Paolo VI Catechesi 25042

Martedì, 25 aprile 1972

25042

Il pensiero della Pasqua, testé celebrata, ci segue, ci insegue. Non possiamo staccarci dalla riflessione del mistero pasquale. È la liturgia che ci esorta a prolungarla, poiché prolunga i suoi riti ed i suoi canti, su tale mistero, che del resto domina la teologia, anzi tutta la vita cristiana.

Come mai questo? Per la novità, l’eccezionalità propria del mistero, cioè la risurrezione di Cristo, «primogenito dei morti» (
Ap 1,5 Col 1,18) ritornati alla vita, e con ciò stesso diventato capo e fondatore d’un ordine nuovo; e per la novità che questa inaugurazione d’un nuovo e stupendo disegno divino riverbera sui destini dell’umanità, sul nostro personale destino. La Pasqua, non solo ci fa assistere al passaggio di Cristo dalla morte alla vita, ma instaura altresì una novità di vita per noi.


L'ANNUNCIO DELLA NOVITÀ

Bisogna che ci facciamo, per quanto è possibile, un qualche concetto di questa novità. Il concetto di novità, applicato alla vita stessa dell’uomo, è uno dei cardini della nostra fede, come è uno dei principi della vita spirituale e morale. E non è facile, nemmeno con l’immaginazione, entrare in questo regno delle meraviglie, che l’onnipotenza e la bontà di Dio «ha preparato per coloro che lo amano» (1Co 2,9). La Sacra Scrittura lascia trasparire qua e là un senso incantatore di questo ordine misterioso, al quale siamo incamminati. Ecce nova facio omnia esclama Colui che, nell’Apocalisse, siede sul trono della sua gloria: Io faccio nuova ogni cosa! È l’eco d’un vaticinio del profeta Isaia (Is 43,19), e che lascia intravedere una metamorfosi non solo nel campo umano, ma altresì nel cosmo (2Co 5,17 Is 65,17 2P 3,13 etc.); tanto che l’orecchio metafisico di San Paolo riesce a percepire il gemito «d’ogni creatura che... è nelle doglie fino a questo momento; e non soltanto essa, ma noi pure che abbiamo le primizie dello Spirito; noi stessi gemiamo dentro di noi aspettando ansiosamente l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo; infatti siamo stati salvati nella speranza» (Rm 8,22-24).

L’annuncio della novità si svolge in sistema, di cui noi ora annunciamo soltanto i capitoli. Capitolo primo, dicevamo, la novità della vita di Cristo: Egli, risorto, è proprio Lui in carne ed ossa, ma animato da leggi diverse da quelle che governano l’essere umano psicosomatico nel presente ordine temporale; la Sua è una vita nuova risuscitata e animata dallo Spirito Santo (Lc 24,39); è una vita caratterizzata da uno stato di superamento, uno stato di vittoria (Cfr. Rm 8,11).

Questo passaggio ad una pienezza nuova di vita, a noi pure conferita, avviene per gradi. Il primo grado, e in certo senso principale, è il passaggio dallo stato di peccato, cioè di rottura dalla sorgente della vita che è Dio, da uno stato di morte, che è conferito a noi dal battesimo; è questa Ia prima e sovrana novità, la prima e fondamentale liberazione. Se Cristiani, noi camminiamo già in navitate vitae (Cfr. 1Co 15,54 1Co 15,9 1Co 6,4), possediamo ad uno stato iniziale, non sperimentale, ma reale, la grande novità della vita che non muore, candidata alla finale risurrezione.


UNO STILE NUOVO

Questa presente condizione comporta, cioè rende possibile, ed esige un’altra novità, quella spirituale che si esprime nel saperci ed in parte almeno nel sentirci figli di Dio, rinati, elevati ad un livello soprannaturale di esistenza. Abbiamo coscienza di questa fortuna? Di questa novità? Se sì, comprendiamo che una novità, morale questa, deve imprimere alla nostra vita uno stile suo proprio, uno stile cristiano, uno stile nuovo. Anzi, come c’insegna la Sacra Scrittura, dobbiamo lasciare cadere in noi l’«uomo vecchio», e dobbiamo rivestirci dell’«uomo nuovo». Questa parola è un programma. I maestri di spirito trovano tema di ampli e bellissimi insegnamenti: un «abito nuovo» questo, che non si logora, ma che da sé si rinnova, come insegna San Paolo (Col 3,10 Ep 4,23-24 Rm 12,2 2Co 4,16). Uno stile nuovo, lo stile cristiano, sempre in via di perfezionamento, fino all’inverosimile, alla santità; lo insegna Gesù: «Siate perfetti come il Padre vostro celeste . . .» (Mt 5,48 Col 4,12 etc.).


