Paolo VI Catechesi 30377

Mercoledì, 30 marzo 1977

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Una volta ancora, nella rotazione del tempo, viene la Pasqua. Essa comporta un duplice giudizio; dapprima quello che il mondo, invitato ad essere spettatore della Passione di Gesù, seguita poi dalla sua Risurrezione, darà del protagonista del dramma messianico, cioè di Gesù stesso: chi è, chi era quel personaggio, che in un momento decisivo del suo processo è presentato dal Procuratore Romano, Pilato, in uno straziante e commovente aspetto, alla folla ammassata davanti al Pretorio, con fatidiche parole: «Ecco l’uomo» (
Jn 19,5). E l’uomo era Gesù, appena allora flagellato, e per beffa crudele, Colui che s’era detto Re dei Giudei, coronato di spine, e coperto da un manto di porpora. Voleva Pilato impietosire il popolo proclamando a gran voce: «Ecco ve lo conduco fuori, perché sappiate che io non trovo alcuna colpa in Lui». Voi sapete quale fu l’accoglienza dei sommi sacerdoti e delle guardie a quella apparizione: «alla croce, alla croce!». E questa, dopo una nuova istanza del tumultuoso processo, sarà la sorte di Gesù: alla croce. Ecco un mondo che inorridisce davanti alla vittima, ormai predestinata all’infame supplizio della croce.

Quella croce che Egli stesso aveva predetto aggiungendo un commento che riguarda un altro giudizio, quello che il condannato avrebbe dato del mondo in atto di contemplare la scena della sua crocifissione: «Io, quando sarò esaltato da terra (alludendo al genere della sua morte) attirerò tutti a me stesso» (Ibid. 12, 32). Ecco il mondo attratto, affascinato dal divino Crocifisso. Emana da Lui un incanto misterioso che polarizza verso di Lui tutta l’umanità credente. Intorno alla Croce di Cristo si raccolgono gli uomini nuovi: lo dirà San Paolo trovando in questa convergenza paradossale verso Cristo crocifisso il segno caratteristico della nuova e finalmente vera religione: «Quando, o fratelli, sono venuto fra voi, . . . io ritenni di non sapere altro se non Gesù Cristo, e questi crocifisso» (1Co 2,2 Ga 6,14).

Ora sopra questo aspetto della nostra vita religiosa e cristiana, la quale trova il suo cardine nella croce di Cristo bisognerà fermare la nostra attenzione, specialmente nella commemorazione, anzi per noi rinnovazione pasquale: come mai la scienza della Croce (come la chiamarono i Santi) ha tale potere da far convergere sopra la morte, e quale morte, di Cristo il nodo risolutivo della sua dottrina e della sua missione, così da obbligare chiunque gli vuol essere seguace a conoscerla e a viverla? Come mai un dramma di morte può diventare in sé e per noi un mistero di vita?

Beati noi se troveremo la chiave per entrare in questo regno della economia cristiana, cioè nel piano della nostra salvezza, nella rivelazione dell’Amore di Dio per noi: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Jn 3,16). E riferito a Cristo stesso questo sovrano disegno d’Amore, ecco la conferma: «Egli mi ha amato, e ha dato se stesso per me» (Ga 2,20 Rm 8,37).

Qui vi è tutto, e noi non diremo ora di più. Tanto basta per rimanere avvinti al mistero della Croce in se stesso, e per subire la sorte dell’Amore riferito a noi medesimi, ciascuno a sé personalmente: come si risponde all’Amore? Possa questa celebrazione pasquale insegnarcene il modo e infonderci l’energia per la risposta adeguata: «Che cosa mai ci potrà separare dalla carità di Cristo?» (Rm 8,35).

Così sia; con la nostra Apostolica Benedizione.



Ad un gruppo di docenti e di alunni partecipanti al corso socio-giuridico organizzato dal Laterano

Rivolgiamo ora un saluto cordiale ai partecipanti al secondo Corso di aggiornamento socio-giuridico, organizzato dall’«Institutum utriusque iuris» della Pontificia Università Lateranense, i quali prima della conclusione delle lezioni hanno voluto venire gentilmente a farci visita.

