Direttorio Vescovi 2004 146

II. L’ordinamento della Sacra Liturgia


146 Il Vescovo, moderatore della vita liturgica diocesana. Come Pontefice responsabile del culto divino nella Chiesa particolare, il Vescovo deve regolare, promuovere e custodire tutta la vita liturgica della diocesi (426).

Dovrà perciò vigilare perché le norme stabilite dalla legittima autorità siano attentamente osservate e in particolare ciascuno, tanto i ministri come i fedeli, svolga l’incarico che gli spetta e non altro, senza mai introdurre cambiamenti nei riti sacramentali o nelle celebrazioni liturgiche secondo preferenze o sensibilità personali (427).

Compete al Vescovo dettare opportune norme in materia liturgica, che obbligano tutti nella diocesi (428), sempre nel rispetto di quanto abbia disposto il legislatore superiore. Tali norme possono riferirsi, tra l’altro:

– alla partecipazione dei fedeli laici alla liturgia (429);

– all’esposizione dell’Eucaristia da parte dei fedeli laici, quando il numero dei ministri sacri risulti insufficiente (430);

– alle processioni (431);

– alle celebrazioni domenicali della liturgia della Parola, quando manca il ministro sacro o vi sia un grave impedimento a partecipare alla celebrazione eucaristica (432);

– alla possibilità per i sacerdoti di celebrare due messe al giorno per giusta causa o, se lo richiede la necessità pastorale, tre messe nelle domeniche e nelle feste di precetto (433);

– rispetto alle indulgenze, il Vescovo ha il diritto di concedere indulgenze parziali ai suoi fedeli (434).

Il Vescovo saprà valersi dell’aiuto di uffici o commissioni diocesane di liturgia, di musica sacra, di arte sacra, ecc., che offrano un prezioso sostegno per promuovere il culto divino, curare la formazione liturgica dei fedeli e fomentare nei pastori di anime un interesse prioritario per tutto ciò che riguarda la celebrazione dei divini misteri (435).


147 Dignità del culto divino. Giacché la liturgia costituisce il culto comunitario e ufficiale della Chiesa, come Corpo mistico di Cristo, costituito dal capo e dalle sue membra, il Vescovo vigili attentamente perché venga celebrata con il dovuto decoro e ordine. Dovrà quindi vigilare sul decoro degli ornamenti e oggetti liturgici, perché i ministri ordinati, gli accoliti e i lettori si comportino con la necessaria dignità, e i fedeli partecipino in modo “pieno, cosciente e attivo”(436), e tutta l’assemblea eserciti la sua funzione liturgica (437).

La musica sacra occupa nel culto un posto importante per dare rilievo alla celebrazione e suscitare una risonanza profonda nei fedeli; deve essere sempre unita alla preghiera liturgica, distinguersi per la sua bellezza espressiva ed adeguarsi all’armoniosa partecipazione dell’assemblea nei momenti previsti dalle rubriche (438).


148 Adattamenti in campo liturgico (439). Ai Vescovi riuniti in Conferenza Episcopale compete adattare i libri liturgici all’indole e alle tradizioni del popolo e alle particolari necessità del ministero pastorale, entro i margini stabiliti dai rituali stessi (440).

In questo necessario quanto delicato compito, il Vescovo terrà presente che la inculturazionecomporta la trasformazione degli autentici valori delle diverse culture mediante l’integrazione nel cristianesimo, e, pertanto, la purificazione di quegli elementi culturali che risultino incompatibili con la fede cattolica, in modo che la diversità non danneggi l’unità in una stessa fede e nei medesimi segni sacramentali (441).


149 La santificazione della domenica. La domenica è il giorno liturgico per eccellenza, nel quale i fedeli si riuniscono “per ricordare la passione, la resurrezione e la gloria del Signore Gesù e rendere grazie a Dio, ascoltando la Parola di Dio e partecipando all’Eucaristia” (442). Perciò il Vescovo si adoperi affinché i fedeli santifichino la domenica e la celebrino come autentico “giorno del Signore”, mediante la partecipazione al Santo Sacrificio della Messa, le opere di carità e il necessario riposo dal lavoro (443). La Messa domenicale deve essere molto curata perché per molti la conservazione e l’alimentazione della fede è legata alla partecipazione a tale celebrazione eucaristica.

