Paolo VI Catechesi 10677

Mercoledì, 1° giugno 1977

10677
Noi abbiamo celebrato la grande festa di Pentecoste. Perché grande? San Giovanni Crisostomo la definisce la «metropoli delle feste» (S. IOANNIS CHRYSOSTOMI: PG 50, 463). Grande perché inaugura la religione nuova, la religione dello Spirito, una nuova forma di rapporti fra la Divinità e l’umanità, e grande perché è questa missione dello Spirito Santo che dà vita alla Chiesa, al Corpo mistico di Cristo. È la nascita della Chiesa.

Questa parola «Chiesa», che storicamente, nell’antico testamento, ha un significato limitato e profano, e indica semplicemente un’assemblea, una riunione, una convocazione di gente, nel nuovo testamento essa ne ha assunto uno nuovo, preciso e qualificato, quello cioè della moltitudine riunita da un vincolo reale e spirituale, quello d’una società di fedeli, di credenti, governati da una chiamata divina e da un’autorità pastorale; esso ha per noi un complesso senso religioso, e caratterizza quel gruppo, anzi quella parte di umanità che ha raccolto una «vocazione» interiore e ha seguito una autorizzata guida esteriore, per incontrare il Padre, mediante Cristo nostro Salvatore, nella luce e nella forza dello Spirito Santo (Cfr.
Jn 14,23).

Noi ci limitiamo adesso ad accennare semplicemente alle più elementari nozioni che ci danno un concetto descrittivo di ciò che la Chiesa è. E anche questo non è facile. Il Concilio stesso, si direbbe, rinuncia a darci un elenco completo dei termini con i quali la Chiesa è designata nel comune linguaggio religioso. Le immagini si moltiplicano per provocare in noi un qualche concetto di quella immensa visione evangelica del Regno di Dio, nella quale è figurata, ma non solo essa, la Chiesa. Il Concilio accenna alla figura dell’ovile, di cui Cristo è pastore; accenna a quella di campo di Dio, a quella di edificio di Dio, a quella di famiglia di Dio, a quella di tempio di Dio e perfino a quella di Sposa di Cristo, e a quella finalmente di corpo mistico di Cristo (Lumen Gentium LG 6 et LG 7). E qui viene propizio per la nostra mente il concetto essenzialmente complementare dell’animazione di questo corpo, concetto questo riferito alla Chiesa; essa è certamente un corpo sociale, umano, una comunità di uomini, ma non solo questo; essa è un corpo vivo, animato da una Presenza, da Un’Energia, da una Luce, da un’Attività, ch’è appunto lo Spirito di Cristo (Cfr. Rm 8,11 2Co 12,9 da ricordare sempre per la nostra cultura religiosa: PII XII Mystici Corporis da 1943 e i documenti del Concilio. Così: H. DE LUBAC, Méditations sur l’Eglise Da 1 J. HAMER, L’Eglise est une Communion).

Noi diciamo questo affinché si accenda, si perfezioni in noi questo vero concetto di Chiesa, il quale appena enunciato deve trasformare la nostra mentalità di credenti, di fedeli, che tanto laicismo, tanto materialismo dei nostri giorni minaccia di oscurare e di privare d’un suo elemento componente della massima importanza. E cioè: la conoscenza di noi stessi, l’eterno problema del pensiero umano: «conosci te stesso», si complica di una straordinaria novità, introdotta nel nostro essere, già per se stesso così misterioso, e la novità è appunto lo Spirito Santo, il Quale viene ad abitare in noi. «Non sapete - scrive San Paolo ai Corinti -, non sapete che voi siete tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita dentro di voi?» (1Co 3,16). Ma osserviamo bene il risultato di questa ospitalità, che ci offre la fortuna di ospitare lo Spirito Santo dentro di noi: la fortuna è simile a quella di un lume acceso in una stanza oscura; nulla è alterato, né toccato, ma tutto acquista una figura, una posizione, una funzione, un nome; tutto diventa chiaro e letificante. È il mistero della grazia, è il mistero della Chiesa, ch’è sorgente di Luce; la Luce divina dello Spirito riverberante con sette raggi, i doni dello Spirito Santo, fasci di intelligenza, fasci di amore nell’umile cella dell’umana, sia pure infantile o primitiva, psicologia.