IN VISTA DELLA VITA FUTURA

Per un cristiano il rinnovamento continuo è programma. Il principio aristotelico della immobilità del centro come principio della mobilità del cerchio intorno al centro rispecchia bene la vita cristiana. Fissità e novità: sono termini che riguardano essenzialmente la vita cristiana, simultaneamente.

E questo binomio di fissità e di novità dovrebbe esserci sempre presente, e darci risposta, sia dottrinale che pratica, alla grande questione modernissima del come essere cristiani fedeli, autentici, liberi e radicati in verità, in forme di vita, che non possono subire variazioni, e del come essere fervorosi e sempre tesi verso forme nuove di vita sempre fiorente di innovazioni e di progresso: bisogna tendere ad un rinnovamento continuo di vita (Cfr. Rm 6,4), nella fissità forte ed univoca alla fede (1P 5). Questa combinazione fra la fissità nella fede, nella speranza, nella carità, nell’ansia della coerenza e dell’autenticità cristiana, con la tensione verso l’esplorazione inesauribile della verità rivelata, nella vivace genialità dell’imitazione di Cristo e del servizio, sempre nuovo, sempre inventivo, alla salute dei fratelli, dovrebbe essere una delle aspirazioni costanti del cristiano autentico; dovrebbe, cioè, la nostra capacità di resistenza allo spirito rivoluzionario proprio del nostro secolo, e di emulazione vittoriosa nello stesso tempo nell’imprimere alla nostra vita cristiana un’agilità di movimenti, una genialità di operazioni benefiche, una freschezza di espressioni spirituali, apostoliche ed artistiche, ricordare a noi stessi il genio del cristianesimo, ch’è una sempre nuova fioritura di vita presente, cioè precaria in vista della futura, ma sicura dell’eternità; e dimostrare agli altri la coerenza e la fedeltà della nostra vita al Cristo risorto, «che ormai più non muore» (Rm 6,9).

Con la nostra Benedizione.


Diocesi di Parma

Rivolgiamo ora un cordiale saluto al pellegrinaggio della diocesi di Parma, guidato dal Vescovo Mons. Amilcare Pasini, e organizzato dall’Opera Diocesana per le Vocazioni Ecclesiastiche allo scopo di suscitare l’interessamento dei fedeli su questo problema.

Ecco un’iniziativa che raccoglie la nostra aperta lode e il nostro vivissimo incoraggiamento. Vi esprimiamo perciò, figli carissimi, la nostra gratitudine per il grande conforto che ci procurate con tale impegno, dimostrando così di aver fatto vostro l’ammonimento del Concilio che dice: «Il dovere di dare incremento alle vocazioni . . . spetta a tutta la comunità cristiana» (Optatam totius OT 2). Vi esortiamo pertanto a perseverare con fiducia ed auguriamo di cuore che attraverso i vostri sforzi possa sempre più allargarsi quel concorso spirituale e morale che offre l’ambiente favorevole al fiorire delle vocazioni, e che è dato anzitutto, come lo stesso Concilio afferma, «con una vita pienamente cristiana» e con «la fervente preghiera» (Ibid. OT 2). A tal fine volentieri vi impartiamo la nostra Apostolica Benedizione.

Suore di S. Francesco di Sales

Rivolgiamo ora un saluto alle Figlie di San Francesco di Sales, qui presenti con le loro ex-alunne ed alunne, in occasione del primo Centenario di vita della loro Congregazione. La nostra parola vuol essere di compiacimento e di augurio. Compiacimento, anzitutto, per lo sviluppo che la vostra Famiglia Religiosa ha avuto fino ad oggi, dai suoi umili inizi a Lugo di Romagna, il 23 agosto del 1872, quando il locale Prevosto Don Carlo Cavina volle formare un gruppo di apostole della preghiera, della parola e dell’azione fra la gioventù, fra gli ammalati e fra gli anziani, per vivere l’ideale della Croce e della santità secondo lo spirito di grande equilibrio e di serena dolcezza, che promana dalla figura e dall’opera di S. Francesco di Sales. In questi cento anni la Congregazione è aumentata di numero, si è estesa in Francia, e di recente si è anche impegnata nell’azione missionaria diretta. È un segno di vitalità; di qui perciò il nostro augurio, che vi facciamo nel nome del Signore, affinché, fedeli alla fisionomia del vostro Istituto, possiate attendere generosamente alla vita di perfezione per meglio servire la Chiesa. Come ha sottolineato il Concilio Vaticano II, le anime consacrate «quanto più fervorosamente si uniscono a Cristo con questa donazione di sé, che abbraccia tutta la loro esistenza, tanto più la vita della Chiesa si arricchisce ed il suo apostolato diviene vigorosamente fecondo» (Perfectae caritatis PC 1). Su questa via luminosa di dedizione e di servizio a Cristo e alle anime la vostra Congregazione sappia trovare sempre l’ispirazione per percorrere il suo cammino, in felice continuità con la sua tradizione centenaria, e in uno slancio che si protenda verso il futuro. A tanto vi conforti la nostra Benedizione Apostolica.

