Direttorio Vescovi 2004 210


Capitolo VIII

LA PARROCCHIA, I VICARIATI FORANEI E LA VISITA PASTORALE


“Poiché nella sua Chiesa il Vescovo non può presiedere

personalmente sempre e ovunque l’intero suo gregge,

deve costituire per ciò delle assemblee di fedeli, tra cui

hanno un posto preminente le parrocchie organizzate localmente

sotto la guida di un pastore che fa le veci del Vescovo:

esse infatti rappresentano la Chiesa visibile stabilita

su tutta la terra. Per questo motivo la vita liturgica della

parrocchia e il suo legame con il Vescovo devono essere

coltivati nell’animo e nell’azione dei fedeli e del clero; e

bisogna fare in modo che il senso della comunità parrocchiale

fiorisca soprattutto nella celebrazione comunitaria

della Messa domenicale” (Sacrosanctum Concilium SC 42).



I. La Parrocchia


211 La parrocchia, comunità stabile della diocesi. Ogni diocesi deve essere suddivisa in parrocchie, che sono comunità di fedeli costituite in forma stabile ed affidate ad un parroco come proprio pastore (637).

Le parrocchie, in via ordinaria, sono costituite dai fedeli di un determinato territorio. Tuttavia, dove risulti opportuno, possono costituirsi parrocchie personali, cioè per gruppi di persone, ovunque sia ubicato il loro domicilio diocesano, sulla base del rito, della lingua, della nazionalità o di altre precise motivazioni (638).

Se a motivo di difficoltà (di ordine civile o economico, ecc.) non è possibile costituire in parrocchia una determinata comunità di fedeli, il Vescovo potrà erigere provvisoriamente unaquasi-parrocchia, affidandola ad un sacerdote come suo pastore. Quanto la disciplina canonica dispone circa la parrocchia, si applica anche alla quasi-parrocchia, a meno che le medesime norme stabiliscano diversamente (639).

L’organizzazione diocesana della struttura parrocchiale deve preoccuparsi, tenendo conto della distribuzione della popolazione del territorio, che i fedeli possano essere una vera comunità ecclesiale che si incontra per celebrare l’Eucaristia, che accoglie la Parola di Dio, vive la carità attraverso le opere di misericordia corporale e spirituale ed i pastori possano conoscere personalmente i fedeli e prestar loro una continua assistenza pastorale. In particolare, occorre facilitare ai parroci e ai vicari parrocchiali la realizzazione dei compiti che la disciplina canonica affida loro: la trasmissione della Parola di Dio, la celebrazione della liturgia e l’amministrazione dei sacramenti — specialmente le funzioni dette “parrocchiali” — e la sollecita presenza pastorale accanto ai fedeli, soprattutto i più bisognosi (640).

Il Vescovo provveda all’opportuna regolamentazione dell’attività parrocchiale, particolarmente per le seguenti materie:

– il Consiglio pastorale parrocchiale, la cui presenza è auspicabile in ogni parrocchia, a meno che l’esiguità del numero degli abitanti non consigli diversamente (641). Il Vescovo diocesano, sentito il Consiglio Presbiterale, valuterà la possibilità o meno di renderlo obbligatorio in tutte o nelle parrocchie più numerose;

– il Consiglio parrocchiale per gli affari economici (642), che deve essere costituito in ogni parrocchia, anche se formata da un ristretto numero di fedeli;

– i libri parrocchiali (643);

– i diritti e doveri dei vicari parrocchiali (644);

– la cura pastorale della parrocchia in assenza del parroco (645).


212 Il modello di parrocchia. La parrocchia deve essere caratterizzata soprattutto dall’unione delle persone, in modo da presentarsi come una vera comunità di fede, di grazia e di culto, presieduta dal parroco. In concreto, è opportuno prestare attenzione a una serie di caratteristiche che conformano il modello di parrocchia e ne accrescono l’efficacia pastorale:

– Collaborazione presbiterale. Senza rinunciare alla responsabilità che gli compete (646), il parroco insieme ai vicari parrocchiali e agli altri suoi collaboratori, studi la programmazione e l’esecuzione delle iniziative attinenti alla cura delle anime. è utile che il parroco e i vicari vivano nella casa parrocchiale, o almeno abbiano nella giornata momenti di incontro e di vita comune, per favorire la conoscenza, l’intesa e la comunione tra loro e dare anche testimonianza della fraternità sacerdotale (647).

