Paolo VI Catechesi 21678

Mercoledì, 21 giugno 1978

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Questo breve discorso, che noi siamo obbligati e felici di pronunciare ai fedeli ed ai visitatori, presenti alla nostra udienza settimanale del mercoledì, non può non avere per tema la nostra stessa persona, che per doverosa discrezione noi ci siamo abitualmente astenuti dal fare oggetto della nostra parola, troppo persuasi come siamo della sua esiguità, tanto più manifesta quanto più vigile è in noi la coscienza della responsabilità dell’ufficio apostolico, a cui siamo stati chiamati. Ma oggi l’anniversario, il quindicesimo ormai, della nostra elezione alla cattedra di San Pietro, ci obbliga a dare lode al Signore, solito a scegliere i piccoli per l’esercizio del suo ministero, per avere Egli affidato la guida suprema della sua Chiesa all’umile nostra persona, fiduciosa di poter fare propria la sentenza di un nostro predecessore, di ben altra statura che la nostra, San Leone Magno, il quale, onorando in sé l’opera di Dio, ci lasciò le memorabili parole: «dabit virtutem, qui contulit dignitatem», darà il vigore, Colui che conferì la dignità (S. LEONIS MAGNI Serm., II: PL 54, 143).

Ebbene, Figli e Fratelli, qual è il nostro messaggio? Esso non ha nulla, ben lo sappiamo, né di grande, né di originale; ma esso ha cercato la consonanza con quello dei nostri Predecessori, i quali hanno abbandonato i veli caduchi del volto regale della Chiesa, per lasciare che la sua faccia povera e negletta apparisse nella sua originale realtà, spoglia d’ogni artificioso ornamento, ma insieme irradiante d’una sua sovrumana bellezza, quella riflessa d’una luce ineffabile, la bellezza non mai paga della forma concreta e ideale che le compete, e che storicamente essa tenta di raggiungere, ma già tale da documentare fin d’ora, in una incantevole apologia, la presenza incarnata del Verbo di Dio. Oh! non è nostro il prodigio, ma come un’alba perenne che prelude ad un fulgore perfetto, essa si vale d’un carisma non suo, ma al tempo stesso in lei divinamente effuso, e per lei destinato, quello della divina Verità, espressa in lineamenti umani. La Chiesa, in questo secolo, coerente con caratteri ch’erano pur suoi, e che ora, umana e divina, più semplicemente e più autenticamente la definiscono, si va illustrando con l’evidenza dei principii, ch’ella annuncia, per dare al volto dell’umanità una fisionomia sovrumana, quella dell’unità, quella della pace, quella d’un’incipiente felicità, che per chi non coglie l’estensione oceanica della Vita, inaugurata da Cristo, sa di sogno o di fatua speranza.

Ma sì! la storia, cioè l’evoluzione dell’uomo nel tempo, rimane un dramma, che sviluppandosi si divarica in opposte tendenze, sempre più accentuate. Vedete come da un lato la potenza della materia si perfeziona e s’ingigantisce, fino a produrre il trauma della paura di sé (... chi può oggi misurare la tragicità dei pericoli che la scienza e la tecnica, rivolte contro la vita umana, possono scaraventare sulla faccia della terra?); e vedete, come d’altro lato, la sincerità e la semplicità della natura sembrano consolare l’uomo mortale, e ridargli la fiducia nell’esistenza. Vi è tanto bene possibile nel mondo moderno, e vi è tanto male possibile che le sorti dell’umanità sembrano inesorabilmente compromesse. Noi ancora siamo ottimisti. Noi ancora pensiamo che dai doni, che la natura ci offre, possono essere derivate condizioni stupende per la nostra temporale esistenza. Ma questo nostro quadro dev’essere interpretato nel disegno più ampio e più vero, che la nostra religione domina con la sua ineffabile provvidenza: la Croce la sovrasta, con il suo disegno di dolore e di salvezza. E a questo punto noi dovremmo rivelare il pensiero dominante del nostro ufficio, cioè del nostro servizio al mondo, alla Chiesa. Ebbene diremo tutto in una parola. Questo pensiero, cioè questo programma, è per noi il Concilio Vaticano secondo, che abbiamo in questi anni passati celebrato e che ora cerchiamo di tradurre in costume, in Spirito vivente.

