Direttorio Vescovi 2004 123

II. Il Vescovo, Moderatore del ministero della Parola


123 Il compito di vigilanza del Vescovo sull’integrità dottrinale. Compito del Vescovo non è soltanto quello di attendere personalmente all’annunzio del Vangelo, ma anche quello di presiedere a tutto il ministero della predicazione nella diocesi, e vigilare soprattutto sull’integrità dottrinale del suo gregge e sull’osservanza diligente delle norme canoniche in quest’ambito (361).


124 I collaboratori del Vescovo nel ministero della Parola. In virtù del sacramento dell’Ordine, il ministero della predicazione è proprio dei presbiteri — principalmente dei parroci e degli altri sacerdoti a cui è affidata la cura delle anime — e anche dei diaconi, in comunione con il Vescovo e il presbiterio (362). Al Vescovo compete vigilare sull’idoneità dei ministri della parola, e ha la facoltà di imporre condizioni particolari per l’esercizio della predicazione (363). Si preoccuperà che, già negli anni del seminario e poi tramite i mezzi di formazione permanente, ricevano una preparazione specifica estesa anche agli aspetti formali, come la sacra eloquenza, la fonetica, l’arte della comunicazione, ecc.

In caso di scarsità di presbiteri e diaconi, attenendosi alle norme date dalla Conferenza Episcopale, il Vescovo può chiamare altri fedeli — specialmente religiosi e membri delle Società di vita apostolica, ma anche laici esemplari e opportunamente formati — all’incarico di collaborare nel ministero della predicazione fermo restando che l’omelia è sempre riservata esclusivamente al sacerdote o al diacono (364). D’altra parte, i laici che presentino le condizioni di idoneità possono ricevere dall’autorità ecclesiastica il corrispondente mandato per l’insegnamento delle scienze sacre a ogni livello (365).

È principale responsabilità del Vescovo vigilare sulla ortodossia e integrità dell’insegnamento della dottrina cristiana, senza esitare a far uso della sua autorità quando il caso lo richieda. Egli tempestivamente ammonisca coloro che osassero proporre dottrine discordanti dalla fede e, in caso di mancato ravvedimento, li privi della facoltà di predicare o insegnare (366).


125 L’ordinamento generale del ministero della Parola. Il Vescovo promuova, organizzi e regoli la predicazione nelle chiese della diocesi aperte al pubblico, non escluse quelle dei religiosi (367). Con gli eventuali sussidi degli organismi della Conferenza Episcopale e servendosi del consiglio di esperti in teologia e catechetica, la sua diocesi studierà l’opportunità di preparare un programma generale di predicazione e di catechesi, tenendo specialmente conto che:

a) L’omelia, non si deve mai tralasciare nelle Messe con partecipazione di popolo nelle domeniche e feste di precetto, nella Messa del Matrimonio (368) e nelle altre Messe rituali secondo le rubriche. La predicazione è raccomandata, anche sotto forma di omelia breve, nelle ferie d’Avvento, di Quaresima e di Pasqua, affinché il mistero pasquale di Cristo, significato e ripresentato nell’Eucaristia, sia da tutti celebrato con viva fede e devozione.

b) La catechesi, tanto quella di preparazione ai sacramenti, come quella sistematica, secondo le modalità esposte nel prossimo paragrafo.

c) Le forme particolari di predicazione, adeguate alle necessità dei fedeli, come gli esercizi spirituali, le missioni sacre, ecc.(369)

d) I mezzi adatti per far giungere la Parola di Dio a coloro che per diverse ragioni, non possono godere sufficientemente della
comune cura pastorale (370).


126 L’opera dei teologi. In quanto partecipi della successione apostolica, i Vescovi possiedono un carisma certo di verità, perciò ad essi compete custodire e interpretare la Parola di Dio e giudicare autorevolmente quanto sia conforme o sia difforme da essa (371). A tal fine Gesù Cristo ha promesso loro l’assistenza dello Spirito Santo. Al tempo stesso, i Pastori necessitano dell’aiuto dei teologi, i quali hanno la vocazione di acquisire, in comunione con il Magistero, un’intelligenza sempre più profonda della Parola di Dio contenuta nella Sacra Scrittura e trasmessa dalla Tradizione viva della Chiesa. Le indagini teologiche, anche se non costituiscono la norma di verità, arricchiscono e illuminano la profondità del Magistero (372).

