Direttorio Vescovi 2004 63

II. La potestà episcopale


63 Il Vescovo centro di unità della Chiesa particolare. Alla cura pastorale del Vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio, è affidata la diocesi che presiede con la sacra potestà, quale maestro di dottrina, sacerdote del culto e ministro del governo (144).

Il Vescovo diocesano (145), nell’esercitare la sacra potestà abbia sempre dinanzi a sé l’esempio di Cristo e assuma l’autentico spirito di servizio evangelico, nei confronti della porzione del Popolo di Dio che gli è stata affidata (146).

Nello svolgimento della sua missione, il Vescovo diocesano tenga costantemente presente che la comunità che presiede è una comunità di fede, che necessita di essere alimentata dalla Parola di Dio; una comunità di grazia, che viene continuamente edificata dal sacrificio eucaristico e dalla celebrazione degli altri sacramenti, attraverso i quali il popolo sacerdotale eleva a Dio il sacrificio della Chiesa e la sua lode. Una comunità di carità, spirituale e materiale, che sgorga dalla fonte dell’Eucaristia. Una comunità di apostolato, nella quale tutti i figli di Dio sono chiamati a diffondere le insondabili ricchezze di Cristo, manifestate in modo individuale o associati in gruppo.

La diversità delle vocazioni e dei ministeri che struttura la Chiesa particolare chiede al Vescovo di esercitare il ministero della comunità non isolatamente, ma insieme ai suoi collaboratori, presbiteri e diaconi, con l’apporto dei membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, che arricchiscono la Chiesa particolare con la fecondità dei carismi e la testimonianza della santità, della carità, della fraternità e della missione.

Il Vescovo avrà la viva coscienza di essere nella diocesi il fondamento ed il visibile principio di unità della Chiesa particolare. Egli deve promuovere e tutelare continuamente la comunione ecclesiale nel presbiterio diocesano, in modo che il suo esempio di dedizione, di accoglienza, di bontà, di giustizia e di comunione effettiva ed affettiva con il Papa ed i confratelli nell’Episcopato, unisca sempre più i presbiteri tra loro e con lui e nessun presbitero si senta escluso dalla paternità, dalla fraternità e dall’amicizia del Vescovo. Questo spirito di comunione del Vescovo, incoraggerà i presbiteri nella sollecitudine pastorale per condurre alla comunione con Cristo e nell’unità della Chiesa particolare il popolo che è affidato alle loro cure pastorali.

Verso i fedeli laici, il Vescovo si farà promotore di comunione inserendoli nell’unità della Chiesa particolare, secondo la vocazione e la missione loro propria, riconoscendone la giusta autonomia, ascoltandone il consiglio e valutandone con ogni sollecitudine le legittime richieste in ordine ai beni spirituali di cui necessitano (147). Accoglierà le aggregazioni laicali nella pastorale organica della diocesi, nel rispetto sempre dell’identità propria di ciascuna, valutandone i criteri di ecclesialità indicati dalla Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici (148), in modo che i membri delle associazioni, dei movimenti e dei gruppi ecclesiali uniti tra loro e con il Vescovo, collaborino con il presbiterio e con le istanze della diocesi all’avvento del regno di Dio nella società dove sono chiamati a immettere la novità del Vangelo e orientarla secondo Dio.


64 La potestà episcopale. L’origine divina, la comunione e la missione ecclesiale caratterizzano la potestà episcopale rispetto a quella esercitata in ogni altra società umana. Essa ha un’indole e un fine pastorale per promuovere l’unità della fede, dei sacramenti e della disciplina ecclesiale, nonché per ordinare adeguatamente la stessa Chiesa particolare, secondo le proprie finalità. Per compiere la sua missione il Vescovo diocesano esercita, in nome di Cristo, una potestà che, in quanto al diritto è annessa all’ufficio conferito con la missione canonica. Tale potestà è propria, ordinaria ed immediata, quantunque il suo esercizio sia regolato in definitiva dalla suprema autorità della Chiesa e quindi dal Romano Pontefice possa essere circoscritta entro certi limiti per il bene della Chiesa o dei fedeli (149). In virtù di questa potestà, i Vescovi hanno il sacro diritto, e davanti a Dio il dovere, di legiferare sui propri fedeli, di emettere giudizi e di regolare tutto quanto riguardi l’organizzazione del culto e dell’apostolato (150). Da qui la distinzione tra le funzioni legislativa, giudiziale ed esecutiva della stessa potestà episcopale (151).


65 Indole pastorale della potestà episcopale. Le funzioni di insegnare, santificare e governare sono intimamente congiunte e tutto il ministero del Vescovo è diretto, sull’esempio del Buon Pastore, al servizio di Dio e dei fratelli (152).

