Paolo VI Catechesi 25974

Mercoledì, 25 settembre 1974

25974

Ancora noi andiamo cercando quali siano le necessità principali della Chiesa nell’ora presente. La nostra osservazione vuole essere in questa sede del tutto elementare, e quasi intuitiva, così che ognuno possa soddisfare la propria ricerca con conclusioni di prima evidenza. Ripetiamo a noi stessi la domanda, che già altre volte abbiamo rivolta alla nostra spirituale curiosità: di che cosa ha bisogno la Chiesa?

La domanda, come ognuno vede, può dirigersi in due direzioni: la direzione dei malanni che affliggono la Chiesa e che si avvertono alla diagnosi più semplice e immediata d’un occhio amoroso; e la direzione dei beni auspicabili, a cui la Chiesa possa aspirare quasi per diritto nativo, mediante la terapia, che dovrebbe derivare dalla sua vita normale. Queste due ricerche, l’una su l’aspetto negativo del volto presente della Chiesa, l’altra su l’aspetto positivo del suo stesso volto reale e ideale, conducono ad una medesima conclusione, che è questa: la Chiesa ha bisogno di fedeltà. Questa affermazione deriva da altre nostre affermazioni circa il bisogno fondamentale di fede, e quello conseguente di fortezza; e si formula quindi in una ripetizione, quando riscontra che ciò che più fa soffrire oggi la Chiesa è la mancanza di fedeltà in alcuni, anzi tanti suoi figli, e che ciò che più la conforta e la rallieta è invece il fatto della fedeltà di molti, moltissimi suoi figli.

L’osservazione ha la sua radice nel rapporto che ogni cristiano ha verso la Chiesa, cioè verso la propria fede religiosa, anzi verso Cristo stesso, verso quel Dio, Uno e Trino, alla cui trascendente e ineffabile, infinita Esistenza il battesimo lo ha misteriosamente, ma vitalmente e realmente collegato. Noi dobbiamo ritornare con la nostra riflessione su quel decisivo rapporto, che ci inserisce nella Chiesa, che ci qualifica come seguaci, anzi fratelli di Cristo, e che ci rende associati in una certa ma smisurata misura alla natura divina (Cfr.
2P 1,4). Fortuna inestimabile, che supera per valore la nostra stessa esistenza naturale, come ci ricorda il canto dell’«Exsultet» nella notte pasquale: Nihil enim nobis nasci profuit, nisi redimi profuisset; a che cosa ci giova il nascere, se non ci giovasse insieme il rinascere, l’essere redenti.

Noi siamo lieti di vedere che oggi, dopo il Concilio, con la riforma liturgica, è restituita grande premura nella preparazione e nella comprensione del significato e del valore dei sacramenti della iniziazione cristiana, quali sono il Battesimo, la Confirmazione, l’Eucaristia.

Si ridesta così e si riforma la coscienza cristiana. Abbiamo infatti bisogno, un bisogno fondamentale, di saperci, di sentirci, di mantenerci cristiani. Chiamiamo fedeltà questa rinascita della coscienza, della mentalità, della logica cristiana. Il grande fallo di tanti cristiani moderni è l’incoerenza, è la mancanza di fedeltà alla grazia, ricevuta nel battesimo, o successivamente in altri sacramenti, e agli impegni solenni e salutari, assunti verso Dio, verso Cristo, verso la Chiesa nella celebrazione d’un patto, d’un’alleanza, d’una comunione di vita soprannaturale, che non mai avrebbe dovuto essere trascurata, o tradita. Come il grande vantaggio è invece l’aver tenuto fede lealmente a quegli impegni, che dànno senso, virtù e merito alla vita cristiana. Possiamo infatti ad ogni singolo cristiano riferire quella esigenza, che S. Paolo vuole operante in ogni «dispensatore dei misteri di Dio» cioè nei ministri di Cristo (Cfr. 1Co 4,1) che «ciascuno sia riscontrato fedele». Si tratta in fondo d’un’esigenza, che assume la figura morale, la forza d’amore, d’un atteggiamento reciproco: come Dio è fedele verso di noi (Cfr. Mt 3,6 2Co 1,20 Rm 11,29), così noi dobbiamo essere fedeli verso di Lui. La fede, nella pratica della vita, si manifesta in due forme spirituali e morali, che dànno consistenza alla nostra religiosità, derivata appunto dalla fede; e sono la fiducia (Cfr. 1Th 5,24 2Tm 2,13 He 10,23 etc.), e la fedeltà (Ac 14,22 1Th 1,3 etc.). E qui la teologia, ed ancor più l’ascetica, offrono alla nostra riflessione tutta una letteratura.

Ricorderemo, tanto per citare un esempio di facile consultazione, l’ultimo capitolo, il 59°, del terzo libro dell’Imitazione di Cristo, che ci esorta a fissare in Dio solo ogni speranza e fiducia: «mio Dio, noi vi leggiamo fra altre fervide e belle parole, Tu sei la mia speranza, Tu 1a vera fiducia, Tu il mio consolatore, il fedelissimo in tutto». Ciò ch’è detto là per ogni singola anima iniziata alla preghiera, noi lo possiamo suggerire alla Chiesa intera, credente ed orante, bisognosa di trarre da una più viva fiducia nel Signore, l’energia rettilinea, che l’asprezza dei tempi domanda alla sua fedeltà.