Fratelli e Figli, siamo fedeli a questo grande avvenimento, e facciamone luce per la nostra storia. L’amore alla Chiesa ci assista e ci guidi per farne davvero lampada per la nostra storia e per la nostra speranza per l’oltretomba. Con la nostra Benedizione Apostolica.

Ad un gruppo di Assistenti Diocesani del Settore Giovani dell’Azione Cattolica Italiana

Abbiamo oggi tra noi la gradita presenza di un gruppo di Assi- A stenti Diocesani del Settore Giovani dell’Azione Cattolica Italiana, i quali sono riuniti a Roma per approfondire il tema «La Pastorale giovanile, oggi». A loro va il nostro paterno benvenuto e il nostro più affettuoso saluto.

Carissimi, seguiamo con particolare interesse l’attività che siete chiamati a svolgere tra i giovani e desideriamo assicurarvi del nostro sostegno, mentre vi incoraggiamo a proseguire con entusiasmo nella vostra delicata missione di testimoni integrali del Vangelo e di suscitatori d’impegno ecclesiale tra i giovani.

Con instancabile sollecitudine, sappiate presentare ai giovani l’autentico volto di Cristo e della Chiesa: con la parola e con l’esempio, siate sempre dei fedeli «indicatori di direzione». E lo sarete veramente se i giovani troveranno in voi serena letizia, passione per il Vangelo e «consuetudine» di vita con Cristo. Allora opererete il rinnovamento delle comunità cristiane nella fede indefettibile, nello slancio della speranza e nell’amore che, solo, edifica il Corpo di Cristo.

Abbiate un cuore grande che non si avvilisca davanti alle difficoltà del mondo odierno: la prolungata preghiera e l’amicizia con i Confratelli nel Sacerdozio vi siano di conforto e di sostegno nella vostra dedizione al bene di coloro che saranno gli uomini di domani.

Vi accompagni la nostra Benedizione Apostolica.

A numerosi gruppi di Sacerdoti

Desideriamo poi rivolgere un paterno ed affettuoso saluto ai vari gruppi di Sacerdoti particolarmente numerosi a questa Udienza: ai Sacerdoti della diocesi di Novara, accompagnati dal loro Pastore; ai Sacerdoti di Brescia, i quali entrano nel xxv anno della loro ordinazione, e che lo hanno voluto iniziare venendo a renderci visita; ai Sacerdoti ex alunni del Seminario Regionale di Bologna e a quelli di Salerno; ai Sacerdoti novelli dell’arcidiocesi di Ferrara, accompagnati dal loro Rettore e dai loro familiari; ai Sacerdoti della diocesi di Orihuela-Alicante, in Spagna, ed infine ai Religiosi, Fratelli della Istruzione Cristiana di Ploërmel, che sono stati a Roma per un corso di rinnovamento spirituale.

A tutti voi, carissimi Sacerdoti e Religiosi, desideriamo ricordare le parole con le quali il Concilio Vaticano secondo sintetizza felicemente la vostra missione nella Chiesa e nel mondo: «I presbiteri, in virtù della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai Vescovi, sono elevati al servizio di Cristo, Maestro, Sacerdote e Re, partecipando al suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito Santo» (Presbyterorum Ordinis
PO 1). Sia tutta la vostra vita una trasparenza luminosa ed una realizzazione continua di tale servizio al Cristo, mediante l’umile, generosa, indefessa fedeltà al Vangelo, alla Chiesa, alle anime, alla vocazione.

Vi accompagni sempre la nostra paterna Benedizione Apostolica.


Mercoledì, 28 giugno 1978

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Impossibile oggi, vigilia della Festa di San Pietro, non rivolgere il nostro devoto e appassionato pensiero all’Apostolo Pietro, alla cui memoria e alla cui gloria è dedicata la monumentale basilica, alla cui ombra noi ci troviamo. La solennità di un tale monumento, la convergenza verso la tomba di San Pietro degli edifici vaticani e della dimora ormai abituale del Papa e degli uffici centrali della Santa Sede; le ricchezze dell’arte e delle memorie, che fanno celebri e sacri questi edifici; e le reliquie di San Pietro medesimo ormai rinvenute e rivendicate alla storia avvolgono di tale atmosfera di interesse, di religiosità e di sacralità questo luogo, che obbligano l’attenzione frettolosa e superficiale del visitatore curioso e tanto più quello del pellegrino cosciente e devoto a fermarsi, almeno un istante, e a contemplare come meglio può il misterioso segreto di questo punto, irradiante non solo nella topografia dell’eterna Città, ma del mondo storico e civile, e specialmente di quello segnato dal carisma cristiano, un fascino incomparabile.

