Paolo VI Catechesi 28100

Mercoledì, 28 ottobre 1970

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Noi vi proponiamo una riflessione, di cui ciascuno può trovare dentro di sé, nella propria coscienza e nella propria esperienza un motivo continuo. E riguarda questa riflessione il grande fenomeno, che possiamo dire universale, dei mutamenti, ai quali noi assistiamo e dei quali noi stessi siamo partecipi, in ordine di cose. Tutto si cambia, tutto si evolve sotto i nostri occhi, nel campo sociale, culturale, pratico, economico; in ogni campo possiamo dire. La vita ordinaria è presa da questi cambiamenti, che riscontriamo negli strumenti consueti della casa e del lavoro, negli usi della famiglia e della scuola, nei rapporti col mondo per le notizie che oggi sono di tutti e da tutte le parti, nei viaggi, nei costumi, nei modi di pensare, negli affari e nella cultura, perfino nella vita religiosa; tutto si muove, tutto si cambia, tutto si evolve, tutto corre verso un avvenire, nel quale già sognamo di vivere. Ce lo ha ricordato anche il Concilio (Cfr. Gaudium et spes
GS 5, ss.).


PRECARIETÀ DELLE COSE E DEGLI UOMINI

Questo è un fatto d’ordine generale, il quale desta in noi una quantità di pensieri, ciascuno dei quali può diventare una mentalità, filosofica o pratica, di grande interesse, e fondata su dati di fatto indiscutibili, e perciò ricca di una sua rispettabile saggezza. Per esempio : non è forse vero che, se tutto si muta, tutto cade, tutto passa, tutto muore? Il nostro tempo ci dà una magnifica e insieme desolante visione della precarietà delle cose e degli uomini; e perciò, dopo tanto orgoglio legittimo per le conquiste del progresso, non ci offre un’angosciosa lezione della vanità della vita? Conoscete quel libro della Bibbia, che s’intitola «Ecclesiaste», cioè l’oratore? È uno dei libri sapienziali, attribuito per vezzo letterario a Salomone, ma di fatto a lui posteriore. Questo libro, senza arrivare ad un pessimismo assoluto, guarda le cose del mondo con occhio sinceramente spietato, riscontrando in tutte una deludente caducità, cominciando con le celebri parole: «vanità delle vanità, tutto è vanità. Quale vantaggio trae l’uomo da tutta la sua fatica, con cui si travaglia sotto il sole?» (Eccl. 1, 2-3). E avete mai considerato quanto la riflessione sul tempo e sulla storia, sia penetrata nel pensiero moderno, presentando una varietà di sistemi filosofici e scientifici, che interessano e tormentano la nostra cultura? così, ad esempio, l’evoluzione, lo storicismo, il relativismo, e così via (Cfr. J. MOURAUX, Le mystère du temps). L’importanza data praticamente a questo valore primario e sfuggente, ch’è il tempo, mette in grande rilievo per l’uomo d’oggi l’attualità, la moda, la novità, il culto della velocità . . . Si vive nel tempo; e il tempo genera e divora ogni suo figlio. Il tempo è denaro, si dice. Il tempo condiziona ogni cosa. È il padrone di tutto.


RINNOVAMENTO COERENTE E COSTRUTTIVO

Così pare, almeno. Donde una conclusione eccessiva, riportata nel campo umano e religioso: dunque anche l’uomo cambia? dunque le verità religiose, i dogmi, cambiano? dunque niente esiste di permanente? e chi ha la pretesa della stabilità vive nell’illusione? la tradizione è vecchiaia? e il così detto progressismo, gioventù? Perciò una legge, che ci venisse trasmessa dal passato, foss’anche razionale e «naturale», si potrebbe abrogare e dichiarare decaduta? e una fede, che ci presentasse dogmi, formulati nel tempo e nel linguaggio di antiche culture, dogmi a cui aderire come a verità indiscutibili, sarebbe intollerabile ai giorni nostri? e strutture ecclesiastiche, che contano a secoli la loro età, potrebbero essere surrogate da altre di nuova e geniale invenzione?

Vedete quante questioni. E vedete anche certamente come esse si ripercuotono nelle discussioni postconciliari, valendosi molti d’una parola, il famoso «aggiornamento», non come d’un criterio di rinnovamento coerente e costruttivo, ma come d’un piccone distruttivo, armato abusivamente della forza della libertà «con la quale Cristo ci ha liberati» (Ga 5 Ga 1).

Non pretendiamo adesso rispondere a queste aggressive interrogazioni. Noi osiamo porle dinanzi alla vostra riflessione semplicemente per stimolarla a cercare qualche adeguata risposta, non foss’altro per evitare le conseguenze catastrofiche che deriverebbero dall’ammettere che nessuna norma e nessuna dottrina ha titolo per rimanere nel tempo, e che ogni mutazione, per radicale che sia, può benissimo essere adottata per norma di progresso, di contestazione, o di rivoluzione. Questioni estremamente complesse, ma non insolubili.


