Paolo VI Catechesi 30117

Mercoledì, 30 novembre 1977

30117
E’ cominciato l’Avvento. Che cosa è l’Avvento? L’Avvento è quel periodo di tempo che nella preghiera ufficiale della Chiesa precede e prepara la celebrazione del Natale. La preghiera della Chiesa segue il corso del tempo, che per noi si svolge non solo seguendo il ciclo cosmico-stagionale dei periodi termo-agrari, ma nella rinnovata memoria della vita temporale di Cristo e dell’opera da Lui compiuta, ch’è la Redenzione, il mistero di Dio nella storia, e che fissa un tale avvenimento nel ritmo solare del tempo da costituire un punto centrale nella successione della storia stessa, cioè nel tempo che passa, «La santa Madre Chiesa, dice il recente Concilio, considera suo dovere celebrare con santa memoria, in giorni determinati nel corso dell’anno, l’opera della salvezza . . .» (Sacrosanctum Concilium
SC 102); così che la prima osservanza della vita religiosa consiste nell’avvertire il rapporto del tempo che passa con questa dominante presenza di Cristo sulle vicende della nostra vita transeunte nel tempo, l’inesorabile successione delle cose e degli avvenimenti in cui la nostra esistenza presente nasce, si afferma e muore.

Primo pensiero perciò della nostra matura coscienza dev’essere questa forma e questa misura di esistenza, in cui ci troviamo, affinché, come disse San Paolo nel suo celebre discorso di Atene, noi avessimo a cercare Iddio, se mai arriviamo a trovarlo andando come a tentoni, benché Egli non sia lontano da ciascuno di noi. In Lui infatti viviamo, ci muoviamo, ed esistiamo (Cfr. Ac 17,27-28). Il senso naturale, fondamentale, primigenio di Dio si deve aprire, in mezzo alle mille esperienze della vita profana, in qualche lampo di chiarezza, che solleva nel nostro spirito il problema fondamentale di Dio. Dio batte alla nostra porta (Ap 3,20). Allora la Chiesa, con la sua sapiente e materna pedagogia, ci parla di Cristo, e nei giorni che noi chiamiamo giorni del Signore, cioè nelle domeniche, ci narra la storia della sua venuta e trasfigura il racconto in celebrazione, perché - ne dovremo riparlare - questa celebrazione liturgica è un momento di presenza: noi a Cristo, e Cristo a noi. Cristo che viene, questa è la veste del suo arrivo storico e figurativo; questo è l’Avvento che in primo luogo noi dobbiamo celebrare. Non è fantasia, è una memoria, è storia. Una storia, rispetto alla nostra temporanea attualità, retrospettiva; una storia che comincia 1977 anni fa (stando al calcolo originario di Cirillo d’Alessandria, che il monaco Dionigi, detto il Piccolo, compose a Roma tra il quinto e il sesto secolo dopo Cristo, compilando la collezione dei Concilii).

Questa necessità di ricorrere ai documenti antichi per avere una notizia cronologica dell’Avvento di Cristo c’insegna che si tratta d’un fatto determinato, storico, come noi diciamo, che riporta alla realtà del tempo, al mistero anzi del tempo scelto da Dio per la venuta nella scena del mondo del suo Figlio divino (Cfr. He 1,2); e ci ricorda il nostro dovere di conoscere la « storia sacra », o per meglio dire la «Sacra Scrittura», la Bibbia (Cfr. Dei Verbum DV 9-10). È il libro della Rivelazione, che con la Tradizione (Ibid. DV 8) costituisce la fonte storico-divina della nostra fede. Essa ha lo sguardo al passato, dal quale si proietta nei secoli quella Parola di Dio, dalla quale trae certezza e ricchezza la nostra religione.

Per celebrare bene l’Avvento noi dobbiamo avere in sommo rispetto questo sapiente atteggiamento: guardare indietro, guardare alla storia, alla «Storia sacra» attraverso la quale è scaturita la luce sul mondo. Rileggiamo il nostro Vito Fornari: «Gesù Cristo così venne al mondo, come arriva a noi una persona di cui abbiamo già udito il suono de’ passi. Il suono della venuta fu prima debole, come suole, e di lontano, e poi forte e vicino; ma incominciato infin dal principio, e poi continuato senza intermissione, e in sull’ultimo così chiaro, che allora tutte le cose parvero voci di annunzio, e il mondo non essere altro se non tutto quanto una preparazione di Cristo» (VITO FORNARI, Vita di Gesù Cristo, L. 1, vol. 1, p. 31).

Facciamo tutti il proposito di completare la nostra cultura profana, di arricchire la nostra formazione religiosa ricercando la Verità che salva nello studio dei Libri scritturali, sotto la lampada del magistero della Chiesa.

Proposito questo che bene ci riapre l’anno liturgico nuovo e conforta i nostri passi per il successivo cammino.

Con la nostra Benedizione Apostolica.