Proviamo a determinare alcuni motivi di questa attrattiva. Il primo motivo, alla cui azione nessuno potrebbe più sottrarsi, se finalmente questo ospite intelligente si arrende alle prove degli studi più scrupolosi e più recenti e alle conclusioni dell’esame dei ritrovamenti archeologici relativi alla tomba dell’Apostolo Pietro, è quello storico. Sì, la prova storica non solo della tomba, ma altresì delle veneratissime sue spoglie mortali, è stata raggiunta. Pietro è qui, dove l’analisi documentaria, archeologica, indiziale e logica ce lo hanno finalmente indicato.

Noi abbiamo così la consolazione d’avere un contatto diretto con la fonte della tradizione apostolica romana più autorevole, quella che ci assicura della presenza fisica del Capo del Collegio dei primi discepoli di Gesù Cristo a Roma e del trapianto della Chiesa nascente da Gerusalemme e da Antiochia nella città principale dell’Impero Romano, quasi ad ereditarne e a sostituirne l’idea d’unità civile e politica con quella propria della religione cristiana, universale questa e perenne, capitale spirituale del mondo (Cfr. DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia, «Inferno», II, vv. 22-24). Qui il contatto, si può dire, diventa fisico e impegna la nostra attenzione ad un interesse tutto particolare, quello che si riserva ai luoghi e alle cose determinanti avvenimenti di generale e di somma importanza; la storia si fa attuale e facilmente si collega con la rete dei fatti e dei posti aventi rapporti con questo focolare centrale, che riflette la sua importanza su di essi. Noi siamo non soltanto sopra una tomba di eccezionale importanza, ma, come dicevano gli antichi, un trofeo, un monumento che ricorda il passato e sfida l’avvenire, e che dal ciclo dell’esperienza sensibile sospinge lo spirito verso la sfera del mondo soprannaturale.

Figli e Fratelli, lasciamo che la nostra religiosa pietà abbia, se Dio lo concede, qualche spirituale esperienza di quel regno dei cieli, di cui Cristo ha dato le mistiche chiavi all’Apostolo, le cui umane reliquie noi abbiamo la fortuna di venerare nel mausoleo benedetto, che la fede dei secoli ha eretto per la loro gloria e per la nostra religiosa devozione. E con umiltà orante ed esaltante, qui, su la sua tomba, su le sue reliquie superstiti, chiediamo al Padre Celeste di rimanere saldamente fondati nella fede di Pietro, ch’è la pietra della nostra fede. Con la nostra Benedizione Apostolica.

Ai partecipanti alla XXVIII Settimana di Aggiornamento Pastorale

Siamo lieti di rivolgere il nostro saluto paterno ed il nostro augurio ai partecipanti alla 28° Settimana di Aggiornamento Pastorale, promossa dall’omonimo Centro e che svolge la propria riflessione su un importante argomento: «Comunità cristiana, parrocchia, territorio».

Approfondire il senso ed il valore della comunità cristiana significa raggiungere le radici stesse della Chiesa, la quale si alimenta della medesima fede nella Parola del Signore e della medesima Grazia, e cresce, inoltre, nell’esercizio della Carità. Della parrocchia, poi, noi non ci stancheremo di ripetere che essa deve costituire la prima e vera sede dell’unità ecclesiale, e, attraverso il legame di una responsabile obbedienza al Parroco ed al Vescovo, deve essere una Chiesa viva e, quindi, una cattedra della Parola di Dio, un centro di azione liturgica, una palestra delle virtù cristiane.

Non ci nascondiamo le difficoltà dell’impresa; tuttavia, mentre vi invitiamo al coraggio della fede, vi assicuriamo il ricordo della nostra preghiera: la luce dello Spirito Santo illumini le vostre menti e di essa vi sia pegno la nostra Benedizione Apostolica.

Al gruppo dei Sacerdoti Assistenti delle Missionarie della Regalità

Una speciale parola di saluto vogliamo rivolgere anche al gruppo dei Sacerdoti Assistenti delle Missionarie della Regalità, i quali celebrano in questi giorni il loro III Convegno Internazionale.

