Discorsi 2005-13 25191

CERIMONIA DI CONGEDO Aeroporto di Lahr Domenica, 25 settembre 2011

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Illustre e caro Signor Presidente Federale,
Distinti Rappresentanti del Governo Federale,
del Land Baden Württemberg e dei Comuni,
Cari Confratelli nell’Episcopato,
Gentili Signore e Signori!

Prima di lasciare la Germania, mi preme ringraziare per i giorni trascorsi, così commoventi e ricchi di avvenimenti, nella nostra patria.

La mia gratitudine va a Lei, Signor Presidente Federale Wulff, che, a Berlino, mi ha accolto in nome del popolo tedesco ed ora, al momento del congedo, mi ha onorato di nuovo con le sue cortesi parole. Ringrazio i Rappresentanti del Governo Federale e dei Governi dei Länder che sono venuti alla cerimonia di congedo. Un grazie di cuore all’Arcivescovo di Friburgo Mons. Zollitsch, che mi ha accompagnato durante tutto il viaggio. Volentieri estendo i miei ringraziamenti anche all’Arcivescovo di Berlino Mons. Woelki, e al Vescovo di Erfurt Mons. Wanke, che mi hanno altrettanto mostrato la loro ospitalità, nonché all’intero Episcopato tedesco. Infine, rivolgo un ringraziamento particolare a quanti hanno preparato, dietro le quinte, questi quattro giorni, assicurando il loro svolgimento, senza intoppi: alle istituzioni comunali, alle forze dell’ordine, ai servizi sanitari, ai responsabili dei trasporti pubblici nonché ai numerosi volontari. Ringrazio tutti per queste splendide giornate, per i tanti incontri personali e per gli innumerevoli segni di attenzione e di affetto mostratimi.

Nella capitale federale Berlino ho avuto l’occasione particolare di parlare davanti ai parlamentari al Deutscher Bundestag ed esporre loro alcune riflessioni sui fondamenti intellettuali dello stato di diritto. Volentieri ripenso anche ai colloqui fruttuosi con il Presidente Federale e la Signora Cancelliere sulla situazione attuale del popolo tedesco e della comunità internazionale. Mi ha particolarmente toccato l’accoglienza cordiale e l’entusiasmo di così tante persone a Berlino.

Nel Paese della Riforma, l’ecumene ha costituto naturalmente uno dei punti centrali del viaggio. Qui vorrei rilevare l’incontro con i rappresentanti della “Chiesa Evangelica in Germania” nel già Convento agostiniano a Erfurt. Sono profondamente grato per lo scambio fraterno e la preghiera comune. Molto particolare è stato anche l’incontro con i cristiani ortodossi e ortodossi orientali, come pure con gli ebreie i musulmani.

Ovviamente, questa visita era rivolta in particolare ai cattolici Berlino, a Erfurt, nell’Eichsfeld e a Friburgo. Ricordo con piacere le celebrazioni liturgiche comuni, la gioia, l’ascoltare insieme la Parola di Dio e il pregare e il cantare uniti – soprattutto anche nelle parti del Paese in cui si è tentato per decenni di rimuovere la religione dalla vita delle persone. Questo mi rende fiducioso per il futuro della Chiesa in Germania e del cristianesimo in Germania. Come già durante le visite precedenti, si è potuto sperimentare quante persone qui testimoniano la propria fede e rendono presente la sua forza trasformante nel mondo di oggi.

Non da ultimo, sono stato molto lieto, dopo l’impressionante Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid, di stare anche a Friburgo, di nuovo insieme con tanti giovani, ieri, alla veglia della gioventù. Desidero incoraggiare la Chiesa in Germania a proseguire con forza e fiducia il cammino della fede, che fa ritornare le persone alle radici, al nucleo essenziale della Buona Novella di Cristo. Ci saranno comunità piccole di credenti – e già esistono – che con il proprio entusiasmo diffondono raggi di luce nella società pluralistica, rendendo altri curiosi di cercare la luce che dà vita in abbondanza. “Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui” (Omelia per l’inizio solenne del Ministero petrino, 24 aprile 2005). Da questa esperienza cresce infine la certezza: “Dove c’è Dio, là c’è futuro”. Dove Dio è presente, là c’è speranza e là si aprono prospettive nuove e spesso insospettate che vanno oltre l’oggi e le cose effimere. In questo senso accompagno, nei pensieri e nelle preghiere, il cammino della Chiesa in Germania.