A cinquemila giovani militari

Una speciale parola di saluto vogliamo ora rivolgere all’imponente rappresentanza di militari di diversi Corpi delle Forze Armate Italiane, guidati dal Comandante della Regione, Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Santovito, i quali, insieme con i loro Cappellani, ci onorano stamani della loro visita. Siamo lieti di testimoniarvi innanzitutto la gioia che proviamo per questo incontro ed insieme la nostra gratitudine per il pensiero gentile, che qui vi ha portati. La vostra presenza, la divisa che indossate, le tradizioni gloriose dei Corpi a cui appartenete, ripropongono all’ammirazione di chi vi guarda le virtù morali, che devono distinguere il buon soldato: il senso dell’ordine e della disciplina, che sono i valori su cui riposa ogni serena convivenza sociale; quella generosa disponibilità all’abnegazione e al sacrificio, da cui tante volte ormai è sbocciato nelle vostre file il fiore purpureo dell’eroismo; il sempre vigile apprezzamento del giusto e dell’onesto, che svela e corregge le insidiose tentazioni del ricorso gratuito alla forza: l’amore alla patria, che nobilita il vostro servizio e vi concilia la stima di coloro - e sono la stragrande maggioranza - che vogliono un’Italia libera, democratica, concordemente protesa, pur nel legittimo pluralismo delle opinioni, alla conquista di mète sempre più avanzate di progresso sociale, di solidarietà, di pace. Questo, appunto, è l’ideale che deve costantemente animarvi: essere artefici di pace mediante l’esempio di magnanima dedizione al dovere, di imparziale tutela della legalità, di coraggiosa difesa dei diritti del cittadino, specialmente del più debole ed inerme.

Che Cristo, «principe della pace» (Is 9,5), conforti il vostro impegno con la sua grazia. Glielo chiediamo con la nostra preghiera e con l’Apostolica Benedizione, che volentieri vi impartiamo, intendendo raggiungere con essa anche le vostre famiglie e tutte le persone, che vi sono care.

Ai partecipanti al «Colloquio Internazionale su François Mauriac»

Ai membri della nave britannica «Ark Royal»

We are pleased to extend greetings to a special group from Great Britain: the Commanding Officer and the crew of the ship “Ark Royal”. To each one of you goes our cordial and personal greeting. We hope that here in Rome you will feel at home and that you will find spiritual refreshment and strength to continue your journey: strength and direction also for the journey of life. We ask you to send back our greetings to your families at home. God bless you all!



Mercoledì, 7 dicembre 1977

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Il Natale viene. Se noi cerchiamo di comprenderlo come il punto di contatto del Dio eterno con il flusso ininterrotto del tempo che passa ci riesce più facile, quasi naturale, considerare questo avvenimento nel passato, di cui il Vangelo fa storia, e nell’avvenire, di cui il Vangelo è profezia. Il Natale ci obbliga a pensare al Cristo venuto, c ci induce a pensare al Cristo che verrà. Il nastro della storia porta incisa l’apparizione del Verbo di Dio fatto uomo: noi non avremo mai finito di considerare questo avvenimento: nella sua lenta e secolare preparazione, nella sua breve apparizione, nelle sue conseguenze che ci toccano ancora e fanno della nostra vita temporale un esperimento, una prova, al confronto di quella momentanea presenza di Cristo nei brevi anni della sua vita sulla terra, come nostro modello, nostro tipo di umanità, nostro maestro, nostro salvatore e fondatore della società della salvezza, della comunione esistenziale con Lui, la quale chiamiamo Chiesa. Questo Avvento, che si è verificato in fatti per sé prodigiosi, ma quasi inavvertiti nella scena del tempo, fu tuttavia così importante da costituire il punto focale della storia del mondo; « . . . mysteria clamoris, quae in silentio Dei operata sunt»; furono, scrisse fin dall’inizio del secondo secolo il celebre Ignazio, Vescovo di Antiochia e martire a Roma, furono misteri clamorosi, ma compiuti nel silenzio di Dio (S. IGNATII ANTIOCHENI Ad Ephesios, 19). Il Natale temporale di Cristo fu l’epilogo dell’antico Testamento, ma insieme fu l’inaugurazione del nuovo Testamento, quello in cui ora si svolge la nostra presente esistenza; così che due venute di Cristo ci fa celebrare il Natale, quella di Betlemme, passata, ma folgorante nei secoli che le sono succeduti, fino a noi, fino alla fine del mondo, e quella futura, quando Cristo ritornerà, e sarà in una forma per noi difficile perfino ad immaginare, nella sua gloria per giudicare l’umanità intera, «i vivi ed i morti» cioè quelli che sono viventi della vita di Cristo e quelli che ne sono colpevolmente privi.

Il Natale non ha soltanto lo sguardo rivolto all’indietro, alla nascita di Gesù nel presepio; esso ha lo sguardo anche proiettato nel futuro alla nuova e futura venuta gloriosa di Cristo (Cfr. 2 Thess. ). Questa previsione è piena di mistero, ma piena anche d’ineffabile realtà. «Sta scritto infatti - scrive San Paolo – (
1Co 2,9 ss.): quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste Iddio ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito . . .». E non dobbiamo noi dimenticare questo futuro, escatologico come si definisce, avvento che concluderà per l’eternità il regno di Dio e fisserà per sempre la nostra sorte. Esso pende sopra di noi quasi profetica sanzione alla fine del tempo, dell’accoglienza da noi fatta al primo Natale nel tempo ora a noi concesso. Il senso della vita presente si rischiara alla luce della vita futura. I valori morali della nostra esistenza si impongono a noi all’estremo confronto con l’Avvento del Giudice, che ci fu fratello, maestro, modello, pane perfino di vita nel tempo presente, e che ci insegnò il senso della carità fraterna come titolo per l’ammissione alla società perenne e piena con la vita divina.