Noi vi siamo sinceramente grati, diletti figli, di questo premuroso gesto, nel quale leggiamo una significativa volontà di comunione ecclesiale e di fedele adesione alle direttive del Magistero; e ci rallegriamo con voi per il desiderio di arricchire la vostra conoscenza del mistero della Chiesa, che la partecipazione al Corso testimonia. L’attento esame delle trasformazioni socio-culturali caratteristiche del nostro tempo e lo studio approfondito delle strutture fondamentali, nelle quali si articola ed esprime la realtà divino-umana della Chiesa, accrescono il vostro amore per questa Madre comune che, inserita nella storia, sa mettersi in sintonia con le mutevoli esigenze dei tempi, senza mai venir meno ai tratti essenziali della fisionomia impressale dal suo Fondatore. E che le nuove conoscenze acquisite ravvivino in ciascuno la consapevolezza degli impegni, che discendono dall’essere membro di quel popolo messianico, che pur «apparendo talora come un piccolo gregge, costituisce per tutta l’umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza» (Lumen Gentium LG 9, § 3).

Accompagniamo l’augurio con la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Ai chierichetti della parrocchia romana di Santa Maria «Ianua Caeli»

Salutiamo ora con particolare cordialità i numerosi rappresentanti della Parrocchia romana di Santa Maria «Ianua Caeli» a Monte Spaccato, accompagnati dal loro Rev.do Parroco Padre Olivo Cacciatori.

Figli carissimi, interpretiamo la vostra gradita presenza qui oggi quasi come un contraccambio della visita, che noi facemmo tra di voi or sono dieci anni, nella Domenica di Pasqua del 1967; e vi accogliamo con la stessa cordialità ed esultanza, che voi allora ci riservaste. Sappiate che voi, in quanto membri della grande famiglia diocesana di Roma, occupate nel nostro cuore un posto tutto particolare; perciò vogliamo esortarvi, con familiare confidenza, ad una vita cristiana autentica e generosa, così da «risplendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita» (Ph 2,15-16). Ai molti ragazzi, che sono tra voi, diciamo di prepararsi seriamente al domani, mediante quell’impegno e quella gioia, che derivano soltanto da una limpida amicizia col Signore Gesù. Soprattutto voi, Chierichetti qui presenti, siete impegnati a servire e conoscere più da vicino Gesù Cristo, che può chiamare qualcuno di voi ad una intimità e ad una missione ancora maggiori, nella misura in cui voi siete generosamente disposti a cose grandi per la vita della Chiesa nel mondo.

A tutti, come segno della nostra benevolenza e in pegno di abbondanti favori celesti, concediamo di gran cuore la nostra paterna Benedizione Apostolica, che vi incarichiamo di portare anche ai vostri Cari e agli amici, con particolare riguardo ai sofferenti.

Ad un gruppo di studenti della Diocesi di Strasburgo

Al Comitato esecutivo della Federazione Cattolica Mondiale per l’Apostolato biblico

We are pleased to greet the Bishops, priests and lay people of the Executive Committee of the World Catholic Federation for the Biblical Apostolate meeting in Rome. Your presence recalls the important teaching of the Second Vatican Council, that Christians of every category are called to share in distributing properly-prepared editions of the Bible, as a work of missionary outreach. In the years since the Council we have had occasion to commend Bishops-who have the chief responsibility in this matter-for their zeal and care in promoting the circulation and study and use of the Sacred Scriptures by their people. And today we are happy to have the occasion to thank the World Catholic Federation for the Biblical Apostolate for helping the Bishops in this basic pastoral task and responsibility. Be assured of our deep gratitude for your partnership in the word of God, and let us continue to work and pray together, “that the Lord’s message may spread quickly and be received with honour” (2 Thess 2Th 3,1). It is with great joy and hope that we impart to you our Apostolic Blessing.

Ad un gruppo di giapponesi

Welcome also to the distinguished group of Japanese Christians, who are dedicated to bringing to the young the message of him who is the Lord of all. May God bless you and your mission by making himself ever better known to you and through you. We assure you of our prayers, our warm esteem and our affection.

Ai Superiori provinciali della Santa Unione del Sacro Cuore

We welcome the superiors of the Sisters of the Holy Union of the Sacred Hearts, who have come together to reflect prayerfully on their mission in today’s world. We say to you: Be faithful. Faithful to the spirit of your founders, who instituted your Congregation in a moment of great need for Christian education. Faithful to the consecration of your whole lives to God. Faithful to the prayer and interior silence that will open you to the gifts of the Holy Spirit. Faithful to your calling to show forth a love of Christ that is without limit. You have the support of our prayers.