Con la nostra Benedizione Apostolica.

Pellegrini di Ferrara

Ci piace rivolgere ora un saluto a voi, pellegrini della Arcidiocesi di Ferrara, che, guidati dal vostro Pastore, il caro e venerato Monsignore Natale Mosconi, siete venuti a darci prova della vostra devozione alla Chiesa e al Papa.

Non è la prima volta che abbiamo la gioia di incontrarci coi fedeli della vostra terra. Ed è questo un motivo per ringraziarvi con più caldo affetto di questa testimonianza e per apprezzare ancor più il significato della vostra visita graditissima. Vi augureremo, pertanto, che ancora una volta dal contatto col centro della cattolicità sappiate copiosamente attingere luce, conforto e sicurezza per mantenervi «forti nella fede» (1P 5,9), per amare sempre più questo tesoro, custodirlo e irradiarne intorno a voi la forza con una testimonianza di vita cristiana aperta, coraggiosa e sempre coerente. Ne hanno bisogno in particolar modo i giovani di oggi. Ad essi e a tanti altri vostri fratelli lontani dalla fede il vos’tro esempio sia di guida e aiuto a percorrere il cammino che conduce a Cristo Gesù.

Accompagniamo questo nostro augurio con la Benedizione Apostolica, che di cuore estendiamo a tutti i vostri cari, in auspicio delle più elette grazie celesti.

Giovani di Avellino

Rivolgiamo ora un affettuoso saluto agli alunni delle quinte classi elementari di Avellino, i quali durante il trascorso anno scolastico hanno dato vita agli «Incontri di Cultura Religiosa “Gesù Maestro”», promossi dall’Ufficio Catechistico Diocesano.

Vogliamo esprimervi, figliuoli carissimi, tutta la nostra sincera letizia per la vostra festante presenza, e il nostro paterno compiacimento per l’impegno e l’entusiasmo, che avete dimostrato nello studio della Religione. Siate sempre, nella vostra vita, amici fedeli di Gesù; ascoltate e mettete in pratica il suo insegnamento, per essere buoni, generosi, sereni e puri, esempio per i vostri compagni e conforto per i vostri cari.

Con questi voti vi impartiamo di cuore una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendiamo al vostro Vescovo, Monsignore Pasquale Venezia, al Provveditore agli Studi di Avellino, ai vostri genitori, ai Direttori Didattici, ai Maestri e a tutti coloro che hanno dato il loro meritorio contributo all’iniziativa.

Ragazzi del Concorso «Mondopiccolo»

Salutiamo il gruppo di ragazzi italiani delle scuole elementari e medie che hanno vinto il concorso «Mondopiccolo», promosso dal giornale «Avvenire».

Questa visita a Roma e questo incontro col Papa sono un premio per i vostri componimenti in poesia, in prosa e nel disegno. Dobbiamo dirvi bravi, non solo per aver partecipato alla competizione, ma soprattutto per l’impegno che avete messo nei vostri lavori.

Meritate una parola di lode anche per la preferenza che avete accordato a questo giornale - «Avvenire» - che ha bisogno anche del vostro sostegno, perché vuol essere la voce dei cattolici italiani, presente e influente nel campo delle notizie e della stampa.

Il piccolo successo che avete ottenuto vi incoraggi e vi stimoli ad impegnarvi in tutti i campi: nella scuola, nello Studio delle varie materie - compresa la religione e il catechismo -, ne1 vostro dovere di vivere ogni giorno da bravi cristiani.

Per questo scopo vi benediciamo di cuore.

Teologi sacerdoti e studenti di lingua tedesca

Ein wort besonderer Begrüßung richten wir an die Alumnen der Philosophisch-Theologischen Hochschule von Sankt Georgen in Frankfurt. Wir freuen uns, liebe Freunde, über diese Begegnung und heißen Sie herzlich willkommen.

Als junge aufgeschlossene Studenten der Theologie stehen Sie im Spannungsfeld unserer katholischen säkularen Tradition und des theologischen Pluralismus unserer Tage. Die Kirche steht einem vielseitigen theologischen Fortschritt nicht hindernd rm Wege, sondern bejaht und fördert ihn. Das können Sie aus der Einsetzung einer «Theologischen Kommission» auf internationaler Ebene ersehen.

Es ist aber einleuchtend, daß alle diese Bestrebungen sich innerhalb der von Christus seiner Kirche eingestifteten Struktur zu bewegen haben.

Halten Sie oft Ihre Betrachtung über die Erhabenheit unseres katholischen Priestertums, danken Sie Gott für die Gnade der Berufung und bereiten Sie sich durch eifriges Beten und gewissenhaftes Studium vor auf die heiligen Weihen.