Pastori luterani della Svezia

We are pleased to welcome the Right Reverend Dottor Sven Silen, Bishop of the Lutheran Diocese of Västeräs in Sweden and many of his clergy with their wives.

You have come as pilgrims to the shrines of the great apostles and martyrs of the Church in Rome. You have also wished to make contact with the present-day Church here by paying us this visit, which-we assure you-is deeply appreciated, and by meeting the Clergy of Rome. Such contacts are welcome and indeed necessary if our Churches are to develop mutual confidence and work together for the restoration of the full unity willed by Christ. We hope that your visit will mark yet another stage on the road to the reconciliation of full fellowship in faith and charity. We assure you of our affection and of our prayers.



Mercoledì, 3 maggio 1972

30572

L'udienza settimanale, durante questo periodo successivo alla Pasqua, trova ancora nella riflessione di questo unico e grande avvenimento, la risurrezione di Cristo, fatto e mistero centrale di tutta l’economia della salvezza, il suo tema preferito. La Pasqua ci insegue, e ci obbliga a domandare a noi stessi se abbiamo dato il debito rilievo al rapporto che la risurrezione del Signore ha con il nostro destino personale, cioè con la nostra risurrezione personale «nell’ultimo giorno» (Cfr.
Jn 6,39-40, etc.).



NUOVO DESTINO

Il Signore ha vinto la morte per Se stesso; ma l’ha vinta potenzialmente anche per noi. E questa vittoria riguarda, non già la nostra anima, la quale è di natura sua immortale (verità questa importantissima, alla quale troppo poco si pensa, e della quale ci è difficile farci un concetto adeguato), riguarda anche il nostro corpo, questo nostro corpo animale e mortale, che ora fa tutt’uno con la nostra anima, ne è lo strumento vitale, e funziona da orologio della nostra presenza nel tempo, destinato poi alla dissoluzione totale (ricordate lo spietato realismo della cerimonia delle «Ceneri»: «ricordati, uomo, che sei polvere, ed in polvere devi ritornare»? - Gn 3,19 -).

La Pasqua dice no a questa dissoluzione. Un nuovo destino ci è assicurato. Le nostre ceneri si ricomporranno, rivivranno. La risurrezione di Cristo sarà la nostra. Ascoltiamo S. Paolo: «Non vogliamo poi, o fratelli, che siate nell’ignoranza per ciò che riguarda quelli che dormono (il sonno della morte), affinché non vi rattristiate, come gli altri che non hanno speranza. Se crediamo che Gesù è morto ed è risuscitato, parimente Iddio coloro che sono morti per via di Gesù li ricondurrà con sé» (1Th 4,13-14).

È veramente un annuncio sbalorditivo, per il suo aspetto consolantissimo, e per il suo aspetto straordinario. La nostra esperienza lo direbbe inconcepibile, impossibile. La nostra fede - siamo nel pieno suo campo - lo dice invece sicuro, certissimo. Così è la Parola di Dio, autenticata in questo caso dal fatto della risurrezione di Cristo.

E come mai la risurrezione di Cristo comporta la nostra?



UN’OPERA DELL’ONNIPOTENZA DIVINA

Qui si entra nelle profondità d’un’altra realtà, d’un altro mistero; ed è l’unione che associa il capo del corpo mistico, capo che è Cristo, alle sue membra, che siamo noi: se è risorto il capo, risorgeranno le membra. E San Paolo argomenta: chi sostenesse che le membra non risorgono, concluderebbe che anche il capo non è risorto; il che, per tutta la concezione del piano della salvezza cristiana, è inconcepibile. L’affermazione e l’argomentazione dell’Apostolo non potrebbero essere più esplicite e categoriche; si veda il famoso passo della I lettera ai Corinti, al capo XV (1Co 15,12-19). È così forte l’annuncio e così estraneo alla terribilità della morte disgregatrice del nostro essere corporeo, che noi restiamo con una disorientata domanda nella mente: «come possono risorgere i morti? Con quale corpo?» (1Co 15,35). E qui S. Paolo a spiegarci che la nostra risurrezione è un’opera dell’onnipotenza divina, trionfatrice della ‘morte fuori ogni prevedibilità, solo riferibile alla analogia del seme, che nel processo vegetativo, pur conservando una sua identità essenziale, subisce radicali metamorfosi: «si semina un corpo corruttibile, risorge incorruttibile; si semina ignobile, risorge glorioso; si semina debole, risorge in forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale» (1Co 15,42-44 cfr. ALLO, I Lett. ai Cor., h. 1). E se queste similitudini placano in certo modo la nostra cieca e barcollante curiosità con la rivelazione d’una palingenesi, vittoriosa d’ogni difficoltà proveniente dall’ordine fisico, fisiologico e biologico, o comunque sperimentale, non le danno alla fine altra soddisfazione che quella della fede: non si tratta di fantasia, di sogno, di mito; si tratta d’una verità, d’una realtà, che sfugge alla nostra presente capacità conoscitiva, salvo che per riferimento a Cristo, causa esemplare, in quanto uomo, nuovo Adamo, capostipite d’una nuova umanità (1Co 1 1Co 5,20-23), e causa efficiente, in quanto Verbo di Dio, fonte e datore della vita (Mt 22,31-32 Jn 5,21 cfr. S. TH. III 56,0).

