Paolo VI Catechesi 18773

18773

L'antico Catechismo cominciava con una domanda strana, che sembrava superflua, come un lume acceso alla luce del sole: «siete voi cristiano?», e la risposta risultava molto facile, di prima evidenza: «sì, io sono cristiano, per grazia di Dio». Quella prima battuta della dottrina religiosa aveva tuttavia due meriti dialettici, che la rendono ancora per noi attuale e sapiente: il merito d’essere posta in forma di dialogo; e il dialogo conserva oggi la sua piena validità nel discorso religioso; e di più il merito di rendere cosciente ciò che l’abitudine facilmente priva del suo carattere originale ed importante, e fa sembrare del tutto ovvio e connaturato; e questo intento di mettere in evidenza interiore il fatto di essere cristiano assume oggi un significato nuovo, quello, quasi polemico, d’un confronto con un mondo circostante che cristiano non è, o che almeno tale non si professa. Siamo alla questione, tanto tormentata ai nostri giorni, dell’«identità» del cristiano, la quale aggredisce la sua coscienza a tutti i livelli: chi è il cristiano, in fin dei conti? Chi è il credente? Chi è il cattolico nel confronto con chi non lo è? Chi è il prete? Chi è il religioso? Chi è il laico? Queste e simili altre domande attendono una duplice risposta: una cavata dalla profondità della propria interiore consapevolezza, che non possiamo qui esplorare prescindendo da una realtà, la quale ora supponiamo incontrastabile, la realtà religiosa, il fatto cioè d’appartenere alla nostra religione cattolica; l’altra risposta invece dev’essere risultante dal fatto estrinseco, ma dominante, dell’appartenenza al nostro tempo, alla convivenza sociale quale la formano, la impongono, la trasformano l’attualità del costume, della mentalità, della moda del momento storico socio-culturale presente. E la definizione che uno dà di se stesso, oscilla oggi più che mai fra le due risposte: sono figlio della Chiesa, cioè figlio adottivo di Dio Padre, per Cristo, nello Spirito Santo; ma sono e mi sento anche figlio del mio tempo. Certamente le due risposte sono complementari, e perciò non sarà difficile fonderle in unica coscienza cristiana moderna; ma mentre la seconda s’impone da sé, la prima dev’essere termine d’una riflessione, d’una scoperta, d’un primo atto di fede sopra la nostra sorte, per il fatto che siamo cristiani.

A noi ora interessa, sotto molti aspetti, la prima risposta.

Che cosa significa essere cristiano?

Vorremmo che ciascuno di noi ritornasse con genio critico a questa assillante questione del nostro sillabario religioso.

Più volte ci esorta a compiere questo esame introspettivo la catechesi apostolica; scopriamo subito che la nostra personalità è oggetto d’un antecedente ed ineffabile pensiero divino: Dio «ci ha eletti in Lui (Cristo) ancora prima della fondazione del mondo» (
Ep 1,4); una vocazione intenzionale al disegno divino della salvezza domina perciò il nostro destino (Cfr. Rm 8,30 Col 3,12 2Th 2,12); nostro dovere è di accorgerci d’essere chiamati: «Considerate, fratelli, scriverà S. Paolo ai Corinti, la vostra vocazione» (2Co 1,26); di essere, come scrive S. Pietro, «una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo d’acquisto . . .» (1P 2,9). Il primo albore della nostra coscienza cristiana dovrebbe essere quella di possedere un’immensa fortuna, d’essere elevati ad un’incomparabile dignità. Chi non ricorda le solenni e scultoree parole di S. Leone Magno: «Riconosci, o cristiano, la tua dignità?». Non ci dobbiamo sentire al tempo stesso cristiani e felici. Sì, cristiani e felici di esserlo (Cfr. 1P 4,16).

Quante volte ci è ripetuto e raccomandato: «Siate lieti nel Signore; lo ripeto: siate lieti», così S. Paolo ai Filippesi (Cfr. Mt 5,12 2Co 13,11 1Th 5,16 1Jn 1,4, etc.). Una inalterabile gioia è componente necessaria della psicologia cristiana, anche nelle avversità e nelle tribolazioni: «io sono inondato di gaudio in mezzo a tutte le nostre tribolazioni» (2Co 7,4). E tale gioia non si attenua, anzi si avvalora nell’espressione stessa dell’umiltà, che è perfetta nella riconosciuta verità della sproporzione fra la grandezza di Dio e la piccolezza della creatura umana: ricordate il Magnificat della Madonna (Lc 1,46-55); e nemmeno si spegne, anzi rinasce nella confessione dolorosa delle proprie colpe (Cfr. Ps 50,10, «esulteranno le ossa umiliate»).