Herzlich begrüßen wir auch den Pilgerzug der Lesergemeinde der Kirchenzeitung der Erzdiözese Köln. Liebe Söhne und Töchter! Als Leser einer Kirchenzeitung verdienen Sie ein Wort besonderer Anerkennung.

Eine beklagenswerte moralische Wunde unserer Zeit ist der religiöse Indifferentismus und bei vielen Christen leider der Gegensatz zwischen Glauben und Leben. Bemühen Sie sich darum auch weiterhin, durch aufmerksame Lektüre Ihrer Kirchenzeitung Ihr religiöses Wissen zu vertiefen und Ihr persönliches wie Ihr Familienleben aus dem Glauben und nach dem Glauben zu gestalten. Dazu erteilen wir Ihnen allen aus der Fülle des Herzens unseren Apostolischen Segen.


Mercredi, 2 octobre 1974

21074

Chers Fils,

Chaque audience du mercredi est pour Nous une joie toujours nouvelle, un réconfort toujours apprécié. Aujourd’hui, la présence des membres et consulteurs du Conseil des Laïcs nous invite à donner à cette rencontre un ton et un langage particuliers: c’est en quelque sorte à l’ensemble des laïcs dans l’Eglise que Nous nous adressons. Vous êtes bien ce Peuple de Dieu que l’Apôtre Jean voyait monter vers la Jérusalem céleste, de toute race, de toute nation, de toute langue Nous vous saluons tous et chacun avec la même affection. Nous nous devons de féliciter spécialement les Membres du Conseil des Laïcs qui ont choisi, cette année, d’être accueillis en même temps que les participants à l’audience générale.

Il y a là un signe exemplaire de leur volonté de proximité et de service de tous les baptisés. Est-il besoin de rappeler à toute l’assistance de ce matin que le Conseil des Laïcs est l’organisme institué par Nous, le 6 janvier 1967, afin de promouvoir et de coordonner l’apostolat des laïcs dans l’Eglise universelle, avec le souci d’écouter la voix des autres laïcs et la voix des Pasteurs de l’Eglise? Dans ce contexte, et sans nous éloigner des travaux du Synode qui vient de s’ouvrir, il Nous a paru très opportun de Nous entretenir avec vous de deux aspects fondamentaux de l’apostolat des laïcs, qui s’estompent plus ou moins dans l’esprit des chrétiens de ce temps: l’importance du témoignage personnel et l’unité des divers témoins de l’Evangile entre eux et avec leurs Evêques.

L’homme contemporain écoute plus volontiers les témoins que les maîtres, ou s’il écoute les maîtres, c’est parce qu’ils sont des témoins. Il éprouve en effet une répulsion instinctive pour tout ce qui peut apparaître mystification, façade, compromis. Dans un tel contexte, on comprend l’importance d’une vie qui résonne vraiment de l’Evangile!

On pourrait ramener à quatre les motifs de cet attrait du monde actuel pour le vrai témoin du Christ. L’homme moderne, engagé dans la conquête et l’utilisation de la matière, éprouve une faim d’autre chose, une solitude étrange. Le chrétien tout donné à Jésus-Christ connaît un autre mystère plus insondable que la matière: le mystère de Dieu qui invite l’homme à un partage de vie dans une communion sans fin avec le Père, le Fils et l’Esprit Saint. Mystère de transcendance et de proximité! En vérité, l’homme du vingtième siècle aspire à cette plénitude de dialogue personnel que lui refuse la matière. II faut aujourd’hui plus que jamais des témoins de l’invisible.

Les hommes de ce temps sont des êtres fragiles qui connaissent facilement l’insécurité, la peur, l’angoisse. Combien se demandent s’ils sont acceptés par leur entourage. Nos frères humains ont besoin de rencontrer d’autres frères qui rayonnent la sérénité, la joie, l’espérance, la charité, malgré les épreuves et les contradictions qui les atteignent eux aussi. Etre le témoin de la Force de Dieu opérant dans l’étonnante et renaissante fragilité humaine, ce n’est pas aliéner l’homme, mais lui proposer des chemins de liberté.

Les générations montantes sont spécialement assoiffées de sincérité, de vérité, d’authenticité. Elles ont horreur du pharisaïsme sous toutes ses formes. Dès lors on conçoit qu’elles s’attachent au témoignage d’existences pleinement engagées au service du Christ. Elles courent le monde pour trouver des disciples de l’Evangile, transparents à Dieu et aux hommes, demeurés jeunes de la jeunesse de la grâce divine. Les jeunes générations voudraient rencontrer advantage de témoins de l’Absolu. Le monde attend le passage des saints.

L’homme moderne se pose aussi, et souvent douloureusement, le problème du sens de l’existence humaine. Pourquoi la liberté, le travail, la souffrance, la mort, la présence des autres? Or voici que dans les ténèbres celui qui essaye de vivre l’Evangile apparaît comme celui qui a trouvé un sens, un achèvement à sa vie, bien loin des systèmes anthropocentriques et oppressants.