– Partecipazione dei fedeli (chierici, consacrati e laici). Coloro che collaborano alle attività parrocchiali assumano e compiano, in piena responsabilità, gli impegni apostolici conformi alla loro condizione, curando sempre di operare in comunione di intenti con il parroco e in armonia con gli altri responsabili (648). Il parroco non tralascerà di chiedere il loro parere per le diverse questioni relative alla vita parrocchiale, soprattutto per mezzo del Consiglio pastorale parrocchiale (649), dove esista, o mediante altre forme di partecipazione alla vita parrocchiale.

– Promozione delle aggregazioni parrocchiali, specialmente quelle create dall’autorità della Chiesa per favorire la catechesi e il culto pubblico (650).

– Creazione di centri formativi di diverso tipo, come scuole di catechismo, scuole materne, elementari o di altro grado, sedi per incontri formativi dei giovani, centri di assistenza caritativa e sociale e per l’apostolato familiare, biblioteche, ecc. In breve, una rete organizzata che possa penetrare capillarmente e in maniera diversificata nei vari ambienti e gruppi della popolazione.


213 Il servizio del parroco e i vicari parrocchiali. Il parroco, con l’aiuto dei suoi vicari e degli altri presbiteri aggregati alla parrocchia, fa presente in una determinata comunità della diocesi il molteplice servizio del Vescovo: maestro, sacerdote e pastore. Egli è pastore proprio della comunità parrocchiale ed agisce sotto l’autorità del Vescovo (651).

I rapporti tra i pastori e i fedeli affidati loro debbono riflettere la natura comunitaria della Chiesa. Per questo il Vescovo cerchi di infondere nei chierici, e in particolare nei parroci, un animo paterno che li porti a trattare personalmente con i fedeli. Questo compito può essere difficile se il numero dei fedeli affidati a ciascun pastore risulta eccessivo, cosa che può verificarsi non soltanto nei territori di missione, ma anche in parrocchie di zone urbane cresciute a dismisura. Finché è possibile far fronte alla situazione, il Vescovo saprà suscitare lo zelo dei pastori, mettendoli in guardia di fronte a una visione efficientista o “burocratica” del ministero, e li spingerà a profittare di ogni occasione per avvicinarsi ai fedeli, soprattutto alle famiglie nelle proprie case. Gli stessi atti del ministero pastorale — la comunione degli infermi, la benedizione delle famiglie, la visita agli anziani, ecc. — costituiscono occasioni privilegiate.

Considerata l’importanza della funzione del parroco nella cura delle anime, il Vescovo farà uso di una diligenza speciale per la sua scelta. Attraverso opportune indagini sulle esigenze particolari della parrocchia, con l’aiuto del vicario foraneo o zonale, che non mancherà di consultare, si assicuri, in primo luogo, di trovare una persona idonea per sana dottrina e rettitudine, ma anche per zelo apostolico e per altre virtù necessarie al ministero parrocchiale (652), come la capacità di comunicazione e le doti organizzative e direttive. Vaglierà prudentemente anche l’ambiente umano, le possibilità e i problemi della parrocchia da provvedere, cercando di inviarvi un sacerdote che possa ben integrarsi nel contesto della parrocchia.

Il bene delle anime è la norma suprema che deve guidare il Vescovo nella nomina o cessazione dei parroci. Proprio il bene dei fedeli e il sereno esercizio della cura delle anime richiedono la stabilitàdei pastori, i quali debbono essere, per principio, nominati a tempo indeterminato, sebbene sia anche possibile la nomina temporanea se ciò è stato approvato dalla Conferenza Episcopale. L’indicazione della temporaneità della nomina deve essere indicata nel decreto di nomina del Parroco. Il Vescovo non potrà nominare un parroco per un tempo inferiore a quello indicato dalla Conferenza Episcopale (653). Tuttavia, la stabilità non deve essere un ostacolo alla disponibilità dei parroci ad assumere un’altra parrocchia, se lo richiede il bene delle anime (654).

La rinuncia del parroco, anche quella presentata ai 75 anni di età, non dovrà essere automaticamente accettata, ma occorrerà soppesare con attenzione il bene della comunità e le condizioni del parroco rinunciante. Secondo i casi, il Vescovo può affidare una parrocchia più piccola e meno impegnativa ad un parroco che ha rinunciato. Se, esistendo oggettive e documentate motivazioni di salute e relativa incapacità, il parroco si rifiuta di presentare la rinuncia nel tempo stabilito, il Vescovo cercherà con insistenza di fargli comprendere la necessità di sottostare al giudizio dei Pastori della Chiesa. L’invito a rinunciare ai 75 anni di età (655) potrà diventare un imperativo, se il bene della comunità lo esige e non concorrano altre cause di cessazione (656). La rimozione o il trasferimento forzati del parroco sono possibili soltanto per gravi motivazioni e secondo il procedimento stabilito dalla disciplina canonica (657).


