Paolo VI Catechesi 12772

Mercoledì, 12 luglio 1972

12772

Noi vorremmo invitarvi ad un’osservazione, altrettanto facile che importante, questa: noi abbiamo bisogno di ritrovare i principii, che devono essere alla base della nostra condotta.

Ricordiamo intanto che la nostra condotta è la cosa più importante della nostra vita. Se l’essere, cioè il vivere, è il valore supremo soggettivo, cioè per noi, l’agire, cioè l’uso della nostra vita, è il nostro dovere supremo.

L’agire pone allora la questione fondamentale: come agire? che cosa fare? e perché agire in un modo, piuttosto che in un altro? È ancora la questione morale, cioè la norma della nostra condotta, che si presenta alla nostra riflessione. Ripetiamo: sarebbe bene rimettere sotto esame, sotto studio questa fondamentale questione, cioè quella che riguarda il come dobbiamo vivere, e perché. Fondamentale, perché tale questione investe l’impiego che intendiamo fare della nostra esistenza, la forma che vogliamo imprimere alla nostra personalità, l’orientamento che dobbiamo desiderare anche per i nostri rapporti con gli altri, e in genere per il costume della società: tutto dipende da ciò che ognuno fa, e tutti insieme facciamo. Fondamentale poi per noi cristiani, che abbiamo una concezione della vita ben determinata: la nostra sorte ultima e definitiva risulterà da quanto abbiamo fatto. Ricordiamo la parabola dei talenti: i talenti, cioè i doni della vita, il ciò che siamo, possiamo considerarli come nostra fortuna, ma insieme come nostra responsabilità; l’uso che ne avremo fatto deciderà della nostra salvezza. La vita è come una nave; ciò che importa per una nave è il timone, il dove va, la direzione che prende, il porto a cui si dirige. Questo timone è il giudizio morale, anzi l’imperativo morale.

Ora noi non facciamo qui un sermone religioso (sarebbe quello che apre il grande schema dei famosi esercizi spirituali). Ci basta farvi notare che oggi il congegno del nostro timone, cioè del nostro giudizio e imperativo morale, si è non poco guastato, o inceppato, o complicato, o addirittura vorrebbe essere abolito. Come mai? non è la cosa più naturale e più semplice l’agire? Anzi, non siamo noi in un periodo d’intensità operativa? Tutti fanno, lavorano, accelerano, moltiplicano la loro attività; è vero. Ma con non poca confusione di idee, e quindi di azioni. Come e perché agire resta una duplice questione, che per molti, moltissimi si suppone risolta, o si crede non abbia bisogno di soluzione; basta agire, si dice, basta lavorare, basta riuscire, basta godere. Ma poi una specie di capogiro succede a questa attività, la quale non sa dare ragione di sé. Non assistiamo noi a fenomeni di contestazione radicale d’una società paga dei risultati del proprio operare, cioè del proprio benessere? non vediamo noi folle di giovani che dimostrano la sazietà, anzi la nausea del mondo operante e progredito?

E per di più, non vediamo noi la confusione penetrare proprio «nella stanza dei bottoni», cioè nella psicologia dell’uomo, là dove egli delibera sul governo da dare a se stesso? L’indifferenza morale non si presenta all’uomo moderno come la soluzione di tanti problemi relativi al suo operare, ai quali si affigge oggi l’etichetta di «tabù», e se ne squalifica così il contenuto, dandone per soluzione la negazione? e non assistiamo al corrompersi di costumi, che fino a ieri abbiamo chiamato virtù? e all’affermarsi di forme di insincerità, di delinquenza, di licenziosità, d’egoismo, di autolesionismo (vedi la droga), che ancora abbiamo il buon senso di classificare come fenomeni negativi, se pure - ahimé! - non poco diffusi nella vita sociale? Ed anche i fenomeni positivi, che per fortuna sono ancora tanto promossi e tanto cospicui nel mondo moderno, hanno essi sempre alla base dei principii razionali, validi e sufficienti a lungo andare, per sostenerli e per guidarli al vero buon fine dell’umanità, senza consentire che si ritorcano a suo danno? (Cfr. Tecnica e armamenti nucleari; igiene e «family planning», ecc.; cfr. PASCAL, Pensées, 335).

Potremmo continuare nell’indagine sulla carenza di principii morali scorrendo un’altra serie di inconvenienti perturbatori della vera azione umana, quelli che sono provocati dagli influssi esterni, e che danno all’uomo l’impressione d’agire bene, perché egli non mette molta fatica ad uniformarsi ad essi (vedi la politica, la moda, i divertimenti, ecc.), mentre in realtà egli vi si trova più passivo, che attivo.

La realtà è che l’azione umana, l’azione morale, quella a cui noi dobbiamo attribuire molta importanza, non è semplice, ma implica una quantità di fattori, alla loro volta assai complessi, i quali oggi sono tutti oggetto di studio, di teorie, di scuole, di tendenze, di divergenze, a cui la nostra azione si riferisce. Quali fattori? L’ereditarietà, e poi la libertà, la coscienza, il dovere, la legge, l’autorità, il costume . . . . entrano nell’azione umana, e ne dosano l’efficienza e ne qualificano il merito. Sarebbe bene chiarire in proposito le proprie idee, se vogliamo essere uomini intelligenti e liberi, e se vogliamo essere cristiani, docili e felici nell’essere tali.

