Discorsi 2005-13 27110

A S.E. IL SIGNOR HIDEKAZU YAMAGUCHI, NUOVO AMBASCIATORE DEL GIAPPONE PRESSO LA SANTA SEDE Sabato, 27 novembre 2010

27110

Eccellenza.

Sono lieto di accoglierla e di accettare le Lettere che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario del Giappone presso la Santa Sede. Le sono grato per i gentili saluti che mi ha rivolto da parte di Sua Maestà l'Imperatore. In cambio, la prego di trasmettergli i miei voti cordiali e la sicurezza della mia preghiera per la sua salute e quella dei membri della Famiglia imperiale. Sono anche lieto di salutare il Governo e tutto il popolo del Giappone. La Santa Sede si rallegra delle eccellenti relazioni che sono sempre esistite con il suo Paese fin da quanto sono state instaurate, circa sessant'anni fa. Esse sono state costantemente caratterizzate dalla cordialità e dalla comprensione reciproca. Attraverso di lei, Eccellenza, vorrei assicurare Sua Maestà l'Imperatore, come pure il Governo, dell'impegno della Santa Sede a continuare a rafforzare tali relazioni.

Dal suo ingresso nell'Organizzazione delle Nazioni Unite, il Giappone è stato un attore importante sulla scena regionale e internazionale e ha contribuito in modo significativo all'espansione della pace, della democrazia e dei diritti dell'uomo in estremo Oriente e anche oltre, in particolare nei Paesi del mondo in via di sviluppo. La Santa Sede, per mezzo delle sue missioni diplomatiche presenti in questi Stati, ha notato con soddisfazione il finanziamento stanziato dal suo Paese per lo sviluppo e anche per altre forme di assistenza. Le ripercussioni sui beneficiari sono immediate, è vero, ma è anche certamente una pietra d'angolo essenziale per l'instaurazione di una pace solida e della prosperità nel concerto delle nazioni del mondo.

Adoperandosi così per l'edificazione dell'unità della famiglia umana, attraverso la cooperazione internazionale, contribuirete a costruire un'economia mondiale in cui ognuno occuperà il posto che gli è dovuto e potrà usufruire, come mai prima, delle risorse mondiali. Mi permetta di incoraggiare il suo Governo a continuare la sua politica di cooperazione allo sviluppo, in particolare negli ambiti che riguardano i più poveri e i più deboli.

Quest'anno si compie il sessantacinquesimo anniversario del tragico bombardamento atomico sulle popolazioni di Hiroshima e di Nagasaki. Il ricordo di questo oscuro episodio della storia dell'umanità diviene sempre più doloroso, man mano che scompaiono quanti sono stati testimoni di un simile orrore. Questa tragedia ci ricorda con insistenza quanto sia necessario perseverare negli sforzi a favore della non-proliferazione delle armi nucleari e del disarmo. L'arma nucleare resta una fonte di grande preoccupazione. Il suo possesso e il rischio di un suo eventuale uso generano tensioni e diffidenza in numerose regioni del mondo. La sua nazione, Signor Ambasciatore, deve essere citata come esempio per il sostegno costante alla ricerca di soluzioni politiche che permettano non solo di impedire la proliferazione delle armi nucleari, ma anche di evitare che la guerra venga considerata come un mezzo per risolvere i conflitti fra le nazioni e fra i popoli.
Condividendo con il Giappone questa preoccupazione di creare un mondo senza armi nucleari, la Santa Sede incoraggia tutte le nazioni a instaurare pazientemente i vincoli economici e politici della pace affinché s'innalzino come una roccaforte contro ogni pretesa di ricorso alle armi e permettano di promuovere lo sviluppo umano integrale di tutti i popoli (cfr. Udienza generale, 5 maggio 2010).

Una parte delle somme stanziate per le armi potrebbe essere destinata a progetti di sviluppo economico e sociale, all'educazione e alla sanità. Ciò contribuirebbe senza alcun dubbio alla stabilità interna dei Paesi e a quella fra i popoli (cfr. Caritas in veritate ). In questi tempi d'instabilità dei mercati e dell'impiego, la necessità di trovare finanziamenti sicuri per lo sviluppo è infatti una preoccupazione costante.

