Paolo VI Catechesi 17774

Mercoledì, 17 luglio 1974

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Alla scuola del Concilio, una scuola che deve dare la sua impronta alla vita cristiana del nostro tempo, noi siamo educati a guardare il mondo in cui viviamo con ottimismo, con rispetto, con simpatia; noi credenti, noi cristiani, noi membri della Chiesa. E qui per mondo intendiamo la vita reale dell’umanità, quale essa è, quale potrebbe e dovrebbe essere, senza per questo nascondere al nostro sguardo i suoi malanni ed i suoi bisogni; anzi facendo anche di questi aspetti negativi della scena umana un incentivo ad avvicinarla di più, a servirla di più, perché l’amore è alla base della nostra concezione cristiana del mondo; e l’amore sa scoprire motivo del suo interesse dove il bene esiste, per riconoscerlo e per goderne; e dove il male esiste, per curarlo e per porvi rimedio. È questa una grande «maturazione» della coscienza cristiana e dell’atteggiamento generale della Chiesa nel tempo e nella società; e noi faremo bene a uniformare la nostra mentalità a questa visione, che, in un certo senso, possiamo dire nuova circa la valutazione del panorama esistenziale da cui siamo circondati, senza per questo perdere il senso profondo e reale del bene e del male, ch’è nella drammatica situazione della nostra vita, e senza allontanarci dalla disciplina del Vangelo e della Croce, che deve guidare a salvezza il nostro cammino pellegrinante su questa terra.

Questa visione comporta molte conseguenze, tra le quali una adesso noi noteremo; quella di riconoscere, primo, una relativa, ma effettiva, autonomia al mondo profano, cioè a quello dove la religione, o meglio la Chiesa, non esercita alcuna diretta potestà; secondo, di riconoscere altresì i «valori» di questo medesimo mondo profano, i pregi, le virtù, le opere, le istituzioni, di cui esso è ricco ed a cui, al nostro tempo, con gli studi scientifici e con le organizzazioni politico-sociali, esso ha dato prodigioso sviluppo; e terzo, noi non avremo difficoltà a riconoscere che dalla coltura moderna possono derivare cospicui vantaggi alla migliore adesione e alla più efficace professione della nostra fede. Nessuno ci creda perciò avversari di principio al progresso profano e civile del mondo; nessuno ci accusi di «integrismo» religioso, nel senso di voler sottomesso direttamente alla sfera religiosa nella dottrina e nella pratica il mondo naturale; nessuno ci giudichi come estranei alla vita vissuta, come superati rispetto alla evoluzione della storia, come cultori anacronistici del passato, ciechi ed ostili alla civiltà dell’avvenire.

Benediciamo il Signore, che, fin dalla prima pagina della Bibbia, ci ha insegnato, con la compiacenza che il Creatore manifestò per l’opera sua giudicandola «cosa buona» (Cfr.
Gn 1,21 Gn 1,25), l’ammirazione per il cosmo, per tutto ciò che è, e che riflette nella sua esistenza e nella sua composizione essenziale la potenza, la sapienza di Dio ideatore, creatore, sostenitore d’ogni cosa.

E benediciamo il Signore per la successiva rivelazione di bontà, di presenza, di amore, che Egli si degnò di offrire all’umanità con il piano misterioso di salvezza e con l’intervento del Verbo stesso di Dio nella storia tragica e gloriosa dell’uomo, e poi con un’animazione soprannaturale dello Spirito, mediante la quale una «nuova creatura» deve sortire dal piano della redenzione (Cfr. Rm 8,21 2Co 5,17).

Ma facciamo attenzione, fratelli e figli carissimi! Questo ottimismo non ci tradisca! Una volta di più: la visione d’una verità non ci faccia dimenticare la visione integrale della verità.

A che cosa noi ora alludiamo? Alludiamo alla tentazione più grave del nostro tempo, quella cioè di arrestare la nostra compiacenza alla sfera «orizzontale», come ora si dice, per trascurare, per dimenticare, e finalmente per negare la sfera «verticale»; cioè per fissare il nostro interesse al campo visibile, sperimentale, temporale, umano, abdicando alla nostra vocazione verso il regno di Dio, invisibile, ineffabile, eterno e sovrumano. L’ateismo moderno ha in questa scelta, esclusivamente positiva per le cose di questo mondo, e radicalmente negativa per le cose religiose e specificamente cristiane, la sua origine più seducente e più pericolosa.