Per compiere la sua missione, il Vescovo si serva dell’insegnamento, del consiglio e della persuasione, ma anche dell’autorità e della sacra potestà quando lo richieda l’edificazione dei fedeli (153). Infatti, pure il corretto uso degli strumenti giuridici è in se stesso un’attività pastorale, giacché le leggi canoniche nella società ecclesiale sono al servizio di un ordine giusto dove l’amore, la grazia e i carismi possono svilupparsi armoniosamente (154).

Nel trattare i problemi e nel prendere le decisioni, la salvezza delle anime è legge suprema e canone inderogabile (155). Coerente quindi con questo principio, il Vescovo eserciti la sua autorità in modo che i fedeli della sua diocesi l’accettino come aiuto paterno e non già come giogo oppressivo: egli offra al suo gregge una guida dinamica e al tempo stesso discreta, che non impone pesi non necessari e insopportabili (cf. Mt
Mt 23,4) ma esige soltanto ciò che Cristo e la sua Chiesa prescrivono, e ciò che è veramente necessario o molto utile alla salvaguardia dei vincoli della carità e della comunione.

Come giudice prudente, il Vescovo giudicherà secondo quella sapiente equità canonica che è intrinseca a tutto l’ordinamento della Chiesa, avendo davanti agli occhi la persona, che in ogni circostanza va aiutata a raggiungere il suo bene soprannaturale, e il bene comune della Chiesa, per cui con animo misericordioso e benigno, ma anche fermo, sarà sempre al di sopra degli interessi personali e, alieno da ogni precipitazione o spirito di parte, attenderà di ascoltare gli interessatiprima di giudicarne i comportamenti.


66 Dimensione ministeriale della potestà episcopale. Il Vescovo nell’esercitare la potestà episcopale ricordi che essa è principalmente un ministero, infatti, “questo incarico che il Signore affidò ai pastori del suo popolo è un vero servizio, che la Sacra Scrittura chiama a ragionediaconia, cioè ministero (cf. At Ac 1,17 At Ac 1,25 Ac 21,19 Rm Rm 11,13 1Tm 1,12)” (156).

Il Vescovo consapevole che, oltre ad essere padre e capo della Chiesa particolare, è anche fratello in Cristo e fedele cristiano, non si comporti come se fosse al di sopra della legge, bensì si attenga alla stessa regola di giustizia che impone agli altri (157). In forza della dimensione diaconale del suo ufficio, il Vescovo eviti le maniere autoritarie nell’esercizio della sua potestà e sia pronto ad ascoltare i fedeli e a cercarne la collaborazione e il consiglio, attraverso i canali e gli organi stabiliti dalla disciplina canonica.

C’è infatti una reciprocità, come una circolarità, tra il Vescovo e tutti i fedeli. Questi, in virtù del loro battesimo sono responsabili dell’edificazione del Corpo di Cristo, quindi del bene della Chiesa particolare (158), per cui il Vescovo, cogliendo le istanze che sorgono dalla porzione del Popolo di Dio che gli è affidata, in modo autoritativo propone ciò che coopera alla realizzazione della vocazione di ciascuno (159).

Il Vescovo riconosca ed accetti la diversità multiforme dei fedeli, con le diverse vocazioni e carismi, e per questo sia attento a non imporre una forzata uniformità ed eviti inutili costrizioni o autoritarismi; il che non esclude – ma anzi presuppone – l’esercizio dell’autorità, unito al consiglio e all’esortazione, affinché le funzioni e le attività di ciascuno siano rispettate dagli altri e rettamente ordinate al bene comune.


67 Criteri dell’esercizio della funzione legislativa. Nell’esercizio della funzione legislativa, il Vescovo diocesano terrà presenti alcuni principi basilari:

a) Il carattere personale: la potestà legislativa nell’ambito diocesano appartiene esclusivamente al Vescovo diocesano. Tale grave responsabilità non impedisce, anzi comporta, che il Vescovo ascolti il consiglio e ricerchi la collaborazione degli organi e dei consigli diocesani prima di emanare norme o direttive generali per la diocesi. Il Sinodo diocesano è lo strumento per eccellenza per prestare aiuto al Vescovo nel determinare l’ordinamento canonico della Chiesa diocesana (160).

b) Autonomia: come conseguenza della natura stessa della Chiesa particolare, il significato della potestà legislativa non si esaurisce nella determinazione o applicazione locale delle norme emanate dalla Santa Sede o dalla Conferenza Episcopale, quando esse siano norme giuridicamente vincolanti, ma si estende anche alla regolazione di qualunque materia pastorale di ambito diocesano che non sia riservata alla suprema o ad altra autorità ecclesiastica (161). Cionondimeno, la potestà legislativa sia sempre esercitata con discrezione, in modo che le norme rispondano sempre a una reale necessità pastorale.