LA CHIESA PELLEGRINA VITTORIOSA DEL TEMPO

Noi tutti avvertiamo, noi credenti in modo particolare, che qualche cosa rimane nella successione del tempo, e che deve rimanere, se non vogliamo che la civiltà si trasformi in caos, e che il cristianesimo perda ogni ragione d’essere nella vita moderna.

Bastino ora due osservazioni. Prima. Donde trae, ad esempio, il progresso umano e sociale la forza di attrarre a sé la convinzione degli uomini, del suoi promotori e fautori specialmente, se non da un appello ad un’esigenza di giustizia, di perfezione umana ideale, innata e superiore alla stessa legalità, esigenza che noi scopriamo iscritta nell’essere stesso dell’uomo, come un «diritto naturale», che bisogna tradurre in un’espressione giuridica, cogente per l’intera comunità? Seconda. Possiamo noi prescindere dal Cristo del passato, dal Cristo storico, dal Cristo maestro, se vogliamo professare un cristianesimo autentico? Il cristianesimo è ancorato al Vangelo, dove si legge, tra le altre parole di Cristo: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno!» (Mt 24,35). E ancora, quasi tracciando sui secoli un arco, che si chiama tradizione, risuona la voce imperativa e profetica di Gesù: «Fate questo in memoria di me»... Voi rammenterete così, aggiunge S. Paolo, la morte del Signore fino a che Egli ritorni» (1Co 11,25-26). E che cosa è questa istituzione, che ricorda Cristo storico per attenderlo alla fine dei secoli avvenire, se non la Chiesa cattolica, pellegrina nel tempo, ma del tempo vittoriosa?

Cose grandi da pensare, per ritrovare stabilità e progresso per i nostri giorni. Con la Nostra Benedizione Apostolica.



I Capitolari dei Fatebenefratelli

Il nostro saluto riverente e affettuoso si rivolge ora ai Padri Capitolari dell’ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, riuniti per il Capitolo Generale Speciale della loro famiglia religiosa. Siamo lieti di ricevervi, figli carissimi, tanto più perché la vostra partecipazione all’odierna Udienza ci consente di additarvi all’ammirazione e alla gratitudine di questa assemblea, per il servizio umile, generoso, sacrificato, che voi date alla comunità cristiana, spendendo la vita per amore di Dio a sollievo dei fratelli provati dal dolore e dalla malattia. Non si rallenti mai questo vostro slancio caritativo. L’apostolato che voi svolgete mediante le diverse opere assistenziali proprie del vostro Ordine sarà sempre valido e di attualità, perché curando i corpi si arriva più facilmente alle anime. Gli adattamenti necessari, perciò, non devono mirare che a renderlo sempre più ardente ed efficace. Questo noi attendiamo dal vostro presente Capitolo. E questo precisamente vi starà a cuore di realizzare, ne siamo sicuri, sotto la direzione del nuovo Superiore Generale, che avete eletto, ed al quale siamo lieti di presentare i nostri voti più cordiali. Vi assista lo Spirito del Signore, facendovi sostenere sempre con gioia e generosità i sacrifici inerenti alla vostra missione; vi guidi l’esempio del vostro Santo Fondatore, modello sublime di dedizione verso il prossimo; vi incoraggi la Nostra Apostolica Benedizione, che di cuore impartiamo a voi e a tutti i vostri Confratelli sparsi nel mondo.

Le attività ecumeniche (in francese)

Missionarie di Maria laureate in medicina

We have much pleasure in extending a special word of greeting to the Medical Missionaries of Mary who have come here today.

We would encourage you to be always faithful to your religious vocation. By the special consecration of your profession you have handed over your entire lives to God’s service. Thus, before being doctors, nurses and the like, you are distinguished first and foremost as persons consecrated to Christ.

Your great work of service of your fellow men must draw its force and inspiration from your love of God. Without that love you are nothing at all (Cfr. 1Co 13). The Council taught: “Those who profess the evangelical counsels love and seek before all else that God who took the initiative in loving us” (Perfectae caritatis PC 6).

There is always danger of losing sight of the essential through concentration on what is secondary. But we are confident that the Medical Missionaries of Mary will keep this in mind and will always ensure that their Sisters will receive a solid and continuous training as religious, thus giving its true meaning to their wonderful work for others and showing their deep-seated fidelity to their vocation. To the participants in their Chapter and to all the members of their Congregation goes Our special paternal blessing.

We are particularly pleased to greet the large group of those participating in the Congress of the Public Services International. We hope that your deliberations at this time in the city of Rome will be successful in furthering the great cause of social justice and in enabling your members to render with ever greater efficacy their public service. Our best wishes to you all.


Mercoledì, 4 novembre 1970

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Avete sentito parlare del Nostro viaggio in Estremo Oriente? Forse anche voi avete desiderio di saperne qualche cosa. Lo scopo di questa lunga escursione corrisponde così alla Nostra missione apostolica, che crediamo offrire alla vostra riflessione qualche pensiero buono sulla vita della Chiesa in questo nostro tempo, e di avere in tal modo con Noi la vostra compagnia spirituale e la vostra preghiera per il buon esito del Nostro itinerario apostolico.