Voi certamente conoscete le espressioni, fieramente concrete e disgraziatamente totalitarie, a cui questa aberrazione del pensiero moderno è arrivata, quando ha affermato con aggressiva virulenza che «l’uomo è per l’uomo l’essere supremo» (Marx), che l’antropologia deve sostituire la teologia (Feuerbach), che al posto dell’Essere supremo si deve collocare l’umanità (Comte), che «Dio è morto» per l’uomo moderno (W. Hamilton. etc.). La religione non ha più ragione di essere, per questi profeti del materialismo, del positivismo, del fenomenismo sociale.

Si chiama secolarizzazione oggi quella tendenza del pensiero che rivendica ai valori puramente terrestri ed umani la loro realtà e la loro legittima e doverosa coltura. E sta bene. Ma ripetiamo: facciamo attenzione. Se questa tendenza si isola e si svincola dalle basi filosofiche e religiose, che sono indispensabili nella costruzione della verità totale, della Realtà reale, essa progredisce camminando sopra una linea di insostenibile equilibrio; subito essa cede ad una gravitazione negativa; essa tende a farsi da secolarizzazione secolarismo, da distinzione di particolari valori positivi in negazione d’ogni altro valore filosofico e religioso; e così essa è inghiottita nel suo fatale slittamento dall’agnosticismo, dal laicismo, dall’ateismo,dove il pensiero manca di principii assoluti e trascendenti, e deve o rinunciare ad un sistema logico e obiettivo di verità, o sostituirlo con alienanti surrogati di inferme filosofie o di formidabili volontarismi rivoluzionari: stat pro ratione voluntas. Non vi dispiaccia se noi ripetiamo: facciamo attenzione.

Il pericolo d’essere noi stessi, già elevati al livello della sapienza cristiana e alla fermezza della fede, trascinati verso questo orizzontalismo, vittime della fascinatrice debolezza del secolarismo, derivato da un’incauta e transigente secolarizzazione, esiste ed incalza su persone e su movimenti, che vorrebbero promuovere la giustizia nel mondo e la liberazione dell’uomo da tante sue sofferenze. Il pericolo di ritenere valida la formula che intendesse limitare l’adesione a Cristo al fatto d’essere Egli «per gli altri» (Cfr. Bonhoeffer), quasi che ciò bastasse per riconoscere in Lui il maestro e il salvatore, senza proclamarne il mistero della divinità. Il pericolo di attribuire diritti assoluti ed esclusivi a valori parziali. Il pericolo di accogliere formule sociali, che, ad esempio erigendo a sistema la lotta di classe, la convertono inevitabilmente in odio di classe, e l’odio di classe in un possibile esercizio disumano del potere di classe (Cfr. «Arcipelago Gulag».), con l’incapacità finale, per un seguace di Cristo, di assegnare all’amore di Dio il primo posto nella dinamica morale, e di stabilire su questo amore un inesauribile e incalzante amore per il prossimo, per l’uomo bisognoso di elevazione e di eguaglianza. E così via. Il discorso sarebbe ancora lungo; ma per ora ci basti il ricordo d’una sentenza del grande pedagogo della nostra civiltà, che fu S. Benedetto (la cui festa abbiamo celebrata in questi giorni): Nihil amori Christi praeponere, nulla anteporre all’amore di Cristo (Cfr. G. DE ROSA, Sulla secolarizzazione, il secolarismo, e la fede, in La Civiltà Cattolica 1970, voll. I e II).

Due cori polifonici americani

We are happy to extend a word of greeting to two groups of singers from the United States: the Cathedral Collegiate Choir from Philadelphia, and the members of “America’s Youth in Concert 1974”.

We know that both of these choirs are making tours of Europe, and we thank all of you for wishing to visit us today. During your stay in Rome you will be giving pleasure to many people, raising their minds to the things of culture and the spirit. And we hope that in your turn you will derive much pleasure and spiritual profit from your stay. We assure you of our prayers and we ask you to convey our best wishes to your families and friends at home.