Partiamo oggi dai primissimi gradini di questa scala che ci dovrebbe portare alla sommità della perfezione dell’agire umano.

Quali sono questi primissimi gradini?

Sono i principii innati e intuitivi della nostra ragione pratica. Li possiede anche un bambino al primo svegliarsi della mente, al primo albeggiare della coscienza. L’uomo ha il privilegio di conoscere l’ordine in cui vive; ed il primo imperativo che sorge in lui, quando scopre questo ordine, è questo: vivi secondo questo ordine; cioè secondo la tua natura; rispetta il tuo essere. Il che istintivamente si riveste di questa formula mentale e operativa: sii buono e fuggi il male. Il concetto di bene e di male è alla radice del nostro operare, e nasce da sé nella nostra coscienza. Di qui, si può dire, sgorga poi tutto il sistema morale. Donde la grande importanza pedagogica di mettere in forte rilievo il senso del bene e del male, e di sviluppare poi questo senso in un dialogo interiore della coscienza, che appunto si chiama morale quando si riferisce alla distinzione di ciò che è bene da ciò che è male, e quando avverte ch’essa parte da esigenza d’una radicale conformità alla nostra natura razionale, a sua volta penetrata da un’esigenza trascendente, ch’è la volontà creatrice di Dio.

Uomo, sii uomo; cristiano, sii cristiano. Ecco le prime feconde intuizioni dei principii del nostro operare. Da esse parte la nostra vocazione morale, alla quale noi dovremmo un rispetto logico e costante, che i maestri chiamano habitus, e qualificano con un termine caratteristico, la sinderesi, cioè l’orientamento diretto verso il bene operare, verso l’onestà della vita (Cfr. S. TH.
I 79,12; D. TH. C. XIV, II, 1992 ss.; PH. DELHAYE, La conscience morale du chrétìen, p. 86 ss.).

San Paolo, nel discorso che egli fa in propria difesa, a Gerusalemme, davanti al Preside Romano Felice, sigilla tutto questo in una formula, che possiamo fare programma basilare della nostra vita morale: «Io mi studio di conservare sempre incontaminata la mia coscienza . . .» (Ac 24,16). Così sia, con l’aiuto di Dio, per ciascuno di noi! Con la nostra Apostolica Benedizione.

Parrocchiani di Vallecorsa

Paolo VI ha poi avuto affettuose parole di saluto e di compiacimento per i pellegrini della cittadina di Vallecorsa in diocesi di Veroli-Frosinone, presenti col parroco di S. Martino don Ovidio Nardoni e col Sindaco avv. Angelo Ferrari. Essi hanno recato al Santo Padre una riproduzione dell’antica e prodigiosa immagine della Madonna della Sanità, venerata nella città fin dal 1300 e che cinquanta anni fa fu solennemente incoronata. Ad essi il Santo Padre ha detto:

È presente, oggi, accompagnato dal Sindaco e dal Parroco, un numeroso gruppo del Comune di Vallecorsa - in diocesi di Veroli-Frosinone - ove si conserva fin dal 1300 un affresco della Vergine, venerata col titolo di «Madonna della Sanità». Cinquant’anni or sono, l’immagine fu incoronata a cura del Capitolo Vaticano: e voi, carissimi parrocchiani di S. Martino di Vallecorsa, avete voluto ricordare l’evento, portandoci una riproduzione, dipinta su tela, della vostra cara Madonna, e attestandoci il vostro fervore, anche a nome di tutti i concittadini.

Ve ne siamo grati: sia per questo gesto di affetto: ma principalmente per la prova di fede e di pietà, che date con la vostra secolare devozione alla Madre di Dio. Ove si venera degnamente la Vergine, non può mancare la grazia, la fedeltà a Dio, l’amore a Cristo e alla Chiesa, perché Maria, «con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria celeste» (Lumen Gentium LG 62); «le varie forme di devozione verso la Madre di Dio . . . fanno sì che mentre è onorata la Madre, il Figlio . . . sia debitamente conosciuto, amato, glorificato, e siano osservati i suoi comandamenti» (Ibid. LG 66).

Sia sempre così, anche per voi; e mentre raccomandiamo al Signore e alla Vergine le vostre intenzioni, specialmente quelle degli umili, dei lavoratori, dei sofferenti, di cuore impartiamo la nostra Benedizione.

Movimento «Generazione nuova»

Ed ora il nostro cordiale saluto ai giovani del movimento «GEN», giunti dai vari continenti e raccolti al presente nel Centro Mariapoli di Rocca di Papa per il loro Congresso annuale.