Non dunque un Natale profano e mondano sia ora il nostro, ma un momento di convergenza del Natale rievocato dal Vangelo con quello creduto c sperato per l’eternità, il Natale pio, buono, benefico di chi è cristiano.


Ai partecipanti al «VII Corso di Rinnovamento Canonico per Giudici ed Officiali di Tribunali ecclesiastici»

Animo paterno salvere iubemus moderatorem, professores, auditores «septimi cursus renovationis canonicae», qui hoc ipso tempore in Nostra Universitate Gregoriana agitur.

Hoc anno, ut ad Nos est allatum, numerosiores quam antea sunt ii, qui peculiarem hanc scholam frequentant et a variis orbis terrarum partibus Romam, ad centrum Ecclesiae et perennem fontem iuris prudentiae, convenerunt: scilicet, praeterquam ex Europa, ex Asia, Africa, America, Oceania. Quapropter vos, dilecti fìlii, quodammodo universalitatem Ecclesiae hac etiam in re testamini.

Vos, qui, adhoc studium incumbentes, estis maximam partem iudices et tribunalium ministri, grave et utile munus impletis, hac quidem amate, qua, post Concilium Vaticanum Secundum leges canonicae prudenter sunt renovandae, quo aptius Populi Dei bono inserviant. Re quidam vera ius canonicum, proprium corporis viventis, quod est Ecclesia, semper quosdam processus habuit, et aetate nostra, qua omnia celerius feruntur; id auctiore modo fieri videtur. Quibus temporibus nostris - hoc numquam est obliviscendum - luce eiusdem Concilii Vaticani Secundi affulgente, etiam ratio pastoralis, ad ipsum ius canonicum quod attinet, merito est extollenda.

Arguente autem, in quibus versamini, potissimum ad quaestiones; matrimoniales pertinent. Quae quanti momenti sint ad vitam Ecclesiae, non est qui non videat. Omnibus ergo viribus vobis est annitendum, ut iudices ac tribunalium ministri cultoresque iuris canonici sitis sapientes et simul salutis, animarum studiosi, quatenus officium postulat. Hoc Ecclesia a vobis exspectat, ira vos gerendo, revera ad aedificationem Ecclesiae operam confertis egregiam. Hac etiam oblata occasione Episcopis gratum animum significamus, qui huiusmodi studiis iuris canonici exercendis et perficiendis provido consilio favent.

Cunctis ergo vobis, dilecti filii, superna auxilia ad munera secundum haec proposita exsequenda imploramus; quorum pignus set auspex sit Apostolica Benedictio, quam libentissime singulis universis impertimus.

A vari gruppi di lingua inglese

We extend a special welcome to the Christian Brothers assembled in Rome. Following the inspiration of Edmund Ignatius Rice your Congregation has rendered great service to evangelization and human advancement. Over the years, you have brought the life-giving and uplifting message of Christ into the lives of many young people. And in order to continue effectively this great mission, you must be filled ever more with the knowledge and love of Jesus Christ. You are consecrated to him: to his love, to the service of his Church, and to the glory of his Name. In living this consecration to the full, you will find joy and strength, and your work will be truly useful for the Kingdom of God.

With paternal affection we greet the priests who are completing a course of continuing theological education at the North American College. During your stay in Rome, you have been given a special opportunity to pray and to reflect on divine revelation. It is our prayer that you will go back to your people with renewed zeal for the Gospel. Always remember that, as coworkers with your Bishops, you are -in the expression of Saint Paul- “men with the message of truth and the power of God” (2Co 6,7). Proclaim constantly, dear sons, the gift of salvation in Jesus Christ, the Son of God.

It is a particular joy for us to welcome the priests and students of the Venerable English College, together with their Rector, on the occasion of his appointment as Bishop of Arundel and Brighton. Your presence here reflects the unity of the clergy of England with the Bishops and with us. In this fellowship in Christ and in the universal Church you will always find joy and strength for your ministry; in this fellowship you will find an assurance of the authenticity of all your pastoral undertakings. And through you, Bishop-elect Cormac Murphy-O’Connor, we send our blessing to your beloved Diocese. With Saint Paul we say: “Greetings to those who love us in the faith. Grace be with you all” (Tt 3,15).

Ad un pellegrinaggio proveniente da Monaco, promosso dal Circolo Internazionale «Karl Leisner»

Mit benderer Freude grüßen Wir die von Bischof Tenhumberg angeführte Pilgergruppe des Internationalen Karl- Leisner-Kreises. Sie ehren das Andenken eines mutigen Glaubenszeugen unserer Zeit. Geläutert durch Verfolgung und persönliches Leid, angesichts des Todes im Konzentrationslager Dachau zum Priester geweiht, wird Karl Leisner durch sein entschlossenes christliches Lebenszeugnis für immer mehr Priester und Gläubige zum nachahmerswerten Vorbild. Der Anlaß Ihrer jetzigen Rompilgerfahrt ist es sogar, offiziell um die Einleitung seines Seligsprechungsverfahrens zu ersuchen. Wir begleiten Ihre lobenswerte Initiative mit Unseren besten Wünschen und erteilen dazu Ihnen sowie allen Gläubigen der Diözese Münster, der Karl Leisner als Priester angehörte e, von Herzen Unseren Apostolischen Segen.