Colmo di esperienze e ricordi, fortemente impressi, di questi giorni nella mia patria, ritorno ora a Roma. Con l’assicurazione delle mie preghiere per tutti voi e per un futuro buono per il nostro Paese in pace e libertà, mi congedo con un cordiale “Vergelt’s Gott” [Dio ve ne renda merito]. Dio vi benedica tutti!





SALUTO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI DIPENDENTI DELLE VILLE PONTIFICIE DI CASTEL GANDOLFO Castel Gandolfo Mercoledì, 28 settembre 2011

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Cari fratelli e sorelle,

siamo giunti alla conclusione del soggiorno estivo a Castel Gandolfo. Anche quest’anno mi è gradito incontrarvi, per salutarvi tutti insieme ed esprimervi la mia riconoscenza per il prezioso servizio che avete svolto e per quello che continuerete a compiere con competenza nella custodia di questa dimora. Nella persona del Direttore, il Dottor Saverio Petrillo, che con la consueta cortesia si è fatto interprete dei sentimenti di tutti, ringrazio l’intera comunità di lavoro che cura il Palazzo e le Ville Pontificie.

In questo luogo si vive in continuo contatto con la natura e in un clima di silenzio. Sono lieto di questa circostanza per ricordare che l’una e l’altro ci avvicinano a Dio: la natura, in quanto capolavoro uscito dalle mani del Creatore; il silenzio, che ci permette di pensare e meditare senza distrazioni l’essenziale della nostra esistenza. Romano Guardini affermava: “solo nel silenzio giungo davanti a Dio e solo nel silenzio conosco me stesso”. In un ambiente come questo è più facile ritrovare se stessi, ascoltando la voce interiore, direi la presenza di Dio, che dà senso profondo alla nostra vita.

Abitando qui a Castel Gandolfo, ho vissuto in questi mesi momenti sereni di studio, di preghiera e di riposo. Anche le Udienze generali, nella cornice più familiare e gioiosa del cortile del Palazzo o della piazza prospiciente, si sono svolte regolarmente grazie alla vostra sempre attenta collaborazione. Il Signore ricompensi ciascuno con l’abbondanza dei suoi doni e custodisca nella pace voi e le vostre famiglie. In particolare, vi ringrazio perché mi accompagnate col sostegno della vostra preghiera, e questo aiuto non mi verrà a mancare dopo la mia partenza da qui.

Il cristiano si distingue essenzialmente per la preghiera e la carità. Vi invito, cari amici, a continuare ad esercitare l’una e l’altra nella vostra vita, dando testimonianza della vostra fede. Tanto la preghiera quanto la carità ci consentono di tenere sempre fisso il nostro sguardo su Dio a vantaggio dei fratelli: il rapporto con il Signore, nella preghiera, alimenta il nostro spirito e ci permette di essere ancora più generosi e aperti nella carità verso i bisognosi.

Mentre anch’io vi assicuro il ricordo nelle mie preghiere, vi auguro ogni bene per la vita familiare, per il lavoro quotidiano e per la scuola dei bambini e dei ragazzi. Penso anche alla formazione cristiana: invito i ragazzi a partecipare con impegno al catechismo, e anche gli adulti ad approfittare sempre delle occasioni formative. Vi affido tutti alla protezione della Vergine Maria e di cuore a ciascuno di voi qui presenti e ai vostri cari una particolare Benedizione Apostolica.





SALUTO ALLE DIVERSE COMUNITÀ RELIGIOSE E CIVILI DI CASTEL GANDOLFO Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, Sala degli Svizzeri Giovedì, 29 settembre 2011

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Cari fratelli e sorelle,

sta per concludersi anche quest’anno il periodo estivo che abitualmente trascorro in questa gentile e accogliente località a me sempre più cara. Castel Gandolfo, anche quest'estate, ha aperto le sue porte ai molti pellegrini e visitatori venuti per incontrare il Papa e pregare insieme con Lui, specialmente la domenica per il consueto appuntamento dell’Angelus e non poche volte il mercoledì per l’Udienza Generale. In questi mesi ho potuto ammirare, ancora una volta, la sollecitudine e la generosa opera di tante persone impegnate a garantire la necessaria assistenza a me e ai miei collaboratori, come anche agli ospiti e ai pellegrini che vengono a farmi visita. Per tutto questo desidero esprimere la mia profonda riconoscenza a ciascuno di voi, che avete reso possibile la mia serena permanenza.