Giovani carissimi, quanto conforto procura al nostro animo lo slancio con cui vi vediamo impegnati nel servizio per la Chiesa e per il mondo! «GEN», come si denomina il vostro movimento, significa generazione nuova. Ci pare di scorgere in questa parola il riflesso delle aspirazioni migliori e delle esigenze maggiormente sentite dai giovani nella società di oggi, che essi vogliono più umana, più giusta, più fraterna. Ma questo mondo, che voi intendete rinnovare secondo le misure dei vostri sogni generosi, ha bisogno, per divenire tale, di riscoprire il Vangelo. A voi, figlioli, tocca indicarne la via. Voi dovete far capire col vostro esempio che i più alti valori umani sono assunti in un cristianesimo vissuto con coerenza e fedeltà, e che la fede cristiana non propone solo una visione nuova dell’uomo e dell’universo, ma dona anche una forza interiore capace di realizzare tale rinnovamento.

Vi ripeteremo perciò le parole rivolte ai giovani dai Padri Conciliari a conclusione del Concilio Ecumenico: «La Chiesa guarda a voi con fiducia e con amore . . . Essa possiede ciò che fa la forza e la bellezza dei giovani: la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi con generosità, di rinnovarsi e ripartire per nuove conquiste. Guardatela e troverete in lei il volto di Cristo, il vero eroe umile e saggio, il profeta della verità e dell’amore, il compagno e l’amico dei giovani. È appunto in nome di Cristo che noi vi salutiamo, vi esortiamo e vi benediciamo».

Le Maestre Pie Filippini

Una particolare occasione ha portato a questa Udienza l’eletta rappresentanza delle Maestre Pie Filippini: esse, infatti, sono state impegnate, nei giorni scorsi, all’elezione della nuova Superiora Generale e hanno atteso alla revisione, desiderata dal Concilio Vaticano II, delle norme, che hanno regolato sinora la Congregazione, per meglio adeguarle alle necessità dei tempi. Di qui la necessità di dettare, in perfetta identità di vedute, quegli ordinamenti che, in armonia con le esigenze della Chiesa, e del Popolo di Dio, assicurino l’incremento spirituale dell’Istituzione e le sempre più incisive forme d’intervento nel campo dell’apostolato.

Mentre con paterno affetto vi ringraziamo per i nobili intenti che qui vi hanno condotte, rivolgiamo a voi e a tutte le Consorelle il nostro beneaugurante saluto e ci rallegriamo per le benefiche iniziative, che hanno distinto nel passato la vostra missione, soprattutto nei settori dell’educazione e dell’insegnamento di tante fanciulle e giovani, sicuri come siamo che, rinvigorite nello spirito dalla recente assemblea, continuerete ad essere, fedeli al vostro nome, maestre di pietà e di fede.

A tale proposito ci piace ricordare, ancora una volta, l’eroica figura della vostra Fondatrice di cui, in Roma, circa due mesi fa avete solennemente celebrato il 3° Centenario della nascita: essa non conobbe stanchezze quando, intuendo le difficoltà del momento, tracciò per la sua provvida Istituzione un programma di umile servizio, in favore della gioventù più bisognosa d’aiuto, che venne attuando sino al tramonto della sua vita, in un crescendo di carità e di sacrificio. A Lei vi raccomandiamo con tutte le vostre intenzioni, mentre l’additiamo alla vostra fedele imitazione.

Sui vostri generosi propositi discenda, confortatrice e stimolatrice, l’Apostolica Benedizione.

Visitatori giapponesi

We are happy to welcome a group of young people from Japan. We greet you with joy, because you have come such a long distante and your visit gives us the opportunity to greet at the same time all the citizens of your beloved country. We are confident that your stay in Rome will be a means of deepening mutual understanding and respect among peoples. We invoke upon you and your families abundant blessings from Almighty God.

Giovani atleti del Nicaragua

Damos nuestra cordial bienvenida a los jugadores de la Selección National de béisbol de Nicaragua, a quienes acompanari los miembros del Comité National.

Amadísimos hijos: vuestra presencia aquí nos es sumamente grata, porque nos trae el testimonio de unas vidas dedicadas a practicar una actividad, el deporte, que es escuela de virtudes. Además de la salud, de la forma física, del entrenamiento constante, sabéis muy bien que vuestros éxitos deportivos dependen tanto y más del desarrollo armónico de vuestra personalidad, lo cual se logra a base de la amistad, de la lealtad, de muchos sacrificios. Os exhortamos a fortalecer estos vínculos con espíritu de equipo, como miembros de la Iglesia, para que ese contacto espontáneo que establecéis con las masas sea portador de sentimientos de unidad y de fraternidad cristianas.

Con nuestra paterna Bendición para vosotros y vuestros acompañantes, vuestras familias y toda Nicaragua.


Mercoledì, 19 luglio 1972

19772
Sarà certamente nota anche a voi la promulgazione di alcune «Norme pastorali circa l’assoluzione sacramentale generale», emanate, in data 16 giugno 1972, dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede. Se ancora voi non ne aveste notizia, sarà bene che vi informiate in proposito, perché queste norme riguardano la disciplina del sacramento della penitenza, e interessano uno dei punti fondamentali della vita cristiana, la riconciliazione cioè di chi ha commesso il peccato sia con Dio mediante il ristabilimento (o la riparazione) dello stato di grazia, cioè della vita soprannaturale in colui che l’avesse perduta (o debilitata), sia con la Chiesa mediante la riammissione alla sua comunione, se, per disgrazia, la colpa commessa comportasse, totale o parziale, l’esclusione dalla viva inserzione nel corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa. Come vedete, tocchiamo un punto essenziale e vitale della nostra relazione personale con l’ordinamento della nostra salvezza.