Mercoledì, 14 dicembre 1977

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La prossima festività del Natale attrae, com’è dovere, la nostra A attenzione. Qual è il significato religioso essenziale di questa festività? Noi l’abbiamo già considerato sotto un duplice aspetto: il primo è l’aspetto commemorativo, storico: noi, cioè la Chiesa intende celebrare la nascita di Gesù Cristo, avvenuta a Betlem, 1977 anni fa; il Natale è un ricordo, d’una importanza straordinaria, che ci riporta a rievocare la storia del mondo e dell’umanità anteriore al fatto commemorato che noi siamo soliti ad ammirare, dopo i secoli dell’attesa e della profezia, nell’ammirabile scena del presepio durante la notte incantevole, che non finiremo mai di meditare, in ogni sua circostanza nella sua relazione con la storia religiosa che l’ha preceduta e che l’ha circondata: l’estrema umiltà della scena evangelica e l’ineffabile canto degli angeli che l’ha esaltata con incomparabile, celeste solennità, rendono l’avvenimento attraente per tutta la storia del mondo, per ogni essere umano, che ha acquistato la fortuna d’avere un Fratello divino. È questo l’aspetto più considerato, che impegna con la memoria abbagliata dal fatto contemplato, anche la fantasia esaltata dalla familiarità pastorale, di cui la scena è inesauribilmente feconda.

Un secondo aspetto vi ha scoperto la Chiesa, derivata dall’Avvento di Cristo nel mondo, ed è l’aspetto profetico, quello che sa e crede essere il Natale nell’umiltà del presepio un primo momento della presenza di Cristo nell’umanità, preludio e promessa d’un’altra e trionfale sua venuta a conclusione della presente vita storica degli uomini sulla terra. Di questo Avvento futuro noi nulla sappiamo, tranne che esso avverrà nella gloria e nella potenza per un giudizio finale della storia del mondo; pensiero questo che deve penetrare le vostre coscienze per renderle più vigilanti e premurose nel compimento del Vangelo, che Cristo ci lasciò, non solo a suo ricordo, ma a suo responsabile comandamento. L’Avvento, dicevamo altra volta, guarda al passato, al Natale che commemoriamo, e guarda al futuro, che contiene il segreto d’una futura venuta di Cristo, la quale deciderà del nostro eterno destino.

Ma questo duplice nostro rapporto con Cristo ne include un altro, al quale il Natale ci invita a pensare, ed è il Natale del presente. Sì, Cristo ci ha lasciati: la sua presenza sensibile e personale non è a noi concessa (lo fu, mediante eccezionali visioni: da ricordare S. Paolo (
Ac 9,7; etc.) ed alcuni Santi per brevi e interiori episodi). Ma abbiamo noi memoria d’una presenza di Cristo nella nostra vita, che costituisce un suo «avvento» continuo tra noi? Ricordiamo fugacemente; quale fu l’appellativo, con cui Isaia profeta dapprima, e poi l’Angelo a Giuseppe nel sogno, qualificò il Messia? L’appellativo è «Emmanuel», che vuol dire «Dio con noi» (Is 7,14 Mt 1,23). Non comporta questo nome una permanenza nel mondo fra noi uomini? e non disse Gesù stesso, all’atto di congedarsi dai suoi discepoli, prima di scomparire nel cielo con la sua Ascensione: «Ecco Io sono con voi ogni giorno fino alla fine del tempo»? (Mt 28,20) E poi, e specialmente, non istituì il Signore il sacramento dell’Eucaristia, nel quale Egli vivo e vero realmente si trova? Non è questo adorabile Sacramento una permanenza di Cristo con noi? Non certo nelle sue sensibili sembianze, ma nella sua sacramentale realtà? Tutti noi, per la nostra felicità e per il nostro conforto sappiamo e crediamo che di Cristo stesso, e non solo a Betlemme, ma in ogni punto del mondo, dove si celebra l’Eucaristia, e per ognuno di noi, orfani della sua sensibile presenza, la vera e reale presenza sacramentale ci è offerta, ed offerta come alimento sacrificale per il nostro presente pellegrinaggio verso la vita eterna. Non è questo un perenne Natale?

Noi dobbiamo ravvivare, e proprio celebrando la grande festività del Natale, la nostra fede nella misteriosa e gioiosa presenza eucaristica fra noi. E poi quanti e quali modi, mistici questi, rendono a noi possibile, a noi consueta la presenza vivificante e fin d’ora beatificante di Cristo fra noi! il suo Vangelo, la sua Chiesa, i suoi Poveri... Ogni giorno può essere Natale per noi!

Con la nostra Benedizione Apostolica.


Al Consiglio Generale delle Pie Madri della Nigrizia

Sono presenti a questa Udienza anche il Consiglio Generale delle Pie Madri della Nigrizia e 50 Suore in rappresentanza di tutta la Congregazione.

Voi siete qui, carissime Figlie, per commemorare il primo centenario della partenza del primo drappello del vostro Istituto, avvenuta il 15 dicembre del 1877, esattamente un secolo fa. Come voi, anche quelle vostre Consorelle, insieme a Monsignor Comboni, vostro Fondatore, furono ricevute prima di partire dal nostro Predecessore Pio IX di v.m., e confortate dalla sua Benedizione, dalla sua preghiera, dai suoi voti. Era l’avventura generosa di chi, spinto dal soffio di Dio, andava non a sottomettere e a conquistare, ma a dare: e cioè a portare a quei popoli il lieto messaggio della verità, e, dono dei doni, l’olocausto della propria vita.