Dal punto di vista organizzativo, conviene osservare alcuni aspetti concreti:

– gli orari delle Messe domenicali nelle diverse chiese di una stessa zona debbono essere opportunamente stabiliti e resi pubblici in modo da facilitare la partecipazione dei fedeli, senza però moltiplicare inutilmente le celebrazioni;

– ove risulti possibile, si organizzi il culto divino a beneficio di chi si allontana dalla città per motivi di riposo o è costretto a svolgere una attività professionale: con le Messe della vigilia e altre Messe celebrate il mattino presto e in luoghi idonei, come in vicinanze di stazioni, aeroporti, o nei pressi di mercati e altre sedi di lavoro domenicale;

– ci si preoccupi, specialmente nelle grandi città, del servizio religioso degli stranieri, perché possano assistere alla Messa nella propria lingua o in latino. L’orario di questa Messa venga esposto anche sulla porta delle chiese e, se possibile, nelle stazioni, negli alberghi e in altri luoghi da essi frequentati (444).


150 Carattere comunitario della liturgia. Ogni azione liturgica è celebrazione della Chiesa e atto pubblico di culto, anche quella celebrata senza partecipazione di fedeli. Tuttavia, purché si conservi la natura di ciascun rito, la celebrazione comunitaria deve preferirsi a quella individuale (445).

In conformità a questa dimensione comunitaria della liturgia, si tengano presenti alcuni orientamenti pratici:

– le messe domenicali delle parrocchie siano aperte a tutti, evitando le liturgie particolari per gruppi determinati di fedeli;

– si faccia in modo che il Battesimo sia amministrato prevalentemente di domenica, in apposite celebrazioni, in presenza della comunità; in qualche occasione sarà conveniente che venga amministrato durante la celebrazione eucaristica, e si faccia il possibile perché venga celebrato durante la Veglia Pasquale;

– la Confermazione sia amministrata prevalentemente la domenica, in presenza della comunità riunita nell’assemblea eucaristica (446);

– nella celebrazione dei sacramenti e sacramentali, si eviti quanto possa alludere a preferenza per persone (447) o categorie, salvo gli onori dovuti all’autorità civile, secondo le leggi liturgiche;

– in casi particolari, quando lo richiede una necessità pastorale, la celebrazione della Messa può avvenire al di fuori di un luogo sacro (448). Il Vescovo intervenga decisamente quando gli risulta che ci siano abusi, come, disattendendo a quanto disposto dal diritto, la celebrazione compiuta in un luogo non decoroso, oppure il sorgere di gruppi esclusivi e di privilegi;

– poiché la celebrazione della Liturgia delle Ore è vera “liturgia”, il Vescovo esorti i pastori di anime ad invitare i fedeli alla recita comunitaria in chiesa di alcune parti, per esempio le lodi o i
vespri, accompagnata, se è il caso, da una opportuna catechesi (449).


151 La celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali. Il Vescovo deve regolare la disciplina dei sacramenti secondo le norme stabilite dalla competente autorità della Chiesa, e preoccuparsi
affinché tutti i fedeli possano riceverli abbondantemente (450). Si dedichi in particolare a istruire i fedeli, perché comprendano il significato di ogni sacramento e lo “vivano” in tutto il suo valore personale e comunitario.

Vigili, pertanto, perché i ministri celebrino i sacramenti e i sacramentali con il massimo rispetto e diligenza, in conformità con le rubriche approvate dalla Sede Apostolica e specialmente:

– il Battesimo dei bambini venga amministrato senza ritardi e accompagnato dalla conveniente catechesi dei genitori e dei padrini (451);

– pastori e fedeli si attengano all’età della Confermazione, stabilita dalla legge universale e dalla Conferenza Episcopale (452);