Dunque: quando sarà? Sarà, a Dio piacendo, alla fine di questo mese, il 26 novembre; e speriamo d’essere di ritorno a Roma il 5 dicembre. E dove ci porterà questo viaggio? È già stato pubblicato l’elenco geografico delle stazioni. Stazione prima Manila, nelle Isole Filippine, fra il mare della Cina e l’Oceano Pacifico; ma si dovrà fare uno scalo di poche ore a Teheran, nell’Iran (l’antica Persia). Perché a Manila? Perché è là convocata una riunione dei Vescovi dell’Asia Orientale: prima intenzione del Nostro viaggio è quella d’incontrarci con 1’Episcopato delle Filippine e con quello dei Paesi di quella immensa parte del mondo. Da parecchi anni Noi eravamo stati invitati a visitare quella Nazione, la cui popolazione è in maggioranza cattolica; e siamo debitori a quel Popolo d’una visita da lui tanto desiderata, e sollecitata da cortesi e insistenti pressioni sia delle Autorità ecclesiastiche, che di quelle civili, non che dai tanti Pellegrini, i quali, venendo a Roma, ci dicono sempre l’attesa che là ci chiama. Vi rimarremo tre giorni, fitti d’incontri, di riunioni, di cerimonie religiose, speciale quella d’una numerosa ordinazione sacerdotale di Diaconi provenienti da Paesi asiatici. Sarà poi, per l’occasione, inaugurata una Stazione-Radio cattolica, la così detta Radio-Veritas, dalla quale speriamo mandare a tutta l’Asia Orientale uno speciale saluto. Questa è la tappa pastorale.


DA MANILA A SYDNEY

Da Manila faremo un rapido viaggio ad una delle Isole lontane della Polinesia, in mezzo al Pacifico, per rendere omaggio simbolico alle popolazioni disseminate nell’immenso Oceano, e per salutare una delle Missioni cattoliche più tipiche, lo Stato indipendente della Samoa Occidentale nell’arcipelago delle Samoa: tappa missionaria.

Di là a Sydney, in Australia, tappa civile e apostolica. Vi incontreremo l’Episcopato di quel grande continente, quello della Nuova Zelanda e di altri Paesi dell’Oceania, le Autorità civili, il Popolo australiano. Tre giorni. Ai motivi propriamente religiosi del Nostro viaggio se ne aggiunge uno speciale, quello di associarci alle celebrazioni bicentenarie, che hanno luogo quest’anno in Australia, dove la civiltà occidentale ha rapidamente realizzato un magnifico sviluppo. Anche là sono fiorenti comunità cattoliche, molte delle quali sono in buona parte formate da immigrati europei.

Da Sydney a Giakarta. Un giorno, pieno d’incontri, con i Vescovi, le Autorità civili, le comunità cattoliche e con il Popolo dell’Indonesia. Come rinunciare a questa irrepetibile e ambita opportunità?

Da Giakarta un volo a Hong Kong, per poche ore, ma sufficienti, Noi speriamo, per testimoniare a tutto indistintamente il grande Popolo Cinese la stima e l’amore della Chiesa cattolica e Nostro personale.


DJAKARTA, HONG KONG, COLOMBO

Poi, sempre correndo, a Colombo, nel Ceylon. Poche ore, ma anch’esse piene d’incontri e di cerimonie. E finalmente a Roma, se Dio ci assiste, portando nel cuore un cumulo di visioni, di esperienze, di temi per la Nostra riflessione e per il Nostro ministero apostolico.

Il perché di questo viaggio? Abbiamo già accennato alle due importanti riunioni di Vescovi, per le quali principalmente ci muoviamo: essere con i Nostri Fratelli nell’Episcopato, in mezzo a loro e con loro, in questo periodo Post-conciliare, che vede sorgere e organizzarsi le Conferenze Episcopali, riunite a loro volta in incontri continentali, ci è sembrato motivo adeguato per intraprendere questo straordinario cammino; a questo motivo altri se ne sono aggiunti a darci stimolo e coraggio. Ci attrae certamente anche il desiderio di prendere personale contatto con nuovi Paesi e nuove comunità, sia nazionali, che ecclesiali. Ma dobbiamo dire subito che questo viaggio, come gli altri da Noi compiuti, non ha affatto né carattere turistico, né scopo politico di alcun genere. Desideriamo, sì, ammirare, correndo e di sfuggita, i panorami etnici e geografici aperti al Nostro sguardo, e rendere omaggio anche alle Autorità civili, le quali ci accolgono con ospitale deferenza; ma il carattere della Nostra peregrinazione vuol essere esclusivamente apostolico, perciò religioso, ecclesiale, spirituale e missionario; non feste esteriori, non ricevimenti profani, non onori ufficiali. Andiamo come modesti e frettolosi pellegrini; non avremo alloggio, come ormai è Nostro costume, se non nelle residenze dei locali Rappresentanti pontifici; procureremo di godere d’una sola cosa, dell’incontro umano e spirituale con quanto più numerosi possibile gruppi di ecclesiastici, di fedeli, di cittadini qualificati, cercando qualche intenzionale incontro con uomini di Chiesa, col popolo semplice, con Studenti e Lavoratori, con Poveri e Sofferenti, con famiglie umili e bambini, riservando ad ogni incontro una parola e una benedizione.