c) Soggezione al diritto superiore: il Pastore diocesano sa bene che la sua potestà è soggetta alla suprema autorità della Chiesa e alle norme del Diritto Canonico. Per questo, nel disporre quanto convenga al bene della diocesi, deve sempre assicurare la necessaria armonia tra le disposizioni e gli orientamenti pastorali locali e la disciplina canonica universale e particolare determinata dalla Conferenza Episcopale o dal Concilio Particolare (162).

d) Cura nel redigere le leggi: Il Vescovo avrà cura che i testi legislativi e i testi canonici siano redatti con precisione e rigore tecnico-giuridico evitando le contraddizioni, le ripetizioni inutili o la moltiplicazione di disposizioni su una stessa materia; porrà anche attenzione alla necessaria chiarezza affinché sia evidente la natura obbligatoria o orientativa delle norme e si conosca con certezza quali condotte vengono prescritte o proibite. A questo fine si avvarrà della competenza di specialisti in Diritto Canonico, che non dovranno mai mancare nella Chiesa particolare. Inoltre, per regolare come conviene un aspetto della vita diocesana, è condizione previa la precisa informazione sulla situazione della diocesi e le condizioni dei fedeli, giacché tale contesto ha un’influenza non indifferente nel modo di pensare e di agire dei cristiani.


68 Criteri dell’esercizio della funzione giudiziale. Nell’ esercitare la funzione giudiziale, il Vescovo potrà avvalersi dei seguenti criteri generali:

a) Purché ciò non comporti pregiudizio della giustizia, il Vescovo deve fare in modo che i fedelirisolvano in maniera pacifica le loro controversie e si riconcilino quanto prima, anche se il processo canonico fosse già iniziato, evitando così le permanenti animosità alle quali le cause giudiziarie sogliono dar luogo (163).

b) Il Vescovo osservi e faccia osservare le norme di procedura stabilite per l’esercizio della potestà giudiziale, poiché sa bene che tali regole, lungi dall’essere un ostacolo meramente formale, sono un mezzo necessario per la verifica dei fatti e il conseguimento della giustizia (164).

c) Se ha notizia di comportamenti che nuocciano gravemente al bene comune ecclesiale, il Vescovo deve investigare con discrezione, da solo o per mezzo di un delegato, sui fatti e la responsabilità del loro autore (165). Quando reputi di aver raccolto prove sufficienti dei fatti che hanno dato origine allo scandalo, proceda a riprendere o ammonire formalmente l’interessato (166). Ma ove ciò non bastasse per riparare lo scandalo, ristabilire la giustizia e conseguire l’emendazione della persona, il Vescovo dia inizio al procedimento per l’imposizione di pene, cosa che potrà fare in due modi (167):

– mediante un regolare processo penale, nel caso in cui, per la gravità della pena, la legge canonica lo esiga o il Vescovo lo ritenga più prudente (168);

– mediante un decreto extragiudiziale, conforme al procedimento stabilito nella legge canonica (169).

d) Il Vescovo, conscio del fatto che il tribunale della diocesi esercita la sua stessa potestà giudiziaria, vigilerà affinché l’operato del suo tribunale si svolga secondo i principi dell’amministrazione della giustizia nella Chiesa. In particolare, tenuto conto della singolare importanza e rilevanza pastorale delle sentenze riguardanti la validità o nullità del matrimonio, dedicherà una particolare cura a tale settore, in sintonia con le indicazioni della Santa Sede, e all’occorrenza attuerà tutti i provvedimenti necessari per far si che cessino eventuali abusi, specialmente quelli che implichino il tentativo di introdurre una mentalità divorzista nella Chiesa. Eserciterà la sua parte di responsabilità anche nei riguardi dei tribunali costituiti per varie diocesi.


69 Criteri di esercizio della funzione esecutiva. Nell’esercizio della funzione esecutiva, il Vescovo terrà presenti i seguenti criteri:

a) Verso i propri fedeli, può porre gli atti amministrativi anche se si trova fuori dal proprio territorio, o vi si trovino i fedeli stessi, a meno che non consti altro dalla natura della cosa o dalle disposizioni del diritto (170).

b) Verso i forestieri, può porre gli atti amministrativi se si trovano nel territorio di sua competenza, qualora si tratti di concessioni di favori o di eseguire leggi, universali o particolari, che provvedono all’ordine pubblico, determinano formalità degli atti, o riguardano immobili situati nel territorio (171).

c) La potestà esecutiva, non solo quando è ordinaria, ma anche quando è delegata per un insieme di casi, deve essere interpretata in senso largo. Quando è delegata per singoli casi, deve essere interpretata in senso stretto (172).

d) Al delegato si intendono concesse quelle facoltà senza le quali la stessa funzione non può essere esercitata (173).

e) Quando più soggetti sono competenti a compiere un atto, il fatto che ci si rivolga ad uno di essi non sospende la potestà degli altri, sia essa ordinaria o delegata (174).

