Paolo VI Catechesi 24111

Mercoledì, 24 novembre 1971

24111
Che ne dite Voi della Chiesa? È questa la domanda che si è nuovamente proposta alla nostra generazione. Il processo storico, che ha non solo distinto, ma separato nella nostra civiltà, così detta occidentale, la società religiosa dalla società civile, ha avvertito il bisogno di classificare in qualche modo la Chiesa fuori dell’ambito dello Stato, che ha rivendicato a sé ogni prerogativa della convivenza umana: qual è la figura, qual è la funzione, qual è la ragione d’essere della Chiesa nel mondo moderno, secolarizzato, a sé sufficiente, agnostico rispetto alle varie espressioni della religione. Si è perciò ripetuto, in un’analogia storica, che potremo riscontrare ricorrente nei vari secoli e nei vari luoghi, l’episodio evangelico, pieno di decisivo significato, avvenuto a Cesarea di Filippo, quando Gesù stesso, con una consultazione che ha del socratico, domandò ai suoi discepoli, primo, quale fosse l’opinione della gente sopra di Lui; poi, quale fosse la loro opinione fra tanta disparità di giudizi a suo riguardo: «E voi chi dite che Io sia?» (
Mt 16,13). Così oggi a riguardo della Chiesa, che noi sappiamo essere il Corpo mistico di Cristo medesimo, l’interrogazione si ripete; ed è stato il recente Concilio, preceduto da grandi insegnamenti e studi teologici, a sollevare la questione in maniera piena e radicale: la Chiesa, insomma, che cosa è? Un fenomeno religioso, come tanti altri nella vita dell’umanità, destinati ad essere vanificati dal progresso scientifico? Una tradizione spirituale, una fede popolare sopravvissuta nell’età nostra per la ricchezza della sua eredità culturale ed artistica? Un’entità sociale ingombrante e pretenziosa, ormai superata, che può dare, al più, qualche stimolo all’applicazione orizzontale, cioè umanistica, di qualche preziosa massima evangelica?


DISCUSSIONI DEL NOSTRO TEMPO

Voi avete certamente sentito parlare di queste discussioni del nostro tempo, e, fedeli come siete, avete avvertito come queste diverse concezioni della Chiesa tendono, in fondo, a decretarne la fine, o a contestarne l’esistenza quale ancora appare ai nostri giorni; e come nessuna delle varie definizioni scientifiche o empiriche, che coloro i quali sono fuori della Chiesa, col pensiero almeno, tentano di attribuirle, penetra nella sua vera realtà, nel suo mistero. Per conoscere davvero la Chiesa, bisogna essere dentro di lei, non fuori; bisogna partecipare alla sua vita; bisogna avere la fortuna di essere iniziati alla sua soprannaturale esperienza; alla fine, occorre la fede.

Se non che nell’interno stesso della Chiesa è sorta oggi una controversia, non senza precedenti storici, della quale anche l’opinione pubblica è ora interessata; essa partendo dalla pretesa di riportare la Chiesa alle sue originarie espressioni ovvero ai suoi autentici valori spirituali, vede in lei due principi costitutivi: la struttura e lo Spirito; potremmo dire: il corpo umano organico e l’animazione divina della Chiesa. E fino qui non avremmo obiezioni da fare. Le difficoltà sorgono quando si accusa la prima, cioè la struttura, come abusiva, come deforme, come precaria, come nociva; in altri termini, come ormai inutile, ovvero così bisognosa e suscettibile di cambiamenti da ritenere giustificata ogni critica a suo riguardo, e fondata ogni ipotesi in un suo dissolvimento, o in un suo radicale cambiamento. La struttura sarebbe una derivazione illegittima, o almeno non necessaria, dalla formula autentica della Chiesa apostolica; sarebbe autoritaria, giuridica, formalista, inquinata da tendenze al potere, alla ricchezza, alla immobilità tradizionale, e destinata a separarsi dal mondo, antievangelica insomma e antistorica. Mentre lo Spirito è carismatico, è profetico, è libero e liberatore. Noi certo non abbiamo che da dirci felici della preminenza riconosciuta, in questo quadro sommario, allo Spirito Santo, che mediante la sua grazia fa vivere, illumina, guida, santifica la Chiesa. Fra tanta ottusità materialistica oggi dominante, che aliena gli animi dalle realtà spirituali, questo interesse prioritario dato ai carismi dello Spirito è degno di favorevole considerazione: la Chiesa, vista sotto questo aspetto, assurge a fatto religioso per eccellenza, personale, interiore, libero e felice soggettivamente, e nello stesso tempo a fatto risultante da obiettiva, trascendente e misteriosa comunicazione con lo Spirito divino, vero e vivificante. Ma questo fatto stesso, se non si vuole confonderlo con la patologia religiosa, con la superstizione, col soggettivismo spirituale o con l’eccitazione collettiva, deve essere ricondotto nell’ambito della comunità della fede, dalla quale deriva e alla quale deve servire in edificazione; non può prescindere dal disegno divino, che destina alla Chiesa, alla comunità organica dei credenti il dono polivalente dello Spirito, e che ne realizza l’ordinaria effusione mediante un complesso e qualificato ministero (Cfr. 1Co 4,1 1Co 12,11CO 14, ss.; 1Co 37-40 1P 4,10, ss.). Cioè non si può isolare l’economia dello Spirito, anche se Questo, come disse il Signore (Jn 3,8), soffia dove vuole, dalle così dette strutture, sia ministeriali, sia sacramentali, istituite da Cristo, germinate con vitale coerenza, come pianta dal seme, dalla sua Parola.