Questa coscienza di beatitudine esistenziale spiega come la voce più fedelmente interprete della nostra condizione di cristiani sia quella del rendere grazie a Dio, come facciamo nel «prefazio» della Messa, e come nell’Eucaristia, che vuole appunto dire «rendimento di grazie», noi traduciamo in linguaggio sacramentale, operante in Cristo stesso, la pienezza della nostra identità soprannaturale: «Io vivo, ma non già io; vive in me Cristo» (Ga 2,20).

Forse che allora la vita cristiana diventa, anche nella nostra presente condizione mortale, facile e umanamente felice? Oh, no! lo studio circa la definizione della nostra realtà cristiana ci porterà subito (non ora) a trovare un’altra componente della nostra sorte, e quindi della nostra psicologia, e cioè il dolore, il sacrificio, la croce. Ma ci basti ora riaffermare questa prima caratteristica della nostra elevazione cristiana: quella delle dimensioni sconfinate del regno di Dio in noi, fin da ora (Cfr. Ep 3,18).

E perciò sarà nostra vigilante premura di non cedere alle insinuanti e arbitrarie ideologie di coloro che pretendono dare al cristianesimo una nuova interpretazione, che prescinda dall’insegnamento della tradizione e dalla teologia della Chiesa, e che per forza di cose è orientata alla vanificazione della realtà religiosa della nostra fede. Così sapremo giudiziosamente vigilare sulle correnti, che pervase di un abusivo spirito critico, preconcetto e negativo, intendono desacralizzare, o demitizzare la religione cattolica; ne sarebbe presto profanata non solo la nostra fisionomia spirituale e cristiana, ma quella umana altresì. Tema attuale, da ripensare.

Con la nostra Benedizione Apostolica.

Fratelli delle Scuole Cristiane

Ci sentiamo ora debitori di un particolare, affettuoso saluto al folto gruppo di religiosi anziani, appartenenti alla Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane e convenuti ad Albano per un corso di esercizi spirituali.

Figli carissimi! Ci è sempre motivo di paterno compiacimento l’incontro con degni e benemeriti religiosi; e sempre siamo grati a coloro i quali, come voi, vogliono esprimere con la loro visita la conferma dell’offerta solenne della loro vita a Cristo e alla Chiesa. Grazie vivissime per questa vostra testimonianza di filiale pietà. Trovandoci innanzi a membri di un Istituto cui tanto deve la causa della scuola cattolica, avremmo molte cose da dirvi. Ci limitiamo a questa paterna esortazione: siate fedeli alla Chiesa e alla vostra vocazione!

Sì, fedeli alla Chiesa, alla sua dottrina, alle sue direttive, alla sua gerarchia; sappiate comprendere i suoi desideri, le sue necessità, i suoi pericoli, le sue sofferenze. E inoltre fedeltà alla vostra vocazione di religiosi votati all’educazione cristiana della gioventù. Appartenete ad un Istituto che può vantare tante benemerenze nel campo educativo; siate i fedeli custodi delle sue gloriose tradizioni. Questa fedeltà vi impone di essere apostoli della gioventù nel mondo moderno, ma senza confondervi con esso, senza assimilarvi ad esso. Dovete essere tali con la vostra saggezza, con la vostra prudenza, col vostro zelo, con lo spirito di amore e di sacrificio che caratterizza l’autentico educatore cristiano. Il Signore sarà con voi, non dubitate.

Vi accompagni nello sforzo della vostra santificazione personale e del vostro delicato ministero la nostra Apostolica Benedizione.

Villaggio San Camillo di Sassari

Un particolare saluto desideriamo rivolgere al gruppo dei ragazzi spastici, ospiti del «Villaggio San Camillo» di Sassari.

Vogliamo dirvi, figli carissimi, tutto il Nostro affetto ed il nostro sincero augurio affinché, preparati moralmente e professionalmente, possiate reinserirvi con fiducia nella vita e guardare con serenità al vostro futuro, nella certezza di essere circondati dalle premure dei vostri cari, dei buoni Padri Camilliani, della Chiesa, Madre amorosa la quale, sull’esempio di Gesù, predilige i piccoli e i deboli.

Con questi auspici, invochiamo sulle vostre persone e su quanti hanno cura di voi l’abbondanza delle grazie celesti, in pegno delle quali vi impartiamo la confortatrice Apostolica Benedizione.

Pellegrini di Tahiti

Capitolari dell’ordine delle Scuole Pie

Reservamos hoy un saludo particular al Padre General de los Religiosos Escolapios y a los demás miembros que participan en el Capítulo General de su Instituto.