Pertanto il Vescovo vorrà servirsi della collaborazione di teologi qualificati sia per la predicazione diretta ai fedeli come per i lavori che gli affidi la Santa Sede e la Conferenza Episcopale.

è dovere del Vescovo, in forza dell’autorità ricevuta da Cristo stesso, vigilare per difendere fermamente l’integrità e l’unità della fede, in modo tale che il deposito della fede sia conservato e trasmesso fedelmente e che le posizioni particolari siano unificate nell’integrità del Vangelo di Cristo. È perciò necessario che tra Vescovi e teologi si instauri una cordiale collaborazione e un fruttuoso dialogo nel mutuo rispetto e nella carità, per conservare il Popolo di Dio nella verità e per impedire divisioni e contrapposizioni, oltre che per incoraggiare tutti verso una ricca convergenza nell’unità della fede custodita dal Magistero della Chiesa.

III. Il Vescovo, primo responsabile della Catechesi


127 Dimensioni della catechesi. Per mezzo della catechesi si trasmetta la Parola di Dio in modo completo e integro, cioè senza falsificazioni, deformazioni o mutilazioni, in tutto il suo significato e la sua forza (373). Nel promuovere e programmare l’opera di catechesi, il Vescovo terrà presente una serie di importanti elementi:

a) Catechizzare significa spiegare il mistero di Cristo in tutte le sue dimensioni, sì che la Parola di Dio dia frutti di vita nuova.Per questo, oltre alla trasmissione intellettuale della fede, che non deve mancare, è necessario che la catechesi trasmetta la gioia e le esigenze del cammino di Cristo;

b) la catechesi deve essere collocata nella dovuta relazione con la liturgia. Così si evita il rischio di ridurre la conoscenza della dottrina cristiana ad un bagaglio intellettuale inoperante o di impoverire la vita sacramentale, che si traduce in vuoto ritualismo;

c) la catechesi deve riferirsi alla condizione dell’uomo, sempre bisognoso di perdono e allo stesso tempo capace di conversione e di miglioramento. Perciò, deve indirizzare i fedeli ad una vita di continua riconciliazione con Dio e con i fratelli, ricevendo con frequenza e fruttuosamente il sacramento della Penitenza;

d) nella catechesi dei giovani occorre prestare attenzione alle reali condizioni in cui oggi vivono e alla forte pressione esercitata su di essi dai mezzi di comunicazione sociale. Debbono quindi
essere educati al valore intrinseco della vita umana e alle diverse dimensioni della personalità umana integrale, secondo la retta ragione e la dottrina di Cristo: tra queste, in particolare, l’educazione all’amore umano, alla castità e al matrimonio;

e) senza la pratica della carità la vita cristiana perderebbe una dimensione essenziale. Per questo occorre fare in modo che le nuove generazioni siano formate nel senso cristiano del dolore e si dedichino alle opere di misericordia, in quanto elemento indispensabile della loro maturazione cristiana (374).


128 Il Vescovo, responsabile della catechesi diocesana. Il Vescovo ha la funzione principale, insieme alla predicazione, di promuovere una catechesi attiva ed efficace. Nessuna organizzazione nella Chiesa può rivendicare il monopolio della catechesi, pertanto, è responsabilità solo del Vescovo ordinare la catechesi diocesana secondo i principi e le norme emanati dalla Sede Apostolica (375), disponendo le diverse modalità di catechesi adeguate alle necessità dei fedeli.

Deve inoltre provvedere a fornire la diocesi di abbondanti mezzi per la catechesi:

– in primo luogo, un buon numero di catechisti, sostenuti da un’efficace organizzazione diocesana che provveda adeguatamente alla loro formazione tanto di base che permanente, in maniera che siano essi stessi catechesi vivente (376). Il Vescovo dia rilievo al peculiare carattere ecclesiale dei catechisti conferendo loro il mandato.

– poi, gli strumenti idonei per l’esercizio dell’opera catechistica, per la quale il Vescovo potrà valersi di catechismi pubblicati dalla Conferenza Episcopale (377) oppure, se ritenuto più opportuno, approntare un catechismo proprio della diocesi. I contenuti del Catechismo della Chiesa Cattolica sono testo di riferimento obbligato, anche per l’elaborazione dei catechismi locali (378).