Saluto con affetto fraterno anzitutto il Vescovo di Albano Laziale, Mons. Marcello Semeraro, e gli sono grato per la premura che sempre ha nei miei confronti. Saluto il Parroco e la comunità parrocchiale di Castel Gandolfo, insieme alle comunità religiose e laicali, maschili e femminili, presenti nel territorio. In questi mesi ho sentito la loro vicinanza spirituale e le ringrazio di cuore, augurando a tutti di corrispondere con rinnovata generosità alla chiamata di Dio, spendendo le proprie energie a servizio del Vangelo.

Un deferente saluto rivolgo poi al Signor Sindaco e ai componenti dell’Amministrazione Comunale. Grazie per la vostra attenzione e per tutto quello che avete fatto per me e per i miei collaboratori durante questi mesi. Attraverso voi, cari Amministratori pubblici, ringrazio e saluto l'intera cittadinanza, con un pensiero speciale per le persone anziane e ammalate, alle quali assicuro con affetto il mio ricordo nella preghiera.

Mi rivolgo ora ai dirigenti e agli addetti ai diversi Servizi del Governatorato: il Corpo della Gendarmeria, la Floreria, i Servizi tecnici, i Servizi sanitari, come pure alla Guardia Svizzera Pontificia. Cari amici, esprimo sincera stima e grande apprezzamento per il lavoro che quotidianamente avete svolto, garantendo assistenza e sicurezza all’intero Palazzo apostolico e alle Ville Pontificie. Ringrazio poi i funzionari e gli agenti delle diverse Forze dell’Ordine italiane, per la loro assidua collaborazione, come pure gli ufficiali ed avieri del 31° Stormo dell’Aeronautica Militare. Se tutto si è svolto nella tranquillità e nella serenità, lo si deve senza dubbio anche alla vostra presenza e al vostro qualificato servizio.

Cari fratelli e sorelle, a tutti esprimo la riconoscenza più sincera. Grazie ancora per la vostra presenza a quest’incontro, in special modo a coloro che si sono fatti interpreti dei vostri sentimenti. Assicuro da parte mia che non mancherò di pregare per ciascuno di voi e per tutte le vostre intenzioni e vi domando di ricordarmi nella preghiera. Il Signore, ricco di bontà e di misericordia, che non fa mai mancare il suo aiuto a coloro che confidano in Lui sia sempre il vostro saldo sostegno. Su di voi vegli con materna protezione la Vergine Maria, che nel mese di ottobre invocheremo in modo speciale con la recita del santo Rosario. Sia Lei ad accompagnare voi e le vostre famiglie in ogni momento. Con tali sentimenti, vi benedico con affetto insieme con i vostri familiari e tutte le persone che vi sono care.



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL'INDONESIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Sala del Concistoro Venerdì, 7 ottobre 2011

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Cari Fratelli Vescovi,

sono lieto di porgervi il mio affettuoso e fraterno benvenuto in occasione della vostra visita ad limina apostolorum, una opportunità privilegiata per rendere grazie a Dio per il dono di comunione che esiste nell’unica Chiesa di Cristo, e un momento di approfondimento dei nostri vincoli di unità nella fede apostolica. Desidero ringraziare il Vescovo Situmorang per le sue cordiali parole pronunciate a vostro nome e a nome di quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale. Rivolgo saluti cordiali anche ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai laici affidati alle vostre cure pastorali. Vi prego di assicurarli delle mie preghiere per la loro santificazione e per il loro benessere.

Il messaggio di Cristo di salvezza, perdono e amore viene predicato nel vostro Paese da secoli. Infatti, l’impulso missionario resta essenziale per la vita della Chiesa e trova espressione non solo nella predicazione del Vangelo, ma anche nella testimonianza della carità cristiana (cfr. Ad gentes
AGD 2). A questo proposito, apprezzo gli sforzi intensi fatti da numerosi individui e da organismi nel nome della Chiesa per portare la tenera compassione di Dio ai numerosi membri della società indonesiana.