SERVIZIO AUTOREVOLE E GENEROSO

Uno dei problemi più vivacemente discussi ai nostri giorni è proprio quello che cerca di individuare il rapporto giusto fra la struttura visibile, umana, sacramentale della Chiesa, ed il mistero dello Spirito, di cui ella è segno e strumento, e da cui noi deriviamo la nostra vita cristiana. Si vedrà come questo rapporto si riferisca al disegno dell’incarnazione e della Redenzione, come esso conferisca un carattere sacro ad ogni cristiano, il suo sacerdozio regale, a tutti comune, e come metta in essere un sacerdozio ministeriale, che rende organica, unitaria, inconfondibile Ia comunità del Popolo di Dio; sacerdozio che rifulge d’una incomparabile dignità cristiforme (il celebre dialogo di S. Giovanni Crisostomo sul Sacerdozio ne illustra specialmente questo aspetto sublime e tremendo); sacerdozio dotato di potestà pastorali e trascendenti di magistero (Cfr. Lc 10,16 Jn 15,26-27 Jn 16,13 Mt 28,19 ecc ), di santificazione (Cfr. 1Co 11,24 Jn 20,23), di guida e di governo (Cfr. ecc); e talmente rivolto alla carità da doversi chiamare servizio (Mt 20,28), un servizio autorevole (1Co 4,21 1P 4,11), ma così generoso, così umano, così paterno e fraterno da conformarsi a quello di Cristo, il buon Pastore per eccellenza, che sacrifica per il suo gregge la vita (Jn 10,11).


DUPLICE TESTIMONIANZA A CRISTO

Buon per noi che questo studio circa il rapporto fra strutture della Chiesa e lo Spirito di Cristo è stato trattato a profondo livello di studio da pensosi e fedeli teologi, dalla nostra Commissione Teologica, specialmente; e poi, per quanto riguarda il Sacerdozio in modo particolare, è stato illustrato ad alto livello da documenti dell’Episcopato e del Concilio intero, e da ultimo dal Sinodo dei Vescovi in una sintesi, che sarà tra poco pubblicata e che Noi confidiamo sarà d’edificazione a tutta la Chiesa, ai Nostri venerati e carissimi Sacerdoti per primi.

Una volta di più, e Dio voglia a comune conforto, noi vedremo che cosa è questa nostra Chiesa in fieri, cioè pellegrina verso quella dove la gerarchia della santità tutta e sola la domina; ella è la manifestazione congiunta nella testimonianza a Cristo dell’apostolo umano, nelle sue strutture gerarchizzate su tutta la scala del Popolo di Dio, e dello Spirito di Pentecoste, epifania cioè del Corpo mistico, apostolicamente strutturato e spiritualmente animato (Cfr. Y. CONGAR, Esquisse du Mistère de l’Eglise, p, 129, ss.).

Ancora una volta, Figli carissimi, procuriamo di capire e di amare la Chiesa. Con la Nostra Apostolica Benedizione.



I rettori dei Santuari Mariani d’Italia

Un particolare saluto vogliamo rivolgere ai numerosi Rettori dei Santuari Mariani d’Italia, che partecipano, in questi giorni a Roma, al loro settimo Convegno Nazionale.

Mentre vi manifestiamo il Nostro compiacimento per la vostra presenza, desideriamo anche esprimere l’auspicio che i Santuari Mariani, sparsi in tutte le regioni d’Italia, segni vivi dell’amore alla Madonna, continuino ad essere, mediante la vostra generosa, costante e illuminata azione pastorale, centri animatori di fervente vita cristiana e liturgica, di profonda pietà eucaristica e di autentica devozione alla Vergine Santissima, di quella devozione che - come insegna il Concilio Vaticano Secondo - «procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all’imitazione delle sue virtù» (Lumen Gentium LG 67).

Con questi voti paterni, invochiamo sul vostro ministero sacerdotale i più eletti favori celesti e vi impartiamo di cuore la propiziatrice Apostolica Benedizione.

L’accademia di «Judo»

Un saluto particolare rivolgiamo ora ad un gruppo qualificato, che porta con sé una nota di novità a questa udienza: sono i membri dell’Accademia Nazionale Italiana Judo. Non è la prima volta, ci pare, che accogliamo pubblicamente persone che si dedicano a questo severo e controllato genere di atletica; certamente è il primo incontro con l’Accademia,. Questo per dire il piacere che ci procurate con la vostra presenza. Abbiamo letto il regolamento e i programmi: ne abbiamo ricavato l’impressione di una serietà, di una quasi, diremmo, ascetica norma di vita e di studio, per raggiungere quella completezza umana, scientifica e agonistica, necessaria per svolgere domani, in modo adeguato, la vostra attività.

Ci auguriamo che essa trovi la sua perfezione nel rispetto sempre puntuale e generoso dei principi cristiani, perché la forza fisica senza quella spirituale non sarebbe che forza bruta, senza dignità e senza giustificazione. L’esercizio del vostro sport suppone e richiede questa sensibilità, questa apertura spirituale. E la vostra formazione sarà, così, completa. Ve lo auguriamo di cuore, mentre a tutti, dirigenti, docenti e allievi, impartiamo la Nostra Benedizione, che estendiamo altresì alle vostre famiglie.

Ostetriche di Roma

Rivolgiamo il nostro saluto al numeroso gruppo di Ostetriche di Roma e provincia, che sono intervenute a questa udienza, unitamente ai Sanitari dell’Ospedale Nuovo «Regina Margherita» ed alle Dirigenti della Federazione Nazionale e dell’Unione Cattolica di categoria. Esse, in questi giorni, stanno frequentando un corso di aggiornamento ed hanno voluto farci visita per poter ascoltare la Nostra parola e ricevere la Nostra benedizione.

