Paolo VI Catechesi 21041

Mercoledì, 21 aprile 1971

21041

Chi ha compreso qualche cosa della vita cristiana non può prescindere da una sua costante aspirazione di rinnovamento. Quelli che attribuiscono alla vita cristiana un carattere di stabilità, di fedeltà, di staticità vedono giusto, ma non vedono tutto. Certamente la vita cristiana è ancorata a fatti e ad impegni, che non ammettono mutamenti, come la rigenerazione battesimale (Cfr.
1Co 6,11), la fede (1P 5,9 Ep 6,10-11), l’appartenenza alla Chiesa (Cfr. 1Tm 3,15), l’animazione della carità (Cfr. Rm 8,35); è di natura sua un’acquisizione permanente e da non compromettere mai, ma è, come diciamo, una vita, e perciò un principio, un seme, che deve svilupparsi, che esige accrescimento, perfezionamento, e, data la nostra naturale caducità e date certe inguaribili conseguenze del peccato originale, esige riparazione, rifacimento, rinnovamento. Se poi pensiamo che la vita cristiana non è un concetto immobile ed astratto, ma è una realtà vissuta, immersa nella vicenda storica in continua mutazione, si comprende come essa debba tenere conto delle condizioni sociali, in cui essa si svolge, e deve perciò continuamente sorvegliare il rapporto che la unisce al momento ambientale, deve cioè vigilare, e dove occorre «aggiornarsi». Come sapete, questo criterio dell’aggiornamento è stato uno degli scopi informatori del Concilio, uira delle sue idee dinamiche, che funziona tuttora e che si applica principalmente alle leggi e alle strutture della Chiesa, nell’intento e nello sforzo di rianimare nel suo interno la genuina coscienza del suo essere e della sua missione, e di infondere nelle sue tradizioni sia la resistenza che per certi inalienabili valori a loro si deve, sia la riforma che faccia rifiorire la continuità delle buone tradizioni in nuova vitalità.



IL CRITERIO DELL’AGGIORNAMENTO

Ciascuno vede la necessità, la connaturalità d’un simile processo riformatore nella Chiesa, la quale, come società composta di uomini difettosi e peccatori, dev’essere in continua fase di autocritica e di ricorrente conversione, e, come portatrice di non mai esausti tesori, deve essere sempre tesa in un lavoro di feconda profusione delle ricchezze delle sue verità e dei suoi carismi. Ciascuno anche vedrà il pericolo di questo atteggiamento riformatore della Chiesa, quando esso non sia vigilato e sia suggerito, non dallo Spirito Santo, ma dal relativismo alla storia che passa, alla moda del secolo, e alla mentalità effimera del mondo, a valori cioè non suffragati da ragioni compatibili con la verità divina e con l’autentica dignità umana. E ciascuno sa come una certa insofferenza riformatrice si rivolga oggi alle così dette strutture della Chiesa, quasi che sia a tutti consentito ideare a proprio talento un nuovo modello storico, sociale, spirituale della Chiesa stessa. Bisognerà vigilare (Cfr. Ep 4,14). Ma non intendiamo ora parlarvi di questo ipotetico rinnovamento strutturale della comunità ecclesiale.

Vorremmo invece richiamare la vostra riflessione sull’aspetto positivo e dinamico della morale cristiana, cioè sulla sua congenita esigenza di interiore rinnovamento, sul dovere e sul bisogno di modellare la nostra coscienza sul fatto che siamo cristiani. Continuiamo così un discorso già altre volte avviato, e che ci sembra molto importante. E perciò dobbiamo ancora riferirci al dualismo, tanto espressivo, della catechesi apostolica dell’uomo vecchio e dell’uomo nuovo: l’uomo nuovo è il cristiano, come sapete, che mediante il battesimo è stato sepolto con Cristo in una mistica morte, liberatrice dal peccato, ed è emerso con Cristo risorto in una nuova vita soprannaturale ( Cfr. Rm 6,2-11). E quante volte ricorre allora la parola, anzi la dottrina, e con essa la verità e la realtà, dell’Apostolo circa la «novità» della vita cristiana! Tre volte, ad esempio, egli parla di questa novità nella lettera ai Romani: «novità di vita» (Rm 6,4) con significato pregnante della rigenerazione soprannaturale e della riforma morale; «novità di spirito» (Rm 7,6), per indicare l’animazione nuova della grazia e la moralità originale del cristiano; e «novità di mentalità» (Rm 12,2), con riferimento alla maniera di sentire e di pensare che deve distinguere il fedele di Cristo, tutto rivolto allo studio amoroso della volontà di Dio. Analoghe citazioni desunte dalle epistole di S. Paolo potrebbero moltiplicarsi sulla traccia del verbo «rinnovarsi» (Cfr. 2Co 4,16 Col 3,10 Ep 4,23).