Amadísimos hijos: Os recibimos con ánimo grato porque sabemos con cuánto empeño y amor estáis emprendiendo una nueva etapa, que será sin duda de crecimiento y perfección para vuestro Instituto, tan cargado de méritos por su entrega a la educación de la juventud.

Apreciamos y tenemos en grande estima vuestra dedicación a esta forma de evangelizar, tan querida a la Iglesia, que supone sacrificio diario, el diálogo constante con las almas jóvenes, haciéndoos los confidentes partícipes de sus problemas, los testigos privilegiados de sus ansias por lograr un mundo mejor y más auténticamente cristiano. Sed pues ese modelo cercano, dechado de bondad de corazón, de religiosidad transparente, como estaba en la mente de San José de Calasanz, vuestro Fundador, dispuestos siempre a seguir las huellas de este hombre de Dios e hijo de su tiempo.

Con nuestra Bendición Apostólica para vosotros y para toda la gran familia de vuestro Instituto.

Pellegrini del Messico

Un saludo de bienvenida para los numerosos peregrinos mexicanos, jóvenes en especial, que han querido visitarnos hoy.

Que este encuentro sea para todos vosotros un motivo de reflexión y un estímulo más para vivir auténticamente los ideales cristianos y ser fieles testigos del Señor en medio de la sociedad que os rodea.

Con nuestra Bendición Apostólica para vosotros, para vuestras familias y para todo México.


Mercoledì, 25 luglio 1973

25773

Questo discorso, come altri dopo l’annuncio dell’Anno Santo, esige una premessa: nostro desiderio è di dare al Popolo di Dio una pienezza religiosa cosciente e vigorosa, che realizzi quel rinnovamento spirituale e morale, a cui il Concilio era ordinato; e allora ci chiediamo: è possibile, con i tempi che corrono, una vita cristiana autentica, forte, felice, capace di sintesi fra la fedeltà al Vangelo e la partecipazione al mondo moderno? Rispondiamo: sì, è possibile; anzi diciamo meglio: deve essere possibile; e nell’affermazione di questo dovere noi scopriamo il programma drammatico che ogni figlio della Chiesa, e la Chiesa tutta intera, sono chiamati a compiere in questo momento storico: dobbiamo essere cattolici nel senso forte di questa qualifica, non per vincolo ad un integrismo formale, esteriore, insensibile al linguaggio della nostra età, ma per virtù d’una tradizione coerente e vivente, che trasfonde il suo impegno ed il suo spirito nella presente generazione.

Noi abbiamo parlato, altra volta, d’un cristianesimo felice. Tale infatti è la realtà che il disegno divino della vocazione cristiana, un disegno in cui si dispiega l’Amore infinito di Dio per l’uomo, e che Egli vuole instaurare. Ci domandiamo adesso: il compimento di questo felice disegno è altrettanto facile? Esiste un cristianesimo facile? Questo è un punto critico, perché la domanda non ammette una risposta univoca. Bisogna far attenzione; bisogna riconoscere la complessità della questione. Alla quale possiamo rispondere, sotto un certo aspetto, l’aspetto assoluto e dominante: sì, è facile essere cristiani; cristiani fedeli ed autentici, se noi entriamo nel sistema totale della vita cristiana, perché essa non potrebbe essere davvero felice, se non fosse nello stesso tempo anche facile, cioè proporzionata alle profonde aspirazioni del nostro essere, del nostro cuore, e alle nostre forze, quantunque noi le sappiamo deboli, incostanti, vulnerate da un’infermità originale, e di per sé inette a raggiungere le mete soprannaturali, che il piano del vero cristianesimo ci prefigge (Cfr.
Jn 15,5 2Co 3,5).

Ma notiamo, quasi in anticipo delle conclusioni del nostro ragionamento, che coloro i quali si propongono una fedeltà completa alla vocazione cristiana, secondo le modalità del loro stato, ci riescono, ed anzi prendono gusto allo sforzo che tale fedeltà richiede; ci riescono con relativa facilità; è questo uno dei prodigi della vita cristiana; i veri seguaci del Vangelo lo sperimentano; mentre quelli che cercano la facilità riducendo la fedeltà alla vita cristiana, ne sentono il peso, la noia, e trovano che la sua esigenza è quasi innaturale. Affinché il cristiano avverta in sé compiuta la parola del Signore: «il mio giogo è soave, e il mio peso è leggero» (Mt 11,30), occorre coraggio forte e dedizione amorosa. Allora non certo per la sola conseguenza d’una legge psicologica, che c’insegna nulla essere difficile a chi ama, ma soprattutto per un processo meraviglioso e misterioso dell’intervento ausiliare della grazia divina noi potremo godere della moltiplicazione delle nostre energie, e avvertire la facilità effettiva dell’imitazione di Cristo (Cfr. Jn 14,18 2Co 12,9 1Co 15,10 etc.). La dottrina della grazia deve essere rimeditata, se vogliamo avere cognizione delle possibilità inesauribili e tuttora disponibili per il grande esperimento che vogliamo intraprendere, quello del rinnovamento d’un vero cristianesimo Post-conciliare nel nostro tempo, Siamo esortati a non avere timore (Cfr. Mt 10,28 Lc 12,52); possiamo osare, dobbiamo osare.