– si vigili affinché la facoltà di ricevere le confessioni sia concessa unicamente ai sacerdoti che, oltre a possedere la necessaria competenza teologica e pastorale, siano in completa sintonia con il Magistero della Chiesa in materia morale; si stabiliscano orari per le confessioni nelle parrocchie, santuari ed altri luoghi sacri dove si esercita la cura delle anime, in modo che le confessioni vengano facilitate ai fedeli, specialmente prima delle Messe, ma anche durante, per venire incontro alle necessità dei fedeli; si osservino rigorosamente le norme circa l’assoluzione collettivariaffermate dal Motu proprio “Misericordia Dei” che richiama la vera eccezionalità delle situazioni in cui si può ricorrere a tale forma penitenziale (453);

– nella Eucaristia si utilizzi materia valida e lecita;

– la prima comunione dei bambini abbia luogo una volta raggiunto l’uso della ragione e sia sempre preceduta dalla prima confessione (454);

– il Matrimonio venga celebrato dopo un’opportuna preparazione, anche personale, dei fidanzati, in modo che siano evitati nella misura del possibile, le celebrazioni nulle per mancanza di capacità o di vera volontà matrimoniale, e che gli sposi novelli siano aiutati a vivere fruttuosamente la loro unione sacramentale, e la cerimonia nuziale sia celebrata nel pieno rispetto del suo carattere religioso (455);

– i sacramentali (principalmente le benedizioni) siano amministrati secondo i riti propri (456) e i fedeli li comprendano e li venerino adeguatamente, evitando atteggiamenti superstiziosi.

III. Gli Esercizi di Pietà


152 Importanza della pietà popolare. La pietà popolare costituisce un vero e proprio tesoro di spiritualità nella vita della comunità cristiana. I fedeli con essa vengono condotti all’incontro personale con Cristo, alla comunione con la Beata Vergine Maria e con i Santi, specialmente per mezzo dell’ascolto della Parola di Dio, della partecipazione alla vita sacramentale, della testimonianza della carità e della preghiera (457). Cristo Gesù ha insistito sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi (cf. Lc Lc 18,1): nella vita spirituale infatti si avanza nella misura in cui si prega. è nella preghiera fatta con fede che stà il segreto per affrontare i problemi e le fatiche personali e sociali. “La preghiera interiorizza e assimila la liturgia durante la sua celebrazione e dopo la medesima. Anche quando la preghiera viene vissuta ‘in segreto’ (Mt 6,6), è sempre preghiera della Chiesa, comunione con la Santissima Trinità” (458).


153 Ordinamento delle forme di pietà. Per incrementare la pietà di tutto il Popolo di Dio, il Vescovo raccomandi caldamente e favorisca il culto divino. Parimenti promuova gli esercizi di culto e di pietà verso la santissima Vergine Maria e gli altri Santi e li ordini in modo che si armonizzino con la sacra liturgia, che da essa traggano ispirazione e ad essa conducano. “è infatti compito dei Vescovi con l’aiuto dei loro diretti collaboratori, in modo speciale dei Rettori dei santuari, stabilire norme e dare orientamenti pratici tenendo conto delle tradizioni locali e di particolari espressioni di religiosità popolare” (459). In particolare, il Vescovo:

a) Con la più grande cura favorisca l’adorazione verso Cristo Signore realmente presente nell’Eucaristia, anche al di fuori della Messa. Per facilitare la devozione dei fedeli, faccia in modo che le chiese rimangano aperte secondo gli usi e le opportunità locali, curando anche la sicurezza del luogo. Il Vescovo provveda che nelle parrocchie della sua diocesi annualmente si svolgano iniziative di adorazione eucaristica, come le cosidette “Quarant’ore” e che si celebri con la massima solennità la festa del Corpo e Sangue di Cristo. Periodicamente potrà promuovere il Congresso Eucaristico Diocesano, occasione propizia per rendere culto pubblico alla SS. Eucaristia e richiamare ai fedeli la dottrina e la centralità dell’Eucaristia nella vita cristiana ed ecclesiale.

b) Favorisca le espressioni della pietà radicate nel popolo cristiano, purificandole, se è il caso, da eventuali eccessi meno conformi alla verità o al sentire cattolico e lasci prudentemente aperta la possibilità per nuove forme di pietà popolare. Una forma eccelsa di pietà che occorre conservare e promuovere sono il culto al Sacro Cuore di Gesù e la devozione alla Madonna.