Il che ci porta a riflettere sul particolare ripiegamento psicologico e ascetico che il cristiano è invitato a compiere regolarmente su se stesso, per verificare se la sua mentalità sia imbevuta da questo principio riformatore: io devo conformare il mio modo di pensare al Vangelo, e quindi alla dottrina che la Chiesa maestra ne trae; e devo essere convinto che questa apertura a Cristo non mi procura l’imposizione soltanto di precetti molto degni, ma gravi ed esigenti, ma mi infonde piuttosto la forza arcana che emana da Lui: luce per vedere, energia per agire, fiducia per osare, gaudio per gustare la vita resa conforme e unita a quella di Lui. La celebre ed amara esclamazione del poeta pagano: «video meliora proboque; deteriora sequor», la quale confessa l’impotenza radicale dell’uomo, senza la grazia, a osservare tutta la legge morale (OVIDIO, Met. VII, 19), non sarà quella del cristiano, vivente di Cristo.

Riformismo dunque e dinamismo morale in Cristo, interiore e personale: questo è il primo rinnovamento che ciascuno deve cercare, sicuro di percorrere così la traccia del Concilio, ch’è quella perenne ed attuale della vera vita cristiana.

Così il Signore ci aiuti. Con la Nostra Benedizione Apostolica.



Cappellani militari austriaci

Sehr geehrte Herren!

Im rahmen ihres Romaufenthaltes war es Ihnen ein besonderes Anliegen, Uns hier im Vatikan unter Führung Ihres Militärvikars des Herrn Bischofs von St. Pölten, Ihre Aufwartung zu machen. Wir heissen Sie herzlich willkommen und danken Ihnen für Ihren Besuch.

Als Militärseelsorger obliegt Ihnen eine verantwortungsvolle Aufgabe. Es möge darum Ihr Bestreben sein, die Ihrem priesterlichen Dienst anvertrauten Soldaten in treuer Pflichterfüllung gegenüber den Rechten Gottes und der Mitmenschen zu bestärken.

Der moderne Staat braucht die Mitarbeit von Bürgern, die für den Schutz der heimatlichen Grenzen einzustehen und auch für die Erhaltung der Ordnung im Innern des Landes ihren Beitrag zu leisten haben. «Wer als Soldat im Dierste des Vaterlandes stehet, betrachte sich als Diener der Sicherheit und Freiheit der Völker. Indem er diese Aufgabe erfüllt, trägt er in Wahrheit zur Festigung des Friedens bei» (Gaudium et Spes GS 79). Eine solche grundsätzliche Einstellung bei Erfüllung des Wehrdienstes wird das Berufsethos der Soldaten heben und die jungen Menschen mit Freude und Optimismus erfüllen.

Von Herzen erteilen Wir dem Herrn Militärvikar Bischof Zak wie Ihnen allen mit Ihren Angehörigen als Unterpfand reichster österlichen Gnaden Christi des Auferstandenen Unseren besonderen Apostolischen Segen.

Gruppi di varie provenienze

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We extend a greeting to the boys of St. Michael’s Choir School. Your presence here this morning brings back happy memories of our journey to Toronto and of our visit to your school some years ago. We are pleased today to welcome you to the Vatican and to hear you sing.

Present here this morning from London we have the Choir of the Abbey School of Saint Benedict in Ealing. Our special greetings go to all of you in the hope that the Lord may bless your choir and the other activities of your school. We pray for your future and send Our blessing also to your families.

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Ein besonderes Wort der Begrüssung richten Wir noch an den Pilgerzug der Marianischen Bürger-Sodalität Trier! In Namen und Wappen Ihrer Vereinigung, liebe Sohne und Tochter, steht leuchtend der Name der Gottesmutter. Das bedeutet für Sie die Versicherung besonderen göttlichen Schutzes und Beistandes. Denn wir verehren Maria als Mutter Jesu und Mutter der Kirche. Wenn Sie als überzeugte Mitglieder Ihrer Sodalität dem Beispiel Mariens nachfolgen, werden Sie sicher nach diesem Leben auch teilhaben an der ewigen Glorie Christi, in die sie uns vorausgegangen ist.

Aus der Fülle des Herzens erteilen Wir allen Anwesenden als Unterpfand reichster Ostergnaden den Apostolischen Segen.


Mercoledì, 28 aprile 1971

28041

La Pasqua, testé celebrata, offre un tema fondamentale alla riflessione di chi ha compreso l’importanza determinante di questo mistero nella nostra vita: esso reclama una coerenza, uno stile cristiano nella condotta, Noi dicevamo; esso impone e genera un rinnovamento nella mentalità interiore e nel comportamento esteriore; e il tema è questo: perché, e quale è questo influsso del dramma di Cristo morto e risorto sopra la concezione della nostra esistenza e sopra la conseguente moralità della nostra vita?

