Paolo VI Catechesi 15976

Mercoledì, 15 settembre 1976

15976

Fratelli e Figli carissimi,

La vostra presenza, così numerosa, così amorosa, ci ricorda una ricorrente parola del Vangelo (
Mt 5,1 Mt 9,36 Mt 14,14), che ci lascia intravedere il cuore di Cristo dinanzi alle turbe; dinanzi alla folla, alla moltitudine, alla gente anonima e sconosciuta, dinanzi al popolo: Gesù è preso da un sentimento di simpatia, di compassione; ed è questo sentimento che si traduce in Lui nel desiderio di beneficare tutti, anzi di arrivare con una strepitosa effusione della sua bontà ai singoli componenti la massa del gregge umano; fu allora che Egli moltiplicò il pane per tutti e per ciascuno, preludendo così con simile gesto profetico all’istituzione del mistero eucaristico, simbolo e sorgente del mistero dell’«omnes unum» (Cfr. Jn 17,21 1Co 10,17), nel quale l’umanità eletta fa un corpo solo, in Lui, capo di questa universale assemblea, che si chiama la Chiesa (Ep 1,22).

Sì, questa è la Chiesa, edificata da Cristo, nella quale ogni singolo essere umano è persona in certa misura divinizzata, cioè esaltata ad un livello di partecipazione ineffabile alla pienezza della Vita divina (Cfr. 2P 1,4), ed insieme compaginata nell’unità del Corpo mistico e sociale mediante l’animazione dello Spirito di Cristo (Cfr. 1Co 12,3). Questo è meraviglioso, Fratelli e Figli, perché non ha più parole nostre per essere adeguatamente espresso; è quella realtà religiosa che dobbiamo qualificare come soprannaturale per assegnare al nostro linguaggio la dimensione trascendente ch’esso intende raggiungere. Ed è meraviglioso, perché non si riferisce ad una condizione eccezionale del cristiano, ma riguarda il cristiano nel suo livello comune, quello che S. Pietro chiama il « sacerdozio regale » (Cfr. 1P 2,9), e che il recente Concilio illustra come una prerogativa d’ogni cittadino del regno di Cristo; bellissime pagine, che tutti faremo bene a meditare ma voi laici specialmente, che vi siete in esse particolarmente considerati, per arricchire la nostra anima di due concezioni decisive per una autentica mentalità cristiana, e cioè la concezione della superlativa dignità umana, elevata alla vocazione cristiana, e la concezione della connaturale e cogente espansività della propria fede, cioè della logica necessità per tutti di fare dell’apostolato (Cfr. Lumen Gentium, IV, LG 30 ss.). Scrive San Paolo: «Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù . . . . non vi è più giudeo, né greco, non c’è più schiavo, né libero; non c’è più uomo, né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Ga 3,26 Ga 3,28).

Quante volte capiterà a ciascuno di voi, e forse più volte al giorno, d’essere in mezzo alla folla umana, d’abitare nello stesso grattacielo, d’essere inserito negli ambienti del lavoro umano, stabilimenti, uffici, caserme, ospedali, eccetera, e di sentirvi soli, isolati, circondati, sì, da una fascia di collettività nel comune linguaggio, nella medesima nazionalità, e professione, e organizzazione, . . . ma estranei, interiormente diversi e quasi forestieri fra gli altri; la socialità, oggi tanto articolata, certo rimane, ma la propria individualità dell’uomo singolo si annega nella moltitudine della gente, non sempre comunicante in una identità di pensiero, di educazione, di interessi, di gusti, eccetera; il proprio io rimane come orfano e solo fra tanta gente, ignaro del destino e dell’essere stesso della propria vita.