c) Deve esaminare le preghiere e i canti che debbono essere pubblicati e darne l’opportuna approvazione (460). Il Vescovo vigili sulla loro ispirazione biblica e liturgica e sulla correttezza dottrinale, in modo che i testi contribuiscano alla catechesi dei fedeli e ad una pietà più profonda, e perché non si introducano preghiere o composizioni musicali contrarie alla genuina ispirazione cristiana, o presentino un aspetto o significato profani. Qualora si tratti di tradurre preghiere nella propria lingua e adattare quelle antiche, è bene ricorrere al consiglio di pastori, teologi e letterati.

d) Si preoccupi che i santuari, molti dei quali sono in onore della Santa Madre di Dio, rendano un efficace servizio alla vita spirituale della diocesi. Perciò vigili sulla dignità delle celebrazioni liturgiche e la predicazione della Parola di Dio e provveda a far rimuovere dalle vicinanze ciò che può costituire ostacolo alla pietà dei fedeli o suggerire un prevalente interesse di lucro.

e) In occasione di ricorrenze del calendario universale, del calendario particolare diocesano o di feste locali previste dalle norme e particolarmente sentite (es. del Santo patrono, della Vergine Maria, di Natale, di Pasqua, ecc.), il Vescovo veda favorevolmente le manifestazioni popolari, espressioni di festa spesso appartenenti ad antiche tradizioni, ma faccia in modo che i fedeli le associno alla gioia che deriva dai misteri cristiani, e, inserisca in esse, quando è giusto, elementi di catechesi e di autentica devozione.


154 Promozione di alcune pratiche di pietà. Occorre conservare gelosamente, come prezioso patrimonio spirituale, alcuni esercizi di pietà che i Pastori della Chiesa non hanno cessato di raccomandare:

– tra questi, eccelle il santo Rosario, come una specie di compendio del Vangelo e per questo, una forma di pietà profondamente cristiana (461) che ci fa contemplare con gli occhi di Maria Vergine i misteri della vita di Gesù Cristo;

– sono anche da mantenere ed incrementare la pia meditazione della passione del Signore, o “Via Crucis”, e la recita dell’Angelus, che interrompe le abituali occupazioni del cristiano con la breve meditazione dell’Incarnazione del Verbo;

– meritano di essere incoraggiate anche le novene, specialmente quelle precedenti le solennità liturgiche (ad esempio: Pentecoste, Natale, ecc.) e le vigilie di preparazione alle grandi solennità.

Il sentimento religioso del popolo cristiano ha inoltre dato vita, nel corso dei secoli, ad altre varie forme di pietà che si aggiungono alla vita sacramentale della Chiesa, come la venerazione delle reliquie, le processioni, l’uso di scapolari e medaglie, e altre che sono espressione di un’autentica e profondamente radicata inculturazione della fede cristiana. Lo zelo per l’incremento della vita spirituale dei fedeli porti a favorire e diffondere tali pratiche di pietà, specialmente quando si ispirino alla Sacra Scrittura e alla liturgia, siano sgorgate dal cuore dei Santi o testimoniate da una lunga tradizione di fede e di pietà (462). Qualora si rendesse necessario modificarne o adattarne i testi, il Vescovo non trascurerà di consigliarsi con i Pastori delle altre diocesi interessate, secondo l’ambito di diffusione.

IV. Le chiese e altri luoghi sacri


155 Destinazione sacra delle chiese. Le chiese, nelle quali si celebra e si conserva la santissima Eucaristia, non sono semplici luoghi di riunione dei fedeli, ma dimora di Dio e simbolo della Chiesa che si trova in quel luogo. Poiché sono luoghi destinati permanentemente al culto di Dio, il Vescovo deve celebrare in forma solenne il rito della dedicazione o favorire che lo faccia un altro Vescovo o, in casi eccezionali, un sacerdote (463).