Perché il dramma di Cristo investe la nostra sorte; inizialmente col battesimo e con quanto lo segue noi viviamo tale dramma: siamo stati misticamente sepolti e risuscitati con Lui (
Rm 6,4). Siamo associati al «passaggio» di Cristo da questa vita naturale al nuovo stato misterioso e soprannaturale in cui Egli, anche corporalmente, è entrato. Pasqua vuole appunto dire passaggio, transito (Cfr. Ex 12,11). E siamo potenzialmente destinati, se fedeli e perseveranti, a raggiungerlo in tale sua nuova e ineffabile condizione d’esistenza; adesso, come scrive S. Paolo: «Noi abbiamo in noi stessi le primizie dello Spirito, gemiamo, aspettando l’adozione, cioè la redenzione del nostro corpo. Nella speranza noi siamo stati salvati» (Rm 8,23-24). Un mistero di comunione già ci collega a Cristo (Cfr. Ep 2,5); e perciò non solo la nostra spiritualità, ma anche la nostra mentalità, la nostra concezione della vita, il nostro calcolo circa la nostra sorte futura sono trasferiti al di là del tempo, al di là dell’orizzonte presente; siamo polarizzati verso Cristo risorto, nel suo stato di gloria. Dobbiamo vivere «escatologicamente», cioè tesi verso il fine ultimo, ultraterreno. «Non abbiamo qui una dimora permanente, ma cerchiamo quella avvenire» (He 13,14). È ancora S. Paolo che ci esorta: «Se dunque siete stati risuscitati con Cristo (ecco la nostra celebrazione pasquale), cercate le cose di lassù, dove Cristo si trova, sedente alla destra di Dio (cioè associato, anche come Uomo, alla sua gloria e alla sua potenza); abbiate il gusto delle cose di lassù, non di quelle della terra» (Col 3, l-2).

Questa concezione della vita dà l’impronta spirituale, mentale, pratica al cristiano. È la sua filosofia realistica. È la sua sapienza. Essa ha una grande importanza dottrinale. Possiamo noi dire, come alcuni, che questo insegnamento apocalittico, escatologico, cioè su l’al di là, è un puro linguaggio simbolico per farci comprendere la novità della dottrina evangelica, già realizzata e consumata da Cristo durante il suo soggiorno temporale? o possiamo credere, con altri, che solo in questo mondo escatologico si realizza obbiettivamente la nostra salute? Due modi di pensare, uno della realtà futura, l’altro della realtà presente circa l’economia della salvezza, che non tengono conto della nostra dottrina della fede, e che possono produrre fatali squilibri nell’interpretazione e nell’applicazione del cristianesimo autentico.

Ed il primo e più comune squilibrio è quello di non pensare, e spesso di non credere più, alla nostra vita futura, a quella che segue dopo la nostra morte corporale. La vita presente sarebbe la sola che ci è dato di godere, o di soffrire. La riduzione radicale della nostra esistenza attuale entro i confini del tempo, come ci abitua a fare il secolarismo oggi di moda, viene in pratica a negare l’immortalità dell’anima, ad insinuare l’indifferenza sulla nostra sorte futura, ad affermare l’esclusiva importanza del tempo presente, dell’attimo fuggente. Conclude nell’accettare, se pure accetta, dal Vangelo quello che serve immediatamente e temporalmente, per gli interessi terreni dell’umanità, e nel lasciare infine che il dubbio e lo sconforto spengano la vera speranza, la «vera luce che illumina ogni uomo che viene a questo mondo» (Jn 1,9). Il discorso sul paradiso e sull’inferno non si ascolta più. Che cosa diventa, e che cosa può diventare la scena del mondo senza questa coscienza d’un riferimento obbligato ad una giustizia trascendente e inesorabile? (Cfr. Mt 25) E che cosa può essere la sorte fatale, esistenziale, personale di ciascuno di noi, se invece il Cristo fratello, maestro e pastore dei nostri giorni mortali, davvero si erigerà a giudice implacabile sulla soglia del giorno immortale?

Ecco uno dei canoni fondamentali della vita cristiana: essa deve essere vissuta in funzione del suo destino escatologico, futuro ed eterno. Sì, vi è di che tremare; è ancora la voce profetica dell’Apostolo che ci ammonisce: «Con timore e con tremore cercate di assicurarvi la vostra salvezza» (Ph 2,12). Da questa considerazione sulla gravità e sulla problematica della nostra sorte finale la moralità, anzi la santità della vita cristiana ha derivato amplissima meditazione, e energie senza pari.

Ma giova concludere con due considerazioni: quella della «potenza» della risurrezione di Cristo» (Ph 3,10), che pervade il credente meditabondo del mistero pasquale e della sua attrattiva inebriante e salvifica. E quella della supervalutazione, non della svalutazione, come molti suppongono, della vita presente per il fatto che essa è ordinata alla vita futura: se questa rappresenta la pienezza del nostro felice destino, quale importanza, quale valore acquista il nostro pellegrinaggio presente, che a quella conduce? Ricordate la parabola dei talenti (Mt 25,14-30). Con la Nostra Benedizione Apostolica.



Il Capitolo generale dei Trappisti

Libenti alacrique animo consalutamus Abbates Ordinis Cisterciensium Strictioris Observantiae, imprimis eorum Abbatem Generalem, qui, in hac Urbe Capitulum Generale celebrantes, Nobis hodie hic praesentes obsequium et fidelitatem istius religiosae familiae declarant.