Le difficoltà legate alla recessione economica mondiale attuale non hanno risparmiato nessun Paese. Ciononostante, il posto che il Giappone occupa nell'economia internazionale resta molto importante e, a motivo della crescente globalizzazione del sistema commerciale e dei movimenti di capitali, che è una realtà, le decisioni prese dal suo Governo continueranno ad aver ripercussioni ben al di là delle sue frontiere. Possano tutti i popoli di buona volontà vedere nella crisi economica mondiale attuale una "occasione di discernimento e di nuova progettualità". (Caritas in veritate, ), progettualità segnata dalla carità nella verità, dalla solidarietà e da un impegno a favore di una sfera economica orientata in maniera etica (cfr. ibidem, n. 36).

Il suo Paese, Eccellenza, gode da molti anni della libertà di coscienza e della libertà di culto, e la Chiesa cattolica in Giappone ha così la possibilità di vivere in pace e nella fratellanza con tutti. I suoi membri sono liberi non solo d'impegnarsi nella cultura e nella società giapponesi, ma anche di svolgere un ruolo vivo e attivo nel Giappone contemporaneo, in particolare attraverso le sue università, le sue scuole, i suoi ospedali e le sue istituzioni caritative, che essa mette volentieri al servizio di tutta la comunità. Ultimamente, queste istituzioni sono state liete di rispondere anche ai bisogni delle popolazioni migranti venute in Giappone, la cui situazione richiede certamente una prudente attenzione e un aiuto effettivo da parte di tutta la società.

Inoltre, sottolineo che i membri della Chiesa cattolica in Giappone sono impegnati da lungo tempo in un dialogo aperto e rispettoso con le altre religioni, specialmente quelle che affondano le proprie radici nella sua nazione. La Chiesa ha sempre promosso il rispetto della persona umana nella sua integrità e nella sua dimensione spirituale, come un elemento essenziale comune a tutte le culture che si esprime nella ricerca personale del sacro e nella pratica religiosa. "Dio è il garante del vero sviluppo dell'uomo, in quanto, avendolo creato a sua immagine, ne fonda altresì la trascendente dignità e ne alimenta il costitutivo anelito ad "essere di più"" (ibidem, n. 29). Vorrei assicurare il popolo giapponese della grande considerazione in cui la Chiesa cattolica tiene il dialogo interreligioso, impegnandovisi fermamente al fine di incoraggiare la fiducia reciproca, la comprensione e l'amicizia, nell'interesse dell'intera famiglia umana.

Infine, Signor Ambasciatore, mi permetta di formularle i miei migliori auguri accompagnati dalla mia preghiera per il successo della sua missione, e di assicurarla che i diversi uffici della Curia Romana saranno pronti ad aiutarla nell'esercizio delle sue funzioni. Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e sul nobile popolo del Giappone, invoco di cuore abbondanti Benedizioni di Dio.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLE FILIPPINE IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM» Sala del Concistoro Lunedì, 29 novembre 2010

29110

Cari Fratelli Vescovi,

sono lieto di porgere a tutti voi il mio affettuoso benvenuto in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Ringrazio il Cardinale Gaudencio Rosales per le cortesi parole che mi ha rivolto a vostro nome e lo assicuro delle mie preghiere e dei miei auguri di ogni bene per voi e per tutti i fedeli affidati alla vostra sollecitudine pastorale. La vostra presenza qui a Roma rafforza i vincoli di comunione fra la comunità cattolica nelle Filippine e la Sede di Pietro, una comunione che risale a più di quattro secoli fa, alla prima offerta del Sacrificio Eucaristico nei vostri lidi. Poiché questa comunione di fede e di sacramento ha nutrito il vostro popolo per molte generazioni, prego affinché essa possa continuare a servire come lievito nella più ampia cultura, cosicché le generazioni attuali e future di filippini continuino a incontrare il messaggio gioioso del Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.