Ce témoignage personnel doit être celui de tout baptisé, de tout confirmé, laïc, religieux ou prêtre. Mais les laïcs sont invités à le vivre de façon particulière, au sein même du monde, en oeuvrant selon leur foi dans les affaires temporelles de leurs familles, de leur cité, du monde international, pour bâtir avec tous les hommes, croyants ou incroyants, un monde plus digne de fils de Dieu. C’est en travaillant avec les autres qu’ils découvrent souvent toutes les dimensions de l’apostolat. Ils se garderont d’oublier qu’ils sont aussi appelés à favoriser chez leurs frères la rencontre directe de Jésus-Christ. Leur témoignage n’est pas un témoignage muet.

Nous savons bien d’ailleurs tout ce que les laïcs ont fait pour l’Eglise du Christ dans les siècles passés et depuis les vigoureux appels des Papes en faveur de l’Action catholique. Cependant, malgré l’apparition et le développement de nouvelles formes d’apostolat et l’usage de techniques de plus en plus précises, le témoignage de l’Evangile ne s’impose pas au regard contemporain avec l’éclat suffisant. Or l’Eglise rendrait stérile l’Evangile et se rendrait ellemême stérile si elle proclamait seulement un idéal abstrait, si bien présenté fût-il, sans que les laïcs ne concrétisent cet idéal, comme un levain enfoui dans la pâte. Nous espérons que nos convictions sur ce point fondamental du témoignage personnel trouveront beaucoup d’écho en vos coeurs.

Mais c’est devenu une nécessité, et c’est une chance de notre temps, de rechercher aussi un témoignage collectif des chrétiens, adapté à l’âge, au voisinage, aux milieux sociaux, aux milieux professionnels, bref aux multiples réalités de la vie. De là sont nés de nombreux mouvements qui soutiennent l’apostolat de leurs membres, grâce à des échanges, à une révision de vie commune, à des objectifs mûris et réalisés ensemble. Bien plus, ces mouvements ont pris, plus récemment, la note universelle qui sied à l’Eglise catholique et répond aux besoins d’un monde de plus en plus unifié: ils sont devenus internationaux. Notre Conseil des Laïcs est précisément à l’écoute de toute cette vitalité personnelle et communautaire.

Dans cet immense corps du Christ qu’est l’Eglise, les dons et les besoins sont très variés, très diverses les tendances de l’apostolat. Il doit cependant y avoir une unité dans l’inspiration et une convergence dans le but. C’est non seulement une nécessité pour l’efficience de l’apostolat; c’est un critère de son authenticité: le Christ a prié pour que ses disciples soient un. Tous ces mouvements doivent donc témoigner d’une volonté sans équivoque de se rencontrer, de coopérer ensemble sur les objectifs fondamentaux, de prier ensemble, de célébrer ensemble l’eucharistie, de faire leurs les orientations majeures de l’Eglise, dans cette période de mise en oeuvre du Concile Vatican II. Au niveau du Saint-Siège, qui est celui de l’Eglise universelle, le Conseil des Laïcs constitue un lieu privilégié de cette confrontation et de cette collaboration. Et l’Année Sainte doit être une heure providentielle pour effectuer, à tous les échelons, ce rapprochement nécessaire et vivre cette communion.

L’apostolat des baptisés aura cette authenticité et cette unité s’il est accompli en communion avec les Pasteurs responsables du Peuple de Dieu, quelle que soit la diversité des opinions concernant le mode de coopération avec la hiérarchie. Le mot célèbre de Saint Ignace d’Antioche, au sujet de la célébration de l’Eucharistie, Nous revient en mémoire: «Rien en dehors de l’Evêque». Nous l’appliquons sans hésitation à l’apostolat des laïcs. Nous savons comment nos Frères dans l’épiscopat essayent de vivre l’autorité qui leur a été confiée: dans un souci de servir! Nous savons aussi combine sont nombreux les laïcs chrétiens qui donnent à leurs Evêques des témoignages exemplaires de confiance, de loyauté, de soutien, de coopération. En ce moment même, plus de deux cent Evêques sont réunis pour le quatrième Synode de notre Pontificat. S’ils étaient ici même, il Nous semble qu’ils vous diraient, en toute sincérité, en reprenant le mot de Saint Augustin: «Frères, avec vous je suis chrétien, pour vous je suis évêque».

Chers Fils, cet entretien vous dit assez la confiance que Nous mettons en vous. Nous invitons toute l’assemblée à implorer du Seigneur les apôtres dont L’Eglise et le monde d’aujourd’hui ont besoin. Avec notre Bénédiction Apostolique.

Corso di aggiornamento per Missionari

Siamo lietissimi di rivolgere stamane un saluto di particolare affetto al gruppo di missionari che partecipano in questi giorni a un Corso di aggiornamento per missionari in temporaneo rimpatrio nella Casa del Pontificio Istituto Missioni Estere.

Profittiamo volentieri di questa circostanza non soltanto per dire a voi, figli carissimi, la nostra parola di stima e di compiacimento, ma altresì per indirizzare il nostro plauso sincero ai promotori di questa iniziativa, destinata a rendere segnalati servizi alle Chiese in terra di missione.