Giovani messicane

Un saludo especial para los grupos de jóvenes mexicanas, que cumplen quince años de edad: Amadísimas hijas: Os damos nuestra bienvenida y, al mismo tiempo, os exhortamos a recordar siempre este encuentro como un estímulo para vuestra vida cristiana: seréis felices, si os mostráis fieles hijas de la Iglesia.

A vosotras, a vuestras familias y a toda la juventud mexicana nuestra Bendición Apostólica.


Mercoledì, 24 luglio 1974

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Noi stiamo cercando nelle elementari riflessioni delle nostre Udienze generali alcuni punti di convergenza fra il pensiero della Chiesa e la mentalità caratteristica del nostro tempo, sia per rimuovere pretesti di polemiche superficiali e superflue e sia per confortare il progresso della verità nella maturazione culturale dell’uomo moderno. In altri termini vorremmo rassicurare amici ed avversari che certe idee fortunate della moda speculativa e pratica non solo non sono avversate dall’insegnamento ecclesiale, sì bene sono professate e, spesso non da oggi, rivendicate nei confronti di altrui opinioni fino ad oggi comuni ed ora superate. Vorremmo difendere il nostro pensiero come valido ed attuale, non anacronistico e superato, ma capace di consenso e di sviluppo per la coincidenza, almeno parziale, con la maniera di pensare e di vivere degli uomini d’oggi.

Uno di questi punti di convergenza riguarda l’importanza della coscienza personale nella determinazione della propria condotta, cioè la prevalenza del giudizio morale proprio sopra altri criteri d’azione, d’origine estrinseca. L’uomo è libero; quindi deve poter scegliere liberamente ciò che gli conviene di fare. Le interferenze estrinseche di altri criteri non solo diminuiscono la libertà del soggetto, ma possono guastarne la rettitudine. Giustissimo: la coscienza interpreta ed impone la norma immediata all’azione umana ed onesta; perciò niente di meglio se la pedagogia moderna cerca di mettere in azione la coscienza, abituandola a pronunciarsi in forma autonoma, e a dare a questo pronunciamento un’importanza grande, qualificandolo come squisitamente personale e responsabile. E sta bene.

Ma ecco dove la nostra scuola integra la nozione di coscienza, e con ciò descrive una completa disciplina dell’azione morale secondo coscienza, affermando che la coscienza si appella ad una norma, ch’è data dalla ragione obiettiva, o nei suoi primi intuitivi principii circa il bene ed il male (sinderesi), o nelle sue espressioni razionali più complesse (legge naturale), donde risulta che la coscienza non crea la sua norma morale, ma la deve accettare ed applicare (Cfr.
Rm 2,14-15 2Co 1,12 I 79,13). La coscienza è un occhio interiore che vede; non è di per sé la luce, che fa vedere, o meglio: non è la cosa che dobbiamo fare. Perciò la coscienza in tanto può comandare in quanto essa stessa obbedisce (Cfr. PLATONE, Apol. di Socrate: la scienza come impegno morale).

Questo può essere molto importante, se ben compreso,perché ciò ci avverte che la coscienza ha bisogno d’un governo, che la trascende; ed è la esigenza che scaturisce dalla ragione; la quale a sua volta ha bisogno d’essere istruita dall’insegnamento naturale, se pur questo basta, ovvero dalla fede e dal magistero che la propone ove la ragione non basta. Con due conseguenti osservazioni; la prima riguarda la necessità di distinguere la coscienza puramente psicologica e l’esperienza della nostra vita consueta dalla coscienza morale, che sola ci guida nella classifica del bene e del male, del lecito e dell’illecito, e sola ci sostiene nel pronunciamento della scelta libera, autonoma e responsabile; l’altra osservazione ci mostra la ragion d’essere d’una virtù, della quale oggi non si vuole sentir parlare, e cioè dell’obbedienza, la quale non sopprime la libertà personale, ma la mette in esercizio, quando l’ordine delle cose giustifica che un’altra volontà, e cioè l’autorità, proponga alla nostra volontà il suo ragionevole comportamento (Cfr. S. TH. II-II 104,1).