Per essere un tale lievito, la Chiesa deve sempre cercare di trovare la sua voce peculiare perché è grazie alla proclamazione che il Vangelo reca frutti che cambiano la vita (cfr.
Mc 16,15-16). Questa voce si esprime nella testimonianza morale e spirituale della vita dei credenti. Inoltre, si esprime nella testimonianza pubblica offerta dai Vescovi, primi maestri della Chiesa, e da tutti coloro che svolgono un ruolo nell'insegnare agli altri la fede. Grazie alla chiara esposizione evangelica della verità su Dio e sull'uomo, generazioni di solerti sacerdoti, religiosi e laici filippini hanno promosso un ordine sociale ancora più giusto. A volte, questo compito di proclamazione riguarda questioni importanti per la sfera politica. Questo non sorprende perché la comunità politica e la Chiesa, sebbene giustamente distinte, sono, ciononostante, entrambe al servizio dello sviluppo integrale di ogni essere umano e della società nella sua interezza. Da parte sua, la Chiesa contribuisce al massimo all'edificazione di un ordine sociale giusto e caritatevole quando "Predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori dell'attività umana con la sua dottrina e con la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini" (Gaudium et spes GS 76).

Nello stesso tempo, il ministero profetico della Chiesa richiede che essa sia libera di "predicare la fede e insegnare la propria dottrina sociale..., e dare il proprio giudizio morale, anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime" (Ibidem). Alla luce di questo compito profetico, chiedo alla Chiesa nelle Filippine di cercare di fare la propria parte nel sostegno della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale e nella difesa dell'integrità del matrimonio e della famiglia. In queste aree, state promuovendo quelle verità sulla persona umana e sulla società che non provengono soltanto dalla rivelazione divina, ma anche dal diritto naturale, un ordine che è accessibile alla ragione umana e quindi offre una base al dialogo e a un discernimento più profondo da parte di tutte le persone di buona volontà. Noto anche con piacere l'impegno della Chiesa per abolire la pena di morte nel vostro Paese.

Un'area specifica in cui la Chiesa deve sempre trovare la sua voce peculiare è quella delle comunicazioni sociali e dei media. Il compito di tutta la comunità cattolica consiste nel trasmettere una visione di fede e di virtù piena di speranza cosicché i filippini possano trovare incoraggiamento e guida lungo la via verso una vita piena in Cristo. Una voce unificata e positiva deve essere presentata al pubblico attraverso i media, sia vecchi sia nuovi, cosicché il messaggio evangelico possa avere un impatto ancor più forte sul popolo della nazione. È importante che il laicato cattolico esperto di comunicazioni sociali assuma il posto che gli compete nel proporre il messaggio cristiano in modo convincente e attraente. Se il Vangelo di Cristo deve essere un lievito per la società filippina, allora tutta la comunità cattolica deve essere attenta alla forza della verità proclamata con amore.

Un terzo aspetto della missione della Chiesa di proclamare la parola di Dio donatrice di vita è il suo impegno nelle questioni economiche e sociali, in particolare riguardo ai più poveri e più deboli della società. Durante il Secondo Consiglio Plenario delle Filippine, la Chiesa nella vostra nazione ha espresso un interesse speciale a dedicarsi in maniera più piena all'assistenza dei poveri. È confortante osservare che questa impresa ha recato frutti con istituzioni caritative cattoliche attivamente impegnate in tutto il Paese. Molti dei vostri concittadini, però, restano però senza impiego, senza un'educazione adeguata o servizi di base e quindi le vostre dichiarazioni profetiche e la vostra azione caritativa a favore dei poveri continuano a essere molto apprezzate. Oltre a questo sforzo, siete, giustamente, preoccupati che vi sia un impegno costante nella lotta alla corruzione perché la crescita di un'economia giusta e sostenibile sarà possibile soltanto quando vi sarà un'applicazione chiara e coerente dello stato diritto in tutto il Paese.

Cari Fratelli Vescovi, come il mio predecessore Giovanni Paolo II osservò giustamente "Voi siete Pastori di un popolo innamorato di Maria" (14 gennaio 1995). Che la volontà di quest'ultima di portare nel mondo la Parola che è Gesù Cristo sia per voi un' ispirazione costante nel vostro ministero apostolico. A tutti voi e ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli laici delle vostre Diocesi, imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica quale pegno di pace e di gioia.


A S.E. IL SIGNOR GÁBOR GYORIVÁNYI, NUOVO AMBASCIATORE DI UNGHERIA PRESSO LA SANTA SEDE Giovedì, 2 dicembre 2010

21210

Signor Ambasciatore,

con gioia Le do il benvenuto in questa solenne occasione della consegna delle Lettere Credenziali che L’accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica d’Ungheria presso la Santa Sede, e La ringrazio per le Sue gentili parole. Sono grato per i deferenti saluti che mi ha presentato a nome del Signor Presidente Dott. Pál Schmitt e del Governo, e che ricambio volentieri. Allo stesso tempo vorrei pregarLa di assicurare i Suoi connazionali del mio sincero affetto e della mia benevolenza.