214 L’organizzazione parrocchiale nelle grandi città. La grande città è un agglomerato estremamente complesso, caratterizzato da una notevole mobilità dei suoi abitanti e da marcate differenze tra le sue distinte zone. È solitamente suddivisa in quartieri molto differenziati: per esempio, il centro storico, con monumenti, musei e negozi; le zone residenziali, abitate da famiglie abbienti; la periferia o i sobborghi, in continua, rapida espansione, dove si rifugiano poveri ed emigrati, che spesso occupano dei veri e propri tuguri; le zone industriali, abitate da moltitudini di operai; i quartieri-dormitorio, popolati da grandi edifici multifamiliari, ecc.

Dal punto di vista ecclesiastico, lo sviluppo accelerato dell’area urbana può provocare unosquilibrio tra le sue diverse zone, cosicché alcune possono contare su di un numero sufficiente, a volte sovrabbondante, di luoghi di culto e di case religiose, mentre in altre zone sono insufficienti o mancano del tutto. Le parrocchie della grande città hanno la peculiarità che molte realtà sociali esistenti nei loro confini (uffici, scuole, fabbriche, ecc.) ospitano o danno lavoro a fedeli che, per motivi di domicilio, non appartengono alla parrocchia.

Perciò, dopo un attento esame della situazione nei suoi aspetti, il Vescovo si preoccupi perché:

a) sia equa ed efficiente la distribuzione dei ministri sacri in tutte le zone della città. Nella scelta dei chierici, occorre considerare le attitudini personali in rapporto alla sensibilità degli abitanti della zona e alla specificità del ministero che sono chiamati ad esercitare;

b) le parrocchie, chiese e oratori, case religiose e altri centri di evangelizzazione e di culto siano organizzate con criteri appropriati, per quanto riguarda la distribuzione geografica e le dimensioni territoriali;

c) esista uno stretto coordinamento dei responsabili delle parrocchie con i chierici e i religiosi che esercitano un incarico pastorale di portata interparrocchiale o diocesana (658);

d) per il bene dei fedeli, le parrocchie poco popolate della zona urbana offrano i propri servizi spirituali e svolgano un’attività pastorale anche nei confronti delle persone che lavorano nella zona.


215 Pianificazione dell’erezione di parrocchie. Il Vescovo diocesano dovrà preoccuparsi di organizzare le strutture pastorali in modo che si adattino all’esigenza della cura delle anime, in una visione globale e organica che offra la possibilità di una penetrazione capillare (659). Quando lo consigli il bene dei fedeli, dopo aver ascoltato il Consiglio Presbiterale (660), dovrà procedere alla modificazione dei limiti territoriali, alla divisione delle parrocchie troppo grandi o alla fusione di quelle piccole, alla erezione di nuove parrocchie o di centri per l’assistenza pastorale di comunità non territoriali, e anche ad un nuovo riassetto globale delle parrocchie di una stessa città.

Per lo studio di tutte le questioni attinenti all’erezione di parrocchie e alla costruzione di chiese, si potrà costituire un ufficio o una commissione, che operi in collaborazione con le altre commissioni interessate della diocesi. Conviene che questo ufficio o commissione sia integrato da chierici e altri fedeli, scelti per la competenza professionale.

Considerando lo sviluppo demografico della diocesi e anche i piani edilizi e di industrializzazione programmati dall’autorità civile, il Vescovo farà in modo di prevedere opportunamente le aree di ubicazione delle future chiese e di assicurarsi per tempo gli spazi necessari e gli strumenti giuridici per l’erezione di parrocchie, affinché non avvenga che, per trascuratezza, si trovi poi senza spazi disponibili o gli abitanti della zona si allontanino dalla pratica religiosa, non potendo contare su mezzi adeguati. In questi casi, è meglio destinare quanto prima i ministri all’assistenza dei fedeli, senza attendere la fine dei lavori.

Quando sia gli Istituti religiosi e le Società di vita apostolica sia istituzioni o altre personevogliono edificare una chiesa nel territorio della diocesi, devono ottenere il permesso scritto del Vescovo. Per prendere la decisione, il Vescovo ascolterà il Consiglio Presbiterale e i parroci delle chiese vicine, e dovrà valutare se la nuova chiesa costituirà un bene per le anime e se i promotori dispongono di ministri e di mezzi sufficienti per la costruzione e il culto (661).