f) Quando un fedele deferisce il caso ad un’autorità superiore, l’inferiore non si deve intromettere nella questione, se non per una causa grave ed urgente. In tal caso egli deve avvertire immediatamente il superiore, per evitare che vi siano contraddizioni nelle decisioni (175).

g) Quando si tratta di adottare provvedimenti straordinari di governo, in casi singolari, il Vescovo, prima di ogni altra cosa, cerchi le informazioni e le prove necessarie e, soprattutto nel limite del possibile si premuri di ascoltare gli interessati alla questione (176). A meno che non si frapponga causa gravissima, la decisione del Vescovo dovrà essere redatta per scritto e consegnata all’interessato. Nell’atto, senza ledere la buona fama delle persone, dovranno risultare con precisione i motivi, sia per giustificare la decisione, sia per evitare ogni apparenza di arbitrarietà ed eventualmente, per permettere all’interessato di ricorrere contro la decisione (177).

h) Nei casi delle nomine ad tempus, scaduto il termine stabilito, sia per la certezza delle persone che per quella giuridica, il Vescovo deve provvedere con la massima sollecitudine o rinnovando formalmente la nomina del titolare allo stesso ufficio, o prorogandola per un periodo più breve di quello previsto, o comunicando la cessazione dall’ufficio e nominando il titolare ad un nuovo incarico.

i) Il rapido disbrigo delle questioni è norma di ordinata amministrazione e anche di giustizia verso i fedeli (178). Quando la legge prescrive che il Vescovo prenda provvedimenti in una determinata questione o se l’interessato presenta legittimamente un’istanza o un ricorso, il decreto deve essere emesso entro tre mesi (179).

l) Nell’uso delle sue ampie facoltà di dispensa dalle leggi ecclesiastiche, il Vescovo favorisca sempre il bene dei fedeli e dell’intera comunità ecclesiale, senza ombra di arbitrii o favoritismi (180).


III. Il Vescovo Ausiliare, il Coadiutore e l’Amministratore Apostolico


70 Il Vescovo Ausiliare. Il Vescovo Ausiliare, che è dato per raggiungere più efficacemente il bene delle anime in una diocesi troppo estesa o con un elevato numero di abitanti o per altri motivi di apostolato, è il principale collaboratore del Vescovo diocesano nel governo della diocesi. Per questo egli consideri il Vescovo Ausiliare come fratello e lo renda partecipe dei suoi progetti pastorali, dei provvedimenti e di tutte le iniziative diocesane, affinché nel reciproco scambio di opinioni procedano in unità di intenti e in armonia di impegno. A sua volta il Vescovo Ausiliare, consapevole della sua funzione in seno alla diocesi, agirà sempre in piena obbedienza al Vescovo diocesano, rispettandone l’autorità.


71 Criteri per la richiesta del Vescovo Ausiliare.

a) Il Vescovo diocesano, che intende avvalersi di un Vescovo Ausiliare, deve presentare motivata domanda alla Santa Sede quando lo richieda la reale necessità della diocesi. La richiesta non deve essere dettata da semplici ragioni di onore e di prestigio.

b) Quando sia possibile provvedere adeguatamente ai bisogni della diocesi con la nomina di Vicari Generali o episcopali senza carattere vescovile, il Vescovo diocesano ricorra ad essi, anziché chiedere la nomina del Vescovo Ausiliare.

c) Nella domanda per la concessione di un Vescovo Ausiliare, il Vescovo diocesano deve presentare una descrizione dettagliata degli uffici e dei compiti che egli intende affidare all’Ausiliare, anche quando si tratta di sostituire un Vescovo Ausiliare trasferito o dimissionario, assumendosi in prima persona l’impegno a valorizzare opportunamente il suo servizio episcopale per il bene dell’intera diocesi. Il Vescovo diocesano non deve affidare al Vescovo Ausiliare la cura d’anime in una parrocchia e incarichi solo marginali o occasionali.

d) Il Vescovo Ausiliare, di norma, sarà costituito Vicario Generale, o almeno Vicario Episcopale, in modo che dipenda soltanto dall’autorità del Vescovo diocesano, il quale affiderà preferibilmente a lui la trattazione di questioni, che a norma del diritto, richiedano un mandato speciale (181).

In circostanze particolarmente gravi, anche di carattere personale, la Santa Sede può nominare un Vescovo Ausiliare munito di facoltà speciali (182).


72 Il Vescovo Coadiutore. Quando le circostanze lo ritengano opportuno, la Santa Sede può nominare un Vescovo Coadiutore (183). Il Vescovo diocesano lo accoglierà volentieri e con spirito di fede e promuoverà un’effettiva comunione in forza della comune corresponsabilità episcopale instaurando autentici rapporti che con il Coadiutore devono essere ancora più intensi e fraterni, per il bene della diocesi.