Di che cosa si tratta? Si tratta del sacramento della Penitenza, il quale comporta, per regola che deriva da Cristo, dalla Tradizione della Chiesa, dai Concilii ecumenici Lateranense IV (anno 1215) e Tridentino (Sess. XIV, c. 8), la Confessione. E la Confessione esige un ministro, il sacerdote autorizzato ad ascoltarla, e a dare quindi l’assoluzione: dove i Sacerdoti mancano? dove sono così pochi, o arrivano così di rado (come nei territori di missione), che non v’è modo, né tempo per l’esercizio normale di questo ministero? Non si può supplire con un’assoluzione collettiva, senza la confessione delle singole persone? Di più: non si è già introdotta in certi luoghi una così detta confessione comunitaria, cioè un rito penitenziale di un’assemblea di fedeli, ai quali, senza la confessione singola e auricolare, è data, a tutti insieme, l’assoluzione sacramentale?

La risposta data dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, dopo molti studi e consultazioni, dopo avere bene cercato d’interpretare l’impegno derivante dalla misericordiosa volontà di Cristo, e dopo avere considerato con senso responsabile e con intelletto pastorale il vero vantaggio della Chiesa e dei singoli fedeli, non che il dovere e l’importanza del ministero sacerdotale, è questa. Primo: rimane in vigore, anzi si richiama a puntuale osservanza sia da parte dei Sacerdoti, sia da parte dei fedeli (tra cui i Sacerdoti stessi), la norma del Concilio Tridentino: per avere l’assoluzione dei peccati mortali occorre, come finora, l’accusa personale. La legge rimane. Secondo: come già stabilito, in certi casi d’imminente pericolo di morte (per esempio, incendio, naufragio, guerra . . .). mancando il tempo per ascoltare le singole confessioni, «qualsiasi sacerdote ha la facoltà d’impartire l’assoluzione a più persone insieme». La necessità e l’urgenza prevalgono sulla norma consueta. Terzo: «Oltre ai casi nei quali si tratta del pericolo di morte, è lecito assolvere sacramentalmente più fedeli insieme, che si sono solo genericamente confessati, ma sono stati opportunamente esortati al pentimento, se ricorre una grave necessità, ossia quando, in considerazione del numero dei penitenti, non si hanno a disposizione dei confessori per ascoltare, come si conviene, le confessioni dei singoli entro un conveniente periodo di tempo, sicché i penitenti, senza loro colpa, sarebbero costretti a rimanere a lungo privi della grazia sacramentale, o della santa Comunione. Questo può avvenire soprattutto nelle terre di missione, ma anche in altri luoghi e presso gruppi di persone, ove risulti una simile necessità. Ciò però non è lecito, qualora si possono avere dei confessori a disposizione, per la sola ragione di una grande affluenza di penitenti, quale può verificarsi, ad esempio, in occasione d’una grande festa, o d’un pellegrinaggio . . . La celebrazione di tale rito deve essere completamente distinta dalla celebrazione della Santa Messa».

Altre prescrizioni, che sarà bene conoscere e che saranno certamente e chiaramente divulgate, integrano questa nuova disciplina, che chiunque ha il senso della autentica vita pastorale cattolica saluterà con un duplice sentimento nel cuore. Di ammirazione e di gaudio per la carità della Chiesa-madre, sollecita di dispensare quanto più largamente possibile i tesori della grazia; e di apprezzamento e di speranza per il richiamo all’importanza incomparabile del dramma sinistro del peccato nella vita dell’uomo, dramma a cui il lassismo moderno tende a togliere ogni gravità, e per la conferma autorevole e stimolante data al Popolo di Dio circa il ministero della penitenza esercitato mediante la Confessione. Per il nostro tempo, tanto bisognoso di ridarsi una chiara e solida sensibilità morale, tanto avido di liberazione da ciò che più intimamente e più gravemente tiene prigioniero l’uomo, è certamente provvidenziale il fatto di questo richiamo all’attualità della grazia sacramentale della penitenza: se il peccato è schiavitù, è morte, il recupero della coscienza del peccato e il ricorso al rimedio divino della remissione del peccato, è tal cosa da essere riconsiderata e celebrata con l’interesse e l’entusiasmo che riserviamo agli avvenimenti maggiori della vita e della storia. Diciamo a voi, confratelli nel Sacerdozio, chiamati ad essere i medici delle anime, i confidenti, i maestri, gli «psichiatri» della grazia, nell’esercizio estremamente fecondo, anche se tanto delicato e pesante, del ministero della Confessione.

E diciamo a voi tutti, fedeli figli della Chiesa, sia che ne abbiate la felice esperienza, sia che ne siate trattenuti da intimo orgoglio o da infondata pavidità. Abbiate tutti l’ammirazione, la riverenza, la gratitudine, il desiderio di quel «ministero di riconciliazione» (
2Co 5,18), ch’è veramente gaudio pasquale di risurrezione.