Oggi è ancora possibile un discorso sull’obbedienza e sul suo ministro, ch’è l’autorità? Quante grosse parole, e per di più sovente sacre parole, sembrano erigersi come insormontabili ostacoli contro questo binomio : obbedienza-autorità; e sono: libertà, liberazione, eguaglianza, diritto dell’uomo, democrazia, pluralismo, indipendenza, uomo adulto, autonomia, ecc. Non dice S. Tommaso che tutti gli uomini sono naturalmente eguali, omnes homines natura sunt pares? (TERT. Apol. 39: PL 1, 471) Perché dunque introdurre nei rapporti umani il dislivello dell’autorità e il meccanismo dell’obbedienza?

Noi avvertiamo la diffidenza dell’uomo moderno verso il principio dell’autorità e verso l’aspetto legale dell’obbedienza; ma, come si può facilmente pensare, noi crediamo che il discorso su questo osteggiato binomio autorità-obbedienza sia tuttora doveroso e benefico, se concepito nei termini corretti e dovuti, ai quali il linguaggio del Concilio ci ha richiamati, ed ai quali la Chiesa si sta volentieri uniformando, tanto più che proprio dalla sponda dei più astiosi avversari sia dell’autorità che dell’obbedienza sembra convertirsi in più grave abuso l’impiego dei due termini controversi. L’autorità, non dominatrice, non egoistica, ma educatrice e moderatrice, posta al servizio d’ogni singolo uomo, e specialmente d’ogni ordinamento collettivo, è necessaria; e parimente lo è, delegata di quella divina ed elevata allo stile e alla funzione pastorale, nella Chiesa di Dio, col suffragio istituzionale di Cristo e collaudata dall’esperienza dei Santi e della storia.

Correlativa all’autorità è l’obbedienza, la quale non è mera passività, o supina acquiescenza dovuta all’interesse o alla paura, ma espressione di unità, di fedeltà e di carità, nella articolazione del Corpo mistico e sociale di Cristo, ch’è la sua Chiesa: sovrabbondano in tale campo i testi scritturali, le voci e gli esempi dei Santi, le prove sempre ricorrenti dei protagonisti del regno di Dio nella storia, il quale ha nell’obbedienza umile e generosa dei suoi promotori il cemento valido per la sua costruzione e il contrassegno eloquente della sua animatrice carità: Tertulliano (tra il II e il III secolo) ne trae motivo per il suo «Apologetico», attribuendo ai persecutori una caratteristica lode per i cristiani di quel tempo: Vide, inquiunt, ut invicem se diligant (S. TH. II-II 104,5; cfr. Si 15,14-15).

Citiamo la frase memorabile per i nostri Fratelli e per i nostri Figli; con affettuosa intenzione anche per quelli che oggi sembrano preferire le vie del dissenso, della contestazione, della disgregazione della nostra santa Chiesa, la quale attende anche da loro ben altre prove della loro asserita comunione: quelle appunto dell’obbedienza, della concordia e della carità.

A quanti accolgono questo voto sia la nostra Apostolica Benedizione.

Il mese degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio

Esprimiamo la nostra sincera gioia nel vedere a questa Udienza il folto gruppo ospite attualmente della Casa S. Cuore di Galloro per il «Mese di esercizi spirituali».

Nel ringraziarvi, figli carissimi, dei vostri sentimenti di devozione e di affetto, vogliamo dirvi il nostro compiacimento sincero per l’impegno generoso con cui attendete alla laboriosa, ma anche tanto feconda esperienza di questo corso di esercizi, sotto la esperta guida dei figli di S. Ignazio. Vorremmo che tante anime consacrate, assorbite dalla attività esteriore e troppo esposte ai pericoli della dissipazione, comprendessero come voi il primato della vita spirituale, e sentissero il bisogno, e talvolta il dovere, di ricuperare le energie dello spirito in qualche giorno, od anche solo in qualche ora di ritiro, di raccoglimento, di silenzio, di intimo colloquio con Dio. Solo così sapranno efficacemente reagire al fascino del mondo e non perdere di vista il fine vero ed ultimo della propria vita consacrata.

Vi confermi nei vostri santi propositi la nostra Apostolica Benedizione.

Pellegrini di Procida

Rivolgiamo ora un paterno saluto al folto gruppo dei fedeli di Procida, i quali, guidati dal Vescovo Ausiliare di Napoli, Monsignore Antonio Zama, son venuti a farci visita alla vigilia delle celebrazioni che si terranno nell’Isola per il 50° anniversario della Incoronazione dell’Immagine della Madonna delle Grazie.