Mercoledì, 6 aprile 1977

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Una parola, che il divino Ufficio quaresimale ci ha fatto ripetere più volte, suona così: «Oggi se udrete la sua voce (e vuol dire la voce del Signore), non vogliate indurire i vostri cuori». È la Chiesa che parla, facendo propria l’esortazione del Salmista, David; un’esortazione che si ripete nella Sacra Scrittura, e per l’importanza di ciò che essa intende annunciare, e per l’indifferenza con cui tanta parte del Popolo eletto accoglie l’annuncio (Cfr.
Ex 19,5 Pr 1,20-21 etc.). Si nota nella Bibbia una raccomandazione insistente per farsi ascoltare, per farsi capire (Ps 33,12 Ps 49,7). Si vede che dall’attenzione che gli uomini prestano alla voce divina dipende la loro fortuna; e si vede invece che gli uomini, anche quelli che vivono nell’economia della salvezza, sono restii ad accogliere l’invito religioso e quasi ne temono l’incanto e il comando.

Dio parla; chi lo ascolta? E studiando questo fatto, dal quale dipende la scelta della nostra libera risposta e perciò la nostra salvezza, si nota spesso nell’arte misteriosa della divina rivelazione un modo particolare di linguaggio; un linguaggio formulato in termini piani e semplici (pensate alle parabole del Vangelo - Cfr. Mt 13,14 ss.; 13, 35), ma che sotto il significato figurato nascondono, ed insieme svelano un pensiero più profondo che non tutti comprendono, perché non tutti si danno la premura di esplorarlo e di coglierne il vero ed intimo senso. Questa ambiguità è ancora un metodo ordinato dell’Autore della divina Parola in coerenza con l’umana libertà: comprenderà chi vuole comprendere. La rivelazione ci è, sì, consegnata nella sua esatta formulazione, ma chiusa in un involucro di termini (p. es. la «parabola»), i quali termini hanno senso per se stessi, ma ci sono affidati affinché la nostra mente, e specialmente la nostra buona volontà sappiano scoprirvi la voce intima, profonda, autentica del Signore.

Anche nel piano della divina rivelazione l’uomo resta libero; egli deve fare ciò che può per venire a contatto con il Pensiero divino. La voce divina risuona; la comprende chi vuole comprenderla. Un fenomeno naturale, oggi a tutti notissimo, quello della Radio, ci dà un’immagine di questa Legge del senso arcano della divina conversazione; pensate alla carica immensa di voci diversissime che riempiono l’atmosfera; nessuno le avverte salvo colui che munito d’un apposito apparecchio sa carpire quelle voci, che altrimenti resterebbero vane; le comprende soltanto chi sa mettere il proprio apparecchio in fase di ascoltazione.

L’analogia serve al caso nostro. Il grande mistero della Redenzione ci è trasmesso, per via del rito liturgico, in modo impressionante: chi lo accoglie? e fra quanti ne accolgono la presentazione rituale e rievocativa della storia evangelica quali sono quelli che ne afferrano il senso teologico, reale, attuale? ed anche fra questi intelligenti del mistero presente, che la liturgia attualizza, chi davvero lo applica a sé? (Cfr. He 3,7 ss.; He 4,2 ss.)

Vuol essere questo breve sermone un cordiale invito, primo, a partecipare ai riti liturgici della Settimana Santa, la quale vuole essere come una voce del Signore, che ci ricorda, ci spiega, ci offre la partecipazione al mistero della Redenzione: se oggi questa voce si fa sensibile ai nostri cuori, non siano questi chiusi e indifferenti alla voce divina; secondo, facciamo un atto di premura per capire, almeno qualche cosa, di tali riti, che incastonati in cerimonie tradizionali ed in lingua latina possono rimanere impenetrabili, come codici antichi, alla nostra intelligenza; ora vi sono sussidi abbastanza chiarificatori per chi davvero desidera comprenderne il senso e subirne la forza, e terzo, ciascuno applichi a sé il divino dramma di Gesù, lo riviva nel proprio cuore, ne ascolti l’ineffabile accento, vi conceda un umile e generoso atto di buona volontà. Chi sa che cosa vuole Gesù sacrificato e Gesù risorto da ciascuno di noi?

A questo individuale segreto il nostro voto benedicente, con l’augurio per tutti di «buona Pasqua».



Ai «Gruppi di Impegno Familiare e Sociale»

Ci è gradito rivolgere ora una parola di saluto e di incoraggiamento ai «Gruppi di Impegno Familiare e Sociale» presenti all’udienza di stamani. Il fine, che vi prefiggete, figli carissimi, di contribuire alla promozione integrale dell’uomo, particolarmente mediante la salvaguardia dei valori umani e cristiani, su cui poggia la comunità familiare, è impresa altamente meritevole, e noi ci valiamo volentieri anche di questa occasione per confermare il nostro vivo apprezzamento per ogni sana iniziativa, che si ponga al servizio della famiglia, allo scopo di favorirne la serena e gioiosa riuscita.