Con la nostra Benedizione Apostolica.

I «Clercs de Saint-Viateur»

L’Istituto industriale di Courtrai

Pellegrini del Congo-Brazzaville

L’università di Nagoya

We are please to greet a group of students from Nanzan University in Nagoya, Japan. We are happy that you have wished to visit us. Certainly you are making good use of your summer holiday, for you have come to Rome to gain firsthand knowledge of its artistic, historical and religious treasures. This is a heritage that can be of great value to you as young people: it can inspire you with the image of man’s greatness and nobility, and thus lead you to dedicate yourselves ever more to the search for ways of serving mankind with true effectiveness. We assure you of our prayers and invoke upon you abundant divine blessings.

We are happy to welcome the Texas Boys Choir from Fort Worth, Texas. What a great privilege is yours! Through your singing you create the peace and beauty of true art. You have undertaken much training and discipline and you are to be commended for this. We understand that you are celebrating the twentyfifth anniversary of the Choir’s foundation. We assure you of our prayers that God will bless you in the years to come with much joy and happiness.

Dal Messico e dal Portogallo

Damos nuestra cordial bienvenida a vosotros, religiosos Misioneros Josefinos y religiosas de San José de México que, para conmemorar el centenario de vuestra fundación, habèis querido visitarnos, acompañados por un grupo de colaboradores vuestros!

Como tantas otras almas generosas, os habéis consagrado a Cristo para el servicio a los hermanos. A ellos dedicáis vuestras mejores energías, abriéndoles los misterios del reino, llevándoles el consuelo y el gozo de la Palabra que salva, alimenta y germina en frutos de amor y de paz.

Amadísimos hijos: seguid siendo fieles imitadores de Cristo -como quiso vuestro Fundador, el siervo de Dios José María Vilaseca- en vuestra labor misionera, educacional y de caridad. Y, mientras invocamos sobre todos los miembros de ambos Institutos la valiosa ayuda de vuestro patrono celestial, os impartimos de corazón la Bendición Apostólica.

Un saludo especial de bienvenida y de gratitud a las jóvenes mexicanas que cumplen quince años de edad.

Amadísimas jóvenes: Sabemos con cuánta ilusión preparáis esta fecha, motivo de alegría, de esperanza, para vosotras y vuestras familias. En ella renováis las promesas bautismales, con lo cual confirmáis, a los ojos de todos, vuestros buenos deseos de vivir plenamente los ideales cristianos. Sea siempre Cristo la meta de vuestra felicidad. Y sea vuestra gloria, vuestro gozo, el haber puesto generosidad, sacrificio, dedicación personal para el bien de los hermanos.

Con nuestra Bendición Apostólica para vosotras, vuestras familias y todo México.

Dirigímos úma saudação especiál a um grúpo de Professôres e Alúnos do Seminário Conciliár de Braga que ao comemorár o quárto centenário da súa fundação, quís assinalár êsse acontecimênto com úma visíta áo Vigário de Crísto.

Conhecêmos a vásta e bem orientáda óbra de formação desenvolvída pelo Seminário de Brága, durante êstes quátro séculos de súa existencia, e por conseguínte felicitámos todos os que nêle trabalháram ou trabálham como Superiores e Professôres.

O sacerdócio ministeriál, porque configúra a Crísto Pastôr, têm de ser vivido claramente em espírito de servíco. Por ísso exortámos vivamente a que todos continúem no esfôrço de preparação culturál e espirituál dos candidátos áo sacerdócio, para que eles póssam depôis corresponder às exigencias pastoráis do nósso têmpo.

A tôdos, Superiôres e Alúnos, concedemos de bom grádo úma particulár Bênção Apostólica, extensiva áos familiáres.

Studenti del Nord America

Dear students from America,

Once again we have the great pleasure of welcoming a large group of young people. We are happy to have another occasion to express our admiration for youth and to emphasize your role in today’s world.

We know the impact that youth has had on modern living. We know that your real strength lies in your ability to love: both God and your fellowman. And we know how this love on your part is translated into action, how it is manifested in your availability to serve and in your readiness to make sacrifices with courage and, at times, with heroism.

This is your vocation, this is the meaning of your lives: service! We pray that you will be ever increasingly faithful to this calling. We hope that you will always be eager for truth, and that you will pursue it with sincerity and openness; we hope likewise that you will strive ever more to reach your ideals of justice and fraternal love. And in this striving, be always intolerant of mediocrity.

Yes, dear students, dear young people, this is for you. To each of you we repeat these words of the Apostle Paul: "Do not let people disregard you because you are young, but be an example to all the believers in the way you speak and behave, and in your love, your faith and your purity" (1Tm 4,12).

And may the Lord be with you.


Mercoledì, 26 luglio 1972

26772
Il pensiero che guida il nostro piccolo discorso delle Udienze Generali in questo periodo è la ricerca di principii morali per la nostra vita cristiana. La vediamo esposta questa nostra vita cristiana a mille pericoli. Prescindiamo ora da quelli che assalgono la dottrina; limitiamoci a quelli che insidiano e sovvertono la norma morale, la vita vissuta; e contentiamoci di alcuni principii fondamentali e orientatori.