Dopo la ripresa dei rapporti diplomatici tra la Santa Sede e la Repubblica d’Ungheria nel 1990, si è potuta sviluppare nuova fiducia per un dialogo attivo e costruttivo con la Chiesa Cattolica. Nutro al contempo la speranza che le profonde ferite di quella visione materialistica dell’uomo, che si era impadronita dei cuori e della comunità dei cittadini del Suo Paese per quasi 45 anni, possano continuare a guarire in un clima di pace, libertà e rispetto della dignità dell’uomo.

La fede cattolica fa senza dubbio parte dei pilastri fondamentali della storia dell’Ungheria. Quando, nel lontano anno 1000, il giovane principe ungherese Stefano ricevette la corona reale inviatagli da Papa Silvestro II, a ciò era unito il mandato di dare alla fede in Gesù Cristo spazio e patria in quella terra. La pietà personale, il senso di giustizia e le virtù umane di questo grande re sono un alto punto di riferimento che funge da stimolo e imperativo, oggi come allora, a quanti è affidato un ruolo di governo o un’analoga responsabilità. Certamente non ci si aspetta dallo Stato che venga imposta una determinata religione; esso dovrebbe piuttosto garantire la libertà di confessare e praticare la fede. Tuttavia, politica e fede cristiana si toccano. Senz’altro la fede ha la sua specifica natura quale incontro con il Dio vivente che ci apre nuovi orizzonti al di là dell’ambito proprio della ragione. Ma al contempo essa è una forza purificatrice per la ragione stessa, permettendole di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio. Non si tratta di imporre norme o modi di comportamento a coloro che non condividono la fede. Si tratta semplicemente della purificazione della ragione, che vuole aiutare a far sì che ciò che è buono e giusto possa, qui ed ora, essere riconosciuto e poi anche realizzato (cfr. Enciclica Deus caritas est ).

Negli ultimi anni, poco più di venti, dalla caduta della cortina di ferro, evento nel quale l’Ungheria ha svolto un ruolo di rilievo, il Suo Paese ha occupato un posto importante nella comunità dei popoli. Da ormai sei anni l’Ungheria è anche membro dell’Unione Europea. Con ciò apporta un contributo importante al coro a più voci degli Stati d’Europa. All’inizio del prossimo anno toccherà all’Ungheria, per la prima volta, assumere la Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea. L’Ungheria è chiamata in modo particolare ad essere mediatrice tra Oriente e Occidente. Già la Sacra Corona, eredità del re Stefano, nel collegamento della corona graeca circolare con la corona latina posta ad arco sopra di essa – ambedue recano il volto di Cristo e sono incoronate dalla croce – mostra come Oriente e Occidente dovrebbero sostenersi a vicenda e arricchirsi l’un l’altro a partire dal patrimonio spirituale e culturale e dalla viva professione di fede. Possiamo intendere ciò anche come un leitmotiv per il Suo Paese.

La Santa Sede prende atto con interesse degli sforzi delle autorità politiche nell’elaborare un cambiamento della Costituzione. Si è espressa l’intenzione di voler far riferimento, nel preambolo, all’eredità del Cristianesimo. È altrettanto auspicabile che la nuova Costituzione sia ispirata ai valori cristiani, in modo particolare per quanto concerne la posizione del matrimonio e della famiglia nella società e la protezione della vita.