Ed è così che ciascuno di noi, seguace e credente di Cristo, osa dire, e tutti insieme lo osiamo, al termine della nostra professione di fede: io aspetto la risurrezione della carne e la vita del secolo dell’al di là.

È l’affermazione dell’esistenza oltre tomba, ultima ed eterna, escatologica, personale, piena, perfetta e felice, mediante Cristo vincitore della morte (Cfr. Rm 4,25).



LA RIGENERAZIONE DELLA VITA ETERNA

Ed è tale affermazione che deve proiettarsi su tutta la vita presente, alla quale dà un senso, un valore, una speranza, che le dà carattere di vita nuova e che solo Cristo per noi morto e risorto può conferirle. La nostra fede, il nostro culto, la nostra adesione a Cristo morto e risorto non saranno mai abbastanza grandi e coscienti quanto dovrebbero esserlo.

Dà una sorte nuova, un conforto, una dignità anche al nostro corpo, che possiamo chiamare «carne», senza timore che la sua sostanza animale e che la sua imputabilità tentatrice e peccaminosa, come vittima del peccato originale, e fomite di tanti peccati attuali, possa turbarci, perché anch’essa, la carne, la nostra umanità corporea, è stata assunta dalla Persona del Verbo e in lui associata alla natura divina: «il Verbo si è fatto carne» (Jn 1,14); ed è destinata oggi alla disciplina della purità e della vera bellezza, domani alla rigenerazione angelica della vita eterna (Cfr. Mt 22,30). È assai importante per tutto il costume umano e cristiano. Oggi specialmente.

E per noi, figli della Chiesa cattolica, ciò è la scuola e fonte d’uno stile squisitamente cristiano, specialmente in questo mese di maggio, invitati come siamo umili e devoti a particolare venerazione a Maria Santissima, in cui il mistero pasquale ha avuto il suo pieno e anticipato trionfo. Con la nostra Benedizione Apostolica.

Studenti universitari americani

We extend a special greeting to the American University Students who are here in Rome to complete their studies at the Center sponsored by Loyola University of Chicago. We express the hope that their stay in this City, which is so rich in evidence of human and Christian civilization, will effectively assist in their training and prepare them for a life profoundly inspired by truth, justice and love, for their own good and that of today’s society.

We know that these young students, sharing the same ideals as many of their fellow-students in the United States and in the rest of the world, are now suffering because of the aggravation of the war in Vietnam in which their country is involved.

As the Representative of Christ, Teacher and King of Peace, we are obliged to deplore every war: in its causes, in its inhuman violence and in its murderous and senseless destruction.

We wish to consider ourselves close to all those, whether civilians or military, who have been suffering from this conflict for such a long time, in that distant and dear Country, a Nation which we esteem and love so much.

And we express the hope that on both sides the operations of war will come to an end, and that noble and generous proposals for rapid, sincere and effective negotiations for a ceasefire and for peace will prevail over every other interest, and that in this way an honorable and peaceful solution will be made possible.

May the Lord grant his consolation and assistance to all those suffering because of this painful conflict, and give light and courage to those who are responsible for the destiny of peoples that they may reach a long-desired and happy conclusion to this ruinous controversy. For this intention we raise to the Lord our special prayers. And we invite you in particular, young American Students, to pray humbly and fervently for this same end and to place your hopes in the goodness of God and your confidence in men of good will.




Mercoledì, 10 maggio 1972

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Prima che si concluda il periodo pasquale diamo ancora un pensiero alla Pasqua, sempre ricordando l’importanza che essa occupa nel sistema dottrinale cristiano, nel ciclo liturgico della Chiesa, nella nostra vita spirituale. «Occorre che noi riconosciamo, scrive uno dei più dotti liturgisti contemporanei, nel mistero pasquale il centro della nostra esistenza cristiana» (J. S. JUNGMANN, Tradit. lit. 346).