Abbiamo un problema immenso da considerare: il rapporto tra la vita naturale, profana, secolare e la vita cristiana. Oggi noi assistiamo ad uno sforzo gigantesco per togliere dalla maniera comune di vivere ogni segno, ogni criterio, ogni impegno di derivazione religiosa. Si cerca, spesso anche nell’ambito del mondo cristiano, di rivendicare alla laicità della condotta, specialmente nelle sue forme pubbliche ed esteriori, un dominio esclusivo ed assoluto. Vi sono correnti di pensiero e di azione che cercano di staccare la morale dalla teologia; la morale dovrebbe occuparsi soltanto dei rapporti fra gli uomini e della coscienza personale dell’uomo: nel campo morale non vi sarebbe bisogno d’alcun dogma religioso. Per il fatto legittimo che molte espressioni del pensiero e dell’attività umana devono essere governate da criteri propri (le scienze, ad esempio), e che l’ordinamento stesso dello Stato può essere concepito secondo una sua propria sana e ragionevole laicità (come già disse il nostro venerato Predecessore Papa Pio XII - Cfr. AAS 50, 1958, p. 220 -), si vorrebbe che la religione non solo non apparisse più in pubblico, ma non avesse più alcun influsso ispiratore e direttivo nella legislazione civile e nella normativa pratica. Anche quando poi è riconosciuta ufficialmente la libertà religiosa, questa è spesso praticamente soppressa ed oppressa, e talora con metodi intimidatori e vessatori che riescono a soffocare, perfino nell’interno delle coscienze, la libera e schietta professione del sentimento religioso.

Noi che cosa diciamo? Ricordiamo innanzi tutto la distinzione, sì, che deve essere affermata ed osservata fra l’ordine temporale e l’ordine spirituale, in ossequio alla parola decisiva del divino Maestro: «Date a Cesare quello ch’è di Cesare, e date a Dio quello ch’è di Dio» (
Mt 22,21). Ma aggiungiamo: come esiste un problema di rapporti, cioè di distinzione e di relazioni, fra fede e ragione, così esiste un problema di rapporti fra fede e morale. Problema, di cui noi tutti intuiamo la soluzione, che sostiene essere molto stretti ed operanti tali rapporti (e, sotto certi aspetti, molto più che non tra fede e ragione, perché qui, tra fede e morale, cioè tra fede e vita, la distanza dei due termini in gioco è minore), ma problema sempre assai delicato e complesso. Vediamo di porre qualche principio chiarificatore.

Esiste una morale cristiana? Una maniera cioè originale di vivere, che si qualifica cristiana? Che cosa è la morale cristiana? Potremmo empiricamente definirla precisamente affermando che essa è una maniera di vivere secondo la fede, cioè alla luce delle verità e degli esempi di Cristo, quali abbiamo appreso dal Vangelo e dalla sua prima irradiazione apostolica, il Nuovo Testamento, sempre in vista d’una successiva venuta di Cristo e d’una nuova forma di nostra esistenza, la così detta parusia, e sempre mediante un duplice ausilio, uno interiore e ineffabile, lo Spirito Santo; l’altro esteriore, storico e sociale, ma qualificato ed autorizzato, il magistero ecclesiastico. Vale quindi per noi, nel suo significato esegetico e nella sua applicazione pratica ed estensiva a tutto lo stile della vita cristiana, la formula incisiva e sintetica di S. Paolo: «il giusto vive di fede» (Rm 1,17 Ga 3,11 Ph 3,9 He 10,38). «La caratteristica essenziale (dell’etica cristiana) è d’essere legata alla fede e al battesimo» (Cfr. A. FEUILLET, Les fondements de la morale chrétìenne d’après l’épître aux Romains, in Revue Thomiste, juillet-sept. 1970, pp. 357-386).

Donde dobbiamo trarre due conclusioni molto importanti per la nostra mentalità moderna. Prima conclusione: la nostra concezione pratica della vita deve conservare a Dio, alla religione, alla fede, alla salute spirituale il primo posto; e non solo un primo posto d’onore, puramente formale, o rituale, ma altresì logico e funzionale. Se sono cristiano, ciascuno deve dire, io, debitamente onorando in me questo titolo, possiedo la chiave interpretativa della vita vera, la somma fortuna, il bene superiore, il primo grado della vera esistenza, la mia intangibile dignità, la mia inviolabile libertà. La mia collocazione in ordine a Dio è la cosa più preziosa e più importante. La gerarchia dei miei doveri conserva a Dio il primo livello: «Io sono il Signore Dio tuo» (Ex 20,2). Cristo lo ripeterà: «cercate in primo luogo il regno di Dio» (Mt 6,33). Il primo orientamento della vita, l’asse centrale e direttivo del mio umanesimo, rimane quello teologico. Il precetto, che soverchia e sintetizza tutti gli altri, è sempre quello dell’amore a Dio (Cfr. Mt 22,37 Dt 9,5); precetto sublime, e tutt’altro che facile, ma che nello stesso sforzo del suo adempimento genera il motivo e la energia per adempiere gli altri inferiori precetti, primo fra gli altri e, a sua volta, somma degli altri, l’amore al prossimo, tanto che esso si pone quale prova dello stesso amore a Dio (Cfr. 1Jn 2,9 1Jn 4,20). Così che la soppressione dell’amore a Dio, nella convinzione che basti l’amore al prossimo (. . . quanti oggi si illudono d’aver semplificato il problema morale, trascurando il suo fondamentale principio religioso e riducendolo ad una filantropia umanistica!), compromette anche il rapporto d’autentico amore all’uomo, rapporto che facilmente decade, non più universale, non più disinteressato, non più costante. Può diventare parziale, e perciò principio di lotta e di odio.

