiani sono chiamati (Cfr. Lumen gentium LG 5).

Come segno di compiacimento per l’azione svolta in questi venti anni e come auspicio di un nuovo slancio di fervore, ben volentieri impartiamo a voi, al Movimento, al suo Direttore e a tutte le persone che vi sono care l’Apostolica Benedizione.

Ex-allievi dei Salesiani

Partecipano a questa Udienza i rappresentanti della Confederazione Mondiale Ex-allievi Don Bosco, riuniti in questi giorni a Torino per celebrare il centenario della loro prima organizzazione; anche ad essi, ed in particolar modo al caro e venerato Rettore Maggiore dei Salesiani che li guida, Don Luigi Ricceri, il Nostro saluto, il Nostro augurio, il Nostro compiacimento.

La vostra presenza, così numerosa e fervorosa, ci offre la consolante certezza della vitalità del vostro Movimento, sorto cent’anni or sono come uno dei frutti più belli sulla scia dell’apostolato di San Giovanni Bosco. Il bisogno che voi sentite di mantenere i rapporti sia con i vostri maestri di un tempo e sia con i vostri antichi compagni, ci dice il valore dell’educazione che avete ricevuto, e nello stesso tempo l’impegno con cui voi cercate di rendere coerente il vostro modo di vivere di oggi con la formazione di ieri. Voi avvertite che la scuola di Don Bosco vi ha dato qualche cosa di più che un’accurata istruzione o una dignitosa professione; vi ha dato dei principi; dei principi chiari, forti, vitali; vi ha dato la coscienza dei vostri doveri e l’esaltante sicurezza della vostra vocazione cristiana.

E allora Noi vi diremo: amate la vostra associazione, siatele fedeli, e soprattutto adopratevi con tutte le forze per irradiarne lo spirito sugli altri, con una testimonianza cristiana franca, aperta, generosa, dispensatrice di serenità e letizia, conforme agli insegnamenti di Don Bosco. Di questa testimonianza ha urgente bisogno il mondo che vi circonda. Ve la chiede la Chiesa oggi con la voce autorevole del Concilio Vaticano II (Cfr. Apostolicam actuositatem AA 2).

Carissimi figli, che il Signore benedica la vostra associazione e la renda feconda di generosi frutti per il domani cristiano della società. Noi Glielo chiediamo con tutto il cuore dandovi la Nostra affettuosa Apostolica Benedizione, che estendiamo agli ex-allievi delle scuole salesiane sparsi nel mondo e a tutti i loro familiari e dirigenti, in pegno dei divini favori.

Pellegrini dell’arcidiocesi di Fermo

Siamo debitori di particolare gratitudine all’Arcivescovo di Fermo, che ha voluto far ricordare il Nostro giubileo sacerdotale indicendo un pellegrinaggio da tutte le Parrocchie dell’Arcidiocesi: porgiamo perciò il Nostro commosso benvenuto al venerando Pastore, Mons. Norberto Perini, all’Amministratore Apostolico, Mons. Cleto Bellucci, che si appresta a iniziare la missione affidatagli, e a tutti voi, carissimi sacerdoti e fedeli di ogni età e classe sociale.

Vedendovi qui, accanto a Noi, uniti in un solo palpito di fede e di amore, pare a Noi di vedere come l’immagine vivente della Comunità ecclesiale diocesana, stretta, col suo Pastore, attorno alla Cattedra di Pietro: comunità nutrita della vita divina, che fluisce nelle anime attraverso la partecipazione all’Eucaristia e ai Sacramenti; comunità illuminata dalla Parola rivelata e dalla Legge divina, che è lucerna ai nostri passi e luce al nostro cammino (Cfr. Ps 118,105); comunità operante sul piano della carità, nella pratica costante del bene per l’elevazione della famiglia e della società. Noi vi auguriamo che la vostra Arcidiocesi sempre corrisponda a questi ideali, cercando di vivere integralmente gli insegnamenti del Vangelo, quali sono stati proposti dall’insegnamento pastorale del Concilio Vaticano II, per la loro applicazione sempre più efficace e coerente; e invocando su tutti voi, sui vostri cari lontani, sull’intera popolazione diocesana le particolari consolazioni del Signore - specie sui piccoli, sulla gioventù, sui lavoratori, sugli infermi - di cuore impartiamo la Nostra Benedizione, pegno di particolare benevolenza.