Il Vescovo diocesano terrà costantemente presente che il Vescovo Coadiutore ha il diritto di successione (184) e quindi attuerà le proprie iniziative in pieno accordo con lui, in modo che resti facilmente aperta la via al futuro esercizio del ministero pastorale del proprio Coadiutore. Il Vescovo diocesano dimostrerà lo stesso accordo anche con l’Ausiliare munito di facoltà speciali (185).


73 L’Amministratore Apostolico “Sede plena”. In circostanze particolari la Santa Sede può straordinariamente disporre che ad una diocesi che ha il proprio Vescovo sia preposto un Amministratore Apostolico. In tal caso il Vescovo diocesano collabora, per quanto gli compete, al pieno, libero e sereno espletamento del mandato dell’Amministratore Apostolico.


74 Rinuncia all’ufficio. Oltre che osservare quanto è previsto dal Codice di Diritto Canonico per il compimento del 75° anno di età, il Vescovo, quando per il venir meno delle forze o per una grande difficoltà di adattarsi alle nuove situazioni o per altro motivo diventi meno atto a compiere il proprio ufficio, voglia affrettarsi a presentare la rinuncia allo scopo di promuovere il bene delle anime e della Chiesa particolare (186).

IV. Il Presbiterio


75 Il Vescovo e i sacerdoti della diocesi. Nell’esercizio della cura delle anime la principale responsabilità spetta ai presbiteri diocesani che, in forza dell’incardinazione o della dedizione ad una Chiesa particolare, sono consacrati interamente al suo servizio per pascere una medesima porzione del gregge del Signore. I presbiteri diocesani, infatti, sono i principali ed insostituibili collaboratori dell’ordine episcopale, insigniti dell’unico ed identico sacerdozio ministeriale di cui il Vescovo possiede la pienezza. Il Vescovo e i presbiteri sono costituiti ministri della missione apostolica; il Vescovo li associa alla sua sollecitudine e responsabilità, in modo che coltivino sempre il senso della diocesi, fomentando, allo stesso tempo, il senso universalistico della Chiesa (187).

Come Gesù manifestò il suo amore verso gli Apostoli, così anche il Vescovo, padre della famiglia presbiterale, per mezzo del quale il Signore Gesù Cristo Supremo Pontefice è presente fra i credenti, sa che è suo dovere rivolgere il suo amore e la sua sollecitudine particolare verso i sacerdoti e i candidati al sacro ministero (188).

Guidato da una carità sincera e indefettibile, il Vescovo si preoccupi di aiutare in tutti i modi i suoi sacerdoti, perché apprezzino la sublime vocazione sacerdotale, la vivano con serenità, la diffondano intorno a sé con gioia e svolgano fedelmente i loro compiti e la difendano con decisione (189).


76 Il Vescovo, padre, fratello e amico dei sacerdoti diocesani. I rapporti tra il Vescovo e il presbiterio debbono essere ispirati e alimentati dalla carità e da una visione di fede, in modo che gli stessi vincoli giuridici, derivanti dalla costituzione divina della Chiesa, appaiano come la naturale conseguenza della comunione spirituale di ciascuno con Dio (cf. Gv Jn 13,35). In questo modo sarà anche più fruttuoso il lavoro apostolico dei sacerdoti, giacché l’unione di volontà e di intenti con il Vescovo approfondisce l’unione con Cristo, che continua il suo ministero di capo invisibile della Chiesa per mezzo della Gerarchia visibile (190).

Nell’esercizio del suo ministero, il Vescovo si comporti con i suoi sacerdoti non tanto come un mero governante con i propri sudditi, ma piuttosto come un padre e un amico (191). Si impegni totalmente nel favorire un clima di affetto e di fiducia in modo che i suoi presbiteri rispondano con un’obbedienza convinta, gradita e sicura (192). L’esercizio dell’obbedienza viene reso più soave, e non già indebolito, se il Vescovo, per quanto è possibile e salve sempre la giustizia e la carità, manifesta agli interessati i motivi delle sue disposizioni. Abbia uguali premure ed attenzioni verso ciascun presbitero, perché tutti i sacerdoti, benché dotati di attitudini e capacità diverse, sono ugualmente ministri al servizio del Signore e membri del medesimo presbiterio.

Il Vescovo favorisca lo spirito di iniziativa dei suoi sacerdoti, evitando che l’obbedienza venga intesa in maniera passiva e irresponsabile. Si adoperi affinché ciascuno dia il meglio di sé e si doni con generosità, mettendo in gioco le proprie capacità al servizio di Dio e della Chiesa, con la maturità di figli di Dio (193).