Alias iam Nobis est oblata occasio vos sive per litteras sive coram alloquendi. Nunc Nos iuvat confirmare, qua reverentia institutum monasticum vitamque contemplativam prosequamur. Percupimus, ergo, ut e deliberationibus Capituli Generalis Ordo vester nova capiat incrementa et aucto studio in proposito sancta persistat. Neque obliviscendum est hoc: quo diligentius familia aliqua religiosa germanam suam retinet indolem, et quo sapientius Conditorum mentem transfert ad unamquamque aetatem, eo fructuosius Ecclesiae et hominum societati illa deservit.

Haec igitur, dilecti filii, ut Coetus vester perficiat, omnibus votis precamur, vobisque peculiarem Benedictionem Apostolicam amanter impertimus, quam etiam ad religiosas curae cuiusque vestrum commissas volumus pertinere.

Missionarie della Divina Redenzione

Vogliamo accompagnare con un particolare augurio il piccolo gruppo - quattro Missionari della Divina Redenzione e cinque Apostole della Divina Redenzione - che parte per Bogotà per dedicarsi ai ragazzi senza casa di quella grande città, i cosiddetti gamines, e fondare per loro una città, con servizi generali, gruppi-famiglia, centro scolastico, sportivo e di addestramento professionale. La vostra generosità ci commuove! Non solo per il ricordo tuttora vivo che conserviamo del nostro viaggio in Colombia, ma perché vediamo in voi lo spirito della primitiva Chiesa, l’ansia di portare alle anime la salvezza di Cristo. E voi vi dedicherete ai prediletti del Signore, quei fanciulli e adolescenti che Egli amava accarezzare sulle teste arruffate, tenendoli presso di sé, e presentandoli come il modello per entrare nel Regno dei Cieli. Vi aspetta una missione ardua, difficile, delicata, è vero, e specialmente agli inizi: ma non vi mancheranno le soddisfazioni spirituali che vi auguriamo grandi, profonde. Nell’ora del distacco dalla patria, sappiate che il Papa vi segue, prega per voi, e vi incarica di portare il suo saluto e la sua carezza a quei carissimi ragazzi infelici. E tutti vi benediciamo, unitamente ai vostri Superiori qui presenti e all’intera vostra Congregazione.

Collaboratrici delle Missioni

Porgiamo ora un particolare benvenuto alla distinta rappresentanza dell’«Associazione Signore per le Missioni del Pontificio Istituto Missioni Estere» di Milano, accompagnata dal caro e venerato Mons. Aristide Pirovano.

Conosciamo molto bene, figlie carissime, il lavoro che la vostra Associazione svolge in silenzio, ma con tanta efficacia e spirito di dedizione a servizio dei Missionari. E sappiamo anche che quest’anno ricorre il 60° anniversario della sua fondazione. Tutto ciò procura grande consolazione al Nostro animo; e di cuore, pertanto, ci rallegriamo con voi formulando l’augurio che le vostre belle iniziative, così apprezzate e così attuali, abbiano a crescere in slancio e in efficienza, come cresciuti sono i bisogni delle terre di Missione, e siano per voi sorgente di letizia santa e di copiosi meriti per il Cielo.

A tanto vi conforti la Nostra particolare Benedizione Apostolica, che volentieri impartiamo a voi qui presenti e a tutta l’Associazione.

Suore infermiere di Brescia

Ora un saluto alle oltre trecento Madri Maestre di Noviziato e di Iuniorato, provenienti dall’Italia e da vari Paesi d’Europa, d’Asia, d’Africa e d’America, che hanno partecipato al corso di formazione della Scuola «Mater Divinae Gratiae». Voi siete, o sarete, le istitutrici delle giovani che si preparano ad abbracciare la vita religiosa: e quale miglior qualifica potrebbe raccomandarvi alla nostra stima, come alla gratitudine di tutta la Chiesa? A voi sono affidate le anime, che, avendo sentito la voce di Cristo che le chiama alla perfezione della vita consacrata unicamente a Lui e ai fratelli, devono imbeversi degli ideali della loro vocazione e dare un orientamento decisivo e definitivo alla propria esistenza; e da voi - dalla vostra saggezza, dalla vostra esperienza, dal vostro cuore, dal vostro buonsenso - dipenderà in gran parte la loro formazione, con la risolutezza di servire il Signore, con la chiarezza e apertura mentale, col fervore di spirito che devono contrassegnarla per tutta la vita. Grande, grandissima responsabilità, la vostra: perché siete chiamate a modellare sullo spirito e sugli esempi radiosi delle vostre Congregazioni e Istituti delle anime fresche e generose, la cui prima esperienza religiosa si compie sotto la vostra guida materna. Voglia il Cielo che questo primo contatto sia senza deformazioni, senza storture, senza clichés prefabbricati, ma, nel rispetto dello Spirito Paraclito che lavora nel segreto, dia un potente colpo d’ala che decida di tutta una vita spesa per la santità personale, e per le necessità della Chiesa. Per questo siete ritornate a scuola, con questi corsi assai provvidenziali: fatene tesoro, studiate a fondo i documenti conciliari, aggiornatevi continuamente, impegnatevi nel vostro compito, da cui tanto bene ci ripromettiamo, per voi, per le vostre alunne, per le vostre Famiglie religiose, per quanti, nel mondo, aspettano Suore che si occupino di loro, dei loro problemi, dei loro bambini, dei loro malati, e siano testimonianza viva del Vangelo. Per questo vi benediciamo, augurando su di voi e sulla vostra opera educatrice la gioia e la pace del Signore.