Noi ben volentieri vi rinnoviamo la Benedizione del nostro Predecessore: voi rinnovate quell’eroismo, quella tenacia, quella fiamma. L’Amore difficilmente entra negli schemi e ragionamenti umani, ma li sorpassa e conosce una sola forma per manifestarsi: donare. Perché è più gioioso dare che ricevere (Ac 20,35). L’esempio più luminoso di questa legge ci viene proprio da Cristo, che fra poco contempleremo nel Natale, e che dà all’uomo ogni cosa: vita, grazia, pace, gioia, liberazione dal timore e dal male, e ogni altro bene. La Benedizione Apostolica, che noi volentieri impartiamo a voi e alle vostre Consorelle, vi sia di sostegno, di conforto.

All’«Accademia Sistina»

Salutiamo con particolare compiacimento il gruppo proveniente da Grottammare nelle Marche e facente parte della «Accademia Sistina», di recente istituzione, i cui Membri si propongono di studiare la figura e l’opera del loro illustre conterraneo e nostro Predecessore, il Papa Sisto V di felice memoria.

Diletti figli, apprezziamo sinceramente il vostro intento, che è culturale e religioso nel contempo, e volentieri auguriamo l’incremento e il successo della nuova Associazione. Essa può essere occasione e stimolo non solo di studi approfonditi, ma anche e soprattutto di umano incontro e di un sempre più cosciente e cordiale inserimento sia nella storia che nella vita della santa Chiesa cattolica. La poliedrica statura di Sisto V certo non mancherà di fornirvi svariati e fecondi elementi in tal senso.

Da parte nostra, molto volentieri vi concediamo l’Apostolica Benedizione in auspicio e pegno di abbondanti favori celesti per il fruttuoso perseguimento delle vostre nobili finalità associative.

Al Collegio «Nazareno»

Una cordiale parole di saluto desideriamo ora rivolgere alla rappresentanza di alunni ed ex-alunni del Collegio «Nazareno» di Roma, venuti a farci visita per testimoniarci il loro affetto filiale ed insieme per accompagnare la piccola Elisabetta Allaria, alla quale è stato assegnato l’annuale premio della bontà «Ignazio Salvo», per l’opera prestata a favore di un compagno colpito da grave malattia.

Mentre ci congratuliamo per questa bella testimonianza di solidarietà, vogliamo profittare dell’occasione per richiamare voi, carissimi ragazzi, e con voi tutti i giovani, e non loro soltanto, alla stima per i valori dell’amicizia, della comprensione vicendevole, dell’aiuto generoso e disinteressato. La prossimità del Natale, che offrirà nuovamente alla nostra considerazione il mistero di un Dio fattosi uno di noi per condividere ogni nostra infermità, è circostanza particolarmente indicata per ravvivare nei nostri cuori la consapevolezza dei vincoli di fratellanza, che ci uniscono, e per suggerire propositi concreti di partecipazione alle altrui difficoltà, mediante opportune iniziative di cristiano soccorso.

Accompagniamo la nostra paterna esortazione con l’Apostolica Benedizione, che volentieri estendiamo ai vostri insegnanti e alle vostre rispettive famiglie.


Mercoledì, 21 dicembre 1977

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Siamo al Natale. Accogliete, Figli carissimi, con gli auguri che un pio e gentile costume rende copiosi e cordiali sulle labbra e nel cuore di quanti avvertono essere questa festività specialissima e fonte quasi primaria di alti e nobili sentimenti nella conversazione sociale, un nostro voto particolare, conforme alla nostra missione religiosa, il voto che le ragioni di tali festose espressioni natalizie siano attinte dalla loro autentica e originaria sorgente, e cioè dal fatto, dal mistero, che il Natale commemora e ravviva, cioè dall’Incarnazione del Verbo di Dio. Il Figlio eterno di Dio, consustanziale al Padre, creatore dell’universo, si è fatto Uomo, è diventato come uno di noi, si è posto in somma umiltà, ma in effettiva realtà, al centro della umanità, alla confluenza delle profezie con la storia del mondo, per dare agli uomini un Vangelo, una fede e una salvezza ch’essi non potevano conquistarsi da sé, segnando così il centro del tempo e degli avvenimenti, il punto focale, il senso del cosmo. La nostra attenzione dev’essere somma dinanzi a questo disegno divino, che s’innesta nello svolgimento del divenire terreno ed umano, e che alla fine, dall’abito dell’umiltà e della povertà e del dolore da cui storicamente fu rivestito nei giorni della sua presenza sulla terra, irradierà come un sole che si accende, una sfolgorante maestà.

Sì, attenzione e avidità di conoscere, di avvicinare, di toccare quella divina presenza, che si chiamò Gesù (Cfr.
Mt 1,20-23 He 1,1-4 1Jn 1,1-4); ed eccoci allora condotti al luogo, alla scena della nascita di Gesù, al presepio, che mille e mille artisti e santi e devoti hanno cercato di rappresentare, sull’umile scorta evangelica, seguendo i passi frettolosi dei fortunati pastori, svegliati dagli Angeli; e lieti di trovare, come dice testualmente il Vangelo di S. Luca, «Maria e Giuseppe e il Bambino posto in un presepio» (Lc 2,16). Qui bisogna fare una sosta e contemplare. Contemplare che cosa? il prodigio della maternità di Maria: questa è la fonte!