E poi un’altra conclusione: riconoscere il primato del fattore religioso nell’ordinamento operativo umano non comporta un’evasione dall’urgenza dei doveri inerenti alla giustizia e al progresso della società umana, quasi che l’osservanza puramente religiosa bastasse ad esonerare la coscienza dagli obblighi di solidarietà e di generosità verso il prossimo; e tanto meno il riconoscimento del primato religioso nella morale genera un freno egoista e irrazionale nella positiva ricerca dei rimedi ai mali sociali; piuttosto il contrario. Ricordiamo la severa parola del Signore: «Non chiunque dice a me: Signore! Signore! entrerà nel regno dei cieli; ma chi fa la volontà del Padre Mio» (Mt 7,21 cfr. Mt 25,31-46); e ricordiamo quella incitatrice dell’Apostolo: la fede rende operante la carità (Cfr. Ga 5,6).

Per fortuna, ai nostri giorni questo imperativo della giustizia sociale, di rendere cioè largamente operante la nostra professione cristiana, di dare alla fede la sua coerente espressione nella carità, è molto diffuso e sentito, specialmente fra i giovani; e faremo bene anche noi ad avvertirne lo stimolo nei nostri cuori, e ad assecondare l’invito oggi pungente della Chiesa (espresso anche nel Concilio e nell’ultimo Sinodo) di promuovere l’avvento d’una maggiore giustizia nel mondo. Dovremo fare attenzione, come dicevamo, di non privare la nostra attività benefica della sua immanente ispirazione religiosa, ed inoltre dovremo badare a non fare della religione un pretesto politico, o uno strumento al servizio di altri scopi, che non siano quelli giusti ed onesti del vero bene del prossimo. Ma baderemo piuttosto ad educare noi stessi alla scuola d’un cristianesimo autentico, orante ed operante, e a testimoniare con la nostra coerenza fra la fede e la carità, in mezzo al nostro mondo moderno, quanto vero, quanto umano, quanto trascendente sia il Vangelo di Cristo.

Il nostro voto sia convalidato dalla nostra Benedizione Apostolica.



I problemi pastorali nell’America Latina

Sappiamo che è presente a questa Udienza un gruppo di ecclesiastici e di laici, i quali si occupano dei problemi pastorali, relativi alla promozione religiosa, morale e sociale dell’America Latina. Esso ha preso parte al Convegno del «Movimento Laici per l’America Latina in Italia», promosso dal benemerito Dott. Armando Oberti; e porgiamo a tutti il nostro riverente e fraterno benvenuto, lieti che l’incontro ci offre l’occasione per esprimere loro i nostri voti nel Signore. Verso quel Continente è rivolta tutta la nostra paterna e appassionata attenzione apostolica. Non abbiamo mai mancato, infatti, di sottolineare l’interesse che noi dedichiamo a quelle Nazioni, alle gravi necessità che le premono, alle esigenze talora drammatiche di personale, di mezzi, di opere che le travagliano per far giungere alle loro buone popolazioni, nella sua integrità e nel suo autentico valore, il messaggio del Vangelo, che è annuncio di salvezza, di libertà e di pace. L’abbiamo ricordata più volte questa nostra sollecitudine, specialmente alle periodiche riunioni della Pontificia Commissione per l’America Latina, quando abbiamo incontrato quei zelantissimi Vescovi, che tanto amiamo, e che tanto ci sono vicini nell’affetto e nella preghiera.

Pertanto ve ne siamo grati. In questa sede, nulla diremo del tema, oggi tanto conclamato e discusso, circa la «liberazione dell’uomo», di cui avete trattato in questi giorni, nel vostro Convegno. Tema e Convegno, infatti, esigerebbero da noi qualche riserva e qualche chiarimento. Limitiamoci a prendere atto dei generosi sentimenti che hanno ispirato l’iniziativa, dei quali ci dà testimonianza il desiderio di partecipare a questa Udienza: e sono, senza dubbio, sentimenti di fiducia e di devozione alla Santa Chiesa e a questa Sede di Pietro, che meritano la nostra affezione sincera. E auguriamo in pari tempo grazia e pace alla Chiesa Latino-Americana, ed ogni migliore fortuna, in Cristo Gesù, alla diletta popolazione di quell’immenso Continente. A tutti, ai vicini e ai lontani, la nostra Apostolica Benedizione.