Pellegrini di varie provenienze

Once again we have the pleasure of seeing our beloved Ruthenian sons and daughters who have come from the United States with their Metropolitan, Archbishop Kocisko. We welcome you to the Vatican and to the Basilica of the blessed Apostle Peter, and while We affectionately send our greeting into your families and into your Churches, We give you all our Apostolic Blessing.

Our special welcome goes to our guests from Scandinavia. We greet with friendship our visitors from Norway and assure them of our respect and happiness in having them here this morning. Through you We express our admiration for your people and our affection for your land.

To the ecumenical group from Sweden We extend our greeting of grate and peace in the Lord. We hope that your visit to Rome is a happy one and that the monuments of Christianity and the contacts you make will bring inspiration to your lives and sustain you in your hopes.

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Excelentísimos Señores y distinguidos miembros de la Delegación Económica de la República Dominicana:

Os damos nuestra cordial bienvenida y os agradecemos vivamente esta visita que habéis querido hacernos, acompañados del Excelentísimo Señor Embajador Don Alvaro Logroño, para testimoniarnos los hondos sentimientos cristianos y la sincera adhesión de vuestro País a la Sede de Pedro.

Vuestras específicas funciones en el campo económico y administrativo os confieren importantes responsabilidades y ponen en vuestras manos la posibilidad de prestar un decisivo servicio a vuestros conciudadanos. Os exhortamos de corazón a que los principios cristianos sean siempre guía y aliciente de vuestras gestiones, de manera que la actividad económica encuentre su finalidad y su criterio en la figura del hombre, portador de valores eternos y corresponsable de todo auténtico progreso.

Podéis estar seguros de que siempre encontraréis sincera comprensión por parte de la Iglesia que no dejará de ofreceros constantemente la luz orientadora de su doctrina y su palabra de estímulo para el recto desempeño de vuestra tarea en beneficio de la sociedad.

En prueba de paternal afecto y en prenda de la asistencia divina, nos complacemos en otorgar a vosotros, a vuestras familias y a todos nuestros amadísimos hijos de la República Dominicana una especial Bendición Apostólica.

Emigrati italiani in Maracay

Con particular gratitud y benevolencia recibimos vuestra visita, amadísimos emigrantes italianos de Maracay, que, con la representación de vuestros connacionales allí radicados, sois portadores también de los deferentes saludos de las Autoridades de aquel Estado.

Nos sentimos feliz de que vuestra fe cristiana, vuestras familias y vuestros deseos de superación y de trabajo hayan encontrado en aquella cristiana y querida tierra venezolana una acogida fraternal y el ambiente hospitalario de una segunda patria. Sed fieles a esas comunes tradiciones cristianas que, acercándonos a Dios, nos hacen sentirnos a todos verdaderos hermanos en las comunes tareas de la vida.

Llevad nuestro recuerdo paterno a vuestros compatriotas y nuestra afectuosa gratitud a las Autoridades y Pueblo de Maracay: para vosotros y para ellos Nuestra especial Bendición Apostólica.


Mercoledì, 5 maggio 1971

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Noi andiamo ora cercando gli aspetti caratteristici della vita cristiana nella quale è celebrato e penetrato il mistero pasquale. Sempre questo punto focale dell’opera redentrice di Cristo ci obbliga a riflettere quale effetto il mistero pasquale, della morte cioè e della risurrezione del Signore, abbia nella nostra vita; esso vi si ripercuote, vi si ripete sacramentalmente, e vi produce un rinnovamento, un modo di essere, di pensare e di agire, che configura appunto la nostra stessa vita cristiana con speciali connotazioni. Una di queste è la libertà. Quale libertà?