216 Adattamento dell’assistenza parrocchiale a particolari necessità. Per far fronte a talune necessità pastorali, il Vescovo può ricorrere alle seguenti soluzioni:

a) In alcuni casi può risultare utile affidare un insieme di parrocchie a vari sacerdoti, i quali le amministrino in solido (662) e di cui uno sia il “moderatore”.

b) Si va diffondendo il ricorso alle cosiddette “unità pastorali” con le quali si intendono promuovere forme di collaborazione organica tra parrocchie limitrofe, come espressione della pastorale d’insieme. Quando il Vescovo ritiene opportuno la costituzione di tali strutture, conviene che si attenga ai seguenti criteri: che le aree territoriali siano delimitate in modo omogeneo, anche dal punto di vista sociologico; che le parrocchie coinvolte realizzino una reale pastorale d’insieme; che si garantiscano efficacemente i servizi pastorali alle singole comunità presenti sul territorio. La diversa organizzazione del servizio pastorale non deve far dimenticare che ogni comunità, anche piccola, ha diritto ad un autentico ed efficace servizio pastorale.

c) Alcuni Vescovi, a motivo della scarsità di clero, hanno provveduto ad istituire le cosiddette “équipes pastorales”, composte da un sacerdote e da alcuni fedeli – diaconi, religiosi e laici –, che sono incaricati di svolgere le attività pastorali in più parrocchie riunite in una, anche se non formalmente. In qualche caso l’esercizio della cura pastorale di una parrocchia è stato partecipato a uno o più diaconi o ad altri fedeli, con un sacerdote che li diriga pur mantenendo altri uffici ecclesiastici (663). In tali casi, bisogna che risulti di fatto e in concreto, e non solo giuridicamente, che è il sacerdote ad avere la guida della parrocchia ed a rispondere al Vescovo della sua conduzione. Il diacono, i religiosi, i laici aiutano il sacerdote collaborando con lui. Ovviamente, solo ai ministri sacri sono riservate le funzioni che richiedono il sacramento dell’Ordine. Il Vescovo istruisca i fedeli che si tratta di una situazione di supplenza per mancanza di un sacerdote che possa essere nominato parroco, e sia sollecito a porre fine a tale situazione appena gli sarà possibile (664).

d)Quando una comunità ben definita non può costituirsi in parrocchia o quasi-parrocchia, il Vescovo diocesano provveda altrimenti alla sua assistenza pastorale (665): in alcune circostanze, come l’aumentato afflusso di immigrati in un quartiere della città o la notevole dispersione di determinate comunità, il Vescovo può provvedere tramite l’erezione di un centro pastorale: un luogo, cioè, dove si celebrano le funzioni sacre, si impartisce la catechesi e si realizzano altre attività (di carità, culturali, di assistenza, ecc.) a beneficio dei fedeli. Per garantire la dignità del culto, converrà dotare il centro pastorale di una chiesa, semplice e idonea, o di un oratorio (666).

Il centro pastorale può essere affidato ad un vicario parrocchiale e dipende, a tutti gli effetti, dal parroco del luogo. Per l’amministrazione del centro e per la sua attività quotidiana, venga richiesta la collaborazione di religiosi o laici, i quali eserciteranno le funzioni conformi alla propria condizione.

e)Una modalità pratica di suddivisione della parrocchia in alcune regioni è la costituzione di“comunità ecclesiali di base” o gruppi di cristiani che si radunano per aiutarsi nella vita spirituale e nella formazione cristiana e per condividere problemi umani ed ecclesiali rispetto a un comune impegno; tali comunità hanno dato prova di efficacia evangelizzatrice, soprattutto in parrocchie di ambienti popolari e rurali. Occorre però evitare ogni tentazione di isolamento dalla comunione ecclesiale o di strumentalizzazione ideologica (667).


217 Contributo economico dei fedeli. Appellandosi allo spirito di fede del Popolo di Dio, il Vescovo solleciti la generosità dei fedeli perché contribuiscano economicamente alle necessità della Chiesa e al sostentamento del clero (668), nonché all’edificazione di nuove parrocchie e di altri luoghi di culto. A tal fine, potrà stabilire che in tutte le chiese e negli oratori aperti ai fedeli, anche quelli appartenenti a Istituti religiosi e a Società di vita apostolica, si realizzi una colletta speciale in favore di queste iniziative diocesane, sotto forma di speciali “giornate” o in altro modo (669). Con lo stesso scopo, è anche possibile l’imposizione di tributi ordinari o straordinari (670).

Per una sana propaganda tra i fedeli e per la raccolta delle offerte, laddove la Conferenza Episcopale non abbia diversamente provveduto, potrà essere utilmente costituita una specialeassociazione o fondazione canonica retta da fedeli laici.

In questo campo, il Vescovo cerchi di evitare attentamente che gli aspetti finanziari prevalgano su quelli pastorali, giacché agli occhi di tutti deve risplendere lo spirito di fede e di distacco dai beni materiali, che è proprio della Chiesa.