Il matrimonio e la famiglia costituiscono un fondamento decisivo per un sano sviluppo della società civile, dei Paesi e dei popoli. Il matrimonio come forma di ordinamento basilare del rapporto tra uomo e donna e, allo stesso tempo, come cellula fondante della comunità statale è venuta plasmandosi anche a partire dalla fede biblica. In questo modo, il matrimonio ha dato all’Europa il suo particolare aspetto e il suo umanesimo, anche e proprio perché si è dovuta apprendere e conseguire continuamente la caratteristica di fedeltà e di rinuncia tracciata da esso. L’Europa non sarebbe più Europa se tale cellula basilare della costruzione sociale sparisse o venisse sostanzialmente trasformata. Sappiamo tutti quanto sono a rischio il matrimonio e la famiglia oggi – da un lato per l’erosione dei loro valori più intimi di stabilità e indissolubilità, a causa di una crescente liberalizzazione del diritto di divorzio e dell’abitudine, sempre più diffusa, alla convivenza di uomo e donna senza la forma giuridica e la protezione del matrimonio, dall’altro lato per diversi generi di unione che non hanno alcun fondamento nella storia della cultura e del diritto in Europa. La Chiesa non può approvare iniziative legislative che implichino una valorizzazione di modelli alternativi della vita di coppia e della famiglia. Essi contribuiscono all’indebolimento dei principi del diritto naturale e così alla relativizzazione della legislazione tutta, nonché della consapevolezza dei valori nella società.

“La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli” (Enciclica Caritas in veritate ). La ragione è in grado di garantire l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica, ma non riesce, alla fin fine, a fondare la fraternità. Questa ha origine in una vocazione soprannaturale di Dio, il quale ha creato gli uomini per amore e ci ha insegnato per mezzo di Gesù Cristo che cosa sia la carità fraterna. La fraternità è, in un certo senso, l’altro lato della libertà e dell’uguaglianza. Essa apre l’uomo all’altruismo, al senso civico, all’attenzione verso l’altro. La persona umana, infatti, trova se stessa solo quando supera la mentalità incentrata sulle proprie pretese e si proietta nell’atteggiamento del dono gratuito e della solidarietà autentica, che molto meglio risponde alla sua vocazione comunitaria.

La Chiesa Cattolica, come le altre comunità religiose, ha un ruolo non insignificante nella società ungherese. Essa si impegna su larga scala con le sue istituzioni nel campo dell’educazione scolastica e della cultura, nonché dell’assistenza sociale, e in tal modo contribuisce alla costruzione morale, davvero utile al Suo Paese. La Chiesa confida di poter continuare, con l’appoggio dello Stato, a svolgere e intensificare tale servizio per il bene degli uomini e per lo sviluppo del Suo Paese. La collaborazione tra Stato e Chiesa Cattolica in questo campo cresca anche in futuro e rechi giovamento per tutti.

Illustre Signor Ambasciatore, all’inizio del Suo nobile incarico auguro a Lei una missione colma di successo, e Le assicuro allo stesso tempo il sostegno e l’appoggio dei miei collaboratori. Maria Santissima, la Magna Domina Hungarorum, estenda la propria mano protettrice sul Suo Paese. Di cuore imploro per Lei, Signor Ambasciatore, per la Sua famiglia, per i Suoi collaboratori e collaboratrici nell’Ambasciata e per tutto il popolo ungherese l’abbondante benedizione divina.


A S.E. IL SIGNOR FERNANDO FELIPE SÁNCHEZ CAMPOS, NUOVO AMBASCIATORE DI COSTA RICA PRESSO LA SANTA SEDE Venerdì, 3 dicembre 2010

31210

Signor Ambasciatore,

1. Nel ricevere dalle sue mani le Lettere Credenziali che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario di Costa Rica presso la Santa Sede, la ringrazio vivamente per le sue cordiali parole, come pure per il gentile saluto che mi ha trasmesso da parte della Signora Presidente della Repubblica, la dottoressa Laura Chinchilla Miranda, che contraccambio con piacere e con i miglior auguri affinché porti a termine un fecondo servizio a capo di questa diletta Nazione, tanto unita alla Sede Apostolica da strette e cordiali relazioni, e anche dalla speciale devozione dei costaricani per il Successore di Pietro.

2. La sua presenza in questo atto solenne, Eccellenza, ravviva nel mio cuore i sentimenti di affetto e di benevolenza verso l'amatissimo popolo costaricano, che, lo scorso 2 agosto, ha commemorato con grande gioia i 375 anni del ritrovamento della venerata immagine di Nuestra Señora de los Ángeles, sua celeste patrona. Mentre mi unisco alla sua azione di rendimento di grazie all'Onnipotente in una così felice circostanza, non dubito che l'Anno Giubilare che si sta celebrando produrrà abbondanti frutti di vita cristiana, essendo anche un'opportunità singolare per ringraziare la Vergine per i favori ricevuti e per elevare una supplica per tutti i bisogni di questo nobile Paese, che desidera continuare a percorrere, sotto la protezione della Madre di Dio, le vie della reciproca intesa e della concordia, in un clima di autentica fraternità e di provvida solidarietà.