L’associazione «Auxilia»

Vogliamo ora dare il Nostro sincero e cordiale benvenuto al gruppo di insegnanti e allievi invalidi dell’Associazione «Auxilia». Abbiamo già altre volte espresso il Nostro incoraggiamento a codesta tanto benemerita iniziativa: e amiamo ripeterlo oggi a voi, maestri e alunni, qui presenti o lontani, per dirvi il bene che vi vogliamo, l’interesse con cui vi seguiamo, tutta l’ammirazione che la vostra attività suscita in noi. «Auxilia» è un’opera evangelica: nel silenzio, nell’umiltà, nell’abnegazione, senza ricercare ricompense umane, essa vuole aiutare, comunicando l’istruzione, quanti non hanno la possibilità di frequentare la scuola, specialmente gli ammalati e gli ospiti delle case di pena. Diciamo a voi, insegnanti, che la vostra azione, secondo la promessa del Redentore, avrà la sua ricompensa nel Cielo, perché a Lui direttamente è rivolto quanto si compie in favore dei piccoli e dei sofferenti (Cfr. Mt 25 Mt 34-40); e assicuriamo a voi, carissimi alunni, tutta la Nostra partecipazione ai vostri dolori, alla vostra solitudine, alla vostra sete di vivere e di conoscere. Vi siamo vicini con la preghiera, nel silenzio dei Nostri colloqui con Dio, che abbracciano tutta l’umanità, e specialmente quella che soffre.

A tutti, in pegno di sempre copiose consolazioni divine, la Nostra Apostolica Benedizione.

Pellegrini dalla Francia dal Lussemburgo e dalla Spagna

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Vuestra visita, amadísimas hijas Oficinistas de Acción Católica Española, nos es particularmente grata y nos da la oportunidad de manifestaros nuestra paternal benevolencia y nuestro aprecio.

Os exhortamos a hacer de vuestra profesión un testimonio cristiano de servicio a la sociedad, santificando vuestro trabajo, siendo apóstoles de Cristo en vuestro ambiente, y demonstrando con vuestra dedicación y vuestra vida ejemplar que el Mensaje Evangélico es válido hoy más que nunca, concretamente en los medios que pueden cooperar al desarrollo y al progreso.

Invocando la divina asistencia sobre vosotras, vuestras familias y sobre todas las oficinistas españolas, os otorgamos de corazón una especial Bendición Apostólica.

Nos complacemos en daros un especial saludo de bienvenida, amadísimos hijos de la «Obra de cooperación Parroquial de Cristo Rey», que habéis querido visitarnos para celebrar el veinticinco aniversario de vuestra fundación en España.

En tan fausta fecha Nuestra felicitación por el trabajo realizado, es además de ánimo para que incrementéis vuestro apostolado específico por medio de los Ejercicios Espirituales, de manera que cada día más seglares se entusiasmen con el ideal cristiano y ofrezcan a la Iglesia y a sus semejantes su generoso servicio.

En prenda de abundantes gracias del Altísimo, os otorgamos de corazón a vosotros y a vuestras familias, así como a todos los miembros de vuestra Obra Nuestra paternal Bendición Apostólica.


Mercoledì, 30 settembre 1970

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«Non chiunque mi dice: Signore! Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi farà la volontà del Padre mio, Che è nei cieli». Questa è una celebre parola di Gesù Cristo, nostro Signore, che scegliamo oggi per tema della nostra breve riflessione, sempre intenti al grande avvenimento, il Concilio, il quale non deve essere passato indarno ai nostri giorni, ma deve imprimere un rinnovamento morale nella nostra vita cristiana.