77 Conoscenza personale dei sacerdoti. Il Vescovo consideri suo sacrosanto dovere conoscere i presbiteri diocesani, nel carattere e nelle attitudini e aspirazioni, il loro livello di vita spirituale, lo zelo e gli ideali, lo stato di salute e le condizioni economiche, le loro famiglie e tutto ciò che li riguardi. E li conosca non soltanto in gruppo (come per esempio avviene negli incontri con il clero di tutta la diocesi o di una vicaria) e in seno agli organismi pastorali, ma anche individualmente e, per quanto possibile, nel luogo di lavoro. A questo scopo è diretta la visita pastorale, durante la quale dev’essere dato tutto il tempo necessario agli incontri personali, più che alle questioni di carattere amministrativo o burocratico, che possono essere adempiute anche da un chierico delegato dal Vescovo (194).

Con animo paterno e con semplice familiarità faciliti il dialogo trattando quanto è nel loro interesse, degli incarichi ad essi affidati, dei problemi relativi alla vita diocesana. A questo scopo il Vescovo faciliterà la mutua conoscenza tra le diverse generazioni di sacerdoti, inculcando nei giovani il rispetto e la venerazione per i sacerdoti anziani e negli anziani l’accompagnamento e il sostegno per i sacerdoti giovani, cosicché tutto il presbiterio si senta unito al Vescovo, davvero corresponsabile della Chiesa particolare.

Egli nutra e manifesti pubblicamente la propria stima per i presbiteri, dimostrando fiducia e lodandoli se lo meritano; rispetti e faccia rispettare i loro diritti e li difenda da critiche infondate (195); dirima prontamente le controversie, per evitare che inquietudini prolungate possano offuscare la fraterna carità e danneggiare il ministero pastorale.


78 Ordinamento delle attività. L’attività dei presbiteri deve essere ordinata guardando prima di tutto al bene delle anime e alle necessità della diocesi, senza trascurare anche le diverse attitudini e legittime inclinazioni di ciascuno, nel rispetto della dignità umana e sacerdotale. Tale prudenza nel governare si manifesta tra l’altro:

– Nella provvista degli uffici, il Vescovo agirà con la massima prudenza, per evitare il pur minimo sospetto di arbitrio, favoritismo o pressione indebita. A tal fine, solleciti sempre il parere di persone prudenti, ed accerti l’idoneità dei candidati anche mediante un esame (196).

– Nel conferimento degli incarichi, il Vescovo giudichi con equità la capacità di ciascuno e non sovraccarichi nessuno di impegni che, per numero o importanza, potrebbero superare le possibilità dei singoli e anche danneggiarne la vita interiore (197). Non è bene collocare in un ministero troppo impegnativo i presbiteri subito appena terminata la formazione in seminario, bensí gradualmente e dopo un’opportuna preparazione ed una appropriata esperienza pastorale, affidandoli a Parroci idonei, affinché nei primi anni di sacerdozio possano ulteriormente sviluppare e rafforzare sapientemente la propria identità.

– Il Vescovo non trascuri di rammentare ai presbiteri che tutto ciò che compiono per mandato del Vescovo, anche ove non comporti la cura diretta delle anime, può a ragione chiamarsi ministero pastorale ed è rivestito di dignità, di merito soprannaturale ed efficacia per il bene dei fedeli. Anche i presbiteri che, con il consenso dell’autorità competente, svolgono funzioni sovradiocesane o lavorano in organismi a livello nazionale (come, per esempio, i superiori o i professori dei seminari interdiocesani o delle facoltà ecclesiastiche e gli officiali della Conferenza Episcopale), collaborano con i Vescovi con una valida attività pastorale che merita una speciale attenzione da parte della Chiesa (198).

Procuri, infine, che i sacerdoti si dedichino completamente a quanto è proprio del loro ministero (199), poiché sono molte le necessità della Chiesa (cf. Mt
Mt 9,37-38).


79 Rapporti dei presbiteri fra loro. Tutti i presbiteri, in quanto partecipi dell’unico sacerdozio di Cristo e chiamati a cooperare alla medesima opera, sono fra loro uniti da particolari vincoli di fraternità (200).

È dunque opportuno che il Vescovo favorisca, per quanto possibile, la vita in comune dei presbiteri, che risponde alla forma collegiale del ministero sacramentale (201) e riprende la tradizione della vita apostolica per una maggiore fecondità del ministero; i ministri si sentiranno così sostenuti nel loro impegno sacerdotale e nel generoso esercizio del ministero: questo aspetto ha una speciale applicazione nel caso di coloro i quali sono impegnati in una stessa attività pastorale (202).

Il Vescovo promuova altresì le relazioni fra tutti i presbiteri, tanto secolari che religiosi o appartenenti alle Società di vita apostolica, poiché tutti appartengono all’unico ordine sacerdotale ed esercitano il proprio ministero per il bene della Chiesa particolare. Ciò si potrà ottenere mediante incontri periodici a livello di vicaria o di raggruppamenti analoghi di parrocchie in cui sia divisa la diocesi, per motivo di studio, di preghiera e di gioiosa condivisione (203). Un mezzo che si è dimostrato idoneo a favorire gli incontri sacerdotali è la cosiddetta “casa del clero”.