Questa è la caratteristica di ogni movimento, azione ed espressione della Chiesa, in tutti i suoi sforzi sacramentali, caritativi, educativi e sociali, cosicché in ogni cosa i suoi membri possano cercare di far conoscere il Dio Uno e Trino e di farlo amare attraverso Gesù Cristo. Questo non contribuirà soltanto alla vitalità spirituale della Chiesa mentre cresce nella fiducia attraverso una testimonianza umile seppur coraggiosa, ma rafforzerà anche la società indonesiana promuovendo i valori cari ai vostri cittadini: tolleranza, unità e giustizia per tutti i cittadini. In modo opportuno la costituzione indonesiana garantisce il diritto umano fondamentale alla libertà di praticare la propria religione. La libertà di vivere e di predicare il Vangelo non si può mai dare per scontata e deve essere sempre giustamente e pazientemente sostenuta. Né la libertà di religione è solo un diritto a essere liberi dalle costrizioni esterne. È anche un diritto a essere cattolici in maniera autentica e piena, a praticare la fede, a edificare la Chiesa e contribuire al bene comune, proclamando il Vangelo come Buona Novella per tutti e invitando tutti all’intimità con il Dio della misericordia e della compassione reso manifesto in Gesù Cristo.

Una parte significativa dell’opera caritativa ed educativa nelle vostre diocesi viene fatta sotto l’egida di religiosi e religiose.

La loro consacrazione a Cristo e la loro vita di preghiera profonda e di sacrificio autentico continuano ad arricchire la Chiesa e a rendere la presenza di Dio visibile e attiva nella vostra nazione. Desidero esprimere gratitudine ai numerosi sacerdoti, religiosi e religiose che rendono gloria al Signore attraverso innumerevoli buone opere che sono di beneficio ai loro fratelli e alle loro sorelle indonesiani.

I loro sforzi sono una espressione indispensabile dell’impegno ecclesiale per l’umanità e in particolare per i più bisognosi. Per questo motivo, vi chiedo, cari Vescovi, di continuare a garantire che la formazione e l’educazione che i seminaristi, i religiosi e le religiose ricevono siano sempre adeguate alla missione affidata loro. Di fronte alle crescenti complessità del nostro mondo e alla trasformazione rapida della società indonesiana, la necessità di religiosi e religiose ben preparati si fa sempre più urgente. In accordo con i loro superiori locali, accertatevi del fatto che abbiano ricevuto il necessario per condurre esistenze piene di saggezza e conoscenza spirituali, e recare frutto in ogni buona opera (cfr. Col Col 1, 9, 10).

Posso solo incoraggiarvi nei vostri sforzi costanti per promuovere e sostenere il dialogo interreligioso nella vostra nazione. Il vostro Paese, tanto ricco nella sua diversità culturale e dotato di una vasta popolazione, è dimora di tantissimi seguaci di varie tradizioni religiose. Quindi, il popolo indonesiano ha buone possibilità di rendere contributi importanti al desiderio di pace e di comprensione fra i popoli del mondo. La vostra partecipazione a questa grande impresa è decisiva e quindi vi esorto, cari fratelli, a garantire che quanti sono affidati alle vostre cure pastorali sappiano che essi, in quanto cristiani, devono essere agenti di pace, di perseveranza e di carità. La Chiesa è chiamata a seguire il suo Maestro Divino che ricapitola tutte le cose in sé e a testimoniare quella pace che solo Lui può dare. Questo è il frutto prezioso della carità in Colui che, soffrendo ingiustamente, ci ha donato la sua vita e ci ha insegnato a rispondere in tutte le situazioni con il perdono, la misericordia e l’amore nella verità. I credenti in Cristo, radicati nella verità, dovrebbero impegnarsi nel dialogo con altre religioni, rispettando le reciproche differenze. Gli sforzi comuni per l’edificazione della società avranno un gran valore se rafforzeranno amicizie e supereranno equivoci o forme di sfiducia. Confido nel fatto che anche voi e i sacerdoti, i religiosi e i laici delle vostre Diocesi continuerete a rendere testimonianza dell’immagine e della somiglianza di Dio in ogni uomo, donna e bambino, indipendentemente dalla loro fede, incoraggiando ognuno a essere aperto al dialogo nel servizio della pace e dell’armonia. Facendo tutto il possibile per garantire che i diritti delle minoranze nel vostro Paese siano rispettati, promuovete la causa della tolleranza e dell’armonia reciproche nel vostro Paese e altrove.