Corrispondiamo volentieri a tale desiderio: la vostra presenza - lo diciamo a voi, professori e docenti, ed a voi che ne siete, ora, le alunne e, normalmente, le «ausiliarie» in un campo tanto delicato e difficile - ci riporta col pensiero agli incontri che il Nostro venerato predecessore Pio XII ebbe con i vostri colleghi e colleghe. Furono, quelli, insegnamenti luminosi che, per l’aderenza ai problemi specifici della professione, ebbero meritata risonanza, come espressione della viva sollecitudine della Chiesa. Da allora molte ricerche sono state compiute e, certo, nuove tecniche di assistenza e di terapia sono state introdotte; ma il magistero della Chiesa non ha cessato di riferirsi, con coerente costanza, alle morali esigenze primarie dell’uomo ed al mistero che è proprio di ogni creatura, che nasce alla vita. Noi stessi, nell’Enciclica Humanae vitae, abbiamo sentito il dovere di richiamare i principi inderogabili della morale cristiana, raccomandando agli studiosi, ai medici specialisti ed a quanti con loro collaborano in questo particolare settore dell’arte sanitaria, di ispirarsi alla retta ragione e alla fede (Cfr. Humanae vitae HV 24 e HV 27).

Abbiate sempre un alto concetto delle vostre rispettive funzioni, e vi conforti, nell’adempierle, la consapevolezza di portare un contributo prezioso e indispensabile allo sbocciare della vita. Dove c’è la vita, c’è lo spirito di Dio creatore, c’è il fremito del suo amore, c’è la sua impronta, c’è la sua forza, c’è la sua voce che fa trasalire di ammirazione. Questa coscienza deve diffondere come una luce religiosa sul vostro lavoro ed aiutarvi, in concreto, nelle prestazioni che la società richiede da voi.

Religiosi, religiose ed altri gruppi

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We offer a special welcome today to a group of Christian Brothers, at present in Rome for a course of theological study and spiritual renewal. We express the hope that your stay Will be both enjoyable and fruitful. We pray that the Holy Spirit Will assist you so that you may be able to spread throughout the whole world the good news of Christ by the integrity of your faith, your love for God and neighbour, your devotion to the Cross and your hope of future glory (Cfr. Perfectae caritatis PC 25).

With affection in Christ Jesus we impart to all of your Our Apostolic Blessing.

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Nos complacemos en dirigir un particular saludo a vosotras, amadísimas Religiosas «Hijas de Jesús», que os habéis congregado en Roma para una reunión de estudio sobre la renovación de vuestro Instituto, cuyo centenario de fundación coincide con la próxima fiesta de la Inmaculada.

Recibid ya desde ahora Nuestra felicitación en día tan señalado, junto con Nuestra palabra de aliento para un retorno constante a las fuentes de toda vida cristiana y a la inspiración primigenia de vuestro Instituto, en la vivencia gozosa de la caridad por medio de la práctica de los consejos evangélicos. Esta es la manera de seguir a Cristo más de cerca, para poder servir mejor a la humanidad en vuestra función peculiar de la enseñanza, adaptando serenamente a las nuevas circunstancias del mundo los tesoros de un siglo de fecundas experiencias.

En este momento tan importante de la vida de la Iglesia, queremos deciros que confiamos en vuestro trabajo y en vuestro testimonio, en vuestra dedicación y en la fidelidad de vuestra consagración al Señor, que os llama a una const,ante renovación espiritual, a la renovación de los corazones, de donde ha de brotar espontáneamente el entusiasmo para un apostolado siempre más fecundo y generoso.

En prueba de paternal afecto y en prenda de escogidas gracias divinas, os otorgamos a vosotras, a todas las Religiosas del Instituto y a todas vuestras obras educativas, una especial Bendición Apostólica.



Mercoledì, 1° dicembre 1971

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In questo periodo dell'Avvento risorge il grande problema dell’incontro dell’uomo con Dio; diciamo meglio del «nostro» incontro con Dio: è il problema religioso. Sappiamo bene qual è la soluzione di questo problema per noi: è il Natale, è Cristo, è la fede, è la vita cattolica. Ma questa soluzione, per ciascuno di noi, è davvero acquisita, definitiva? È soddisfacente? È vissuta? Senza ora rispondere a queste domande, che possono sollevare in noi inquietudini e dubbi, dobbiamo notare che la Chiesa, grande maestra delle anime, ripropone ogni anno la medesima questione e nei medesimi termini oggettivi; così vuole il suo calendario, il ciclo annuale cioè della sua Liturgia, la quale ripete puntualmente la celebrazione delle stesse feste, degli stessi temi dottrinali e spirituali. Ripete: non è ben detto; occorre dire rinnova, e precisamente non a circolo che ritorna su se stesso, ma piuttosto a spirale in salita per quei fedeli che accolgono la sua guida pedagogica, sempre eguale nel programma, sempre nuova nella sua esplorazione. Questa osservazione ci fa avvertire che i termini soggettivi, cioè le nostre attitudini a partecipare alla celebrazione di questi temi religiosi ricorrenti non sono sempre le stesse, possono variare, possono dimostrare un differente interesse secondo lo stato d’animo in cui noi ci troviamo. Cambia l’età, cambia la nostra capacità di percepire le cose religiose. «Quando io ero bambino - scrive San Paolo - parlavo come bambino, pensavo come bambino, ragionavo come bambino; ma fatto uomo ho lasciato cadere i modi del bambino» (
1Co 13,11).