UN CHIARIMENTO

Chi sarà con Noi? I nomi del Nostro seguito ufficiale sono già stati pubblicati; in tutto sei personaggi; qualche altra persona di fiducia ci accompagnerà per le funzioni pratiche del viaggio. Dobbiamo a questo proposito alcuni chiarimenti per dissipare voci infondate, diffuse in questi giorni a questo proposito. Non avremo con Noi il Nostro Cardinale Villot; egli stesso, per non lasciare a lungo uffici tanto delicati, quali la Segreteria di Stato e il Consiglio degli Affari Pubblici della Chiesa, privi di direzione responsabile e già iniziata ad ogni possibile evenienza, si è spontaneamente offerto a rinunciare al viaggio e rimanere al suo posto di lavoro; gli dobbiamo grazie per questa esemplare permanenza al suo posto di non lieve fatica. Ci seguirà invece il Cardinale Agnelo Rossi, finora ottimo e zelante Arcivescovo di San Paolo in Brasile, e da Noi nominato, dopo la rinuncia, per età e malferma salute, del Cardinale Agagianian, Prefetto della Sacra Congregazione per la Evangelizzazione dei Popoli.

Le ipotesi, fatte da alcuni ad uso dell’opinione pubblica, che il Cardinale Rossi sia stato rimosso dalla sua sede arcivescovile per ragioni delle posizioni, chi dice di favore, chi invece di contrasto nei riguardi delle Autorità Brasiliane, ovvero chiamato a Roma per suoi particolari atteggiamenti, pro o contro certe tendenze nella vita della Chiesa, o in ordine a certi fatti della situazione politica brasiliana, sono tutte e del tutto infondate. Il Cardinale Rossi lo abbiamo voluto Noi, con il consiglio di persone esperte e prudenti, e senz’altra alcuna occulta intenzione, a capo del grande Dicastero Romano, che presiede all’enorme e complesso lavoro in favore delle Missioni cattoliche, per avere vicino a Noi collaboratore un Cardinale d’un continente in tanta misura ancora missionario, qualificato per la sua saggezza e per il suo zelo a dirigere con occhio sagace e imparziale la celebre Sacra Congregazione, come già si chiamava, «de Propaganda Fide». Combinazione ha voluto, forse non senza provvidenziale intenzione, che la sua chiamata in Curia coincidesse con la Nostra visita in Estremo Oriente, dove la medesima Sacra Congregazione ha in molte regioni diretta competenza, e dove il nuovo Prefetto di «Propaganda» potrà attingere notizie ed esperienze utilissime per il suo prossimo servizio curiale.

Ma un’osservazione d’insieme non possiamo infine tacere su questo Nostro viaggio, che ci porta a diretto contatto con i Paesi più lontani da questa Nostra sede romana, la quale viene per ciò stesso ad apparire, ancor meglio che mai, il centro visibile e terreno della Chiesa cattolica. Non soltanto il centro geografico e giuridico, ma altresì simbolico e spirituale di ciò che la Chiesa cattolica è, sia nelle sue profonde proprietà teologiche e misteriose e sia in quelle sue «note» esteriori e prodigiose, che ne fanno per se stessa e per il mondo l’eloquente apologia, quella che la dice «una, santa, cattolica ed apostolica», la vera Chiesa di Cristo.

Sia Egli benedetto Cristo Signore in questo episodio nuovo nella secolare storia ecclesiastica; e sia insieme onore al genio umano, che con i suoi modernissimi smezzi di trasporto, dominatori del tempo e dello spazio, lo rende possibile all’umile apostolo viandante per portare fino agli estremi confini della terra l’annuncio e la conferma del messaggio evangelico.

Voi, Fratelli e Figli carissimi, accompagnateci con le vostre preghiere e Noi avremo anche per voi la Nostra Apostolica Benedizione.

Collegio Vescovile «San Pio X» di Treviso

L’odierna udienza è onorata dalla presenza del pellegrinaggio del Collegio Vescovile «S. Pio X» di Treviso, guidato dal caro e venerato Mons. Mistrorigo. Sono con lui, oltre il Rettore con il corpo docente, più di ottocento alunni e illustri personalità della zona, anche un distinto gruppo di ancelle e barellieri del Segretariato ammalati della Diocesi. Salutiamo con animo commosso e grato questa folta e bella schiera di visitatori, che ci porta l’eco viva della religiosità della loro terra benedetta da Dio.

Siete venuti, figliuoli, principalmente per concludere ai piedi dell’umile Successore di Pietro le celebrazioni cinquantenarie di una data importante nella storia del vostro Collegio, erede di antiche e gloriose tradizioni cattoliche trevigiane, che ha dato e continua a dare un servizio incomparabile nella vita religiosa della diocesi. Conosciamo il prestigio che lo circonda per la serietà degli studi ed i metodi educativi, e specialmente la dedizione di coloro che vi consacrano le loro energie con la passione che merita tanta gioventù a loro affidata dalla fiducia delle famiglie cattoliche.