Il Vescovo appoggi ed apprezzi quelle associazioni di presbiteri eventualmente esistenti in diocesi che, sulla base di statuti riconosciuti dalla competente autorità ecclesiastica, per mezzo di un programma idoneo di vita e di aiuto fraterno, sostengono la santificazione del clero nell’esercizio del ministero e rafforzano i vincoli che legano il sacerdote al Vescovo e alla Chiesa particolare della quale fanno parte (204).


80 Attenzione ai bisogni umani dei presbiteri. I presbiteri non debbono mancare di quanto si addice ad un tenore di vita decoroso e degno e i fedeli della diocesi debbono essere consapevoli che ad essi spetta il dovere di venire incontro a tale necessità.

In primo luogo sotto questo aspetto il Vescovo deve occuparsi della loro rimunerazione, che deve essere adeguata alla loro condizione, “considerando tanto la natura dell’ufficio da essi svolto come le circostanze di luogo e di tempo”, ma sempre assicurando anche che possano provvedere alle proprie necessità e alla giusta rimunerazione di chi presta loro servizio (205). In questo modo non si vedranno costretti a cercare un sostegno supplementare esercitando attività estranee al loro ministero, cosa che può offuscare il significato della propria scelta e una riduzione dell’attività pastorale e spirituale. Occorre altresì fare in modo che possano usufruire dell’assistenza sociale, “mediante la quale si provvede adeguatamente alle loro necessità in caso di malattia, invalidità o vecchiaia” (206). Questa giusta esigenza dei chierici potrà essere soddisfatta anche tramite istituzioni interdiocesane, nazionali (207) e internazionali.

Il Vescovo vigili sulla correttezza nel vestire dei presbiteri, anche religiosi, secondo la legge universale della Chiesa e le norme della Conferenza Episcopale (208), in modo che risulti sempre palese la loro condizione sacerdotale e siano anche nell’abito testimoni viventi delle realtà soprannaturali che sono chiamati a comunicare agli uomini.(209)

Il Vescovo sarà di esempio portando fedelmente e con dignità la veste talare (filettata o semplicemente nera), o, in certe circostanze, almeno il clergyman con colletto romano.

Con animo paterno il Vescovo vigili con discrezione sulla dignità dell’alloggio e l’assistenza domestica, aiutando ad evitare anche l’apparenza di trascuratezza, o di stranezza, o di negligenza nel tenore di vita personale, cosa che arrecherebbe danno alla salute spirituale dei presbiteri. Non tralasci di esortarli ad utilizzare il tempo libero per sani svaghi e letture culturalmente formative, facendo un uso moderato e prudente dei mezzi di comunicazione sociale e degli spettacoli. Favorisca inoltre che ogni anno possano godere di un sufficiente periodo di vacanze(210).


81 Attenzione verso i sacerdoti in difficoltà. Il Vescovo, anche mediante il vicario di zona, cerchi di prevenire e rimediare alle difficoltà di ordine umano e spirituale in cui possono imbattersi i presbiteri. Venga amorevolmente in soccorso di chi può trovarsi in una situazione difficile, dei malati, degli anziani, dei poveri, affinché tutti sentano la gioia della loro vocazione e la gratitudine verso i propri pastori. Quando si ammalano, il Vescovo li conforti con una sua visita o almeno con un suo scritto o una telefonata e si assicuri che siano ben assistiti sia in senso materiale che spirituale; quando muoiono ne celebri le esequie personalmente, se possibile, o per mezzo di un suo rappresentante.

Occorre poi fare attenzione ad alcuni casi specifici:

a) È necessario prevenire la solitudine e l’isolamento dei sacerdoti, soprattutto se sono giovani ed esercitano il ministero in località piccole e poco popolate. Per risolvere eventuali difficoltà, converrà procurare l’aiuto di un sacerdote zelante ed esperto e favorire frequenti contatti con i confratelli nel sacerdozio (211), anche mediante possibili modalità di vita in comune.

b) Occorre fare attenzione al pericolo dell’abitudine e della stanchezza che gli anni di lavoro o le difficoltà inerenti al ministero possono provocare. Secondo le possibilità della diocesi, il Vescovo studi, caso per caso, il modo di recupero spirituale, intellettuale e fisico, che aiuti a riprendere il ministero con rinnovata energia. Tra tali forme, in qualche caso eccezionale si può considerare anche il periodo detto “sabbatico” (212).

c) Il Vescovo si prodighi con paterno affetto verso quei sacerdoti che per affaticamento o per infermità si trovano in una situazione di debolezza o stanchezza morale, destinandoli ad attività che risultino più invitanti e facili da compiere nel loro stato, facendo in modo di evitare l’isolamento in cui possono trovarsi e infine assistendoli con comprensione e pazienza perché si sentano umanamente utili e scoprano l’efficacia soprannaturale — per l’unione con la Croce di nostro Signore — della loro presente condizione (213).