Pensate ora al disegno cristiano, tutto luce, tutto comunione, il quale si sovrappone al labirinto della vita naturale. La linea di questo disegno proviamo a tracciarla. Essa parte da un mistero, vasto più di un oceano; ma mistero vivente d’infinita Bontà. Donde viene la nostra esistenza? Viene da Dio, viene dal Padre, viene da un Pensiero creatore, che ci precede, metafisicamente, realmente, e ci ama, ci predestina «ad essere conformi all’immagine del Figlio suo» (Rm 8,29). E poi? Ecco la prima stazione: il battesimo, rigenerazione della nostra vita, che deriva dalla macchiata stirpe di Adamo, e inserimento nel disegno della redenzione: Cristo, la Chiesa. Il disegno procede sul piano umano: Svegliate, genitori, la coscienza dei piccoli, alla ricerca di ciò che è Primo nella nostra vita, e date loro subito il segreto per interpretarla e per farla felice; anche il bambino è un «fedele», un membro vivo della Chiesa, ch’è la super-famiglia della società domestica e sociale. E che subito il ragazzo che cresce sappia allora la qualifica della sua nobiltà: tu sei cristiano, lo sai? è la tua fortuna, è la tua sorte; non mai devi arrossire di ciò che tu sei nel regno di Cristo; un sacramento nuovo, la confermazione, deve fortificare te, cristiano, a questa sincerità dinanzi a te stesso e agli altri, che ormai circondano e premono sulla tua inesperienza; « conosci, o cristiano, la tua dignità » (S. Leonis); sii forte, sii sicuro, sii buono non solo per te, ma per gli altri; il senso sociale assurge nella giovane esistenza al concetto di Popolo civile e religioso, quello temporale, la città, la nazione, il mondo; e quello spirituale, la Chiesa. Oh! educatori, suscitate nell’uomo crescente la convinzione della fratellanza umana, della convivenza concorde, della civiltà dell’amore . . . E tu, vita nuova, uomo o donna che tu sia, che farai? qual è la tua scelta? Qualunque essa sia da te preferita, un errore devi evitare: ch’essa sia egoista, e solo egoista; e non veda, primo, quanto tu sia in grado di dare, di prodigarti, di dilatare la sfera del tuo spirito alla casa, alla società, al mondo circostante per servirlo, per farlo buono e felice; e, secondo, quante mani vuote e febbricitanti per troppi bisogni siano tese verso di te; passerai indifferente e forse crudele?

V’è un mondo temporale migliore da costruire.

V’è un mondo spirituale, quello ottimo e necessario per la vita presente e futura, che, sotto tante forme, chiede pure costruttori. Voi giovani specialmente, avvertite l’esaltante richiamo?

Noi, vecchi operai, lanciamo il grido e attendiamo: è tempo di costruire! anzi, di costruire i costruttori, gli apostoli della città di Dio!

Con la Nostra Apostolica Benedizione.



Ai partecipanti al IV Convegno Nazionale promosso dall’Ufficio Centrale Emigrazione Italiana

Sono presenti a questa Udienza i partecipanti al IV Convegno Nazionale UCEI per Delegati diocesani e Missionari di Emigrazione. Il tema, che vi siete proposti di approfondire in questo vostro Convegno, diletti figli, è di notevole impegno: «Chiesa locale e partecipazione nelle migrazioni». Il fenomeno migratorio ha conosciuto in questi anni un crescente incremento, le cui cause e conseguenze costituiscono oggetto di attento studio da parte dei sociologi e dei politici.

La Chiesa, la cui sollecitudine pastorale abbraccia «l’uomo integrale, nell’unità di corpo ed anima» (Gaudium et Spes GS 3 GS 2), non può restare indifferente di fronte alla gravità di questi problemi. Giustamente perciò voi vi preoccupate di approfondire le conseguenze, che scaturiscono dal riconoscimento dei supremi e fondamentali diritti della persona umana, per favorire una sempre più chiara presa di coscienza degli imprescindibili doveri, che si impongono sia alle comunità di provenienza, che a quelle di arrivo, che agli emigranti medesimi.

Gli aspetti religiosi del problema della emigrazione presentano esigenze gravi ed urgenti, cui ogni Pastore coscienzioso non potrebbe responsabilmente soprassedere. È necessario che le Chiese locali come tali, voi lo avete opportunamente sottolineato, con una visione più organica delle necessità pastorali di questo settore, si impegnino ad ulteriormente sviluppare una adeguata azione, onde evitare che l’emigrante si senta spiritualmente abbandonato a se stesso. A questo scopo debbono ritenersi ancora pienamente valide le direttive emanate dalla S. Congregazione per i Vescovi con una apposita Istruzione, in data 22 agosto 1969, a voi ben nota (Cfr. De Pastorali Migratorum Cura). Esse possono offrire un ottimo piano d’azione, secondo il quale orientare le iniziative pastorali.

Figli carissimi, Ci rendiamo conto delle difficoltà grandi, con le quali deve misurarsi ogni giorno il vostro zelo sacerdotale, al cui ardore infaticabile Ci è caro rendere in questa occasione pubblica testimonianza. Ci sembrerebbe tuttavia di mancare alla stima, che ben vi merita l’intensa attività di questi anni, se non esprimessimo la Nostra fiducia nella vostra intelligenza pastorale, la quale saprà suggerirvi, con l’aiuto della grazia di Dio, le iniziative opportune per il prossimo futuro. Vi illuminino ed assistano la Madonna e San Giuseppe, ai quali pure toccò di fare la dura esperienza, vissuta da ogni emigrante (Cfr. Lc 2,4 ss.; Mt 2,13 ss.).

Anche Noi vi siamo vicini con la preghiera e la Nostra Apostolica Benedizione.

Ad un gruppo giapponese e a pellegrini americani

A special word for two groups: the Japanese Volunteer Probation Officers, and the pilgrims of the American Apostolate of the Holy House of Loreto.