A questi benemeriti e fedeli servitori della Chiesa e della società vada la Nostra gratitudine e il Nostro plauso più sincero.

Noi confidiamo che primi a comprendere l’eccellenza di tale Istituzione siano gli alunni che hanno la fortuna di presentarla. Sì, figli carissimi, abbiate stima del vostro Collegio non solo per i suoi pregi didattici, ma anche e particolarmente perché vi educa a pensare e ad agire nella pienezza cosciente della vostra fede, e ad orientare l’entusiasmo della vostra età verso ideali cristiani. Che il Signore vi aiuti a corrispondere alle ardenti speranze dei vostri educatori per l’onore del vostro Collegio, per la fedeltà alle migliori tradizioni trevigiane e per la gioia della Chiesa, che cattolici veri, forti e coerenti vi vuole.

Vi accompagni la Nostra Benedizione che di cuore estendiamo ai vostri Superiori, genitori, familiari, qui presenti e assenti, e a tutto il vostro Collegio.

«Trofeo Italia 1970»

Dobbiamo ora un particolare saluto agli atleti delle squadre calcistiche, che partecipano alla fase finale del «Trofeo Italia 1970», in rappresentanza delle varie unità funzionali dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale; con essi sono i dirigenti e i familiari, in tutto settecento persone, un gruppo veramente cospicuo, che ha vivamente desiderato questo incontro col Papa. Ve ne ringraziamo di cuore: sappiamo che le gare, che state disputando, entrano nel quadro delle celebrazioni per il 70° anniversario di fondazione del benemerito Istituto, e del 25° anno di vita dell’associazione sportiva «Previdenza Sociale», che ha organizzato il Trofeo. La vostra presenza ci offre perciò l’opportunità di rallegrarci per le due ricorrenze, e di fare voti sia per l’attività altamente benefica e sociale svolta dall’Istituto in campo assicurativo e previdenziale in favore dei lavoratori, sia per il simpatico spirito agonistico che esso sa alimentare tra i suoi membri, attraverso lo sport direttamente esercitato, a irrobustimento delle membra e a svago dello spirito.

Noi invochiamo sul vostro lavoro quotidiano il continuo aiuto del Signore, e, nell’assicurarvi che vi seguiamo con l’augurio e con la preghiera, di cuore impartiamo a voi qui presenti, come a tutti i vostri colleghi, da voi rappresentati, la particolare Apostolica Benedizione.

Mercoledì, 11 novembre 1970

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Da quando è stata data la notizia del Nostro prossimo viaggio nell’Estremo Oriente Noi ci sentiamo circondati, per non dire assaliti, da una domanda, che si presenta in forme molteplici, ma in una sola direzione: perché questo viaggio? e per rispondere a questo perché si fanno tante supposizioni, alcune delle quali rivolte a togliere al viaggio ogni vera importanza. Sarebbe, si dice, un’escursione turistica, un’esplorazione informativa, una concessione al gusto moderno di viaggiare e di muoversi, un pretesto propagandistico, eccetera. Altre supposizioni invece attribuiscono al viaggio occulte intenzioni, polemiche o politiche; ovvero interessi d’ogni genere, influssi diplomatici, sia passivi che attivi; oppure servizi a date correnti ideologiche e sociali; e così via.

Certamente il Papa non si muove senza avere scopi speciali e importanti; né il tempo, né i mezzi, né le forze gli basterebbero per fare viaggi simili per svago, o per riposo. Qualche ragione vi ha da essere. E l’avere già fatto altri viaggi precedenti non è motivo sufficiente per farne uno nuovo, e così lungo e complicato. Allora: perché? Prima di prendere questa risoluzione abbiamo Noi stessi rivolta alla Nostra coscienza la medesima domanda: perché questo viaggio? è necessario? non basta esercitare il ministero apostolico dalla cattedra romana? non è una complicazione inutile, che i Papi precedenti hanno saputo evitare?


MISSIONE ITINERANTE

E la risposta, la prima, quella che oggi a voi confidiamo, è salita proprio dalla Nostra coscienza apostolica. Che cosa significa apostolo? significa mandato, significa inviato, ambasciatore, incaricato di compiere un ordine a distanza, significa missionario, messaggero, nunzio. Questo è il senso originario della parola, il quale senso poi, nella realtà concreta e storica, si arricchisce di contenuto molto più pieno, succedendo nel Vangelo a quello di discepolo eletto (Cfr.
Lc 6,13), e assumendo altre funzioni e significati, come quello di testimonio (Ac 1,8 Ac 2,32 Ac 5,32 Ac 10,39), di maestro (Cfr. Mt 28,19-20), di ministro della fede (1Co 3,5) e rivestito di potestà cultuali (1Co 4,1), di pastore (Jn 21,15 1P 5,2), di vescovo (Ac 20,28). Perciò possiamo dire che l’ufficio apostolico include quello d’una missione itinerante e destinata all’espansione e al consolidamento della Chiesa (Cfr. Ac 15,41 Ac 16,4); la quale missione però non esaurisce l’ufficio apostolico nella sua ampiezza multiforme; così che il titolo apostolico potrà riferirsi a tre termini distinti: alla investitura dello specifico mandato di Cristo a persone scelte da Lui, e da Lui stesso chiamate «apostoli»; alla diffusione del Vangelo e della Chiesa, e abbiamo l’apostolato; e finalmente alla derivazione autentica dell’opera permanente dello Spirito di Cristo nella Chiesa, e abbiamo l’apostolicità.