3. Non potrebbe essere diversamente nella sua Patria, meritevole del particolare interesse della Santa Sede, dove la bellezza si fa montagna e pianura, fiume e mare, brezza e vento che danno impeto a un popolo ospitale e orgoglioso delle sue tradizioni; un popolo che secoli fa accolse il seme evangelico e lo vide germinare vigoroso in innumerevoli iniziative educative, sanitarie e di promozione umana. Per questo i figli della sua Patria sanno bene che, in Cristo, il Figlio di Dio, l'uomo può trovare sempre la forza per lottare contro la povertà, la violenza domestica, la disoccupazione e la corruzione, ricercando la giustizia sociale, il bene comune e il progresso integrale delle persone. Nessuno si può sentire escluso dal conseguimento di queste alte mete. In tale contesto, l'Autorità pubblica deve essere la prima a cercare ciò che reca beneficio a tutti, operando principalmente come una forza morale capace di potenziare la libertà e il senso di responsabilità di ognuno. E tutto ciò, senza sminuire i valori fondamentali che strutturano l'inviolabile dignità della persona, a cominciare dalla ferma salvaguardia della vita umana. A tale proposito, sono lieto di ricordare che fu proprio nel suo Paese che fu firmato il Patto di San Giuseppe, nel quale si riconosce espressamente il valore della vita umana fin dal suo concepimento. È pertanto auspicabile che Costa Rica non violi i diritti del nasciturus con leggi che legittimano la fecondazione in vitro e l'aborto.

4. Recentemente è nato il desiderio di plasmare in un nuovo e solenne accordo giuridico la lunga traiettoria di reciproca collaborazione, di sana indipendenza e di rispetto reciproco fra la Santa Sede e Costa Rica, rafforzando così ancora di più le proficue relazioni esistenti fra la Chiesa e lo Stato nella sua Patria. Concretizzare le materie d'interesse comune, fissando dettagliatamente i diritti e gli obblighi delle parti firmatarie, servirà per continuare a garantire in modo stabile e più conforme alle attuali circostanze storiche la loro già tradizionale e feconda intesa, in vista del bene più grande della vita religiosa e civile della Nazione e a beneficio di quelle persone oggetto delle stesse preoccupazioni.

5. In occasione di questo incontro, vorrei assicurarle, Signor Ambasciatore che in questi giorni mi sono ricordato in modo particolare nella preghiera della Costa Rica, a motivo delle dolorose conseguenze delle piogge torrenziali che hanno colpito il Paese. Ho anche chiesto a Dio che la sua Patria non smetta di dissodare i cammini che la rendono agli occhi della comunità internazionale un punto di riferimento per la pace. Per questo, è importante che quanti sono a capo del suo destino non vacillino nel rifiutare con fermezza l'impunità, la delinquenza giovanile, il lavoro infantile, l'ingiustizia e il narcotraffico, promuovendo misure importanti per la sicurezza civile, l'adeguata formazione dei bambini e dei giovani, la dovuta attenzione ai detenuti, l'efficace assistenza sanitaria a tutti, in particolare ai più bisognosi e agli anziani, come pure programmi che permettano alla popolazione di ottenere un'abitazione degna e un impiego dignitoso. È inoltre fondamentale che le nuove generazioni si convincano che i conflitti non si vincono con la mera forza, bensì convertendo i cuori al bene e alla verità, ponendo fine alla miseria e all'analfabetismo, rafforzando lo Stato di diritto e rinvigorendo l'indipendenza e l'efficacia dei tribunali di giustizia. Ad ampliare questo orizzonte contribuirà in grande misura il rafforzamento nella società di quel pilastro fondamentale e irrinunciabile costituito dalla stabilità e dall'unione della famiglia, istituzione che sta subendo, forse più di qualunque altra, l'attacco delle trasformazioni ampie e rapide della società e della cultura, e che, tuttavia, non può perdere la sua vera identità, poiché è chiamata a essere vivaio di virtù umane e cristiane, dove i figli possano imparare dai loro genitori in modo naturale a rispettarsi e a comprendersi, a maturare come persone, credenti e cittadini esemplari. Di conseguenza, nulla di ciò che favorisce, tutela e sostiene la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna risulterà vano. In tal senso, la Chiesa non si stancherà d'incoraggiare in modo particolare i giovani, affinché scoprano la bellezza e la grandezza che comporta il servire fedelmente e generosamente l'amore matrimoniale e la trasmissione della vita.