Nel programma dei vostri lavori, figli carissimi, avete voluto far posto a questo incontro col Vicario di Cristo, intendendo con ciò sottolineare i sentimenti di devozione sincera, che vi legano alla Cattedra di Pietro e al Magistero, divinamente garantito, che ne promana. Desideriamo esprimervi il nostro grato compiacimento per tale gesto delicato, ed insieme vogliamo esortarvi a ravvivare in voi la consapevolezza della natura e dell’importanza della comunione ecclesiale, che ha nella Chiesa di Roma il suo centro cattolico, e nei Vescovi, che presiedono alle singole Chiese particolari, le sue articolazioni essenziali. Spetta a voi di trasfondere nelle anime, che fanno parte dell’Istituto, la gioia di sapersi figlie della Chiesa, la fierezza di essere chiamate a diffonderne nel mondo la conoscenza e l’amore, il desiderio di assumersene in prima persona i problemi, le ansie, le fatiche, le speranze.

Adempiendo a questo compito con dedizione generosa ed illuminata, voi contribuirete efficacemente a mantener vivo nell’Istituto lo spirito che vi infusero Padre Gemelli e la Sig.na Armida Barelli, dei quali ricorre quest’anno, rispettivamente, il centenario della nascita e il xxv della morte. Noi vi accompagniamo con la nostra preghiera e con la nostra Apostolica Benedizione.

Al gruppo dei Direttori Diocesani delle Pontificie Opere Missionarie

Un paterno ed affettuoso saluto desideriamo rivolgere anche al numeroso gruppo dei Direttori Diocesani delle Pontificie Opere Missionarie, i quali in questi giorni sono riuniti a Roma per meditare e studiare insieme il tema: «Il ministero della cooperazione missionaria: dall’impegno individuale al servizio ecclesiale».

Vi diciamo anzitutto, figli carissimi, il nostro grato compiacimento per la vostra presenza. Sappiamo che da tempo avevate manifestato il vivo desiderio di incontrarvi con noi per dimostrarci la vostra incondizionata devozione nel compimento del servizio missionario, che anima la vostra vita.

E vogliamo oggi incoraggiarvi, spronarvi, confortarvi in questo vostro apostolato, così fondamentale e talvolta così arduo, ricordandovi che l’amore per le Missioni è amore per la Chiesa. «Ad ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di spargere, quanto è possibile, la fede»: sono, come è noto, parole della Costituzione dogmatica «Lumen Gentium». Nessun cristiano quindi può chiudersi in se stesso, ma deve aprirsi ai bisogni spirituali di coloro che ancora non conoscono il Cristo. E sono centinaia di milioni! Le vostre preghiere, le vostre iniziative, il vostro ardore, i vostri sacrifici saranno certamente accolti da Dio e, nella misteriosa circolazione del Corpo Mistico, avranno il loro benefico influsso per le anime che attendono il Cristo.

Mentre invochiamo sui lavori della vostra assemblea e sulla vostra attività a favore delle Missioni la luce e la forza dello Spirito Santo, vi impartiamo di cuore la nostra Benedizione Apostolica.

Ad alcuni gruppi di Sacerdoti

Amiamo rivolgere un saluto tutto speciale ad alcuni gruppi di Presbiteri, che ci onorano della loro presenza e che vogliamo menzionare singolarmente :

- i Sacerdoti ex-Alunni del Seminario Regionale di Bologna, nel 40° di Ordinazione;

- i Parroci ed altri Sacerdoti delle Diocesi di Faenza e di Modigliana, con il pellegrinaggio delle «Scholae Cantorum» parrocchiali delle due diocesi;

- gli ex-Alunni del Seminario Regionale di Chieti, nel xxv della loro Ordinazione;

- quelli dell’Arcidiocesi di Napoli, che celebrano rispettivamente il xxx e il xxv di Ordinazione, ai quali si aggiunge un gruppo di Diaconi permanenti con i loro familiari; - e infine alcuni Religiosi della Piccola Opera della Divina Provvidenza, di Don Orione, partecipanti ad un corso di formazione permanente.

Figli carissimi, a ciascuno di voi ripetiamo l’invito di San Paolo: «ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mani» (
2Tm 1,6). La vostra santità, per grazia di Dio, sarà sempre la migliore garanzia della vostra fecondità pastorale.

Da parte nostra, di gran cuore, avvaloriamo tale auspicio con la più larga Benedizione Apostolica.