You who belong to the Japanese group endeavour to assist the young who are in a position of particular difficulty. We hope that your journey will open up new ways for you to help repair broken lives, and we ask God to bless your important service to the community. No less important is the task set aside for you who come with the American pilgrimage. The patience and cheerfulness and the prayers of the sick are extremely valuable in promoting the general welfare. May you and those who assist you experience the favour of the Lord.

With Our Apostolic Blessing.

Mercoledì, 22 settembre 1976

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Si parla tra noi d’un prossimo convegno, a carattere nazionale italiano, ma d’interesse generale per la Chiesa, sul tema, ormai tanto discusso, di «Evangelizzazione e promozione umana». Di che cosa si tratta? Si tratta del confronto di due parti fondamentali: dell’attività della Chiesa da una parte; del miglioramento delle condizioni nella società contemporanea dall’altra. È il confronto, che il Concilio, nella sua ampia Costituzione pastorale, nota ormai dalle parole con cui si apre «Gaudium et Spes», ha presentato, fra l’annuncio del messaggio evangelico nel mondo odierno; ed è un confronto così radicale (esso rivela subito, dalla sua enunciazione, un dualismo oggi accentuato: Chiesa e mondo), così esteso, così grave ed incalzante, da mettere subito in evidenza un’enorme quantità di problemi, che coinvolgono tutta la vita della Chiesa, di cui noi ora soltanto ci occupiamo, anche se essa non è considerata direttamente in se stessa, ma nel modo col quale si rivolge all’umanità, in mezzo alla quale e per la quale essa, segno e strumento di salvezza, si trova a vivere. Fra le quattro note, che caratterizzano la Chiesa e ne lasciano intravedere le proprietà essenziali: unità, santità, cattolicità, apostolicità, quest’ultima nota è presa particolarmente in esame, l’apostolicità; ed anche questa considerata più che nella struttura, nella sua funzione operativa e dinamica, quella di annunciare e diffondere il vangelo, calato dal cielo, e introdotto nella storia umana da Gesù Cristo, quella cioè della «evangelizzazione»; possiamo dire con significazione generica, quella della diffusione della fede.

La fede, cioè intesa come la religione cattolica, in quale modo si comunica all’umanità? E imbevuti come siamo di «antropocentrismo», cioè di tendenza a dare all’uomo il primo posto, e per molti l’unico posto nella scala dei nostri interessi, subito ci domandiamo: a che cosa serve la fede? la religione? giova all’uomo, e in quale misura? l’uomo ha ancora immensi bisogni, immensi diritti: la fede, la religione gli è utile, o no? la «promozione umana», come oggi si dice, trae vantaggio dall’evangelizzazione? e quale? e come? Legittimo, doveroso anzi questo utilitarismo, che domina praticamente la filosofia e la politica contemporanea; l’uomo è al centro dei nostri pensieri; ma come considerato? nelle sue necessità della vita temporale soltanto, ovvero nella visione globale e superiore delle sue profonde e specifiche aspirazioni? qual è la vera salvezza dell’uomo? la sua vera felicità? il suo predominante destino? La scienza circa l’uomo, la vera scienza su la nostra vita così si affianca al messaggio del Vangelo, e lo interpella: che cosa mi dài? L’economia, la scienza del benessere ch’è come protagonista nella casa umana, nella cucina specialmente, domanda: dammi del pane; io ho fame!

Quanta forza persuasiva in questa elementare e universale questione! Cristo l’ha ben compresa Lui stesso quando ha moltiplicato, due volte, il pane per la folla digiuna; Egli ha avuto l’intelligenza dei bisogni umani: «chi avrà dato, Egli disse, anche solo un bicchier d’acqua fresca ad uno dei miei piccoli, . . . in verità vi dico non perderà la sua ricompensa» (
Mt 10,42). E il giudizio finale preannunciato da Lui non si svolgerà forse sulla risposta che noi avremo data alle esigenze delle miserie umane? (Ibid. Mt 25,21 ss.) Anche la Madonna non ha provocato a Cana il compimento del primo miracolo del suo divino Figliolo con una implorante osservazione di domestica necessità? «non hanno più vino» (Jn 2,3).

Ma facciamo attenzione: per nostro Signore, che spalanca sopra l’orizzonte temporale il regno dei cieli, i bisogni dell’uomo non sono soltanto economici, né terrestri. Chi disconosce questa superiore destinazione dell’uomo ad un alimento trascendente, la Parola di Dio, ad un regno di Dio, disconosce la sua vera statura, la umilia al livello temporale e materiale e alla fine pregiudica la sua vera salvezza: «Non di solo pane vive l’uomo . . .» (Mt 4,4); «cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia . . .» (Ibid. Mt 6,33), ha detto il Signore.