II. Le Foranie


218 I Vicariati foranei o Decanati o Arcipreture e simili. Per facilitare l’assistenza pastorale tramite un’attività comune, varie parrocchie limitrofe possono essere riunite in gruppi peculiari, quali sono i vicariati foranei detti anche decanati o arcipreture o anche zone pastorali o Prefetture (671). In modo analogo si potrà procedere in relazione ad altri uffici con cura di anime, come per esempio i cappellani di ospedali e scuole, cosicché ne derivi un opportuno sviluppo di ciascun settore pastorale.

Per rendere possibile l’attuazione del loro fine pastorale, nella erezione dei vicariati foranei o simili occorre che il Vescovo consideri alcuni criteri quali: l’omogeneità dell’indole e le consuetudini della popolazione, le caratteristiche comuni del settore geografico (per esempio, un quartiere urbano, un bacino minerario, una circoscrizione), la prossimità geografica e storica delle parrocchie, la facilità di incontri periodici per i chierici e altro, senza escludere gli usi tradizionali.

È opportuno dotare i vicariati foranei di uno statuto comune, che il Vescovo approverà dopo aver ascoltato il Consiglio Presbiterale, e nel quale si stabilisca, fra l’altro:

– la composizione di ogni vicariato foraneo;

– la denominazione dell’ufficio di presidenza, secondo le tradizioni del luogo (Arciprete, Decano, Vicario foraneo), le sue facoltà, la forma di designazione, la durata dell’incarico (672), ecc.;

– le riunioni a livello di forania: dei parroci e vicari parrocchiali, dei responsabili dei vari settori pastorali, ecc.;

– se non si fosse provveduto in altra sede, gli statuti possono determinare anche che alcuni vicari foranei siano, in base al proprio ufficio, membri dei Consigli diocesani presbiterale e pastorale.

Dove risulti conveniente, potranno costituirsi servizi pastorali comuni per le parrocchie della forania, animati da gruppi di presbiteri, religiosi e laici.


219 La missione del Vicario foraneo, dell’Arciprete o Decano e simili. L’ufficio di Vicario foraneo riveste una notevole importanza pastorale, in quanto collaboratore stretto del Vescovo nella cura pastorale dei fedeli e sollecito “fratello maggiore” dei sacerdoti della forania, soprattutto se sono malati, o in situazioni difficili. A lui spetta coordinare l’attività pastorale che le parrocchie realizzano in comune, vigilare affinché i sacerdoti vivano conformemente al loro stato e perché venga osservata la disciplina parrocchiale, soprattutto liturgica (673).

Converrà perciò che il Vescovo tenga incontri periodici con i Vicari foranei, per trattare i problemi della diocesi e per essere debitamente informato della situazione delle parrocchie. Il Vescovo, altresì, consulterà il Vicario foraneo per la nomina dei parroci.

Se il diritto particolare o la legittima consuetudine non prevedono altrimenti — per esempio, stabilendo un sistema elettivo o misto, oppure assegnando la carica ai titolari di alcune parrocchie principali — il Vescovo sceglie personalmente i Vicari foranei (674), considerando però le preferenze dei sacerdoti della forania. Egli può rimuovere qualunque Vicario foraneo quando, secondo il suo prudente giudizio, vi sia una giusta causa (675).

Il Vicario foraneo deve avere le seguenti caratteristiche:

– essere un sacerdote che risiede nella forania e sia possibilmente in cura d’anime;

– essersi guadagnato la stima del clero e dei fedeli per la sua prudenza e dottrina, pietà e zelo apostolico;

– meritare la fiducia del Vescovo, il quale così possa, quando sia necessario, delegargli dellefacoltà (676);

– avere sufficienti doti di direzione e di lavoro in équipe.


220 Le zone pastorali e simili. I medesimi criteri che portano alla costituzione di foranie possono suggerire, in diocesi di una certa estensione, la costituzione di raggruppamenti vari, sotto il nome di zona pastorale o altro. Alla guida di ciascuna zona potranno porsi Vicari episcopali, i quali abbiano potestà ordinaria per l’amministrazione pastorale della zona in nome del Vescovo, oltre a speciali facoltà che questi decida di affidare loro (677).

III. La Visita Pastorale


221 Natura della visita pastorale. “Il Vescovo ha l’obbligo di visitare la diocesi ogni anno interamente o parzialmente, in modo che almeno ogni cinque anni visiti tutta la diocesi, di persona o, se ne è legittimamente impedito, per mezzo del Vescovo Coadiutore, o dell’Ausiliare, o del Vicario Generale o episcopale, o di un altro presbitero” (678).