Per quanto concerne l’uso dei luoghi sacri, “si può ammettere soltanto ciò che favorisce l’esercizio e la promozione del culto, della pietà e della religione, e si deve proibire quanto non è conforme alla santità del luogo. Il Vescovo può tuttavia consentire, in casi concreti, altri usi, purché non contrari alla santità del luogo” (464). In particolare, con riferimento ai concerti, occorre vigilare comunque che venga eseguita soltanto musica sacra — cioè composta come accompagnamento alla liturgia — o per lo meno di ispirazione religiosa cristiana, e che siano programmati ed eseguiti con l’esplicita finalità di promuovere la pietà e il sentimento religioso e mai in detrimento del primario servizio pastorale che deve offrire il luogo (465). In ogni caso tali iniziative siano valutate con saggezza e ristrette a pochi casi.


156 La chiesa Cattedrale. Tra i templi della diocesi, il posto più importante spetta alla chiesa Cattedrale, che è segno di unità della Chiesa particolare, luogo dove si realizza il momento più alto della vita della diocesi e si compie pure l’atto più eccelso e sacro del munus sanctificandidel Vescovo, che comporta insieme, come la liturgia stessa che egli presiede, la santificazione delle persone e il culto e la gloria di Dio. La Cattedrale è anche il segno del magistero e della potestà del Pastore della diocesi. Il Vescovo deve provvedere affinché le funzioni liturgiche della Cattedrale si svolgano con il decoro, il rispetto delle rubriche e il fervore comunitario che si addicono a quella che è madre delle chiese della diocesi (466), e a tal fine esorti il Capitolo dei canonici.


157 Norme e orientamenti per l’edificazione e il restauro delle chiese. L’architettura e la decorazione delle chiese deve essere “nitida, ideata per la preghiera e le sacre solennità” e caratterizzarsi, più che per il lusso, per la nobiltà delle forme, in modo da presentarsi realmente come simbolo delle realtà ultraterrene.

Per quanto riguarda la disposizione del tabernacolo, dell’altare e degli altri elementi(presbiterio, sede, ambone, ecc.), occorre seguire la relativa normativa liturgica nonché quella canonica circa i materiali per la costruzione degli altari (467). In particolare, il Vescovo abbia cura che la Cappella del Sacramento o il tabernacolo, che devono avere il massimo decoro, siano collocati in posizione immediatamente visibile. Vanno osservate con diligenza anche le prescrizioni canoniche sul luogo di celebrazione del Battesimo e della Penitenza (468). In particolare “la sede per le confessioni è disciplinata dalle norme emanate dalle rispettive Conferenze Episcopali, le quali garantiranno che essa sia collocata ‘in luogo visibile’ e sia anche ‘provvista di grata fissa’, così da consentire ai fedeli ed agli stessi confessori che lo desiderano di potersene liberamente servire” (469).

Nella costruzione o restauro di chiese, è doveroso conciliare pietà, bellezza artistica e funzionalità e impostazione dottrinalmente sana della composizione della chiesa. Osservando sempre l’importanza prioritaria della carità e tenendo conto anche della situazione economica e sociale della comunità cristiana e delle reali possibilità economiche della diocesi, ci si assicuri che i materiali siano di qualità: questo modo di procedere, oltre a concorrere alla dignità propria dell’edificio, è una maniera di praticare la virtù della povertà, perché così si garantisce la conservazione delle opere nel tempo. Fin dall’inizio, si disponga anche quanto relativo all’assicurazione dell’opera e alle misure di conservazione e di custodia (470). Tutte queste norme suggeriscono che il Vescovo si consigli sempre con esperti, in modo da osservare i principi della liturgia, dell’arte sacra e le leggi civili del proprio Paese oltre alle esigenze tecniche.


158 Raffigurazioni e immagini sacre. L’uso di esporre le immagini sacre nelle chiese e di raffigurare artisticamente i misteri cristiani deve essere saldamente conservato, perché costituisce un aiuto insostituibile per la pietà e la catechesi dei fedeli. A tale scopo:

– nelle chiese, le immagini debbono essere esposte in quantità moderata e conservando il dovuto ordine, perché non suscitino una devozione deviata;

– occorre evitare le innovazioni vistose, per quanto possano sembrare artistiche, o possano provocare meraviglia più che alimentare la pietà dei fedeli (471).