Nel ringraziarvi pertanto del vostro filiale e graditissimo omaggio, di cuore formuliamo l’augurio che da questo Corso possa trarre nuovo vigore il vostro lavoro missionario: lavoro per il quale si richiede da voi non il successo immediato, ma lo sforzo, il dono di voi stessi, il sacrificio, un ardentissimo amore verso Cristo e la sua Chiesa.

A tanto vi conforti la nostra Apostolica Benedizione che amiamo impartire a ciascuno di voi, e a tutte le anime affidate alle vostre cure.

Sacerdoti salernitani nel XXV dell’ordinazione

Rivolgiamo un particolare saluto ed un paterno augurio al gruppo di sacerdoti - ex alunni del Seminario Regionale «Pio XI» di Salerno - che celebrano il XXV della loro ordinazione.

Avete desiderato questo incontro, cari sacerdoti, perché la nostra benedizione confermi i vostri propositi di fedeltà al Signore e alla sua Chiesa, nel servizio della comunità cristiana. Quale altra intenzione migliore potrebbero avere la nostra benedizione e il nostro augurio? Per voi la fedeltà - oggi - è non solo un programma che permane immutato, ma anche una felice esperienza, convalidata da venticinque anni di dedizione.

Noi comprendiamo la gioia e la commozione del vostro animo in questa circostanza giubilare. Ci sembra di essere all’unisono - esperti anche noi del dono sacerdotale - con i sentimenti di cui voi siete ricolmi: stima profonda della Provvidenza, che in questi anni vi ha guidato per le sue vie; bisogno di riconoscenza a Dio, che ha continuato per mezzo di voi la sua opera di salvezza nel mondo; umile e fiducioso abbandono alla misericordia divina, consapevoli della connaturale inadeguatezza nel fungere da rappresentanti di Cristo in mezzo agli uomini. E tra questi sentimenti che vi collegano al passato, emerge quello che vi collega già al vostro futuro: piena disponibilità e ferma volontà di proseguire con lo stesso impegno nell’esercizio del vostro sacerdozio, perché ormai sapete che nulla è per voi più grande, nulla più bello.

Vi confermi e vi accompagni, dunque, la nostra Benedizione.

Uomini di Azione Cattolica di Germania

Ein wort besonderer Begrüßung richten wir an die Delegation des «Reichsbund», des Verbandes katholischer Männer und Jungmänner Österreichs. Wir heißen Sie herzlich willkommen, liebe Freunde, und freuen uns über Ihr Kommen. Möge ein jeder von Ihnen, entsprechend dem Geist und der Zielsetzung Ihrer Statuten, durch seinen Glaubenssinn und sein gelebtes Christentum in unserer säkularisierten Welt Zeugnis für Christus ablegen, damit die Kräfte des Evangeliums im alltäglichen Familien- und Gesellschaftsleben wirksam aufleuchten (Cfr. Lumen Gentium
LG 35).

Militari austriaci

Von herzen begrüßen wir auch die Pilgergruppe des Österreichischen Bundesheeres, Gruppenkommando Drei. Die Treue und feste Verbundenheit zu Papst und Kirche, die Sie durch Ihre Romfahrt bekunden, ehrt Sie sehr. Das Zweite Vatikanische Konzil hat in seiner Pastoralkonstitution Gaudium et Spes den militärischen Dienst in eine bedeutsame moralische Ebene eingestuft durch die Worte: «Wer als Soldat im Dienst des Vaterlandes steht, betrachte sich als Diener der Sicherheit und Freiheit der Völker. Indem er diese Aufgabe recht erfüllt, trägt er wahrhaft zur Festigung des Friedens bei» (Nr. 79).

Ihnen allen erteilen wir aus der Fülle des Herzens unseren Apostolischen Segen.


Mercoledì, 16 ottobre 1974

16104
Se noi ancora insistiamo nella domanda, che già più volte ci siamo posta, circa le necessità prioritarie della Chiesa, noi arriviamo ad un’estrema evidenza, che sembra quasi una tautologia, come se dicessimo che un essere vivente ha innanzi tutto bisogno di vivere; ebbene, osiamo riferire alla Chiesa questa paradossale questione per scoprire il principio essenziale che le conferisce la sua primordiale ragione d’esistere, la sua profonda e indispensabile animazione; ed ecco che arriviamo ad una risposta, la quale ci dà la chiave di questa realtà; e la chiave è un mistero: la Chiesa vive per l’infusione dello Spirito Santo, infusione che chiamiamo grazia, ciò è dono per eccellenza, carità, amore del Padre, a noi comunicato in virtù della redenzione operata da Cristo, nello Spirito Santo. Ricordiamo la sintesi di S. Agostino: «ciò ch’e è l’anima nel corpo dell’uomo, questo è lo Spirito Santo per il corpo di Cristo, il quale è la Chiesa» (Serm. 267: PL 38, 1231).