Con queste riflessioni, cari Fratelli Vescovi, vi rinnovo i miei sentimenti di affetto e di stima. Il vostro Paese è composto da migliaia di isole. Così anche la Chiesa in Indonesia è composta da migliaia di comunità cristiane, «isole di presenza di Cristo». Siate sempre uniti nella fede, nella speranza e nella carità fra voi stessi e con il Successore di Pietro. Affido tutti voi all’intercessione di Maria, madre della Chiesa. Assicurandovi delle mie preghiere per voi e per quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale, sono lieto di impartire la mia Benedizione Apostolica quale pegno di grazia e di pace nel Signore.





VISITA PASTORALE A LAMEZIA TERME E A SERRA SAN BRUNO - INCONTRO CON LA POPOLAZIONE DI SERRA SAN BRUNO Domenica, 9 ottobre 2011

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Piazzale Santo Stefano antistante la Certosa di Serra San Bruno


Signor Sindaco,
Venerato Fratello nell’Episcopato,
distinte Autorità,
cari amici di Serra San Bruno!

Sono lieto di potervi incontrare, prima di entrare nella Certosa, dove compirò la seconda parte di questa mia Visita pastorale in Calabria. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza; in particolare ringrazio l’Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Mons. Vincenzo Bertolone, e il Sindaco, Dott. Bruno Rosi, anche per le cortesi parole che mi ha rivolto. È vero, due Visite ravvicinate del Successore di Pietro sono un privilegio per la vostra comunità civile. Ma soprattutto, come giustamente ha detto ancora il Sindaco, grande privilegio è quello di avere nel vostro territorio questa “cittadella” dello spirito che è la Certosa. La presenza stessa della comunità monastica, con la sua lunga storia che risale a San Bruno, costituisce un costante richiamo a Dio, un’apertura verso il Cielo e un invito a ricordare che siamo fratelli in Cristo.

I monasteri hanno nel mondo una funzione molto preziosa, direi indispensabile. Se nel medioevo essi sono stati centri di bonifica dei territori paludosi, oggi servono a “bonificare” l’ambiente in un altro senso: a volte, infatti, il clima che si respira nelle nostre società non è salubre, è inquinato da una mentalità che non è cristiana, e nemmeno umana, perché dominata dagli interessi economici, preoccupata soltanto delle cose terrene e carente di una dimensione spirituale. In questo clima non solo si emargina Dio, ma anche il prossimo, e non ci si impegna per il bene comune. Il monastero invece è modello di una società che pone al centro Dio e la relazione fraterna. Ne abbiamo tanto bisogno anche nel nostro tempo.

Cari amici di Serra San Bruno, il privilegio di avere vicina la Certosa è per voi anche una responsabilità: fate tesoro della grande tradizione spirituale di questo luogo e cercate di metterla in pratica nella vita quotidiana. La Vergine Maria e San Bruno vi proteggano sempre. Di cuore benedico tutti voi e le vostre famiglie.


AI PREFETTI D'ITALIA Sala Clementina Venerdì, 14 ottobre 2011

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Illustri Prefetti,

Sono lieto di incontrarmi con voi, in particolare quest’anno in cui - come è stato ricordato – ricorrono i 150 anni dell’unità d’Italia, e a tutti rivolgo il mio saluto deferente e cordiale, ben consapevole dell’importanza della funzione prefettizia nell’articolazione dello Stato Italiano. Rivolgo un particolare saluto al Signor Ministro dell’Interno, on. Roberto Maroni, ringraziandolo per le cortesi espressioni che ha voluto rivolgermi, interpretando i comuni sentimenti. Voi provenite dalle Province dell’intera Penisola, dove sono innumerevoli le testimonianze della presenza del Cristianesimo, che nel corso dei secoli ha fecondato la cultura italiana, suscitando una civiltà ricca di valori universali. Ovunque, infatti, si possono osservare le tracce che la fede cristiana ha impresso nel costume del popolo italiano, dando vita a nobili e radicate tradizioni religiose e culturali e a un patrimonio artistico unico al mondo.