Capitolo VII

IL “MUNUS REGENDI”


DEL VESCOVO DIOCESANO


“Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io,

facciate anche voi” (Jn 13,15)

I. Il Governo Pastorale


159 Il Vescovo padre e pastore della diocesi. Il Vescovo, nell’esercizio del suo ministero di padre e pastore in mezzo ai suoi fedeli, deve comportarsi come colui che presta servizio, avendo sempre sotto gli occhi l’esempio del Buon Pastore, che è venuto non per essere servito, ma per servire (cf. Mt Mt 20,28 Mc Mc 10,45) e dare la sua vita per le pecore (472).

Al Vescovo, inviato in nome di Cristo come pastore per la cura della porzione di Popolo di Dio affidatagli, spetta il compito di pascere il gregge del Signore (cf. 1P 5,2), educare i fedeli come figli amatissimi in Cristo (cf. 1Co 4,14-15) e governare la Chiesa di Dio (cf. At Ac 20,28) per farla crescere quale comunione nello Spirito Santo per mezzo del Vangelo e dell’Eucaristia (473). Da questo deriva per il Vescovo la rappresentanza e il governo della Chiesa affidatagli, con la potestà necessaria per esercitare il ministero pastorale (“munus pastorale”)sacramentalmente ricevuto, come partecipazione alla stessa consacrazione e missione di Cristo (474). In forza di ciò, i Vescovi “reggono le Chiese particolari loro affidate, come vicari e legati di Cristo, col consiglio, la persuasione, l’esempio, ma anche con l’autorità e la sacra potestà, della quale però non si servono se non per edificare il proprio gregge nella verità e nella santità, ricordandosi che chi è più grande si deve fare come il più piccolo, e chi è il capo, come colui che serve (cf. Lc Lc 22,26-27)” (475). Perciò il Vescovo è pastore buono che conosce le sue pecorelle ed è da esse conosciuto, vero padre che si distingue per il suo spirito di carità e di zelo verso tutte (476); tuttavia, anche come giudice che amministra la giustizia abitualmente tramite il Vicario giudiziale e il tribunale, egli presta un non meno eccellente servizio alla comunità, imprescindibile al bene spirituale dei fedeli. Infatti in virtù della sacra potestà, di cui è investito con l’ufficio di Pastore della Chiesa affidatagli, e che esercita personalmente in nome di Cristo, ha il sacro dovere di dare leggi ai suoi sudditi, di giudicare e di regolare tutto quanto appartiene al culto e all’apostolato (477).

“Il Vescovo, dunque, è investito, in virtù dell’ufficio che ha ricevuto, di una potestà giuridica oggettiva, destinata ad esprimersi in atti potestativi mediante i quali attuare il ministero di governo (munus pastorale) ricevuto nel Sacramento.

Il governo del Vescovo, tuttavia, sarà pastoralmente efficace — occorre ricordarlo anche in questo caso — se poggerà su un’autorevolezza morale, data dalla sua santità di vita. Sarà questa a disporre gli animi ad accogliere il Vangelo da lui annunciato nella sua Chiesa, come anche le norme da lui fissate per il bene del Popolo di Dio” (478).


160 Il Vescovo, guida del suo popolo. Il Vescovo è colui che deve camminare insieme al suo popolo ed andare avanti, indicando con la parola e con la testimonianza della vita, prima ancora che con l’autorità ricevuta da Cristo, il cammino da percorrere. Egli deve essere una guida spirituale coerente e coraggiosa, che, come Mosè, vede l’invisibile e non abbia titubanze ad andare contro corrente, quando il bene spirituale lo esige. Egli deve adoperarsi perché la sua parola e le sue iniziative siano bene accolte e non sia scalfita la sua autorità agli occhi della comunità diocesana, ma poi quello che deve maggiormente importare ad un Vescovo è il giudizio di Dio.