UN DONO DIVINO

La parola libertà è polivalente. Essa acquista significato in relazione alle varie forme di costrizione, alle quali possiamo essere soggetti. Intanto: noi ben sappiamo che la dottrina cristiana ammette e difende l’esistenza della libertà nell’uomo, contro i sostenitori d’un connaturato determinismo interiore (vuoi naturale, psicologico, o biologico, vuoi conseguente alla natura decaduta dell’uomo), e c’insegna che l’uomo è dotato della facoltà di scegliere; il rapporto fra l’intelligenza, vincolata alla verità, e la volontà capace di autodeterminarsi non è costringente; abbiamo potere di scegliere ciò che vogliamo fare, siamo liberi e padroni e perciò responsabili delle nostre azioni, anche se questa scelta, cioè questa libertà, può essere soggetta a diversi influssi, sia interiori, che esteriori. Siamo liberi, per dono di natura. Ma poi, in realtà, la natura umana, - ancora c’insegna la nostra dottrina -, è decaduta, è viziata; l’innesto dell’intelligenza illuminante e della volontà agente si è guastato; così che proprio quando usiamo della nostra libertà spesso, molto spesso sbagliamo, per difetto di luce, cioè di verità circa il bene da scegliere, siamo fallibili; ovvero per difetto di energia, non sappiamo compiere il bene, che pur conosciamo, oppure per difetto di rettitudine, cioè non vogliamo il vero bene, ma un bene incompleto e falso, cioè pecchiamo: ahimé! pecchiamo, perché siamo liberi! Tremenda perversione del dono divino della libertà! (Cfr.
Rm 7,15-21)


LA SERVITÙ DEL PECCATO

A questo punto della nostra elementarissima analisi si presenta la nuova libertà, procurataci da Cristo Redentore; ed è la libertà dal peccato e dalla sua fatale conseguenza, che è la morte (Cfr. Rm 8,2). Qui dovremmo ricordare la famosa dottrina, oggi tanto chiamata in causa, del peccato originale, un peccato non personale, ma per reato di colpa, e di pena ereditato da Adamo col nascere da Adamo; cioè l’insegnamento biblico e teologico delle conseguenze universali, trasmesse per via di generazione, per causa della trasgressione del primo uomo, «in cui tutti hanno peccato» (Rm 5,12), conseguenze che sono, prima, l’inimicizia di Dio: «eravamo - dice S. Paolo con forte espressione - per natura figli d’ira» (Ep 2,3), poi il disordine nel nostro equilibrio umano (Cfr. Rm 6,20), e infine la perdita dell’immortalità, che era un privilegio conferito all’uomo mortale, quando si trovava in stato d’innocenza e elevato ad un più alto livello che non quello naturale, cioè quello soprannaturale (Cfr. DENZ-SCH., DS 3705). Eravamo schiavi, soggetti ad una triste sorte di distacco da Dio, di infermità morale e di morte. Ebbene, Cristo ci ha liberato da questi mali col battesimo, cioè con la nostra partecipazione al mistero della sua morte e della sua risurrezione - il mistero pasquale -, dal peccato originale, e ci ha dato la grazia per liberarci, cioè per preservarci, ed anche poi per risollevarci dal peccato personale e attuale, ed in più ci ha dato la promessa di vincere la morte, un giorno, con la risurrezione. Verità sapute per un cristiano, ma verità estremamente profonde, drammatiche, assai importanti, e felici, che non avremo mai abbastanza meditate, e che ci obbligano a riconoscere in Cristo il nostro sommo liberatore (Cfr. PRAT. S. PAUL. 1, 252 ss.).

Ma l’opera liberatrice di Cristo non finisce qui. Essa si estende, nel quadro della vita presente e della storia dell’uomo, ad un’altra liberazione; ed è la liberazione dalla legge. Quale legge?


LA LEGGE DELLO SPIRITO SANTO

Anche questa domanda esigerebbe lunghe risposte. Ma qui non possiamo che contenerle in brevissimi accenni. Ci contenteremo per ora di dire che Cristo ci ha liberati dalla legge mosaica, dell’Antico Testamento. Questo tema trova ampio e ripetuto sviluppo negli scritti del Nuovo Testamento, tanto che siamo soliti a qualificare queste due fasi dei rapporti religiosi dell’uomo con Dio: l’antica legge e la nuova legge. Che cosa significa? Significa che in Cristo si è compiuta ed è terminata l’economia religiosa instaurata con la prima liberazione del Popolo eletto dalla schiavitù faraonica e con la promulgazione della legge del Sinai (nella quale la legge naturale e la legge positiva si uniscono); legge quella ch’era buona, ma insufficiente; era un comando, un insegnamento, ma non una forza sufficiente, non un nuovo principio animatore, soprannaturale, per vivere nella vera giustizia di Dio. Occorreva un altro sistema per fare l’uomo buono, giusto e grato a Dio, occorreva la legge della grazia, la legge dello Spirito, la quale appunto ci è stata ottenuta e conferita da Cristo, morto e risuscitato per noi (Cfr. Rm 4,25): ecco la liberazione a noi venuta dal mistero pasquale. (Non parliamo ora della libertà civile).