129 Forme di catechesi

a) In occasione del battesimo ai bambini, occorre dare inizio ad una catechesi organica, che a partire dalla preparazione delle famiglie dei bambini, continui poi mediante la successione di periodi di catechesi, corrispondenti all’ammissione ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, della Confermazione e del Matrimonio. Si tratta di un mezzo di grande importanza per coltivare ed educare la fede dei fedeli in momenti importanti della loro vita e disporli alla degna accoglienza dei sacramenti, che così si traduce in un rinnovato impegno di vita cristiana.

Occorre prestare attenzione anche alla catechesi effettuata durante lo stesso rito del sacramento, in modo che aiuti gli astanti a comprendere quanto si sta compiendo e possa suscitare una conversione in cristiani di fede tiepida che forse assistono alla cerimonia unicamente per convenienza sociale.

b) Il Vescovo provveda affinché in tutta la diocesi si osservi il catecumenato per gli adulti che desiderano ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana, in modo che i catecumeni ricevano un’istruzione progressiva nella Parola di Dio e siano introdotti a poco a poco alla dottrina della Chiesa, alla liturgia, all’azione caritativa e all’apostolato, secondo le norme del Codice di Diritto Canonico, quelle date dalla Sede Apostolica e dalla Conferenza Episcopale (379).

c) Occorre anche provvedere ad una catechesi sistematica e continuata dei fedeli, con particolare attenzione per quella degli adulti. A tale scopo si può elaborare un programma ben concepito e distribuito nel corso dell’anno o degli anni, distinguendo secondo le diverse età — giovani, adulti, anziani — per adeguarlo alle necessità e agli interrogativi propri di ogni stadio della vita.

d) Consapevole che la famiglia assume un ruolo primario nell’educazione alla fede, è necessario dare accurate indicazioni perché essa sia realmente luogo di catechesi. Nell’elaborare i suggerimenti per “la Chiesa domestica” si deve tener conto che nella famiglia il Vangelo viene radicato nel contesto di profondi valori umani attraverso l’occasionalità della vita quotidiana. Questa forma familiare di catechesi richiede più la testimonianza dei membri della famiglia che il loro insegnamento (380).


130 Ambienti in cui si svolge la catechesi. Occorre impegnarsi perché la Parola di Dio penetri, in modo differenziato secondo la formazione e le condizioni delle persone, in tutti gli ambienti e in tutte le categorie della società contemporanea: nell’ambiente urbano e in quello rurale, studentesco, professionale, operaio, ecc., e provvedere anche a trasmettere la dottrina cristiana a quelle persone che hanno meno accesso all’attenzione pastorale comune, come chi è affetto da forme di incapacità fisica o mentale o gruppi particolari (profughi, rifugiati, nomadi, circensi e lunaparkisti, immigrati, carcerati, ecc).

Nell’ambiente urbano — oggi sempre più esteso — si potranno istituire corsi periodici di catechesi specifica secondo i diversi interessi professionali e gradi di formazione culturale: per operai, per intellettuali, per professionisti di alcuni settori, per impiegati e commercianti, per artisti, ecc. A tal fine, occorre scegliere le modalità più idonee per ciascun caso: lezioni, conferenze, dibattiti, tavole rotonde, e i luoghi più appropriati: in primo luogo le parrocchie, ma anche, se è possibile, gli stessi posti di lavoro (centri di insegnamento, negozi, uffici), i centri culturali, sportivi, di riposo, di turismo, di pellegrinaggio, di pubblico divertimento.

Per realizzare questo obiettivo, il Vescovo convochi chierici, religiosi e membri delle Società di vita apostolica e laici, già presenti nei diversi ambienti sociali e che, pertanto, abbiano esperienza diretta della mentalità professionale, parlino lo stesso linguaggio e — nel caso dei laici — condividano il medesimo stile di vita. Con questo intento, il Vescovo deve incitare tutte le istanze diocesane e richiedere il generoso aiuto di associazioni, comunità e movimenti ecclesiali.

Infine, occorre ricordare sempre ai genitori cristiani che ad essi compete il diritto e il dovere irrinunciabile di educare cristianamente i figli, in primo luogo con l’esempio di una retta vita cristiana, ma anche con l’insegnamento, specialmente quando altri ambienti di catechesi si dimostrino insufficienti (381). Converrà inoltre spingerli a intraprendere utili iniziative catechistiche di ambito familiare o “catechesi familiare” a beneficio dei figli propri e di famiglie amiche, procurando loro a tale scopo i sussidi necessari (382).