E a questo punto le due finalità dell’uomo, quella spirituale e cristiana e quella secolare ed areligiosa sembrano attestarsi su contrastanti posizioni, che spesso nella storia hanno motivato gravi opposizioni, talora con espressioni oppressive e persecutrici da parte di quella armata di potere e di forza contro quella difesa soltanto da posizioni spirituali e da ragioni soprannaturali. Nella convivenza d’una stessa società (Cfr. Epistola ad Diognetum, V) due concezioni di vita si sono pronunciate, sotto certi aspetti irriducibili, ma provvidenzialmente distinte («date a Cesare . . . date a Dio») (Cfr. Mt 22,21), ma difficilmente equanimi e concordi. Una discussione secolare è derivata da questo dualismo, per sé liberatore per ambedue le tesi (Cfr. FORNARI, Vita di Gesù Cristo, vol. II, c. X, pp. 501 ss.), ma di non facile osservanza nei suoi debiti termini. Facendo la storia di questo instabile equilibrio fra Vangelo e mondo, fra Chiesa e Stato, se ne dovrà forse riparlare (Cfr. PAPAE GELASII Epistola Famuli nostrae pietatis ad Imperatorem Anasthasium, a. 494: DENZ.-SCHÖN., DS 347; S. AUGUSTINI De Civitate Dei, 19, c. 7; LEONIS XIII Immortale Dei: DENZ.- SCHÖN., DS 3168 ss.; etc.).

Quello che in questo fuggevole cenno importa notare è la tesi basilare della Costituzione Pastorale citata «Gaudium et Spes», in ordine al tema che ora ci interessa, e cioè il rapporto fra l’Evangelizzazione e la promozione umana; tale tesi riguarda non l’opposizione radicale, ma piuttosto la complementarità fra queste due forme fondamentali della nostra attività, e cioè la funzione civilizzatrice dell’evangelizzazione, la quale parimente può essere favorita dalla promozione civile, senza che né l’una né l’altra diventi strumento finalizzato a proprio prevalente vantaggio.

Questioni grandi, questioni vive. Prepariamoci a meglio conoscerle, per sapervi dedurre luce e risolverne la problematica nella nostra vita cristiana. Con la nostra Apostolica Benedizione.



Al gruppo di studiosi partecipanti alla XXIV Settimana Biblica Nazionale

Un saluto paterno e affettuoso a voi, Professori e studiosi di Sacra Scrittura d’Italia, che con fedele appuntamento siete ritornati a Roma a celebrare la vostra XXIV settimana biblica nazionale.

Quanto vorremmo intrattenerci con voi per dirvi tutto l’interesse e l’apprezzamento che nutriamo per il servizio che rendete con lo studio e con l’insegnamento alla Chiesa, e più ancora per meditare insieme sul tema della vostra settimana di studio: «Evangelizare pauperibus». Argomento ricco e stimolante che coinvolge aspetti essenziali della missione di Gesù e della Chiesa, dirigendo l’attenzione sia ai destinatari del Vangelo (i «poveri» con tutta la gamma di significati e di esigenze che tale parola contiene nelle Sacre Scritture), sia all’annuncio stesso che viene offerto «non in parole soltanto ma con potenza e Spirito Santo e pienezza grande» (1Th 1,5), sia al modo di trasmetterlo e comunicarlo in maniera «degna di Dio che ci chiama al suo regno e alla sua gloria» (Cfr. Ibid. 1Th 2,12).

Nella scelta di questo argomento avete guardato opportunamente alla coscienza odierna della Chiesa e, ubbidendo alle istanze dell’ora, unite la vostra voce qualificata a quelle che a tanti livelli oggi s’interrogano sul significato e sui contenuti dell’evangelizzazione e sui nessi che la uniscono con la promozione umana e con «la speranza di cieli nuovi e di terra nuova» (Cfr. 2P 3,13 Ap 21,1).

Ebbene a voi studiosi ed esperti di Sacra Scrittura diciamo che il vostro contributo in questo campo è quanto mai importante: avete il compito di enunciare e spiegare con lucidità e rigore, sotto la guida del Magistero ecclesiastico, la parola dei testi sacri, tenendo lontano il verbo evangelico da storture ermeneutiche e da plessi ideologici estranei e fuorvianti, affinché il messaggio di Gesù sia presentato agli uomini in tutta purezza e fecondità. Siate servitori fedeli della Parola che vi è affidata, amministrandola «non quasi hominibus placentes sed Deo qui probat corda nostra» (1Th 2,4).

Queste brevi parole vi dicano con quale affetto e partecipazione guardiamo ai vostri lavori, o carissimi, mentre su voi e sul vostro lavoro con cuore paterno impartiamo l’Apostolica Benedizione.