INFUSIONE DI VITA NUOVA

Se così è, dobbiamo cercare quale sia effettivamente il nostro rapporto primo ed essenziale con questo mistero pasquale; come cioè noi ne diventiamo partecipi, come esso si rifletta in noi nel suo duplice aspetto di morte e di vita, sia nel segno che nella sua mistica realtà. Questo primo rapporto, sappiamo bene, è stabilito dal battesimo, che riproduce nel cristiano simbolicamente ed efficacemente il mistero pasquale, il mistero della morte e della risurrezione di Cristo, il mistero della nostra salvezza. È nota a tutti la dottrina di San Paolo: «Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, nella morte di lui siamo stati battezzati - egli scrive ai Romani -; siamo stati sepolti con lui per mezzo del battesimo nella morte, affinché, come fu risuscitato Cristo da morte per la gloria del Padre, così anche noi camminiamo in novità di vita» (
Rm 6,3-4). Ecco la Pasqua: muore e risorge Cristo; nascono, redenti dal peccato originale, i cristiani. Nasce il corpo mistico di Cristo, nasce la Chiesa. Dunque: «La finalità del battesimo è in primo luogo ecclesiale, e non escatologica, ciò che spiega il battesimo dei bambini» (A. HAMMAN, Baptême, p. 137).

Sarà molto istruttivo e molto utile per la nostra concezione della vita cristiana fissare il pensiero in questo punto focale della nostra fede: la risurrezione del Signore, la Pasqua, è diventata per noi, mediante il battesimo, l’infusione della vita nuova, soprannaturale, la quale si svolge, possiamo dire, in una sfera propriamente teologica, dominata dalle relazioni vitali e ineffabili con Dio Padre, con Cristo Salvatore, con lo Spirito Santo ed animatore; e nello stesso tempo in una sfera sociologica, nella comunione ecclesiale, fraterna e gerarchica, la Chiesa. Ancora S. Paolo ce lo insegna: «Tutti noi in un solo corpo siamo stati battezzati» (1Co 12,13).


L'APPARTENENZA ALLA CHIESA

Questa appartenenza alla Chiesa dovrebbe essere, nel ricordo e nella pratica, il frutto della nostra celebrazione pasquale.

Apparteniamo alla Chiesa. Non è un’appartenenza qualunque, esteriore, puramente formale, consistente in una celebrazione passeggera, che ci lascia quelli di prima. È questo un avvertimento che troviamo nelle esortazioni ai neofiti nella Chiesa primitiva, in occasione, ad esempio, della deposizione delle vesti candide, di cui erano ornati i neo-battezzati, durante la prima settimana dopo la Pasqua, fino alla così detta Domenica in Albis (cioè in vestibus albis depositis). Con la Pasqua e con il Battesimo che la inserisce nella vita dell’uomo (e, aggiungiamo, con gli altri sacramenti che ne fanno rivivere la grazia, come la Penitenza, sacramento esso pure di reviviscenza, e come l’Eucaristia, sacramento che alimenta la fede con la pienezza della carità), è inaugurata una nuova esistenza che deve avere carattere di stabilità. Ce lo ricorda S. Agostino, parlando ai fanciulli circa i sacramenti da loro appena ricevuti: «Ciò che tu vedi, passa; ma ciò che è stato significato ed è invisibile, non passa, rimane» (S. AUG. Sermo 227; PL 38, 1001). La prima esigenza di chi è diventato cristiano è la costanza, è la perseveranza; essa ci è ricordata e confortata dalla ricorrenza settimanale della domenica, con i suoi obblighi religiosi e la sua rinnovazione festiva del giorno del Signore, della Pasqua. La stabilità! Quanto impegna il cristiano! L’educazione vi è intimamente collegata; ch’è quanto dire che un cristiano dev’essere fedele (non è questa qualifica un sinonimo di cristiano?), dev’essere coerente, dev’essere forte, dev’essere franco, dev’essere umilmente fiero di definirsi tale, e pronto, ove occorra, alla testimonianza del proprio titolo privilegiato di cristiano. Scrive S. Pietro nella sua prima lettera per infondere coraggio ai primi fedeli già provati dall’impopolarità e dalle incipienti persecuzioni: «Che nessuno di voi tolleri d’essere ritenuto come un delinquente . . . Ma se siete maltrattati perché cristiani, non arrossite; date piuttosto gloria a Dio per questo nome» (1P 4,15-16).



LE ESIGENZE INALIENABILI DELLA SEQUELA DI CRISTO

Quale coscienza profonda e forte dovrebbe generare in noi la novità della vita cristiana, quale originalità di stile nella forma mentis, nella mentalità, nel costume, nel rapporto sociale!

Oggi questa concezione caratteristica dell’appartenenza a Cristo e alla società visibile e spirituale da Lui fondata, la quale attualizza la presenza e la missione di Lui nella storia, in seno all’umanità, cioè alla Chiesa, non è sempre di moda. Anzi è contraddetta. Per il fatto che essa, la Chiesa, vive nel mondo e per il mondo, si diffonde l’opinione, anzi l’idea che la Chiesa deve diluirsi nel mondo, assimilarsi al costume ambientale, accogliere ideologie e abitudini correnti nella società profana; deve secolarizzarsi.