Era questo il pensiero dominante del Nostro venerato Predecessore, quando convocò il Concilio: «. . . dalla rinnovata, serena e tranquilla adesione a tutto l’insegnamento della Chiesa nella sua interezza e precisione, quale ancora splende negli atti conciliari da Trento al Vaticano I, lo spirito cristiano, cattolico ed apostolico del mondo intero attende un balzo in avanti verso una penetrazione dottrinale ed una formazione delle coscienze, in corrispondenza più perfetta alla fedeltà dell’autentica dottrina, anche questa però studiata ed esposta attraverso le forme dell’indagine e della formulazione letteraria del pensiero moderno» (A.A.S., LIV (1962), p. 792). Per questo il Concilio volle assumere il carattere d’un magistero prevalentemente pastorale.

E il pensiero dell’intento morale del Concilio ritorna sovente nei suoi insegnamenti. Così, ad esempio, nel Decreto sull’Ecumenismo, che sembrerebbe per sé remoto da scopi direttamente personali e morali, è detto: «Non vi è vero ecumenismo senza conversione interiore» (Unitatis redintegratio
UR 7). Così nella costituzione sulla Liturgia si parla di conversione e di penitenza come condizione per avvicinarsi al contatto con Cristo nella celebrazione dei santi misteri (Unitatis redintegratio UR 9). E questa simbiosi fra dottrina e condotta morale s’incontra in tutto il Vangelo. Il Signore, ci è stato Maestro di verità e di vita ad un tempo; ci ha istruiti con la parola e con gli esempi; non ci ha lasciato libri, ma una forma di esistenza nuova, trasmessa erealizzata da una comunità guidata da un magistero e da un ministero (l’uno e l’altro autenticamente continuatori della sua missione redentrice), e consistente in una vivificazione soprannaturale nella grazia, cioè nello Spirito di Gesù.

Così che, se noi vogliamo accogliere l’influsso del Concilio, dobbiamo chiedere a noi stessi quale sia l’applicazione che ne vogliamo fare. Non basta sapere, bisogna fare. Vi sono due modi d’intendere questa applicazione: la prima, possiamo dire, in estensione, cioè per via di deduzioni dottrinali e canoniche, delle quali ora non intendiamo parlare, anche perché questa via, se non guidata dal magistero della Chiesa, può portarci al di là degli insegnamenti e degli intenti del Concilio; e la seconda, in profondità, cioè per via di riforme interiori alle nostre anime e alla vita ecclesiale, in modo che il Concilio abbia una sua efficacia rinnovatrice, specialmente nella concezione della nostra appartenenza a Cristo e alla Chiesa, nella partecipazione alla vita ecclesiale, sia di preghiera, che di azione, nel ricorso alla nostra coscienza e all’uso responsabile della nostra libertà, nell’impegno alla nostra personale santificazione e nella diffusione dello spirito e della vocazione cristiana, nello sforzo di riavvicinare i nostri Fratelli cristiani separati, nel confronto del cristianesimo col mondo moderno per riconoscerne i valori positivi ed i bisogni a cui noi possiamo prestare servizio, e, per tutto riassumere, nell’accresciuto amore per la santa Chiesa, Corpo mistico di Cristo e sua storica e vitale continuazione, per la quale Egli profuse il suo Sangue redentore.

Potremmo distinguere in vari campi e varie forme questa applicazione del Concilio, cominciando a fare nostre con filiale fiducia le riforme esteriori, giuridiche, che da quello sono autenticamente derivate : la riforma liturgica per prima, senza critiche esitazioni e senza arbitrarie alterazioni. Così le riforme strutturali della comunità ecclesiale. Sarebbe già grande risultato del Concilio se noi tutti dessimo pronta ed esatta adesione a queste innovazioni esteriori, ma tanto strettamente collegate col rinnovamento nostro e della Chiesa. Applicazione canonica.