Al pellegrinaggio della parrocchia romana di «S. Lino Papa» al Forte Braschi

Salutiamo ora la folta rappresentanza della Parrocchia romana intitolata a «San Lino Papa», al Forte Braschi. Diletti figli, ricorre domani il XIX Centenario della morte del santo Pontefice Lino, vostro Patrono. Questa fausta ricorrenza si collega con quella, ormai prossima, del ventennale di fondazione della vostra Parrocchia. Siamo certi che la duplice solenne ricorrenza offrirà al parroco, ai sacerdoti suoi collaboratori e a voi tutti, fedeli sensibili agli inviti dello Spirito, l’occasione propizia per opportune iniziative intese a stimolare un rinnovato fervore di operosa vita cristiana, in comunione di intenti col Papa, che è il fondamento perpetuo e visibile dell’unica Chiesa di Cristo. Conforti i vostri generosi propositi la Nostra paterna Benedizione.

Ai partecipanti al Congresso dell’Unione Internazionale dei Servizi Medici delle Ferrovie

Ai pellegrini delle diocesi di Rouen e di Le Havre

A gruppi provenienti da Glasgow, da Boston e dal Giappone

To the priests from the archdiocese of Glasgow we bid a warm welcome. We hope that your month of study in Rome Will be of benefit both to yourselves and to those in your pastoral tare. One cari never know enough about Christ and his message. May he enlighten and assist you. Two of the American pilgrimages have in common a high proportion of members who suffer from physical handicaps: the Boston National Pilgrimage and the Pilgrimage of the Victim Missionaries. You are specially close to the heart of Jesus. The gospels show him devoting particular attention to all the sick. In his name we bless you with deep affection. Our Franciscan visitors from Japan are a demonstration of the universality of the message of Saint Francis of Assisi. His message is universal precisely because of its endeavour to be a true reflection of the message of Christ. Be faithful to your founder, and you will be faithful to the Lord.


Mercoledì, 29 settembre 1976

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Già molto si parla del Convegno ecclesiale italiano, che avrà luogo a Roma alla fine del prossimo ottobre, circa il tema bicipite «Evangelizzazione e Promozione umana»; ed a noi è stata posta una domanda preliminare, che costituisce di per se stessa una questione enorme, quella del rapporto storico fra i due capi del tema stesso; e cioè, visto nella successione del tempo, questo rapporto fra l’Evangelizzazione e la Promozione umana, quali aspetti assume? Ed è questa una domanda insidiosa, che sembra risolversi nella risposta d’un conflitto; risposta già acquisita in partenza dall’opinione pubblica, come se l’Evangelizzazione, diciamo pure la Fede, rappresentasse l’immobilismo ostile ad ogni adattamento al progresso della vita sempre mobile nel suo svolgimento nel tempo, mentre il tempo, diciamo pure la storia, è di natura sua mutevole, e deve esserlo se nel succedersi dei suoi cambiamenti è insita la speranza di quella promozione umana che andiamo cercando, oggi con affannosa, ovvero con vittoriosa aspirazione.

Il tema modifica i suoi termini in quelli più noti e sintetici di «Fede e Progresso», visti l’uno e l’altro nell’esperienza della storia. Il tema del Convegno diventa allora scientifico, documentario, e in un certo senso enciclopedico; e nessuno pretenderà certo di poterlo adeguatamente prospettare, né tanto meno esaurire in alcune lezioni divulgative dell’annunciato Convegno. È tuttavia utile ricordare, durante questo periodo d’orientamento, che il tema: «Fede e storia», se è sempre d’attualità per il significato dei suoi termini e dei problemi che porta con sé, non è nuovo nel repertorio della nostra cultura: quanti autori di varie tendenze, potrebbero essere citati a questo proposito, se volessimo percorrere la lista degli autori celebri che ne hanno trattato, a cominciare dagli apologisti dei primi secoli del cristianesimo (Cfr. ex. gr. Epistola ad Diognetum et TERTULLIANI Apologeticum.), fino ai nostri giorni. Fermiamoci pure alle citazioni convenzionali di S. Agostino, con la sua celebre opera «De Civitate Dei», e a Bossuet, col suo famoso «Discours sur l’histoire universelle»; ma anche la storia moderna può dare una bibliografia ricchissima, con opere di diverso carattere, tra cui alcune di grande e ben noto valore (Cfr. ex. gr. KURTH, Les origines de la civilisation moderne et L’Eglise aux tournants de l’histoire; P. CHARLES, Les dossiers de l’action missionnaire; etc.). La filosofia moderna, teorizzando sul concetto della storia, ha detto molto su questo argomento; ma l’economia di queste brevi parole non ci consente d’inoltrarci sul mare di così vasti e non sempre per noi utili studi.