Il credente sa riconoscere nella totale comunità di vita, che la famiglia instaura, un’immagine di quella sublime comunione d’amore, che è la Trinità divina. Possa il vostro lavoro contribuire a far maturare in un numero sempre più grande di nuclei familiari la consapevolezza dello stupendo disegno di Dio sull’amore umano, aiutandoli così ad orientarsi fermamente verso quei valori immutabili, che costituiscono la più solida garanzia di un armonioso sviluppo personale dei loro membri.

Con questo augurio e in pegno del nostro affetto di cuore vi impartiamo la propiziatrice Benedizione Apostolica, che estendiamo ai componenti delle vostre rispettive famiglie e a tutte le persone che vi sono care nel Signore.

Agli studenti dell’Istituto per la Cooperazione internazionale (in francese)

Ad un gruppo di studenti del Kerala

With great affection we extend our greeting to the group of students from Kerala: your presence is for us a motive of joy. We urge you to be proud of your Catholic heritage and faithful always to the teachings of Christ. In this way your lives Will be full of meaning, and you Will make a true contribution to India and to all society.


Mercoledì, 13 aprile 1977

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Essere cristiani: che cosa significa? Il significato primo, nel tempo e nell’importanza, è dato dal fatto che siamo fatti degni di portare questo nome, non come una semplice qualifica sociologica (Cfr.
Ac 11,26), ma come un rapporto vitale con Cristo, un ingresso nel regno di Dio. Gesù stesso lo ha insegnato ad un primo «notabile» timido, ma poi fedele aderente alla sua predicazione e al suo influsso messianico, Nicodemo: «nessuno può entrare nel regno di Dio se non è rinato nell’acqua e nello Spirito santo» (Jn 3,5). È stato così preannunciato questo innovatore segno sacramentale, il battesimo. Sarà poi questo il primo atto esteriore, non senza l’espressione interiore di sentimenti di fede e di penitenza, richiesto e conferito ai primi seguaci della predicazione apostolica immediatamente dopo la discesa dello Spirito Santo, dopo la Pentecoste (Ac 2,38 Ac 3,19-4,4); e subito questo rito indispensabile e caratteristico è dichiarato essere collegato con la Passione del Signore, con la sua Pasqua (Rm 6,3; etc.). La prima, essenziale, salvatrice relazione della nostra vita con Cristo, morto e risuscitato per noi, è stabilita mediante il battesimo: «Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!», esclama San Paolo, quasi riaffermando il canone fondamentale della religione, che appunto da Gesù Cristo prende origine e nome.

Questo fatto ha tale rilievo nel campo della nostra fede che noi faremo bene a dedicarvi particolare riflessione, se vogliamo che la Pasqua testé celebrata non passi come ogni altro giorno, come altra festa senza emergenza nel nostro modo di concepire la vita cristiana.

Noi ci limitiamo ora a ricordare il duplice simbolismo del rito battesimale, il cui significato ci introduce nel significato teologico, cioè essenziale del sacramento. Primo: il battesimo è un lavacro. Come mai un neonato, anzi ogni umana creatura ha bisogno d’essere purificata per essere ammessa al regno di Dio? per essere chiamata cristiana? E qui si presenta la grande storia del peccato originale, un peccato che tale propriamente fu in Adamo, e che passò in triste eredità a tutto il genere umano, non come colpa personale, ma come stato personale e proprio d’ogni figlio di Adamo, impotente a redimersi da sé dalle conseguenze fatali del peccato del primo uomo (Cfr. S. IGNATII ANTIOCHENI Ad Romanos, 5: DENZ.-SCHÖN. DS 621). Questo è un punto capitale nel piano religioso del cristianesimo e dell’intera umanità, dal quale si desume e la necessità della Redenzione e la fortuna massima a noi concessa mediante la purificazione battesimale.

E secondo simbolismo del battesimo: la partecipazione mistica alla morte e alla risurrezione del Signore. Rileggiamo San Paolo: «Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, noi siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo infatti siamo stati sepolti insieme a Lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a Lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la risurrezione» (Rm 6,3-5). S. Cirillo, Vescovo di Gerusalemme, nel IV secolo (313-387) spiega la dottrina anche più diffusamente, mirabile pioniere della catechesi ecclesiastica sistematica, che del resto già anteriormente aveva avuto i suoi maestri (Cfr. F. PRAT, Théol. de St Paul, II, 306 ss.). Non possiamo tacere S. Ambrogio specialmente (S. AMBROSI De Sacramentis et De Mysteriis: O. Faller, 1955).