Si parla assai oggi della secolarizzazione nella Chiesa, fino a professarla come una rinnovazione, come una liberazione, come una penetrazione del messaggio cristiano nella società moderna. Anche noi avremmo molto da dire in proposito, sì, per dare alla vita ecclesiale forme e norme corrispondenti ai bisogni dei tempi, e per aprire alla testimonianza della fede e all’effusione della carità le vie nuove e genuine della perenne vitalità della Chiesa vivente. Ma non senza ricordare ai fedeli le esigenze inalienabili della sequela di Cristo, e quelle vigenti e responsabili ch’essa reca con sé.

Ci limitiamo ora a raccomandare a tutti di vivere il mistero pasquale, con il senso di Cristo e con il senso della Chiesa che gli è dovuto.

E con la nostra Benedizione Apostolica.

I corsi di perfezionamento dell’IRI

Rivolgiamo un cordiale saluto ai partecipanti ai Corsi di perfezionamento promossi dall’Istituto per la Ricostruzione Industriale per i quadri tecnici delle Nazioni in via di sviluppo.

Ben volentieri, cari Signori, abbiamo accolto il desiderio che avete avuto di visitarci prima di ripartire per i vostri rispettivi Paesi, e ve ne ringraziamo di cuore. Voi avete trascorso mesi estremamente fruttuosi durante i Corsi cui avete partecipato. Il vostro soggiorno qui in Italia vi ha arricchito di preziose esperienze, permettendovi di perfezionare il vostro sapere teorico e pratico e mettendovi così in condizione di servire meglio il bene comune delle Nazioni alle quali appartenete. Noi ci rallegriamo con voi, e ci auguriamo che, attraverso la vostra fattiva collaborazione, i vostri Paesi possano più facilmente raggiungere quel livello di vita migliore verso cui dirigono coraggiosamente i loro sforzi. Non occorre certo ricordarvi che il vero sviluppo di un popolo non è di ordine puramente materiale, ma si costruisce fondandolo sulle solide e sicure basi dei valori spirituali. Lavorate dunque per offrire alle vostre comunità un maggiore benessere e più ampie possibilità di espansione; ma nello stesso tempo preoccupatevi di assicurare il massimo rispetto dei valori morali e religiosi.

Formulando questi voti per voi, per le vostre famiglie e per le vostre Nazioni, noi vi invochiamo di gran cuore le più elette benedizioni del Signore.

Sull’addestramento professionale

Salutiamo ora, con grande e cordialissimo affetto, i cinquecento giovani, che frequentano i Centri di Istruzione e di Addestramento Professionale aderenti alla omonima Federazione Italiana (F.I.C.I.A.P.). Sono con loro il Presidente Don Pilla, il Direttore Generale del Ministero del Lavoro, Dott. Ghergo, gli Insegnanti e i familiari. A tutti il nostro benvenuto!

Voi rappresentate davanti ai nostri occhi i diecimila giovani, che nelle Scuole della vostra Federazione trovano la possibilità di qualificarsi professionalmente per prendere domani, ben preparati, il proprio posto nella società. L’istituzione a cui appartenete risponde ai segni dei tempi, sia perché dà alla gioventù uno strumento oggi indispensabile per potersi affermare nel lavoro e, quindi, nella vita, sia perché congiunge e avvalora gli sforzi delle varie scuole, insieme consociate, in un’azione di mutuo sostegno e perfezionamento, di cui e le scuole stesse e specialmente gli allievi non possono che avvantaggiarsi per conseguire i propri ideali.

Tale intento comunitario e formativo incoraggiamo di gran cuore; e a voi, qui presenti, come a tutti i vostri coetanei dei vari Centri di addestramento, di cuore impartiamo la nostra Benedizione.

Gli ospiti della Casa di riposo di Firenze

Tra i gruppi presenti stamane a questa Udienza, ve n’è uno che desta nel nostro cuore sentimenti del tutto particolari: sono i 75 ospiti della Casa di riposo, costruita a Firenze, per nostro desiderio, a ricordo della visita che facemmo nella notte di Natale del 1966 a quella Città, che stava vigorosamente sollevandosi dalle conseguenze della tragica alluvione del novembre dello stesso anno. Vi salutiamo con grande affetto, e con voi diamo il benvenuto al costruttore dell’edificio, Ing. Boldrini, al primario Prof. Sesti che disinteressatamente vi assiste, e alle Figlie della Carità alle quali è affidata la direzione della Casa. Voi ci portate il saluto di tutti gli altri ospiti, che con voi hanno trovato in essa un’oasi di serenità; soprattutto ci rinnovate il ricordo di quelle indimenticabili ore passate a Firenze, ancora segnata dalle vive cicatrici della rovina subita, in un Natale di preghiera, di commozione, di speranza, in cui ci sentimmo tutti più intensamente uniti nel vincolo dell’amore di Cristo, nato per noi nella povertà e nell’abbandono per fare di noi i figli di Dio.