IL FRASTUONO DELLA CIVILTÀ DELLE IMMAGINI

E non solo cambia l’età per noi, ma cambia il mondo in cui viviamo, e che ci stimola, ci impressiona, ci impegna in forme sempre nuove e misure sempre crescenti. Noi siamo continuamente provocati ad un’attenzione esteriore. Non abbiamo un minuto di pace. Lo stimolo più frequente e più esigente è l’ambiente nel quale si svolge la nostra laboriosa e spesso affannosa giornata, obbligandoci ad uno stato psicologico, continuamente estroflesso. Prevale in modo crescente un duplice richiamo sensibile: ascoltare e vedere. La nostra va diventando, come ora si dice, la civiltà dei suoni e delle immagini. Lo schermo della nostra psicologia è continuamente occupato dai sensi. E questi forniscono al pensiero un materiale sempre nuovo da elaborare; anzi lo aiutano con le loro voci e con i loro schemi. Così che la nostra vita tende a svolgersi nella sfera sensibile, e a trovare in essa il suo nutrimento e il suo esaurimento. L’uomo diventa naturalista e positivista quasi senza accorgersi; e si abitua a tale concretezza, immediata e sicura di conoscenza, e non cerca altro. Ecco il paradigma dell’uomo comune ai nostri giorni. La sua formazione e la sua cultura sono a questo livello: il mondo dell’esperienza sensibile. Salire più su? Sì, ma quasi sempre con la scala collaudata dai sensi, con quella quantitativa specialmente, ch’è la più usata nella sfera scientifica. Allora sorge e quasi s’impone la tentazione: questo è tutto. Pensare più su? Cercare la ragione delle cose? Non solo come sono le cose, ma perché così sono le cose? Cercare la verità? Il principio, la causa trascendente? Cercare l’amore? Il fine segreto delle cose?


DUE TENDENZE CONTRARIE

Avviene a questo punto che l’uomo è tormentato da due tendenze contrarie: una di gravitazione, di timore, di pigrizia soprattutto, la quale lo attrae a rimanere e ad accontentarsi del regno sperimentale e sensibile, in cui egli si è formato la sua dimora abituale e naturale; e lo ferma; l’altra tendenza, pur essa naturale, anzi più profondamente naturale, una tendenza di levitazione, di ricerca superiore, di sforzo trascendente, lo invita a salire.

Qui comincia il pensiero, cioè il capire; capire il movimento (metafisico) in cui si trova ogni cosa: nessuna è ferma, nessuna è stabile; cioè nessuna spiega da sé che cosa è e perché è; donde viene e dove va. Ogni cosa, afferrata nel suo intimo essere è a sé insufficiente, rimanda a qualche principio, a qualche fine, fuori di sé. Ogni cosa è una «via», è una scala. Un mistero la circonda. Un mistero, cioè un regno incognito in se stesso, ma ormai certissimo per chi vi è in qualche modo arrivato: è il mistero di Dio; il mistero religioso. Questo viaggio faticoso e beato, per compiere il quale basta ordinariamente un istante, e non bastano gli anni per terminarlo, dicevamo, è la religione.

La religione naturale, se raggiunta con lo sforzo del nostro essere, predisposto a questo incontro appena incipiente e nebuloso; la religione soprannaturale, se all’anelito dell’uomo cercante, pellegrino assetato, risponde da quel mistero, non più del tutto incognito e vuoto, una Voce viva, infinitamente viva: «Io sono»! la voce di Dio che apre il colloquio con l’uomo, il colloquio della fede, della «supervita», il colloquio del regno di Dio. Il colloquio dell’Avvento, cioè dell’arrivo del Dio vivente fra noi e per noi; il colloquio del Verbo, che si fa uomo per una sorprendente conversazione, con gli uomini, anzi una comunione ineffabile e vivificante.


IL SILENZIO CHE ASCOLTA

Non sono nuove queste cose per voi. Siete tutti «alunni di Dio» («Docibiles Dei»: Jn 6,45). Ma affinché esse siano presenti allo spirito, operanti nella nostra vita, occorre una prima indispensabile condizione, occorre il silenzio. Bisogna che lo schermo psicologico della nostra recettività sia, per qualche istante almeno, sgombro, libero e tranquillo. Occorre che ciascuno di noi ritorni un momento in se stesso («In se reversus»: Lc 15,17). L’udito interiore si metta in stato di ascolto: dapprima degli echi, tumultuosi al principio, pacati poi, della propria coscienza, della propria personalità individuale, unica e sola, e non mai del tutto esplorata; e poi fatta eco essa stessa d’un’altra voce finalmente captabile, la voce della coscienza religiosa, la voce dello Spirito di Dio, «che insegna ogni verità» (Cfr. Jn 16,13).

Questo è il primo esercizio per la presente stagione liturgica, che è poi la stagione del nostro oggi storico, per vivere da uomini, da cristiani la quotidiana esperienza interiore o esteriore che sia. Il silenzio che ascolta. Fate la prova. Ascoltate bene; che cosa è quel vento profetico da cui viene, come da un deserto sconfinato, un suggestivo mormorante e poi acclamante invito: preparate la via del Signore? (Is 40,3-5 Jn 1,23)

Noi moderni dobbiamo rifarci questa cella interiore, difesa dal frastuono esteriore, dove si ascoltano i passi e poi la voce del Dio che viene (Cfr. FORNARI, Vita di Gesù, 1, 1).

Con la Nostra Apostolica Benedizione.

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We welcome in a special way the members of the General Chapter of the Pallottine Fathers and greet their newly-elected Rector General, Father Nicholas Gorman. We pray that the deliberations of the Chapter will be enlightened by the continuing guidance of the Holy Spirit and will contribute much towards fostering apostolic zeal as you labour to fulfil your special role in the building up of the Kingdom of Christ and as you follow faithfully the ideals put before you by your founder, Saint Vincent Pallotti.

Ein Wort herzlicher Begrüßung mochten Wir auch an die deutschsprechenden Pallottiner richten. Ihr Name «Gesellschaft des Katholischen Apostolates» ist in der gegenwärtigen Stunde ein aktuelles Programm. Stehen Sie darum bei Ihren apostolischen Arbeiten stets in Treue zur Lehre der Kirche und zum Nachfolger des heiligen Petrus. Dazu erteilen Wir Ihnen allen von Herzen den Apostolischen Segen.

Our greeting goes to the Divine Word Missionaries who have been participating in a course of renewal. We do not have to tell you how much the mission of the Church today requires men who are familiar with current developments in theology and in other sciences as well. It is our further hope that the Lord will grant you an ever greater knowledge of himself through the intimacy and union of prayer so that you may always be effective bearers of his Gospel.