Accontentiamoci di mettere in evidenza alcune proposizioni, che possono essere cardini alle prevedibili discussioni. La prima proposizione riguarda, come già altra volta dicemmo, la complementarità dei due termini: fede e storia intesa come promozione umana, anche se alfieri del Vangelo, come siamo e tutti dobbiamo essere, dobbiamo riconoscere nel binomio Fede e storia una priorità alla Fede: per la sua dignità, per la sua necessità, e possiamo aggiungere, come ha detto il Signore, per la sua utilità; ripetiamo: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia; e tutte queste cose (necessarie alla vita temporale) vi saranno date in aggiunta» (
Mt 6,33).

Seconda proposizione, oggi la più difficile, ma non per questo meno vera e necessaria: la verità della fede, nella sua autentica e autorevole espressione, non muta col tempo, non si logora lungo la storia; potrà ammettere, anzi esigere, una sua vitalità pedagogica e pastorale di linguaggio, e descriverne così una linea di sviluppo, purché, secondo la notissima sentenza tradizionale di San Vincenzo de Lérins (isoletta di fronte a Cannes, nella Gallia meridionale), monaco del v secolo, il quale nella sua breve, ma celebre opera, il «Commonitorium», difese la tradizione dottrinale della Chiesa secondo la formula: quod ubique, quod semper, quod ab omnibus («ciò che dappertutto, ciò che sempre, ciò che da tutti») è stato creduto deve ritenersi come facente parte del deposito della fede. Niente di libera invenzione, niente di modernista, niente che dia alla fede un’interpretazione estranea a quella del magistero della Chiesa. Questa fissità dogmatica difende il patrimonio autentico della rivelazione, cioè della religione cattolica. Il «credo» non muta, non invecchia, non si dissolve (Cfr. DENZ-SCHÖN., DS 3020).

Ma ecco una terza proposizione: se la fede è verità, essa può essere pensata (Cfr. Lc 2,19 et Lc 2,51) ed avere uno sviluppo intrinseco e coerente, che, come lo scriba dotto del Vangelo, con autorità paterna, «trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52). Cioè la dottrina rivelata, fissa nel suo inequivocabile contenuto, può avere qualche esplicazione, che solo chi ha da Cristo autorità di magistero, può autenticare. È la tesi del Newman: da una stessa verità può essere dedotta una qualche conclusione, che renda esplicita una dottrina già implicita nel tesoro della fede (Cfr. NEWMAN, An essay on the development of christian dottrine, scritto prima della sua conversione e poi da lui ritoccato senza alterarne la tesi centrale). È questa la missione della Chiesa docente, quella di difendere la dottrina rivelata, di rispondere alle difficoltà e agli errori, che la storia solleva nei riguardi della fede, e di scoprire nel suo tesoro verità nascoste, che, nel processo della sua spirituale esperienza e nella casistica dei tempi reclamano una testimonianza nuova. Qui la discussione della Chiesa con espressioni dubbie ed errate del pensiero moderno ha avuto espressioni molto chiare e vigorose, che se hanno messo un argine alla dottrina cattolica (Cfr. DENZ.- SCHÖN., DS 3475-3500) non l’hanno resa inabile a parlare della verità cristiana; anzi l’hanno stimolata: non nova sed noviter. Tema amplissimo; prepariamo i nostri animi ad accoglierne gli insegnamenti, a godere della loro luce, a viverne la salvezza. Con la nostra Benedizione Apostolica.



Ai pellegrini convenuti a Roma per la canonizzazione della Beata Beatrice da Silva

Uma palavra afectuosa, para os presentes de língua portuguesa: a todos afirmamos a Nossa cordial estima em Cristo.

Vemos, com alegria, um numeroso grupo de peregrinos vindos de Portugal, para a iminente cerimónia da canonização da portuguesa por nascimento, Beata Beatriz da Silva. Sede bem-vindos!

No Senhor Cardeal Patriarca de Lisboa, que vos preside, e no Senhor Arcebispo de Évora e demais Prelados, saudamos o Episcopato de Portugal; e em vós, amados Filhos, os fiéis que representais. E para os familiares da futura nova Santa presentes, vai um aceno de particular congratulacáo e simpatia.

É para Nós muito grata a vossa presenta. E queremos confiarvos urna mensagem; aliás, a sempre viva mensagem dos Santos, a da Beata Beatriz da Silva, para Portugal e para o mundo: o perene fascínio da Fé, a forca invencível da Esperanca e o primado do Amor de Deus podem levar à consagracáo religiosa, de tanto valor eclesial; mas sempre exigem fidelidade a Deus, que é Caridade, no nosso amor do próximo: generosa reconciliacáo, construtiva compreensáo, estima fraternal e concreto auxilio recíproco, na prece e nas obras.