161 La responsabilità personale del Vescovo. Il Vescovo è chiamato a promuovere la partecipazione dei fedeli alla vita della Chiesa, sforzandosi di suscitare la necessaria collaborazione. Egli deve anche compiere le opportune consultazioni di persone competenti ed ascoltare, secondo le prescrizioni del diritto, i vari organismi di cui la diocesi dispone per far fronte ai problemi umani, sociali, giuridici, che spesso presentano difficoltà non indifferenti. In questo modo il Vescovo potrà raccogliere quali sono le istanze e le esigenze presenti nella porzione di Popolo di Dio che gli è stata affidata; tuttavia, il Vescovo, consapevole di essere Pastore della Chiesa particolare e segno di unità, eviterà di svolgere un ruolo di mera moderazione tra i vari Consigli e altre istanze pastorali, ma agirà secondo i suoi diritti e doveri personali di governo che lo impegnano a decidere personalmente secondo coscienza e verità, e non in base al peso numerico dei consiglieri, salvo ovviamente i casi in cui il diritto richieda che per porre un determinato atto, il Vescovo necessiti del consenso di un collegio o di un gruppo di persone (479). La responsabilità di governare la diocesi pesa sulle spalle del Vescovo.


162 Il dovere della residenza. Il servizio di amore e la responsabilità nei confronti della Chiesa particolare richiedono al Vescovo l’osservanza dell’antica legge della residenza, sempre attuale e necessaria per assicurare il buon governo pastorale (480). Essa è un obbligo fondamentale del Vescovo: primo dovere infatti del Vescovo riguarda la sua diocesi e per poterlo assolvere adeguatamente è, innanzitutto, necessario che vi risieda. Il Vescovo deve personalmente risiedere in diocesi anche quando ha il Coadiutore o l’Ausiliare. Potrà legittimamente allontanarsi dalla diocesi per un mese ogni anno sia continuato o interrotto, sia per le proprie vacanze che per altri motivi. In ogni caso il Vescovo, prima di allontanarsi dalla diocesi, dovrà fare in modo che dalla sua assenza non derivi alcun danno alla diocesi e provvederà quanto è necessario per garantire la guida della Chiesa particolare.

Gli impegni del Vescovo a favore della Chiesa universale quali: la Visita “ad limina”, la partecipazione al Concilio Ecumenico o a quello particolare, al Sinodo dei Vescovi e alla Conferenza Episcopale non rientrano nel mese a disposizione del Vescovo, così come non vi rientrano i giorni per gli esercizi spirituali o quelli dedicati a particolari incarichi ricevuti dalla Santa Sede. Anche in queste circostanze il Vescovo curi di essere assente dalla diocesi solo per lo stretto tempo necessario.

Per altre assenze il Vescovo deve chiedere la licenza della Santa Sede.

In ogni caso il Vescovo dovrà sempre essere in diocesi per le maggiori solennità quali: il Natale, la Settimana Santa, la Risurrezione del Signore, la Pentecoste, il Corpo e il Sangue di Cristo.

Qualora il Vescovo sia rimasto assente illegittimamente dalla diocesi per più di sei mesi, è dovere del Metropolita, o, nel caso riguardante lo stesso Metropolita, del Vescovo più anziano della Provincia Ecclesiastica, informare la Santa Sede (481).

II. La Missione evangelizzatrice del Vescovo


163 Il Vescovo guida e coordinatore dell’evangelizzazione. La Chiesa è chiamata a portare a tutti gli uomini la verità e la grazia di Cristo, attraverso l’azione apostolica concorde di tutti i suoi figli. In virtù del suo mandato apostolico, al Vescovo spetta suscitare, guidare e coordinare l’opera evangelizzatrice della comunità diocesana, affinché la fede del Vangelo si diffonda e cresca, le pecore smarrite siano ricondotte all’ovile di Cristo (cf. Gv Jn 10,16 Lc Lc 15,4-7) e il Regno di Dio si diffonda fra tutti gli uomini.

Questa dimensione apostolica ed evangelizzatrice assume aspetti e significati differenti secondo i luoghi, poiché, mentre alcune Chiese sono chiamate a svolgere la missione “ad gentes”, altre invece affrontano con vigore la sfida di una “rievangelizzazione” degli stessi battezzati o della carenza di mezzi per l’assistenza pastorale dei fedeli. Per questo, in molti luoghi la demarcazione tra cura pastorale dei fedeli ed evangelizzazione non è definita (482).


164 La conoscenza dell’ambiente culturale e sociale. La Chiesa svolge la sua attività apostolica in un determinato ambiente storico, che condiziona in modo non indifferente la vita delle persone (483).