Non è facile a dirsi; forse è più facile ad averne qualche esperienza, anche nella vita modesta e comune del fedele cristiano. E tutti a questa privilegiata condizione di vita dobbiamo aspirare col proposito che ognuno deve fare per sé, quello di vivere sempre in grazia di Dio. Al quale un altro dovremo aggiungere: un culto superiore e ardente allo Spirito Santo, ch’Egli stesso, il Paraclito, alimenterà, se noi ricorderemo l’esortazione Paolina: «Non spegnete lo Spirito!» (1Th 5,15).

Con la nostra Apostolica Benedizione.

Ad un gruppo di Sacerdoti di Brescia

Siamo ora particolarmente lieti di salutare il gruppo dei 27 Sacerdoti della Diocesi di Brescia, che celebrano nei prossimi giorni il 40° anniversario della loro Ordinazione Presbiterale e che per l’occasione hanno voluto venire qui presso di noi, accompagnati dal loro Ecc.mo Vescovo Monsignor Luigi Morstabilini e dal suo Ausiliare Monsignor Pietro Gazzoli.

Figli e fratelli carissimi, desideriamo assicurarvi la nostra cordiale partecipazione al festeggiamento di tale felice ricorrenza. Quarant’anni di ministero generoso tra il popolo di Dio, nella diletta Chiesa di Brescia, meritano un plauso sincero, animato dalla riconoscenza al Signore per i suoi doni, che ciascuno di voi certo potrebbe enumerare. Vi rivolgiamo, inoltre, un affettuoso incoraggiamento a proseguire con immutata letizia quella che San Paolo definisce «la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio» (Ac 20,24). Siamo certi che gli ideali di consacrazione e di dedizione, che vi entusiasmarono nella vostra giovinezza, sono tutt’ora intatti e fecondi, e fanno di voi dei Ministri sempre preziosi per la vita cristiana ed ecclesiale.

Tanto vi auguriamo di vero cuore, e confermiamo i vostri e i nostri voti con la Benedizione Apostolica.

A vari gruppi di ragazzi

Salutiamo ora il folto gruppo di ragazzi e ragazze della parrocchia romana di San Basilio a Casal Monastero, che sono venuti a dirci, con tutta la freschezza del loro entusiasmo, la gioia di far parte della Chiesa cattolica e di potersi stringere intorno al Papa.

Carissimi giovani, sappiamo del bel mese di maggio, che avete celebrato nella vostra parrocchia insieme con tanti altri vostri coetanei e conosciamo anche il tema particolare, che vi ha visti raccolti nella riflessione e nella preghiera: le vocazioni sacerdotali e religiose a servizio della Chiesa, e in particolare della nostra diocesi di Roma. Ora voi comprendete più chiaramente - ne siamo certi - quanto sia importante che nella comunità vi siano giovani e ragazze che, aderendo generosamente all’invito di Cristo, rinunciano a formarsi una famiglia propria, per donarsi totalmente a Dio e ai fratelli. Gesù passa anche oggi per le strade delle nostre parrocchie, come un tempo per quelle della Palestina, e rivolge anche a tanti ragazzi e ragazze del nostro tempo il suo invito: «Seguimi». Ci auguriamo che vi sia anche oggi chi sa rispondergli con slancio fiducioso e magnanimo : «Maestro, ti seguirò dovunque andrai» (Mt 8,19). Sarà quello l’inizio della più bella avventura, che possa toccare ad un essere umano.

Scenda su tutti voi e sulle vostre famiglie la nostra speciale Benedizione.

Ad un pellegrinaggio Sudafricano

We extend greetings to the members of the South African Legion and to their families. We are always especially happy to be with friends and sons and daughters who have come a long distance. And so today your visit gives us great joy. Your presence moreover as ex-combatants makes us reflect once again on the meaning of peace, and on the value of justice and life. In this regard we have said before: “If you want peace, work for justice”, and again: “If you want peace, defend life”. And we hope that when you return home you will lend all your efforts to peace: peace through justice, peace through the defence of life. God bless you all.