Questa visione fiduciosa e ottimista non è smentita da un’altra visione diversa della, vita cristiana, la quale visione ci mostra come la vita cristiana sia al tempo stesso piena di difficoltà. Siamo realisti: la vita cristiana, a volerla vivere autenticamente, è difficile. Chi cercasse di negare, ovvero di sopprimere indebitamente questo aspetto difficile, deformerebbe e fors’anche tradirebbe l’autenticità della vita cristiana stessa. Oggi questo tentativo di renderla facile, agevole, senza sforzo, senza sacrificio, è in pieno svolgimento, dottrinale e pratico.

Anche a questo punto è importante avere le idee chiare. Dobbiamo fare quanto è possibile per conservare alla professione cristiana il senso di libertà, e di letizia, che le è proprio. Non dobbiamo appesantirla con leggi gravi e superflue (Cfr. Mt 23,4). Dobbiamo infondere in noi e negli altri il gusto delle cose vere, pure, giuste, sante, amabili, oneste, diritte, come ci insegna S. Paolo (Cfr. Ph 4,8); e col gusto la facilità di immetterle nella nostra condotta. Ma appunto per questo dobbiamo avere il senso dell’assoluto, che percorre da cima a fondo la concezione religiosa cattolica: assoluto per la verità, est-est; non-non, dice il Vangelo (Cfr. Mt 5,37 cfr. Jc 5,12 2Co 1,17), senza concederci le volontarie blandizie del dubbio, o le illusorie comodità d’un pluralismo capriccioso; assoluto per la moralità, che non può prescindere dalle esigenze delle leggi di vita impresse da Dio nell’uomo (Cfr. Mt 5,17 e tutto il Discorso della montagna; Rm 2,14); assoluto per l’opera della redenzione, che reclama da noi l’applicazione della legge sovrana dell’amore, con le sue conseguenze di obbedienza, di dedizione, di espiazione, di sacrificio (Cfr. Mt 22,36 Jn 12,24 Jn 13,34 etc.). Questa fedeltà essenziale a Cristo e alla sua croce dà alla vita cristiana il timbro dell’autenticità, che assume talvolta uno stile d’avventura imprevista e rischiosa (Cfr. 2Co 11,26), e perfino d’eroismo, di cui la storia della Chiesa ci offre innumerevoli e magnifici esempi, nei martiri, nei santi, nei veri fedeli.

Sì, la vita cristiana è difficile, perché è logica, perché è fedele, perché è forte, perché è militante, perché è grande. Così ci conceda il Signore di comprenderla e di viverla. Con la nostra Apostolica Benedizione.

Pellegrini slovacchi

Rivolgiamo ora un pensiero speciale e un paterno saluto al gruppo di bambini e giovani slovacchi, residenti all’estero. Siate i benvenuti, carissimi figlioli! Vogliamo esprimervi la nostra letizia per la vostra presenza e per l’impegno che avete dimostrato nel partecipare agli incontri per la vostra formazione culturale e spirituale. Queste iniziative vogliono aiutarvi a mantenere saldi i vincoli di solidarietà tra la vostra gente, a meglio conoscere le belle tradizioni civili e religiose della vostra patria, e soprattutto ad orientare i vostri giovani anni verso gli ideali cristiani. Che il Signore vi aiuti a corrispondere sempre più alle ardenti speranze riposte in voi, per l’onore della gente slovacca, e per la gioia della Chiesa, che noi desideriamo sia sempre per voi la guida luminosa della vostra vita per crescere buoni, generosi, sereni, puri, fedeli amici di Gesù.

Vi accompagni la nostra Benedizione Apostolica, che di cuore estendiamo a tutti i vostri cari, qui presenti ed assenti, e a tutti i benemeriti organizzatori dei vostri incontri.