d) Dal Vescovo siano trattati con animo paterno anche i presbiteri che abbandonano il servizio divino (214), sforzandosi di ottenere la loro conversione interiore e facendo sì che rimuovano la causa che li ha condotti al distacco, perché possano così tornare alla vita sacerdotale, o almeno regolarizzino la loro situazione nella Chiesa (215). A norma dello stesso rescritto di dimissione dallo stato clericale, li terrà lontani da quelle attività che presuppongono un incarico assegnato dalla gerarchia (216), evitando così scandalo tra i fedeli e confusione in diocesi.

e) Di fronte a comportamenti scandalosi, il Vescovo intervenga con carità ma con fermezza e decisione: sia con ammonizioni o rimproveri sia procedendo alla rimozione o al trasferimento ad altro ufficio in cui non esistano le circostanze che favoriscano quei comportamenti (217). Se tali misure risultassero inutili o insufficienti, di fronte alla gravità della condotta e alla contumacia del chierico, imponga la pena di sospensione secondo il diritto o, nei casi estremi previsti dalla norma canonica, dia inizio al processo penale per la dimissione dello stato clericale (218).


82 Attenzione circa il celibato sacerdotale. Affinché i sacerdoti mantengano castamente il loro impegno con Dio e con la Chiesa, è necessario che il Vescovo abbia a cuore che il celibato sia presentato nella sua piena ricchezza biblica, teologica e spirituale (219). Si adoperi per suscitare in tutti una profonda vita spirituale, che colmi il loro cuore di amore per Cristo e attragga l’aiuto divino. Il Vescovo rafforzi i vincoli di fraternità e di amicizia tra i sacerdoti, e non manchi di mostrare il senso positivo che la solitudine esteriore può avere per la loro vita interiore e per la loro maturità umana e sacerdotale, e di presentarsi loro come amico fedele e confidente al quale possano aprirsi in cerca di comprensione e di consiglio.

Il Vescovo è consapevole degli ostacoli reali che, oggi più di ieri, si oppongono al celibato sacerdotale. Dovrà perciò esortare i presbiteri all’esercizio di una prudenza soprannaturale ed umana, insegnando che un comportamento riservato e discreto nel trattare con le donne è conforme alla loro consacrazione celibataria e che una male interpretata naturalezza in questi rapporti può degenerare in attaccamento sentimentale. Se necessario, avverta o ammonisca chi possa trovarsi in una situazione rischiosa. Secondo le circostanze, converrà stabilire norme concrete che facilitino l’osservanza degli impegni connessi con l’Ordinazione sacerdotale (220).


83 Attenzione alla formazione permanente del clero. Il Vescovo educherà i sacerdoti di ogni età e condizione all’adempimento del loro dovere di formazione permanente e provvederà ad organizzarla (221), affinché l’entusiasmo per il ministero non diminuisca, ma anzi aumenti e maturi con il trascorrere degli anni, rendendo più vivo ed efficace il sublime dono ricevuto (cf. 2Tm 1,6).

Già negli anni del seminario occorre inculcare ai futuri sacerdoti la necessità di continuare e approfondire la formazione anche dopo l’Ordinazione sacerdotale, in maniera che la fine degli studi istituzionali e della vita comunitaria non significhi un’interruzione rispetto a questo. è, inoltre, necessario favorire nei sacerdoti più anziani quella giovinezza d’animo che si manifesta nel permanente interesse verso una crescita costante per raggiungere “in pienezza la statura di Cristo” (Ep 4,13), aiutandoli a vincere le eventuali resistenze — dovute all’influenza della routine, alla stanchezza, ad un esagerato attivismo o ad un’eccessiva fiducia nelle proprie possibilità — in relazione ai mezzi di formazione permanente che la diocesi offre loro (222).

Il Vescovo offrirà ai suoi presbiteri un valido esempio se, per quanto gli risulti possibile, insieme a loro, suoi più intimi collaboratori, parteciperà attivamente agli incontri formativi (223).

Il Vescovo consideri come elemento integrante e primario per la formazione permanente del presbiterio gli esercizi spirituali annuali, organizzati in modo tale che siano per ciascuno un tempo di autentico e personale incontro con Dio e di revisione della propria vita personale e ministeriale.

Nei programmi e nelle iniziative per la formazione dei sacerdoti, il Vescovo non tralasci di servirsi del Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, che compendia la dottrina e la disciplina ecclesiale sull’identità sacerdotale e la funzione del sacerdote nella Chiesa, così come il modo di rapportarsi alle altre categorie di fedeli cristiani. Nel medesimo Direttorio, il Vescovo troverà anche indicazioni ed utili orientamenti per l’organizzazione e la direzione dei diversi mezzi di formazione permanente.

V. Il Seminario


Direttorio Vescovi 2004 63