Ad un gruppo di cattolici e luterani

Einen besonderen Willkommensgruß richten Wir an die ökumenische Gruppe vom Zentrum der Fokolarini Mariapoli. Wir begrüßen und segnen Ihre Initiative zur gegenseitigen Begegnung und Vertiefung des gemeinsamen Glaubens in Jesus Christus. Möge Ihnen hier im Herzen der Christenheit auch das wahre Antlitz seiner Kirche aufleuchten und Sie in Ihren Bemühungen um die volle Einheit aller getrennten Glaubensbrüder bestärken.

Ebenso herzlich begrüßen Wir ferner die sehr zahlreichen Pilgergruppen der Erzdiözese Bamberg, der Kölner und Paderborner Kirchenzeitung sowie der Familienzeitschrift »Leben und Erziehen«. Die Unterstützung der katholischen Presse ist gerade in der heutigen Zeit ein vordringliches und wirksames Apostolat zur Verkündigung des Glaubens und für christliche Orientierungshilfen in Familie und Gesellschaft.

Als Unterpfand reicher pfingstlicher Gnaden erteilen Wir allen hier anwesenden Pilgern und denen, die Uns über Radio hören, von Herzen Unseren Apostolischen Segen.

Al pellegrinaggio di San Juan de Puerto Rico

Un saludo especial queremos reservar al numeroso grupo aquí presente de peregrinos de Puerto Rico, presidido por el Señor Cardenal Luis Aponte Martínez y por su Obispo Auxiliar, Monseñor Juan de Dios López.

Sabemos, amados hijos, que estáis cumpliendo una peregrinación a Roma y a Tierra Santa.

Al contacto con estos lugares, que os hablarán de los orígenes de nuestra fe, reflexionad acerca de vuestra vocación cristiana, robusteced el sentido cristiano de la vida, afianzando la responsabilidad de vivir de veras esa fe, haciéndoos siempre instrumentos de paz y concordia, a la vez que promotores de justicia y caridad verdaderas en vuestro propio ambiente.

Junto con estas palabras, recibid también nuestra Bendición, que se alarga a todos vuestros seres queridos.


Mercoledì, 8 giugno 1977

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Noi seguiamo il filo dei pensieri derivati dalla celebrazione del grande mistero della Pentecoste. Noi dicevamo ch’esso è la continuazione del Vangelo; è l’eredità di Cristo nel mondo. Diciamo meglio, esso consiste nell’effusione dello Spirito Santo, Dio Amore vivificante, la terza Persona della Santissima Trinità, negli uomini, che diventano così ospiti, in senso passivo, dell’ospite divino, che li santifica e li unisce. Con «la comunicazione dello Spirito Santo» (Cfr.
2Co 13,13) si realizza l’animazione della Chiesa, che acquista così la sua unità vera e soprannaturale «nella ricerca, come c’insegna San Paolo, di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace» (Ep 4,3). E aggiunge: «un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo; un solo Dio Padre di tutti . . .» (Ibid. Ep 4,4-6). Questa conseguenza della presenza di Dio nei credenti, nei fedeli, nell’umanità santificata dalla grazia e organizzata in un corpo sociale, che si chiama la Chiesa, questa unità misteriosa e reale segna il vertice dei desideri di Cristo a riguardo della sua opera di Fratello di tutti gli uomini (Cfr. Mt 23,8), di Maestro universale (Ibid. Mt 23,8), di Salvatore (Cfr. Lc 2,11 Jn 4,42 1Tm 4,10 etc.), come Egli afferma nella sua riassuntiva, testamentaria preghiera, nella notte, prima della Passione, e quattro volte lo esclama: «che tutti siano una cosa sola» (Jn 17,11 Jn 17,20 Jn 17,21 Jn 17,22).

Non che questa mistica unità, che attinge il suo modello dall’unità stessa divina, che intercede fra il Padre ed il Figlio, escluda le diverse articolazioni e le diverse funzioni che distinguono gli uomini componenti il Corpo di Cristo, ch’è l’unica Chiesa; la dottrina apostolica, la quale spiega che, come organi distinti d’uno stesso Corpo «Egli medesimo (Cristo Signore) ha costituito alcuni Apostoli, altri poi Profeti, altri Evangelisti, altri Pastori e Dottori: per il perfezionamento dei Santi in opera di ministero, all’edificazione del corpo di Cristo . . .» (Ep 4,12 1Co 12,4 ss.).