Alle religiose della Congregazione delle Suore del Rosario di Gerusalemme

We welcome the Rosary Sisters of Jerusalem, who have come here for the first time. The area in which you work has two special claims on the affection of Christians. There Jesus lived and died for us. There at the present time the fragility of peace and the sufferings of many call for the prayerful and loving care of those who would be his followers. Your work is of the highest importance and we invoke the Lord’s favour on it.

Ad un pellegrinaggio proveniente dalla Nigeria

For the second time this month we have the pleasure of receiving the visit of a Nigerian pilgrimage, which has come to venerate the tombs of the two great Apostles Peter and Paul. We call them great because their faith and love were strong, authentic and universal. May their prayers obtain for you the grace of sharing more deeply in that same strength, authenticity and universality. With all our heart we bless you and your country.

Ai membri del «Fukushima Mixed Chorus»

We thank the Fukushima Mixed Chorus for their presence and their song. Deep indeed is the joy derived from sacred music that clearly displays the characteristics of holiness, true art and universality. We are truly grateful, and we encourage you in the words of Sacred Scripture to continue “singing and making melody to the Lord with all your heart” (Ep 5,19). May God bless you all.


Mercoledì, 5 luglio 1978

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Noi ancora parleremo delle vacanze. Esse, quando hanno un periodo pur limitato nello svolgimento normale della vita, specialmente della vita che cresce, cioè l’infanzia e la gioventù, rivestono una grande importanza, soprattutto per lo sviluppo fisico e spirituale del soggetto incipiente, che nell’uso spontaneo delle sue facoltà fa tesoro delle proprie energie, fisiche e mentali, forse non meno di quando esse sono guidate da una disciplina obbligante. Lo sanno tutti; e noi perciò auguriamo ancora una volta «buone vacanze» a quanti hanno la fortuna di poterne sanamente godere.

Ma dobbiamo ricordare che le vacanze, specialmente per chi entra o già gode della maturità fisica, e avverte la potenziale ricchezza delle proprie facoltà spirituali, hanno un’importanza grandissima, spesso decisiva, per lo sviluppo intellettuale e morale dell’uomo. La lettura d’un libro, l’assistenza ad uno spettacolo, il compimento intelligente d’un viaggio, la nascita d’un’amicizia, ed anche, in certi casi, l’esperienza d’una sventura o di una malattia, possono avere un’efficacia pedagogica, che vale e talora supera quella della scuola regolare. Noi qui ci limitiamo ad osservare che le vacanze non hanno soltanto uno scopo utile e saggio per il ristoro e per lo sviluppo delle forze fisiche, e neppure un’incomparabile virtù formativa mediante il contatto sensibile col mondo fisico, che esse, le vacanze, dispiegano davanti al soggetto umano, aprendogli come nuove le pagine della natura, per la loro bellezza, per la loro estensione, per la loro complessità, per la loro stessa terribilità, ma hanno anche uno scopo spirituale. Quando mai l’uomo pensa in se stesso, quando si riconosce persona, quando sfiora, per sentirne l’ebbrezza o il timore, la profondità, la problematicità del proprio essere, se non nei momenti liberi e solitari della propria coscienza? Le vacanze non sono soltanto una bellissima pausa, che interrompe con un godimento fisico ed esteriore la monotonia professionale del proprio lavoro, ma sono altresì ed ancor più un incontro dell’uomo con se stesso, con la propria esistenza.

Di questo secondo aspetto del periodo di riposo e di ristoro proprio delle vacanze, l’aspetto personale, l’aspetto interiore, l’aspetto spirituale, vogliono dire una parola. Non per appesantire le vacanze stesse, ma per aprire le loro finestre all’aura dello spirito.

Per esempio, e come capo primo. Non è forse questo benedetto periodo di disimpegno dalle cento cose che assillano il nostro animo il momento propizio per una riflessione fondamentale sull’impegno della propria vita? si svolge essa sulla linea di quell’imperativo, che ne classifica l’intelligenza, il merito, la speranza? cioè sulla linea del dovere? della legge di Dio, dell’amore primo e totale, che le assicura qui la sapienza, e oltre il tempo la salvezza? Chi risolve questo intimo e angustiante problema ha già fatto buone le proprie vacanze.