Occorre raccogliere subito questa rivelazione. La rivelazione del Dio che si è fatto uomo; il mistero dell’Incarnazione: riecheggia nelle nostre menti il versetto fatidico del nostro «Credo»: «Egli per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e si incarnò per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine». Per arrivare a Gesù bisogna prima salutare Maria. Noi dobbiamo accogliere con esultanza e con venerazione questo mistero dell’Incarnazione. Dice il Concilio: «Questo divino mistero di salvezza ci è rivelato ed è continuato nella Chiesa che il Signore ha costituita quale suo Corpo e nella quale i fedeli, che aderiscono a Cristo Capo e sono in comunione con tutti i suoi Santi, devono pure venerare la memoria “innanzi tutto della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo”» (Lumen Gentium LG 52). Maria è la «janua caeli », la porta del cielo; Ella è l’«alma Redemptoris socia» (AAS 66 (1974) 127).

Vi è chi ha cercato di accusare la Chiesa cattolica d’aver dato a Maria un’importanza eccessiva alla sua missione e al suo culto, non badando alla irriverenza così inferta al mistero dell’Incarnazione, e all’abbandono così ammesso dall’economia storica e teologica di questo fondamentale mistero. Il culto, che la Chiesa tributa a Maria, non pregiudica la totalità e l’esclusività dell’adorazione, che solo a Dio e a Cristo in quanto Figlio consustanziale col Padre è dovuta, ma piuttosto ad essa ci guida e ce ne garantisce l’accesso, perché tale culto risale la via che Cristo ha percorso in discesa per farsi uomo.

Noi abbiamo già esposto alcune considerazioni nella nostra Esortazione Apostolica, dal titolo «Marialis Cultus» (PAULI PP. VI Marialis Cultus: AAS 66 (1974) 113 ss.); e vorremmo che la vostra devozione alla Madonna e la vostra premura di accostarvi degnamente al Natale vi ricercassero pensieri e sentimenti precisamente per predisporre gli animi a celebrare il mistero del Natale con il gaudio di Maria nel cuore. Con la nostra Benedizione Apostolica (Cfr. HENRI DE LUBAC, Méditution sur l’Eglise, le chapirre «L’Eglise et la Vierge Marie», p. 241 ss.).


Al «Gruppo Servizio Anziani»

Guardiamo con particolare sentimento di letizia al «Gruppo Servizio Anziani», che, nell’ambito dell’Opera Diocesana di Assistenza di Roma, si dedica a favore appunto degli anziani, che vediamo qui in cospicuo numero, guidati dal Vescovo Ausiliare, Monsignor Plinio Pascoli. A questi va anzitutto il nostro specialissimo saluto. A voi, figli carissimi, che avete maturato le esperienze, molteplici e varie, della vita, va l’invito a ringraziare Dio per gli anni che vi ha concesso; a voi, altresì, il nostro incoraggiamento a mantenere intatta la fiducia nell’avvenire vostro personale come della società, di cui siete parte preziosa; a voi il nostro augurio, che vi rivolgiamo nell’imminenza del Natale, festività tanto cara che ci fa volgere occhi, cuore ed anima al santo Bambino della grotta di Betlemme. Sorretti dalla fede, date a quanti vi sono intorno il frutto della vostra saggezza, per sentirvi ed essere realmente anche voi artefici di un mondo migliore.

Ai responsabili, poi, del Gruppo ed a quanti altri collaborano, in questa nostra diocesi di Roma, per aiutare da vicino i fratelli più avanti negli anni, esprimiamo il nostro ringraziamento, avvalorato dalla Benedizione Apostolica.

Al «Centro San Domenico Savio» di Arese

Abbiamo un saluto tutto particolare per il numeroso gruppo A di ragazzi appartenenti al «Centro San Domenico Savio» di Arese (Milano).

Carissimi, forse sapete che noi conosciamo bene la vostra Casa, essendo stati più volte ad Arese, e abbiamo potuto incontrare i giovani colà ospitati, partecipando da vicino ai loro problemi e alle loro storie personali. Di una cosa dovete essere sicuri: il Papa vi vuole bene, prega per voi e augura cordialmente a tutti nel nome del Signore una buona maturazione umana e un’ottima riuscita nel vostro futuro.

Siamo lieti di confermare questi voti con la nostra paterna Benedizione Apostolica, che volentieri concediamo a voi, ai vostri Cari e ai vostri benemeriti educatori Salesiani.


Mercoledì, 28 dicembre 1977

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Il Natale è una festa che rimane. Noi diciamo questo in ordine all’influsso che questa celebrazione liturgica deve esercitare sui nostri animi, solcando in essi non soltanto un ricordo grato e distinto nella vicenda fuggente del tempo, com’è d’ogni avvenimento inserito nel corso della nostra vita e reso memorabile per circostanze singolari che hanno inciso una rimembranza nel nostro spirito. Il Natale come una sorgente ancor viva di pensiero e di stimolo pedagogico, morale e religioso, rimane e deve rimanere come un giorno che non tramonta, ma che effonde la sua luce anche sul tempo successivo alla data cronologica sua propria.

Il Natale deve essere ripensato. Così lo è stato per i pastori, che furono i primi testimoni dell’avvenuta nascita di Gesù, convocati dall’angelo a rendersi conto del fatto. Andarono essi a Betlemme, trovarono Gesù con Maria e Giuseppe, e al ritorno «riferirono ciò che del Bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono – osserva il Vangelo di S. Luca - si stupirono delle cose che i pastori dicevano» (
Lc 2,18). Così, possiamo noi dire, comincia il Vangelo a fare notizia, a diffondersi discretamente e segretamente, e a contribuire alla formazione di quella coscienza popolare messianica, che farà accoglienza alla predicazione di Giovanni Battista, il Precursore, e poi a quella di Cristo stesso.