We welcome fifty-four soldiers from the Republic of Zambia who have been studying at Caserta. Through you We express our affection for all your people. We know veil the difficulties which face every nation that seeks to bring about development and progress for its citizens. We assure you of our interest and of our prayers that Almighty God will grant to you and to your entire nations his wisdom in all that you do for justice and peace.



Mercoledì, 15 dicembre 1971

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Parlando a Voi, fratelli, figli, pellegrini, visitatori, chiunque voi siate, Noi non sappiamo rivolgervi, in questa prossimità del Natale, altra parola che non sia sul Natale. Certo, avremmo molti altri temi, che riempiono il Nostro spirito in questi giorni, temi gravi, come la nuova guerra nel Pakistan, che altre peggiori ne minaccia, e le guerre sopite, ma tuttora accese, nel Medio e nell’Estremo Oriente, e la dolorosa condizione dell’Irlanda; e temi interessanti, come il Sinodo poco fa celebrato, e le questioni della pace nel mondo, eccetera; temi tutti che raccomandiamo vivamente alle vostre preghiere. Ma in questo breve momento di confidenziale conversazione, Noi preferiamo ancora discorrere del Natale, che, in un modo o nell’altro, tutti ci riguarda nel segno della serenità e della letizia.

Diciamo meglio: nel segno di Cristo. Una predica allora? no, una domanda piuttosto, la quale potrebbe anche dare motivo d’una predica, ma ora a Noi dà soltanto motivo di qualche semplicissima osservazione. La domanda è questa: quale interesse notate voi per Cristo nel mondo? La domanda ci ricorda quella che Gesù rivolse ai suoi discepoli a Cesarea di Filippo: «la gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?» (
Mt 16,13).


PRESENZA DI CRISTO NELLA CHIESA

La risposta spontanea, che sembra essere a molti ora la più vera, suonerebbe così: interesse per Cristo? oggi, nessuno. Poi riflettendo un istante, la risposta si rettifica così: qualche interesse per Cristo c’è ancora. Intanto, dove esiste la Chiesa, è chiaro, l’interesse per Cristo non può essere che vivissimo; la Chiesa non è forse la continuazione storica, anzi la personificazione permanente di Cristo? non è il suo Corpo mistico? Per citare ancora una volta S. Agostino, ecco una sua parola: «Noi siamo tutti uno in Cristo, noi siamo il corpo di Cristo» (Enarr. in Ps 26 PL Ps 16,211), essendo Lui il capo di questo corpo, che è la Chiesa, a cui noi abbiamo la fortuna di appartenere. Ed è già grande cosa che noi abbiamo coscienza di questa inscindibile unione fra Cristo e la Chiesa, dato che oggi in alcuni la contestazione osa sostenere che Cristo è altro Essere che non la comunità, la tradizione, la religione, il cristianesimo che da Lui reclamano il proprio principio. Ricordiamo bene : non si può concepire la Chiesa senza la sua derivazione storica, autentica, vitale da Cristo; anzi senza la sua presenza stessa nella Chiesa medesima, mediante la sua Parola, la sua grazia, la sua autorità pastorale e sacramentale, la sua comunione ecclesiale, che nell’Eucaristia ha la sua espressione più caratteristica e più piena per cui diventiamo tutti uno, con Lui e fra noi (Cfr. 1Co 10,17). La Chiesa è la memoria mistica e vivente di Cristo; dovunque è la Chiesa ivi è un interesse, ivi è una attualità palpitante di Cristo (Cfr. Mt 28,20). Basterebbe questa realtà storica ed escatologica della nostra fede per farci amare Cristo e la Chiesa ad un tempo.

Dunque un interesse per Cristo esiste tutt’oggi nel nostro mondo moderno, così marcato dalla negazione, o almeno dalla dimenticanza di Lui. Esiste in certi segni curiosi e bizzarri: le riviste americane riportavano poco fa delle fotografie di giovani «hippies», vestiti di maglie portanti delle scritte cubitali: io amo Gesù («I love Jesus»). Come mai, non si spiega; ma molti atteggiamenti di questa paradossale gioventù non si spiegano; eppure sono ostentati in tale spregiudicata maniera da creare una moda, da generare un mimetismo, che, se non depone per l’autonomia personale di troppi giovani, costituisce tuttavia un fatto, e lancia uno «slogan», un aforisma, che si diffonde con epidemica rapidità. Sarebbe venuto il momento dello «slogan» Gesù?

Ma vi sono altri segni dell’attualità di Cristo nel mondo contemporaneo. Non foss’altro per negarlo: l’incubo di Cristo nel mondo della cultura non è scomparso. Con questo risultato alla fine: che le negazioni più autorevoli e forbite di apparati culturali all’ultima moda provocano riesami e risposte da cui Cristo, da morto che era sotto i colpi della critica più raffinata, risorge più reale e più vivo di prima.


TUTTO CONDUCE AL NATALE

Per di più non tutte le affermazioni, che sorgono dal campo estraneo alla Chiesa, dov’è il Cristo vivo, sono radicalmente negative. È sempre di moda, perché vera, l’affermazione di Benedetto Croce, che noi non possiamo non dirci cristiani, tanto ciò che Cristo insegnò è iscritto ed acquisito nel processo storico dello spirito umano. E così il nostro caro e instancabile pensatore, Jean Guitton, in un libro pubblicato in questi giorni: «. . . io mi ricordo, egli scrive, che il mio vecchio amico Couchoud, che aveva filosofato tutta la sua vita sul Vangelo, mi diceva: Io ammetto tutto il Credo, salvo sub Pontio Pilato. Egli avrebbe dato il suo assenso a tutti i dogmi, a condizione che fossero tutti dogmi rivelati, senza alcun rapporto con la storia, Gesù non era esistito storicamente». Il che è forte, e non lascia tranquilli sull’oggettività del pensiero dell’illustre amico citato dal Guitton: è ben difficile sopprimere la parte di Pilato, cioè la realtà storica, nella vita di Gesù.