131 Insegnamento della dottrina sociale della Chiesa. L’aspirazione ad una trasformazione della vita umana secondo il piano creatore e redentore di Dio, si traduce nella promozione di un ordine sociale retto e rispettoso della dignità delle persone. È pertanto necessario formare i chierici, i consacrati e i laici (383) ad un vivo senso della giustizia sociale, tanto sul piano nazionale come internazionale, sì che possano praticarla e diffonderla in tutte le sfere della loro vita quotidiana: in famiglia, al lavoro, nella vita sociale e civile. Così il Vescovo si preoccupi di diffondere la dottrina sociale della Chiesa, che chiarisce il senso dei rapporti umani e il mondo economico alla luce della rivelazione (384), mediante la predicazione dei ministri, la catechesi e soprattutto con l’istruzione impartita nei centri di insegnamento cattolico.


132 La formazione religiosa nella scuola. Il Vescovo deve impegnarsi ad ottenere che in tutti i centri educativi (scuole, collegi, istituti), dipendenti o no dall’autorità ecclesiastica, gli alunni battezzati ricevano una solida educazione religiosa e morale che li porti alla maturazione come discepoli autentici di Cristo e lievito di vita cristiana. Per questo fine il Vescovo, attenendosi alle eventuali disposizioni della Conferenza Episcopale, si preoccupi di regolare quanto concerne l’istruzione e l’educazione religiosa cattolica, in qualunque centro di studi venga impartita (385).

Per quanto riguarda le scuole e gli istituti pubblici, bisogna coltivare i buoni rapporti con l’autorità civile e con le associazioni professionali, sì da facilitare la regolare istruzione religiosa degli alunni o, se ciò non fosse possibile, almeno impartire la formazione catechistica come attività parascolastica, affidata a chierici, religiosi e laici idonei.

Si provveda inoltre ad istituire, secondo le possibilità della diocesi, centri cattolici di insegnamento, che potranno essere di diversi tipi, secondo i bisogni della comunità cristiana e dell’opera di evangelizzazione: scuole o collegi di istruzione generale, scuole professionali o tecniche per l’apprendistato di un mestiere, scuole di magistero, istituti pedagogici, per l’istruzione di adulti o “scuole serali”, ecc. (386) D’altra parte, il Vescovo valorizzi i centri educativi promossi dagli stessi fedeli, specialmente dai genitori cattolici, rispettando la loro autonomia organizzativa e vigiliando affinché si mantenga fedelmente l’identità cattolica del loro progetto formativo, anche attraverso accordi con le istituzioni della Chiesa che possano garantire tale identità e fornire assistenza pastorale alla comunità educativa.


133 La scuola cattolica. La scuola cattolica occupa un posto importante nella missione salvifica della Chiesa, giacché in essa si provvede ad una formazione completa della persona, educata pienamente alla fede e ad un vero spirito cristiano (387).

In quanto depositaria di un mandato della Gerarchia, la scuola cattolica deve operare in piena sintonia con i Pastori. È diritto del Vescovo dettare norme sull’organizzazione generale della scuola cattolica e visitare periodicamente, di persona o tramite un proprio rappresentante, le istituzioni scolastiche, anche dipendenti da Istituti religiosi, presenti in diocesi, affinché vi si accresca lo spirito apostolico e l’opera di insegnamento si inserisca in modo adeguato nella pastorale organica generale della diocesi (388).

L’identità cattolica della scuola porta alla promozione dell’uomo integrale, perché è in Cristo, uomo perfetto, che tutti i valori umani trovano la piena realizzazione e pertanto la loro unità. Per questo, la scuola cattolica si sforza di realizzare una sintesi tra cultura e fede, tra fede e vita, attraverso l’integrazione dei diversi contenuti del sapere umano alla luce del messaggio evangelico, e tramite lo sviluppo delle virtù che caratterizzano l’uomo onesto e il buon cristiano.

Per raggiungere questo ideale formativo, è necessario che i docenti della scuola e anche le famiglie condividano il medesimo progetto educativo. La scuola cattolica deve perciò preoccuparsi di offrire mezzi di formazione cristiana, non soltanto in favore degli alunni, ma anche per i genitori, i professori e il personale.

La scuola cattolica presti un’attenzione particolare agli alunni più bisognosi per difetti naturali o difficoltà familiari e provveda per quanto possibile — sollecitando la generosità delle famiglie più abbienti — a coloro i quali non dispongono di mezzi economici. Sia aperta anche verso chi non ha il dono della fede, avendo però cura di garantire la sintonia formativa con i genitori degli alunni (389).