Vi siamo molto riconoscenti, figli carissimi, di questo gesto premuroso, a cui intendete dare un preciso significato di comunione ecclesiale e di adesione, altresì, alla nostra recente Esortazione Apostolica sul culto mariano. Noi conosciamo la spirituale freschezza dei sentimenti che, non soltanto per l’influsso della tradizione dei padri, ma anche e soprattutto per intima convinzione, vi spingono a professare speciale devozione alla Vergine Santa.

Nella fiducia che la ricorrenza cinquantenaria sarà per voi e per le vostre famiglie occasione e stimolo per crescere nella fede e per irrobustirla alla luce degli esempi della Madre celeste, di cuore vi impartiamo la nostra Benedizione Apostolica.

Alunni slovacchi

Un particolare saluto desideriamo rivolgere al gruppo dei ragazzi slovacchi, provenienti da diversi Paesi dell’Europa, i quali si trovano al presente in Italia ospiti dei campi-scuola estivi, organizzati dall’Istituto dei Santi Cirillo e Metodio in Roma.

Auspichiamo di cuore, figli carissimi, che possiate trascorrere in serena fraternità un lieto periodo di riposo, che sia anche una opportuna occasione per un personale approfondimento della fede cristiana, secolare eredità dei vostri padri.

Con questi voti, come segno della nostra benevolenza, vi impartiamo volentieri la Benedizione Apostolica, che estendiamo ai vostri familiari, ai dirigenti e a tutte le persone care.

«Generazione Nuova»

Si rinnova, questa mattina, l’incontro con un gruppo che siamo soliti ricevere nelle Nostre Udienze dei mesi estivi: sono le giovani del movimento «Generazione Nuova», riunite al centro Mariapoli di Rocca di Papa per il loro Congresso che quest’anno ha come tema: «Dio - Amore».

Ebbene, ci è gradito ripetere anche a voi: siate le benvenute! Noi accogliamo sempre volentieri questa gioventù che avanza nella vita e con tanta serietà prende coscienza delle proprie responsabilità nel mondo che la circonda. Nel tema del vostro Congresso noi leggiamo il vostro bisogno di certezza e di pienezza, e l’anelito verso ideali superiori cui indirizzare le vostre fiorenti energie. Vogliamo cogliere l’occasione per ricordarvi che il materialismo della società moderna e il suo fatuo edonismo non possono offrirvi che dei surrogati di ciò che ha veramente bisogno il vostro spirito, assetato di bellezza, di vita, di amore, di felicità: solo Dio può bastare al vostro animo e può dare una risposta ai grandi interrogativi della vostra esistenza.

Augurando che il vostro Congresso valga ad accrescere in voi tutte il vostro amore a Dio, di cuore impartiamo l’Apostolica Benedizione.

Lituani d’America

We extend a special word of greeting to a group from the United States led by Bishop Maloney and including a number of sick priests. We know that you are about to go to Lourdes and we trust that your pilgrimage will bring you abundant graces. We assure you of a particular remembrance in out prayers.

Giovani del nord e centro America

Un saludo especial para las jóvenes mexicanas de quinte años : Os damos también nuestra bienvenida y estamos Seguro de que el recuerdo de esta visita os sirva, corno de empeño, a conservar intatta la alegría y la juventud de vuestra fe.

Con nuestra Bendición Apostólica para vosotras, vuestras familias y para todo México.

Damos nuestra cordial bienvenida a los jóvenes estudiantes de la Guayana Holandesa.

Queridísimos jóvenes: Os deseamos que esta visita a la Ciudad Eterna os ayude a completar vuestra formación cultural y humana, y corrobore también vuestros propósitos de alimentar más y más, en vuestras conciencias y en vuestra conducta, los ideales de comunión en la fe y en la caridad.

Con nuestra Bendición Apostólica para vosotros, vuestros profesores y compañeros, y para vuestras familias.




Mercoledì, 31 luglio 1974

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Un tema molto fecondo di studio e di pensiero per la visione cristiana dei destini religiosi dell’umanità è oggi quello della liberazione.