Questo per dire come una concezione cristiana della vita non possa prescindere dall’essere imbevuta dell’insegnamento della nostra fede circa la nostra Pasqua ch’e Cristo immolato per noi, e che a noi e cominciata da1 Sacramento rigeneratore, ch’e il nostro Battesimo. Non dimentichiamolo mai.

Con la nostra Apostolica Benedizione.



Ad un gruppo di giovani del Belgio

In fiammingo:

Aan allen wensen Wij de volheid van de Paasvreugde.

Agli studenti di Einsiedeln

Herzlich willkommen heißen Wir bei dieser Audienz die Gruppe »Studentenmusik« vom Gymnasium des Klosters Einsiedeln. Wir danken Euch für Eure musikalischen Darbie tung-en, mit denen Ihr diese Begegnung in der Freude des Osterwoche festlich umrahmt.

Euer gemeinschaftliches Musizieren, das Euch zunächst persönlich am meisten bereichert, ist in einer besonderen Weise geeignet, anderen Menschen Freude und Stunden der Muße und der Erbauung zu schenken. Möge die Musik für Euch selbst darüber hinaus auch zum frohen Gotteslob werden, eingedenk der Worte des Psalmisten: »Lobet Gott mit dem Schall der Hörner, lobt ihn mit Harfe und Zitter! Lobt ihn mit Pauken und Tanz, mit Flöten und Saitenspiel! « (Ps 150,3-4) Dazu erteilen Wir Euch von Herzen Unseren Apostolischen Segen.


Mercoledì, 20 aprile 1977

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Il nostro tempo ci obbliga a prolungare la nostra riflessione sul mistero pasquale, sotto l’aspetto della nostra partecipazione a Cristo, aspetto molteplice per il fatto che la celebrazione sacramentale liturgica e morale dell’opera della redenzione da Lui compiuta e da noi rievocata e in certo modo (sacramentale, penitenziale, devozionale) rivissuta, tende a lasciare qualche traccia profonda nel nostro spirito e nel nostro costume. La vita cristiana è caratterizzata da uno sforzo continuo e progressivo di rinnovamento e di perfezionamento: l’uomo interiore, che vive in noi, dice S. Paolo, è teso a rinnovarsi «de die in diem», di giorno in giorno (
Col 4,16). Allora una domanda s’impone, la quale investe la nostra condotta: è in noi operante questo proposito di continuo perfezionamento? ovvero esso subito ricade in una forma comune di vita che ci accusa di mediocrità consuetudinaria? E così subito prevale in noi uno stile di vita, il quale non solo rinuncia a modellarsi sull’esempio e sull’insegnamento di Cristo, ma cerca di sottrarsi all’impegno che momentaneamente la celebrazione pasquale ci ha fatto sentire come logico, come urgente nella cella segreta della nostra coscienza, l’impegno d’essere autenticamente cristiani. Vogliamo essere, diciamo a noi stessi nel cuore, come gli altri, come uno dei tanti individui, stampati in serie dalla società permissiva; anzi talora un istinto tentatore ci vorrebbe francare dalle forme troppo regolari del nostro modo di comportarci e lasciarci sperimentare qualche gesto audace e spregiudicato di libera condotta.

Questa è la moda; e uno sciame di stimoli provocatori ci assale da ogni parte per suscitare in noi le dormienti o inquiete passioni, che sembrano così reclamare come un naturale diritto l’esperienza che il retto sentimento morale ci dice peccaminosa. Vi è perfino una tendenza, che partendo da cattedre autorevoli o da costumi spregiudicati, vorrebbe vincere gli scrupoli delle coscienze sensibili con la cura di Mitridate, cioè con l’assuefazione alla violazione della legge morale.

E questo non è cristiano, per non dire che non è umano, non è logico.

Noi dobbiamo invece sempre ricordare due ordini di verità, le quali fanno parte dei fondamentali principii del nostro corretto modo di pensare, e quindi di agire. Il primo deriva dalla conoscenza che la nostra antropologia, cioè la nostra scienza dell’uomo, illuminata dalla fede e in parte confermata dalla nostra dolorosa esperienza, ci insegna; e cioè noi sappiamo che l’uomo è un essere, in cui è entrato un disordine, che possiamo dire perturbatore del suo disegno costituzionale (Cfr. Rm 7,15), e che si sostiene spesso non esistere, se non per causa di coazioni antipedagogiche; opinione deleteria ancor oggi in voga.