Insegnanti cattolici

Interrompant pour quelques heures leurs travaux, les membres du Huitième Congrès international de l’Union mondiale des Enseignants Catholiques sont venus Nous saluer ce matin. Nous nous réjouissons de cette présence. Elle est le gage, chers Fils et chères Filles, de votre volonté de fidélité à l’Eglise. Nous vous redisons donc nos encouragements pour votre tâche éducative. Vous savez la grande importance de l’éducation chrétienne de la jeunesse, rappelée encore par le dernier Concile. Vous savez aussi combien l’Evangile doit inspirer la pensée et l’action de tout enseignant chrétien. L’avenir spirituel de la jeunesse dépend pour une part de vous. Puissez-vous être toujours pleinement fidèles à votre belle vocation. En le demandant avec vous au Seigneur, Nous vous donnons de grand coeur, ainsi qu’à tous ceux que vous représentez ici, notre Bénédiction Apostolique.

Cantori del «Fort William Male Choir»

We are happy to welcome today a group from Canada, the Fort William Male Choir. We are pleased that you have wished to pay us this visit. Your activities are known to us, and we are glad that you bring pleasure to so many by your singing. We are also aware that your endeavours have a certain ecumenical aspect, and we pray that God will assist you as you use your talents to help bring closer the union of all Christians. May your visit to Rome encourage you and be the source of happy memories in years to come.

Pellegrini di Barcellona

Tenemos entre nosotros un numeroso grupo de peregrinos, presidido por el Señor Cardenal Narciso Jubany, Arzobispo de Barcelona, que pertenecen a la Obra de Ejercicios espirituales de esta Archidiócesis, con representantes de otras Obras de ejercicios de varias naciones. A todos damos nuestra paterna y cordial bienvenida.

Nos congratulamos con vosotros por la fructuosa labor llevada a cabo en estos cincuenta años de vuestra Obra. En medio de un mundo como el nuestro, dominado por el afán del resultado irrmediato, necesitamos más que nunca de esos momentos de reflexión; necesitamos mirarnos por dentro, hacer como una radiografía de nuestro espíritu para reparar posibles defectos, y dispuestos a colmar grandes vacíos todavía existentes en nosotros. ¿No estamos todos llamados a la salvación, que culmina en la plena comunión de vida con Dios?

Al proclamar el Año Santo nos hemos propuesto favorecer este encuentro con Dios, para escuchar de cerca la palabra de vida, dejarnos penetrar por su virtud Salvífica y así, curados y convertidos a El, sentirnos miembros no extraños sino hermanos de un mismo Cuerpo: la Iglesia de Cristo.

He ahí la vocación del cristiano, cuya actuación persiguen los ejercicios. Vuestra Obra tiene además un carácter marcadamente pastoral, al proyectarse en el ambiente parroquial. En el apostolado y en el servicio entragado a los demás, hallaréis fuerza para perseverar y también campo para irradiar vuestra labor evangelizadora entre los necesitados.

Con nuestra especial Bendición Apostólica.

Gruppo di Paraguaiani

Un saludo particular, lleno de paterno afecto, para el grupo de ciudadanos del Paraguay, que acompañan al Señor Presidente de su noble Nación en su viaje por Europa.

Os agradecemos de corazón esta visita. Vuestra presencia nos da testimonio de adhesión y nos habla de los devotos sentimientos que modelan el alma de vuestro pueblo. Como a hijos de la Iglesia, os animamos hoy a hacer de vuestras vidas una constante expresión de la fe que profesáis: una fe viva y operante, solidaria de las penas y alegrías, de los éxitos y flaquezas; una fe que imprima al diálogo sincero un espíritu de colaboración fraterna a la hora de compartir responsabilidades en seno a la comunidad; una fe corroborada por la caridad, que cada día irá desvelando los lazos misteriosos, pero reales, que nos vinculan a todos dentro de la gran familia del pueblo de salvación.

Con estos deseos, os impartimos a vosotros y a vuestras familias la Bendición Apostólica.