Ma l’unità soprattutto; tanto che Gesù stesso ammette come possibile l’esclusione dalla comunione fraterna di colui che dopo ripetuti richiami se ne fosse dimostrato refrattario (Mt 18,15-17).

Ora questa riflessione sopra l’unità voluta da Cristo per chi da Lui attinge la sua fede, la sua ragion d’essere, deve illuminare la nostra professione religiosa; non possiamo avere rapporto con Dio, ancora Egli ci avverte, se non siamo in pacifico rapporto col fratello (Ibid. 5, 23-24). È questo uno dei principii dinamici dell’ecumenismo moderno. È questa una delle esigenze del nostro studio per la pace nel mondo. È questo uno dei precetti più chiari del vangelo: l’esclusione della vendetta personale e dell’odio tribale e fraterno: «rimetti, diciamo a Dio Padre nella preghiera fondamentale che Cristo stesso ci ha insegnata: rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Non sono sulle vie del Signore coloro che provocano fratture, o discordie, nella compagine armonica ed unitaria del corpo mistico di Cristo; ricordiamo sempre l’esortazione dell’Apostolo: «Vi esorto, fratelli, per il nome del Signor nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni (schismata, scismi) tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di intenti» (1Co 1,10).

Al suono autorevole di questa lezione noi dovremmo riesaminare il favore che ha assunto nel nostro linguaggio e nel nostro costume la parola «pluralismo», e ciò in omaggio ad un concetto filosoficamente inesatto della libertà, considerata come arbitrio autonomo, avulso dalla norma che la deve nobilitare e dirigere, e cioè la verità (Jn 8,32), e non come personale elezione ed adesione a ciò che la mente giudica buono e vero.

E questa considerazione fuggitiva ci riconduce sul sentiero donde siamo partiti, all’unità che nasce in noi come invito e conseguenza dello Spirito e che rischiara a noi le vie della salute presente e della salvezza eterna.

Ripetiamo con la Chiesa l’invocazione stupenda allo Spirito Santo: O Luce beatissima, riempi le profondità interiori dei tuoi fedeli!

Voto nostro, con la Benedizione Apostolica.



Ai nuovi Ufficiali del Corpo degli Agenti di custodia

Un saluto paterno rivolgiamo ora al gruppo di nuovi Ufficiali del Corpo degli Agenti di custodia, che partecipano a questa Udienza insieme con alcuni Magistrati del Ministero di Grazia e Giustizia.

Voi state per intraprendere un lavoro di indubbia responsabilità. Il vostro compito, tanto delicato e difficile, non può ridursi a freddo e impersonale adempimento di un dovere, ma chiede di trasformarsi in partecipazione umana alle vicende di propri simili, particolarmente esposti, per l’esperienza che stanno vivendo, alle suggestioni della ribellione, della violenza, della disperazione. La vostra professione suppone, pertanto, singolari doti di intuizione, di dedizione, di saggezza. Dovrete saper congiungere con la fermezza necessaria, che è riconoscimento delle superiori esigenze della giustizia, un generoso atteggiamento di comprensione, di rispetto, di fiducia, che potrà rivelarsi decisivo per il ricupero umano di chi sta scontando la pena irrogatagli dalla società. La parola di Cristo, che volle identificarsi con ogni carcerato (Cfr. Mt 25,36), potrà suggerirvi l’angolatura giusta da cui porvi per conservare in ogni momento quel maturo equilibrio e quella serena cordialità che costituiranno per i detenuti lo stimolo più convincente ad impegnarsi nella riscoperta dei valori umani essenziali ad ogni civile convivenza.

Il Signore vi assista col suo aiuto, in pegno del quale vi impartiamo di cuore la Nostra Apostolica Benedizione.