Gli incontri nella Città di Maria

Si rinnova, questa mattina, un motivo di gioia che tanto ci ha confortato nelle Udienze di questi mesi: dopo le visite dei fanciulli e dei giovani del Movimento GEN (Generazione Nuova), abbiamo la soddisfazione di accogliere stamane anche le rappresentanti del ramo femminile dello stesso Movimento, giunte da ogni parte del mondo e riunite in questi giorni nel Centro Mariapoli di Rocca di Papa per il loro Congresso annuale.

Ebbene ci è caro rivolgere il nostro saluto anche a voi, figliole carissime, qui presenti per ascoltare una parola di incoraggiamento nei vostri generosi propositi.

Desideriamo esprimervi il nostro sincero compiacimento per il dinamismo che riscontriamo nelle vostre belle iniziative. Questi vostri incontri a livello internazionale non sono una accademia, né uno sterile passatempo, ma mirano a formare in voi una coscienza sempre più chiara delle responsabilità che il Vangelo comporta nella vostra vita individuale e sociale per la costruzione di un mondo più giusto e più umano.

Continuate nella vostra benemerita attività! Noi vi seguiamo con grande benevolenza, e a tal fine impartiamo di cuore a voi e a tutte le aderenti al vostro Movimento la propiziatrice Apostolica Benedizione.

Istituto artistico inglese

We are happy to welcome those taking part in the Summer Meeting of the Jesuit Institute of Arts. We are sure that your interest in the arts is a source of great joy to yourselves and to all with whom you come into contact. The artist imitates God, the Creator of all, because with his talents and through his works he brings harmony, beauty and nobility into men's lives. Thus the artist invites us to contemplate the unseen and unheard through what is seen and heard. We pray that through the arts you will come to know God better and be able to bring that knowledge to all whom you serve.

Il coro di Mülheim-Ruhr

Ein wort besonderer Begrüssung richten Wir an den anwesenden Chor der «Schildberger Sing- und Spielschar» von Mülheim/ Ruhr. Liebe jugendliche Sänger! Wir heissen euch helzlich willkommen! Mit grosser Freude hörten Wir durch euren Bischof, dass ihr in den zwölf Jahren eures Bestehens nicht nur einen wertvollen Beitrag zur festlichen Gestaltung vieler Gottesdienste geleistet habt, sondern durch euer frohes Singen und Musizieren auch Licht und Freude in die Krankenhäuser und Altenheime bringt. Durch eure Veranstaltungen helft ihr auch gleichzeitig euren zweihundert Patenkindern in Südrhodesien. Wir danken fiir eure hochherzige Hilfsbereitschaft und rufen euch zu: Fahret fort in eurem musikalischen Wirken zur Ehre Gottes und zur Erbauung der Mitmenschen!

Dazu erteilen Wir euch und allen Anwesenden von Herzen den Apostolischen Segen.

Movimento Familiare Cristiano

Saludamos con particular complacencia a un grupo de matrimonios mexicanos, pertenecientes al Movimiento Familiar Cristiano.

Os animamos a proseguir con entusiasmo, amadísimos hijos, esta forma de apostolado, con el cual aportáis vuestra Parte de vitalidad a la Iglesia. Que vuestros hogares sean siempre un dechado de virtudes, a impulso de la fe y de la caridad, y un santuario de paz donde todos los miembros alaben unidos al Dador de todo bien.

A vosotros y a vuestras familias otorgamos de corazón la Bendición Apostólica.



Damos también nuestra bienvenida a los dos grupos de jóvenes mexicanas, que han querido visitarnos, al cumplir quince años de edad.

Amadísimas jóvenes : Sed siempre fieles a los ideales cristianos, según las promesas que habéis renovado; buscad en todo lo mejor y lo que más agrada a Dios. Y sea vuestra juventud, alimentada y sostenida por el pan puro de la Eucaristía, motivo de aliento y de esperanza para todos cuantos os rodean.

A vosotras y a vuestras familias impartimos la Bendición Apostólica.

I volontari della sofferenza a Lourdes

We are pleased to welcome a group from the United States led by Cardinal Wright and Bishop Maloney. We are happy that as you make your way to Lourdes you have wished to come and visit us. There are among you some who are bearing the burden of illness. We wish to say a few words in particular to you: we want you to know of our concern and love. Christ is especially present among you. In the Gospel he identifies himself with all who are sick; he says: "I was ill and you comforted me . . . As often as you did it for one of my least brothers, you did it for me" (Mt 25,36 Mt 25,40). May Christ’s closeness always be a source of consolation for you. We urge you also to remember that you have a special vocation in the Church. You are able to offer your sufferings to God and implore from him the grace by which men and women all over the world-people you may never meet in this life-will listen to and accept the Gospel of Jesus Christ.

We would also encourage all of you during your stay at Lourdes to pray for the peace which mankind longs for so much. Pray for the entire Church. And pray for all who are in need of spiritual healing: those who are burdened by sin, by doubt, by anxiety.

We assure all of you of our prayers for your coming pilgrimage to Lourdes. May our Blessed Mother obtain through her intercession all the graces which you seek.


Mercoledì, 2 agosto 1972


Paolo VI Catechesi 12772