S’impone quindi un’adeguata comprensione dei diversi fattori sociali e culturali che influenzano le disposizioni religiose degli uomini, cosicché l’apostolato risponda sempre alle loro necessità e al loro tenore di vita. A ciò va sommata la conoscenza delle diverse tendenze e correnti di pensieroche riguardano direttamente la religione in generale e il ruolo della Chiesa in particolare: l’ateismo; le diverse concezioni sulla “secolarità” o il “secolarismo”; il fenomeno positivo del “ritorno religioso” che si avverte in molti luoghi, anche se a volte si traduce in forme deviate di religiosità; l’estesa ignoranza, anche in paesi di tradizione cattolica, sulla realtà storica e attuale della Chiesa e sulla sua dottrina, ecc.

La constatazione di tali fenomeni, nei loro aspetti positivi e negativi, sollecita lo zelo apostolico dei Pastori che, pieni di fiducia in Dio, debbono andare alla ricerca di tutte le anime per riportarle alla vita della grazia e della verità, proponendo l’annuncio di Dio e di Cristo, Figlio di Dio incarnato e Redentore dell’umanità, e l’insegnamento circa la grazia e la vita eterna, con sicurezza e chiarezza, ma anche con un linguaggio e strumenti adeguati alle condizioni del nostro tempo. Occorre in special modo prestare attenzione alla formazione dei ministri della Chiesa, in modo che la predicazione e la catechesi diano una risposta certa agli interrogativi dell’uomo di oggi (484).


165 Il coordinamento dell’apostolato e il piano pastorale diocesano. Perché la Parola di Dio raggiunga i diversi ambienti e persone, è necessario uno stretto coordinamento di tutte le opere di apostolato sotto la guida del Vescovo, “in modo che tutte le imprese e istituzioni: catechetiche, missionarie, caritative, sociali, familiari, scolastiche e qualunque altra che persegua un fine pastorale, vengano ridotte ad azione concorde, affinché al tempo stesso emerga con più chiarezza l’unità della diocesi” (485).

Il Vescovo coinvolga tutti i fedeli, sia individualmente che come membri delle aggregazioni nell’apostolato diocesano. Ciò va fatto rispettando la legittima libertà delle persone e delle associazioni, per realizzare i rispettivi apostolati, secondo la disciplina ecclesiale comune e particolare, ma assicurando al contempo che ogni iniziativa giovi al comune bene ecclesiale (486).

Il Vescovo provveda a organizzare in maniera adeguata l’apostolato diocesano, secondo un programma o piano pastorale che preveda un opportuno coordinamento delle diverse aree pastorali “specializzate” (liturgica, catechetica, missionaria, sociale, culturale, familiare, scolastica, ecc.) (487). Per l’elaborazione del piano, il Vescovo impegni i diversi uffici e consigli diocesani: in questo modo l’azione apostolica della Chiesa risponderà veramente alle necessità della diocesi e riuscirà a sommare gli sforzi di tutti nella sua esecuzione, senza mai però dimenticare l’azione dello Spirito Santo nell’opera dell’evangelizzazione.

L’elaborazione del piano richiede una previa analisi sulle condizioni sociologiche in cui si svolge la vita dei fedeli, cosicché l’azione pastorale sia sempre più efficace e affronti le reali difficoltà. Il piano deve prendere in considerazione i diversi aspetti geografici, la distribuzione demografica, la composizione della popolazione, tenendo presente le trasformazioni avvenute o che possono avvenire in un prossimo futuro. Deve rivolgersi a tutta la diocesi nel suo insieme e nella sua complessità, anche ai settori lontani dall’ordinaria cura pastorale.

Dopo aver studiato i diversi campi di evangelizzazione e aver opportunamente programmato le risorse pastorali, occorre inculcare in quanti lavorano apostolicamente un autentico “ardore di santità”, coscienti che l’abbondanza dei frutti e la reale efficacia saranno i risultati non tanto di una perfetta organizzazione delle strutture pastorali, quanto dell’unione di ciascuno con chi è la Via, la Verità e la Vita (cf. Gv
Jn 14,6) (488).



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