Mercoledì, 1° agosto 1973

10873

Vogliamo rinnovare la nostra vita religiosa e cristiana; vogliamo rinnovarla e ringiovanirla; vogliamo assuefarla al clima del pensiero e del costume moderno; vogliamo non solo farla sopravvivere nelle condizioni in cui oggi viene a trovarsi spesso la religione, ignorata, emarginata, di grazia se tollerata nella cella della coscienza personale; ma vogliamo ridarle quel vigore che ne disveli la necessità, la bellezza, la fecondità, la capacità a fornire all’uomo quella luce di sapienza, di sicurezza, di conforto, che sola conferisce all’umana esistenza il suo senso fondamentale, il suo valore autentico, il suo destino immortale. A tanto ci obbliga, - ripetiamolo ancora una volta -, quel bilancio del cattolicesimo, ch’è stato il Concilio; e a tanto ci invita la prospettiva dell’anno santo, avvenimento di pienezza spirituale, al quale ci stiamo preparando. Vale la pena allora per noi fissare un istante l’attenzione sull’antico assioma: la fede «è il fondamento della vita spirituale» (S. TH.
III 73,3 II-II 16,1, 1). Dobbiamo mettere alla base della nostra concezione religiosa e morale la necessità della fede: «l’uomo giusto, dice S. Paolo, e noi possiamo intendere: il cristiano, vive di fede» (Rm 1,17); «senza la fede è impossibile piacere a Dio» (He 11,6). Noi non facciamo ora una lezione su questo capitolo primo della nostra vita religiosa; solo ricordiamo, per chiarire le idee, il duplice campo a cui la fede si riferisce: oggettivo l’uno, che riguarda le verità alle quali dobbiamo prestare fede, immenso campo, come ognuno sa, di cui il nostro «Credo» vuoi essere una sintesi (Cfr. H. DE LUBAC, La Foi chrétienne, Aubier 1969); e soggettivo l’altro, che riguarda il nostro atto di adesione alle verità del credo (Cfr. S. TH. II-II 1,6 ad 2), campo anche questo vastissimo per la complessità degli atteggiamenti e dei processi spirituali del nostro animo in ordine alla fede (Cfr. G.-M. Card. GARRONE, La Foi, Le Centurion 1973).

Sarà bene per tutti riprendere lo studio di questo tema fondamentale, cominciando dal ribadire con chiarezza la definizione della fede, come assenso intellettivo alla Parola di Dio, determinato dalla volontà, mossa dalla grazia divina (Cfr. S. TH. II-II 1,4 II-II 4,5 II-II 2,9); una conoscenza singolare, certa e oscura insieme, certa nei suoi motivi, oscura ancora nel suo misterioso contenuto. «Vediamo, scrive S. Paolo, adesso come attraverso uno specchio, in enigma» (1Co 13,12); così che «la fede è fondamento delle cose che si sperano, dimostrazione delle cose che non si vedono» (He 11,1).

Ora che cosa avviene per noi, uomini imbevuti della mentalità che fonda la sua sicurezza conoscitiva su l’esperienza sensibile e sperimentale e sul ragionamento scientifico? Avviene che gli uomini d’oggi sono restii e diffidenti ad ammettere una conoscenza riguardante la sfera di Realtà invisibili (Cfr. 2Co 5,7), e per giunta fondata sulla fede, se questa fede non è risolvibile in una verifica diretta dei nostri sensi e della nostra ragione. Diciamo subito che noi credenti in senso religioso non abbiamo nessuna obiezione di principio da fare alla testimonianza dei sensi e tanto meno della sana ragione; anzi incoraggiamo e ammiriamo la cultura naturale dell’uomo, la sua ricchezza, i suoi sviluppi. La nostra obiezione riguarda il limite, la sufficienza, l’esclusività, che oggi tanti uomini e tanti sistemi filosofici pongono alla propria cultura empirica, razionalista o idealista, rifiutando di ammettere una conoscenza sulla testimonianza della rivelazione, cioè sulla Parola di Dio, mentre Dio, svolgendo un suo piano di elevazione e di salvezza dell’uomo, una sua «economia» soprannaturale che investe le sorti d’ogni uomo e di tutta l’umanità, ha fatto dell’adesione alla sua Parola, cioè della fede, la condizione sine qua non della nostra definitiva sorte felice: «Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo: chi poi non crederà, sarà condannato»: parole solenni e testamentarie di Cristo (Mc 16,16).

Ecco allora un’amara conclusione di questa sommaria visione del cristianesimo : la fede, prima fonte della salvezza, è divenuta oggi la prima difficoltà a conseguirla.