Ma un’altra, e ripetuta circostanza ci esorta a ripensare il fatto del Natale, rievocato dalla festa liturgica, per scoprirvi il senso, il significato trascendente, ch’esso e nasconde e manifesta. Il Natale ha un suo contenuto segreto che è lasciato scoprire solo a chi lo ricerca. Pensiamo alla Madonna stessa, all’estasi della sua anima limpidissima, e già ben consapevole del mistero della sua divina maternità (Cfr. Lc 1,28 ss.), e tutta assorta nella meditazione di quanto avveniva in lei ed intorno a lei. Dice il Vangelo, ancora di S. Luca, a conclusione della narrazione circa la notte dell’evento natalizio: «Maria da parte sua serbava tutte queste cose meditandole in Cuor suo» (Lc 2,19). Questa attitudine di raccoglimento, di riflessione, di meditazione della Madonna ci è riportata anche in un altro passo evangelico, ch’è come una conclusione della relazione evangelica sulla prima età, fino ai dodici anni, del fanciullo Gesù: «sua Madre - conclude S. Luca - serbava tutte queste cose nel suo cuore» (Ibid. 2, 51). Così ci è proposto il primo esempio di vita contemplativa nella storia evangelica; e l’esempio è incantevole e magistrale. La presenza di Cristo nel mondo, sì, è una luce che lo illumina, ma non senza il diaframma del mistero; un mistero che reclama da ciascuno di noi un’attenzione, un’esplorazione. La rivelazione non è un fatto sensibile ed esteriore soltanto: è una rivelazione rivestita dall’involucro della parabola (Cfr. Mt 13,13). Vede chi vuol vedere, vede chi guarda, vede chi vuol penetrare nel senso, nel fine della rivelazione. La quale è nel suo contenuto divino senza confine, e giustifica così lo sforzo contemplativo dei fedeli, ai quali il divino Maestro dirà: «beati i vostri occhi perché vedono, e i vostri orecchi perché sentono» (Mt 13,16).

Perciò se noi vogliamo che il Natale abbia un’incidenza positiva ed efficace non lo dobbiamo classificare fra i momenti transeunti della nostra vita spirituale, ma deve restare! Innanzi tutto come un avvenimento determinante della nostra coscienza religiosa: il Verbo di Dio si è fatto uomo! questo è un fatto che deve sostenere come vero cardine il nostro modo di pensare e di vivere. Non è poi cosa secondaria, discutibile, volubile l’essere cristiani; non è un’ideologia soggettiva e conformabile a correnti facoltative della mentalità storica o ambientale. È la verità felicemente obbligante, trasfigurante e vivificante. «La verità vi farà liberi» (Jn 8,32). Il presepio, sì, ci mette in ginocchio davanti al mistero dell’Incarnazione, mistero d’infinita umiltà, ma mistero di gloria infinita per Cristo, di salvezza per noi (Cfr. Ph 2,1-11).

E poi come scuola: l’esempio del presepio non esaurisce i suoi insegnamenti in una lezione passeggera di arcadica meraviglia e di poesia pastorale: esso è uno specchio della vita concepita secondo il Vangelo, nella quale non sono spente le energie dell’operare, né i valori dell’attività umana, ma sono piuttosto, energie e valori, impegnati per uno sforzo totale dell’umile amore.

Procuriamo pertanto di ripensare il Natale come un punto di partenza, una linea che vuol essere traiettoria per il cammino d’un’autentica vita cristiana.

Con la nostra Benedizione Apostolica.



Ai responsabili diocesani dell’Unione Apostolica del Clero

Vivo conforto ci offre oggi la presenza dei Responsabili diocesani dell’Unione Apostolica del Clero in Italia, convenuti a Roma per la loro Assemblea Nazionale. Ad essi, cui è demandato, tra gli altri, il compito di studiare in questi giorni l’adeguamento delle attività dell’Associazione alle esigenze attuali del Clero italiano, va il nostro incoraggiamento per l’opera, che essi svolgono, nelle singole diocesi, a favore dei confratelli.

Perseverate, figli carissimi, nella provvidenziale opera! Tenete sempre viva, anche mediante le forme associative dell’Unione Apostolica, la convinzione che, per rendere efficace la loro azione pastorale nel mondo, i presbiteri devono vivere in pienezza la personale loro vocazione alla santità, in unione con i loro rispettivi Vescovi.

Benedicendo voi, intendiamo benedire di cuore tutti i sacerdoti italiani, a noi particolarmente cari.

Ai partecipanti ad un Convegno romano, organizzato dal Centro Nazionale Vocazioni

E’ presente all’udienza il folto numero di «animatori vocazionali di tutte le categorie» e di «animatori dei gruppi ecclesiali», i quali sotto la guida del Vescovo di Parma, Monsignor Amilcare Pasini, partecipano al convegno nazionale dedicato al tema: «Impegno apostolico e Vocazione».