Verità conosciuta. Noi tutti l’abbiamo sentita ripetere e proclamare dal recente Concilio: «Compiuta l’opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (Cfr.
Jn 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa, e i credenti avessero così per Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (Cfr. Ep 2,18). È questi lo Spirito di vita . . . Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (Cfr. 1Co 3,16 1Co 6,19), e in essi prega e rende testimonianza della loro adozione filiale (Cfr. Ga 4,6 Rm 8,15-16 Rm 8,26). Egli introduce la Chiesa in tutta intera la verità (Cfr. Jn 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la edifica e la dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la adorna dei suoi frutti (Cfr. Ep 4,11-12 1Co 12,4 Ga 5,22).

Con la forza del Vangelo la ringiovanisce e continuamente la rinnova . . .» (Lumen Gentium LG 4). Magnifica dottrina, che sembra una scala che scende dall’infinito e inaccessibile mistero della vita divina in se stessa, la Trinità, colloca al centro dei disegni divini e dei destini umani l’opera redentrice di Cristo, ne desume una rivelazione straordinaria, in qualche modo a noi accessibile, la comunione delle nostre umane esistenze con un ordine di salvezza e di bontà, che è l’ordine della grazia, dal quale si profila un piano di unità e di carità soprannaturale, e si effonde una sfolgorante economia di santità, dove la vicenda umana, la psicologia specialmente e la fenomenologia morale e spirituale, diventerà un giardino meraviglioso di sovrumana bellezza e varietà.

Verità conosciute; o da meglio conoscere, perché dalla informazione ordinaria che noi ne abbiamo manca il più, ch’è l’analisi della santità, quale appunto scaturisce dal soffio vitale della grazia.

Avremmo qui una prima raccomandazione da fare a questo riguardo: la conoscenza delle biografie dei Santi, le quali, se hanno in passato offerto un pascolo delizioso alla cultura popolare e alla fantasia edificante della gente devota, potrebbero oggi per noi, allenati agli studi storici e alla critica psicologica, offrire un museo di incomparabili esperienze umane e di eccitanti esempi al progresso possibile d’un autentico perfezionamento morale e spirituale. Ricordate: si isti et istae, cur non ego?

Ma ciò che ora preme affermare è la necessità della grazia, cioè d’un intervento divino, eccedente l’ordine naturale, tanto per la nostra salvezza personale, quanto per il compimento del piano della redenzione a favore di tutta la Chiesa e dell’umanità intera che la misericordia di Dio chiama a salvamento (1Tm 2,4). Riferiamoci al grande capitolo della dottrina sulla grazia e sulla giustificazione, di cui tanto ha parlato il Concilio Tridentino (In Cfr. DENZ.-SCHÖN. DS 1520-1583), e di cui ancora la teologia moderna discute come di tema di supremo interesse. La necessità della grazia suppone un bisogno imprescindibile da parte dell’uomo; il bisogno che il prodigio della Pentecoste abbia a continuare nella storia della Chiesa e del mondo; e ciò nella duplice forma, con cui il dono dello Spirito Santo è elargito agli uomini, per santificarli dapprima (e questa è la forma primaria e indispensabile, per cui l’uomo diventa oggetto dell’amore di Dio, gratum faciens, come dicono i teologi), e per arricchirli di prerogative speciali, che chiamiamo carismi (gratis data), in ordine al bene del prossimo e specialmente della comunità dei fedeli (Cfr. S. TH. I-II 111,4). Se ne parla molto oggi; e, tenuto conto della complessità e della delicatezza d’un simile tema, non possiamo che augurarci che una nuova abbondanza, oltre che di grazia, di carismi sia ancor oggi concessa alla Chiesa di Dio (Cfr. il recente studio del Cardinale L. J. SUENENS, Une nouvelle Pentecôte?).

Noi ora ci limiteremo a ricordare le condizioni principali da parte dell’uomo per ricevere il Dono di Dio per eccellenza, ch’è appunto lo Spirito Santo, il Quale, noi sappiamo, «soffia dove vuole» (Jn 3,8), ma non rifiuta l’anelito di chi lo attende, lo chiama e lo accoglie (ancor se questo anelito stesso provenga da una intima sua ispirazione). Quali sono queste condizioni? Semplifichiamo la difficile risposta dicendo che la capacità di ricevere questo dulcis Hospes animae, esige la fede, esige l’umiltà e il pentimento, esige normalmente un atto sacramentale; e nella pratica della nostra vita religiosa reclama il silenzio, il raccoglimento, l’ascoltazione, e soprattutto l’invocazione, la preghiera, come fecero gli Apostoli con Maria nel Cenacolo. Saper attendere, sapere chiamare: Vieni, o Spirito Creatore . . . . vieni, o Spirito Santo! (Cfr. M.me ARSÈNE-HENRY D’ORMWSON, Les plus beaux textes Sur le Saint-Esprit, La Colombe 1957)

Se la Chiesa saprà entrare in una fase di simile predisposizione alla nuova e perenne venuta dello Spirito Santo, Egli, il «Lume dei cuori», non tarderà a concedersi, per il gaudio, la luce, la fortezza, la virtù apostolica e la carità unitiva, di cui oggi la Chiesa ha bisogno.

Cosi sia, con la nostra Benedizione Apostolica.