Ma sta di fatto che l’apostolo è di fatto, o di diritto un pellegrino sui sentieri della terra, quanto sono lunghi «fino all’estremità della terra» (Ac 13,47). E sta parimente di fatto che l’economia del Vangelo, cioè il suo annuncio agli uomini, da uomo ad uomo, la sua espansione nel mondo e nel tempo, è, sì, opera dello Spirito Santo, ma non senza la collaborazione di uomini, che a tanto grande ed arduo ministero si consacrano. «Noi, dice S. Paolo, siamo i cooperatori di Dio» (1Co 3,9). S. Agostino conferma, commentando lo stesso concetto, espresso nella prima lettera dell’apostolo S. Giovanni (1Jn 1,3), che «Dio ha voluto avere uomini per suoi testimoni: Deus testes habere voluit homines» (S. AUG., In Io. Ep. Parthos, 1, 2; PL 35, 1979).

Questa notissima dottrina si è fatta urgente nel nostro spirito sotto la pressione di due altri motivi (per tacere ora quelli occasionali e determinanti); e cioè, da un lato, la possibilità tecnica di compiere viaggi lunghissimi e velocissimi senza alcuna fatica fisica (S. Francesco Saverio e i missionari d’altri tempi non ebbero certo una così seducente comodità); e, dall’altro, l’insorgenza e la nuova consapevolezza nella Chiesa della sua vocazione missionaria, risvegliata dal Concilio con un’ampia visione teologica e con l’intimazione fatta ad ogni fedele cristiano di concorrere personalmente all’attività missionaria della Chiesa stessa. Potere e dovere hanno acceso il volere.


LA «SOLLICITUDO OMNIUM ECCLESIARUM»

Non vogliamo dare alcuna importanza simbolica, o profetica alla Nostra iniziativa, la quale diventa facile abitudine per l’uomo moderno. Ma non abbiamo voluto rinunciare al ricorso di mezzi ora disponibili per le comunicazioni sociali e per i trasferimenti personali allo scopo almeno di dare l’esempio di fedeltà all’ansia apostolica, che è propria del Nostro ministero, la sollicitudo omnium ecclesiarum, la cura, il dovere, l’amore per tutte le Chiese (2Co 11,28). Vorrebbe questo Nostro viaggio, per quel che può valere, essere una testimonianza apostolica, un’esortazione missionaria, un documento dell’interesse supremo del successore dei due apostoli e martiri romani, Pietro e Paolo, per l’attestazione e per la diffusione del Vangelo di Cristo nel mondo.

Questo è il «perché».

Mentre tante contestazioni, dentro e fuori, affliggono la Chiesa, mentre voci strane osano discutere sulla necessità di spendere tante fatiche per convertire alla fede cattolica popolazioni e persone prive della luce e della vita di Cristo, e mentre alcuni presumono di aprire con propri carismi arbitrari le vie della salvezza, prescindendo dallo strumento gerarchico e dal segno ecclesiale emananti dal volere di Cristo, Noi, con umile fiducia, Noi vogliamo attestare la necessità, oggi, della Chiesa apostolica, e chiedere a tutti i buoni suoi figli, a voi, carissimi, di associarvi spiritualmente a Noi in questa singolare ed attiva invocazione al Padre celeste: venga il regno Tuo.



Mutua di sarti romani

Un saluto speciale a voi, soci della Mutua Volontaria di Assistenza e Previdenza fra sarti e sarte di Roma e Provincia, che vi affrettate a celebrare il primo centenario di vita del Sodalizio in occasione della festa del vostro Patrono, Sant’Omobono. Vi meritate la Nostra stima e il Nostro incoraggiamento: sia perché appartenete a quella silenziosa, generosa, capace schiera degli artisti dell’abbigliamento, ai quali va la Nostra ammirazione, che non abbiamo mancato di ripetere in varie occasioni; sia perché l’associazione mutualistica a cui appartenete è veramente benemerita per quanto fa in favore della vostra solerte categoria, con applicazioni che rispondono con sollecitudine fraterna alle varie esigenze in cui potete trovarvi, e che essa presta con solidarietà umana e cristiana. Quanto sia stata grande e necessaria la sua opera, lo dimostrano i cento anni compiuti: con una storia che, certo, sta all’avanguardia di consimili iniziative. Ce ne rallegriamo di cuore; e in pegno di sempre maggiori affermazioni per la serenità delle vostre famiglie e del vostro lavoro, a tutti voi qui presenti, e ai vostri Colleghi, volentieri impartiamo la Nostra Benedizione.