Nel riaffermare la vostra piena e gioiosa disponibilità alla chiamata del Signore, carissimi figli, voi dimostrate di essere consapevoli della dignità di membri viventi di Cristo, Capo del Corpo Mistico, e del dovere che ne deriva, sia di annunciare al mondo le realtà soprannaturali con le quali siete in diretto contatto, procurando così lo sviluppo della Chiesa; sia di individuare, di favorire e di coltivare nelle famiglie, nella gioventù e specie nell’adolescenza, lieta e promettente, i germi di quella vocazione a cui Dio tutti destina, ciascuno secondo i propri talenti, ma soprattutto quella che prepara alla consacrazione totale e perfetta a Cristo e alle anime.

Accingendovi a proseguire con rinnovato fervore tale azione di apostolato, oggi più che mai difficile ma necessaria, vi esortiamo a guardare intrepidi gli scopi della vostra missione di araldi di Dio, nulla trascurando di fatiche, rinunce e afflizioni affinché il suo nome sia glorificato da tutti.

Vi accompagna nella vostra missione la nostra paterna Benedizione, che di cuore impartiamo a voi, ai vostri maestri, alle vostre rispettive famiglie.

Alle Suore della Piccola Compagnia di Maria

Ed ora rivolgiamo un particolare saluto alle Suore della Piccola Compagnia di Maria, che celebrano il centenario della loro fondazione, qui presenti insieme con alcuni medici ed infermiere della loro Casa di Cura a Roma.

La ricorrenza centenaria della vostra Congregazione sia per voi occasione propizia non soltanto per ringraziare Iddio dei favori ricevuti, ma altresì per trarre nuovo motivo e sprone a una sempre più intensa vita religiosa e ad un operoso servizio delle anime nel campo dell’apostolato che vi è proprio: l’assistenza agli ammalati, con particolare sollecitudine verso i più bisognosi.



La missione che siete chiamate a svolgere nella Chiesa e nella società è quanto mai importante: sia essa sempre compiuta da voi con la profondità di vita interiore, con la dedizione e con la generosità di intenti che ispirarono la vostra Fondatrice.

Con la nostra Benedizione Apostolica.

Agli Iscritti all’Associazione Mariana

E’ oggi presente in mezzo a noi un folto gruppo di iscritti all’Associazione Mariana, i quali, a conclusione del centenario della morte di Santa Caterina Labouré, proprio nel ricordo di quest’anima tanto privilegiata, si sono riuniti a convegno per confermare i loro propositi di integrale professione cristiana.

Molto volentieri, figli e figlie carissimi, e voi Religiosi e Religiose che li accompagnate, vi rivolgiamo un particolare saluto che vuole essere di compiacenza e di incoraggiamento nel lodevole impegno di mantenervi sempre fedeli al fervido spirito mariano che contraddistingue l’antico e benemerito Sodalizio, al quale appartenete. L’evento mirabile, di cui fu destinataria la Santa nella Cappella di Rue de Bac a Parigi, sia per voi uno stimolo costante ad irradiare nel vostro ambiente familiare e comunitario l’amore che portate all’immacolata Vergine Maria, Madre di Gesù e Madre nostra.

Noi pensiamo che il periodo natalizio, che avete scelto per incontrarvi, sia una coincidenza quanto mai opportuna per ribadire i vostri propositi: meditando i misteri dell’Infanzia dalla culla di Betlemme alla casa di Nazareth, voi trovate insieme riuniti la Madre ed il Figlio, e potete così contemplare Maria che vi addita Gesù. Sia sempre questa indicazione a sostenere la vostra pietà, la vostra fede, la vostra vita: sì - noi vi ripetiamo - ad Iesum per Mariam!

Con la nostra Apostolica Benedizione.

Ad un gruppo di studenti esteri

Un affettuoso saluto desideriamo rivolgere al gruppo degli studenti esteri, seguiti con tante premure dall’«Ufficio Centrale Studenti Esteri in Italia» (UCSEI).

Desideriamo esprimervi, figli carissimi, anzitutto il nostro sincero compiacimento per la vostra presenza, ed altresì l’augurio più cordiale che il vostro soggiorno in Italia sia sereno ed accogliente, ma soprattutto, fruttuoso ai fini della vostra preparazione spirituale, culturale e professionale. I Paesi, nei quali ritornerete arricchiti di varie esperienze, vi attendono, hanno bisogno delle vostre giovanili energie, del vostro generoso entusiasmo, del vostro efficace contributo alla loro crescita e promozione umana. Che possiate essere, nel senso più completo del termine, i costruttori dell’avvenire delle vostre Nazioni.

Con questi voti, invochiamo su voi tutti e sulle persone che vi sono care la grazia di Dio Onnipotente, e vi impartiamo una speciale Benedizione Apostolica.

Alla Corale Polifonica «Claudio Monteverdi»

Tra i gruppi che partecipano a questo incontro spirituale, desideriamo salutare con una speciale parola i componenti della Corale Polifonica «Claudio Monteverdi» di Castelfiorentino, che hanno voluto venire a manifestarci i sentimenti del loro animo devoto verso la nostra persona.

Vi esprimiamo la nostra sincera riconoscenza per questo gesto gentile e vi esortiamo a coltivare sempre alti sentimenti umani e cristiani. L’arte musicale, della quale siete abili interpreti, deve essere per ciascuno di voi un valido aiuto nello sforzo di elevazione verso Colui che è l’armonia perfetta, perché è la perfezione assoluta, il Padre celeste.

Vi impartiamo di cuore la nostra Benedizione, che volentieri estendiamo alle numerose persone di Castelfiorentino che hanno voluto accompagnarvi e a tutti i vostri cari.





Paolo VI Catechesi 30117