Giovani lavoratori olandesi

Ein wort herzlicher Begrüßung richten wir an den Pilgerzug katholischer Arbeiter aus Holland. Liebe Söhne und Töchter!

Als überzeugte Katholiken und Mitglieder Ihres Verbandes sind Sie bestrebt, im Interesse des Gemeinwohles einen wirksamen Beitrag zur rechten Gestaltung des Wirtschaftlebens in Ihrer Heimat zu leisten. Seien Sie überzeugt: Gute Arbeiter sind jene, in denen Gott arbeitet. Denn Gottes Segen ist es, der Reichtum bringt, rein menschliches Mühen kann nichts hinzufügen (Cfr. Pro. 10, 22). Möge Ihren edlen Anstrengungen auch weiterhin reicher Erfolg beschieden sein!

Mit diesem Wunsch erteilen wir Ihnen und allen Anwesenden von Herzen unseren Apostolischen Segen.


Mercoledì, 23 ottobre 1974

23104

Fra le necessità vitali della nostra stagione spirituale vi è, sembra a noi, quella della preghiera, non solo come dovere, ch’è in tutti e di sempre, ma oggi, per certe categorie di persone, che potremmo ritenere come rappresentative del nostro tempo, per bisogno, per istintivo ricorso ad un respiro che sta per mancare, come in chi è sul punto di affogare, o d’essere soffocato. È il caso di coloro che sono arrivati in fondo all’esperienza della così detta «morte di Dio», cioè d’una irreligiosità radicale, che sembrava risultare dalla logica del progresso scientifico, dalla sognata perfezione sociale, dall’autosufficienza soprattutto d’un nuovo umanesimo; e si è visto che questa idealizzata esperienza porta alla fine, una fine non molto lontana, e in parte maturata nella presente generazione, alla «morte dell’uomo», ad un uomo cioè impersonale, ridotto ad un numero fra l’indefinita moltitudine di esseri umani, ridotti a fenomeni di per sé insignificanti, e validi solo per ciò che contano al di fuori della loro originale esistenza, sul piano numerico e anagrafico, sul piano economico e politico, sul piano, il più attraente e anch’esso fallace, del consumo e del godimento. Un grande senso di fatalismo caratterizza questa spenta psicologia; un grande senso di personale solitudine, di insuperabile incomunicabilità, fa seguito al primo.

Tutti conosciamo certe odierne manifestazioni, fino a ieri inconcepibili, di gioventù quasi a caso riunita, come uno sciame di uccelli sbandati, senz’altri richiami che quello d’un vuoto terreno, su cui sono caduti in un atteggiamento di abulica tristezza, per attestare il vuoto infelice della loro esistenza, e per mormorare tuttavia qualcosa, come un gemito esistenziale della loro innata volontà di vivere, di sopravvivere: una preghiera; sì, una preghiera consapevole soltanto della disperata svalutazione d’ogni moderna e magnificata esperienza, una specie di De profundis, al cui atroce tormento interiore corrisponde vagamente un obiettivo sospirante orientamento: il Dio ignoto degli Ateniesi di S. Paolo (Cfr.
Ac 17,23), ovvero il Gesù superstar, con idilliache reminiscenze infantili ed evangeliche; comunque sia: una preghiera; una preghiera d’una gioventù agonizzante, o rinascente, invasa da un innato, angoscioso bisogno di Vita trascendente, risorgente, divina. Decadentismo? Estetismo? non è facile dire; ma è pur doveroso riconoscere che codesta dolorosa confessione di umiliata umanità incontra facilmente, per le vie del sentimento e talora per quelle dell’intuizione artistica, un misterioso viandante, affranto sotto una croce, che ripete il suo paradossale, ma avvincente invito: «venite a me! Io vi consolerò» (Mt 11,28): se in quel momento, per un caso ch’e non potrebbe essere che un segreto d’amorosa Provvidenza, si sciogliesse nell’aria il canto piangente di un ritmo salmodico, gregoriano: «Dio, Dio mio, fino dall’alba io sto vegliando in attesa di Te; di Te è assetata l’anima mia; oh! quanto anela a Te la mia carne, in questa terra deserta, sperduta e senz’acqua» (Ps 62,2-3), forse il ciclo spirituale sarebbe compiuto; la preghiera si riempirebbe del fascino della fede, e la fede di nuova e sincera vita cristiana.

Le vie del Signore sono molte; anche quella di simili esperienze psico-estetiche-mistiche, senza rinnegare quelle più alte e più logiche del pensiero e dell’amore, può essere una; forse oggi essa offre un sentiero suo proprio allo smarrito pellegrino moderno.