Qui si potrebbero moltiplicare le citazioni scritturali. «Dove è lo Spirito del Signore ivi è la libertà» (2Co 3,17). Si riferisce questa libertà all’esonero dall’osservanza della legalità ebraica e farisaica (Cfr. Ga 2,4 Ga 4,31 Ga 5,13). Si riferisce al progresso della vita morale: dall’ossequio alla norma esteriore e formale a quella interiore e personale: ricordiamo il discorso fondamentale dell’insegnamento evangelico: «Non vogliate credere che Io sia venuto per abolire la legge, o i profeti, disse Gesù; non son venuto per abolirli ma per completarli . . . Voi avete udito che fu detto agli antichi, Egli ripete, . . . ma Io invece vi dico . . .» (Mt 5,17, ss.). Si riferisce alla concentrazione dei nostri doveri in quelli supremi dell’amore di Dio e del prossimo (Mt 22,37 ss.). Si riferisce a vivere la carità, virtù che deriva dallo Spirito Santo (Rm 5,5), si manifesta nell’amore del prossimo (Cfr. Jn 13,35 1Co 13,4, ss.; 1Jn 2 1Jn 4,20; ecc.), e rimane per l’eterna vita (1Co 13,13). Si riferisce al codice della vita cristiana, che consiste nell’imitazione di Cristo, paradigma della vita ascetica e perfetta, e nel vivere di Cristo (Ga 2,20 Ph 1,21) principio della vita mistica, consumazione iniziale della nostra fusione eterna nella vita divina, liberazione suprema.


INEFFABILE VINCOLO ALLA VOLONTÀ DEL SIGNORE

Ma facciamo attenzione. Proprio per questa esigenza suprema della legge dello Spirito potrebbe la parola «libertà» illuderci che noi non abbiamo più alcuna obbligazione, né verso noi stessi, né verso gli altri, né verso l’ordinata convivenza nella comunità ecclesiale: sì, dobbiamo sentirci liberi, quasi portati dall’onda dello Spirito; ma, ci ammonisce S. Pietro (1P 2,16), senza farci della libertà un pretesto per coprire la malizia; siamo sempre servi di Dio. Il cristiano è più che mai vincolato alla volontà di Dio, al rispetto delle leggi naturali e civili, all’obbedienza a chi nella Chiesa ha funzione gerarchica e pastorale; proprio perché cristiano. E questa esperienza dell’armonia fra la beata libertà, ottenutaci da Cristo, e la gioia della fedeltà all’ordine voluto da Lui è fra le più belle e originali e irrinunciabili della nostra elezione cristiana. Così sia per noi, con la Nostra Benedizione Apostolica.



La Società Promotrice di Buone Opere

Un particolare saluto desideriamo rivolgere ai numerosi membri della «Primaria Società Cattolica Promotrice di Buone Opere in Roma», che, celebrando il primo centenario di fondazione, sono venuti in questa Basilica, guidati dal Signor Cardinale Giuseppe Paupini, per rinnovare la loro devozione alla Sede di Pietro.

La Nostra parola, carissimi figli, vuole essere espressione di paterno compiacimento per il passato e di fervido auspicio per l’avvenire.

Ci piace ricordare che il vostro Sodalizio nasceva nel novembre 1870, con l’approvazione del nostro Predecessore Pio IX, di venerata memoria, in un periodo particolarmente delicato per la città di Roma, con l’intento di costituire un «centro di ordinata ed efficace azione» per i cattolici, i quali sentivano il dovere di «cooperare alla conservazione e all’incremento della fede, della morale, dello spirito della loro religione».

Le molteplici iniziative religiose, catechetiche, sociali, caritative, culturali, che in un secolo sono sorte, stanno a testimoniare la fecondità spirituale della vostra Associazione, animata dall’azione generosa dei suoi membri, Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e Laici di ogni categoria, i quali, vivendo il motto programmatico «Fide et operibus», si sono distinti per zelo pastorale, per pietà, per carità, per esemplare testimonianza cristiana, per inconcussa devozione alla Cattedra di Pietro e per costante fedeltà alla Chiesa.

Tale passato benemerito e glorioso deve rappresentare uno sprone per l’avvenire. Continuate ad irradiare il messaggio di Gesù in un mondo che ha incoercibile bisogno di Dio, moltiplicate le buone iniziative in una ininterrotta dilatazione della carità, siate un autentico esempio di cristianesimo.

Con questi sentimenti di compiacimento e di augurio, Noi ben volentieri invochiamo la materna protezione della Vergine Santissima «Causa nostrae laetitiae», e vi impartiamo l’Apostolica Benedizione.

Gruppo di ragazzi spastici

Uno speciale saluto , pieno di paterna benevolenza, amiamo riservare al gruppo di ragazzi spastici, dei quali ha cura l’Associazione per l’educazione della gioventù bisognosa, voluta dallo zelante Vescovo, Monsignor Emilio Biancheri, al quale va il Nostro memore pensiero, e qui rappresentata dal suo presidente, Don Oreste Benzi.

Siate cordialmente benvenuti, figliuoli carissimi, insieme con i vostri genitori, che vi hanno accompagnati a questo incontro col Papa. La vostra presenza ci allieta e commuove ad un tempo. La vostra particolare condizione richiama su ciascuno di voi la predilezione, l’incoraggiamento e il conforto di chi umilmente rappresenta lo stesso Gesù in terra, e in Suo nome vi abbraccia e vi benedice.