La visita pastorale è una delle forme, collaudate dall’eperienza dei secoli, con cui il Vescovo mantiene contatti personali con il clero e con gli altri membri del Popolo di Dio. è occasione per ravvivare le energie degli operai evangelici, lodarli, incoraggiarli e consolarli, è anche l’occasione per richiamare tutti i fedeli al rinnovamento della propria vita cristiana e ad un’azione apostolica più intensa. La visita gli consente inoltre di valutare l’efficienza delle strutture e degli strumenti destinati al servizio pastorale, rendendosi conto delle circostanze e difficoltà del lavoro di evangelizzazione, per poter determinare meglio le priorità e i mezzi della pastorale organica.

La visita pastorale è pertanto un’azione apostolica che il Vescovo deve compiere animato da carità pastorale che lo manifesta concretamente quale principio e fondamento visibile dell’unità nella Chiesa particolare (679). Per le comunità e le istituzioni che la ricevono, la visita è un evento di grazia che riflette in qualche misura quella specialissima visita con la quale il “supremo pastore” (
1P 5,4) e guardiano delle nostre anime (cf. 1P 2,25), Gesù Cristo, ha visitato e redento il suo popolo (cf. Lc Lc 1,68) (680).

Alla visita pastorale sono soggetti “le persone, istituzioni cattoliche, cose e luoghi sacri che si trovino entro l’ambito della diocesi” (681), compresi i monasteri autonomi e le case degli Istituti
religiosi di diritto diocesano e tenute presenti le limitazioni di esercizio poste dalla norma canonica per quanto attiene alle chiese ed oratori di quelli di diritto pontificio (682).


222 Modo di effettuare la visita pastorale alle parrocchie. Nella visita alle parrocchie, il Vescovo cerchi di realizzare, secondo le possibilità di tempo e di luogo, i seguenti atti:

a) celebrare la Messa e predicare la Parola di Dio;

b) conferire solennemente il sacramento della Confermazione, possibilmente durante la Messa;

c) incontrare il parroco e gli altri chierici che aiutano nella parrocchia;

d) riunirsi con il Consiglio pastorale o, se non esiste, con i fedeli (chierici, religiosi e membri delle Società di vita apostolica e laici) che collaborano nei diversi apostolati e con le associazioni di fedeli;

e) incontrarsi con il Consiglio per gli affari economici;

f) avere un incontro con i bambini, i ragazzi e i giovani che percorrono l’itinerario catechistico;

g) visitare le scuole e altre opere e istituzioni cattoliche dipendenti dalla parrocchia;

h) visitare, nei limiti del possibile, alcuni malati della parrocchia.

Il Vescovo potrà anche decidere altri modi di farsi presente tra i fedeli, considerando gli usi del posto e l’opportunità apostolica: con i giovani, per esempio in occasione di iniziative culturali e sportive; con gli operai, per stare in loro compagnia, dialogare, ecc.

Nella visita non si deve tralasciare, infine, l’esame della amministrazione e conservazione della parrocchia: luoghi sacri e ornamenti liturgici, libri parrocchiali e altri beni. Tuttavia, alcuni aspetti di questo compito potranno essere lasciati ai vicari foranei o ad altri chierici idonei (683), nei giorni precedenti o successivi alla visita, cosicché il Vescovo possa dedicare il tempo della visita soprattutto agli incontri personali, come compete al suo ufficio di Pastore (684).


223 Preparazione della visita pastorale. La visita pastorale, programmata con il dovuto anticipo, richiede un’adeguata preparazione dei fedeli, mediante speciali cicli di conferenze e prediche su
temi relativi alla natura della Chiesa, alla comunione gerarchica e all’episcopato, ecc. Si potranno anche pubblicare opuscoli e utilizzare altri mezzi di comunicazione sociale. Per mettere in risalto
l’aspetto spirituale e apostolico, la visita può essere preceduta da un corso di missioni popolari(685), che raggiunga tutte le categorie sociali e tutte le persone, anche quelle lontane dalla pratica religiosa.

Il Vescovo deve anche prepararsi in modo adeguato ad effettuare la visita, informandosi in precedenza sulla situazione socio-religiosa della parrocchia: tali dati potranno rivelarsi utili a lui e agli uffici diocesani interessati, per avere un quadro reale dello stato delle comunità e adottare gli opportuni provvedimenti.


224 Atteggiamento del Vescovo durante la visita. Durante la visita, come in ogni esercizio del suo ministero, il Vescovo si comporti con semplicità e amabilità, e dia esempio di pietà, carità e povertà: tutte virtù che, insieme alla prudenza, distinguono il Pastore della Chiesa. Il Vescovo stimi la visita pastorale come quasi anima episcopalis regiminis, un’espansione della sua presenza spirituale tra i suoi fedeli (686).