135 La formazione dei docenti di religione. Per attuare il vasto programma di educazione alla fede nei giovani, il Vescovo susciti la generosa collaborazione di fedeli idonei, assicurandosi che gli aspiranti al ruolo di insegnante di religione abbiano un’adeguata istruzione teologica e sufficiente capacità pedagogica, che risulti dalla presentazione di un titolo o certificato o anche da esami e colloqui personali (390).

Quindi provveda, da solo o insieme agli altri Vescovi, alla formazione dei futuri docenti di religione, cosicché siano molti i fedeli che approfondiscono lo studio delle scienze sacre, se è possibile accedendo alle facoltà ecclesiastiche esistenti, oppure mediante scuole o corsi compatibili con gli orari di lavoro, da seguire per un certo numero di anni sotto la guida di professori idonei e capaci. Questi studi potranno col tempo divenire facoltà ecclesiastiche per decreto della Sede Apostolica o giungere a far parte di un’Università civile già operante (391).


136 Le università e i centri di studi superiori cattolici (392). La Chiesa ha avuto sempre una grande stima per il mondo universitario, poiché l’università contribuisce molto efficacemente al progresso della civiltà e alla promozione della persona umana. È per questo motivo che, secondo una tradizione che risale agli esordi dell’istituzione universitaria, non ha mai cessato di promuovere l’erezione di università cattoliche, atte ad un insegnamento delle diverse discipline umane in conformità alla dottrina di Gesù Cristo e ad essa ispirato (393).

Il Vescovo, mentre rispetta l’autonomia dell’istituzione universitaria secondo i suoi propri statuti, osservi i suoi doveri e le disposizioni della Conferenza Episcopale, e vigili perché non venga meno la fedeltà alle linee della sua identità cattolica, e cioè: una completa adesione al messaggio cristiano così come lo presenta il Magistero ecclesiastico e una riflessione costante, compiuta alla luce della fede cattolica, circa la crescente ricchezza di umane conoscenze (394).

Accertate l’idoneità umana, ecclesiale, scientifica e didattica del candidato all’insegnamento di discipline concernenti la fede e la morale, il Vescovo diocesano, a norma degli Statuti dell’Università, dà il mandato al candidato, che deve emettere la professione di fede della quale fa parte integrante il giuramento di fedeltà, secondo la forma stabilita dalla Chiesa (395).

È dunque assai opportuno che il Vescovo coltivi frequenti relazioni con le autorità universitarie, in modo da instaurare una stretta collaborazione, personale e pastorale, contraddistinta dalla reciproca fiducia.

Il Vescovo cercherà di intrattenere rapporti di dialogo e di collaborazione con tutte le università presenti nella sua diocesi. In particolare, oltre alle università formalmente costituite come cattoliche, apprezzerà specialmente il contributo di quei centri promossi dagli stessi fedeli con un’ispirazione veramente cattolica. Nel rispetto della loro autonomia accademica, il Vescovo si adopererà per favorire tale ispirazione, anche mediante la stipula di accordi formali con la diocesi o con altre istituzioni della Chiesa che possano garantire l’impostazione dottrinale e morale della docenza e della ricerca e forniscano l’opportuna assistenza pastorale.

Se un’istituzione si presentasse in qualche modo come cattolica senza esserlo davvero, il Vescovo, dopo aver cercato di risolvere positivamente il problema, dovrà dichiarare pubblicamente tale contrasto con la fede e la morale della Chiesa, per dissipare ogni equivoco dinanzi all’opinione pubblica.


137 Le università e facoltà ecclesiastiche (396). Alla Sede Apostolica competono l’erezione o l’approvazione e la suprema direzione di università e facoltà ecclesiastiche, cioè quelle che si occupano dell’istruzione e della ricerca scientifica nelle scienze sacre o di altre discipline ad esse collegate (397).

Se il Vescovo ricopre la carica di Gran Cancelliere, eserciti le funzioni che gli sono proprie. Diversamente, ricade comunque su di lui la responsabilità di vigilare sulle università o facoltà ecclesiastiche situate nella diocesi, perché i principi della dottrina cattolica siano fedelmente osservati. Se notasse abusi o irregolarità, lo comunichi al Gran Cancelliere o, se è il caso, alla competente Congregazione Romana (398). Il Gran Cancelliere rappresenta la Santa Sede presso l’Università o la Facoltà e così pure questa presso la Santa Sede, ne promuove la conservazione e il progresso, ne favorisce la comunione con la Chiesa sia particolare che universale (399).