Ed ecco la nostra urgente raccomandazione: cerchiamo di renderci conto di questo triste fenomeno, perché vi sia tanta difficoltà ai nostri giorni ad accogliere «il verbo della fede che noi predichiamo» (Rm 10,8). Lo sappiamo: è studio vastissimo, filosofico, psicologico, sociologico, pedagogico: ma utilissimo, necessario anzi a chi ha la responsabilità di educare e guidare i fratelli sulla via di Cristo. Diciamo solo per sommi capi, tacendo ora sul problema, anch’esso basilare, della libertà di Dio rispetto alla distribuzione dei suoi doni: la fede è un dono di Dio: «non tutti obbediscono al Vangelo» (Rm 10,16 Rm 11,32); posizione questa che ci persuade a considerare la fede come questione di somma importanza, che deve essere trattata con grande serietà ed umiltà, e accompagnata da un grande amore alla verità e dalla preghiera (Cfr. Mc 9,23). Come non diciamo nulla delle prove spirituali di difficoltà e di oscurità interiore, che possono sorgere nell’anima d’un devoto credente per certo esercizio di fedeltà, che Dio stesso permette, a dati momenti, per prepararlo a più forte e poi più gioiosa espressione di fede; le vite dei Santi ci documentano questi fenomeni di purificazione spirituale e di ascensione faticosa sull’erta della santità (Cfr. San GIOVANNI DELLA CROCE, Salita del monte Carmelo, e Notte oscura).

Vorremmo interessare la vostra attenzione sulla condizione mentale di tanta gente oggi ostile, o refrattaria alla fede. Perché lo è? si direbbe che essa si trova nell’incapacità di porsi nei termini dovuti il tema della fede, il problema ed il metodo dell’ascoltazione della Parola di Dio; e ciò perché estroflessa nel regno dei sensi e della fantasia, ovvero prigioniera d’un razionalismo preconcetto e insofferente alla disciplina della mente orientata unicamente e coraggiosamente verso la Verità. Manca a moltissimi figli della nostra generazione quella profilassi del pensiero logico e onesto, che lo renda recettivo di criteri superiori del sapere, capace di percepire le voci profonde delle cose e dello spirito, e pensiero puro e semplice che sappia cogliere cordialmente per quel che sono’ le parole del Vangelo, divine (Cfr. Mt 11,26).

E dovremmo menzionare un altro ostacolo polivalente, che sorge in questi anni nel campo degli studi biblici, arrogandosi, con l’ausilio di sottile e agguerrita erudizione, di sottoporre la sacra Scrittura, i Vangeli specialmente, ad una ermeneutica, cioè ad un’interpretazione nuova ed eversiva, mediante criteri speciosi, ma contestabili, per togliere al libro sacro la sua genuina autorità, quella che la Chiesa gli riconosce e ne fa argomento ed oggetto della fede tradizionale .

Ma non temiamo. La fede è stata sottoposta lungo la storia a innumerevoli attacchi ed a continue insidie. Ma difesa, insegnata, professata dalla Chiesa cattolica, infiammata di Spirito Santo, essa resterà e continuerà ad essere la luce del Popolo di Dio, pellegrino instancabile nella storia del mondo.

Cerchiamo tutti d’essere, come ci esorta S. Pietro, «fortes in fide» (1P 5,9). Con la nostra Benedizione Apostolica.



Maria SS. ma risponde alle odierne esigenze della Chiesa e dell’umanità

Ed ora il nostro cordiale saluto al folto gruppo di sacerdoti di varie nazionalità, aderenti al Movimento dei Focolari. Sono convenuti presso il Centro Mariapoli di Rocca di Papa per il loro consueto congresso, che quest’anno avrà per tema «Maria SS.ma come risposta alle esigenze della Chiesa e dell’umanità di oggi».

Siate i benvenuti, sacerdoti carissimi! Abbiamo saputo che con la vostra presenza intendete esprimere la fedeltà vostra e quella di tutti gli altri vostri confratelli del Movimento Focolari. Ve ne siamo assai grati: sia per questo squisito gesto di filiale affetto, sia principalmente per la prova di fede e di pietà verso la Vergine Santissima che avete dato con la scelta del tema delle vostre riflessioni. Finché da parte dei sacerdoti si venera degnamente la Madre di Dio e la Madre nostra, e se ne riconosce il ruolo che Essa svolge nel piano della salvezza, non potrà venir meno in essi la grazia, la fedeltà a Dio, l’amore a Cristo e alla Chiesa, perché Maria è il modello autentico e ideale dell’umanità redenta, e perché è specialmente nei riguardi dei ministri del suo divin Figlio che Essa «con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo ai pericoli e affanni, fino a che non siano condotti alla patria celeste» (Lumen Gentium LG 62). Abbiate dunque sempre gli occhi e il cuore fissi in questo modello incomparabile, o figliuoli, e avrete la soluzione dei problemi, talvolta così difficili e complessi, che oggi si incontrano nella vita sacerdotale.

Raccomandando a Lei le vostre persone, le vostre intenzioni e il vostro benemerito Movimento, di cuore vi impartiamo l’Apostolica Benedizione.

Partecipanti al «Mese Ignaziano»

Rivolgiamo ora un paterno saluto ai Sacerdoti, Chierici e Religiose che stanno partecipando, presso la Casa del Sacro Cuore nella vicina Galloro, agli Esercizi Spirituali nella forma del «Mese Ignaziano».