Portatrice di un messaggio di salvezza valido per l’uomo di tutti i tempi, la Chiesa cattolica è ben radicata ed operante, in modo capillare, nel territorio italiano. È una realtà viva e vivificante, come il lievito di cui parla il Vangelo (cfr
Mt 13,33); una presenza significativa, caratterizzata da prossimità alla gente, per coglierne i bisogni profondi nella logica della disponibilità al servizio. Tante sono le esigenze e le attese alle quali devono corrispondere l'annuncio del Vangelo e le iniziative della solidarietà fraterna. Quanto più urgono le necessità, tanto più la presenza della Chiesa si sforza di essere sollecita e ricca di frutti. Rispettosa delle legittime autonomie e competenze, la Comunità ecclesiale considera suo preciso mandato rivolgersi all’uomo in ogni contesto: nella vita culturale, del lavoro, dei servizi, del tempo libero. Consapevole che “tutti dipendiamo da tutti”, come scriveva il beato Giovanni Paolo II (Sollicitudo rei socialis SRS 38), essa desidera costruire, insieme con gli altri soggetti istituzionali e le varie realtà territoriali, una salda piattaforma di virtù morali, su cui edificare una convivenza a misura d'uomo. In questa sua missione, la Chiesa sa di poter contare sulla collaborazione fattiva e cordiale dei Prefetti, che svolgono funzioni di impulso e di coesione sociale e di garanzia dei diritti civili, costituendo un importante punto di riferimento per le varie componenti territoriali. A tale riguardo, nel sottolineare con vivo compiacimento i rapporti di stretta vicinanza e di proficua cooperazione che le Prefetture intrattengono con le Diocesi e le parrocchie, desidero incoraggiare ciascuno a proseguire nel solco di questa mutua intesa nell’interesse dei cittadini e del bene comune.

Illustri Prefetti, so che voi vi sforzate di adempiere il vostro alto e qualificato servizio alla Nazione con sincera dedizione alle Istituzioni e, in pari tempo, con attenzione alle esigenze degli enti locali e alle diverse problematiche aziendali, familiari e personali. Infatti, la figura del Prefetto è sempre più percepita dall’opinione pubblica come punto di riferimento territoriale per la soluzione dei problemi sociali e come istanza di mediazione e di garanzia dei servizi pubblici essenziali. Nella vostra responsabilità, a livello provinciale, riguardo all’ordine e alla sicurezza pubblica, voi siete posti quali referenti unitari e principali promotori e garanti del criterio di leale collaborazione in un sistema pluralistico. Al riguardo, non dimenticate che “la pubblica amministrazione, a qualsiasi livello, quale strumento dello Stato, ha come finalità quella di servire i cittadini…. Il ruolo di chi lavora nella pubblica amministrazione non va concepito come qualcosa di impersonale o burocratico, bensì come un aiuto premuroso per i cittadini, esercitato con spirito di servizio” (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 412).

Il vostro delicato ruolo istituzionale costituisce, inoltre, quasi un presidio per le categorie più deboli, ed è reso ancora più complesso e gravoso dalle presenti circostanze di incertezza sociale ed economica. Non scoraggiatevi di fronte alla difficoltà e alle incomprensioni, ma siate sempre pronti a trattare le questioni a voi affidate con grande senso del dovere e con prudenza, non venendo mai meno all’ossequio alla verità e al coraggio della difesa dei beni supremi. A tale proposito, mi viene spontaneo andare con la mente alla luminosa figura di sant’Ambrogio, vostro celeste patrono, che all’improvviso - come sapete - fu chiamato all’Episcopato, dovendo abbandonare una brillante carriera di alto funzionario pubblico; e non era ancora battezzato! Questo santo Vescovo ammirava e amava l’Impero romano che aveva servito lealmente e generosamente fino ai 35 anni di età, prima di essere scelto come Pastore della Chiesa Ambrosiana. Tale considerazione per la legittima Autorità, coltivata fin dalla giovinezza, è uscita rinvigorita dalla grazia del Battesimo, al punto che egli amava appassionatamente la Chiesa non soltanto nella ricchezza spirituale di verità e di vita, ma anche nella concretezza dei suoi Organismi e degli uomini che la compongono, soprattutto i poveri e gli ultimi. Egli seppe, in un certo senso, trasferire nell’esercizio del ministero pastorale i tratti sostanziali di quell’habitus, che lo distinse e lo pose all’ammirazione di molti quale integerrimo funzionario civile. D’altra parte, diventato Vescovo, seppe indicare ai responsabili delle Istituzioni civili quei valori cristiani che danno nuovo vigore e nuovo splendore all’opera di quanti sono impegnati nella vita pubblica.