Capo secondo. Nel programma delle vacanze non potrebbe inserirsi un momento, di due o tre giorni, di raccoglimento spirituale? di riflessione? di ritiro spirituale? d’un’escursione-pellegrinaggio a qualche santuario, o a qualche convegno di preghiera, e diciamo pure, di penitenza? un momento di rinascita? quanti ricordi superiori, quante promesse generose non porta ciascuno con sé? inerti, dimenticate, smentite? e non potrebbero rinascere e rifiorire questi istanti, profondamente personali, per la vita di domani, e trasformare in essa la prosa piatta e volgare, in poesia di forte energia e di bontà lietamente vissuta?

E terzo. Ma questo esigerebbe un discorso a parte. Le vacanze non sono forse fatte anche per la lettura? Nei giorni piovosi, quando le escursioni sono impedite, o nei giorni di sosta, postumi alle grandi passeggiate, un libro, un buon libro non riempie forse bene questi margini di vacanze? Sì, un libro buono e di facile lettura è un amico che può dare alle vacanze un valore nuovo. Ma purché davvero sia un amico, cioè un libro che offre grato riposo alla mente e fertile semente di sani, gradevoli e corroboranti pensieri. Pur troppo il mercato dei libri non è sempre conforme ai bisogni dello spirito, anzi...! ma cerchiamo di scegliere; oggi la scelta è possibile.

A questa scelta, proporzionata all’età e all’indole dei lettori, vuol arrivare il nostro augurio di buone vacanze, con la nostra Benedizione Apostolica.

Ai Sacerdoti della Regalità

E’ presente tra noi un gruppo di Sacerdoti appartenenti all’Istituto Secolare dei Missionari della Regalità, accompagnati dal Signor Cardinale Ferdinando Antonelli. A Loro rivolgiamo un saluto tutto particolare.

Diletti figli, sappiamo che celebrate quest’anno il xxv anniversario di fondazione della vostra associazione, che fu iniziata dal compianto Padre Agostino Gemelli. La nostra parola, pertanto, si fa caldo auspicio per una vita presbiterale sempre più autentica a servizio del Signore e della sua santa Chiesa, specie nell’ambito delle vostre rispettive comunità diocesane e in spirito di armonica fraternità sacerdotale.

Tutti di cuore incoraggiamo «in nomine Domini», mediante la più larga Benedizione Apostolica.

Al pellegrinaggio di Terracina

Un paterno saluto desideriamo rivolgere al numeroso gruppo dei fedeli di Terracina-Latina, Priverno e Sezze, i quali han voluto celebrare, con un significativo pellegrinaggio di fervida devozione nei confronti del Successore di Pietro, il xxv anniversario dell’ordinazione episcopale del loro Pastore, Monsignor Enrico Romolo Compagnone, ed altresi il secondo centenario dell’Incoronazione della Madonna del Soccorso del Santuario di Cori.

Vi diciamo, figli carissimi, il nostro sincero plauso e il nostro cordiale compiacimento per la esemplare testimonianza che avete voluto offrire: sacerdoti, religiosi, religiose, madri e padri di famiglia, giovani tutti attorno al vostro Vescovo volete proclamare che la vostra Comunità diocesana intende vivere gli stessi ideali soprannaturali, assumere responsabilmente l’impegno di una professione di fede cristiana a tutti i livelli, «in unione di spiriti, con la stessa carita, con gli stessi sentimenti» (Cfr.
Ph 2,2).

Al gruppo di ufficiali ed allievi della nave-scuola «Custódio de Mello»della Marina Militare Brasiliana

Com estima em Cristo, saudamos os presentes de língua portuguesa; em particular, os oficiais, cadetes e tripulantes do Navio-Escola «Custódio de Mello», do Brasil. Sede bem-vindos!

No garbo da vossa grata presença tomamos motivo para auspiciar que brilhe sempre na vossa vida igual pundonor: no culto dos autênticos valores humanos e cristãos, com solidariedade, espírito de servir e amor, bases da fraternidade e da paz entre os homens.

Pedimos ao Deus da paz que esteja sempre convosco, ao abençoar-vos, assim como aos vossos entes queridos.