Avendo come modello Gesù, il buon Pastore, egli si presenti ai fedeli non “con ostentazione di eloquenza” (
1Co 2,1), né con dimostrazioni di efficientismo, bensì rivestito di umiltà, bontà, interesse per le persone, capace di ascoltare e di farsi comprendere.

Durante la visita, il Vescovo deve preoccuparsi di non gravare sulla parrocchia o sui parrocchiani con spese superflue (687). Ciò non impedisce, tuttavia, le semplici manifestazioni festive, che sono la naturale conseguenza della gioia cristiana ed espressione di affetto e venerazione per il Pastore.


225 Conclusione della visita. Conclusa la visita pastorale alle parrocchie, è opportuno che il Vescovo rediga un documento che testimoni la avvenuta visita per ciascuna parrocchia, dove ricordi la visita svolta, apprezzi gli impegni pastorali e stabilisca quei punti per un cammino più impegnato della comunità, senza tralasciare di far presente lo stato dell’edilizia di culto, delle opere pastorali e di altre eventuali istituzioni pastorali.

Capitolo IX

IL VESCOVO EMERITO


“È giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto

la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato

la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore,

giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me,

ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua

manifestazione” (2Tm 4,7-8).



226 Invito a presentare la rinuncia all’ufficio. Il Vescovo diocesano, il Vescovo Coadiutore ed il Vescovo Ausiliare al compiere i 75 anni di età sono invitati a presentare la rinuncia all’ufficio al Sommo Pontefice, il quale provvederà ad accettare tali dimissioni dopo aver valutato tutte le circostanze (688). In caso di infermità o di altra grave causa che possa pregiudicare lo svolgimento del ministero episcopale, il Vescovo, in quanto vivamente invitato dal diritto a farlo, si senta in dovere di presentare la rinuncia al Romano Pontefice (689). Dal momento in cui viene pubblicata l’accettazione della rinuncia da parte del Romano Pontefice, il Vescovo diocesano assume, ipso iure, il titolo di Vescovo emerito della diocesi (690); mentre il Vescovo Ausiliare conserva il titolo della sua sede titolare aggiungendo l’appellativo di “già Vescovo Ausiliare” della diocesi.


227 Relazione fraterna con il Vescovo diocesano. I rapporti tra il Vescovo diocesano ed il Vescovo emerito devono essere improntati a quella fraternità che nasce dall’appartenenza al medesimo Collegio episcopale e alla condivisione della comune missione apostolica, nonché dallo stesso affetto per la Chiesa particolare (691). La fraternità tra il Vescovo diocesano e quello emerito sarà di edificazione per il Popolo di Dio e particolarmente per il Presbiterio diocesano. Il Vescovo diocesano, se il Vescovo emerito risiede nella diocesi, potrà ricorrere a lui per l’amministrazione dei sacramenti, specialmente quelli della confessione e della confermazione e, se lo riterrà opportuno, potrà affidare al Vescovo emerito qualche altro compito particolare.

Il Vescovo diocesano apprezzerà il bene che il Vescovo emerito compie nella Chiesa in genere, ed in particolare nella diocesi, con la preghiera, a volte con la sofferenza accettata per amore, con l’esempio della vita sacerdotale e con il consiglio, quando viene richiesto.

A sua volta il Vescovo emerito avrà cura di non interferire in nulla né direttamente né indirettamente nella guida della diocesi ed eviterà ogni atteggiamento ed ogni rapporto che potrebbe dare anche solo l’impressione di costituire quasi una autorità parallela a quella del Vescovo diocesano, con conseguente pregiudizio per la vita e l’unità pastorale della comunità diocesana. A questo fine il Vescovo emerito svolgerà la sua attività sempre in pieno accordo ed in dipendenza dal Vescovo diocesano, in modo che tutti comprendano chiaramente che solo quest’ultimo è il capo e il primo responsabile del governo della diocesi.


228 Diritti del Vescovo emerito in relazione ai “munera” episcopali.

a) Il Vescovo emerito conserva il diritto di predicare dovunque la Parola di Dio, a meno che il Vescovo diocesano non lo abbia negato espressamente (692) a motivo di particolari situazioni.

b) Conserva anche il diritto di amministrare tutti i sacramenti, in particolare:

1. la Cresima, con la licenza almeno presunta del Vescovo diocesano (693);

2. la Confessione, di cui mantiene la facoltà di riceverla ovunque. Nel foro sacramentale può rimettere le pene latae sententiae non dichiarate e non riservate alla Sede Apostolica (694);

3. l’Ordine del Diaconato e del Presbiterato, con le lettere dimissorie dell’Ordinario del candidato, e la consacrazione episcopale con il mandato Pontificio (695);

4. assiste validamente al Matrimonio con la delega dell’Ordinario del luogo o del parroco (696).