I giovani e la Comunità Europea


It is a particular pleasure for Us to welcome the President and members of the Pan American Development Foundation. We are happy to have the occasion to express Our admiration for the worthy goals of your organization and to encourage you in your important work. We pray that you will be successful in sustaining your present social programs and actuating others which will serve the integral development of the beloved peoples of Latin America. We assure you of Our deep interest and invoke God’s blessing on you all.


Mercoledì, 18 novembre 1970

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Noi vogliamo ancora una volta, interessare l’attenzione della nostra Udienza settimanale, al Nostro prossimo viaggio nell’Estremo Oriente; o, per meglio dire, sul carattere ecclesiale, che esso intende assumere, e che costituisce il suo scopo intenzionale.

Noi vi ripetiamo né l’itinerario, né il programma del Nostro lungo pellegrinaggio. Proponiamo piuttosto a voi ancora la domanda sul perché di questo viaggio. Abbiamo detto, la scorsa settimana, una parola sul perché di partenza, cioè sul motivo personale, di questa lunga escursione; diciamo ora una parola sul perché di arrivo, cioè sullo scopo oggettivo: che cosa andiamo a fare laggiù?


«SCOPRIRE LA CHIESA»

Se volessimo descrivervi il programma delle Nostre giornate di viaggio, avremmo molto da dire; se ne è già parlato; e poi giornali e radio ne parleranno a suo tempo. A Noi preme ora piuttosto di notare che si tratta d’un avvenimento, il quale dovrebbe stimolare il pensiero di tutti a scoprire la Chiesa. Scoprire la Chiesa? Ma non è già scoperta, e nota, arcinota da tutti, fedeli o profani che siano? Il Concilio non ne ha parlato con esauriente sovrabbondanza? Sì, sì; ma, prima di tutto, la Chiesa è tal cosa che non è mai conosciuta abbastanza; ricordiamo che è «mistero», cioè è una realtà, la quale, anche nei suoi aspetti visibili e istituzionali, si presenta come «sacramento», cioè come segno e come strumento d’un piano divino nel mondo; non sarà mai abbastanza esplorata e conosciuta; è paragonata a tante cose: ad un seme che si sviluppa e cresce, e che dice perciò una storia, un divenire pieno di apparenze e avventure diverse; ad un edificio in costruzione secondo un disegno per noi ancora in via di esecuzione secondo un’intenzione dell’architetto divino che è Cristo; ad un ovile nel quale il Pastore buono va guidando e raccogliendo il suo gregge disperso (Cfr.
Jn 11,52); e così via: la Chiesa è Corpo mistico, è Popolo di Dio, è Regno, è Tempio, è Famiglia, è Sposa . . . . (Cfr. Lumen gentium LG 6).

La concezione vera, completa, della Chiesa è talmente profonda, complessa, compenetrata con i destini dei singoli uomini e dell’intera umanità, che non riusciremo mai a possederne i termini adeguati; la dovremo sempre scoprire.

E infatti noi oggi assistiamo, dopo che il Concilio tanto ci ha parlato di Chiesa, ad un certo senso di vertigine concettuale, che, se non badiamo a rimanere aderenti a ciò che veramente la Chiesa stessa, nell’ora della pienezza dello Spirito e della sua propria autorità (Cfr. Ac 15,28), ci ha insegnato di sé, possiamo essere esposti a sbandamenti concettuali, derivanti per lo più dalla visione parziale, isolata e soggettiva di qualche aspetto della Chiesa medesima. Ne avvertiamo alcuni fenomeni, che possono generare un concetto unilaterale e personale fino ad oscurare il vero volto della Chiesa, irradiante di autenticità, di bellezza e di mistero. Il che ci richiama all’espressione, testé usata, circa una doverosa scoperta o riscoperta della Chiesa.

Ad esempio. È di moda osservare la Chiesa nel suo aspetto sociologico, cioè nelle forme e nei fenomeni, che la sua vita esprime sul piano umano, istituzionale, statistico, economico e storico, con certo rigore scientifico e con la convinzione finale d’aver delineato il quadro della realtà ecclesiale, senza sempre ricordare le cause, non certo tutte umane e ponderabili, donde tale quadro risulta. Chi a questo quadro si arresta, come a traguardo adeguato allo studio sulla Chiesa, dovrà ad un dato momento sentire il dovere e il bisogno di riscoprire la Chiesa.

Analoga osservazione si può fare circa la concezione spiritualistica e carismatica, che da taluni, allievi di sorpassate scuole protestanti, si va professando della Chiesa, come se questo valore puramente «pneumatico», cioè spirituale, fosse l’unico veramente interessante, suffragato dalla S. Scrittura e costitutivo della Chiesa (Cfr. ALLO, Première Epître aux Cor., p. 87 ss.). Anche qui una riscoperta della vera realtà della Chiesa sarà raccomandabile.