Sappiamo bene, per diretta informazione, che siete contenti di trovarvi nella Casa costruita per voi; e soprattutto ci rallegriamo per il tono che in essa regna: tono di semplicità, di letizia e di fraterna carità, che si esplica nel mutuo rispetto e nella cordiale collaborazione, fatta di piccole attenzioni che rendono leggero il peso degli anni e serena la coabitazione. Ci piace perciò pensare alla vostra Casa come a un fiore gentile, spuntato come una promessa di pace tra il fango e le rovine di quel doloroso avvenimento, e come un segno della bontà e della Provvidenza del Signore, che prova noi suoi figli solo per renderci più puri e più buoni, più aperti alla dolcezza e alla compassione, più maturi nella nostra fede e nella nostra fortezza cristiana.

Vi ringraziamo della testimonianza che date; e specialmente vi diciamo la nostra riconoscenza per la delicatezza, con cui tutti gli ospiti della Casa hanno preparato un ricco tesoro spirituale in previsione di questo pellegrinaggio. Dite ai cari amici, restati a Firenze, che il Papa è rimasto commosso della loro generosità, li segue con tanto affetto, li pensa nelle sue preghiere quotidiane. A tutti la nostra Benedizione.

I pionieri della bonifica delle Paludi Pontine

Con sincera gioia salutiamo stamane i membri dell’Associazione tra i Pionieri della Bonifica delle Paludi Pontine, venuti da ogni parte d’Italia a porgerci il loro omaggio insieme alle autorità religiose e civili della provincia pontina.

La vostra presenza, figli carissimi, richiama alla nostra mente l’opera altamente benemerita, ormai lontana nel tempo ma ancor presente nella memoria degli italiani, che voi avete svolto per sottrarre le terre dell’agro pontino dal loro secolare stato di insalubrità e di abbandono. Ciò facendo, voi ponevate le sicure basi del prospero avvenire di quella zona. La vostra fu allora un’impresa coraggiosa per la quale furono necessari sforzi e disagi a non finire; ma guardando ora gli sviluppi di quella regione con la sua fiorente agricoltura e i suoi numerosi complessi industriali in atto, voi potete rendervi conto del valore dei vostri sacrifici. Vorremmo che la vostra esperienza servisse di ammaestramento e di stimolo, ai giovani soprattutto, che in un’epoca come la nostra hanno più che mai bisogno di questi esempi di coraggio, di tenacia, di intraprendenza, per affrontare con fiducia il loro avvenire.

Accogliete pertanto i sentimenti della nostra simpatia e della nostra stima, figli carissimi; e mentre vi ringraziamo per la visita graditissima, di cuore impartiamo a voi qui presenti e a tutti i vostri cari la confortatrice Apostolica Benedizione.

Giovani indiane

India is a country for whose ancient traditions we have very high esteem, and which we had the great pleasure of visiting on the occasion of the International Eucharistic Congress in Bombay. Today we welcome most cordially the group of fifty pilgrims from Kerala. You are here in Europe that you may learn to be better able to serve your country and all your fellowmen. May God assist you in your studies and in your future service, and may he bestow his graces abundantly on you and on all the dear people of India.

Insegnanti e studenti svedesi

To the group of teachers and students from Framnäs in Sweden we give a special welcome. We hope that your visit to Rome will be a memorable one and the occasion of receiving many spiritual graces. It is our prayer that you will always experience the powerful assistance of God in your own lives and in your work for others, and that you will constantly be grateful for the blessings he will bestow.

I dirigenti di «Radio Popular» nella Spagna

Nos complacemos en dirigir un saludo especial a los dirigentes y miembros de la «Cadena de Ondas Populares Españolas», emisoras dependientes del Episcopado: Os agradecemos de corazón esta visita que nos haceis acompañados de monseñor Antonio Montero.

En vísperas de la Jornada Mundial de las Comunicaciones Sociales, os exhortamos de un modo particular a continuar con entusiasmo vuestra noble y cristiana misión de informar, orientar y proclamar la verdad con espíritu apostólico y voluntad de servicio; tratando de reavivar siempre en los ánimos de los oyentes la actualidad perenne del mensaje de Cristo y fomentando sentimientos de amor y de paz.

En prenda de la divina asistencia, impartimos a vosotros y a vuestros radioyentes nuestra paternal Bendición Apostólica.

Pellegrini dell’arcidiocesi di Colonia

Ein wort besonderer Begrüssung richten Wir an den Pilgerzug der Lesergemeinde der "Kirchenzeitung für das Erzbistum Köln". Liebe Söhne und Töchter! Wir heissen Sie alle herzlich willkommen. Sie kommen von Köln. Vor vielen Jahren waren auch Wir als junger Priester im "heiligen Köln" und bewunderten staunend Ihren herrlichen Dom. Dieser Dom ist Symbol für die jahrhundertealte christliche Vergangenheit Ihrer Heimat. Sie sind in dieses heilige Erbe eingetreten. Bleiben Sie darum stets treu Ihrem katholischen Glauben, der den Ruhm Ihrer Stadt und Ihres Landes in die ganze Welt getragen hat. Bemühen Sie sich aber auch als mündige Christen, Ihren Glauben durch ein vorbildliches christliches Leben in die Tat umzusetzen. Dazu erteilen Wir Ihnen und allen Anwesenden von Herzen den Apostolischen Segen.