Mercoledì, 12 luglio 1978

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In questa breve conversazione, che caratterizza la nostra Udienza, noi pensiamo al duplice stato d’animo che invade la coscienza dell’uomo in vacanza; uno stato d’animo di rilassamento generale, risultante spontaneamente dal disimpegno dei doveri consueti, sia scolastici che professionali; e ciò sembra conforme alla natura stessa delle vacanze, e al ricupero, sia pure passeggero, di una propria libertà: le vacanze non sono appunto un periodo di godimento del proprio tempo e lo scioglimento dei vincoli, che normalmente costringono la nostra azione? non sono le vacanze un periodo di vita spontanea guidata dal piacere di vivere e di riposare? E per altri invece, e spesso negli stessi individui che si propongono di concedere alle proprie vacanze uno stile di vita spontaneo, ispirato dai propri gusti e dai propri capricci, un altro stato d’animo occupa la coscienza interiore; ed è quello di profittare del periodo delle vacanze per dare alla propria libertà un impiego utile, talvolta più intenso dell’attitudine che lega al lavoro ordinario, quasi una fretta di profittare della relativa libertà concessa per fare qualche cosa di proprio genio, anche se molto impegnativo, come una lettura, una cura, un viaggio, una riflessione. Ebbene, noi augureremo a tutti che le vacanze siano davvero vacanze, per il riposo, per lo svago, per una ripresa di forze e di serenità. Ma noi prenderemo cura del secondo stato d’animo, quello ansioso di profittare della relativa libertà, che il tempo disimpegnato dai consueti doveri concede, per una «presa di coscienza» circa la propria vita e per un eventuale riordinamento dei propri pensieri, dei propri doveri.

Questo secondo stato d’animo interessa ora questa nostra breve riflessione, per ricordarci come poco noi siamo padroni di noi stessi, e che quanto più siamo affaccendati dalle nostre occupazioni ordinarie, tanto più siamo costretti a vivere fuori di noi stessi, dominati dalla pressione di doveri che noi abbiamo introdotti nel nostro interno, e che costringono a vivere in una forma non personale, non cosciente, non libera e talvolta non buona.

Le vacanze dovrebbero servire, oltre che al riposo fisico, anche ad un lavoro spirituale; e quanto più esse ci portano a concedere a noi stessi uno svago, un’assenza, una fuga da noi stessi, tanto più esse dovrebbero avere momenti di interiorità, di riflessione personale, di coscienza operante, di voce del silenzio, in ascolto di tutto lo svolgimento della nostra vita. Noi pensiamo di non andare contro corrente della psicologia delle persone intelligenti, le quali si pongono, sì, specialmente se giovani, il problema della autodirezione del proprio modo di vivere. Noi anzi li invitiamo a concedersi qualche giorno, qualche ora almeno di meditazione, qualche momento di revisione e di programmazione della propria esistenza. Spesso questo bisogno di concentrazione si sveglia proprio nei momenti migliori del contatto dell’animo con la rivelazione che il quadro della natura fa di se stesso, obbligando lo spettatore ad accogliere l’impulso a superare la visione del quadro stesso, e a risalire per le vie del pensiero, diventato contemplativo e quasi estatico, all’avvertenza del mistero riflesso nelle cose e che sembra ivi palpitare (ricordiamo la visione di S. Agostino, la quale, in certa misura è concessa ad ogni spirito capace di contemplare - Cfr. S. AUGUSTINI Confessiones, «Quaere super nos»: 10, 6, 9; 13, 32, 47 -).

Questo atto di concentrazione, per chi ha la fortuna della fede, porta facilmente alla preghiera interiore, porta ad ascoltare una voce, non del tutto ignota a ciascuno di noi cristiani, ma quasi sempre repressa e offuscata: non una voce imperante, ma una voce chiamante: «vieni e seguimi» (
Lc 5 Lc 2-7). Cioè: il pronunciarsi d’una esigenza, che può avere differenti gradazioni e ancor più differenti modi d’essere seguita, ma in ogni modo una voce che sembra tracciare nel tempo della vita nostra una via diritta e coraggiosa, quella d’un’autentica vita cristiana.

Così sia. Con la nostra Benedizione Apostolica.



Alle Suore di San Carlo di Lione

Ad una équipe della Televisione Canadese

Ai partecipanti al Seminario «Craft Art and Religion»

Our special greetings go to all those attending the Second International Seminar, entitled “Craft Art and Religion”, sponsored by the Smithsonian Institution and the Vatican Museums. We are indeed grateful to the Committee of Religion and Art of America and to the Secretariat of the Vatican Collection of Modern Religious Art, who have jointly organized this event.