Basterà a tale scopo l’indispensabile ricorso a libri di sicura dottrina, o ad insegnamenti ortodossi puramente orali?

Certamente ciò può bastare per rettificare, se bisogno vi fosse, il concetto di Chiesa, ed anche per approfondirne la sempre inadeguata conoscenza.

Ma noi riteniamo che non sia superflua al nostro odierno bisogno d’una cognizione sperimentale, esistenziale della Chiesa la testimonianza che ad essa il Nostro viaggio vorrebbe tributarle.


COLLEGIALITÀ EFFETTIVA ED OPERANTE

Quale testimonianza? La testimonianza, Noi abbiamo già detto, alle sue intime e misteriose proprietà ‘e alle sue prodigiose note esteriori: la Chiesa è una, santa, cattolica ed apostolica. Pensate come questi aspetti caratteristici della Chiesa possono venire in migliore evidenza in questo semplice, ma singolare episodio della sua storia.

Pensate alle forme concrete, nelle quali esso intende realizzarsi. Il Nostro viaggio vuol essere principalmente un incontro. Un incontro umano e spirituale, come fra persone che già si conoscano, già s’intendano profondamente, già si vogliano bene. Diciamo un incontro di Fratelli. Non è la Chiesa una fraternità? (Cfr. Rm 12,10 1Th 4,9 1P 2,17 1P 5,9 ecc) Sarà per Noi un gaudio autenticamente ecclesiale, quello di scoprire quanti e quali Fratelli noi abbiamo in terre sconosciute e lontane. Un incontro, con precedenza su altri incontri, fra Vescovi. Scopriremo una volta di più, come la Collegialità sia effettiva ed operante.

Un incontro con Popoli esuberanti, quali sono quelli dei Paesi ch’e visiteremo: non sarà anche questa stupenda esperienza una conferma, una riscoperta della Chiesa, che realizza, potremmo dire da sola nella vicenda del mondo, il prodigio storico e spirituale della vittoria sul tempo? non una vittoria mediante l’effetto tipico del tempo che passa, cioè la caducità, per via di risoluzione o di morte, ma mediante la vitalità segreta propria della Chiesa, che fa del suo passato una sorgente del suo perenne rinascere e del suo avvenire, mediante la fedeltà viva e operante della sua tradizione?

Scopriremo le impronte dei passi degli eroici missionari, che là hanno per primi annunciato il Vangelo e piantato la Chiesa. Scopriremo la vocazione originale di quelle cristianità, che hanno ora possibilità di affermarsi con le energie ed i valori delle loro secolari civiltà, e di dare alla Chiesa, albero antico, nuove fronde, nuovi fiori e nuovi frutti, che Noi appunto desideriamo scoprire . . .

La Nostra scoperta non ha nulla di straordinario e di eroico, come lo sono spesso quelle operate nel mondo della natura. Ma Noi pensiamo che essa abbia, specialmente se condivisa dai figli fedeli di tutta la Chiesa, un valore di meraviglia, di certezza e di speranza, tale da apportare nel mondo un momento di luce, di conforto e di gioia.

Dio voglia che sia questo anche per voi. Con la Nostra Benedizione Apostolica.



Sacerdoti degli Stati Uniti

Dear sons, It means a great deal to Us to be able personally to address to you Our affectionate greeting in the Lord.

We are pleased also to speak a word of encouragement and praise for the worthy endeavor which is yours: continuing theological education. To the Bishops of the United States, to Bishop Hickey in particular and to all those responsible for the Organization of your Institute goes Our sincere commendation.

We think that your being in Rome and having the benefit of these months of prayer, study and discussion can be one of the greatest experiences of your priestly lives. Because you are mature men with pastoral experience you are indeed in a position to profit greatly. It is our hope that you will acquire new insights, and more and more come to know the Church as a communion of unity and love, in which your mission is one of service and of total sacrifice. Your responsibility is great, and greater now by reason of the opportunities afforded you. We exhort each of you as Paul charged Timothy: “Take great care of all that has been entrusted to you” (1Tm 6,20).

When you go home take Our greetings to your families, loved ones and parishioners. To each of you We give Our Apostolic Blessing, “wishing you grace and peace from God the Father and the Lord Jesus Christ” (2Th 1,2).

We greet the group of delegates and participants from the Eighth Assembly of the World Convention of the Churches of Christ, held recently in Adelaide, Australia. We are pleased to know that two Catholic observers were among you on that happy occasion. It was an inspiring opportunity of renewal for you and your fellowship under the worthy theme: “One Gospel, One World”. May God bless and render effective the generous resolutions you made at that time. May he grant you a pleasant journey and a safe return to your homes.

Our special welcome goes also to those who come to us from the International Centre of Postconciliar Spirituality. We exhort all of you to live deeply the Gospel of Christ in its purity, and from the experiences of these days to become more equipped to assume your role as authentic and faithful animators of your Christian communities. It is up to you through your personal conversions to live-and make live for others-the Paschal Mystery of the Lord of life. To all of you Our affectionate Apostolic Blessing.




Paolo VI Catechesi 28100