L’altro ordine di verità ci prospetta una specie di duplicazione della nostra natura umana, sulla quale il pensiero ineffabile di Dio, a noi comunicato dalla fede, ha, per così dire, sovrapposto una «sopra-natura», un «uomo nuovo», il quale ridà all’«uomo vecchio» un volto purificato, dal quale è stata cancellata la deformazione del peccato, anche se non è stata tolta la debolezza che ancora lo rende possibile; ma per di più è stata impressa l’immagine nuova di un essere rigenerato, elevato alla figliazione adottiva di Dio, associato con una fratellanza che diviene convivenza con Cristo, e animato da un soffio vitale, divino, che chiamiamo la grazia e che attribuiamo allo Spirito Santo.

Ecco perché il concetto d’una vita immacolata, cioè pura, semplice, bella, è restituito, o piuttosto concesso a quelli che hanno ricevuto il battesimo, e che - come afferma San Pietro nella sua prima lettera - sono stati liberati «con il sangue prezioso di Cristo», come di «agnello immacolato».

Questo ideale d’una vita innocente, incontaminata, immacolata deve essere restituito alla nostra mentalità cristiana e ridare a noi il proposito e la grazia d’un’esistenza nuova, veramente pasquale.

Con la nostra Benedizione Apostolica.



Ai sacerdoti partecipanti alla VII Giornata di studio organizzata dalla Federazione Nazionale del Clero Italiano (FACI)

Salutiamo il gruppo di circa 100 sacerdoti, partecipanti alla VII Giornata di studio, organizzata dalla Federazione Nazionale del Clero Italiano, che ricorda il 60” anniversario di fondazione, avvenuta, nell’ottobre del 1917, in occasione del primo Congresso Nazionale riunito in Pisa sotto la presidenza di quell’insigne Arcivescovo, il compianto Cardinale Pietro Maffi.

Sorta nell’intento di assistere e di proteggere il Clero Italiano, nel rispetto della legge canonica e di quella civile, la Federazione ha mantenuto fede al generoso proposito, sviluppando in campo morale, sociale, economico e culturale, una vasta azione a livello diocesano e nazionale, grazie alla quale, il sacerdote ha potuto più proficuamente adempiere le varie attività del suo ministero, e far sentire la sua presenza animatrice e tutrice dei diritti del prossimo, spesso misconosciuti e conculcati.

Una benemerenza, questa, di cui sinceramente ci congratuliamo, e dalla quale amiamo trarre l’auspicio per sempre maggiore spirito di compattezza - nella docilità agli insegnamenti della Chiesa - nel programmare piani di assistenza e di promozione sociale.

A tale riguardo, vi esortiamo a considerare costantemente l’alta dignità di cui, a gloria di Dio e a servizio della Chiesa, siete insigniti, principio e fine ultimo della vostra operosità sacerdotale, e che deve illuminare e dirigere ogni intervento, anche sul piano economico e previdenziale. Con la nostra Benedizione Apostolica.

Ai partecipanti al 17° Convegno Nazionale di Studio degli Economi Cattolici, organizzato dal Centro Nazionale Economi di Comunità

Un particolare saluto desideriamo ora rivolgere al numeroso gruppo di religiosi e religiose, riuniti a Roma in questi giorni, per il Convegno nazionale di studio degli economi cattolici.

Vi ringraziamo, figli carissimi, della vostra graditissima visita. In un momento come l’attuale, certamente non facile per le istituzioni religiose operanti nel campo dei servizi, sociali, educativi, sanitari, ci piace sottolineare l’opportunità del vostro incontro, che è stato aperto all’insegna del comune impegno e della fraternità. E tanto più desideriamo esprimere il nostro compiacimento in quanto esso, oltre ad offrire la possibilità di un aggiornamento ampio e particolareggiato sui problemi più urgenti di una corretta amministrazione, intende impegnare gli economi cattolici ad una riflessione più approfondita sulle ragioni spirituali che devono costituire il motivo di fondo del loro lavoro in seno alle rispettive comunità.

Purtroppo, assai spesso oggi si dimentica che cosa significa la presenza delle vostre Opere per i poveri, gli abbandonati, i soli, i bisognosi di ogni genere, la cui fame è non solo fisica, ma ancor più spirituale. Aiutare quindi queste stesse Opere ad essere veramente funzionali, efficienti ed economicamente valide, vuol dire renderle sempre più adeguate a perseguire i loro fini di servizio e a dare così più chiara testimonianza della carità di Cristo, che è la base insostituibile su cui costruire una convivenza umana più fraterna, più giusta, più degna dei figli di Dio.