Sappiamo che quest’anno ricorre il ventesimo anniversario della bella e valida iniziativa, e quindi vogliamo esprimere, innanzitutto, il nostro compiacimento ai Padri della Compagnia di Gesù che l’hanno promossa, garantendone il regolare svolgimento e la migliore riuscita. Ed a voi che, seguendo un impulso spontaneo del cuore, avete scelto di trascorrere questi giorni nella riflessione e nella preghiera, noi porgiamo un fervido augurio, perché questa prolungata pausa spirituale costituisca la felice occasione per elevarvi ed irrobustirvi nell’uomo interiore, che è «l’uomo perfetto nella misura che conviene alla piena maturità del Cristo» (Ep 4,13).

Nel compiere tale salutare esperienza, ognuno di voi, figli carissimi, vi porta il carico delle sue responsabilità, ha presente il quadro dei suoi personali problemi, individua più lucidamente quali siano i suoi doveri, secondo i vari settori della vita ecclesiale, in cui è chiamato ad operare. La pratica degli Esercizi si pone, appunto, in rapporto con la missione che vi è affidata, ed appare tanto più urgente al giorno d’oggi, quanto più cresce il frastuono della vita esteriore e, con esso, il pericolo della dissipazione e dello smarrimento.

Benedica il Signore l’opera di santificazione, a cui ciascuno di voi attende con rinnovato fervore, e fecondi i propositi di apostolato che ne scaturiranno. Da parte nostra, confermiamo questi voti con la Benedizione Apostolica.

Giovanetti olandesi

Esprimiamo la nostra sincera gioia nel vedere a questa Udienza il coro dei ragazzi di Oosterhout, che rinnovando il gesto gentile dei loro piccoli colleghi, convenuti qualche tempo fa a Roma per renderci omaggio, hanno desiderato questo incontro, per testimoniare anch’essi il loro affetto per la Chiesa e per il Papa.

Per ricambiare tali sentimenti, vogliamo dirvi, carissimi figli, il nostro compiacimento per l’attività artistica, a cui dedicate il talento della vostra sensibilità.

La musica, fra le arti belle, è religiosa alle origini. La vita della Chiesa è stata sempre animata di canti; ricorrente, è, nelle celebrazioni liturgiche, l’invito rivolto ai fedeli ad associarsi alle melodie celesti: e quando voci come le vostre, abilitate da lungo studio e vibranti di fede, si fondono in unisono coro, l’assemblea ecclesiale si trasfigura e si sublima, dando ai presenti il conforto di vivere un momento di più alta spiritualità, e la coscienza di partecipare attivamente ai Sacri Misteri.

Continuando il vostro compito, sappiate che il vostro sforzo è largamente compensato dal contributo all’edificazione di quella Comunità di preghiera e di amore, che attinge il suo vertice nell’Eucaristia. Tornando alle vostre famiglie e ai vostri impegni artistici, portate con voi i nostri voti: di essere cioè animatori di sereni colloqui con Dio, nella letizia come nel dolore, sia nelle avversità che nelle favorevoli iniziative.

Pegno di tale auspicio è la nostra Benedizione Apostolica, che volentieri estendiamo ai vostri familiari, agli Educatori e condiscepoli e a tutte le persone a voi care.

Federazione mondiale delle Comunità di vita cristiana

Benemeriti giovani per onorare i caduti in guerra

Ein besonderer Willkommensgruß gilt bei der heutigen Audienz den Jugendlichen der »Kriegsgräbereinsatzgruppe Kulmbach« und dem sie begleitenden Staatssekretär Herrn Karl Herold.

Ihr hochherziger Einsatz für die Pflege der Kriegsgräber in Europa und Afrika ehrt auf vorbildliche Weise das Andenken der unzähligen Gefallenen und bedeutet einen großen Trost für deren trauernde Hinterbliebene und Angehörige. Die Arbeit an diesen beklagenswerten Grabstätten konfrontiert sie persönlich auf eindringliche Weise mit den grausamen Folgen des Krieges. Möge sie deshalb für Sie gleichzeitig zum Anlaß und mahnenden Aufruf werden, sich in Zukunft noch entschiedener für eine weltweite Völkerverständigung, für Gerechtigkeit und Frieden in der Welt einzusetzen.

Ihnen und allen Pilgern aus den Ländern deutscher Sprache erteilen wir von Herzen unseren besonderen Apostolischen Segen.



Mercoledì, 8 agosto 1973


Paolo VI Catechesi 18773