La sua presenza ci segue; ci illumina, se apriamo gli occhi alla luce; ci perseguita, se li chiudiamo. Chi se ne intende di letteratura contemporanea sa come la figura, o il messaggio di Cristo, affiorino, quasi per logica inevitabile, nella scena umana anche radicalmente profana e perfino nemica a riguardo di Lui.

Perché questa logica? questa necessità del pensiero e dell’esperienza umana di incontrare Gesù? Perché, a noi pare, Egli occupa le posizioni strategiche delle due vie inevitabili, che conducono una all’uomo, l’altra a Dio. Non per nulla Egli è il Figlio dell’uomo, ed Egli è il Figlio di Dio. Così che ogni volta che noi cerchiamo di interessarci dell’uomo, sia l’uomo «sapiens» degli scienziati e dei filosofi, sia l’uomo infelice e misero, il bambino, il povero, l’oppresso, il sofferente, il peccatore, il disperato . . . . noi siamo indotti a cercare Gesù, l’uomo vero, l’uomo-tipo, l’uomo buono, l’uomo libero, l’uomo nostro; e Dio voglia che sappiamo sperimentare la verità profonda della sua stessa parola: in ogni essere umano, bisognoso di aiuto e di salvezza, sono Io, Gesù (Cfr. Mt 25,40). E parimente ogni volta che noi cercheremo di scoprire la Verità suprema - che avvolge e che oltrepassa la sfera umana e il campo della conoscenza naturale, cioè qualche bagliore d’infallibile chiarezza del volto di Dio -, dovremo sostare, in ineffabile confidenza, su questa «immagine del Dio invisibile» (Col 1,15), e confessare la verità della parola dello stesso Gesù: chi vede me, vede anche il Padre» (Jn 14,9).

Perciò chi ha interesse alle cose supreme, ancor oggi, deve avere interesse per Cristo. Ogni interesse della nostra vita, anche se temporale ed esterno, anche se agitato ed interno, può essere via verso l’interesse sommo e centrale, Cristo Signore. Purché sia raddrizzato, cioè onesto, vegliante, cercante, implorante; tutto conduce a Gesù. Tutto conduce al Natale. È il nostro augurio per voi. Con la Nostra Apostolica Benedizione.


Mercoledì, 22 dicembre 1971

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Ancora, ancora il Natale, volere o no, pone a tutti la questione della ricerca di Dio. Sappiamo tutti che questa è una questione immensa, include mille problemi, ritorna sempre sotto nuove forme. Adesso si va diffondendo l’opinione che sia questione sorpassata. Se si domanda perché, le risposte sono molte, così che ci lasciano il dubbio che non tutte siano valide. Dio è morto, si osa dire. Ma come mai? è stato detto; è stato scritto, si risponde. Detto e scritto da altri; tu che ne pensi? Si risponde allora: non so bene; ma so che se ne può far senza. Chi ne può far senza? Il mondo, il cosmo, l’essere delle cose sarebbe ragione sufficiente della propria esistenza? È enorme, è assurdo pensarlo senza cadere nel panteismo, estrema assurdità. Si ammette allora che il problema è insolubile; e si ripiega sull’inutilità di porsi un tale problema; e allora si conclude che la famosa e folle dichiarazione sulla morte di Dio si riferisce non al mondo, che fuori di noi vediamo e tocchiamo realmente esistente e che non sappiamo né come, né perché esista, ma si riferisce alla nostra mente, nella quale il pensiero di Dio si è spento. Noi non saremmo più capaci, noi moderni, di esercitare la nostra intelligenza su tale irraggiungibile Oggetto; ci basta l’esperienza sensibile, oggi tanto favorita dalla superlativa tecnica delle immagini e dei suoni e dal piacere dei sensi e dei sentimenti; ci basta la conoscenza scientifica delle cose, oggi diventata regina del pensiero, e con le sue applicazioni tecniche, padrona di tutto. Basta così? La tanto comune risposta oggi è: sì; non vogliamo di più.


L’ESIGENZA RELIGIOSA

Ecco: Noi diciamo che invece non basta così. E a confortare questa Nostra convinzione ci soccorre la testimonianza di quelli stessi che la impugnano. Il discorso sarebbe lungo e fors’anche polemico, ma dovrebbe giungere a questa conclusione: l’ateismo stesso, se vuol essere logico, deve giungere alla istanza d’una nuova professione, o almeno d’una nuova ricerca d’un Principio, immanente o trascendente che lo si voglia considerare, ma a Sé stante e da Sé causante, che torneremo a chiamare Dio. È la necessità intrinseca della razionalità, che esige questo sorpasso della presente stasi mentale; e ciò è tanto vero che Noi siamo sicuri che quanto più l’uomo progredisce nello studio, nell’esperienza, nella conoscenza, nell’uso delle cose, tanto più sarà obbligato a finire in adorazione il suo sforzo conoscitivo, perché dalle conquiste stesse di questo sforzo sorge alla fine imperativa e dolcissima l’esigenza religiosa. Le cose, quanto più perfettamente sono conosciute, parlano, «annunciano la gloria di Dio» (
Ps 18,2), si dichiarano da sé effetti d’una Causa superiore, ci dimostrano da sé d’essere segni d’un Pensiero dominante, ci avvicinano da sé a quell’unico e sommo Essere, che, secondo la celebre sintesi di S. Agostino, è «causa della esistenza, ragione della conoscenza, e ordine dell’azione» (Cfr. De civ. Dei, VIII, 4; PL 41, 228). Iddio stesso, Noi diciamo, citando la sua parola biblica, «ha messo l’occhio suo nei nostri cuori per mostrarci la magnificenza delle sue opere, perché noi avessimo a celebrare il suo santo nome» (Cfr. Si 17,7).