Altra applicazione è quella spirituale. Il volume delle Costituzioni e dei Decreti del Concilio può servire come libro di lettura spirituale, di meditazione. Vi sono pagine bellissime, di densità sapienziale, di esperienza storica ed umana, che meritano questa riflessione suscettibile di convertirsi in cibo per l’anima. La parola di Dio vi è così diffusa e così aderente ai bisogni umani nell’età nostra da invitarci tutti alla sua scuola. Non dovrebbe andare perduta una tale lezione, sì bene educare i cristiani d’oggi alla vocazione del silenzio che ascolta, del cuore che concede alla Verità del Signore di diventare spirito e vita della nostra esistenza. Anche la forma semplice, piana, autorevole, con cui procede l’insegnamento conciliare, è di per se stessa una formazione al temperamento evangelico, allo stile pastorale, all’imitazione del Signore, che ha proposto a modello: «Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore» (Mt 11,29). Applicazione spirituale.

E avremo un’altra applicazione, sempre in linea morale, quella teologica. L’azione segue l’essere; e l’essere ci è noto dallo studio della verità. La verità teologica presiede all’ordine morale. La concezione della vita, quale ci è presentata dal disegno della salvezza, delineato dalla teologia del Concilio, contiene la legge superiore che noi dobbiamo seguire. Dal concetto di ciò che siamo come cristiani nasce l’imperativo di ciò che dobbiamo essere per corrispondere alla nostra definizione. Dall’essere deriva il dover essere, il fare; quel «fare la volontà del Padre celeste», di cui abbiamo citato il comando di Gesù, obbligante sopra la stessa espressione religiosa, quando questa fosse vacua di contenuto operativo conforme alla volontà divina. Così che dovremo cercare le basi della vita morale, quali il Concilio, riflesso del Vangelo, ci espone, se vogliamo darvi la applicazione fedele e felice del rinnovamento, dell’aggiornamento.

Questo richiamo ai principi teologici subordina ad essi i precetti della vita morale, e li sottopone ad esame, per diversi titoli: quello della priorità: «bisogna obbedire prima a Dio che agli uomini» (Ac 5,29); donde il valore del martirio; ovvero quello della abrogazione, com’è avvenuto delle prescrizioni puramente legali della legge mosaica, come risulta dall’insegnamento della Chiesa primitiva e di S. Paolo specialmente (Cfr. Ac 15 Ga 2,16); oppure della riforma possibile della legge civile, o canonica, quando essa non sia espressione della legge naturale, ch’è poi legge divina iscritta nell’essere umano (Cfr. Mt 5,17-20 Rm 2,14), sempre rimanendo l’obbligo dell’obbedienza agli ordinamenti vigenti della società civile (Rom. 13, 7) e della società ecclesiastica (He 13,17 Lc 16,10).

Ma non ha detto il Signore: «La verità vi libereri»?» (Jn 8,32 Ga 5,1) Sì. Ma questa verità, liberatrice dagli errori e dagli arbitri dell’insipienza e della prepotenza umana, vincola poi in coscienza, e in maniera più forte, più logica e più responsabile la volontà che la conosce, e obbliga l’uomo alla legge dello Spirito, cioè della grazia e della carità, da cui deriva l’impegno superiore all’unione con Cristo, alla sua imitazione, all’amor di Dio e del prossimo (Mt 22,39 Rm 13,9 Ga 5,14), all’abnegazione di sé, al servizio del prossimo, fino al sacrificio, fino alla santità. La riflessione su questo disegno dell’autentica vita morale del cristiano ci è assai raccomandata dal Concilio (Cfr. Lumen gentium LG 40 Optatam totius OT 16 ecc); e sarà uno dei frutti migliori del Concilio, se la vorremo fare nostra. Non sarà breve, ma sarà salutare.

Con la Nostra Benedizione Apostolica.