Ad un gruppo di sacerdoti messicani dell’Arcidiocesi di Guadalajara

Saludamos con particular afecto a los sacerdotes mexicanos de la Arquidiócesis de Guadalajara, que han venido a visitarnos al celebrar sus Bodas de Plata sacerdotales.

Os agradecemos, amados hijos, esta visita, en la que descubrimos el deseo de consolidar los sentimientos de fidelidad a Cristo y a la Iglesia, propios de la vocación sacerdotal. Os alentamos a proseguir en ese buen camino. Estad seguros de nuestras plegarias al Señor, para que haga fructificar abundantemente vuestras tareas al servicio de la comunidad cristiana.

A vosotros, a los familiares que os acompafian y a los fieles de vuestras respectivas parroquias impartimos de corazón nuestra Bendición Apostólica.

Ai «borsisti» del XV Corso organizzato dall’IRI

Un particolare saluto rivolgiamo ora ai 110 «borsisti» di vari continenti, che in questi giorni concludono il XV Corso di perfezionamento per quadri tecnici e direttivi di Paesi in via di industrializzazione. Essi hanno voluto terminare la loro esperienza italiana venendo qui da noi accompagnati dall’insigne Professore Giuseppe Petrilli, Presidente dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale, che ha promosso e organizzato il Corso medesimo.

Figli carissimi, come non ringraziarvi per questa vostra visita tanto gradita? Voi ritornerete presto ai vostri Paesi di America Latina, di Africa, di Asia e di Europa, ricchi di una nuova sapienza e capacità tecnica, che metterete a disposizione dei vostri connazionali. Voi certo sapete quanto ci sta a cuore «il progresso dei popoli», che, per essere tale, deve coinvolgere l’uomo a tutti i suoi livelli, da quello materiale allo spirituale. Ebbene, quando sarete ai vostri nuovi posti di lavoro e di responsabilità, ricordate che il Papa è con voi in nome di Cristo, se voi davvero, e non c’è da dubitarne, spenderete generosamente le vostre migliori energie a servizio delle vostre rispettive Nazioni. Essere cristiani, infatti, significa anche sempre salvare e promuovere quanto di meglio e di nobile c’è tra le possibilità umane.

Questo cordiale augurio vogliamo confermare con la nostra paterna Benedizione Apostolica, che volentieri estendiamo ai vostri Cari e a tutti i vostri amici.


Mercoledì, 15 giugno 1977

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Avete Voi pure, Figli carissimi, celebrato, la scorsa domenica, la festa del «Corpus Domini»? Ossia la solennità liturgica dell’Eucaristia, la quale riassume, in un certo modo, l’itinerario religioso che ci ha condotti all’unione, anzi alla Comunione con Cristo? Ebbene, avete certamente tutti compreso che noi siamo, sì, arrivati ad un punto-vertice del nostro cammino verso il suo termine; siamo arrivati a Lui, alla sua nascosta, ma reale presenza, ma sempre nella sfera del tempo che passa e che non muta, ma anzi afferma la sua fugacità, e che ci trascina verso l’avvenire, verso la nostra morte corporale, verso l’oceano misterioso dell’altra vita. L’Eucaristia, sia come sacrificio memoriale della Passione di Gesù per la nostra redenzione, sia come sacramento della sua mensa divina, non è per noi l’ultimo incontro, ma rimane pegno e promessa d’una vita futura, nella pienezza del godimento della nostra incorporazione al Cristo glorioso. Questo indica che l’incontro eucaristico può e deve ripetersi. Gesù si è voluto raffigurare sotto le apparenze di pane, quasi per stimolarci a desiderarlo, a riceverlo ancora, a fare di Lui un alimento di cui dobbiamo sentire desiderio e gaudio nel rinnovare la comunione ch’Egli ci concede d’avere con Lui. Questa a noi pare una conclusione del momento eucaristico: sublime e consueto; straordinario e ordinario, vincolante cioè a vivere in un’atmosfera veramente soprannaturale, anche se la nostra esistenza rimane ora terrena, consueta, mortale. Una parola di S. Agostino, una volta di più, sembra bene riassumere questo dualismo, umano-divino della vita cristiana alimentata dall’Eucaristia: «sic vive, ut quotidie possis sumere»; così vivi, che tu possa ogni giorno cibarti dell’Eucaristia (Cfr. S. AUGUSTINI Cath. ad Par. de Euch. Sacr., 60). Questa spiritualità, sorvegliata e eccitata dalla prossimità e dalla facilità dell’incontro eucaristico, può essere sorgente d’un’autenticità cristiana da costituire programma per un vero fedele.