Sia pertanto la vostra azione di economi continuamente animata da questo autentico spirito di generoso servizio verso chi vive nei vostri Istituti ed ai vostri Istituti si affida, e verso la comunità stessa ecclesiale che attende da tale testimonianza un valido e prezioso contributo per la diffusione del messaggio evangelico nella società.

Con questi voti invochiamo sulle vostre attività l’effusione delle grazie divine, in pegno delle quali vi impartiamo di cuore l’Apostolica Benedizione.

Ai candidati al Diaconato del Collegio Americano del Nord

A special greeting to the seminarians from the North American College, who have come with their families and friends. Tomorrow-yes, tomorrow-you will be ordained Deacons. The Church will solemnly invoke upon you the gifts of the Holy Spirit, and entrust you with a great charge. You will be called to teach as Jesus taught, to serve in his name. Your mission has nothing to do with human wisdom; you are to preach only the wisdom and power of Christ. And we pray that in your consecration you will give joyful witness to the Lord Jesus, and be faithful forever!


Mercoledì, 27 aprile 1977

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Noi siamo tuttora nel tempo pasquale, che per noi, come sapete, è dominato dalla morte in croce di Gesù Cristo e dalla sua prodigiosa risurrezione. Questo duplice avvenimento, la morte e il ritorno alla vita del Signore Gesù, domina il mondo; esso ci offre la chiave per comprendere la storia precedente, quella del popolo ebraico, cioè l’Antico Testamento, e ci apre la visione sul futuro destino dell’umanità, il Nuovo Testamento; è l’avvenimento che sta alla base della religione cristiana e della Chiesa; e pone la figura di Gesù al centro dei destini umani.

Cioè il mistero pasquale è la sintesi della nostra fede, e attrae la nostra attenzione come il punto di convergenza di tutti i fatti religiosi riguardanti il passato, il presente, l’avvenire dell’umanità, il segreto del mondo, e il perché della nostra esistenza personale. Figli carissimi, questo noi dobbiamo sapere e meditare: «Io sono l’alfa e l’omega, dice il Signore Iddio; Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!» (
Ap 1,8). Dobbiamo abituarci a pensare tutte le cose in funzione di questo «mistero religioso, mysterium pietatis»; dobbiamo essere polarizzati nel nostro pensiero dalla nostra fede intorno a Cristo Signore, come S. Paolo raccomandava al discepolo prediletto, Timoteo: «Egli (Cristo Gesù) si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria» (1Tm 3,16). Il pensiero di S. Paolo si fa teologico, e stimola il nostro a ricorrere ancora alla sua fonte narrativa, il Vangelo, ed a sollevare davanti alla nostra mente, bisognosa sempre di immagini sensibili, quali il Signore ci offrì venendo a questo mondo, una semplice domanda, né infantile, né ingenua, ma avida di sperimentale realtà: com’era Gesù? Se avessimo, anzi se avremo un giorno la fortuna di vederlo, come ci apparirà? Come possiamo immaginarlo?

La domanda sembra rimanere delusa e rimanere senza soddisfacente risposta se ricordiamo che nelle apparizioni di Gesù dopo la sua risurrezione, Egli non lascia subito trasparire la sua figura sensibile. Così alla Maddalena al sepolcro (Jn 20,14); così ai due discepoli sulla via di Emmaus (Lc 24,16); così quando Egli appare ai discepoli nel Cenacolo la sera della risurrezione (Jn 20,20): o quando sulla riva del lago di Tiberiade Egli incontra il gruppo dei discepoli pescatori, senza del tutto svelare subito se stesso. Gesù si è fatto misterioso, anche in questi istanti sublimi della sua ripresa figura umana non a tutti manifesta (Ac 10,41).

Ma allora come ricomporre nella nostra mente la sua fedele figura? Siamo davanti ad un problema, che, dal campo dei sensi e della fantasia, si fa spirituale: come vedere, come ripensare Gesù? Alcuni Santi hanno specialissimi favori a tale riguardo, come di sé scrive S. Teresa (Cfr. S. TERESA, Vida); ma gli altri, i fedeli comuni? noi, che siamo tutti obbligati, se pure in forma e misura differenti, a dare testimonianza del Gesù del Vangelo e anche del Gesù celeste?

Ebbene noi pensiamo che la figura, anche sensibile, anche solo immaginata, di Gesù sia a noi in qualche modo possibile, se ripensata con animo capace di rispecchiare in noi, come la Veronica della tradizione nel suo velo pietoso, qualche sua sembianza con sentimento recettivo di fede. Ricordiamo come il Centurione romano, il quale aveva presieduto alla crocifissione, ebbe a riconoscere. Scrive l’Evangelista S. Marco: «. . . il Centurione, che stava di fronte (al Crocifisso), vistolo spirare in quel modo, disse: “veramente quest’uomo era Figlio di Dio!”» (Mc 15,39).