UN’ASPIRAZIONE PROFONDA

Vittoria di Dio? Trionfo della religione? State attenti: tutto questo tormentato e sublime quadro dello studio - conoscenza ed amore - riguarda la razionalità naturale, la quale arriva alla certezza dell’esistenza di Dio, ma rimane ancora nebulosa, anzi ignorante circa l’essenza di Dio (Cfr. S. TH., Summa contra Gent. SCG 1,3). Dio è mistero. La nozione che noi possiamo avere di Lui, usando rettamente il nostro pensiero, è indiretta; lo conosciamo come principio, nel rapporto che ogni cosa deve avere con Lui (Cfr. Ad Rom. 1, 19, ss.). Dio, in Se stesso, non può essere oggetto di scienza puramente naturale (Cfr. Jb 35,26 DE Lusac, Sur les chemins de Dieu, p. 169, e n. 5, p. 327). Questo fatto può spiegare perché tanti pensatori indietreggiano davanti alle conclusioni insufficienti di questa religione costruita con le sole forze della razionalità umana, e ricadono nel dubbio o nello scetticismo, o nella negazione. La religione diventa perciò talora per gli uomini di studio, e anche per le persone puramente intelligenti, per tanti figli del nostro secolo, un tormento un’inquietudine, un problema insoluto e marginale, piuttosto che una pace dell’anima.

Ma qui è il primo punto di ciò che oggi vi vogliamo dire in prossimità del Natale: esiste nello spirito umano un’aspirazione profonda, una nostalgia mistica, una certa predisposizione a capire qualche cosa di più di Dio, una segreta speranza di raggiungerlo in qualche modo, nell’intuizione che qualsiasi stilla di questo possesso conoscitivo del Dio vivo, lo riempirebbe di gaudio ineffabile (Cfr. S. TH., ibid., V in fine SCG 1,5). I mistici ci sono maestri di questa insonnia dell’animo umano. Ne potremmo citare qualcuno anche fra le persone profane del nostro tempo: ricordiamo, ad esempio, due nomi ebrei: H. L. Bergson (Les deux sources), e Simone Weil (Attente de Dieu). E tutti gli uomini puri di cuore sono, in un certo senso mistici, perché come Cristo proclamò, sono candidati a «vedere Dio» (Mt 5,8). E dovremmo essere tutti puri di cuore per il Natale che viene; tutti retti, semplici e piccoli (Cfr. Mt 11,25) per fruire del dono bramato e insieme insospettato della rivelazione del Dio fatto uomo. Saper attendere, saper desiderare, saper ricevere.


INCONTRO DELL’UOMO CON DIO

E qui è il secondo punto che ci preme ricordarvi. Questo, sì: Dio si è rivelato. Dio si è manifestato (Jn 1,18). Dio è venuto a vivere con noi e a stare con noi (Mc 3,38 Jn 1,14). Questo è il prodigio. Questo è il Natale. Questa è la vita cristiana, inizio e pegno d’una nostra fusione con la vita stessa di Dio (Cfr. 2P 1,4). Da secoli, lungo tutto l’antico Testamento, Dio aveva cominciato a venire alla ricerca dell’uomo (Cfr. A. HERSCHEL, Dieu en quite de l’homme). Eravamo cercatori miopi e incapaci di dare la scalata al regno di Dio. Il regno di Dio è venuto con Cristo alla nostra ricerca, ricerca universale della umanità, ricerca personale di ciascuno di noi.

Questo è il Natale. Non manchiamo all’incontro.

Con la Nostra Apostolica Benedizione.

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Richiama stamane la Nostra particolare ed affettuosa attenzione il gruppo dei fanciulli che ha partecipato al concorso sul tema: «Ogni uomo è mio fratello»: sono gli alunni della scuola elementare «Comensoli» di Roma, che, insieme ad una rappresentanza di alunni delle scuole italiane speciali, per fanciulli zingari, accompagnano i due loro piccoli colleghi, detentori a pari merito del primo premio.

Ci rallegriamo vivamente con i promotori di questa bella iniziativa, opportuna -quanto mai per aprire le anime di tanti piccoli innocenti a quei sentimenti di bontà e di amore, cui si ispirava il tema della scorsa giornata della pace. Ve ne siamo profondamente grati, figli carissimi! E grazie soprattutto a voi, bambini, per la vostra visita e per la gioia che ci procura il vostro impegno di amare come vostri fratelli tutti gli altri fanciulli, specialmente i più poveri, i più bisognosi, i più disprezzati. Vogliate mantenervi sempre così buoni. È il più bel dono che potrete portare alla culla di Gesù, venuto bambino fra noi, come nostro fratello, per salvare tutti senza distinzione di razza, di colore, di nazionalità.

Vi accompagnino il Nostro affetto, la Nostra gratitudine e la Nostra Apostolica Benedizione, che di cuore impartiamo a ciascuno di voi, ai vostri superiori e ai vostri amati genitori, in pegno delle grazie più elette del Cielo.

Superiori ed alunni del Seminario Francese in Roma

C'est avec joie que Nous accueillons ce matin les élèves du Séminaire français de Rome, avec leur Supérieur, le Révérend Père Picard. Chers Fils, qui vous préparez à servir le Christ et son Eglise de toutes vos forces, est-il besoin de vous dire la confiance et l’espoir que Nous mettons en chacun de vous? En ce temps d’aggiornamento postconciliaire, avec les multiples possibilités qui s’offrent à l’Eglise de porter le témoignage du Christ et aussi les incertitudes qui surgissent çà et là, le peuple chrétien se montre à bon droit exigeant pour ceux qui assument les charges du sacerdoce ministériel. Il attend des prêtres ouverts aux vrais problèmes humains et spirituels de ce monde; des prêtres qui n’aient d’autre ambition, face à ces besoins, que d’annoncer l’Evangile, de nourrir la foi et de soutenir le zèle apostolique des laïcs. Mais comment le pourraient-ils sans avoir longuement puisé eux-mêmes, dans la Tradition vivante de l’Eglise, une formation théologique solide et certaine, et, dans l’oraison comme dans les échanges spirituels, une qualité de vie intérieure qui anime toutes leurs activités sacerdotales? Tel est le magnifique programme qui s’offre à vous, lorsque vous fréquentez les cours de vos maîtres à l’Université Grégorienne ou lorsque vous menez un’e communauté de vie fraternelle, avec l’aide des Pères spiritains de la Via Santa Chiara, au coeur de cette ville de Rome si riche de l’histoire de l’Eglise et si marquée par la catholicité. Dans cette voie, Nous vous encourageons de grand coeur et vous donnons, en témoignage de Notre paternelle affection, Notre Bénédiction Apostolique.