Una seconda conseguenza dell’introduzione dell’Eucaristia nel nostro stile di vita riguarda i rapporti sociali, la concordia e la bontà con le persone che entrano nella nostra convivenza. Gesù ci insegna che non possiamo compiere degnamente un atto religioso se non siamo riconciliati con il nostro fratello (
Mt 5,23). Come il mondo sarebbe mutato, se questa disciplina dispositiva all’Eucaristia avesse applicazione! Ma del resto essa già lo ha in tante anime evangeliche e generose, che vivono in un continuo esercizio di carità, di dono di sé, di silenzioso sacrificio, proprio in funzione del momento della santa comunione, che arde come lampada nella loro cella interiore!

Questa relazione fra la celebrazione eucaristica e la dignità, la purità, l’innocenza dell’anima cristiana, è la prima e perenne raccomandazione, fatta dall’Apostolo Paolo, che possiamo qualificare come il primo evangelista dell’Eucaristia, nella celebre narrazione della «sinassi» liturgica alle origini del cristianesimo. Vale la pena di rileggere il testo benedetto. Scrive infatti l’Apostolo nella prima lettera ai Corinti: «Io infatti ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane, e dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo : “questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finché Egli venga». E poi le gravissime parole: «Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane e beve il calice del Signore sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno pertanto esamini se stesso, e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Co 11 1Co 23-29).

Con quale sincera coscienza, con quale trepidante umiltà, con quale umile fiducia deve dunque muoversi il nostro passo verso Gesù Cristo nell’Eucaristia!

Questo ripetiamo tutti a noi stessi, affinché il grande Sacramento sia davvero per noi il viatico felicissimo per la vita eterna!

Con la nostra Apostolica Benedizione.



Alle «Familiari di sacerdoti»

Riserviamo un saluto a parte per il gruppo delle circa 200 «Familiari di Sacerdoti» aderenti al Movimento Spirituale «La casa sul monte», che celebra il XXV anniversario della sua istituzione da parte di Padre Giuseppe Zanoni. Esse sono qui presenti, accompagnate dagli Assistenti Ecclesiastici e dalle loro Dirigenti, in rappresentanza delle circa 1.000 aderenti al Movimento, che è diffuso sia nell’Arcidiocesi di Milano sia nelle Diocesi di Como e di Lugano.

Figlie carissime, vi ringraziamo cordialmente per essere venute qui a ricevere conferma e stimolo per un lavoro, della cui preziosità rendiamo pubblica testimonianza. Voi proseguite l’umile e nobile ministero di quelle donne, che, secondo la notizia di San Luca, seguivano Gesù e i Dodici e «li servivano» con generosità (Cfr. Lc 8,3). La vostra è una forma molto lodevole di dedizione alla Chiesa, che diventa ancor più encomiabile per quante di voi, mamme o sorelle di Sacerdoti, continuano in una totale disponibilità alla chiamata divina del proprio congiunto. Che il Signore vi rimuneri largamente per la vostra attività, nascosta come quella di Maria a Nazaret, ma di grande sostegno per i Ministri di Dio e per il loro impegno pastorale: secondo la promessa di Gesù, avrete la loro stessa ricompensa (Cfr. Mt 10 Mt 40-42).

La nostra paterna Benedizione Apostolica vuole non solo sancire la validità del vostro Movimento, ma soprattutto auspicare per tutte voi la costante assistenza di quel Dio, che è il premio gioioso dei suoi fedeli servitori.