Accertate l’idoneità umana, ecclesiale, scientifica e didattica del candidato all’insegnamento di discipline concernenti la fede e la morale, il Gran Cancelliere, o il suo delegato, dà la missione canonica dopo che il candidato abbia emesso la professione di fede della quale fa parte integrante il giuramento di fedeltà, secondo la forma stabilita dalla Chiesa (400). I docenti di altre materie devono ricevere l’autorizzazione ad insegnare, ossia la “venia docendi”.

Prima di concedere la missione canonica del docente che sta per essere assunto in modo stabile, il Gran Cancelliere richieda il nulla osta della Santa Sede.

In vista del bene della diocesi, il Vescovo diocesano invii presso le università ecclesiastiche i seminaristi e i giovani sacerdoti che si distinguono per carattere, virtù ed intelligenza (401).

IV. Il Vescovo e gli strumenti della Comunicazione Sociale


138 I moderni “areopaghi”. La missione della Chiesa si rivolge all’uomo considerato nella sua individualità, ma possiede anche una dimensione sociale e culturale, come l’essere stesso delle
persone. Si tratta, pertanto, dell’affascinante sfida dell’evangelizzazione della cultura umana, attraverso tutti i modi onesti di relazione e comunicazione sociale, perché la Chiesa sia un segno
sempre più chiaro per gli uomini di ogni epoca (402).

Seguendo, poi, l’esempio di San Paolo (cf. At
Ac 17), la Chiesa si impegna a diffondere il messaggio salvifico attraverso i moderni “areopaghi” nei quali la cultura viene definita e diffusa, e in particolare mediante i mezzi di comunicazione sociale (403). Tra questi, periodici e riviste, televisione, radio, cinema e, con incidenza crescente, internet e gli strumenti informatici.

Nella formazione dei fedeli in questo campo delle comunicazioni sociali, va messo in risalto il contributo che tutti possono dare, ognuno dalla propria situazione nella Chiesa e nel mondo. In questo senso, va specialmente valorizzato il lavoro dei fedeli la cui attività professionale si svolge in quest’ambito, cercando di spronarli a contribuire attivamente in quei mezzi ove sia moralmente possibile una loro collaborazione, e anche in mezzi che possano essi stessi creare, in sintonia con altre persone con cui si possa impostare una collaborazione positiva per il bene della società. Non va dimenticata la responsabilità dei fedeli come destinatari dei mezzi: in quanto possono scegliere di servirsi o meno delle diverse offerte; in quanto possono usare — individualmente o costituendo associazioni — il diritto a giudicare pubblicamente in modo positivo o negativo l’andamento dei mezzi; in quanto hanno la possibilità di influire sull’orientamento delle comunicazioni con il sostegno economico a certe iniziative.


139 Trasmissione della dottrina cristiana mediante gli strumenti di comunicazione sociale. I Pastori della Chiesa debbono saper utilizzare tali strumenti nello svolgere la loro missione, coscienti della notevole efficacia che ne deriva per la diffusione del Vangelo (404).

In primo luogo, al Vescovo compete organizzare il modo di trasmettere la dottrina cristianaattraverso i mezzi di comunicazione, spronando a tal fine il generoso contributo di fedeli, chierici, religiosi e membri delle Società di vita apostolica e laici. Nel piano pastorale diocesano sia previsto anche il tema dei Mass-Media. Se le circostanze lo richiedono, è auspicabile che il Vescovo elabori un piano pastorale diocesano per le comunicazioni sociali. Dovrà anche vigilare perché i contenuti dei programmi e delle iniziative cattoliche siano pienamente conformi alla dottrina della Chiesa e perché venga osservato quanto disposto dalla Conferenza Episcopale circa questo particolare apostolato (405).

Tra i diversi aspetti della formazione pastorale dei seminaristi, non deve mancare l’uso di questi mezzi. Per un adeguato insegnamento, il Vescovo si servirà di professionisti ben preparati nelle diverse tecniche, senza perdere di vista il fine ultimo di questa attività, cioè la salvezza delle anime e il reale miglioramento delle persone (406).