Que esta mensagem, tornada testemunho de fidelidade e caridade, por vós chegue às vossas terras e às vossas famílias, com a Nossa cordial Bêncáo Apostólica.

A un gruppo di sacerdoti della diocesi di Münster

Ein wort besonderer BegrüBung richten Wir and die anwesenden Priesterjubilare aus der Diözese Münster.

Fünfundzwanzig Jahre sind Sie Priester, liebe Freunde. Von Herzen beglückwünschen Wir einen jeden von Ihnen zum Silbernen Priesterjubiläum. Mit Ihnen danken Wir dem Ewigen Hohenpriester für die gnadenvolle Führung während der vergangenen Jahre . Groß und heilig ist Ihre Berufung durch die wirkliche Teilnahme am Priestertum Jesu Christi, aber auch schwer die Verantwortung, die Sie tragen. Sie sind bestellt als Diener des Gottesvolkes, dem Sie gerade heute, gegenüber der beklagenswerten Verwirrung der Geister in religiösen Fragen, die»Wege des Heiles«(Ac 16,17) aufzeigen sollen.

Stehen Sie auch weiterhin in Treue zum Nachfolger des heiligen Petrus und zum Lehramt der Kirche. Seien Sie heilige Priester! Dann wird Ihr apostolisches Wirken stets ein wahrhaft fruchtbares sein. Mit diesem Wunsche erteilen Wir Ihnen und allen Anwesenden wie jenen, die Uns per Radio horen, aus der Fulle des Herzens Unseren Apostolischen Segen.

Alle Madri Abbadesse e Priore dei Monasteri benedettini d’Italia, presenti a Roma per il secondo convegno generale

Un saluto particolare a voi, Madri Abbadesse e Priore dei Monasteri benedettini d’Italia, che siete in questi giorni riunite a Roma a riflettere sul tema: «La preghiera nella vita della monaca benedettina».

La preghiera sintetizza l’impegno essenziale della vostra consacrazione, che vi vuole tutte protese verso Dio e, come San Benedetto, «desiderose di piacere a Lui solo» (Cfr. S. GREGORII Dialogorum Libri II, 1). La monaca, infatti, è colei che per vocazione «non deve anteporre nulla all’amore di Cristo» (Cfr. S. BENEDICTI Regula, capp. RB 4 et RB 72).

Oggi specialmente è necessaria nella Chiesa questa testimonianza di impegno contemplativo, per ridare agli uomini, soggiogati troppo spesso dal fascino del provvisorio, la consapevolezza della realtà non mutevole di un Dio chino ad ogni istante in amorevole ascolto della sua creatura.

La vostra preghiera troverà la sua espressione più qualificata nella Sacra Liturgia, celebrata con amorosa diligenza e con intelligente sensibilità, come si conviene ad anime che sanno essere quello il sospiro della Chiesa verso lo Sposo, l’espressione della sua carità, l’attestazione del suo mai sopito desiderio dell’incontro definitivo con Lui (Cfr. Apoc Ap 22,17). Sarà, la vostra, una preghiera costantemente alimentata alle fonti inesauribili della Scrittura, ove Dio medesimo parla all’anima, suggerendole al tempo stesso la risposta, che il Suo cuore attende. Sarà una preghiera diffusa nei vari momenti della giornata ed alimentante, come polla sotterranea, le attività quotidiane. La norma benedettina ora et labora non è che la traduzione operativa della convinzione, registrata nella Regola, della onnipresenza di Dio: Ubique credimus divinam esse praesentiam, «crediamo che ovunque è presente Dio». Sarà infine la vostra una preghiera cattolica, aperta cioè ad abbracciare tutta la Chiesa, le cui vicende piccole e grandi, liete e tristi, vicine e lontane, diventeranno altrettanti temi del vostro colloquio orante con Dio, nascosto nel suo infinito mistero, ma così vicino nel suo piano di salvatrice bontà.

Non ci è possibile trattenerci più a lungo con voi. Siamo certi tuttavia di poter contare sulla vostra interiore intuizione, che saprà cogliere e sviluppare i germi di riflessione appena accennati. In ogni momento della vostra giornata, fatta di lavoro, di silenzio, di umiltà, di obbedienza, possa il Signore trovarvi pronte, come vergini sagge, a muovergli incontro con la lampada accesa (Cfr. Mt 25,10). Vi accompagni la nostra Apostolica Benedizione.

Ai sacerdoti che operano nel settore dell’assistenza ai carcerati

Rivolgiamo ora un paterno saluto al gruppo di dirigenti delle benemerite Istituzioni che operano nel settore dell’assistenza ai carcerati.