229 Diritti del Vescovo emerito in relazione alla Chiesa particolare.

a) Il Vescovo emerito, se lo desidera, può continuare ad abitare entro i confini della diocesi di cui fu Vescovo. Se non ha provveduto personalmente, la diocesi deve assicurargli un alloggio conveniente. La Santa Sede, per particolari circostanze, può disporre che il Vescovo emerito non risieda nel territorio della diocesi (697). Il Vescovo emerito gode della facoltà di avere nella propria abitazione la Cappella privata con i medesimi diritti dell’oratorio (698) e di conservarvi l’Eucaristia (699). Il Vescovo religioso, se egli così preferisce, può scegliersi un’abitazione fuori dalle case dell’Istituto, a meno che la Sede Apostolica non abbia disposto altrimenti (700).

b) Il Vescovo emerito ha il diritto di ricevere il sostentamento dalla diocesi in cui ha prestato il servizio episcopale. Tale dovere incombe, secondariamente alla Conferenza Episcopale e, nel caso del Vescovo religioso, l’Istituto proprio può provvedere liberamente al suo onesto sostentamento (701).

c) Il Vescovo emerito ha il diritto di ricevere dalla diocesi il bollettino diocesano e altra documentazione del genere, per poter essere informato della vita e delle iniziative della Chiesa particolare (702).

d) Il Vescovo emerito ha il diritto di essere sepolto nella propria chiesa Cattedrale e, se è religioso, eventualmente nel cimitero del suo Istituto (703).


230 Diritti del Vescovo emerito in relazione alla Chiesa universale.

a) Il Vescovo emerito continua ad essere membro del Collegio episcopale “in virtù della consacrazione episcopale e mediante la comunione gerarchica con il Capo e con i membri del Collegio” (704). Ha quindi diritto di assistere il Romano Pontefice e di collaborare con lui per il bene di tutta la Chiesa. Inoltre, ha il diritto di intervenire al Concilio Ecumenico, con voto deliberativo (705), e di esercitare la potestà collegiale entro i termini di legge (706).

b) Il Vescovo emerito può essere eletto dalla Conferenza Episcopale per partecipare all’Assemblea del Sinodo dei Vescovi in qualità di rappresentante eletto dalla medesima Conferenza (707).

c) In forza delle proprie competenze, il Vescovo emerito può essere nominato membro (fino agli 80 anni) e consultore dei Dicasteri della Curia Romana (708).

d) Il Vescovo emerito conserva il diritto di presentare alla Sede Apostolica i nomi dei presbiteri giudicati degni ed idonei per l’episcopato (709).

e) In materia penale, colui che usa violenza fisica alla persona del Vescovo emerito incorre nell’interdetto latae sententiae o se chierico, nella sospensione (710). In caso di giudizio contenzioso, il Vescovo emerito ha il diritto di essere giudicato dal Tribunale Apostolico della Rota Romana (711), mentre nelle cause penali dal Romano Pontefice (712). Egli, inoltre, ha il diritto di scegliere il luogo dove essere interrogato in giudizio (713).

f) Il Vescovo emerito ha il diritto di esercitare la sollecitudine verso tutte le Chiese, attraverso una particolare sollecitudine per l’opera missionaria, sostenendo attraverso il suo ministero, le iniziative missionarie in modo che il Regno di Dio si estenda su tutta la terra.


231 Il Vescovo emerito e gli organi sovradiocesani.

a) Il Vescovo emerito può essere invitato al Concilio particolare. In tal caso egli ha voto deliberativo.

b) è opportuno che il Vescovo emerito sia invitato all’Assemblea della Conferenza Episcopale con voto consultivo, a norma degli Statuti. Al riguardo è auspicabile che gli Statuti delle Conferenze Episcopali ne prevedano tale partecipazione con voto consultivo (714).

c) Si raccomanda alle Conferenze Episcopali di utilizzare per lo studio delle varie questioni di carattere pastorale e giuridico la competenza e l’esperienza dei Vescovi emeriti, ancora in buona salute e disponibili a dare la loro opera. Fra l’altro i Vescovi emeriti hanno normalmente più tempo per approfondire i singoli problemi. Le Presidenze delle Conferenze Episcopali sono autorizzate ad aggiungere ad ognuna delle Commissioni Episcopali un Vescovo emerito, che abbia particolare esperienza nel relativo settore pastorale e sia disponibile ad assumere l’incarico che gli viene proposto. Il Vescovo emerito nella Commissione Episcopale a cui sia chiamato ha voto deliberativo (715).

Direttorio Vescovi 2004 210