6. La difesa della pace sarà favorita anche dalla tutela dell'ambiente, poiché sono due realtà intimamente legate fra loro. A tale proposito, Costa Rica, portabandiera dell'amicizia e della buona intesa fra le Nazioni, si è distinta anche per la tutela dell'ambiente e per la ricerca di un equilibrio fra lo sviluppo umano e la conservazione delle risorse. Ciò implica una riflessione congiunta e responsabile su questo tema così importante, a favore di "quell'alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell'amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, n. 7). A tal fine incoraggio tutti i costaricani a continuare a potenziare tutto ciò che favorisce uno sviluppo umano autentico, in armonia con il creato, evitando interessi falsi e privi di lungimiranza in un tema così importante.

7. Nel concludere, desidero formularle, Signor Ambasciatore, i miei migliori voti per la missione che inizia oggi. Sia certo che nel suo esercizio troverà sempre da parte dei miei collaboratori l'aiuto di cui avrà bisogno. Con questi sentimenti, pongo sotto lo sguardo di Nuestra Señora de los Ángeles, tanto venerata nella sua terra e in tutto il Centroamerica, le Autorità e l'amato popolo costaricano, supplicandola anche di sostenere con il suo amore materno tutti i figli della sua Patria, affinché, fondandosi sul loro ricco patrimonio spirituale, possano contribuire a una solidarietà sempre più grande fra le persone e fra i popoli. Quale pegno di copiosi doni divini, imparto la Benedizione Apostolica a lei, Eccellenza, e alla sua famiglia, come pure al personale di questa Missione Diplomatica.


ALLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE Sala del Concistoro Venerdì, 3 dicembre 2010

32210

Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato,
illustri Professori e cari Collaboratori!

E’ con gioia che vi accolgo, al termine dei lavori della vostra annuale Sessione Plenaria. Desidero anzitutto esprimere un sentito ringraziamento per le parole di omaggio che, a nome di tutti, Ella, Signor Cardinale, in qualità di Presidente della Commissione Teologica Internazionale, ha voluto rivolgermi. I lavori di questo ottavo “quinquennio” della Commissione, come Lei ha ricordato, affrontano i seguenti temi di grande peso: la teologia e la sua metodologia; la questione dell’unico Dio in rapporto alle tre religioni monoteistiche; l’integrazione della Dottrina sociale della Chiesa nel contesto più ampio della Dottrina cristiana.

“L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (
2Co 5,14-15). Come non sentire anche nostra questa bella reazione dell’apostolo Paolo al suo incontro col Cristo risorto? Proprio questa esperienza è alla radice dei tre importanti temi che avete approfondito nella vostra Sessione Plenaria appena conclusa.

Chi ha scoperto in Cristo l’amore di Dio, infuso dallo Spirito Santo nei nostri cuori, desidera conoscere meglio Colui da cui è amato e che ama. Conoscenza e amore si sostengono a vicenda. Come hanno affermato i Padri della Chiesa, chiunque ama Dio è spinto a diventare, in un certo senso, un teologo, uno che parla con Dio, che pensa di Dio e cerca di pensare con Dio; mentre il lavoro professionale di teologo è per alcuni una vocazione di grande responsabilità davanti a Cristo, davanti alla Chiesa. Poter professionalmente studiare Dio stesso e poterne parlare - contemplari et contemplata docere (S. Tommaso d’Aquino, Super Sent., lib. 3 d. 35 q. 1 a. 3 qc. 1 arg. 3) - è un grande privilegio. La vostra riflessione sulla visione cristiana di Dio potrà essere un contributo prezioso sia per la vita dei fedeli che per il nostro dialogo con i credenti di altre religioni ed anche con i non credenti. Di fatto la stessa parola “teo-logia” rivela questo aspetto comunicativo del vostro lavoro - nella teologia cerchiamo, attraverso il “logos”, di comunicare ciò che “abbiamo veduto e udito” (1Jn 1,3). Ma sappiamo bene che la parola “logos” ha un significato molto più largo, che comprende anche il senso di “ratio”, “ragione”. E questo fatto ci conduce ad un secondo punto assai importante. Possiamo pensare a Dio e comunicare ciò che abbiamo pensato perché Egli ci ha dotati di una ragione in armonia con la sua natura. Non è per caso che il Vangelo di Giovanni comincia con l’affermazione “In principio era il Logos... e il Logos era Dio” (Jn 1,1). Accogliere questo Logos - questo pensiero divino - è infine anche un contributo alla pace nel mondo. Infatti conoscere Dio nella sua vera natura è anche il modo sicuro per assicurare la pace. Un Dio che non fosse percepito come fonte di perdono, di giustizia e di amore, non potrebbe essere luce sul sentiero della pace.