Ma noi, noi credenti, ,abbiamo aperta davanti a noi un’altra via, la via maestra della preghiera ecclesiale, sia personale, sia comunitaria e liturgica; se noi ne sappiamo intraprendere saggiamente il cammino, la meta non può essere che la nuova primavera spirituale, morale e sociale, che in questi anni Post-conciliari andiamo auspicando, e ‘che certamente quanti si affidano all’itinerario dell’Anno Santo possono sperimentare in pienezza di forza e di gaudio interiore. Ritorna alle nostre labbra la ante-orazione evangelica: «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1). Un dialogo col Signore subito s’intreccia: «Sì, bisogna sempre pregare e non mai stancarsi» (Lc 18,1), Egli risponde. E alla nostra obiezione: «noi non sappiamo che cosa dobbiamo dire nell’orazione per pregare come si deve», l’Apostolo subito, certo a nome del Signore, risponde: «lo Spirito stesso intercede per noi con ineffabili ,sospiri» (Rm 8,26); e sembra allora che Gesù riprenda ,il discorso, e ci dica: «voi dunque pregherete così: Padre nostro, che sei nei cieli . . .» (Mt 6,9).

La grande lezione sull’orazione, come respiro dell’anima, come esigenza di vita, come speranza che non fallisce (Cfr. Rm 5,5), come colloquio della convivenza soprannaturale, come ,incomparabile esperienza dell’umanità, così comincia, e continua senza fine (Cfr. H. BREMOND, Introd. à la philosophie de la prière, Bloud et Gay, 1928). A noi qui basti tener presente l’obiezione classica e consueta ai nostri giorni, circa la inutilità della preghiera, per noi uomini moderni, che mediante il progresso scientifico abbiamo una conoscenza del cosmo e della vita umana, che vanifica, si dice, il ricorso a Dio, perché intervenga nell’intreccio delle causalità, di cui noi stessi o possediamo il dominio, o conosciamo la fatalità. Non ci sarà difficile rispondere, a nostro uso personale almeno, come la scienza nostra non solo non giudica superfluo l’influsso dell’azione divina nel gioco delle cause naturali, ma lo riconosce e in certa misura (dove la libertà di Dio e la nostra specialmente sono operanti) lo postula, lo invoca, lo prega con cresciuta intelligenza delle cose divine e umane (Cfr. P. TEILHARD DE CHARDIN, Le milieu divin, Seuil 1957).

Diremo piuttosto, per concludere questo tema circa la necessità e le modalità della preghiera ai nostri giorni, che l’Episcopato Francese ha pubblicato, in occasione della sua Assemblea plenaria dello scorso anno 1973, un libro, non grave di mole, ma prezioso di contenuto, che faremo bene anche noi a conoscere e a meditare; è intitolato Une Eglise qui célèbre et qui prie (Centurion 1974).

Con la nostra Apostolica Benedizione.

Direttori dei pellegrinaggi per l’Anno Santo

La «National Catholic Cemetery Conference»

Present here this morning is a group of persons associated with the National Catholic Cemetery Conference of the United States. As we greet you on this occasion of the twentyfifth anniversary of the organization, we are happy to express our interest in Catholic cemeteries. We hope that you will always pursue your work and make your contribution with compassion for those who mourn, and with solicitude for the dignity that must characterize those sacred places which give strong evidence of Christian faith and render testimony to the sublime doctrine of Christ’s Resurrection from the dead and the communication of this triumph and victory to the community of the faithful. In rendering your generous Services may you always be especially helpful to the poor and strive to live according to your deep belief that Christ will come again.

Due gruppi dalla Germania

Es bedeutet für uns eine besondere Freude, heute die Dechanten des Bistums Essen mit ihrem Diözesanbischof und den Weihbischöfen begrüßen zu können. In Vorbereitung des Heiligen Jahres wollten Sie Ihre Jahreskonferenz dieses Mal hier in Rom halten. Aus dem reichen Programm Ihrer Romtage geht deutlich hervor, daß es für Sie alle, die Sie mitten in der Problematik der modernen Seelsorge stehen, ein tiefempfundenes Anliegen ist, an den Gräbern der Apostelfürsten für Ihre schweren Aufgaben sich die notwendige Hilfe von oben zu erbitten, durch den persöalichen Kontakt mit der Weltkirche Ihr geistiges Blickfeld zu weit’en, um so noch besser am Aufbau des mystischen Leibes Christi mitarbeiten zu können. Mit dem Apostel sagen wir Ihnen allen: «Betet ohne Unterl’aß! Saget Dank bei allem . . . Prüfet alles; was gut ist, behaltet. Von jeder Art Bösem haltet euch f’ern!» (Cfr. 1Th 5,17-21). Ein Wort herzlicher Begrüßung richten wir auch an den Pilgerzug der Katholischen Frauengemeinschaft des Erzbistums Köln.

Liebe Frauen und Mütter! Ihr Romaufenthalt steht ganz im Zeichen heiligen Erlebens der Stätten der christlichen Frühzeit wie auch der anderen Heiligtümer, die Sie in diesen Tagen besuchen. Möge eine jede von Ihnen als Frucht dieser Pilgerfahrt «wachsen in der Gnade und Erkenntnis unseres Herrn und Heilandes Jesus Christus» (2P 3,18).

Dazu erteilen wir einer jeden von Ihnen wie allen Anwesenden aus der Fülle des Herzens unseren Apostolischen Segen.



Mercoledì, 30 ottobre 1974


Paolo VI Catechesi 25974