Noi vi ringraziamo della visita che ci fate proprio nel mezzo del Convegno indetto per il decennio di fondazione del vostro Segretariato italiano; ci felicitiamo della iniziativa, che conferma la necessità di un’adeguata coordinazione e di un’ampia collaborazione fra quanti, per libera scelta, si dedicano ad una forma di soccorso e di intervento, ch’è particolarmente necessaria non semplicemente a livello sociale, ma soprattutto umano e cristiano. Seguire, infatti, i fratelli nel duro travaglio fisico e psicologico della detenzione; conoscerne dal vivo, attraverso il contatto diretto, i drammi personali e familiari; aiutarli perché possano risolverli e, specialmente, star loro vicino col calore di una carità preveniente, discreta, rispettosa, operosa, magnanima: ecco una rapida, pur se incompleta, serie di possibili tipi di assistenza, che offrono l’esatta dimensione di un nobilissimo impegno morale e configurano, in concreto, l’adempimento di un preciso precetto evangelico (Mt 25,36 Mt 25,39-40 cfr. 1Co 13,1-7).

Ora noi sappiamo che il tema di studio, del quale vi state occupando, è appunto il «volontariato», come dedizione spontanea e generosa di voi stessi, del vostro tempo, dei vostri mezzi e capacità per un servizio quale i bisogni e le circostanze suggeriscono o esigono. Sappiamo, altresì, da recenti episodi di cronaca, che particolari problemi sono emersi in diversi Istituti. Vi diremo dunque, senza entrare nel merito di essi, che il lavoro da voi prescelto sta più in là e mira più in alto, ed a questo dovete sempre guardare: nell’uomo caduto, forse per leggerezza, forse per errore, forse senza colpa, sappiate scorgere un figlio di Dio degno di umana redenzione, allo stesso modo che il Figlio unico di Dio l’ha considerato, anzi l’ha fatto degno di soprannaturale redenzione.

È questa visione superiore che noi vi additiamo e raccomandiamo nell’esercizio del vostro ministero di misericordia, mentre rievochiamo con commozione il gesto compiuto da Papa Giovanni, agli albori del suo Pontificato. La sua visita a «Regina Coeli», come le motivazioni squisitamente pastorali che la determinarono, vi siano di incoraggiamento e di esempio! Con la nostra Apostolica Benedizione.

A pellegrini degli Stati Uniti e del Sud Africa

We extend a cordial welcome to the members of the United States’ Southern Lieutenancy of the Equestrian Order of the Holy Sepulchre. We know that you are conscious of the many needs of the Church in the Middle East and that, in particular, you are generously endeavouring to show effective solidarity with the Christians of the Holy Land. May the Lord sustain you in this great apostolate exercised under the sign of fraternal love and in commemoration of his Paschal Mystery. May the crucified and triumphant Saviour lead you to know in depth “the power flowing from his Resurrection” (Ph 3,10). In the name of the Risen Jesus we bless you and your dear families.

As we greet you the pilgrims from South Africa, our thoughts turn to your country and to all the peoples of your region. We embrace you all in the oneness of Christ and invoke upon you the great gift of his peace. And with the Prophet we recall that “this is what the Lord asks of you: only this, to act justly, to love tenderly and to walk humbly with your God” (Mi 6 Mi 8).

A un gruppo di sacerdoti salesiani the celebrano il cinquantesimo di sacerdozio

Figli carissimi,

Il desiderio filiale, comunicatoci per il tramite del caro e venerato Don Vincenzo Miano, di incontrarvi con noi nel cinquantesimo anniversario del vostro sacerdozio ci rende particolarmente gradita la vostra visita. Il nostro cuore si apre sempre a nuova commozione ogniqualvolta veniamo a contatto con sacerdoti i quali, come voi, commemorano una data così significativa. È una circostanza che impone una seria revisione di vita, una riflessione sulle proprie scelte, sulle grazie ricevute, sugli impegni assunti da quando con il sacramento dell’ordine si è stati costituiti ministri di Gesù Cristo e dispensatori del suo Sangue e della sua Parola.

Orbene, l’intenzione di coronare questa data del vostro servizio sacerdotale con l’incontro col Papa per riportare dalla Sua viva voce una rinnovata carica di energie spirituali, è per noi il segno e la garanzia della vostra fedeltà: fedeltà alla chiamata di Dio, fedeltà alla Chiesa, fedeltà a quell’ideale di vita sacerdotale che nella vostra giovinezza si accese e maturò alla luce degli esempi e degli insegnamenti del vostro grande Fondatore, San Giovanni Bosco.

Di tutto ciò noi vi ringraziamo in nome della Chiesa, e preghiamo per voi, affinché la vostra vita continui a svolgersi sempre sotto quella luce, come nel primo giorno del vostro sacerdozio, e a tale scopo impartiamo a voi e a tutte le anime che vi sono affidate la nostra Apostolica Benedizione.


Mercoledì, 6 ottobre 1976


Paolo VI Catechesi 15976