L’ampiezza del tema e la sua profondità nascono dal fatto che si fa coincidere il concetto di liberazione con quello di salvezza; e allora si comprende come si possa parlare di teologia della liberazione. Dio è l’operatore della salvezza dell’uomo; possiamo, a titolo mnemonico, condensare questo grande disegno nelle parole profetiche d’Isaia: Deus ipse veniet et salvabit vos, Dio stesso verrà, e vi salverà (
Is 35,4). Ed è un disegno che spazia sulla storia del Popolo eletto, dapprima; e poi, con Cristo, su tutta quella del mondo (Cfr. Da 7,14); la creazione stessa sembra dominata da un’intenzione salvifica (Cfr. Is. Is 44,24), che diventa palese nella redenzione, come S. Paolo enuncia esplicitamente: «Ecco una parola di fede e degnissima d’accoglimento, ed è questa, che Cristo Gesù venne nel mondo a salvare i peccatori . . .» (1Tm 1,15 1Tm 2,4 Lc 19,10). Gesù, il nome stesso lo dice, è Salvatore (Mt 1,21).

La salvezza suppone una condizione infelice, una condizione di rovina e di condanna, qual era e qual è appunto la condizione dell’uomo dopo la caduta di Adamo, e dopo la trasmissione del peccato originale a tutta la sua discendenza. Conosciamo l’opera di Cristo: la salvezza, ch’Egli ci ha portata, è una redenzione, mediante il sacrificio della Croce e la sua risurrezione; Egli ci ha «giustificati», facendoci col battesimo soci della sua morte e della sua nuova vita risorta (Cfr. Rm 4,25 Col 2,12 Col 2,14).

Perciò l’opera di Cristo è una liberazione. Liberazione da che cosa? Liberazione dalla morte, alla quale il peccato (ch’è distacco della nostra vita dalla sorgente prima e vera e necessaria della Vita divina), ci aveva destinati. Cristo, in un ordine eminente, è per noi nuova creazione (Ga 5,15 2Co 5,17). La riconciliazione con Dio, ottenutaci da Cristo, ci fa rivivere, ora nella grazia, domani nella gloria, se avremo la fortuna promessa di questa estrema e trionfante liberazione. La teologia della salvezza può quindi prospettarsi sotto questa visione effettuale di liberazione. La forza espressiva di questa parola ha la sua importanza nella didattica, diciamo meglio, nella teologia presentata agli uomini del nostro tempo, per i quali la libertà tocca un vertice dell’ideale umano, e non senza ragione, e per i quali la sensibilità dei mali opprimenti tanta parte dell’umanità e sotto tante forme si è, nella evoluzione della storia, fatta più intollerante e più ansiosa di liberazione. Parola quindi degna del vocabolario cristiano.

Ma non solo per il suo senso verbale e la sua efficacia espressiva; bensì per il contenuto a cui si riferisce. Grande sapienza è la comprensione della liberazione, che la nostra fede e anche una certa nostra esperienza ci dicono essere operata nelle sorti della nostra vita in virtù della salvezza operata da Cristo: essere ammessi alla reale riconciliazione con Dio ed esonerati dai tristi destini del peccato, essere sollevati dall’incubo della fatalità del male e della oscurità della morte, essere rasserenati sulla natura e sulla finalità non malefiche, ma provvidenziali del dolore, essere rianimati, dopo la stretta della disperazione e dopo il dubbio dell’insignificanza della nostra esistenza, rianimati dalla speranza («nella speranza, scrive S. Paolo, siamo stati salvati») (Rm 8,24), e ancora essere stati assunti nell’economia e alla scuola dell’amore,... è tale fortuna, è tale novità, e, diciamo pure, è tale mistero, che davvero merita da parte nostra una riflessione teologica; e ciò tanto più perché sappiamo che è la Verità che ci rende liberi (Cfr. Jn 8,32).