140 Gli strumenti della comunicazione cattolici. Il Vescovo sommi le proprie forze a quelle delle altre diocesi per creare strumenti propri o almeno utilizzare liberamente quelli già esistenti, senza ammettere in questo campo monopoli di persone o di istituzioni, quantunque si presentino come “pubbliche” (407).

Consideri come un impegno legato alla sua funzione magisteriale stampare e diffondere giornali o riviste cattoliche, tanto di informazione generale come religiosa. In questo ambito, sempre attuale, di azione evangelizzatrice, sia le stesse diocesi che i religiosi e le associazioni di fedeli hanno un importante ruolo da svolgere. Prescindendo dal titolare dell’impresa, tali mezzi, essendo cattolici, debbono svolgere la loro attività in sintonia con la dottrina della Chiesa e in comunione con i Pastori, secondo le norme canoniche (408).

Non va dimenticato, infine, quanto realizzato dai bollettini parrocchiali e da altre pubblicazioni periodiche a diffusione limitata per accrescere la coesione delle comunità locali, diffondere capillarmente le notizie sulla vita della Chiesa e prestare un valido aiuto all’opera di catechesi e di formazione liturgica dei fedeli.


141 Vigilanza sui mezzi di comunicazione sociale. Il Vescovo, consapevole della grande influenza di questi strumenti sulle persone, intensifichi la propria azione presso le competenti istituzioni sociali affinché i mezzi di comunicazione sociale, e in particolare i programmi televisivi e radiofonici, siano conformi alla dignità umana e rispettosi della Chiesa, e trasmetta tale preoccupazione a tutta la comunità cristiana (409). Non trascuri inoltre, di esortare i Pastori e i genitori perché nelle famiglie e negli ambienti cristiani tali mezzi vengano usati con prudenza e moderazione e si eviti quanto possa nuocere alla fede e al comportamento dei fedeli, specialmente i più giovani. Se il caso lo richiede, censuri pubblicamente gli scritti e i programmi che risultino dannosi (410).

Come è esperienza di provata efficacia in molte nazioni, il Vescovo potrà creare e mantenere unservizio di informazione che orienti rettamente genitori ed educatori alla programmazione prevista nei diversi mezzi. E non trascuri di vigilare, con la sollecitudine di un padre di famiglia, perché l’informazione non si discosti dalle regole del buon senso umano e cristiano.

Gli scritti dei fedeli che trattino della fede o dei buoni costumi, prima di essere pubblicati, debbono essere sottoposti al giudizio del Vescovo quando così è prescritto dalle norme canoniche universali o particolari ed è raccomandabile che lo siano anche negli altri casi (411). Se alcuni casi lo richiedono, il Vescovo applichi le sanzioni previste dal diritto della Chiesa, per ottenere il ravvedimento degli autori e soprattutto per proteggere il bene spirituale dei fedeli e la comunione ecclesiale (412).


142 Vigilanza sui libri e sulle riviste. Il Vescovo sa bene che è suo dovere e suo diritto nella Chiesa quello di esaminare, se è possibile prima della loro pubblicazione e, se del caso, riprovare e condannare i libri e le riviste nocivi alla fede o alla morale (413). Perciò:

a) Personalmente o per mezzo di altre persone, tra i quali i censori approvati dalla Conferenza Episcopale (414), egli vigili su libri e riviste che si stampano o si vendono sul suo territorio, anche se tradotti da altra lingua, e non tralasci di riprovare scritti la cui lettura potrebbe costituire un danno o un pericolo spirituale per i fedeli.

b) Gli scritti di cui sopra li faccia opportunamente confutare, esponendo e divulgando la dottrina cattolica impugnata o messa in pericolo dai medesimi. Tuttavia, se quegli scritti hanno in diocesi una larga diffusione, e il pericolo per la fede e la morale è grave e certo, allora egli ricorra anche alla pubblica riprovazione.

c) Il Vescovo non giunga alla condanna di libri prima di avere, per quanto possibile, informato i loro autori degli errori di cui li si accusa, e aver loro data ampia possibilità di difendersi anche a mezzo di altre persone di loro scelta.

d) A meno che, in casi particolari, un grave motivo non consigli di fare diversamente, vengano esposte pubblicamente le ragioni della proibizione dei libri, affinché i fedeli possano ben conoscere la natura e la gravità del pericolo che incontrerebbero nel leggerli.

e) Sia permessa una nuova edizione di un libro condannato solo quando vi siano stati apportati gli emendamenti richiesti. L’autore di un libro condannato ha la facoltà di scrivere o editare altri libri, anche sul medesimo argomento, quando consti che egli ha rettificato le sue erronee opinioni.