Ad una «Delegazione Buddhista di amicizia col cristianesimo»

To the distinguished group of Buddhist leaders from Japan we bid a warm welcome. The Second Vatican Council declared that the Catholic Church looks with sincere respect on your way of life, which often reflects a ray of that Truth which enlightens all men, and the Council singled out for special mention your aknowledgment of the radical insufficiency of this shifting world (Nostra Aetate, NAE 2). On this occasion we are happy to recall the words of Saint John: “The world, with all it craves for, is coming to an end; but anyone who does the will of God remains for ever” (1Jn 2,17).

Ai Maori neozelandesi

With great pleasure we greet the members of the Maori pilgrimage from New Zealand. New Zealand is distant from Rome, but near to our heart, and the Maori people occupy a special place in our affections. We recall with joy our Maori visitors: the distinguished representatives of your people, the Holy Year pilgrims, the young, the sick. We send our blessing to all! God bless the Maori people! God bless all New Zealand!


Mercoledì, 22 giugno 1977

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Un pensiero ci domina, qui, accanto alla tomba del primo Apostolo, di colui al quale il Signore disse con spirituale solennità le celebri, incancellabili parole: «Tu sei Pietro; e su questa pietra Io fonderò la mia Chiesa» (
Mt 16,18); ed è il pensiero della Chiesa.

Noi faremo bene a lasciare che questo pensiero ci domini. Esso contiene molti segreti; segreti che ci riguardano. Il segreto innanzitutto dei nostri veri, irrinunciabili, inesauribili rapporti con Dio. Il mistero subito attrae ed abbaglia il nostro sguardo. Possiamo noi prescindere da questa necessità, dalla cui soluzione tutto dipende? La nostra intelligenza del mondo, del tempo, del nostro destino. Si può ignorare, negare la religione, ma la sua realtà, la sua esigenza rimane, s’impone; essa è la chiave per comprendere qualche cosa del significato dell’universo; essa è la luce, che illumina come sole il mondo, la storia, il bene ed il male, lo spirito umano, la vita, la nostra vita. Ogni cosa, al lume della religione, acquista un senso, anche se questo si sprofonda oltre la nostra comprensione, e lascia intravedere profondità, che accrescono il senso universale del mistero; ma non è più mistero di oscurità, ma mistero aperto al pensiero, al gaudio della conoscenza, alla scoperta d’inesauribili tesori della scienza. Cominciamo a fissare nel nostro animo questa convinzione: la religione è luce.

Poi il pensiero, quasi da sé, acquista le ali, e vola sulla storia, sull’umanità, sul mondo e sulle sue vicende. E da questo sguardo panoramico un disegno si profila preciso: è una via lunga e sconnessa, ma che conserva una sua direzione, registrata in un libro di due volumi, la Bibbia con i suoi due testamenti: è il grande, drammatico poema della rivelazione, che si concentra su Cristo. Il mistero si rivela in nuovo grado di realtà. Non avremo mai terminato la nostra lettura, il nostro studio, la nostra meditazione su la Parola che si fa Uomo, il Verbo che si fa carne, e prima di scomparire dalla breve scena della sua storia prodigiosa due cose ci lascia: la Chiesa e lo Spirito, che diventano l’anima d’una storia bivalente, la storia dell’umanità, riunita in assemblea, in Chiesa, in società umana, non più suddivisa da luoghi e da tempi, ma una, unica, ed universale, un corpo solo composto da tutti gli uomini che hanno la fortuna di parteciparvi, la Chiesa, riunita, dicevamo, ed aggiungiamo, animata; animata sì, dallo Spirito Santo, Dio-Amore, e vivificante il Corpo della Chiesa, ch’è il Corpo mistico di Cristo; il «Christus totus», come diceva S. Agostino, e che siamo noi, in via di questa con vivificazione con Cristo che durerà non solo oltre la nostra morte corporale,ma poi per sempre.

E il pensiero si riflette sopra se stesso, e si fa coscienza. La domanda ci interroga interiormente, fino a farci tremare. E noi, noi, siamo davvero cristiani? quali rapporti di fede e di grazia ci uniscono a questa benedetta e fatidica Chiesa di Dio? siamo davvero cristiani? siamo cattolici? di nome o nella realtà della nostra vita? è davvero la Chiesa la nostra Madre, la nostra Maestra? è davvero la nostra nave per il grande tragitto sul mare tempestoso del mondo presente, la nostra fiducia?