E ricordiamo il primo ritratto di Gesù Cristo, ritratto biografico piuttosto che lineare, fatto dalla testimonianza di S. Pietro, come teste qualificato, parlando al primo gruppo pagano, quello del Centurione Cornelio (un altro soldato romano, descritto come «uomo giusto e timorato di Dio»), ammesso alla nuova fede cristiana: «. . . Gesù Cristo, annuncia Pietro: Egli è il Signore di tutti! . . .Gesù di Nazareth, il Quale passò beneficando e risanando tutti . . .» (Ac 10,38). Ecco: un’immagine sovrumana, d’incomparabile bontà! Questa è la testimonianza apostolica!

Così noi dobbiamo ripensare Gesù: la bontà onnipotente, infinita, fattasi a noi vicina e accessibile. Cosi; con la nostra Benedizione Apostolica.

Ad un gruppo di studentesse dell’Istituto Parificato di Magistero «Maria SS.ma Assunta»

Siamo lieti di dedicare un saluto particolare al gruppo delle studentesse dell’Istituto Universitario Parificato di Magistero «Maria SS.ma Assunta», che ci hanno recato stamani la vibrante testimonianza del loro entusiasmo e della loro devozione.

La vostra presenza ci è fonte di consolazione, perché ci dice la scelta di fondo secondo la quale intendete orientare la vostra vita. Voi state cercando, mediante lo studio, una conoscenza sempre più ricca della verità, e, avendo capito che la pienezza di ogni verità è Cristo Gesù, a Lui aderite con fede, che - come auspichiamo vivamente - il tirocinio universitario deve rendere ognora più matura e convinta. Continuate in questa strada, nella stimolante consapevolezza dell’importanza di una personale formazione spirituale, che integri, armonizzi e sostenga quella propriamente culturale. Il nostro augurio è che, domani, nella vita religiosa o in quella laica, nella scuola, nella professione o nella famiglia, voi non solo siate portatrici dei valori della cultura, ma che insieme sappiate anche, e soprattutto, suscitare nei cuori l’apertura ai valori trascendenti del Vangelo, da cui soltanto l’essere umano può trarre luce per il suo eterno destino.

Con la nostra Apostolica Benedizione.



Ai mille pellegrini della Comunità Mariana del «Gesù Vecchio» di Napoli

Rivolgiamo ora un particolare saluto al numeroso pellegrinaggio della Comunità Mariana della Basilica Minore del SS. Salvatore di Napoli, più popolarmente nota in quella città col nome di «il Gesù Vecchio».

Voi, assieme al Vicario Generale della Diocesi Monsignor Antonio Zama, siete venuti qui oggi quasi a culminare le celebrazioni del 150° anniversario dell’incoronazione della Madonna venerata nella vostra chiesa.

Mentre vi esprimiamo la nostra letizia per questa gradita presenza odierna, vi stimoliamo anche a proseguire in una fervorosa e retta spiritualità mariana, la quale, lungi dal dimenticare la centralità del mistero di Cristo Signore, ne tragga sempre maggior forza e ispirazione per quell’autentica esistenza cristiana, di cui la Santissima Vergine è stata la prima, luminosa testimone, e che ciascun battezzato sul suo esempio, è chiamato a vivere nel mondo.

Questo augurio lo vogliamo tradurre nella nostra paterna Benedizione Apostolica, che di gran cuore vi concediamo, incaricandovi altresì di estenderla ai vostri cari, agli amici e a tutta la diletta città di Napoli.

Ad un gruppo di sacerdoti greco-ortodossi

Ai membri del «Bureau de la Fédération internationale des Aides aux Prêtres»

Ad un pellegrinaggio di Boston e a un gruppo di ufficiali della Marina Britannica

We extend our welcome to the choir and to the other parishioners of Immaculate Conception Church in the Archdiocese of Boston. You have come to Rome to commemorate the centenary of the dedication of your parish to the Blessed Virgin Mary. Through her intercession we invoke upon all of you the grace of authentic Christian living, praying that this anniversary may be for each one a moment of profound renewal and deep personal joy.

We are happy to extend a greeting to a group of British naval officers and ratings from ships visiting Italian ports. We thank you for coming to see us. It is our prayer that your stay in Rome will be an occasion of spiritual happiness and renewal, and a reminder of the universal brotherhood of man. Please take our prayerful good wishes to your families at home.




Paolo VI Catechesi 30377