Capitolo VI

IL “MUNUS SANCTIFICANDI”

DEL VESCOVO DIOCESANO


“Ti raccomando… che si facciano domande, suppliche,

preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini… Uno solo,

infatti, è Dio e uno solo il Mediatore tra Dio e gli uomini,

l’Uomo Cristo Gesù… Voglio dunque che gli uomini preghino

dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira

e senza contese” (1Tm 2,1 1Tm 2,5 1Tm 2,8).

I. Il Vescovo, Pontefice nella comunità di Culto


143 L’esercizio della funzione santificante. Il Vescovo deve considerare come proprio ufficio innanzitutto quello di essere il responsabile del culto divino e, in ordine a questa funzione, esercita gli altri compiti di maestro e di pastore. Infatti, la funzione santificante, benché strettamente unita per sua propria natura ai ministeri di magistero e di governo, si distingue in quanto specificamente esercitata nella persona di Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, e costituisce il culmine e la fonte della vita cristiana (415).


144 Il Vescovo, dispensatore dei misteri cristiani. Il Vescovo è rivestito della pienezza del sacerdozio di Cristo e, come suo strumento, comunica la grazia divina agli altri membri della Chiesa, perciò si può affermare che dal suo ministero deriva e dipende in certa misura la vita spirituale dei fedeli. Di conseguenza, il Vescovo si applichi con tutta diligenza a coltivare in se stesso e nei fedeli l’atteggiamento religioso verso Dio e, in quanto principale dispensatore dei divini misteri, si dedichi continuamente ad accrescere nel gregge la vita della grazia mediante la celebrazione dei sacramenti (416).

Chiamato ad intercedere davanti a Dio per il popolo a lui affidato, il Vescovo non tralasci dioffrire il Santo Sacrificio della Messa per le necessità dei fedeli, specialmente la domenica e nelle feste di precetto, in cui tale applicazione è per lui un preciso dovere ministeriale (417). Nel celebrare i sacri misteri, si mostri pervaso del mistero che si accinge a celebrare, come conviene al pontefice, “posto al servizio di Dio per il bene degli uomini” (
He 5,1) (418).


145 Le celebrazioni liturgiche presiedute dal Vescovo (419). Compito del Vescovo è presiedere frequentemente le celebrazioni liturgiche circondato dal suo popolo, poiché così viene simboleggiata l’unità nella carità del Corpo Mistico, e, purché sia possibile, celebri le feste di precetto e le altre solennità nella chiesa Cattedrale.420 Ricordi che le celebrazioni da lui presiedeute devono avere una funzione di esemplarità per tutte le altre (421).

è opportuno che il Vescovo celebri la liturgia anche in altre chiese della diocesi, profittando delle occasioni offerte dall’esercizio del suo ministero: principalmente la visita pastorale, l’amministrazione del Battesimo agli adulti e la Confermazione (422), come in altre circostanze, quando è maggiore o qualificata l’affluenza dei fedeli, o in riunioni di sacerdoti. In questo modo si rafforza la necessaria comunione di tutti i membri del Popolo di Dio con il loro Vescovo, capo della comunità orante.

Il Vescovo è il ministro ordinario del sacramento della Confermazione, per cui cerchi sempre, se possibile, di amministrarlo personalmente (423). In questo modo viene posta in evidenza l’efficacia spirituale di questo sacramento, che vincola più strettamente alla Chiesa, presente nella persona del Successore degli Apostoli, e corrobora nel fedele cristiano la missione di testimoniare Cristo (424). Il Vescovo vigili affinché i confermati ricevano un’opportuna preparazione e amministri il sacramento con la dovuta solennità e in presenza della comunità cristiana.

Il Vescovo eserciti il ministero di capo e allo stesso tempo di servo della comunità di fedeli soprattutto nel conferimento dell’Ordine sacro del diaconato e del presbiterato. È prerogativa del Vescovo conferirlo personalmente ai propri candidati (425), meglio se in presenza di un nutrito gruppo di fedeli, per edificazione del popolo cristiano e perché le famiglie crescano nella stima della vocazione sacerdotale e offrano ai prescelti il prezioso aiuto della preghiera.

II. L’ordinamento della Sacra Liturgia


Direttorio Vescovi 2004 123