L’Unione Apostolica del Clero

Missionari di Emigrazione

Un particolare elogio e incoraggiamento rivolgiamo ora ai duecento sacerdoti italiani, Delegati Diocesani e Missionari di Emigrazione, che partecipano al loro III Convegno Nazionale, indetto dall’Ufficio Centrale per l’Emigrazione italiana. Vi ringraziamo del pensiero che avete avuto, di ricordare la promulgazione del nostro Motu Proprio Pastoralis Migratorum cura, avvenuta nello scorso anno; vi esprimiamo il nostro compiacimento per lo studio dedicato all’importante tema delle «Migrazioni e Comunità ecclesiali», di grandissimo interesse per l’azione pastorale da rivolgere al settore; e vi esortiamo a spendere generosamente le vostre energie, col tesoro dell’esperienza fatta, in tale campo. Voi conoscete le premure della Chiesa, che, specialmente nei tempi moderni, con l’evolvere del fenomeno migratorio, ne ha preso profondamente a cuore i problemi, crescenti, vasti, talora drammatici; la Exsul Familia di Pio XII, il citato Motu Proprio, e l’istituzione della Pontificia Commissione De spirituali Migratorum atgue Itinerantium cura, segnano le tappe salienti di questa materna sollecitudine, che attende la risposta dei generosi per l’applicazione delle sue sapienti norme di apostolato: voi, carissimi sacerdoti, ne siete una consolante conferma. Per questo, come abbiamo detto, vi lodiamo e vi incoraggiamo; e, con la Nostra Benedizione Apostolica, vi seguiamo affettuosamente nel vostro lavoro, affinché sia ricco di consolazioni per voi, di bene per le anime, di edificazione per la Chiesa.

Società ginnastica «Panaro»

Il degnissimo Arcivescovo di Modena, Monsignor Giuseppe Amici, ci ha procurato una viva consolazione, guidando a questa udienza il numeroso gruppo di giovani atleti, di soci e di loro familiari della Società di Ginnastica e Scherma «Panaro», di quella città, che celebra un secolo di vita. Lo ringraziamo di cuore per questo gesto di pastorale sollecitudine; e ci complimentiamo con la Società, che giunge al traguardo del suo centenario con consolanti affermazioni competitive, e, soprattutto, col merito di aver contribuito ad educare le giovani generazioni, susseguitesi in tutti questi anni, a nobili ideali di rettitudine, di onestà, di sanità morale attraverso la disciplina che gli esercizi sportivi impongono, il senso della solidarietà e dell’amicizia, che essi alimentano, la costante temperanza e la resistenza fisica costante, che ad essi preparano. Lo sport è una scuola di formazione umana, che la Chiesa vede con simpatia e con speranza, quando è esercitato, come voi fate, nelle debite forme: per questo ci piace dirvi il Nostro compiacimento, con l’augurio che lo spirito animatore della Società « Panaro » continui intatto a tramandarsi, come segno della vostra vitalità e della vostra bravura. Il Signore vi accompagni sempre; e nel suo Nome vi benediciamo di cuore.

Desideriamo rivolgere il Nostro saluto ai numerosi pellegrini della Diocesi di Lodi, i quali, sotto la guida del loro benemerito ed amato Pastore, Mons. Tarcisio Vincenzo Benedetti, hanno voluto farci questa visita per celebrare il nostro giubileo sacerdotale.

Vi ringraziamo, carissimi figli, per questo gesto di fervida devozione, che testimonia ancora una volta la fede cristiana e la bontà del vostro popolo, sempre legato nei secoli alla Cattedra di Pietro.

Invochiamo di cuore sul vostro Pastore, su di voi, sulle vostre famiglie, su tutta la vostra nobile Diocesi le più elette grazie del Signore, in pegno delle quali impartiamo l’Apostolica Benedizione.

We would like to say a special word to the group of participants in the Ecumenical World Planning Session for Missionaries on Credit Unions.

Our Lord Jesus Christ, who “went about doing good” (Ac 10,38), when asked what was the greatest commandment of the Law, did not give the love of God as his full reply, but added the second commandment of love of our neighbour. So you are called upon to preach, as missionaries, and to live, as Christians, a faith which is concerned also with the concrete conditions of social life.

You have gathered in Rome to discuss means of making more effective your work in the field of credit unions, considering them as a way by which communities can from their own resources promote their development. In your studies and discussions We would like you to be assured of Our paternal and cordial encouragement. And may God grant that your conclusions will contribute to the building of a world fashioned more humanly.


Mercoledì, 7 ottobre 1970


Paolo VI Catechesi 16970