Fratelli, sia questo un momento decisivo per la nostra vita. Rinnoviamo qui, sulla tomba di Pietro, il nostro impegno umile, forte, fedele: sì, noi saremo fedeli! la sua Chiesa sarà la nostra sapienza, la nostra concordia, la nostra palestra di carità. Quanto gaudio per tutta la nostra vita!

E così sia, con la nostra Benedizione Apostolica.



Ad un gruppo di sacerdoti bresciani

Rivolgiamo un particolare benvenuto anche al gruppo di Sacerdoti Bresciani, che hanno voluto celebrare il ventesimo anniversario della loro ordinazione sacerdotale con un pio pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli e con questo atto di devozione verso il Vicario di Cristo.

Vi esprimiamo, figli carissimi, il nostro sincero ringraziamento per questa vostra visita e per il delicato sentimento di affetto, di cui essa è testimonianza. Al tempo stesso vi diciamo tutto il nostro apprezzamento per il lavoro apostolico, svolto in questi anni a servizio della Chiesa; lavoro tanto più prezioso agli occhi di Dio, quanto meno appariscente agli occhi degli uomini. Vi raccomandiamo infine: resti sempre ben viva nel vostro animo la consapevolezza che «pro Christo legatione fungimur tamquam Deo exhortante per nos» (2Co 5,20). Sia vostro impegno costante quello di conformarvi a Cristo nel pensiero e nell’azione, così che la vostra persona diventi segno trasparente della presenza di Colui, che è la «luce vera, che illumina ogni uomo» (Jn 1,9).

A voi, ai vostri parenti e a tutte le anime affidate alle vostre cure pastorali impartiamo di cuore la nostra Apostolica Benedizione.



Ai partecipanti al terzo Congresso Europeo delle malattie del torace

Ad un gruppo di americani giunti per la canonizzazione di Neumann

We welcome our dear Redemptorist sons and Brothers who from five continents and from twenty-nine countries, have gathered for the canonization of John Neumann.

You have come to honour one of your own: one who, like you, was attracted by the ideals of holiness, and embraced religious life according to the high standards of the Congregation of the Most Holy Redeemer.

Today, Saint John Neumann is an outstanding champion of Christ’s grace. His recognition as such by the Church is an historic hour for the Congregation, and a decisive challenge to its members, to all of whom we send greetings in the Lord.

Like Saint Alphonsus, John Neumann had a keen realization that all holiness and perfection lies in our love for Jesus Christ our God, who is our Redeemer and our supreme good. His own words confirm this. Under the action of the Holy Spirit, he had learned even as child to say: “Jesus, for you I want to live; for you I want to die; I want to be all yours in life; I want to be all yours in death” (NICOLA FERRANTE, S. Giovanni Neumann C.SS.R., Pioniere de1 Vangelo, p. 25).

Yes, dears sons, we wish today solemnly to confirm this conviction: what matters is our love of Jesus Christ. Our contact with the person of Christ must be dynamic in faith and vital in love. We have committed our lives to Jesus and to following him, and our lives are empty without him. Vital contact with Jesus is based on faith, fostered by prayer and the sacraments, exercised in charity. It is the heritage of our Baptism, perfected in Confirmation, and-for some of us-in Holy Orders, and ratified by all of you through religious profession. A deep personal love of Jesus Christ gives meaning to your lives as Redemptorists. It is the soul of your apostolate, the strength of your ministry, the inspiration of your pastoral charity, the refreshment of your hearts, the gauge of your fulfilment, the means of your perseverance, and the measure of your joy. Love of Jesus is the way to the Father. It is the sign of your commitment to the Church, the guarantee of the authenticity of your specifically Christian contribution and service to the world.

In comparison to the love of Jesus, everything else is secondary. And without the love of Jesus, everything else is useless.

May John Neumann’s insights become personal for all of you. Today and for ever may the entire Congregation of the Most Holy Redeemer hold out to all its members this great ideal of Saint John Neumann : “Jesus, I want to be all yours in life . . . all yours in death”.

With our Apostolic Blessing.


Mercoledì, 6 luglio 1977


Paolo VI Catechesi 10677