Vi siano motivo di sollievo e di serenità, pur nelle immancabili pene e difficoltà quotidiane, le premure amorevoli, disinteressate e pazienti di quanti si dedicano alla vostra assistenza spirituale e materiale. Tra essi, sono meritevoli di menzione - e Noi lo facciamo con compiacimento - numerosi giovani, i quali intendono testimoniare in tale modo la propria fede in Cristo e la loro fattiva solidarietà verso i fratelli.

Figliuoli amatissimi! In ogni giorno della vostra vita vi accompagni la grazia, la pace e la gioia del Signore. È questo il Nostro augurio e la Nostra preghiera, mentre facciamo scendere su di voi, sulle vostre famiglie e su tutti coloro che hanno merito nella vostra formazione ed assistenza, la confortatrice Benedizione Apostolica, pegno dei più eletti favori del Cielo.

Futuri tecnici per i Paesi in via di sviluppo

Porgiamo il Nostro cordiale benvenuto ai partecipanti al IX Corso di perfezionamento per i quadri tecnici dei Paesi in via di sviluppo, organizzato dall’Istituto per la Ricostruzione Industriale.

Egregi e cari Signori! Siete venuti, insieme con i dirigenti e i docenti del Corso, che si è iniziato il 12 ottobre 1970 ed avrà termine il 15 del mese corrente, a portarci il vostro saluto, prima della partenza per i vostri rispettivi Paesi, africani e asiatici, latino-americani ed europei. Noi vi ringraziamo di questo gesto deferente, e vogliamo ricambiarlo con l’auspicio che l’esperienza proficuamente compiuta in questi mesi, per accrescere il vostro sapere teorico e pratico, sia di grande vantaggio alle vostre attività; valga a stimolarvi a sempre meglio servire il bene comune delle nazioni, alle quali voi appartenete; e contribuisca a rinsaldare tra di voi quei vincoli di comprensione, di amicizia e di solidarietà, che non mancheranno di dare un efficace apporto anche alla collaborazione e alla concordia internazionale.

Nel formulare questo augurio, Noi invochiamo sulle vostre persone, sul vostro lavoro professionale, sulle vostre famiglie e sulle vostre nazioni l’abbondanza delle grazie divine.

We express our special welcome to those participating in the Course organized by the Institute for Industrial Reconstruction. It is our hope that your stay in Italy will prove beneficial and that by your activities you will be able to make a worthy contribution to the development of your respective countries and to the uplifting of your fellowmen. We pray that through your future work God will blesse the people whom you serve.

Nuestro paternal afecto también para vosotros, amadísimos hijos de lengua española, que habéis tornado parte en este curso de perfeccionamiento industrial.

Habéis transcurrido unos dias de trabajo en común, estrechando vínculos de amistad y de solidaridad. Que esto contribuya a elevar vuestro espíritu de fraternidad humana y cristiana y corrobore vuestra inquietud por servir más y mejor al progreso, en vuestras respectivas patrias. El Señor os bendiga.


Operai cattolici della Svizzera

Ein besonderes wort der Begrüssung richten Wir noch and die Missionare der Gesellschaft des Göttlichen Wortes. Nach Monaten geistlicher Einkehr und vertiefter missionarische Ausbildung werden Sie in Bälde wieder in Ihre Missionsgebiete zurückkehren.

Seien Sie alle gute Priester und Ordensmänner nach dem Ideal, wie es Ihnen Ihr verewigter Stifter, der Diener Gottes Pater Janssen, vorgelebt und in seinen Schriften aus Herz gelegt hat. Dann sind Sie echte Glaubensboten, die vom Heiligen Geiste erleuchtet geeignet sind, «den Völkern die herrlichen Taten dessen zu verkünden, der sie aus der Finsternis in sein wunderbares Licht berufen hat» (Cfr. 1P 2,9).

Von Herzen begrüssen Wir auch den schweizerischen Pilgerzug der «Katholischen Arbeiterinnen-, Arbeiter- und Angestellten-Bewegung».

Liebe Söhne und Töchter! Die Achtzig-Jahrfeier der Veröffentlichung der Sozialenzyklika «Rerum Novarum» hat dem gläubigen Menschen unserer Tage die tägliche Berufsarbeit wieder ins rechte Licht gerückt. Die Arbeit ist nicht nur ein Gesetz der Natur, sondern ist vor allem nach der Heiligen Schrift ein Gesetz der Busse und besonders ein Gesetz der Gnade, seitdem unser Herr und Heiland Jesus Christus der Sohn eines Arbeiters heissen wollte und selber durch viele Jahre hart gearbeitet hat. Darum rufen Wir Ihnen mit dem Apostel zu: «Was immer ihr tun möget in Wort oder Werk, tut alles in Namen des Herrn Jesus Christus. Durch ihn danket Gott dem Vater» (Col 3,17).

Aus der Fülle des Herzens erteilen Wir allen Unseren Apostolischen Segen.


Mercoledì, 12 maggio 1971


Paolo VI Catechesi 21041