Sant’Ambrogio, nel suo commento al Vangelo di san Luca, afferma: “l’istituzione del potere civile deriva così bene da Dio, che colui che lo esercita è egli pure ministro di Dio” (In Lc 4,29). Da qui consegue che anche la funzione civile è talmente eminente e insigne da rivestire un carattere quasi “sacro”; pertanto essa richiede di venire esercitata con grande dignità e con un vivo senso di responsabilità. Questo santo Vescovo e Dottore della Chiesa, animato da grande amore e rispetto tanto per le Istituzioni statali quanto per quelle ecclesiali, costituisce uno straordinario esempio di rettitudine, specialmente il suo lealismo alla legge e la fermezza contro le ingiustizie e le oppressioni, come pure per la sua parresia, con la quale richiamava anche i potenti, e a tutti insegnava i principi dell’autentica libertà e del servizio. Scriveva: “l’Apostolo [Paolo] mi ha insegnato ciò che va oltre la stessa libertà, che cioè è libertà anche il servire. «Pur essendo libero, dice, io mi sono fatto servo di tutti» [1Cor 9,19]… Per il sapiente, dunque, anche il servire è libertà” (Ep 7,23-24).

Anche voi, quali alti rappresentanti dello Stato, nell’esercizio delle vostre responsabilità siete chiamati ad unire autorevolezza e professionalità, soprattutto nei momenti di tensione e di contrasti. La testimonianza di Sant’Ambrogio vi sia di stimolo e di incoraggiamento, affinché il vostro lavoro possa essere ogni giorno al servizio della giustizia, della pace, della libertà e del bene comune. Iddio non mancherà di assecondare i vostri sforzi, arricchendoli di frutti abbondanti, per una sempre più ampia e capillare diffusione della civiltà dell'amore. Con questi auspici, e a loro convalida, invoco su tutti la benedizione dell'Onnipotente. Grazie.





AL CONVEGNO SUL TEMA "FAMIGLIA, IMPRESA: SUPERARE LA CRISI CON NUOVE FORME DI SOLIDARIETÀ. A VENTI ANNI DALLA CENTESIMUS ANNUS" (ROMA, 13-15 OTTOBRE 2011) Sala Clementina Sabato, 15 ottobre 2011

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CONVEGNO INTERNAZIONALE PROMOSSO DALLA FONDAZIONE CENTESIMUS ANNUS-PRO PONTIFICE


Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle,

sono molto lieto di accogliervi in occasione dell’annuale Convegno della Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice, che vi ha visti riuniti per due giorni di studio sul tema del rapporto tra famiglia e impresa. Ringrazio il Presidente, Dott. Domingo Sugranyes Bickel, per le cortesi parole che mi ha indirizzato, e saluto cordialmente voi tutti. Ricorre quest’anno - come è stato ricordato - il 20° anniversario dell’Enciclica Centesimus annus, del Beato Giovanni Paolo II, pubblicata a 100 anni dalla Rerum Novarum, ma anche il 30° dell’Esortazione apostolica Familiaris consortio. Tale duplice ricorrenza rende ancora più attuale e opportuno il vostro tema. In questi 120 anni di sviluppo della dottrina sociale della Chiesa sono avvenuti nel mondo grandi mutamenti, che non erano neppure immaginabili all’epoca della storica Enciclica del Papa Leone XIII. Tuttavia, al mutare delle condizioni esterne non è cambiato il patrimonio interno del Magistero sociale, che promuove sempre la persona umana e la famiglia, nel loro contesto di vita, anche dell’impresa.

Il Concilio Vaticano II ha parlato della famiglia in termini di Chiesa domestica, di "santuario intoccabile" dove la persona matura negli affetti, nella solidarietà, nella spiritualità. Anche l’economia con le sue leggi deve sempre considerare l’interesse e la salvaguardia di tale cellula primaria della società; la stessa parola "economia" nella sua origine etimologica contiene un richiamo all’importanza della famiglia: oikia e nomos, la legge della casa.

Nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio il Beato Giovanni Paolo II ha indicato per l’istituzione familiare quattro compiti che vorrei richiamare brevemente: la formazione di una comunità di persone; il servizio alla vita; la partecipazione sociale e la partecipazione ecclesiale. Sono tutte funzioni alla cui base c’è l’amore, ed è a questo che educa e forma la famiglia. «L’amore – afferma il venerato Pontefice - tra l’uomo e la donna nel matrimonio e, in forma derivata ed allargata, l’amore tra i membri della stessa famiglia - tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra parenti e familiari - è animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo, che conduce la famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa, fondamento e anima della comunità coniugale e familiare» (n. 18). Allo stesso modo, l’amore è alla base del servizio alla vita, fondato sulla cooperazione che la famiglia dona alla continuità della creazione, alla procreazione dell’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio.

Ed è primariamente nella famiglia che si apprende come il giusto atteggiamento da vivere nell’ambito della società, anche nel mondo del lavoro, dell’economia, dell’impresa, deve essere guidato dalla caritas, nella logica della gratuità, della solidarietà e della responsabilità gli uni per gli altri. «Le relazioni tra i membri della comunità familiare – scrive ancora il Beato Giovanni Paolo II - sono ispirate e guidate dalla legge della gratuità che, rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda» (n. 43). In questa prospettiva la famiglia, da mero oggetto, diventa soggetto attivo e capace di ricordare il "volto umano" che deve avere il mondo dell’economia. Se questo vale per la società in genere, assume rilievo ancora maggiore nella comunità ecclesiale. Anche nell’evangelizzazione, infatti, la famiglia ha un posto di rilievo, come ricordavo recentemente ad Ancona: essa non è semplicemente destinataria dell’azione pastorale, ma ne è protagonista, chiamata a prendere parte all’evangelizzazione in modo proprio e originale, mettendo al servizio della Chiesa stessa e della società il proprio essere e il proprio agire, come intima comunità di vita e di amore (cfr Esort. ap. Familiaris consortio, n. 50). Famiglia e lavoro sono luoghi privilegiati per la realizzazione della vocazione dell’uomo, che collabora all’opera creatrice di Dio nell’oggi.

Come avete rilevato nei vostri lavori, nella difficile situazione che stiamo vivendo, assistiamo, purtroppo, ad una crisi del lavoro e dell’economia che si accompagna ad una crisi della famiglia: i conflitti di coppia, quelli generazionali, quelli tra tempi della famiglia e per il lavoro, la crisi occupazionale, creano una complessa situazione di disagio che influenza lo stesso vivere sociale. Occorre perciò una nuova sintesi armonica tra famiglia e lavoro, a cui la dottrina sociale della Chiesa può offrire il suo prezioso contributo. Nell’Enciclica Caritas in veritate ho voluto sottolineare come il modello familiare della logica dell’amore, della gratuità e del dono va esteso ad una dimensione universale. La giustizia commutativa - "dare per avere" - e quella distributiva - "dare per dovere" - non sono sufficienti nel vivere sociale. Perché vi sia vera giustizia è necessario aggiungere la gratuità e la solidarietà. «La solidarietà è anzitutto sentirsi tutti responsabili di tutti, quindi non può essere delegata solo allo Stato. Mentre ieri si poteva ritenere che prima bisognasse perseguire la giustizia e che la gratuità intervenisse dopo come un complemento, oggi bisogna dire che senza la gratuità non si riesce a realizzare nemmeno la giustizia... Carità nella verità, in questo caso, significa che bisogna dare forma e organizzazione a quelle iniziative economiche che, pur senza negare il profitto, intendono andare oltre la logica dello scambio degli equivalenti e del profitto fine a se stesso» (n. 38). «Il mercato della gratuità non esiste e non si possono disporre per legge atteggiamenti gratuiti. Eppure sia il mercato sia la politica hanno bisogno di persone aperte al dono reciproco» (n. 39). Non è compito della Chiesa definire le vie per affrontare la crisi in atto. Tuttavia i cristiani hanno il dovere di denunciare i mali, di testimoniare e tenere vivi i valori su cui si fonda la dignità della persona, e di promuovere quelle forme di solidarietà che favoriscono il bene comune, affinché l’umanità diventi sempre più famiglia di Dio.

Cari amici, auspico che le riflessioni emerse nel vostro Convegno vi aiutino ad assumere sempre più attivamente il vostro ruolo nella diffusione e nell’applicazione della dottrina sociale della Chiesa, senza dimenticare che «lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l'amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l'autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato» (n.79). Con questo augurio, mentre vi affido all’intercessione della Vergine Maria, imparto di cuore a tutti voi e ai vostri cari una particolare Benedizione Apostolica.





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