Folta delegazione dei prediletti dal Signore

Grande è il conforto - così il Santo Padre nell’aula della Benedizione, dopo l’udienza generale - che ci recate con la vostra affettuosa e numerosa presenza - siete 1600! - carissimi bambini, che recentemente avete fatto la Prima Comunione, e voi, studenti di varie parti d’Italia, tutti convenuti con i vostri Sacerdoti, Catechisti e Insegnanti per esprimerci i vostri sentimenti.

Come è già avvenuto nelle scorse settimane, per altri giovani, ci fa tanto piacere soffermarci, sia pure un istante, tra di voi: e vorremmo quasi che il tempo si fermasse, dopo l’intenso succedersi dei nostri impegni in questa mattinata, per dedicarci a tutto nostro agio ai vostri singoli gruppi, e dirvi la nostra benevolenza, esprimervi la nostra speranza.

Sì, speranza! Voi, infatti, siete la promessa del domani! Voi siete la speranza della Chiesa e della società! Nel guardarvi, pensiamo con trepidazione, ma al tempo stesso con fiducia, a quello che sarete, a ciò che Dio chiederà a ciascuno. Nelle vie che la vita vi schiude, e alle quali state preparandovi nel compimento dei vostri doveri quotidiani, ciascuno di voi ha segnata la propria missione: nella professione, nel lavoro, nella famiglia, nella società, nella Chiesa! Dovrete dare il vostro contributo, con profonda consapevolezza che il Signore ve ne chiederà conto. E questa missione voi la state preparando oggi, con la serietà del vostro impegno di cristiani, con la diligenza della vostra applicazione allo studio. Quale responsabilità, ma anche quale grandezza hanno gli anni, splendidi e promettenti, che state vivendo!

Vi aiuti il Signore a non passarli invano. Noi preghiamo per voi, affinché dall’amicizia con Cristo sappiate trarre la forza per essere sempre all’altezza di tale compito: lo diciamo a voi, che avete ricevuto per la prima volta Gesù nell’Eucaristia, e che dovete mantenere intatta la fragranza di quell’incontro; lo diciamo a voi, studenti medi e superiori, per i quali la vita sacramentale e la cultura religiosa devono essere il cardine della vostra formazione, affinché troviate nel Cristo la sorgente di luce per la vostra intelligenza e di energia per la vostra volontà, per non abbandonarvi al conformismo dei pavidi e dei deboli, ma andare contro corrente, se necessario, perché non si sviliscano le vostre meravigliose energie, e la vostra giovinezza sia sempre illuminata dalla luce e dalla gioia.

È questo l’augurio che vi facciamo; con la nostra Benedizione Apostolica, che estendiamo ai vostri cari, alle vostre scuole e a quanti con voi si preparano alla vita.

Sanitari specialisti per la cura della tubercolosi

Accogliamo volentieri un gruppo di giovani Sanitari di diverse A Nazioni, i quali stanno frequentando, presso l’Ospedale Sanatoriale «Carlo Forlanini» un Corso speciale di Epidemiologia e di Lotta contro la Tubercolosi, che si tiene sotto gli auspici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del competente Ministero Italiano.

Il saluto che vi rivolgiamo vuol essere non solo un ringraziamento per la visita, ma anche un incoraggiamento della qualificata attività, alla quale vi siete indirizzati. Sono studi specialistici quelli che ora vi impegnano e che vi riporteranno alle cliniche ed agli ospedali con quelle aggiornate cognizioni ed esperienze che l’odierno progresso scientifico mirabilmente suggerisce e propone. Sappiamo quanta strada abbiano percorso le discipline del settore, da voi prescelto, dopo le conquiste, per larga parte risolutive, del nostro secolo per debellare un male che, se in passato mieteva numerosissime vittime, non cessa di esser tuttora un flagello sociale.

Questo riferimento, che abbiamo fatto al valore della ricerca, vi dica il nostro apprezzamento e la nostra stima per la vostra arte, che è missione nobilissima di servizio e - nella misura in cui si ispira e conforma al convincimento religioso - assume spirituale rilievo e si fa donazione ai fratelli, nel nome di Colui che è il Padre comune degli uomini.

Su di voi e sul vostro lavoro invochiamo, in segno di benevolenza, l’abbondanza dei celesti favori, ed in tale augurio intendiamo comprendere gli insegnanti, i collaboratori e le vostre famiglie.



Mercoledì, 17 maggio 1972


Paolo VI Catechesi 25042