Siccome l’uomo tende sempre a collegare le sue conoscenze le une con le altre, anche la conoscenza di Dio si organizza in modo sistematico. Ma nessun sistema teologico può sussistere se non è permeato dall’amore del suo divino “Oggetto”, che nella teologia necessariamente deve essere “Soggetto” che ci parla e con il quale siamo in relazione di amore. Così la teologia deve essere sempre nutrita dal dialogo con il Logos divino, Creatore e Redentore. Inoltre nessuna teologia è tale se non è integrata nella vita e riflessione della Chiesa attraverso il tempo e lo spazio. Sì, è vero che, per essere scientifica, la teologia deve argomentare in modo razionale, ma anche deve essere fedele alla natura della fede ecclesiale: centrata su Dio, radicata nella preghiera, in una comunione con gli altri discepoli del Signore garantita dalla comunione con il Successore di Pietro e tutto il Collegio episcopale.

Questa accoglienza e trasmissione del Logos ha anche come conseguenza che la stessa razionalità della teologia aiuta a purificare la ragione umana liberandola da certi pregiudizi ed idee che possono esercitare un forte influsso sul pensiero di ogni epoca. Occorre d’altra parte rilevare che la teologia vive sempre in continuità e in dialogo con i credenti e i teologi che sono venuti prima di noi; poiché la comunione ecclesiale è diacronica, lo è anche la teologia. Il teologo non incomincia mai da zero, ma considera come maestri i Padri e i teologi di tutta la tradizione cristiana. Radicata nella Sacra Scrittura, letta con i Padri e i Dottori, la teologia può essere scuola di santità, come ci ha testimoniato il beato John Henry Newman. Far scoprire il valore permanente della ricchezza trasmessa dal passato non è un contributo da poco della teologia al concerto delle scienze.

Cristo è morto per tutti, benché non tutti lo sappiano o lo accettino. Avendo ricevuto l’amore di Dio, come potremmo non amare quelli per i quali Cristo ha dato la propria vita? “Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1Jn 3,16). Tutto questo ci porta al servizio degli altri nel nome di Cristo; in altre parole, l’impegno sociale dei cristiani deriva necessariamente dalla manifestazione dell’amore divino. Contemplazione di Dio rivelato e carità per il prossimo non si possono separare, anche se si vivono secondo diversi carismi. In un mondo che spesso apprezza molti doni del Cristianesimo - come per esempio l’idea di uguaglianza democratica - senza capire la radice dei propri ideali, è particolarmente importante mostrare che i frutti muoiono se viene tagliata la radice dell’albero. Infatti non c’è giustizia senza verità, e la giustizia non si sviluppa pienamente se il suo orizzonte è limitato al mondo materiale. Per noi cristiani la solidarietà sociale ha sempre una prospettiva di eternità.

Cari amici teologi, il nostro odierno incontro manifesta in modo prezioso e singolare l’unità indispensabile che deve regnare fra teologi e Pastori. Non si può essere teologi nella solitudine: i teologi hanno bisogno del ministero dei Pastori della Chiesa, come il Magistero ha bisogno di teologi che compiono fino in fondo il loro servizio, con tutta l’ascesi che ciò implica. Attraverso la vostra Commissione, desidero perciò ringraziare tutti i teologi e incoraggiarli ad aver fede nel grande valore del loro impegno. Nel porgervi i miei auguri per il vostro lavoro, vi imparto con affetto la mia Benedizione.




Discorsi 2005-13 27110