Ma ancora. La liberazione cristiana ha un potere rigeneratore: ci rende buoni, ottimisti, agili e intelligenti nell’operare il bene al di là del nostro interesse. Ci scioglie dai vincoli dell’egoismo, della paura, della pigrizia, e consente alla nostra libera personalità di effondersi nel sentimento e nell’attività sociale; gli uomini ci si presentano non più come una massa premente di estranei o di concorrenti, o di nemici, ma come una folla attraente di nostri simili, di nostri soci, di nostri fratelli, ai quali è dovere, è onore prestare amore e servizio. Il valore sociale della liberazione cristiana scaturisce dalla carità, diventata precetto e retaggio del seguace di Cristo; una concezione nuova perciò della vita sociale ci vieta di cristallizzare la staticità delle condizioni umane, quando queste favoriscono le ingiuste disuguaglianze e la ricchezza egoista, come anche ci insegna che il dinamismo sociale, se promosso dall’odio, dalla violenza e dalla vendetta, non conduce alla desiderata libertà e al vero progresso umano.

Per questo si dovrà fare attenzione affinché la liberazione nascente dalla fede cristiana, quale è professata dalla Chiesa cattolica, conservi la sua logica derivazione e la sua polivalente, ma autentica destinazione; conservi e sappia esprimersi in feconde e originali espressioni, con vigore novello e con intelligente intuito dei bisogni che lo sviluppo della civiltà, lungi dal placare, rende più evidenti ed esigenti. Fare attenzione, diciamo, affinché la liberazione cristiana non sia strumentalizzata a scopi prevalentemente politici, né posta a servizio di ideologie discordanti in radice dalla concezione religiosa della nostra vita, né soggiogata da movimenti socio-politici avversi alla nostra fede e alla nostra Chiesa, come un’esperienza mondiale e attuale oggi pur troppo dimostra. Non siamo ciechi!

La liberazione cristiana non deve assumere un significato diverso e forse anche contrario al suo genuino valore; e così molto probabilmente accadrebbe quando anch’essa diventasse sinonimo di lotta aprioristica e programmatica fra le classi sociali, oggi più che mai chiamate dalle stesse leggi del progresso economico a concepire i loro rapporti in termini di complementarietà, di compartecipazione e di collaborazione, e non sospinte verso l’abbagliante miraggio d’una radicale rivoluzione sociale, destinata a risolversi in un danno comune e assai difficilmente riparabile. Le strutture giuridiche, che fossero diventate oppressive e ingiuste, devono, sì, essere sottoposte, non già ad « analisi » materialistiche e in gran parte scientificamente sorpassate, come se queste « analisi » fossero davvero liberatrici e integralmente umane, ma dapprima alla critica saggia, coerente ed operante dei principii sociali e religiosi cristiani, insegnati e proclamati con evangelico coraggio; cosa questa che anche la Chiesa, a fianco di bravi maestri, per voce dei suoi Pastori e del Popolo fedele può e deve fare; e poi devono essere riformate mediante l’azione illuminata e forte dei buoni e liberi cittadini, ai quali quei medesimi principii cristiani, lungi dall’essere un freno ingombrante, possono riuscire una luce ispiratrice e un incomparabile stimolo a tenace rigenerazione d’una moderna e pacifica società, ordinata secondo sempre aggiornata giustizia e sempre fraterno civico amore.

Siamo, come vedete, in pieno nel campo dell’attualità. Noi lo siamo con sofferenza per le molteplici situazioni sociali e internazionali, dove ancora libertà e giustizia non sono alla base di vero progresso e di autentica pace. Ma lo siamo altresì con piena fiducia nelle intrinseche energie liberatrici del cristianesimo e della Chiesa; e lo siamo con l’invitta speranza che non mancherà agli uomini del buon volere l’aiuto sostenitore e liberatore di Dio.

Confermi questi voti la nostra Benedizione Apostolica.

«Dio-amore» tema di zelo sacerdotale

Desideriamo ora rivolgere un saluto particolarmente affettuoso al folto gruppo di sacerdoti di varie nazionalità, aderenti al Movimento dei Focolari e convenuti presso il Centro Mariapoli di Rocca di Papa per il loro Congresso annuale.

Abbiamo saputo, figli carissimi, che con la vostra presenza intendete esprimerci la vostra devozione e dirci la vostra gioia di essere sacerdoti nonché la volontà da parte di ognuno di voi di essere l’espressione sempre più fedele dei sentimenti del Vicario di Cristo nelle vostre comunità. Per questo motivo vi ringraziamo vivamente, e tanto più ci rallegriamo di questo incontro in quanto siete impegnati durante questi giorni ad approfondire il tema «Dio-amore»; tema che più d’ogni altro può aiutare i sacerdoti a trovare la loro vera identità, essendo essi i ministri di Gesù Redentore e i suoi collaboratori per continuare nel mondo, a titolo unico ed insostituibile, la sua missione di amore.