Sacerdoti novelli dei Collegi Inglese, Americano del Nord e degli Oblati di Maria Immacolata

Our greetings of grace and peace in Christ go to the newly-ordained priest of the Venerable English College and to those of the Congregation of the Oblates of the Mary Immaculate. We invoke upon your ministry, dear sons, the assistance of God’s Spirit. We pray that the Lord will assist you to bring his saving Word and life-giving grace to many of his brethren. Our affection accompanies you in your service of Christ and his Church. To you and to your parents, relatives and friends We impart Our Apostolic Blessing.

We are pleased to welcome the families and friends of students from the North American College. You have come for their ordination to the priesthood which will take place in the Basilica of St. Peter. You will be witnesses to the deepening of that bond of unity and love which links the Church in the United States and the Church in Rome. You will be witnesses also to a great happiness as the Church raises those young men to the priesthood and makes them ministers of the saving Word and life-giving presence of Jesus Christ. We pray that the Savior will grant you and your loved ones every joy and peace.

Funzionari in arduo e delicato servizio

Siamo lieti di accogliere stamane un numeroso gruppo di funzionari appaltatori e pensionati delle Imposte di Consumo, provenienti da ogni parte d’Italia, in rappresentanza di tutti i loro colleghi.

Vi diamo di cuore il Nostro benvenuto con sincero affetto, figli carissimi, assicurandovi che abbiamo molto apprezzato il significato della vostra visita a Noi graditissima. Questa voi avete voluto espressamente sollecitare prima che la grande famiglia costituita dagli addetti al vostro settore si sciolga, in seguito alla prossima andata in vigore della riforma tributaria. Sappiamo bene quante qualità e doti sono state richieste a voi per assolvere degnamente il vostro arduo e delicato servizio. Queste stesse doti Noi vi esortiamo a coltivare sempre, perché costituiranno senza dubbio un aiuto prezioso per lo svolgimento delle vostre future attività, specialmente se ad esse si accompagnerà la testimonianza di una vita cristianamente vissuta.

È questo l’augurio con cui Noi intendiamo accompagnarvi nelle nuove vie che vi si aprono davanti, e che avvaloreremo con la Nostra preghiera mentre ora a voi presenti, ai vostri familiari e a tutti i vostri colleghi impartiamo l’Apostolica Benedizione.

Dipendenti di industria farmaceutica spagnuola

Nos complacemos en dirigir un especial saludo de bienvenida y gratitud a vosotros, amadísimos empleados y dirigentes de los «Laboratorios Farmacéuticos Españoles ESSEX», que habéis querido señalar esta peregrinación a la Ciudad Eterna con un gesto de generosidad hacia las Misiones Católicas.

En la cercanía de la Navidad, pedimos al Señor que colme de un profundo gozo espiritual a vosotros, a vuestras familias y a vuestros compañeros de trabajo, confiando en que la contemplación del amor de Dios hecho Hombre por nosotros os anime a una vida cristiana cada vez más sincera, y aumente en vuestros corazones el sentido de solidaridad hacia los que sufren y están necesitados.

En prueba de Nuestro paternal afecto y en prenda de abundantes gracias divinas, otorgamos de corazón a vosotros y a vuestros seres queridos una especial Bendición Apostólica.

Per un dispensario antilebbra

È oggi presente un gruppo, che ci dà molta consolazione e che desideriamo perciò salutare con particolare affetto: sono i parroci, i sacerdoti, gli zelatori e le zelatrici di Civita Castellana, Orte e Gallese, guidati dal loro Vescovo, Monsignor Roberto Massimiliani, i quali hanno raccolto i fondi necessari per la costruzione di un dispensario antilebbra a Ouagadougou, nell’Alto Volta, e ce ne hanno portato la prima pietra affinché la benedicessimo. Lo faremo di tutto cuore! Sappiamo che l’iniziativa ha suscitato particolari frutti di bene in tutte le parrocchie della diocesi, specialmente nella cara gioventù; e non potrebbe essere altrimenti, perché l’attività missionaria, come un buon seme, è destinata ad espandersi e a moltiplicarsi rendendo anche il cento per uno, perché il Signore non lascia senza ricompensa quanto è compiuto per il suo Regno (Mt 10,41-42). Voi avete cercato di mettere in pratica le esortazioni del Concilio Vaticano II in merito alla cooperazione missionaria (Ad gentes AGD 35-41); e con ciò stesso avete dato prova di voler vivere, nella sua estensione e nei suoi obblighi, quel «rinnovamento interiore» (Ibid., 36) che è richiesto ai figli della Chiesa perché la loro azione missionaria sia autentica e feconda, veramente formativa per chi la compie, e destinata ad essere probante testimonianza di verità e di amore per coloro ai quali si rivolge. Il Signore accompagni gli sforzi del Vescovo e della diocesi con ogni suo dono di grazia e di incremento spirituale! E la Nostra Apostolica Benedizione tutti incoraggi a perseverare lietamente nell’impegno assunto con tanta generosità.


Mercoledì, 29 dicembre 1971


Paolo VI Catechesi 24111