Our message today to all of you is one of encouragement and high regard for your goals and your activities. We greatly appreciate the fact that you are conscious of the real need for the inspiration of religious values, not only in the field of art in general, but also in that concrete area of artistic expression which is the subject of your seminar. Persuaded as we are of the unique role of all religious art in uplifting humanity towards God, we willingly repeat to you the words we addressed five years ago to those assembled in the Sistine Chapel: “We hope that the conviction may be strengthened in the hearts of artists that the Catholic Church esteems, supports and protects them” (PAUL PP. VI, Address to the Artists, 23 June 1973).

In the solidarity of this commitment, we invoke God’s blessings on your work.




Mercoledì, 19 luglio 1978

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Diletti Figli e Figlie!

Nel rivolgervi il nostro saluto cordiale, sentiamo innanzitutto il bisogno di ringraziarvi per l’attestazione di affettuosa venerazione, che la vostra presenza ci reca. Voi siete qui per testimoniare la devozione e la fedeltà, che vi legano al Successore di Pietro. E qui siete anche per sollecitare da lui una parola di orientamento spirituale, che vi sia di guida e di stimolo nel quotidiano impegno di coerenza cristiana.

Ebbene, la parola che intendiamo affidarvi stamani, ci è suggerita dal caratteristico periodo annuale delle vacanze: dobbiamo dedicare questi giorni non solo alla riabilitazione delle forze fisiche e delle energie psichiche, ma anche, come abbiam detto altre volte, alle energie spirituali: non sono forse anch’esse parte - e parte preminente - della nostra realtà umana?

Ora, in questo impegno di ricupero spirituale, la prima occupazione che ci pare degna di attenzione è quella che definiremo una riattivazione della coscienza, di quell’atto, cioè, riflesso e personale, per il quale noi siamo presenti a noi stessi. Ovviamente, non è tanto la coscienza psicologica che ora ci interessa, quella coscienza cioè che forma la ricchezza della vita interiore degli uomini di pensiero e che può avere cento manifestazioni diverse, in gran parte fantastiche. A noi preme dare alla nostra coscienza, in questo momento, la sua espressione più alta e caratteristica, quella che chiamiamo «coscienza morale».

Se premurosamente vigile e incondizionatamente docile di fronte agli imperativi del bene morale, a cominciare da quello fondamentale, secondo cui «il bene deve esser fatto e il male deve essere evitato», la coscienza morale non può non condurre ad un atto religioso, alla avvertenza cioè del nostro rapporto di dipendenza dal Bene assoluto ed immutabile, che è Dio.

Figli carissimi, è proprio questo giudizio su noi stessi in ordine alla nostra più alta ed indispensabile relazione, quella con Dio, che dovrebbe occupare spiritualmente i momenti privilegiati di questo periodo di riposo e di attività spirituale. Purtroppo si sono scatenate nella psicologia moderna le obiezioni più numerose e più gravi contro il valore della coscienza morale: si vorrebbe abolire, nell’attività spirituale dell’uomo, questo atto riflesso e decisivo, che è costituito appunto dalla coscienza morale, dal giudizio cioè che un animo intelligente e sereno dà di se stesso, confrontandosi con le esigenze della legge morale (Cfr. S. THOMAE Summa Theologiae,
I-II 90,0-108), nei cui imperativi si esprime la volontà stessa di Dio, nostro trascendente principio e nostra unica beatificante mèta. Il nostro augurio è che la pausa estiva dalle abituali occupazioni possa servire per un salutare impegno di chiarificazione interiore, che preluda alla gioiosa riscoperta di se stessi e, soprattutto, di quell’intimo e meraviglioso dialogo, che ognuno di noi può intessere, nel santuario della propria coscienza morale, con Dio giusto e misericordioso.

Con la nostra Apostolica Benedizione.


Ai «Nifios Cantores del Ztilia» del Venezuela

E stan hoy entre vosotros un grupo de «Niiios Cantores del Ztilia», de Venezuela.

Queridos hijos: Queremos saludaros de manera especial y manifestaros nuestra admiracion por vuestras voces. Con el deseo de que, con vuestros cantos, logreis elevar siempre las almas bacia Dios, recibid una especial Bendicion.

Ad un gruppo maltese

We extend a special welcome to the group from Malta: the sick and those who assist them. We greet you all in the love of the Saviour and commend you to the intercession of our Blessed Mother.




Paolo VI Catechesi 21678