Quale augurio migliore, allora, potremmo farvi che quello di rimanere fedeli a questa esaltante prospettiva del vostro sacerdozio, e corrispondere in pieno alle grandi speranze che la Chiesa ripone nel dono irrevocabile delle vostre vite all’amore di Cristo per gli uomini?

Tanto vi ottenga da Lui, dal Signore Gesù, la nostra Apostolica Benedizione, che volentieri estendiamo a tutte le anime a voi affidate.

Il Movimento Laici per l’America Latina

Salutiamo ora i partecipanti al Convegno di studio, che si è svolto in questi giorni a Roma su iniziativa del Movimento Laici per l’America Latina.

La vostra presenza dice già di per sé quale sia stato l’impegno che ha ispirato le vostre riflessioni, nella visione globale dei problemi del Continente Latino-Americano, e come al termine dei lavori ciascuno di voi desideri riaffermare pubblicamente la devozione e la fedeltà alla Chiesa, la coerenza del credere e dell’operare secondo le direttive del Magistero e delle speciali Commissioni Pontificia ed Episcopale Italiana.

Senza riprendere il tema da voi discusso, vi diciamo solo un pensiero : il moto di questi anni ed il cammino percorso confermano chiaramente che questa è l’«ora di Dio» per l’America Latina: dal travaglio e dalla ricerca dovrà emergere l’uomo nuovo, che da Cristo, modello assoluto, ripeta i tratti ed attinga le sue energie «in iustitia et sanctitate veritatis» (Ep 4,24). E ci basta solo accennare all’alto valore, che deriva dallo scambio delle esperienze, dalla diretta conoscenza, dai vincoli più stretti che uniscono il vostro Movimento con le Chiese del Continente.

In pegno dei celesti favori ed a conforto dei propositi vi impartiamo la Benedizione Apostolica.

Bambini croati vincitori della Olimpiade Catechistica

Salutiamo ora con paterna affezione un gruppo di bambini, provenienti dalla diocesi di Mostar, in Jugoslavia, vincitori del concorso «Olimpiade Catechistica», che il giornale Mali Koncil (Piccolo Concilio) ha organizzato per una approfondita conoscenza della Sacra Scrittura e del Catechismo.

Vi ringraziamo per la vostra visita, e vi manifestiamo sentimenti di particolare compiacenza per la serietà e l’impegno con cui vi siete applicati nello studio della Parola di Dio.

Sappiate profittare delle preziose possibilità che tale studio ha messo a vostra disposizione, per elevare sempre più il vostro perfezionamento spirituale e culturale, e per essere cristiani solidamente preparati e profondamente convinti.

Noi vi esortiamo a continuare con amore e con fedeltà nel vostro impegno di istruzione catechistica, e preghiamo il Signore affinché vi accompagni sempre con i doni della sua grazia.

A ciascuno di voi, ai Sacerdoti collaboratori del periodico che ha promosso il concorso, ai familiari presenti e a tutti i vostri cari impartiamo di cuore la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Pellegrini e visitatori da Hong Kong

We are pleased to offer a special word of greeting to a group of pilgrims and visitors from Hong Kong. We thank you for wishing to come to see us today, and we pray that your journey to Rome will be an occasion of many grates, as well as being an occasion that you will remember with pleasure for many years to come.

At the same time we offer our condolences on the recent sudden death of Bishop Peter Lei, upon whom we invoke eternal rest. We also extend a welcome to two groups of visitors from Japan, coming from Tokyo and Nagoya. As we greet you we also ask you to convey our prayers and best wishes to your dear ones at home.

Giovinette del Messico

Como en las pasadas Audiencias, se halla entre nosotros un numeroso grupo de jóvenes mexicanas, de quince años.

Amadísimas jóvenes : Os damos nuestra bienvenida, deseando que vuestra estancia en Roma, donde podréis admirar tantos signos de la fe, os estimule a vivir generosamente los compromisos cristianos.

A vosotras, a vuestras familias y a toda la juventud mexicana, nuestra Bendición Apostólica.




Mercoledì, 7 agosto 1974


Paolo VI Catechesi 17774